Obbligo vaccinale - Tabella Soggetti: Professionisti / lavoratori Rev. 3.0 del 09 Gennaio 2022
ID 14529 | Rev. 3.0 del 09.01.2022 / Tabella riepilogativa in allegato
In allegato tabella aggiornata al Decreto-Legge 7 gennaio 2022 n. 1 (in GU n.4 del 07.01.2022), che ha introdotto l’obbligo vaccinale per tutti coloro che hanno compiuto i 50 anni. Per i lavoratori pubblici e privati con 50 anni di età è necessario il Green Pass Rafforzato per l’accesso ai luoghi di lavoro a far data dal 15 febbraio 2022. Inoltre, senza limiti di età, l’obbligo vaccinale è esteso al personale universitario così equiparato a quello scolastico.
[box-note]Rev. 3.0 del 09.01.2022 Decreto-Legge 7 gennaio 2022 n. 1 Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore. (GU n.4 del 07.01.2022) Entrata in vigore del provvedimento: 08/01/2022[/box-note]
Dal 1° Aprile 2021
Per l'art. 4, comma 1, D.L. 44 del 1° aprile 2021, “al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza”, la vaccinazione gratuita per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati.
Il Decreto-Legge 10 settembre 2021 n. 122 (GU n.217 del 10.09.2021) con l'introduzione dell'Art. 4-bis (Estensione dell’obbligo vaccinale ai lavoratori impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie) al D.L. 44 del 1° aprile 2021estende l'obbligo vaccinale dal 10 ottobre 2021, fino al 31 dicembre 2021 ad altre categorie di lavoratori di cui a seguire.
Il Decreto-Legge 26 novembre 2021 n. 172 con l’introduzione dell’art 4-terD.L. 44 del 1° aprile 2021 prevede di estendere l’obbligo vaccinale alla terza dose a decorrere dal 15 dicembre 2021 e con esclusione della possibilità di essere adibiti a mansioni diverse. ______
Soggetti obbligati sono “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario” (le “professioni sanitarie” sono quelle dei farmacisti, medici chirurghi, odontoiatri, veterinari, biologi, fisici, chimici, psicologi, nonché degli esercenti le professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, tecnico sanitarie, della riabilitazione e della prevenzione; quanto agli “operatori di interesse sanitario”, si tratta di massofisioterapisti, operatori socio-sanitari, assistenti di studio odontoiatrico).
Sono esclusi dall'obbligo, in quanto non rientranti in dette due categorie, gli esercenti le arti ausiliarie delle professioni sanitarie e degli operatori di interesse sanitario, in cui sono inclusi i massaggiatori capi bagnini degli stabilimenti idroterapici, gli ottici, gli odontotecnici, le puericultrici.
Sono altresì esclusi coloro che, in collaborazione e/o alle dipendenze degli esercenti le professioni sanitarie e degli operatori di interesse sanitario, svolgano prestazioni/mansioni di tipo diverso (ad es., amministrativo, commerciale).
Per essere inclusi nell'obbligo vaccinale occorre che gli appartenenti alle predette categorie svolgano la loro attività “nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali”.
In appendice vengono illustrati quelle che sono le professioni sanitarie riconosciute dal Ministero della salute.
Dal 10 Ottobre 2021
Il Decreto-Legge 10 settembre 2021 n. 122 Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza da COVID-19 in ambito scolastico, della formazione superiore e socio sanitario-assistenziale (GU n.217 del 10.09.2021) estende l’obbligo vaccinale, con l'introduzione dell'Art. 4-bis (Estensione dell’obbligo vaccinale ai lavoratori impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie) al D.L. 44 del 1° aprile 2021, dal 10 ottobre 2021, fino al 31 dicembre 2021, ai lavoratori impiegati, a qualsiasi titolo, anche esterni, nelle strutture di ospitalità e di lungodegenza, residenze sanitarie assistite (RSA), hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, anche non autosufficienti, e comunque in tutte le strutture residenziali di cui all'articolo 44 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 e in quelle socio-assistenziali e la Legge 24 settembre 2021 n. 133 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 agosto 2021, n. 111, recante misure urgenti per l'esercizio in sicurezza delle attivita' scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti (in GU n.235 del 01.10.2021) ha incluso le strutture semiresidenziali e le strutture che, a qualsiasi titolo, ospitano persone in situazione di fragilità.
Dal 15 Dicembre 2021
Il Decreto-Legge 26 novembre 2021 n. 172 Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attivita' economiche e sociali (in GU n.282 del 26.11.2021) all’articolo 2, con l’introduzione dell’art 4-ter D.L. 44 del 1° aprile 2021 (Obbligo vaccinale per il personale della scuola, del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, della polizia locale, degli organismi della legge n. 124 del 2007, delle strutture di cui all’articolo 8 -ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e degli Istituti penitenziari) dispone che dal 15 dicembre 2021, l’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 di cui all’articolo 3 -ter, da adempiersi, per la somministrazione della dose di richiamo, entro i termini di validità delle certificazioni verdi COVID-19 previsti dall’articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 52 del 2021, si applica anche alle seguenti categorie:
- personale amministrativo della sanità - docenti e personale amministrativo della scuola - militari - forze di polizia (compresa la polizia penitenziaria), personale del soccorso pubblico.
Dall’08 Gennaio 2022 al 15 giugno 2022
Il Decreto-Legge 7 gennaio 2022 n. 1 (in GU n. 4 del 07.01.2022) introduce l’obbligo vaccinale per tutti coloro che hanno compiuto i 50 anni.
Dal 1° febbraio 2022 al 15 giugno 2022
Senza limiti di età, l’obbligo vaccinale è esteso al personale universitario così equiparato a quello scolastico.
Dal 15 febbraio 2022 al 15 giugno 2022
Per i lavoratori pubblici e privati con 50 anni di età sarà necessario il Green Pass Rafforzato per l’accesso ai luoghi di lavoro a far data dal 15 febbraio 2022.
Schema 1 - Obbligo vaccinale
(*) Inclusione strutture semiresidenziali e strutture che, a qualsiasi titolo, ospitano persone in situazione di fragilità introdotta dallaLegge 24 settembre 2021 n. 133
Dirigente Scolastico Datore di lavoro: quadro normativo e giurisprudenza / Update Dicembre 2021
ID 9826 | Rev. 1.0 del 20.12.2021 / Documento completo allegato
Chiarimenti e richieste di modifica al D.Lgs. 81/2008 sulla Figura e le Responsabilità Dirigente scolastico/Datore di lavoro sono state più volte sollevate a livello parlamentare.
I nuovi comma 3.1 e 3.2 articolo 18 definiscono chiaramente i compiti e le responsabilità dei dirigenti delle istituzioni scolastiche e delle amministrazioni per gli interventi strutturali e di manutenzione degli edifici scolatici e per le modalità di redazione del DVR.[/box-info]
1. Orientamenti anteD.L. 146/2021 convertito con modificazioni in L. 215/2021
L'orientamento della giurisprudenza in materia di sicurezza dei lavoratori e degli ambienti di lavoro scolastici riconosce la titolarità delle relative responsabilità sia:
- ai dirigenti degli Enti locali (Amministrazioni competenti) proprietari degli edifici. - ai dirigenti delle istituzioni scolastiche (Dirigente Scolastici - DS).
La normativa e giurisprudenza per il Dirigente scolastico/Datore di lavoro, trova al momento contrasti, in quanto la gli Obblighi del Dirigente sono correlati agli Obblighi dell'Ente locale, e può venire meno la sua l'autonomia decisionale e di spesa, conditio sine qua non per l'individuazione del Dirigente scolastico/Datore di lavoro.
[box-info]Legale rappresentanza del Dirigente Scolastico (DS)
Ai sensi dell’Art. 25 c.2 del D.Lgs. 165/2001 il Dirigente scolastico ha la legale rappresentanza dell’Istituzione scolastica.[/box-info]
Ai fini della individuazione del Dirigente Scolastico quale soggetto responsabile in materia di sicurezza sul lavoro, la definizione di 'Datore di Lavoro' fornita dall'articolo 2, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 81/2008 trova riscontro nell'articolo 25, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e ancor prima nel D.M.21 giugno 1996 n. 292 "Individuazione del datore di lavoro negli uffici e nelle istituzioni dipendenti dal Ministero della Pubblica Istruzione, ai sensi dei DD.LL. n. 626/94 e n. 242/96".
[box-warning]Non completa autonomia decisionale e di spesa del Dirigente scolastico
In effetti, ai sensi dell’Art. 5 del D.Lgs. 165/2001, ad oggi, il dirigente scolastico può stanziare risorse finanziare per:
- avvalersi di tutte le figure professionali esterne o interne alla scuola previste dalla legge sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. - effettuare limitati ma urgenti interventi di adeguamento e messa in sicurezza della scuola.
Per tutti gli altri interventi di messa in sicurezza, che non rientrano nella propria competenza ma rappresentano un rischio per la sicurezza e l’incolumità pubblica della comunità scolastica, deve avvertire tempestivamente gli enti locali responsabili della struttura scolastica e intervenire nell’immediato con misure organizzative.
Gli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare la sicurezza dei locali e degli edifici restano in capo agli Enti locali (Amministrazioni competenti) di cui all’Art. 18 c.3 del D.Lgs.81/08, il dirigente ha assolto hai suoi obblighi con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente.
Di fatto è presente, quindi:
- una non completa autonomia decisionale e di spesa del DS - un altro soggetto che ha obblighi, che, ai sensi del D.Lgs.81/08 dovrebbero essere ricondotti al DL.[/box-warning]
[box-info]Dirigente scolastico: poteri decisionali e di spesa ai sensi del D.Lgs. 81/2008
La duplice posizione di garanzia contemplata nel settore scolastico, dovuta al coinvolgimento contemporaneo dell'Amministratore locale che deve provvedere alla manutenzione degli edifici e dell'Amministratore scolastico al quale gli edifici sono assegnati in uso, non trova riscontro nell'individuazione a datore di lavoro del dirigente scolastico, in quanto quest'ultimo non ha autonomi poteri decisionali e di spesa (Dr. R. Guariniello).[/box-info]
Art. 1. Ai fini ed effetti dei DD.LL. n. 626/94 e n. 242/96 citati in premessa e ferme restando le attribuzioni e le competenze dei dirigenti degli uffici e dei preposti, ove presenti, nei rispettivi ambiti di responsabilità, il datore di lavoro per gli uffici e le Istituzioni Scolastiche dipendenti dal Ministero della Pubblica Istruzione viene individuato, per quanto riguarda gli obblighi di loro competenza, come segue:
A) Ufficio dell'Amministrazione Centrale: il Direttore Generale del Personale e degli Affari Generali ed Amministrativi B) Uffici dell'Amministrazione Periferica: i Sovrintendenti Scolastici ed i Provveditori agli Studi C) Istituzioni scolastiche ed educative statali: i Capi delle Istituzioni Scolastiche ed Educative Statali D) Conservatori di Musica, Accademie di Belle Arti, Accademie Nazionali di Arte Drammatica e di Danza: i Presidenti dei Consigli di Amministrazione. ... [/box-note]
L'individuazione a Datore di lavoro dei Dirigenti scolastici avvenuta con il D.M.21 giugno 1996 n. 292, e la distinzione delle responsabilità dell'Ente proprietario degli edifici scolastici rispetto a quelle del Dirigente scolastico non è stata adeguatamente chiarita dal successivo D.M. 29 settembre 1998 n. 382 "Regolamento recante norme per l'individuazione delle particolari esigenze negli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, ai fini delle norme contenute nel decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modifiche ed integrazioni".
Infatti, i Dirigenti scolastici non dispongono direttamente di alcuna risorsa economica per esercitare tutte le responsabilità loro attribuita in tema di sicurezza, nè tantomeno per intervenire autonomamente in via ordinaria o straordinaria sui rischi delle strutture degli edifici scolastici.
Inoltre D.Lgs. 81/2008 all'Art. 3 ha disposto che per specifici organismi ed enti, tra i quali gli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, le disposizioni del medesimo debbano essere applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative, la cui individuazione era demandata a specifici decreti interministeriali entro 36 mesi ma non sono presenti quelli relativi agli istituti scolastici.
[box-note]D.Lgs. 81/2008 ... Art. 3 Campo di applicazione
1. Il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio.
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, dei servizi di protezione civile, nonché nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle università, degli istituti di istruzione universitaria, delle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, degli uffici all'estero di cui all'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative ivi comprese quelle per la tutela della salute e sicurezza del personale nel corso di operazioni ed attività condotte dalla Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, nonché dalle altre Forze di polizia e dal Corpo dei vigili del fuoco, nonché dal Dipartimento della protezione civile fuori dal territorio nazionale, individuate entro e non oltre trentasei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo con decreti emanati, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dai Ministri competenti di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.[/box-note]
2. La nuova disciplina del D.Lgs. 81/2008 modificata dal D.L. 146/2021
I nuovi comma 3.1 e 3.2 articolo 18definiscono chiaramente i compiti e le responsabilità dei dirigenti delle istituzioni scolastiche e delle amministrazioni per gli interventi strutturali e di manutenzione degli edifici scolatici.
Fig. 2 - Redazione congiunta Documento di valutazione dei rischi (D.Lgs.81/08 Art. 18 c. 3.2)
3. Sorveglianza attiva Dirigenti
Qualora i dirigenti, sulla base della valutazione svolta con la diligenza del buon padre di famiglia, rilevino la sussistenza di un pericolo grave e immediato, possono interdire parzialmente o totalmente l'utilizzo dei locali e degli edifici assegnati, nonché ordinarne l'evacuazione, dandone tempestiva comunicazione all'amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione, nonché alla competente autorità di pubblica sicurezza. Nei casi di cui al periodo precedente non si applicano gli articoli 331, 340 e 658 del codice penale. ...
Ai fini della individuazione del Dirigente Scolastico quale soggetto responsabile in materia di sicurezza sul lavoro, la definizione di “Datore di Lavoro” fornita dall'articolo 2, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 81/2008 trova riscontro nell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e ancor prima nel D.M. 21 giugno 1996 n. 292 "Individuazione del datore di lavoro negli uffici e nelle istituzioni dipendenti dal Ministero della Pubblica Istruzione, ai sensi dei DD.LL. n. 626/94 e n. 242/96".
Il D.Lgs. 81/2008 negli artt. 17 e 18 riporta gli obblighi del datore di lavoro e del dirigente in materia di sicurezza sul lavoro.
- Decreto Ministeriale 29 settembre 1998, n. 382, Regolamento recante norme per l'individuazione delle particolari esigenze negli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, ai fini delle norme contenute nel decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modifiche ed integrazioni;
- D.Lgs. 81/2008 all'Art. 3 ha disposto che per specifici organismi ed enti, tra i quali gli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, le disposizioni del medesimo debbano essere applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative, la cui individuazione era demandata a specifici decreti interministeriali (da adottare entro 36 mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 81/2008). Tra i provvedimenti di attuazione emanati (quali il D.P.C.M. 28 novembre 2011, n. 231 in relazione alle particolari esigenze connesse all'espletamento delle attività del Dipartimento della protezione civile; il D.M. 16 febbraio 2012, n. 51 per gli uffici all'estero; il D.M. 18 novembre 2014, n. 201 per l'amministrazione della giustizia), non è presente quello relativi agli istituti scolastici.
- D.Lgs.81/08 all'art.18 comma 3, chiarisce in modo apparentemente inequivocabile come gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restino a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
- D.Lgs.81/08 all’articolo 18, con i nuovi commi 3.1 e 3.2 introdotti dal Decreto Legge n. 146/2021, convertito in legge con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 definiscono chiaramente i compiti e le responsabilità dei dirigenti delle istituzioni scolastiche e delle amministrazioni per gli interventi strutturali e di manutenzione degli edifici scolatici.
Art. 18 Obblighi del datore di lavoro e del dirigente ... 3. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
3.1. I dirigenti delle istituzioni scolastiche sono esentati da qualsiasi responsabilità civile, amministrativa e penale qualora abbiano tempestivamente richiesto gli interventi strutturali e di manutenzione di cui al comma 3, necessari per assicurare la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati, adottando le misure di carattere gestionale di propria competenza nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.
In ogni caso gli interventi relativi all'installazione degli impianti e alla loro verifica periodica e gli interventi strutturali e di manutenzione riferiti ad aree e spazi degli edifici non assegnati alle istituzioni scolastiche nonché ai vani e locali tecnici e ai tetti e sottotetti delle sedi delle istituzioni scolastiche restano a carico dell'amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione.
Qualora i dirigenti, sulla base della valutazione svolta con la diligenza del buon padre di famiglia, rilevino la sussistenza di un pericolo grave e immediato, possono interdire parzialmente o totalmente l'utilizzo dei locali e degli edifici assegnati, nonché ordinarne l'evacuazione, dandone tempestiva comunicazione all'amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione, nonché alla competente autorità di pubblica sicurezza. Nei casi di cui al periodo precedente non si applicano gli articoli 331, 340 e 658 del codice penale.
3.2. Per le sedi delle istituzioni scolastiche, la valutazione dei rischi strutturali degli edifici e l'individuazione delle misure necessarie a prevenirli sono di esclusiva competenza dell'amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla loro fornitura e manutenzione. Il documento di valutazione di cui al comma 2 è redatto dal dirigente dell'istituzione scolastica congiuntamente all'amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla fornitura e manutenzione degli edifici.
Il Ministro dell'istruzione, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con proprio decreto da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, stabilisce le modalità di valutazione congiunta dei rischi connessi agli edifici scolastici. (in rosso commi introdotti dal D.L. 146/2021 / ndr)
Art. 5. Raccordo con gli enti locali 1. Il datore di lavoro, ogni qualvolta se ne presentino le esigenze, deve richiedere agli enti locali la realizzazione degli interventi a carico degli enti stessi, ai sensi dell'articolo 4, comma 12, primo periodo, del decreto legislativo n. 626;con tale richiesta si intende assolto l'obbligo di competenza del datore di lavoro medesimo, secondo quanto previsto dal secondo periodo dello stesso comma 12.[/box-note]
...
5. Riferimenti normativi Edilizia scolastica
Per quanto riguarda invece l'edilizia scolastica, i riferimenti sono:
- D.M. 18 dicembre 1975 - "Norme tecniche aggiornate relative all'edilizia scolastica, ivi compresi gli indici di funzionalità didattica, edilizia ed urbanistica, da osservarsi nella esecuzione di opere di edilizia scolastica ". In realtà tale decreto sarebbe stato abrogato nel 1996 dalla Legge n°23 “Norme per l'edilizia scolastica ", ma la stessa legge 23 ha previsto che rimanessero in vigore gli indici minimi e massimi previsti dal D.M. del 1975 (funzionalità urbanistica, edilizia e didattica) che pertanto attualmente costituiscono il punto di riferimento principale e indispensabile per definire gli indirizzi progettuali degli edifici scolastici, in attesa della realizzazione di norme tecniche regionali, richiamate dalla Legge n.23/1996 all'art.5, co.3), ma a tutt'oggi ancora assenti;
- Legge 11 gennaio 1996, n. 23 - "Norme per l'edilizia scolastica", che all'art.3 definisce le 'competenze degli Enti locali', all'art.5 prescrive l'uscita delle 'norme tecniche', che dovranno sostituire quelle dell'abrogato D.M.1975, e all'art.6 istituisce l'Osservatorio per l'edilizia scolastica, presso il Ministero della Pubblica Istruzione (M.I.U.R.), e, infine, all'art.6 prescrive la realizzazione dell'Anagrafe dell'Edilizia scolastica, sempre a cura del M.I.U.R.;
In particolare, la Legge 11 gennaio 1996, n. 23 chiarisce direttamente le competenze degli Enti locali, tenuti non solo alla realizzazione, alla fornitura e alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici (Comuni, per le scuole dell'infanzia e del primo ciclo e Province per le scuole del secondo ciclo) ma altresì alle spese varie di ufficio e per l'arredamento e a quelle per le utenze elettriche e telefoniche, per la provvista dell'acqua e del gas, per il riscaldamento ed ai relativi impianti, e, ancora, all'allestimento e all'impianto di materiale didattico e scientifico che implichi il rispetto delle norme sulla sicurezza e sull'adeguamento degli impianti, con obbligo di dare alle scuole parere obbligatorio preventivo sull'adeguatezza dei locali ovvero ad assumere formale impegno ad adeguare tali locali contestualmente all'impianto delle attrezzature. Tale norma prevede addirittura che gli enti territoriali competenti possano delegare alle singole Istituzioni scolastiche, su loro richiesta, funzioni relative alla manutenzione ordinaria degli edifici destinati ad uso scolastico, con obbligo di assicurare alle Istituzioni scolastiche le risorse finanziarie necessarie per l'esercizio delle funzioni delegate.
Le norme tecniche, che gli Enti locali secondo tale Legge sono tenuti a rispettare, sono demandate al Ministero dei LL.PP., che, tenuto conto delle proposte dell'Osservatorio per l'edilizia scolastica (M.I.U.R.), deve adottare, con proprio decreto, le norme tecniche-quadro, contenenti gli indici minimi e massimi di funzionalità urbanistica, edilizia e didattica indispensabili a garantire indirizzi progettuali di riferimento adeguati e omogenei sul territorio nazionale, che successivamente le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, devono a loro volta considerare per approvare specifiche norme tecniche per la progettazione esecutiva degli interventi, definendo in particolare indici diversificati riferiti alla specificità dei centri storici e delle aree metropolitane; nell'attesa della definizione dei sopracitati Decreto Ministeriale e Norme Regionali, a tutt'oggi non ancora avvenuta, come già riferito nel punto precedente, la Legge 11 gennaio 1996, n. 23 ha prescritto il mantenimento temporaneo degli indici di riferimento contenuti appunto nel D.M. 18 dicembre 1975.
Sentenze rilevanti Corte di Cassazione in materia di sicurezza nelle scuole:
- la sentenza n.12223/2016, relativa al crollo del controsoffitto pesante di un’aula del Liceo “Darwin” di Rivoli (TO); - la sentenza n. 2536/2016, relativa al crollo del Convitto dell’Aquila per il Convitto, a seguito del terremoto del 2009; - la sentenza n. 20051/2016, relativa all’improvvisa caduta di un’anta di un cancello di una scuola statale a Casteldaccia (PA); - la sentenza n. 30143/2016, relativa all’accertamento dei VVF in una scuola nel Comune di Succivo (CE) per mancata verifica degli estintori e impianto idrico non funzionante;
Tali sentenze hanno evidenziato "le gravi incongruenze della normativa vigente" in quanto ignora che gli edifici scolastici sono di proprietà degli Enti locali (comune, provincia e area metropolitana) e "soltanto a loro la normativa vigente impone gli obblighi relativi alla messa a disposizione nonché ogni intervento strutturale e di manutenzione necessario al fine di garantire la sicurezza prima di tutto degli studenti e, in generale, di tutti gli operatori scolastici.".
7. Note
Una posizione del MIUR, vorrebbe limitare gli obblighi attualmente insistenti in capo al dirigente scolastico, quale datore di lavoro, alle sole aree e spazi che gestisce direttamente. Gli altri spazi, come ad esempio, i locali tecnici, i sottotetti non utilizzati e i tetti potrebbero essere individuati quali luoghi di esclusiva competenza ed accesso (e quindi responsabilità) dell'ente locale proprietario, anche n riferimento ai locali adibiti a cucine, mense o bar che, di conseguenza, potrebbero essere individuati quali luoghi per i quali gli obblighi e la responsabilità sono riconosciuti ad esempio in capo al titolare della ditta alla quale è affidato il servizio di ristorazione, mensa o bar. ... segue in allegato
ID 13941 | 06.07.2021 / Documento di lavoro completo in allegato
Il documento illustra anche con il supporto di immagini e schemi il campo di applicazione ed i requisiti in materia di sicurezza propri delle attività di spettacolo musicale, cinematografico, teatrale e delle manifestazioni fieristiche, analizzando gli aspetti peculiari del cd. "Decreto Palchi".
Il comma 2-bis dell’articolo 88 del d.lgs. 81/2008, come modificato dalla legge 98/2013 di conversione del d.l. 69/2013, ha stabilito che le misure disposte dal titolo IV dello stesso decreto per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili si applicano agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività, individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro.
[panel]Art. 88 - Campo di applicazione
1. Il presente capo contiene disposizioni specifiche relative alle misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili quali definiti all'articolo 89, comma 1, lettera a). 2. Le disposizioni del presente capo non si applicano: a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali; b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attività minerarie esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle concessioni o delle autorizzazioni; c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera: gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le gallerie, nonché i macchinari, gli apparecchi e utensili destinati alla coltivazione della miniera, le opere e gli impianti destinati all'arricchimento dei minerali, anche se ubicati fuori del perimetro delle concessioni; d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e trasporto dei prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali; e) alle attività di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato; f) ai lavori svolti in mare; g) alle attività svolte in studi teatrali, cinematografici, televisivi o in altri luoghi in cui si effettuino riprese, purché tali attività non implichino l'allestimento di un cantiere temporaneo o mobile. g-bis) ai lavori relativi a impianti elettrici, reti informatiche, gas, acqua, condizionamento e riscaldamento che non comportino lavori edili o di ingegneria civile di cui all'allegato X. (1)(2)(4) g-ter), alle attività di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, che non comportino lavori edili o di ingegneria civile di cui all'allegato X.
2-bis. Le disposizioni di cui al presente titolo si applicano agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività, individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, che deve essere adottato entro il 31 dicembre 2013. (3) (5) (6)
Note (1) Il decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 - Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, all'art. 32, c. 1, lett. g dispone l'inserimento del periodo "nonché ai piccoli lavori la cui durata presunta non è superiore ai dieci uomini giorno, finalizzati alla realizzazione o manutenzione delle infrastrutture per servizi" (2) Comma modificato dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (3) Comma aggiunto dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (4) Comma sostituito dall'art. 16 della legge 29 luglio 2015, n. 115 - Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2014 (5) Pubblicato il Decreto MLPS 22 luglio 2014 Disposizioni che si applicano agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività (GU n. 183 dell'8 agosto 2014) (6) Circolare n. 35 del 24 dicembre 2014 Istruzioni operative tecnico - organizzative per l'allestimento e la gestione delle opere temporanee e delle attrezzature da impiegare nella produzione e realizzazione di spettacoli musicali, cinematografici, teatrali e di manifestazioni fieristiche alla luce del Decreto MLPS 22 luglio 2014.[/panel]
Il Decreto Interministeriale 22 luglio 2014 - "Palchi", pubblicato sulla G.U. n. 183 dell’8 agosto 2014, recante “Disposizioni che si applicano agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività” del 22 luglio 2014, ha esteso al comparto dell’organizzazione dei grandi eventi di spettacolo le disposizioni in materia di prevenzione previste dal titolo IV del “Testo unico per la sicurezza” per i cantieri temporanei o mobili.
Il decreto contiene le misure per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori adibiti alle attività di montaggio e smontaggio di opere temporanee, compreso il loro allestimento e disallestimento con impianti audio, luci e scenotecnici, realizzate per spettacoli musicali, cinematografici e teatrali, nonché alle attività di approntamento e smantellamento di strutture allestitive, tendostrutture, o opere temporanee per manifestazioni fieristiche.
Successivamente il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato la Circolare n. 35 del 24 dicembre 2014 con le “Istruzioni operative tecnico–organizzative per l’allestimento e la gestione delle opere temporanee e delle attrezzature da impiegare nella produzione e realizzazione di spettacoli musicali, cinematografici, teatrali e di manifestazioni fieristiche alla luce del Decreto interministeriale 22 luglio 2014”.
La circolare fornisce chiarimenti sulle modalità di applicazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro negli spettacoli introdotta dal Decreto del 22 luglio 2014, e, seguendo i capi e gli articoli del decreto stesso, ne descrive e illustra l’azione e le richieste.
UNI EN 13782:2015 Strutture temporanee - Tende - Sicurezza
La norma specifica i requisiti di sicurezza relativi alla progettazione, al calcolo, alla costruzione, all'installazione, alla manutenzione di tende installate in maniera itinerante, temporanea con superficie coperta maggiore di 50 m2. La norma si applica anche a tende piccole multiple, che non sono normalmente trattate dalla presente norma, che sono installate vicine e che insieme coprono una superficie maggiore di 50 m2.
UNI EN 13814-1:2019 Sicurezza delle giostre e dei dispositivi per divertimento - Parte 1: Progettazione e fabbricazione
La norma specifica i requisiti minimi necessari a garantire la sicurezza nella progettazione, calcolo, fabbricazione ed installazione di macchinari e strutture sia mobili, sia installate temporaneamente o permanentemente che sono destinate all'uso da parte di persone come attività per il divertimento, quali giostre, altalene, barche, ruote panoramiche, montagne russe, scivoli, padiglioni, attrazioni complementari e strutture per dimostrazioni artistiche aeree. I suddetti elementi, detti attrazioni per divertimento, sono destinati ad essere installati sia ripetutamente senza deterioramento o perdita di integrità, sia temporaneamente o permanentemente, in fiere e parchi di divertimento o in qualsiasi altro luogo.
Tribune, installazioni di cantieri edili, ponteggi, strutture rimovibili per agricoltura, attrazioni a gettone semplici per bambini in grado di trasportare non più di tre bambini e dispositivi ricreativi come gli acquascivoli o le piste estive per slittini, attrezzature e superfici per aree da gioco, percorsi acrobatici, strutture artificiali per arrampicata, attrezzature da gioco gonfiabili, tappeti elastici, equipaggiamenti per piscine (questo elenco non è esaustivo) non sono trattati dalla norma.
Per tutte le apparecchiature non trattate dalla norma, si applicano le norme tecniche pertinenti.
Tuttavia questo documento può essere utilizzato nella progettazione di qualsiasi struttura o dispositivo da divertimento per il trasporto dei passeggeri che sono similari, anche se non esplicitamente menzionati. Per la sicurezza dei lavoratori si applicano i regolamenti nazionali.
Il documento è applicabile alla fabbricazione e modifiche importanti delle attrazioni per divertimento progettate dopo la data effettiva di pubblicazione.
UNI EN 13814-2:2019 Sicurezza delle giostre e dei dispositivi per divertimento - Parte 2: Funzionamento, manutenzione ed uso
La norma specifica i requisiti minimi necessari a garantire la sicurezza della manutenzione, del funzionamento, dell’ispezione e del collaudo delle giostre ed attrazioni per il divertimento che sono destinate ad essere installate sia ripetutamente senza deterioramento o perdita di integrità, sia temporaneamente o permanentemente, in fiere e parchi di divertimento o in qualsiasi altro luogo. Tribune, installazioni di cantieri edili, ponteggi, strutture rimovibili per agricoltura, attrazioni a gettone semplici per bambini in grado di trasportare non più di tre bambini e dispositivi ricreativi come gli acquascivoli o le piste estive per slittini, attrezzature e superfici per aree da gioco, percorsi acrobatici, strutture artificiali per arrampicata, attrezzature da gioco gonfiabili, tappeti elastici, equipaggiamenti per piscine (questo elenco non è esaustivo) non sono trattati dalla presente norma.
Per la sicurezza dei lavoratori si applicano i regolamenti nazionali.
UNI EN 13814-3:2019 Sicurezza delle giostre e dei dispositivi per divertimento - Parte 3: Requisiti per l'ispezione durante la progettazione, fabbricazione, funzionamento ed uso
La norma definisce i requisiti per le necessarie ispezioni indipendenti delle attrazioni per divertimento progettate, fabbricate, funzionanti ed utilizzate conformemente alla UNI EN 13814-1 e alla UNI EN 13814-
UNI 11580:2015 Sistemi per pubblico spettacolo - Specifiche per la progettazione, la fabbricazione e le ispezioni degli elementi strutturali in alluminio e/o acciaio.
Il presente documento specifica i requisiti per la progettazione, il calcolo, la fabbricazione, e le ispezioni di travature, torri e di ogni elemento ad essi associabili, costruiti in alluminio e/o acciaio per impiego nel pubblico spettacolo.
Strutture composte da questi elementi possono anche avere forma complessa tramite l’utilizzo di elementi angolari, archi o combinazioni di altri elementi speciali che non siano travi lineari.
Le travature e le torri sono utilizzate prevalentemente per supportare carichi statici e dinamici o per finalità puramente decorative. Possono essere sospese, supportate da terra o a parete, installate permanentemente o usate come struttura mobile.
UNI EN 13200-1:2019 Installazioni per spettatori - Parte 1: Caratteristiche generali degli spazi di osservazione per spettatori.
La norma specifica i requisiti di progettazione e di gestione relativi alle installazioni per spettatori in luoghi di intrattenimento permanenti o temporanei, compresi stadi sportivi, palazzetti dello sport, installazioni al chiuso e all'aperto, al fine di garantire la loro funzionalità.
[...omissis]
Il palco e le sue componenti
Figura 1 - Componenti di un’opera temporanea per eventi (spettacoli musicali, cinematografici, teatrali e di intrattenimento). Fonte immagine: INAIL
Struttura inferiore (palcoscenico)
Il palcoscenico può svilupparsi su un unico livello o su diversi livelli (ad es. gradoni o cavee). Esso può essere fisso o mobile, in quest’ultimo caso è generalmente semovente su ruote e viene denominato rolling stage.
Il palcoscenico sostiene gli artisti durante le rappresentazioni, oltre che l’allestimento scenotecnico inferiore; può anche contenere attrezzature scenotecniche per la movimentazione di artisti e/o materiale scenografico (c.d. macchine per la meccanica inferiore).
Struttura superiore
La struttura superiore, laddove prevista, sostiene l’allestimento scenotecnico superiore, composto da attrezzature scenotecniche, strutture di ausilio e altri materiali scenografici. Essa è generalmente realizzata in opera, direttamente in quota oppure a terra. In quest’ultimo caso, viene portata nella sua posizione finale in quota mediante sistemi di sollevamento manuali o motorizzati nei quali vengono usualmente impiegati dei paranchi a catena.
Figura 2 – Esempi di struttura superiore realizzata sul palco e portata in quota mediante sistemi di sollevamento motorizzati
Il sistema di sospensione
Il progetto di allestimento scenotecnico richiede un posizionamento preciso nello spazio degli impianti illuminotecnici, audio, video ed effetti scenografici, sia per motivi artistici che per esigenze tecniche.
A tal fine si fa riferimento al rigging plot e generalmente, la collocazione nelle posizioni finali previste, si ottiene mediante l’interposizione, fra la struttura di sostegno e il carico, di un sistema di sospensione che, oltre a rendere compatibili i punti di ancoraggio con i punti di sospensione, trasferisce i carichi statici e dinamici (sia nella fase di montaggio e smontaggio che nella fase di esercizio) trasmessi dalle strutture di ausilio e dalle attrezzature scenotecniche a punti della struttura di sostegno idonei a tal fine (punti di ancoraggio).
[...]
Le strutture di ausilio
Le strutture di ausilio sono opere temporanee a servizio dell’evento per il supporto delle attrezzature scenotecniche e del materiale scenografico.
Generalmente sono strutture dalle forme diverse in relazione al tipo di elemento che devono sostenere. Di solito vengono utilizzate strutture a torre per i proiettori luce, i sistemi audio e le postazioni regia, strutture ad intelaiatura controventata per il supporto di schermi video, strutture lineari o ad anello, a traliccio (es. truss americane, ring di americane, mother grid) oppure costituite da profilati metallici (es. travi IPE, HE) per sostenere l’apparato illuminotecnico o acustico, ecc.
Figura 6 - Mother grid Figura 7 - Truss americane
...
Montaggio, smontaggio ed allestimento
Le fasi di montaggio, smontaggio ed allestimento, considerata la loro complessità e l’interferenza con altre attività lavorative, sono da considerarsi fasi critiche del processo di realizzazione del palco che rendono necessarie opportune azioni di coordinamento e controllo.
Corretto montaggio
Durante il montaggio è necessario controllare che:
- siano disponibili gli schemi di installazione forniti dal fabbricante e/o dal progettista del palco o, in alternativa, i disegni esecutivi di progetto dello stesso redatti da un professionista iscritto all’albo professionale;
Palchi per spettacoli ed eventi similari
- siano disponibili le istruzioni di montaggio del palco comprensive dell’illustrazione delle modalità di montaggio, eventuale trasformazione e smontaggio, riportando le necessarie sequenze ‘passo dopo passo’, nonché la descrizione delle misure di sicurezza da adottare e dei dispositivi di protezione individuale (DPI) da utilizzare; - vi sia la documentazione dell'esecuzione dell'ultima verifica degli elementi del palco in oggetto; - il serraggio dei collegamenti fra gli elementi del palco sia mantenuto in efficienza secondo le modalità previste dal fabbricante, riportate nelle istruzioni d’uso e/o nel progetto; - gli ancoraggi e/o le zavorre siano mantenuti in efficienza, secondo le modalità previste dal fabbricante e/o dal progettista riportate nelle istruzioni d’uso e/o nel progetto; - i montanti siano verticali; - le controventature di pianta e di facciata siano mantenute in efficienza mediante: -- controllo visivo della linearità delle aste delle diagonali di facciata e delle diagonali in pianta; -- controllo visivo dello stato di conservazione dei collegamenti ai montanti delle diagonali di facciata e delle diagonali in pianta.
Il personale addetto al montaggio ed, in particolare, il preposto al montaggio:
- dovrà attenersi scrupolosamente alla sequenza di montaggio dei vari elementi; - dovrà verificare la completezza di ogni configurazione strutturale prevista nel progetto, prima di proseguire con le fasi successive.
È necessario prevedere un documento ove il preposto al montaggio, registri:
- l’avvenuto controllo; - la rispondenza della struttura alle varie configurazioni riportate nella sequenza di montaggio prevista dal fabbricante e/o dal progettista.
Dichiarazione di corretto montaggio
La dichiarazione di corretto montaggio, redatta da un professionista, ingegnere o architetto (laurea magistrale o equipollente), abilitato a norma di legge all’esercizio della professione, dovrebbe contenere:
- la dichiarazione che le strutture, le pedane, le impalcature, gli appendimenti, ecc. siano stati montati a regola d’arte e posizionati conformemente ai disegni esecutivi. - la certificazione, a firma di un professionista abilitato, sulla idoneità statica del sistema complessivo dei carichi sospesi effettivamente in opera, corredata dalla eventuale documentazione certificativa dei singoli componenti del sistema.
Idoneità all’impiego
Un palco può essere idoneo all’impiego quando è stato:
- realizzato secondo il progetto; - montato e smontato in accordo alle istruzioni del progettista/fabbricante; - utilizzato conformemente alle istruzioni del progettista/fabbricante; - immagazzinato e trasportato secondo le istruzioni del progettista/fabbricante; - ispezionato e controllato in conformità alle istruzioni del progettista/fabbricante; - manutenuto secondo le istruzioni del progettista/fabbricante; - eventualmente riparato e garantito dal fabbricante o da persona da lui qualificata.
...
Verifica dei carichi sospesi
Ministero dell'interno - Dip. VV.FF., Circ. 1 aprile 2011, n. 1689
[panel]Oggetto: Locali di pubblico spettacolo di tipo temporaneo o permanente. Verifica della solidità e sicurezza dei carichi sospesi.
Le Commissioni di vigilanza istituite per l'applicazione dell'art. 80 del TULPS hanno, tra l'altro, il compito di "verificare le condizioni di solidità, di sicurezza e di igiene" dei locali di pubblico spettacolo "ed indicare le misure e le cautele ritenute necessarie sia nell'interesse dell'igiene che della prevenzione degli infortuni" (art. 141 del Regolamento per l'esecuzione del TULPS).
Nell'ambito della predetta attività di verifica, diretta ad assicurare la tutela del pubblico e dei lavoratori addetti, rivestono particolare rilevanza i controlli sulle condizioni di solidità e sicurezza di eventuali carichi sospesi impiegati negli allestimenti.
Si tratta, come noto, di carichi installati al di sopra di palcoscenici e platee ovvero sospesi al di sopra o in prossimità di aree di stazionamento o passaggio del pubblico e/o di aree di produzione dello spettacolo, che possono pertanto costituire potenziali fonti di rischio.
Le attuali tecnologie consentono l'impiego, sempre più diffuso anche nell'ambito di manifestazioni temporanee con allestimenti provvisori, di sistemi complessi composti da diversi elementi strutturali e con carichi di varia natura, sia statici che dinamici (si pensi, ad esempio, al "ring" di americane reticolari con appesi gruppi di "line array" di casse audio, batterie di proiettori, teste mobili nonché di vari motori per il sollevamento ed eventuali sotto-strutture dedicate a particolari effetti scenici).
Negli ultimi anni si è registrata una ampia casistica di incidenti dovuti al collasso di strutture fisse o temporanee per sovraccarico o non corretto montaggio di carichi sospesi, tutti contrassegnati da conseguenze gravi, in alcuni casi mortali, che hanno interessato anche il nostro Paese.
Deve inoltre evidenziarsi che, nella prassi, un fattore di criticità nella verifica degli elementi in discorso, può essere rappresentato dalla distanza temporale intercorrente, in taluni casi, fra la fase di progettazione iniziale e il momento di effettiva realizzazione dell'allestimento, e dalla possibilità di disporre di una documentazione tecnica completa e aggiornata sulle modifiche intervenute fino all'ultimazione dell'allestimento medesimo.
Ciò posto, muovendo dalla descrizione delle tipologie più ricorrenti di carichi sospesi, si ritiene utile fornire le seguenti indicazioni, al fine di assicurare, anche sul piano della completezza documentale, l'ottimizzazione dei controlli concernenti la sicurezza e la solidità di tali elementi strutturali, a garanzia dell'incolumità del pubblico e del personale addetto.
Carichi sospesi.
La nozione di "carico sospeso" è ampia e rimanda, in maniera comprensiva, a qualunque elemento (scenotecnico, di arredo o altro), posto in aria o trattenuto o ancorato in sospensione o appoggiato in quota ovvero mosso meccanicamente, prima e/o durante lo spettacolo, tramite gru, argani, carri ponte, piattaforme di lavoro e simili.
Per maggiore chiarezza e ai soli fini della presente nota, si individuano, di seguito, le tipologie più ricorrenti di carichi sospesi e dei relativi sistemi di sospensione (semplici o complessi) normalmente impiegati nell'ambito dei locali o luoghi di pubblico spettacolo, permanenti o temporanei, soggetti al parere della Commissione di vigilanza ai fini del rilascio, da parte del Comune, della licenza di cui agli articoli 68 e 80 del TULPS.
Carico sospeso fisso: carico sospeso vincolato ad uno o più punti di una struttura superiore od inferiore ivi comprese funi, tiranti, catene e staffe;
Carico sospeso ad un organo di sollevamento: carico sospeso vincolato tramite un elemento mobile sia esso fune, catena, cinghia e/o banda ad una macchina ovvero ad un sistema complesso di sollevamento;
Carico sospeso dinamico: carico sospeso vincolato o tramite un organo movimentato da una macchina o tramite un sistema complesso di sollevamento in grado di muoversi nello spazio in una o più direzioni;
Per tali elementi scenotecnici e/o di arredo (p.e. televisioni, schermi, proiettori, corpi illuminanti, casse audio, americane, pedane per sollevamento scene o artisti, ecc.), diversi dagli elementi costruttivi descritti e dimensionati nel progetto strutturale e quindi già verificati in sede di collaudo statico, occorre dunque garantire la idoneità statica delle strutture fisse o temporanee di ancoraggio, l'adeguatezza delle condizioni di ancoraggio e la pianificazione e attuazione degli interventi di manutenzione.
Documentazione tecnica e/o certificativa
Al fine di verificare la "solidità e la sicurezza" di un "locale" di pubblico spettacolo in relazione ai carichi sospesi e alle strutture fisse o temporanee destinate all'ancoraggio degli stessi, può farsi riferimento a quanto disposto dalle norme sulla sicurezza delle costruzioni (in particolare, dal D.M. 14 gennaio 2008, recante le nuove norme tecniche per le costruzioni) e dalle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro (d.lgs. 81/2008).
Lo schema riportato nella pagina successiva (di cui segue la legenda) illustra alcune situazioni tipiche, evidenziando, ai fini della successiva certificazione del sistema di sospensione, le componenti essenziali e ricorrenti del sistema medesimo.
Legenda:
A. Struttura di sostegno (torre luce, struttura fissa, americana, ecc.); B. Vincolo di collegamento fra struttura e collegamento principale (p.e. gancio, golfare, occhiello); C. Collegamento principale (p.e. tirante, fascia, fune, catena, asta); D. Collegamento di sicurezza (p.e. tirante, fascia, fune, catena, asta, sistemi estensibili anticaduta); E. Motore/paranco (eventuale); F. Vincolo di collegamento fra motore/collegamento principale e il carico (p.e. gancio, golfare, occhiello, fasce, imbrago); G. Carico (p.e. casse acustiche, proiettori, fari, americane)
Si segnala di seguito la documentazione utile ad attestare la sicurezza dei carichi sospesi:
1. documentazione tecnica illustrativa la presenza, la tipologia e la consistenza dei carichi sospesi, a firma di tecnico qualificato;
2. schemi dei sistemi di sospensione/appendimento evidenziami, ove presenti, i sistemi complessi (p.e. struttura di sostegno a sua volta sospesa ad altra struttura), i carichi dinamici (carichi che si muovono o possono farlo durante lo spettacolo), e gli eventuali motori, a firma di tecnico qualificato;
3. certificazione sulla idoneità statica del sistema complessivo dei carichi sospesi effettivamente in opera, a firma di tecnico qualificato, corredata dalla documentazione certificativa dei singoli componenti del sistema[/panel]
Decreto Interministeriale 22 luglio 2014
Disposizioni che si applicano agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività
Con Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro della Salute, sono state individuate, ex articolo 88, comma 2-bis, del d.lgs. 81/2008, così come modificato dalla Legge n. 98/2013 di conversione del D.L. n. 69/2013, le disposizioni che si applicano "agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività" (in GU n. 183 dell'8 agosto 2014).
Le attività di montaggio, smontaggio ed allestimento delle OT impiegate in occasione di spettacoli, mostre, manifestazioni fieristiche, culturali ed eventi simili risultano particolarmente rischiose se si pensa alle peculiarità del contesto operativo, quali, ad esempio, la presenza contemporanea di più imprese esecutrici nelle aree di lavoro, l’elevato numero di lavoratori anche di diverse nazionalità e la necessità di completamento dei lavori in tempi brevi e in spazi ristretti.
Inoltre tali OT sono strutture, in genere prefabbricate, che vengono installate, di volta in volta, in luoghi diversi, aventi caratteristiche differenti, sia dal punto di vista della portanza del suolo, che delle condizioni meteorologiche. Tali caratteristiche ne influenzano la progettazione strutturale e la stabilità, e devono essere valutate ad ogni cambiamento di sito.
La fornitura delle OT realizzate per spettacoli musicali, cinematografici e teatrali, comprende le attività di montaggio e smontaggio, allestimento e disallestimento con impianti luci, audio, video e in generale scenotecnici, lavorazioni accessorie correlate, quali ad esempio carico, scarico e movimentazione delle attrezzature.
Schema 1 - Decreto palchi - Capo I
Campo di applicazione - Spettacoli musicali, cinematografici, teatrali
L’articolo 1 del Decreto Interministeriale 22 luglio 2014, individua quale campo di applicazione le attività di montaggio e smontaggio delle opere temporanee, di seguito denominate OT, realizzate per spettacoli musicali, cinematografici e teatrali.
Sono comprese, nelle suddette attività anche quelle di allestimento e disallestimento con impianti luci, audio, video e in generale scenotecnici e le lavorazioni accessorie correlate, quali ad esempio: carico, scarico e movimentazione delle attrezzature. Non sono pertanto comprese dall’applicazione delle previsioni del DI le attività che si svolgono al di fuori delle fasi di montaggio e smontaggio delle OT.
Per spettacoli musicali, cinematografici e teatrali si intendono gli eventi di intrattenimento in genere che si avvalgono di OT.
- il montaggio e lo smontaggio di pedane di altezza fino a 2 m rispetto a un piano stabile, non connesse ad altre strutture o supportanti altre strutture. Si tratta di pedane per lo più modulari, assemblate in varie combinazioni e che realizzano superfici calpestagli che non implicano lavori in quota ai sensi del d.lgs. n. 81 del 2008.
- il montaggio e lo smontaggio di travi, sistemi di travi o graticci sospesi a stativi o a torri con sollevamento manuale o motorizzato, il cui montaggio avviene al suolo o sul piano del palco e la cui altezza finale rispetto a un piano stabile, misurata all’estradosso, non superi 6 m nel caso di stativi e 8 m nel caso di torri. Gli aspetti dimensionali si riferiscono alla OT nella sua interezza ovvero comprensiva degli elementi di sostegno con appoggio al pavimento. Tali OT sono caratterizzate da semplicità costruttiva e da limitate dimensioni, le cui fasi di realizzazione si svolgono in maniera prevalente senza esporre i lavoratori all’effettuazione di lavori in quota. Per analogia si intende escluso anche il montaggio e lo smontaggio effettuato al suolo o sul piano del palco di travi, sistemi di travi o graticci che vengono portati e mantenuti in quota mediante dispositivi di sollevamento appesi a punti di ancoraggio fissi in strutture permanenti, specificamente destinate (teatri, palazzetti dello sport, ecc.) ad ospitare gli spettacoli di cui sopra.
- il montaggio e lo smontaggio di OT prefabbricate, realizzate con elementi prodotti da un unico fabbricante, montate secondo le indicazioni, le configurazioni e i carichi massimi, previsti dallo stesso, la cui altezza complessiva rispetto a un piano stabile, compresi gli elementi di copertura direttamente collegati alla struttura di appoggio, non superi 7 m misurati all’estradosso. Si tratta di OT in cui tutti i componenti sono forniti dal fabbricante, ivi comprese le istruzioni di montaggio e smontaggio di detti componenti secondo configurazioni predefinite.
Particolari esigenze
L’articolo 2 del DI elenca le particolari esigenze che caratterizzano le attività di montaggio e smontaggio delle OT. Esigenze che hanno condotto all’emanazione dello stesso DI ai fini dell’applicabilità del Titolo IV del d.lgs. n. 81 del 2008.
Gli articoli 3 e 4 del DI riportano le modalità applicative dei precetti del Capo I e II del Titolo IV del d.lgs. n. 81 del 2008 in considerazione delle particolari esigenze che caratterizzano le attività di montaggio e smontaggio delle OT.
Terminologia e definizioni
Cantiere
È il luogo ove si svolgono le attività di montaggio e smontaggio di OT, compreso il loro allestimento e disallestimento con impianti audio, luci e scenotecnici, realizzate per spettacoli musicali, cinematografici e teatrali.
Le OT risultano formate da un complesso di elementi prefabbricati collegati fra loro, ciascuno destinato ad una particolare funzione e tutti insieme coordinati in vista di una funzionalità specifica (accoglienza della prestazione artistica, della proiezione cinematografica, della rappresentazione teatrale, dell’accoglienza del pubblico, supporto di attrezzature di sollevamento, di schermi video, di telecamere, di altoparlanti, luci, effetti speciali, ecc.).
I principali elementi prefabbricati utilizzabili sono:
- elementi tralicciati (ad esempio: torri e americane); - elementi di ponteggi; - elementi per tribune; - elementi di raccordo e di giunzione; - elementi di movimentazione (paranchi elettrici a catena, ecc.); « ecc..
Il palco è l’OT sopra cui si svolge l'azione di esibizione/rappresentazione/intrattenimento. Il palco, realizzato mediante struttura metallica o di altro materiale, è generalmente costituito da una pedana (ovvero palcoscenico, eventualmente a gradoni con differenti livelli di altezza o inclinata) e dotato o meno di elementi di copertura. Se esistente, la copertura viene realizzata in opera, generalmente a terra e portata in quota con sistemi di sollevamento manuali o motorizzati; essa può essere utilizzata per il supporto delle attrezzature audio, video, luci e scenotecniche.
Il palco è solitamente ancorato mediante zavorre o altri sistemi.
Gli impianti luci e audio nonché gli altri materiali scenografici vengono sollevati ed appesi alla copertura o ad altro, direttamente oppure mediante una travatura reticolare denominata “americana”. Tale travatura reticolare è montata su supporti (motorizzati o non, ad argano o a paranco, ecc.) che ne permettono la movimentazione in senso verticale e/o orizzontale.
La pedana può essere fissa, semovente ovvero dotata di ruote per consentire la contemporaneità di più fasi di lavoro. Questo sistema permette di separare l’area di appendimento delle strutture dall’area di allestimento della pedana e degli strumenti.
La pedana può essere dotata di sistemi idraulici atti a variare la conformazione della pedana stessa per esigenze scenografiche.
Le strutture di ausilio alla esibizione e di supporto a proiettori di luce, sistemi audio, schermi video, videocamere, regia, ecc., hanno forme diverse in relazione al tipo di struttura o attrezzatura che devono sostenere.
Ad esempio:
- a torre per i proiettori di luce, sistemi audio, postazione regia e riprese video, - ad intelaiatura controventata per il supporto di schermi video, - a traliccio ad anello o lineare per sostenere l’apparato illuminotecnico o acustico, ecc.
Queste opere possono essere posizionate in qualsiasi zona del sito in cui si effettua lo spettacolo.
Committente
È il soggetto che esercita concretamente i poteri decisionali e di spesa di cui è titolare, per conto del quale vengono realizzate le attività di montaggio e smontaggio di OT, compreso il loro allestimento e disallestimento con impianti audio, luci e scenotecnici, realizzate per spettacoli musicali, cinematografici e teatrali indipendentemente da eventuali frazionamenti della loro realizzazione.
Qualunque sia il tipo di organizzazione adottata per l’evento, il soggetto individuato quale committente è colui sul quale ricadono gli obblighi di cui agli articoli 90, 93, 99, 100 e 101 del d.lgs. n. 81 del 2008.
Il committente ha la facoltà di avvalersi del responsabile dei lavori come definito all’articolo 89 del d.lgs. 81 del 2008 ed è esonerato dalle responsabilità connesse all’adempimento degli obblighi limitatamente all’incarico conferito al responsabile dei lavori. Corre l’obbligo segnalare che la designazione dei coordinatori non esonera il committente o il responsabile dei lavori dalle responsabilità connesse alla verifica degli obblighi richiamati all’articolo 93, comma 2, del d.lgs. n. 81 del 2008.
Il committente raccoglie e mette a disposizione, dei soggetti interessati (progettista, coordinatori, ecc.) le informazioni concernenti il sito di installazione dell’OT di cui all’Allegato I del DI e le documentazioni e le certificazioni dell’opera temporanea da tenere a disposizione degli utilizzatori, organi di vigilanza, ecc.. Le informazioni di cui sopra devono intendersi quale elenco necessario e non esaustivo.
Luogo o sito dello spettacolo
Nella prassi comune le situazioni in cui avrà luogo l’evento sono:
Le caratteristiche delle OT, degli impianti da montare e delle attrezzature da utilizzare devono essere valutate in funzione delle caratteristiche del sito in cui si svolgerà l’evento.
È pertanto necessario individuare le principali caratteristiche tecniche del sito, quali ad esempio:
- dimensioni del luogo di installazione della OT in relazione alla movimentazione in sicurezza degli elementi della stessa e delle relative attrezzature necessarie; - portanza del terreno e della pavimentazione relativa al luogo dell’installazione, in relazione alle sollecitazioni indotte dalla OT e durante le fasi di allestimento e disallestimento della stessa; - strutture preesistenti dedicate all’ancoraggio di americane o dispositivi similari o di idonei punti di ancoraggio se questi non sono presenti, corredate da documentazione indicante le caratteristiche dei carichi massimi sospesi ammissibili. - caratteristiche di sicurezza degli impianti già presenti.
[panel]1° Modulo Premessa Normativa di riferimento Pianificare il primo soccorso Gli addetti al primo soccorso Documentazione necessaria Scheda di sicurezza (SDS) Infortunio sul lavoro Cassetta di pronto soccorso Pacchetto di medicazione DAE (Defibrillatore automatico extraopedaliero) Dispositivi di protezione individuale (DPI) Gestione dell’emergenza Compiti addetti primo soccorso Valutazione e sicurezza della scena Procedura attivazione del p.s. esterno Procedura attivazione del p.s. interno 2° Modulo Il corpo umano L’apparato respiratorio Ventilazione La diffusione L’apparato cardiocircolatorio Valutazione dell’infortunato Fasi della rianimazione cardio polmonare (RCP) Valutazione primaria dell’infortunato e BLS Il danno anossico cerebrale Valutazione dell’infortunato Il massaggio cardiaco Effettuare le ventilazioni Effettuare la defibrillazione precoce Posizione laterale di sicurezza Angina pectoris Infarto miocardico Lo shock Sincope Lipotimia Emorragia Ferite Amputazioni 3° Modulo L’apparato locomotore Il sistema nervoso Il trauma cranico I traumi della colonna I traumi del torace I traumi dell’addome Traumi cutanei, articolari ed ossei Tipi di fratture Lesioni da schiacciamento La rianimazione cardiopolmonare nel traumatizzato Immobilizzazione del traumatizzato Spostamento del traumatizzato Ostruzione delle vie aeree Le intossicazioni Cute Le ustioni I corpi estranei nell’occhio Elettrocuzione Ipotermia Ipertermia Malattie infettive[/panel]
- Art. 18 Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono: [...] b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;
1. Ai fini degli adempimenti di cui all'articolo 18, comma 1, lettera t), il datore di lavoro: a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza; b) designa preventivamente i lavoratori di cui all'articolo 18, comma 1, lettera b); c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti a un pericolo grave e immediato circa le misure predisposte e i comportamenti da adottare; d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave e immediato che non può essere evitato, possano cessare la loro attività, o mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro; e) adotta i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza o per quella di altre persone e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili. e-bis) garantisce la presenza di mezzi di estinzione idonei alla classe di incendio ed al livello di rischio presenti sul luogo di lavoro, tenendo anche conto delle particolari condizioni in cui possono essere usati. L'obbligo si applica anche agli impianti di estinzione fissi, manuali o automatici, individuati in relazione alla valutazione dei rischi.
2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell'azienda e dei rischi specifici dell'azienda o della unità produttiva secondo i criteri previsti nei decreti di cui all'articolo 46.
3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni e dei rischi specifici dell'azienda o dell'unità produttiva. Con riguardo al personale della Difesa la formazione specifica svolta presso gli istituti o la scuole della stessa Amministrazione è abilitativa alla funzione di addetto alla gestione delle emergenze.
4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.
1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura della attività e delle dimensioni dell'azienda o della unità produttiva, sentito il medico competente ove nominato, prende i provvedimenti necessari in materia di primo soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.
2. Le caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione, individuati in relazione alla natura dell'attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio sono individuati dal decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e dai successivi decreti ministeriali di adeguamento acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
3. Con appositi decreti ministeriali, acquisito il parere della Conferenza permanente, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, vengono definite le modalità di applicazione in ambito ferroviario del decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e successive modificazioni.
1. Le aziende ovvero le unita produttive sono classificate, tenuto conto della tipologia di attività svolta, del numero dei lavoratori occupati e dei fattori di rischio, in tre gruppi.
Gruppo A:
I) Aziende o unita produttive con attività industriali, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica, di cui all'articolo 2, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (SEVESO RiR), centrali termoelettriche, impianti e laboratori nucleari di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, aziende estrattive ed altre attività minerarie definite dal decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, lavori in sotterraneo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 320, aziende per la fabbricazione di esplosivi, polveri e munizioni;
II) Aziende o unita produttive con oltre cinque lavoratori appartenenti o riconducibili ai gruppi tariffari INAIL con indice infortunistico di inabilita permanente superiore a quattro, quali desumibili dalle statistiche nazionali INAIL relative al triennio precedente ed aggiornate al 31 dicembre di ciascun anno. Le predette statistiche nazionali INAIL sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale;
III) Aziende o unita produttive con oltre cinque lavoratori a tempo indeterminato del comparto dell'agricoltura.
Gruppo B: aziende o unita produttive con tre o più lavoratori che non rientrano nel gruppo A.
Gruppo C: aziende o unita produttive con meno di tre lavoratori che non rientrano nel gruppo A.
2. Il datore di lavoro, sentito il medico competente, ove previsto, identifica la categoria di appartenenza della propria azienda od unita' produttiva e, solo nel caso appartenga al gruppo A, la comunica all'Azienda Unita' Sanitaria Locale competente sul territorio in cui si svolge l'attività lavorativa, per la predisposizione degli interventi di emergenza del caso. Se l'azienda o unita' produttiva svolge attività lavorative comprese in gruppi diversi, il datore di lavoro deve riferirsi all'attività con indice più elevato.
Art. 2. Organizzazione di pronto soccorso
1. Nelle aziende o unita' produttive di gruppo A e di gruppo B, il datore di lavoro deve garantire le seguenti attrezzature:
a) cassetta di pronto soccorso, tenuta presso ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodita in un luogo facilmente accessibile ed individuabile con segnaletica appropriata, contenente la dotazione minima indicata nell'allegato 1, che fa parte del presente decreto, da integrare sulla base dei rischi presenti nei luoghi di lavoro e su indicazione del medico competente, ove previsto, e del sistema di emergenza sanitaria del Servizio Sanitario Nazionale, e della quale sia costantemente assicurata, la completezza ed il corretto stato d'uso dei presidi ivi contenuti;
b) un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.
2. Nelle aziende o unita' produttive di gruppo C, il datore di lavoro deve garantire le seguenti attrezzature:
a) pacchetto di medicazione, tenuto presso ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodito e facilmente individuabile, contenente la dotazione minima indicata nell'allegato 2, che fa parte del presente decreto, da integrare sulla base dei rischi presenti nei luoghi di lavoro, della quale sia costantemente assicurata, in collaborazione con il medico competente, ove previsto, la completezza ed il corretto stato d'uso dei presidi ivi contenuti; b) un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale;
3. Il contenuto minimo della cassetta di pronto soccorso e del pacchetto di medicazione, di cui agli allegati 1 e 2, e' aggiornato con decreto dei Ministri della salute e del lavoro e delle politiche sociali tenendo conto dell'evoluzione tecnico-scientifica.
4. Nelle aziende o unita' produttive di gruppo A, anche consorziate, il datore di lavoro, sentito il medico competente, quando previsto, oltre alle attrezzature di cui al precedente comma 1, e' tenuto a garantire il raccordo tra il sistema di pronto soccorso interno ed il sistema di emergenza sanitaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1992 e successive modifiche.
5. Nelle aziende o unita' produttive che hanno lavoratori che prestano la propria attività in luoghi isolati, diversi dalla sede aziendale o unita' produttiva, il datore di lavoro e' tenuto a fornire loro il pacchetto di medicazione di cui all'allegato 2, che fa parte del presente decreto, ed un mezzo di comunicazione idoneo per raccordarsi con l'azienda al fine di attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.
Art. 3. Requisiti e formazione degli addetti al pronto soccorso
1. Gli addetti al pronto soccorso, designati ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, sono formati con istruzione teorica e pratica per l'attuazione delle misure di primo intervento interno e per l'attivazione degli interventi di pronto soccorso.
2. La formazione dei lavoratori designati e' svolta da personale medico, in collaborazione, ove possibile, con il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale. Nello svolgimento della parte pratica della formazione il medico puo' avvalersi della collaborazione di personale infermieristico o di altro personale specializzato.
3. Per le aziende o unita' produttive di gruppo A i contenuti e i tempi minimi del corso di formazione sono riportati nell'allegato 3, che fa parte del presente decreto e devono prevedere anche la trattazione dei rischi specifici dell'attivita' svolta.
4. Per le aziende o unita' produttive di gruppo B e di gruppo C i contenuti ed i tempi minimi del corso di formazione sono riportati nell'allegato 4, che fa parte del presente decreto.
5. Sono validi i corsi di formazione per gli addetti al pronto soccorso ultimati entro la data di entrata in vigore del presente decreto. La formazione dei lavoratori designati andra' ripetuta con cadenza triennale almeno per quanto attiene alla capacita' di intervento pratico.
Art. 4. Attrezzature minime per gli interventi di pronto soccorso
1. Il datore di lavoro, in collaborazione con il medico competente, ove previsto, sulla base dei rischi specifici presenti nell'azienda o unita' produttiva, individua e rende disponibili le attrezzature minime di equipaggiamento ed i dispositivi di protezione individuale per gli addetti al primo intervento interno ed al pronto soccorso.
2. Le attrezzature ed i dispositivi di cui al comma 1 devono essere appropriati rispetto ai rischi specifici connessi all'attività lavorativa dell'azienda e devono essere mantenuti in condizioni di efficienza e di pronto impiego e custoditi in luogo idoneo e facilmente accessibile.
Art. 5 Abrogazioni
Il decreto ministeriale del 2 luglio 1958 e' abrogato. ...
Allegato I
ALLEGATO 1 CONTENUTO MINIMO DELLA CASSETTA DI PRONTO SOCCORSO
Guanti sterili monouso (5 paia). Visiera paraschizzi Flacone di soluzione cutanea di iodopovidone al 10% di iodio da 1 litro (1). Flaconi di soluzione fisiologica ( sodio cloruro - 0, 9%) da 500 ml (3). Compresse di garza sterile 10 x 10 in buste singole (10). Compresse di garza sterile 18 x 40 in buste singole (2). Teli sterili monouso (2).
Pinzette da medicazione sterili monouso (2). Confezione di rete elastica di misura media (1). Confezione di cotone idrofilo (1). Confezioni di cerotti di varie misure pronti all'uso (2). Rotoli di cerotto alto cm. 2,5 (2). Un paio di forbici. Lacci emostatici (3). Ghiaccio pronto uso (due confezioni).
Sacchetti monouso per la raccolta di rifiuti sanitari (2). Termometro. Apparecchio per la misurazione della pressione arteriosa.
ALLEGATO 2 CONTENUTO MINIMO DEL PACCHETTO DI MEDICAZIONE
Guanti sterili monouso (2 paia).
Flacone di soluzione cutanea di iodopovidone al 10% di iodio da 125 ml (1).
Flacone di soluzione fisiologica (sodio cloruro 0,9%) da 250 ml (1). Compresse di garza sterile 18 x 40 in buste singole (1). Compresse di garza sterile 10 x 10 in buste singole (3). Pinzette da medicazione sterili monouso (1). Confezione di cotone idrofilo (1). Confezione di cerotti di varie misure pronti all'uso (1). Rotolo di cerotto alto cm 2,5 (1). Rotolo di benda orlata alta cm 10 (1). Un paio di forbici (1).
Un laccio emostatico (1). Confezione di ghiaccio pronto uso (1).
Sacchetti monouso per la raccolta di rifiuti sanitari (1).
Istruzioni sul modo di usare i presidi suddetti e di prestare i primi Istruzioni sul modo di usare i presidi sud soccorsi in attesa del servizio di emergenza.
Documento illustrativo sui dispositivi di protezione contro le cadute dall’alto, ovvero DPI atti ad assicurare una persona ad un punto di ancoraggio in modo tale da prevenire o arrestare, mettendone in evidenza i criteri per l’individuazione dei sistemi di trattenuta, dei sistemi di posizionamento sul lavoro, dei sistemi di arresto caduta e dei sistemi di salvataggio.
Il documento rielabora, anche per mezzo di schemi ed immagini, i contenuti della norma UNI 11158:2015 "Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall'alto - Sistemi di protezione individuale delle cadute - Guida per la selezione e l'uso" in ordine alla selezione e l’uso dei DPI contro le cadute dall'alto.
I lavori in quota espongono i lavoratori al rischio di caduta dall'alto.
Il sistema di protezione individuale più appropriato da adottare nei lavori in quota non è preordinato, ma va ricercato conseguentemente alla valutazione dei rischi, da effettuare caso per caso con lo scopo di eliminare o ridurre il livello di rischio.
Le priorità nell’adozione del sistema più idoneo per combattere la caduta dall’alto, coerentemente con la valutazione dei rischi e dei fattori che ne condizionano la scelta è indicata nel seguente schema:
Schema 1 - Priorità dei sistemi di protezione da adottare
I sistemi di protezione individuale dalle cadute, utilizzati congiuntamente ai sistemi di ancoraggio, sono utili a ridurre i rischi connessi alla caduta dall'alto.
Esempi di attività, in cui i sistemi di protezione individuale contro le cadute dall'alto sono utilizzati, sono i seguenti:
- lavori su tetti; - lavori presso gronde e cornicioni; - montaggio e smontaggio di ponteggi; - lavori su piattaforme mobili in elevazione o piattaforme sospese; - lavori su opere in demolizione; - lavori di montaggio di elementi prefabbricati; - lavori su pali, tralicci o piloni.
Tuttavia, per l'esistenza di differenti tipologie di sistemi di protezione individuale, di differenti tipologie di sistemi di ancoraggio e delle differenti tipologie di lavorazioni previste, la valutazione del rischio non può che essere effettuata caso per caso.
Un'attenta e specifica valutazione del rischio permette di identificare il sistema di protezione individuale più idoneo al singolo caso e permette di progettare, utilizzare, ispezionare e manutenere lo stesso.
Per l’individuazione di un sistema di protezione individuale dalle cadute idoneo è indispensabile la determinazione preliminare della natura e dell’entità dei rischi residui ineliminabili sul luogo di lavoro, con particolare riguardo ai seguenti elementi: durata e probabilità del rischio, tipologia dei possibili pericoli per i lavoratori, condizioni lavorative.
L'utilizzo di un sistema di protezione individuale efficace è essenziale per ridurre i rischi connessi al pericolo di caduta dall'alto. Sistemi di protezione individuali non efficaci, che sono quelli che non assolvono alla funzione per la quale sono stati progettati, possono provocare la caduta del lavoratore, esponendolo a rischi elevati per la sua salute e sicurezza.
I DPI contro le cadute dall'alto devono essere adattati anche al corpo di chi li indossa e al luogo di lavoro.
Deve essere comodo per chi lo indossa durante la normale attività e in caso di caduta, almeno per breve tempo.
Una grande varietà di sistemi di protezione anticaduta personale viene utilizzata dai lavoratori che devono lavorare in altezza per posizionare il lavoratore o per frenarne i movimenti al fine di prevenire cadute o per proteggerlo in caso di caduta. Un sistema di arresto caduta viene utilizzato dove esiste il rischio di caduta libera dall'alto.
Normativa
- Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 Attuazione dell’articolo 1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. (GU n. 101 del 30 aprile 2008 - SO n. 108)
[panel]UNI 11158:2015 Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall'alto - Sistemi di protezione individuale delle cadute - Guida per la selezione e l'uso
La norma definisce i sistemi di protezione individuale delle cadute. Essa fornisce i criteri per l’individuazione dei sistemi di trattenuta, dei sistemi di posizionamento sul lavoro, dei sistemi di arresto caduta e dei sistemi di salvataggio.
Essa fornisce i criteri per la selezione e l’uso dei sistemi di trattenuta, dei sistemi di posizionamento sul lavoro e dei sistemi di arresto caduta.
Essa fornisce inoltre i principi per la valutazione del rischio connesso al pericolo di caduta dall’alto inerente i lavori in quota.
Il contenuto della presente norma non esime dalla necessità di porre a confronto le indicazioni date con le reali condizioni e le esigenza di protezione di ogni specifico ambiente di lavoro.[/panel]
[...]
Valutazione del rischio
Il D.Lgs. 81/08 richiede che il documento di valutazione del rischio prenda in considerazione tutti i pericoli relativi ai lavori in quota.
Compito della valutazione è quello di evidenziare in ogni istante dell’attività lavorativa se sono presenti rischi che il lavoratore non è in grado di percepire tempestivamente prima del verificarsi dell’evento che possano comportare danni per la salute e la sicurezza. Nel presente documento viene trattato il solo rischio di caduta dall'alto che è considerato "rischio grave", capace cioè di procurare morte o lesioni gravi e di carattere permanente.
Si deve valutare inoltre l’esposizione al rischio del lavoratore.
Schema 2 - Schema metodologico generale per la valutazione di ogni singolo rischio specifico.
*) Prima dell’utilizzo del sistema di protezione individuale dalle cadute, deve essere previsto un idoneo e specifico piano operativo di sicurezza.
Nota 1 Lo schema metodologico è valido per la valutazione di un solo rischio specifico.
Nota 2 La fase di "Identificazione del pericolo e analisi del rischio" include le tecniche di valutazione del pericolo e analisi del rischio che godono della caratteristica di affidabilità dei risultati.
Nota 3 Le fasi "Individuazione ed adozione delle misure organizzative e/o tecniche" e "Individuazione ed adozione dei dispositivi di protezione collettiva" possono essere eseguite sia in parallelo che in serie e con interscambio di informazioni.
Analisi del rischio
Rischi prevalenti
Nei lavori in quota il lavoratore è esposto al rischio di caduta dall’alto, che può provocare morte, lesioni gravi e di carattere permanente e danni alla salute.
Rischi concorrenti
I rischi concorrenti, che creano condizioni favorevoli affinché si verifichino quelli prevalenti, sono:
a) il rischio connesso al DPI, derivante da:
- non perfetta adattabilità del DPI, - intralcio alla libertà dei movimenti causato dal DPI stesso;
b) il rischio innescante la caduta, derivante da:
- insufficiente aderenza delle calzature, - insorgenza di vertigini, - abbagliamento;
c) il rischio di natura atmosferica derivante da:
- scarsa visibilità, - colpo di calore o di sole, - rapido abbassamento della temperatura, - vento, pioggia o ghiaccio su superfici di calpestio, ecc..
Rischi susseguenti
I rischi susseguenti sono quelli che si verificano in seguito alla mancata efficacia dei DPI.
Essi possono causare:
- oscillazione del corpo con urto contro ostacoli ("effetto pendolo"); - arresto del moto di caduta per effetto delle sollecitazioni trasmesse dall’imbracatura sul corpo; - sospensione inerte del corpo del lavoratore in condizioni di incoscienza, che resta appeso al dispositivo di arresto caduta e che è influenzata dal tempo di permanenza in tale posizione.
Riduzione del rischio
La riduzione del rischio deve essere effettuata su tutte le tipologie di rischio esaminate per le quali importanza prioritaria deve essere attribuita ai provvedimenti d’ordine tecnico-organizzativo, diretti ad eliminare o ridurre sufficientemente i pericoli alla fonte.
I sistemi che impediscono la caduta dall’alto (vedere figura 3) sono da preferirsi a quelli che arrestano la caduta dall’alto, svolgendo funzione preventiva nella riduzione del rischio.
Figura 3 UNI 11158:2015 - Esempi di sistemi che impediscono la caduta dall'alto
Legenda
a) Sistema di trattenuta su struttura fissa b) Sistema di trattenuta su piattaforma
Riduzione dei rischi prevalenti
Per ridurre i rischi prevalenti i provvedimenti da attuare sono quelli di ordine tecnico fra cui i più importanti riguardano la corretta scelta del DPI contro le cadute dall’alto e la progettazione del sistema di ancoraggio, al quale deve essere collegato il DPI, affinché siano eliminati e/o ridotti tutti i fattori di rischio.
Riduzione dei rischi concorrenti
I rischi concorrenti possono essere ridotti agendo direttamente sugli operatori di settore aumentandone la competenza e la professionalità nella fase di installazione relativamente a:
- l’idoneità psico-fisica del lavoratore; - l’informazione e la formazione adeguate e qualificate del lavoratore, in relazione alle operazioni previste; - l’addestramento qualificato e ripetuto del lavoratore sulle tecniche operative, sulle manovre di salvataggio e sulle procedure di emergenza; - adeguata progettazione della specifica applicazione considerando anche le condizioni ambientali e gli eventi eccezionali.
Riduzione dei rischi susseguenti
I rischi susseguenti e cioè quelli che si verificano in seguito alla caduta dall’alto nella fase di utilizzo possono essere ridotti mediante:
- l’informazione e la formazione adeguate e qualificate del lavoratore, in relazione alle operazioni previste; - l’addestramento qualificato e ripetuto del lavoratore sulle tecniche operative, sulle manovre di salvataggio e sulle procedure di emergenza.
Piano operativo di sicurezza
Nel caso in cui dall’analisi effettuata si evidenzino per il lavoratore rischi di caduta con sospensione inerte, nel piano operativo di sicurezza deve essere predisposta una procedura che preveda l’intervento di emergenza in aiuto del lavoratore.
Si sottolinea l’importanza di non sottovalutare il rischio di sospensione inerte, con connessione al punto dorsale e sternale dell’imbracatura, in condizioni di incoscienza, in quanto possibile causa di complicazioni che possono compromettere le funzioni vitali anche in modo irreversibile: in tali condizioni, tempi di sospensione anche minori di venti minuti possono portare a gravi malesseri a causa dell’azione dell’imbracatura.
Tipologie dei sistemi di protezione individuale dalle cadute
I sistemi di protezione individuale dalle cadute proteggono il lavoratore contro le cadute dall'alto, evitando o arrestando la caduta libera.
Essi comprendono:
[alert]- i sistemi di trattenuta; - i sistemi di posizionamento sul lavoro; - i sistemi di accesso mediante fune; - i sistemi di arresto caduta; - i sistemi di salvataggio.[/alert]
Schema 3 - Tipologie dei sistemi di protezione individuale dalle cadute
Il sistema di trattenuta
Il sistema di trattenuta è generalmente costituito da: - una cintura di trattenuta o, in alternativa, un’imbracatura per il corpo con cintura di trattenuta integrata; - un cordino di trattenuta, da collegare, mediante un connettore, al sistema di ancoraggio; - connettori.
Immagine 1 – Sistema di trattenuta
...
Il sistema di trattenuta non protegge contro le cadute dall’alto
[box-warning]Nel caso in cui l’area di lavoro sia caratterizzata dalla presenza di un rischio di caduta dall’alto deve necessariamente essere utilizzato un sistema di arresto caduta.[/box-warning]
Cintura di trattenuta
Il sistema di trattenuta può essere utilizzato congiuntamente al sistema di arresto caduta ed è indipendente da esso (per esempio: lavori su coperture a falda inclinata).
La cintura di trattenuta è generalmente costituita da un nastro in fibra sintetica (fascia in vita) di larghezza adeguata, dotato di elementi di fissaggio e di regolazione, al quale può essere applicato uno schienale di supporto (sostegno posteriore) in zona lombare avente la funzione di distribuire il carico del corpo del lavoratore lungo la sua superficie.
La cintura di trattenuta è dotata di almeno un elemento di attacco (generalmente due, laterali e simmetrici) per il collegamento di un cordino di trattenuta. Gli elementi di attacco sono i soli elementi che possono essere utilizzati per il collegamento al resto del sistema di trattenuta e sono descritti nel manuale di istruzioni.
Nota Se la cintura non è dotata di sostegno posteriore, la larghezza del nastro è maggiore in modo da garantire la distribuzione del carico.
La cintura di trattenuta può essere dotata di cinghie per le spalle o per le gambe, che comunque non sono dotate di elementi di attacco per il collegamento di un cordino di trattenuta.
La cintura di trattenuta può essere incorporata in un indumento e/o può essere integrata in un'imbracatura per il corpo.
Immagine 2 - Esempio di cintura di trattenuta
Cordino di trattenuta
Il cordino di trattenuta è generalmente costituito da una fune in fibra sintetica, di lunghezza fissa o regolabile, dotato di terminazioni adeguate (connettori o asole sufficientemente ampie per formare nodi), una per il collegamento agli elementi di attacco della cintura di trattenuta e l'altra per il collegamento al sistema di ancoraggio.
Esso può avere una lunghezza maggiore di 2 m.
Al variare dell’inclinazione del piano di lavoro il lavoratore può raggiungere una porzione di superficie più o meno ampia.
Le modalità d’impiego e gli scopi specifici sono descritti dal fabbricante nel manuale di istruzioni.
Il cordino di trattenuta di lunghezza fissa deve essere destinato ad applicazioni specifiche, dettagliate dal fabbricante nel manuale di istruzioni, e la sua lunghezza deve essere quella minima per lo scopo specificato.
Nota Le norme tecniche non prevedono l’utilizzo di un cordino di arresto caduta in luogo di quello di trattenuta.
Tuttavia, qualora le condizioni lavorative lo permettano, tale utilizzo è possibile.
Immagine 3 - Cordino di trattenuta fisso
Immagine 4 - Cordino di trattenuta regolabile
[...]
Requisiti dei sistemi di protezione individuale dalle cadute
L'efficacia di un sistema di protezione individuale dalle cadute deriva dalle prestazioni, che dipendono dai seguenti parametri:
Un sistema di protezione individuale dalle cadute non trasmette al lavoratore in caso di caduta una forza maggiore di 6,0 kN.
Il sistema di protezione individuale dalle cadute deve prevedere:
- per le imbracature, la perfetta vestibilità data dalle regolazioni presenti; - per i cordini o i sistemi retrattili, le corrette lunghezze; - per i connettori, la facilità di operare i doppi movimenti volontari per poterli usare.
Se un sistema di protezione individuale dalle cadute impone operazioni poco ergonomiche, esso induce il lavoratore ad effettuare manovre negligenti a discapito della sicurezza.
2. Freccia
Il lavoratore che opera in quota ed utilizza un sistema di protezione individuale dalle cadute collegato ad un ancoraggio puntuale o lineare orizzontale, flessibile o rigido, deve tenere conto, in caso di caduta, della flessione dell’ancoraggio stesso. La freccia massima dell'ancoraggio puntuale o lineare è calcolata in relazione al valore della flessione dell'ancoraggio stesso ed è fornita dal fabbricante nel manuale di istruzioni. Valori di freccia elevati, comportano tiranti d’aria maggiori.
3. Effetto pendolo
L’effetto pendolo relativo ad un sistema di protezione individuale dalle cadute, collegato ad un sistema di ancoraggio lineare o puntuale, comporta lo spostamento laterale del lavoratore in caso di caduta (vedere figure 22 e 23 della UNI 11158:2015).
Per l'ancoraggio lineare, la consistenza dell’effetto pendolo con traslazione è maggiore quando il cursore si trova posizionato all'estremità dell'ancoraggio lineare flessibile (vedere figura 22 della UNI 11158:2015) e dipende dal grado di attrito tra il dispositivo mobile e la fune, dalla distanza fra gli ancoraggi del sistema e dal tipo di fune. In questo caso il lavoratore deve essere il più possibile allineato con il centro campata dell’ancoraggio lineare.
figura 22 UNI 11158:2015 Effetto pendolo su sistema di ancoraggio lineare
[...]
Selezione dei componenti dei sistemi di protezione individuale dalle cadute
Nella tabella 2 sono elencati i componenti dei sistemi di protezione individuale dalle cadute e, per ciascuno di essi, l'indicazione se il loro utilizzo è ammesso per l'arresto della caduta.
Tabella 2 Selezione dei componenti dei sistemi di protezione individuale dalle cadute.
Imbracatura per il corpo
La selezione di una corretta imbracatura per il corpo deve essere effettuata tenendo in considerazione quanto segue:
- presenza di punti di attacco adeguati per l’attività da svolgere (per esempio: attacco sternale e dorsale, solo attacco dorsale, ecc.); - facilità nell’indossare e nel togliere l’imbracatura; - facilità di regolazione dei componenti rispetto alle diverse conformazioni del corpo; - leggerezza.
Connettori
La selezione dei connettori o dei dispositivi che montano connettori deve essere effettuata tenendo in considerazione quanto segue:
- tipo di connettori (vedere punto 5.6) e loro dimensioni adeguati al tipo di ancoraggio presente nell’area di lavoro; - forma e dimensioni tali da permettere una facile presa con i guanti da lavoro; - materiale (acciaio o lega leggera) in funzione del peso durante il trasporto e della movimentazione durante l’attività; - la frequenza prevista di collegamenti ad ancoraggi e le necessità di movimento del lavoratore; - connettori di tipo ovale (comunemente chiamati moschettoni), i cui bordi interni sono arrotondati e lisci, sono generalmente indicati per la connessione diretta a funi di ancoraggio flessibili orizzontali in corda e permettono una buona mobilità del lavoratore lungo la fune di trattenuta flessibile orizzontale.
I connettori di tipo ovale o a gancio con leva di chiusura autobloccante sono indicati per attività dove sono previste frequenti operazioni di aggancio/sgancio.
I connettori di tipo ovale con leva di chiusura a ghiera filettata sono indicati per attività dove le operazioni di aggancio/sgancio non sono frequenti.
I connettori di tipo a gancio sono generalmente utilizzati nei cordini di posizionamento sul lavoro o di trattenuta.
I connettori di tipo ovale sono generalmente utilizzati per gli ancoraggi fissi (golfari a muro di medie dimensioni) o per la connessione diretta a funi di ancoraggio di acciaio flessibili orizzontali.
I connettori di tipo a pinza sono generalmente utilizzati in attività dove non sono previsti punti di ancoraggio progettati per tale scopo, quando cioè il lavoratore deve ancorarsi su strutture esistenti (per esempio tralicci) con dimensioni e forma non compatibili con quelle dei connettori di tipo ovale e dei ganci.
Cappe chimiche: Guida installazione, uso e manutenzione / 07.2021
ID 14133 | 27.07.2021 / Documento di approfondimento completo in allegato
Il presente elaborato illustra, con il supporto di immagini e schemi, l'installazione, l'uso e la manutenzione delle cappe chimiche. In allegato modelli in formato .doc compilabili di scheda tecnica e scheda dei controlli e manutenzione.
La cappa è definita come uno spazio di lavoro chiuso e ventilato con la funzione di catturare, contenere ed espellere gas, vapori e particolato generati al proprio interno. È costituita da pannelli di chiusura ai lati, sul fondo e nella parte sommitale, possiede un piano di lavoro, un’apertura di accesso frontale, un telaio con schermo frontale apribile e un plenum di espulsione dell’aria.
Una cappa chimica correttamente progettata, se ben installata e sottoposta ai necessari interventi di manutenzione, può garantire un notevole livello di protezione per l’operatore, a patto che sia utilizzata in modo corretto.
Le cappe chimiche sono aree nelle quali sono manipolate sostanze caratterizzate da potenziale pericolo.
Infatti all’interno delle cappe si possono sviluppare atmosfere anche tossiche, infiammabili, o esplosive. La cappa, per tale motivo deve essere mantenuta perfettamente efficiente.
Le prestazioni di questi apparecchi devono essere conformi alla norma UNI EN 14175 e devono possedere il marchio CE.
Corretto utilizzo
- Tutte le operazioni con prodotti chimici pericolosi devono essere compiute sotto cappa. - Prima di iniziare la lavorazione, accertarsi che la cappa sia in funzione. - Controllare il funzionamento con un manometro. se esistente, altrimenti verificare che l’aspirazione funzioni con un fazzoletto o foglio di carta. - Controllare la avvenuta manutenzione periodica con le specifiche modalità previste. - Evitare correnti d’aria derivanti da apertura di porte o finestre o da transito frequente di persone. - La zona lavorativa e tutto il materiale nella cappa devono essere lontani dall’apertura frontale almeno 15-20 cm. - Abbassare il frontale a massimo 40 cm di apertura durante il lavoro; non introdursi all’interno della cappa (es. con la testa) per nessun motivo. Ricordarsi che più il frontale è abbassato, meno il funzionamento della cappa risente di correnti spurie nella stanza. - Mantenere pulito e ordinato il piano di lavoro dopo ogni lavorazione. - Tenere sotto cappa solo il materiale strettamente necessario all’attività: non usare la cappa come deposito. Non ostruire il passaggio dell’aria lungo il piano della cappa e, qualora sia necessario utilizzare attrezzature che ingombrano il piano, sollevarle almeno di 5 cm rispetto al piano stesso con dei tappi opportuni e tenerle distanziate anche dalle pareti. Tener conto in ogni caso che non vanno ostruite le feritoie di aspirazione della cappa. - Non utilizzare la cappa come mezzo per lo smaltimento dei reagenti mediante evaporazione forzata. - Quando la cappa non è in uso, spegnere l’aspirazione e chiudere il frontale. - Verificare che il frontale scorra senza particolari resistenze. - Qualora si utilizzino nella cappa apparecchiature elettriche (che devono essere adatte ad atmosfera con pericolo d’incendio) ogni connessione elettrica deve essere esterna alla cappa. - Tutti gli utenti della cappa devono essere a conoscenza delle procedure di emergenza da compiere in caso di esplosione o incendio nella cappa.
Le verifiche periodiche
Tutti i dati relativi alla manutenzione e alle verifiche di efficienza, vanno annotati cronologicamente con data su un registro allegato alla cappa e firmati da chi ha eseguito l’operazione.
Efficienza
Una buona efficienza di una cappa utilizzata per il trattamento di sostanze tossico-nocive, si ha quando l’aspirazione (distribuita in tutte le direzioni) garantisce una velocità frontale dell’aria aspirata non inferiore a 0,5 m/s; tali valori sono da intendersi riferiti a 40 cm di apertura del frontale e sono da controllare con cadenza annuale. Per sostanze tossiche-nocive non volatili è possibile l’uso di cappa con velocità frontale dell’aria fra 0,3 e 0,5 m/s.
NB. Nel caso in cui non si possa conoscere preventivamente la pericolosità di una sostanza, come può accadere in attività di ricerca, è sempre opportuno considerare i prodotti di reazione sconosciuti come potenzialmente pericolosi, prendendo di conseguenza le precauzioni del caso.
Dispositivi di sicurezza
Ogni cappa deve essere dotata di spia luminosa che sia accesa quando la cappa è in funzione: le relative lampadine devono essere sostituite se rotte o difettose. Lo schermo saliscendi deve essere mantenuto efficiente: annualmente vanno verificate ed eventualmente sostituite le funicelle dei contrappesi, testate le carrucole e i fermi di sicurezza (quando presenti). Tali verifiche vanno annotate nel registro allegato alla cappa.
Filtri
Nelle cappe con espulsione d’aria all’esterno attraverso camini convogliati al di fuori dei locali e superiormente alla maggiore altezza degli edifici circostanti, può non richiedere l’applicazione dei filtri in uscita dalla cappa. Se presenti invece sistemi di filtrazione sia in presenza o in assenza dei canali convogliati all’esterno, ad esempio a carbone attivo, per quanto riguarda la periodicità della sostituzione, questa è funzione di diversi fattori (portata dell’elettroventilatore, tipologia di contaminante, ecc.), in ogni caso, in assenza di indicazioni più specifiche, va prevista la sostituzione di essi almeno ogni 9-12 mesi, indipendentemente dall’utilizzo della cappa.
I filtri devono essere asportati evitando possibilmente di produrre polvere; questi, devono essere immediatamente inseriti in un doppio sacco di plastica che deve essere subito chiuso ermeticamente e poi eliminato con i rifiuti pericolosi
La scelta dei filtri da applicare alle cappe sia quelle a ricircolo interno sia quelle canalizzate, va fatta in funzione delle lavorazioni effettuate.
Qualora, malgrado tutte le precauzioni, durante le operazioni si producesse polvere, essa non deve assolutamente essere rimossa a secco (come ad esempio con panno asciutto, scopa, aspirapolvere), ma esclusivamente con un panno inumidito con una soluzione di acqua e ipoclorito di sodio, partendo dalla zona più pulita verso il centro di quella più sporca, ripetendo la pulizia tre volte, e cambiando ogni volta il panno usato. I panni alla fine devono essere eliminati con i rifiuti pericolosi.
Pulizie periodiche
È opportuno che ogni operatore alla fine di ogni utilizzo della cappa la pulisca usando prodotti specifici a seconda delle sostanze adoperate in modo da evitare rischi impropri per chi userà la cappa in tempi successivi.
Riferimenti normativi
La Norma EN 14175, alla quale deve essere conforme, definisce la cappa chimica come “un dispositivo di protezione ventilato mediante un flusso d’aria indotto attraverso un’apertura di lavoro regolabile”.
Più comunemente, la cappa chimica viene intesa come un’area di lavoro protetta in cui si svolgono attività che potrebbero comportare il rilascio di gas, vapori, aerosol o polvere in concentrazioni tossiche, irritanti o pericolose.
Per impedire che queste sostanze nuocciano al sistema respiratorio dell’operatore, è necessario che l’area di lavoro sia chiusa e collegata a un sistema di estrazione dell’aria. L’accesso alla cabina o zona di lavoro deve essere protetto da una finestra saliscendi con ante scorrevoli orizzontali.
Oltre alle caratteristiche strutturali ed alle caratteristiche di resistenza dei materiali, ai fini della Norma EN 14175 sono particolarmente rilevanti alcuni concetti quali: il contenimento (capacità di trattenere il contaminante all’interno della cabina), la robustezza (capacità di contenimento in presenza di perturbazioni) e lo smaltimento (capacità di espulsione).
In Italia la norma UNI EN 14175 è alla base del manuale UNICHIM1 193/3 edizione 2009 preso come base per la redazione delle presenti linee guida come specificato nei successivi capitoli.
UNI EN 14175 che fissa i requisiti di sicurezza e prestazione per tutte le nuove cappe di aspirazione immesse sul mercato comunitario.
In particolare la norma tecnica EN 14175 - Cappe di aspirazione - è divisa in 7 parti:
UNI EN 14175-1:2004 Cappe di aspirazione - Parte 1: Vocabolario
Recepisce: EN 14175-1:2003
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN 14175-1 (edizione maggio 2003). La norma fornisce le definizioni per i termini inerenti le cappe di aspirazione di impiego generale.
UNI EN 14175-2:2004 Cappe di aspirazione - Parte 2: Requisiti di sicurezza e di prestazione
Recepisce: EN 14175-2:2003
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN 14175-2 (edizione maggio 2003). La norma descrive i requisiti di sicurezza e prestazione e gli scopi delle cappe di aspirazione di uso generale.
UNI EN 14175-3:2019 Cappe di aspirazione - Parte 3: Metodi per le prove di omologazione
Recepisce: EN 14175-3:2019
La norma specifica le prove di omologazione per la sicurezza e per le prestazioni delle cappe di aspirazione con espulsione di aria verso l’esterno. I requisiti rilevanti sono specificati nella EN 14175-2.
Per la terminologia e le definizioni si applica la EN 14175-1. Per la sicurezza ed i requisiti delle prestazioni si applica la EN 14175-2. Per i test in loco delle cappe di aspirazione, si applica la EN 14175-4. Per le prove di omologazione e le prove in loco delle cappe a volume variabile, in aggiunta a questa norma si applica la EN 14175-6. Per le cappe di aspirazione ad alta temperatura e per acidi, si applica la EN 14175-7.
Per collaudare le cappe di aspirazione a ricircolo si applica la prEN 17242.
Per verificare la sicurezza delle cappe biologiche si applica la EN 12469.
UNI EN 14175-4:2005 Cappe di aspirazione - Parte 4: Metodi di prova in loco
Recepisce: EN 14175-4:2004
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN 14175-4 (edizione settembre 2004).
La norma descrive alcuni metodi di prova in loco per le seguenti cappe di aspirazione di impiego generale: - cappe progettate secondo la parte 2 della presente norma e sottoposte a prova di tipo secondo la parte 3 della presente norma; - cappe progettate secondo la parte 2 della presente norma e non sottoposte a prova di tipo.
UNI CEN/TS 14175-5:2007 Cappe di aspirazione - Parte 5: Raccomandazioni per l'installazione e la manutenzione
Recepisce: CEN/TS 14175-5:2006
La presente specifica tecnica è la versione ufficiale in lingua inglese della specifica tecnica europea CEN/TS 14175-5 (edizione agosto 2006). La norma descrive alcune raccomandazioni per l'installazione e la manutenzione delle cappe di aspirazione in accordo con la UNI EN 14175 parte 2 e parte 6.
UNI EN 14175-6:2006 Cappe di aspirazione - Cappe di aspirazione a volume d'aria variabile
Recepisce: EN 14175-6:2006
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN 14175-6 (edizione maggio 2006). La norma descrive i requisiti e i metodi di prova di omologazione per i sistemi VAV. Essa specifica anche requisiti aggiuntivi a quelli della UNI EN 14175-2 e metodi di prova aggiuntivi a quelli delle UNI EN 14175-3 e UNI EN 14175-4 per cappe di aspirazione con sistemi VAV (cappe di aspirazione VAV).
UNI EN 14175-7:2012 Cappe di aspirazione - Parte 7: Cappe chimiche per alta temperatura e carica acida
Recepisce: EN 14175-7:2012
La norma è applicabile a:
- cappe chimiche per manipolazione ad alta temperatura; - cappe chimiche per manipolazione ad alta temperatura in combinazione con assimilazioni acide; - cappe chimiche per la manipolazione di acido perclorico; - cappe chimiche per la manipolazione di acido fluoridrico.
Questo documento è applicabile in combinazione con la UNI EN 14175-1 fino alla UNI EN 14175-4 e, dove appropriato, con la UNI EN 14175-6 e determina informazioni supplementari pertinenti al vocabolario, alla sicurezza e ai requisiti di protezione, tipologia del metodo di prova, metodi di prova sul sito e la marcatura delle cappe chimiche con la finalità speciale elencata. _____
La cappa aspirante è un'attrezzatura indispensabile nel laboratorio chimico e la legislazione italiana, attraverso il D. Lgs. 81 e s.m.i., fissa dei precisi obblighi a carico del datore di lavoro.
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all'articolo precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie.
2. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di lavoro prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse;
d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature già in uso.
3. Il datore di lavoro, al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte, adotta adeguate misure tecniche ed organizzative, tra le quali quelle dell'allegato VI.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché:
a) le attrezzature di lavoro siano:
1) installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso;
2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all'articolo 70 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso e libretto di manutenzione;
3) assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza stabilite con specifico provvedimento regolamentare adottato in relazione alle prescrizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettera z);
b) siano curati la tenuta e l'aggiornamento del registro di controllo delle attrezzature di lavoro per cui lo stesso è previsto.
5. Le modifiche apportate alle macchine quali definite all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, per migliorarne le condizioni di sicurezza in rapporto alle previsioni del comma 1, ovvero del comma 4, lettera a), numero 3), non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, secondo periodo, sempre che non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore.
6. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché il posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l'uso delle attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai principi dell'ergonomia.
7. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché:
a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori allo scopo incaricati che abbiano ricevuto una informazione, formazione ed addestramento adeguati;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, i lavoratori interessati siano qualificati in maniera specifica per svolgere detti compiti.
8. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro, secondo le indicazioni fornite dai fabbricanti ovvero, in assenza di queste, dalle pertinenti norme tecniche o dalle buone prassi o da linee guida, provvede affinché:
a) le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle condizioni di installazione siano sottoposte a un controllo iniziale (dopo l'installazione e prima della messa in esercizio) e ad un controllo dopo ogni montaggio in un nuovo cantiere o in una nuova località di impianto, al fine di assicurarne l'installazione corretta e il buon funzionamento;
b) le attrezzature soggette a influssi che possono provocare deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose siano sottoposte:
1. ad interventi di controllo periodici, secondo frequenze stabilite in base alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona tecnica, o in assenza di queste ultime, desumibili dai codici di buona prassi;
2. ad interventi di controllo straordinari al fine di garantire il mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che intervengano eventi eccezionali che possano avere conseguenze pregiudizievoli per la sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali riparazioni, trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati di inattività;
c) Gli interventi di controllo di cui alle lettere a) e b) sono volti ad assicurare il buono stato di conservazione e l'efficienza a fini di sicurezza delle attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da persona competente.
9. I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza.
10. Qualora le attrezzature di lavoro di cui al comma 8 siano usate al di fuori della sede dell'unità produttiva devono essere accompagnate da un documento attestante l'esecuzione dell'ultimo controllo con esito positivo.
11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro riportate nell’allegato VII a verifiche periodiche volte a valutarne l’effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. Per la prima verifica il datore di lavoro si avvale dell’INAIL, che vi provvede nel termine di quarantacinque giorni dalla richiesta. (11) Una volta decorso inutilmente il termine di quarantacinque giorni sopra indicato, il datore di lavoro può avvalersi, a propria scelta, di altri soggetti pubblici o privati abilitati secondo le modalità di cui al comma 13. Le successive verifiche sono effettuate su libera scelta del datore di lavoro dalle ASL o, ove ciò sia previsto con legge regionale, dall’ARPA, o da soggetti pubblici o privati abilitati che vi provvedono secondo le modalità di cui al comma 13. Per l’effettuazione delle verifiche l’INAIL può avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I verbali redatti all’esito delle verifiche di cui al presente comma devono essere conservati e tenuti a disposizione dell’organo di vigilanza. Le verifiche di cui al presente comma sono effettuate a titolo oneroso e le spese per la loro effettuazione sono poste a carico del datore di lavoro.
12. Per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 11, le ASL e l'ISPESL possono avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I soggetti privati abilitati acquistano la qualifica di incaricati di pubblico servizio e rispondono direttamente alla struttura pubblica titolare della funzione.
13. Le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti pubblici o privati di cui al comma precedente sono stabiliti con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
13-bis. Al fine di garantire la continuità e l'efficienza dei servizi di soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione degli incendi, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco può effettuare direttamente le verifiche periodiche di cui al comma 11, relativamente alle attrezzature riportate nell'allegato VII di cui dispone a titolo di proprietà o comodato d'uso. Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco provvede a tali adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. (10)
14. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e province autonome di Trento e di Bolzano e sentita la Commissione consultiva di cui all'articolo 6, vengono apportate le modifiche all'allegato VII relativamente all'elenco delle attrezzature di lavoro da sottoporre alle verifiche di cui al comma 11.[/panel]
Le cappe chimiche sono dei dispositivi di protezione collettiva (DPC).
a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all'articolo 63, commi 1, 2 e 3; b) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza; c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori; d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate; e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.[/panel]
La stessa azione di controllo e prevenzione è ancora richiamata con riferimento specifico al Titolo IX - Sostanze pericolose del medesimo D.Lgs. ed in particolare:
1… omissis… i rischi derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o ridotti al minimo mediante le seguenti misure: a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luoghi di lavoro; b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate;
1… omissis… il datore di lavoro garantisce che il rischio sia ridotto mediante l’applicazione di …. b) appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte del rischio;
[panel]Allegato VI D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
Le disposizioni del presente allegato si applicano allorché esiste, per l'attrezzatura di lavoro considerata, un rischio corrispondente.
1 Disposizioni generali applicabili a tutte le attrezzature di lavoro 1.1 Le attrezzature di lavoro devono essere installate, disposte e usate in maniera tale da ridurre i rischi per i loro utilizzatori e per le altre persone, ad esempio facendo in modo che vi sia sufficiente spazio disponibile tra i loro elementi mobili e gli elementi fissi o mobili circostanti e che tutte le energie e sostanze utilizzate o prodotte possano essere addotte e/o estratte in modo sicuro. 1.2 Le operazioni di montaggio e smontaggio delle attrezzature di lavoro devono essere realizzate in modo sicuro, in particolare rispettando le eventuali istruzioni d'uso del fabbricante. 1.0.1 Le attrezzature di lavoro non possono essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte. [...] 1.8 Materie e prodotti pericolosi e nocivi 1.8.1 Presso le macchine e gli apparecchi dove sono effettuate operazioni che presentano particolari pericoli, per prodotti o materie: infiammabili, esplodenti, corrosivi, a temperature dannose, asfissianti, irritanti, tossici o infettanti, taglienti o pungenti, devono essere esposte le disposizioni e le istruzioni concernenti la sicurezza delle specifiche lavorazioni. 1.8.2 Per la lubrificazione delle macchine o parti di macchine o apparecchi in contatto con materie esplodenti, devono essere usati lubrificanti di natura tale che non diano luogo a reazioni pericolose in rapporto alla costituzione ed alle caratteristiche delle materie stesse.[/panel]
Tipologie di cappe
La cappa chimica è caratterizzata da un sistema di aspirazione che, aspirando aria dall’ambiente attraverso l’apertura di lavoro frontale, determina un flusso d’aria innescato e mantenuto da un elettroaspiratore.
Le cappe chimiche sembrano apparentemente tutte uguali ma sono molte le differenze che le caratterizzano e non sempre di immediata comprensione.
La prima distinzione deve essere fatta tra cappe canalizzate all’esterno (o convenzionali) con elettroventilatore esterno e quasi sempre in posizione remota al termine del condotto di espulsione, e cappe a ricircolo (cappe non convenzionali) dotate di elettroventilatore e gruppi filtranti a bordo.
Le cappe chimiche ad espulsione d’aria si compongono essenzialmente di una cabina, un condotto di aspirazione e un elettroventilatore.
Gli inquinanti aspirati sono convogliati all’esterno con o senza depurazione (filtraggio).
L’elettroventilatore può essere interno o esterno al laboratorio (a tetto). Esistono diverse tipologie di cappe chimiche ad espulsione d’aria, (occorre fare sempre riferimento al libretto specifico della casa costruttrice) ma in genere sono composte dagli elementi mostrati in fig. 1.
Fig. 1 Schema semplificato di cappa chimica ad espulsione d’aria
[alert]Legenda
1) saliscendi frontale e orizzontali; 2) piano di lavoro; 3) pulsantiera dei comandi; 4) vetrata; 5) pannello frontale mobile; 6) polmone di aspirazione; 7) parete di canalizzazione d’aria con moduli portaservizi; 8) spalla laterale parzialmente vetrata; 9) portello per passaggio cavi; 10) mobiletto autoportante con traversa[/alert]
Cappa chimica a ricircolo d’aria
Immagine 3 - Cappa chimica a ricircolo d’aria
Le cappe a ricircolo d’aria hanno dimensione ridotta e comprendono in un corpo unico tutti i componenti della cappa. Sono costruite in forma appoggiabile al pavimento o al banco.
Il piano di lavoro è chiuso entro una cabina frontale apribile trasparente collegata al sistema di depurazione (trappole ad assorbimento chimico, filtri a carbone attivo, ecc.) e di aspirazione (elettroventilatore) (fig. 2).
La depurazione dell’aria dai vapori tossici ha luogo per adsorbimento in fase solida; l’aria aspirata dall’elettroventilatore attraversa un letto di sostanze assorbenti (il filtro) che la purifica trattenendo le sostanze inquinanti per adsorbimento fisico o chimico.
Il grado di saturazione dei filtri è un fattore critico poiché la durata di un filtro dipende, oltre che dalla sua granulometria e dalla concentrazione e frequenza d’impiego delle sostanze da assorbire, anche dalle condizioni termo igrometriche dell’ambiente e dalla possibilità di assorbire sostanze volatili presenti nell’atmosfera del laboratorio anche nei periodi di non funzionamento della cappa.
[...]
Le cappe convenzionali possono essere a volume di aria espulsa costante (a velocità variabile, CAV) o a volume variabile (VAV), che permette di mantenere costante la velocità dell’aria indipendentemente dall’altezza dell’apertura frontale.
Possono essere dotate di doppia parete posteriore per la ripresa dell’aria o esserne prive (cabine ventilate), avere rivestimenti interni e dotazioni speciali per specifiche applicazioni, come le cappe per radiochimica, per acido perclorico, acido fluoridrico, o quelle per distillazione.
Attenzione particolare merita il sistema VAV che garantisce maggiori prestazioni rispetto al sistema CAV poiché il controllo automatico del flusso assicura che il plenum della cappa non sia invaso da turbolenze indesiderate. E’ inoltre un sistema che consente una notevole riduzione dei consumi energetici, dato che viene richiesta solo la portata necessaria al buon funzionamento della cappa.
Si distinguono dalle cappe chimiche, le cappe biologiche a flusso laminare (utilizzate per la manipolazione di agenti biologici) e i "glove box" (cappe tradizionali ad aspirazione diretta, utilizzate per operazioni in cui è necessario un completo isolamento dall'ambiente esterno).
Efficienza delle cappe chimiche ed idoneità all’utilizzo
L’efficacia di aspirazione della cappa è determinata dalla velocità frontale dell’aria in entrata, nella sezione libera fra il bordo inferiore del telaio del pannello scorrevole ed il piano di lavoro nella zona sottostante.
La tabella 1, tratta dal manuale UNICHIM192/3, riporta le indicazioni sulla velocità frontale in cappe per laboratori chimici fornite dalla Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale da normative europee, e da enti statunitensi.
Tali indicazioni prevedono che la velocità frontale sia attestata fra 0.4 m/s, accettabile nel caso di sostanze a bassa pericolosità per la salute, a 0.85 m/s necessaria per sostanze molto tossiche, cancerogene, mutagene, ovvero sostanze con livelli di pericolosità inferiori ma i cui vapori sono pesanti.
Nel caso di lavorazioni con polveri, è opportuno che la velocità frontale sia prossima a 1 m/s, secondo l’indicazione COSHH3; velocità frontali superiori potrebbero comportare rischi di turbolenza, con possibile fuoriuscita degli inquinanti nella zona di lavoro.
Tabella 1 - Indicazioni di fonte normativa, legislativa e di buona tecnica sulla velocità frontale in cappe per laboratori chimici. (Fonte: Manuale UNICHIM 192/3)
[...]
I valori di velocità frontale riportati nel manuale UNICHIM 192/3 è riferita ad una apertura frontale di 40 cm. Questo valore non corrisponde però all’indicazione fornita dalla norma EN 14175-3, nella quale viene riportata un’apertura frontale di 50 cm ± 1.
Nel maggio del 2018 è entrata a far parte del corpo normativo nazionale la UNI/TS 11710 elaborata sotto la competenza dell’UNICHIM.
[panel]UNI/TS 11710:2018 Cappe per la manipolazione di sostanze chimiche - Valori limite per contenimento, velocità frontale e ricambi d'aria
Data entrata in vigore: 10 maggio 2018
La specifica tecnica contiene le specifiche prestazionali richieste per cappe da utilizzare nella manipolazione di sostanze chimiche in attività industriali, di ricerca e didattiche, in particolare i valori limite di accettabilità per:
- Contenimento e robustezza del contenimento - Velocità frontale - Numero di ricambi.
Metodologie e procedure per la conduzione delle prove di verifica dei requisiti di cui sopra sono definite nella norma UNI EN 14175-3.
Per cappe di uso speciale (ad esempio quelle utilizzate in processi di produzione in continuo), potrebbero essere necessari requisiti aggiuntivi a quelli sopra elencati, da definire caso per caso in funzione della specifica tipologia di impiego.
La presente specifica tecnica non si applica ad armadi aspirati.[/panel]
Controlli e manutenzione periodiche
Come riportato nell’ introduzione normativa è obbligo del Datore di Lavoro sottoporre a regolare manutenzione e al controllo del funzionamento tutte le cappe chimiche presenti ed in uso presso i laboratori assegnati. Ogni cappa deve essere identificata attraverso una Scheda Tecnica da apporre sulla cappa o in prossimità della stessa e corredata del Registro dei Controlli e Manutenzioni secondo quanto specificato nel paragrafo seguente.
Scheda Tecnica cappe chimiche e Registro dei Controlli e Manutenzione
Ogni cappa deve essere corredata di una SCHEDA TECNICA conforme all’allegato 1, preferibilmente da affiggere sulla cappa stessa.
Per ogni cappa inoltre dovrà essere predisposto Il REGISTRO DEI CONTROLLI E MANUTENZIONI costituito da copia della Scheda Tecnica come frontespizio e dalle schede dei controlli e manutenzione conformi all’allegato 2, conservate in ordine cronologico. In ogni “Scheda controlli e manutenzione” saranno annotati, oltre ai dati identificativi della cappa, tutti i dati delle manutenzioni e verifiche dell’efficienza effettuate. Dovranno inoltre essere allegati al suddetto Registro i verbali dei controlli e manutenzioni rilasciati dai tecnici autorizzati che hanno effettuato l’intervento.
E’ Responsabilità del Datore di Lavoro, coadiuvato dal Responsabile dell’attività didattica e di ricerca in Laboratorio, la regolare tenuta ed aggiornamento della Scheda Tecnica e del Registro dei Controlli e Manutenzione.
Di seguito sono indicati gli interventi raccomandati per la generalità delle cappe chimiche; ulteriori controlli e operazioni potrebbero rendersi necessarie quando previste dalla casa costruttrice e/o installatrice della cappa secondo quanto riportato nel manuale rilasciato dal fabbricante.
Pulizie periodiche
La prima regola da rispettare per mantenere efficiente una cappa chimica è la pulizia quotidiana a fine giornata per rimuovere le macchie prodotte da eventuali spruzzi di materiale: molte sostanze chimiche possono macchiare le superfici interne della cappa se non prontamente rimosse.
E’ inoltre raccomandabile:
[alert]- Pulizia del plenum di estrazione: semestrale o annuale, a seconda dell’uso. - Lavaggio interno della cappa: annuale.[/alert]
Modello verbale di Riunione Periodica Sicurezza Art. 35 TUS
Rev. 1.0 2019 del 10 gennaio 2019
Nelle aziende e nelle unità produttive che occupano più di 15 lavoratori, il datore di lavoro (DL), direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi (SPP), deve convocare almeno una volta all’anno una riunione inerente tutti gli aspetti di sicurezza (RPS), nelle unità produttive fino a 15 lavoratori è facoltà del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) chiedere la convocazione di un’apposita riunione.
“1. Nelle aziende e nelle unità produttive che occupano più di 15 lavoratori, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all’anno una riunione cui partecipano: a) il datore di lavoro o un suo rappresentante; b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi; c) il medico competente, ove nominato; d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all’esame dei partecipanti: a) il documento di valutazione dei rischi; b) l’andamento degli infortuni e delle malattie professionali e della sorveglianza sanitaria; c) i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e l’efficacia dei dispositivi di protezione individuale; d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute.
3. Nel corso della riunione possono essere individuati: a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi di infortuni e di malattie professionali; b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla base delle linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.
4. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l’introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori.
Nelle ipotesi di cui al presente articolo, nelle unità produttive che occupano fino a 15 lavoratori è facoltà del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza chiedere la convocazione di un’apposita riunione.
5. Della riunione deve essere redatto un verbale che è a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.”
Sanzioni Penali Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente Art. 35, co. 4: ammenda da 2.192,00 a 4.384,00 euro [Art. 55, co. 5, lett. e)]
Sanzioni Amministrative Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente Art. 35, co. 2: sanzione amministrativa pecuniaria da 2.192,00 a 7.233,60 euro [Art. 55, co. 5, lett. f)] Art. 35, co. 5: sanzione amministrativa pecuniaria da 548,00 a 1.972.80 euro [Art. 55, co. 5 lett. h)]
Obbligo Green Pass Tabella: Attività / Soggetti - Rev. 4.0 del 29.11.2021
ID 14538 | Rev. 4.0 del 29.11.2021 / Tabella riepilogativa in allegato
In allegato tabella con l'individuazione dei settori, attività ed i servizi per cui l'accesso comporta l'obbligo o meno del possesso della Certificazione verde COVID-19.
La Certificazione verde COVID-19 nasce per facilitare la libera circolazione in sicurezza dei cittadini nell'Unione europea durante la pandemia di COVID-19. Attesta di aver fatto la vaccinazione o di essere negativi al test o di essere guariti dal COVID-19. La Certificazione contiene un QR Code che permette di verificarne l’autenticità e la validità.
Dal 6 dicembre e fino al 15 gennaio anche in zona bianca per accedere a spettacoli, eventi sportivi, ristorazione al chiuso, feste e discoteche, cerimonie pubbliche si dovrà avere il green pass "rafforzato", cioè un green pass di vaccinazione o di guarigione.
Fig. 1 - Super Green pass / Green pass rafforzato - Modalità
Chi possiede già un green pass per vaccinazione o guarigione non deve scaricare una nuova Certificazione. Sarà l’App VerificaC19 a riconoscerne la validità.
In zona gialla o arancione, già dal 29 novembre, chi possiede un green pass rafforzato potrà accedere ad attività e servizi che altrimenti sarebbero limitati o sospesi. Dal 29 novembre al 5 dicembre in zona gialla e arancione i controlli potranno essere effettuati sulla Certificazione cartacea.
La Certificazione attesta una delle seguenti condizioni (DL n. 52/2021):
Fig. 2 - Green pass / Certificazione verde - Modalità
(*) Estensione a 72 ore della validità del test molecolare per la durata della certificazione verde introdotta dalla Legge 24 settembre 2021 n. 133, conversione in legge del DL 111/2021.
Il tempo di emissione e la durata della Certificazione variano a seconda della prestazione sanitaria a cui è collegata.
In caso di vaccinazione:
- per la prima dose la Certificazione sarà generata dal 12° giorno dopo la somministrazione e avrà validità a partire dal 15° giorno fino alla dose successiva; - per le dosi successive alla prima e per la vaccinazione a seguito di guarigione o infezione successiva alla prima dose della vaccinazione dopo almeno 14 giorni, la Certificazione sarà generata entro un paio di giorni e, dal 15 dicembre 2021, sarà valida per 9 mesi dalla data di somministrazione.
Nei casi di tampone negativo la Certificazione sarà generata in poche ore e avrà validità di 48 ore dall’ora del prelievo in caso di test antigenico rapido e di 72 ore in caso di test molecolare.
Nei casi di guarigione da COVID-19 la Certificazione sarà generata entro il giorno seguente e, in Italia, varrà per 6 mesi dalla data di inizio validità indicata sul certificato di guarigione. Nel resto dell’Unione europea varrà per 180 giorni dal primo tampone molecolare positivo.
ATTENZIONE: dal 15 dicembre 2021 la validità della Certificazione verde COVID-19 da vaccinazione o guarigione dopo una dose di vaccino passa da 12 a 9 mesi. L'App di verifica applica automaticamente i nuovi criteri di validità semplicemente leggendo il QR Code, che non cambia, anche se nella certificazione vi è ancora scritto "Certificazione validità 12 mesi". Se si desidera avere il proprio green pass con l’indicazione della nuova scadenza, sarà necessario riscaricarlo utilizzando lo stesso AUTHCODE che hai ricevuto, quando hai completato il ciclo vaccinale, via e-mail o SMS ai recapiti che hai comunicato.
Terza dose di vaccino e Certificazione verde COVID-19
Viene emessa una nuova Certificazione verde COVID-19 e verrà inviato via SMS o email un messaggio con un nuovo codice AUTHCODE.
Le nuove Certificazioni per “terza dose” (anche dette dose “booster” o “richiamo”) e “seconda dose” nel caso di vaccino Janssen (Johnson & Johnson) o vaccino dopo guarigione vengono emesse entro 48 ore dalla vaccinazione e, a partire dal 15 dicembre 2021, hanno validità per 9 mesi dalla data della somministrazione.
Dal 12 novembre 2021, i nuovi green pass vaccinali di richiamo vengono emessi indicando nel "numero di dosi effettuate / numero totale dosi previste per ciclo vaccinale completo":
2 di 2 nel caso di richiamo dopo un vaccino monodose (Janssen);
2 di 2 nel caso di richiamo dopo dose unica a seguito di guarigione da Covid-19;
3 di 3 nel caso di richiamo dopo il completamento del primo ciclo vaccinale con due dosi o nel caso di richiamo per le persone vaccinate all’estero con un vaccino non autorizzato da EMA.
Vaccini che consento il rilascio della certificazione verde COVID-19
Vaccini autorizzati in Italia
- Vaccino Comirnaty di Pfizer-BioNtech - è il primo vaccino ad essere stato autorizzato in Unione Europea: il 21 dicembre 2020 dall'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) e il 22 dicembre dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). - Vaccino Spikevax (Moderna) - il 6 gennaio è stato autorizzato dall'EMA e il 7 gennaio dall'AIFA . - Vaccino Vaxzevria di AstraZeneca - il 29 gennaio è stato autorizzato dall’EMA e il 30 gennaio dall’AIFA. - Vaccino Janssen (Johnson & Johnson) - è il quarto vaccino autorizzato dall'EMA l'11 marzo e dall'AIFA il 12 marzo 2021.
Equivalenza di vaccini anti SARS-CoV-2/COVID somministrati all’estero
Sono riconosciuti come equivalenti a quelli effettuati nell'ambito del Piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2:
- vaccini per i quali il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio è lo stesso dell’Unione Europea; - Covishield (Serum Institute of India), prodotti su licenza di AstraZeneca; - R-CoVI (R-Pharm), prodotto su licenza di AstraZeneca; - Covid-19 vaccine-recombinant (Fiocruz), prodotto su licenza di AstraZeneca.
La Certificazione verde COVID-19 è richiesta in Italia per:
In Italia, la Certificazione verde COVID-19, o green pass, consente di viaggiare e di accedere ai luoghi di lavoro, a scuola, all’università, alle strutture sanitarie e ai locali che offrono servizio di ristorazione. Permette, inoltre, di usufruire di alcuni servizi e partecipare a numerose attività culturali, ricreative e sportive.
All’interno delle seguenti sezioni è possibile scoprire a chi, quando e dove è richiesta.
Lavoro pubblico e privato
Dal 15 ottobre e fino al 31 dicembre 2021, l’utilizzo della Certificazione verde Covid-19 è indispensabile per accedere ai luoghi di lavoro pubblici e privati:
- tutto il personale delle Amministrazioni pubbliche per accedere ai luoghi di lavoro è tenuto a essere in possesso, da esibire su richiesta, della Certificazione verde Covid-19. L’obbligo riguarda inoltre il personale di Autorità indipendenti, Consob, Covip, Banca d’Italia, enti pubblici economici e organi di rilevanza costituzionale. Il vincolo vale anche per i titolari di cariche elettive o di cariche istituzionali di vertice. Inoltre l’obbligo è esteso ai soggetti, anche esterni, che svolgono a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o formativa presso le pubbliche amministrazioni; - chiunque svolge un’attività lavorativa nel settore privato, per accedere ai luoghi di lavoro, è obbligato a possedere ed esibire, su richiesta, la Certificazione verde COVID-19. L’obbligo è esteso anche a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa, formativa o di volontariato presso la medesima sede, anche con contratto esterno; - il personale amministrativo e i magistrati, per l’accesso agli uffici giudiziari, devono possedere ed esibire le Certificazioni verdi. Al fine di consentire il pieno svolgimento dei procedimenti, l’obbligo non si estende ad avvocati e altri difensori, consulenti, periti e altri ausiliari del magistrato estranei all’amministrazione della Giustizia, testimoni e parti del processo.
La Certificazione verde Covid-19 è inoltre richiesta per partecipare ai concorsi pubblici dal 23 luglio 2021.
Scuole e Università
Fino al 31 dicembre 2021, l’utilizzo della Certificazione verde Covid-19 è necessaria per accedere alle strutture delle istituzioni scolastiche e universitarie.
L’obbligo riguarda:
- chiunque accede a tutte le strutture delle istituzioni scolastiche, educative e formative è tenuto a possedere la Certificazione verde Covid-19. Questa disposizione non si applica ai bambini, agli alunni e agli studenti che frequentano i sistemi regionali di formazione, ad eccezione di coloro che prendono parte ai percorsi formativi degli Istituti tecnici superiori. - chiunque debba accedere a una struttura del sistema nazionale di istruzione e di formazione, compresi i servizi educativi per l’infanzia, le strutture in cui si svolgono i corsi serali, i centri per l’istruzione degli adulti, i sistemi regionali di istruzione e Formazione tecnica superiore e degli Istituti tecnico superiori e il sistema della formazione superiore; - il personale, gli studenti e chiunque accede alle strutture delle istituzioni universitarie e dell'alta formazione artistica musicale e coreutica e alle altre istituzioni di alta formazione collegate alle università devono possedere e sono tenuti a esibire la Certificazione verde COVID-19.
Mezzi di trasporto
La Certificazione verde COVID-19, all’interno del territorio italiano, consente di:
- spostarsi in entrata e in uscita da territori classificati in "zona rossa" o "zona arancione "; - volare su aerei adibiti a servizi commerciali di trasporto di persone; - viaggiare su navi e traghetti adibiti a servizi di trasporto interregionale; - prendere treni impiegati nei servizi di trasporto ferroviario passeggeri di tipo interregionale, Intercity, Intercity Notte e Alta Velocità; - spostarsi con autobus adibiti a servizi di trasporto di persone, ad offerta indifferenziata, effettuati su strada in modo continuativo o periodico su un percorso che collega più di due regioni e aventi itinerari, orari, frequenze e prezzi prestabiliti; - prendere autobus adibiti a servizi di noleggio con conducente; - prendere mezzi impiegati nei servizi di trasporto pubblico locale o regionale; - entrare nelle funivie, cabinovie e seggiovie, qualora utilizzate con la chiusura delle cupole paravento, con finalità turistico-commerciale e anche ove ubicate in comprensori sciistici, senza limitazioni alla vendita dei titoli di viaggio.
Strutture sanitarie
La Certificazione verde COVID-19 è richiesta per stare vicino alle persone più fragili e care. Permette di:
- accedere da parte di accompagnatori, visitatori, familiari per far visita a pazienti non affetti da Covid-19 in residenze sanitarie assistenziali, strutture di ospitalità e di lungodegenza, hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, anche non autosufficienti e altre strutture residenziali e socioassistenziali. Le direzioni sanitarie garantiscono la possibilità di visita con cadenza giornaliera da parte di familiari muniti della Certificazione verde COVID-19, consentendo anche di prestare assistenza quotidiana nel caso in cui la persona ospitata sia non autosufficiente; - permanere da parte di accompagnatori di pazienti non affetti da Covid-19 nelle sale di aspetto di dipartimenti di emergenza e urgenza, reparti di pronto soccorso, reparti ospedalieri, centri di diagnostica e poliambulatori specialistici.
Attività e servizi
La Certificazione verde COVID-19 è richiesta per:
- servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio per il consumo al tavolo, se al chiuso; - alberghi e strutture ricettive; - spettacoli aperti al pubblico, competizioni ed eventi sportivi; - musei, altri istituti e luoghi della cultura e mostre; - piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere, anche all’interno di strutture ricettive, limitatamente alle attività al chiuso, inclusi spogliatoi e docce (sono esenti gli accompagnatori di persone non autosufficienti per età o disabilità); - sagre e fiere, convegni e congressi; - centri termali, esclusi gli accesi necessari all'erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza e allo svolgimento di attività riabilitative o terapeutiche; - parchi tematici e di divertimento; - centri culturali, centri sociali e ricreativi, limitatamente alle attività al chiuso; - feste per cerimonie civili e religiose; - sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò; - sale da ballo, discoteche, locali assimilati.
Dal 29 novembre 2021, in zona gialla e arancione soltanto ai possessori di green pass da vaccinazione o da guarigione è consentito accedere alle attività e ai servizi limitati o sospesi dalla normativa vigente, ad eccezione dei servizi di ristorazione all'interno di alberghi e di altre strutture ricettive riservati esclusivamente ai clienti che vi alloggiano e delle mense e catering continuativo su base contrattuale, per i quali valgono tutti i tipi di green pass.
Green pass rafforzato
Dal 6 dicembre 2021 al 15 gennaio 2022, nei territori in zona bianca, lo svolgimento delle attività e la fruizione dei servizi per i quali in zona gialla sono previste limitazioni sono consentiti esclusivamente a chi è in possesso del green pass da vaccinazione o da guarigione.
Restano valide le esenzioni per i minori di 12 anni e per color che hanno idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con Circolare Ministero della Salute del 4 agosto 2021.
Esenzioni
L’obbligo della Certificazione verde COVID-19 non si applica per accedere alle attività e ai servizi sul territorio nazionale alle seguenti categorie di persone:
- ai bambini sotto i 12 anni; - soggetti esenti per motivi di salute dalla vaccinazione sulla base di idonea certificazione medica. Fino al 31 dicembre 2021 (termine prorogato con Circolare del Ministero della Salute del 25 novembre 2021, possono essere utilizzate le certificazioni di esenzione in formato cartaceo rilasciate, a titolo gratuito, dai medici vaccinatori dei Servizi vaccinali delle Aziende ed Enti dei Servizi sanitari regionali o dai Medici di medicina generale o Pediatri di libera scelta dell’assistito che operano nell’ambito della campagna di vaccinazione anti-SARS-CoV-2 nazionale, secondo le modalità e sulla base di precauzioni e controindicazioni definite dalla Circolare Ministero della Salute del 4 agosto 2021. Sono validi i certificati di esenzione vaccinali già emessi dai Servizi sanitari regionali sempre fino al 31 dicembre 2021. - ai cittadini che hanno ricevuto il vaccino ReiThera (una o due dosi) nell’ambito della sperimentazione Covitar fino al 31 dicembre 2021. Resta valida la certificazione rilasciata dal medico responsabile del centro di sperimentazione in cui è stata effettuata in base alla Circolare del Ministero della Salute 5 agosto 2021. - persone in possesso di un certificato di vaccinazione anti SARS-Cov-2 rilasciato dalle competenti autorità sanitarie della Repubblica di San Marino, fino al 31 dicembre 2021, nelle more dell'adozione della circolare del Ministero della salute che definisce modalità di vaccinazione in coerenza con le indicazioni dell'Agenzia europea per i medicinali (Decreto legge 6 agosto 2021 n.111, il termine è stato prorogato con Decreto legge 21 ottobre 2021 n.146).
In merito alle proroghe di validità delle certificazioni di esenzione, si precisa che non sarà necessario un nuovo rilascio delle certificazioni già emesse, salvo i casi in cui le stesse contengano dati del soggetto interessato, ulteriori rispetto a quelli indicati per la loro compilazione, a carattere sensibile (es. motivazione clinica dell’esenzione).
...
Tabella Obbligo Green Pass Tabella Attività / Soggetti
[...] Segue in allegato
[panel](*) Esenzioni
- bambini sotto i 12 anni. - soggetti esenti per motivi di salute dalla vaccinazione sulla base di idonea certificazione medica. Fino al 30 settembre 2021, possono essere utilizzate le certificazioni di esenzione in formato cartaceo rilasciate, a titolo gratuito, dai medici vaccinatori dei Servizi vaccinali delle Aziende ed Enti dei Servizi sanitari regionali o dai Medici di medicina generale o Pediatri di libera scelta dell’assistito che operano nell’ambito della campagna di vaccinazione anti-SARS-CoV-2 nazionale, secondo le modalità e sulla base di precauzioni e controindicazioni definite dalla Circolare Ministero della Salute del 4 agosto 2021. Sono validi i certificati di esenzione vaccinali già emessi dai Servizi sanitari regionali sempre fino al 30 settembre 2021. - cittadini che hanno ricevuto il vaccino ReiThera (una o due dosi) nell’ambito della sperimentazione Covitar. La certificazione, con validità fino al 30 settembre 2021, sarà rilasciata dal medico responsabile del centro di sperimentazione in cui è stata effettuata.
1. A far data dal 6 agosto 2021, e' consentito in zona bianca esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi COVID-19, di cui all'articolo 9, comma 2, l'accesso ai seguenti servizi e attivita':
a) servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio, di cui all'articolo 4, per il consumo al tavolo, al chiuso, ad eccezione dei servizi di ristorazione all'interno di alberghi e di altre strutture ricettive riservati esclusivamente ai clienti ivi alloggiati; a -bis) alberghi e altre strutture ricettive; b) spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportivi, di cui all'articolo 5; c) musei, altri istituti e luoghi della cultura e mostre, di cui all'articolo 5-bis; d) piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere, anche all'interno di strutture ricettive, di cui all'articolo 6, limitatamente alle attivita' al chiuso, nonché spazi adibiti a spogliatoi e docce, con esclusione dell’obbligo di certificazione per gli accompagnatori delle persone non autosufficienti in ragione dell’età o di disabilità; e) sagre e fiere, convegni e congressi di cui all'articolo 7; f) centri termali, ((salvo che per gli accessi necessari all'erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza e allo svolgimento di attivita' riabilitative o terapeutiche,)) parchi tematici e di divertimento; g) centri culturali, centri sociali e ricreativi, di cui all'articolo 8-bis, comma 1, limitatamente alle attivita' al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l'infanzia, compresi i centri estivi, e le relative attivita' di ristorazione; g-bis) feste conseguenti alle cerimonie civili o religiose, di cui all'articolo 8-bis, comma 2; h) attivita' di sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casino', di cui all'articolo 8-ter; i) concorsi pubblici.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nelle zone gialla, arancione e rossa, laddove i servizi e le attivita' di cui al comma 1 siano consentiti e alle condizioni previste salvo quanto previsto al comma 2 -bis. ...
Art. 1 Modifiche al decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87
1. Al Decreto-Legge 22 aprile 2021 n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, dopo l'articolo 9-ter sono inseriti i seguenti:
«Art. 9-ter.1 (Impiego delle certificazioni verdi COVID-19 per l'accesso in ambito scolastico, educativo e formativo). - 1. Le disposizioni di cui all'articolo 9-ter si applicano anche al personale dei servizi educativi per l'infanzia di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, dei centri provinciali per l'istruzione degli adulti (CPIA), dei sistemi regionali di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), dei sistemi regionali che realizzano i percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) e degli Istituti Tecnici Superiori (ITS). Le verifiche di cui al comma 4 dell'articolo 9-ter sono effettuate dai dirigenti scolastici e dai responsabili delle istituzioni di cui al primo periodo.
2. Fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica, chiunque accede alle strutture delle istituzioni scolastiche, educative e formative di cui all'articolo 9-ter e al comma 1 del presente articolo, deve possedere ed è tenuto a esibire la certificazione verde COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2. La disposizione di cui al primo periodo non si applica ai bambini, agli alunni e agli studenti nonché ai frequentanti i sistemi regionali di formazione, ad eccezione di coloro che prendono parte ai percorsi formativi degli Istituti Tecnici Superiori (ITS).
3. La misura di cui al comma 2 non si applica ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.
4. I dirigenti scolastici e i responsabili delle istituzioni scolastiche, educative e formative di cui al comma 2 sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui al medesimo comma 2. Nel caso in cui l'accesso alle strutture sia motivato da ragioni di servizio o di lavoro, la verifica sul rispetto delle prescrizioni di cui al comma 2, oltre che dai soggetti di cui al primo periodo, deve essere effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell'articolo 9, comma 10. Con circolare del Ministro dell'istruzione possono essere stabilite ulteriori modalità di verifica.
5. La violazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 4 è sanzionata ai sensi dell'articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74.
Art. 9-ter.2 (Impiego delle certificazioni verdi COVID-19 per l'accesso nelle strutture della formazione superiore). - 1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 9-ter, fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica, chiunque accede alle strutture appartenenti alle istituzioni universitarie e dell'alta formazione artistica musicale e coreutica, nonché alle altre istituzioni di alta formazione collegate alle università, deve possedere ed è tenuto a esibire la certificazione verde COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2.
2. La misura di cui al comma 1 non si applica ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.
3. I responsabili delle istituzioni di cui al comma 1 sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui al predetto comma 1, secondo modalità a campione individuate dalle medesime Istituzioni. Nel caso in cui l'accesso alle strutture sia motivato da ragioni di servizio o di lavoro, la verifica sul rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1, oltre che dai soggetti di cui al primo periodo, deve essere effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell'articolo 9, comma 10.
4. La violazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 3 è sanzionata ai sensi dell'articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74.».
2. La violazione di cui al comma 5 dell'articolo 9-ter del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, come modificato dal comma 1 dell'articolo 9-ter.1 del medesimo decreto-legge n. 52 del 2021, di cui al comma 1 del presente articolo, è sanzionata ai sensi dell'articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35.
3. Le amministrazioni interessate provvedono alle attività di cui al presente articolo con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.[/panel]
Per i soggetti/attività con obbligo vaccinale vedasi il documento specifico:
ID 6287 | Update Rev. 1.0 del 01 dicembre 2021 / Documento completo in allegato
La normativa in vigore in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori marittimi (bordo navi, ambito portuale, settore pesca) è molto articolata.
Attuazione della direttiva 2012/35/UE, che modifica la direttiva 2008/106/CE, concernente i requisiti minimi di formazione della gente di mare. (GU n.133 del 11 giugno 2015)
Il presente decreto si applica ai lavoratori marittimi italiani, ai lavoratori marittimi di Stati membri dell’Unione europea ed a quelli di Paesi terzi titolari di un certificato rilasciato da uno Stato membro dell’Unione europea, che prestano servizio a bordo di navi battenti bandiera italiana adibite alla navigazione marittima ad eccezione:
a) delle navi militari o destinate al trasporto truppe o altre navi di proprietà o gestite dagli Stati che siano utilizzate esclusivamente per servizi governativi non commerciali; b) delle navi da pesca; c) delle unità da diporto che non effettuano alcun traffico commerciale; d) delle imbarcazioni di legno di costruzione rudimentale.
Decreti
Decreto legislativo 17 agosto 1999 n. 298 Attuazione della direttiva 93/103/CE relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca. GU n.201 del 27-8-1999
Decreto legislativo 27 luglio 1999 n. 272 Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori nell'espletamento di operazioni e servizi portuoli, nonche' di operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485. GU n.185 del 9-8-1999 - Suppl. Ordinario n. 151
Decreto legislativo 27 luglio 1999 n. 271 Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485. GU n.185 del 09-08-1999 - Suppl. Ordinario n. 151
Decreto 27 aprile 2018 Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali Individuazione delle attività lavorative a bordo delle navi o delle unità, di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, alle quali è vietato adibire i minori di anni diciotto.
3....."Con decreti, da emanare entro cinquantacinque(1)(2) mesi (15 maggio 2008 - 15 settembre 2012 / ndr) dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede a dettare le disposizioni necessarie a consentire il coordinamento con la disciplina recata dal presente decreto della normativa relativa alle attività lavorative a bordo delle navi, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, in ambito portuale, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, e per il settore delle navi da pesca, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e l'armonizzazione delle disposizioni tecniche di cui ai titoli dal II al XII del medesimo decreto con la disciplina in tema di trasporto ferroviario contenuta nella legge 26 aprile 1974, n. 191, e relativi decreti di attuazione".
3. Fino all'emanazione dei decreti di cui al comma 2, sono fatte salve le disposizioni attuative dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, nonché le disposizioni di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e le disposizioni tecniche del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e del decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, richiamate dalla legge 26 aprile 1974, n. 191, e dai relativi decreti di attuazione. Gli schemi dei decreti di cui al citato comma 2 del presente articolo sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di assegnazione.
(1) La legge 26 febbraio 2011, n. 10 - ha convertito con modifiche il d.l. 29 dicembre 2010, n. 225, ha prorogato all'articolo 2, comma 5 il termine, portandolo da trentasei a quarantotto mesi. (2) La legge 12 luglio 2012, n. 101 - ha convertito con modifiche il d.l. 12 maggio 2012, n. 57, ha ulteriormente prorogato il termine, portandolo da quarantotto mesi a cinquantacinque.
Il Decreto Legge 12 maggio 2012 n. 57 si inserisce in un iter procedurale che è delegato ad armonizzare le norme attuative della legislazione in materia di sicurezza nei settori del trasporto ferroviario, marittimo e portuale. In particolare, la previsione dell’ulteriore differimento a cinquantacinque mesi dell’emanazione dei regolamenti attuativi.
E' stato presentato lo "Schema di legge recante delega in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nel settore portuale, marittimo, delle navi da pesca e ferroviario”. Tale proposta di legge delega, permetterebbe di superare l’ostacolo tecnico, fin qui manifestatosi per la complessità delle norme da armonizzare, alla emanazione delle citate disposizioni e per la rivisitazione del sistema sanzionatorio.[/alert]
[panel]Comandante
Per il Codice della Navigazione (art. 321) la Gerarchia di bordo delle navi marittime mette all’apice dei componenti dell’equipaggio marittimo il comandante. Il comandante della nave è nominato dall’armatore che può in qualsiasi momento dispensarlo dal comando. In caso di assenza, impedimento o morte dello stesso, il comando della nave spetta all’ufficiale di coperta più anziano, fino a nuove disposizioni dall’armatore. Per poter assumere il comando della nave il comandante firma la convenzione di arruolamento con l’armatore, da tale contratto nasce tra i due il rapporto di lavoro con carattere privatistico
Obblighi
possedere un titolo professionale che abilita al comando - emettere procedure ed istruzioni per l’equipaggio relative all’igiene, salute e sicurezza - designare, tra i componenti dell’equipaggio, i lavoratori incaricati della gestione delle situazioni di emergenza - informare l’armatore ed il rappresentante alla sicurezza in caso di eventi non prevedibili o incidenti - segnalare all’armatore le deficienze compromettenti l’igiene la salute e la sicurezza[/panel]
[panel]Armatore
Il responsabile dell’esercizio dell’impresa di navigazione, sia o meno proprietario della nave, ovvero il titolare del rapporto di lavoro con l’equipaggio
Obblighi
- valutare i rischi per la sicurezza e per la salute - predisporre il piano di sicurezza dell’ambiente di lavoro[/panel]
[panel]Obblighi Comandante e Armatore
Nell’ambito delle rispettive attribuzioni, sono obbligati a: - designare il Responsabile e gli addetti del Serv. Prev. e Protezione - designare il medico competente - organizzare il lavoro a bordo, in modo da ridurre al minimo i fattori di fatica e verificare il rispetto della durata del lavoro - informare i lavoratori dei rischi specifici e fornire gli adeguati DPI - limitare al minimo il numero di lavoratori esposti ad agenti tossici e nocivi e garantire le condizioni di efficienza nell’ambiente di lavoro e formare e addestrare il personale in materia d’igiene[/panel]
[panel]Lavoratore marittimo(*)
Qualsiasi persona facente parte dell'equipaggio ed appartenente alla categoria della gente di mare di cui agli articoli 114, lettera a), e 115 del codice della navigazione, che svolge, a qualsiasi titolo, servizio o attivita' lavorativa a bordo di una nave o unita' mercantile o di una nave da pesca;
Art. 114. Distinzione del personale marittimo Il personale marittimo comprende: a) la gente di mare; ... Art. 115. Categorie della gente di mare. La gente di mare si divide in tre categorie:
1° personale di stato maggiore e di bassa forza addetto ai servizi di coperta, di macchina e in genere ai servizi tecnici di bordo; 2° personale addetto ai servizi complementari di bordo; 3° personale addetto al traffico locale e alla pesca costiera.
Obblighi
- osservare le misure disposte dall’armatore e dal comandante della nave - non compiere operazioni di propria iniziativa - utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro e i DPI - segnalare al comandante o all’RSPP le deficienze eventuali dei dispositivi e dei mezzi di protezione - sottoporsi ai controlli sanitari
(*) La definizione di lavoratore è stata modificata dalla Legge 06.08.2013, n. 97: ...
Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013. (G.U. 20.08.2013, n. 194) ... Capo III - Disposizioni in materia di lavoro e di politica sociale ... Art. 11 - Disposizioni volte al corretto recepimento della direttiva 1999/63/CE relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare. Caso EU Pilot 3852/12/EMPL ... 1. Al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 3, comma 1, lettera n), dopo le parole: «qualsiasi persona facente parte dell'equipaggio» sono inserite le seguenti: «ed appartenente alla categoria della gente di mare di cui agli articoli 114, lettera a), e 115 del codice della navigazione. ....[/panel]
[panel]Medico competente
Medico in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali di cui all’articolo 38 del D.lgs. 81/08, che collabora con il datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al presente decreto.
Obblighi
- collabora con l’armatore e col servizio di prevenzione e protezione - effettua gli accertamenti sanitari, esprime i giudizi di idoneità ed informa il lavoratore - effettua le visite mediche richieste dai lavoratori qualora tali richieste siano correlate ai rischi professionali[/panel]
[panel]Servizio di Prevenzione e Protezione
A bordo di ogni unità navale, una o più persone con adeguate capacità professionali, designate dall’armatore, espleteranno i compiti del servizio di prevenzione e protezione. Il servizio deve ricevere, dall’armatore, tutte le informazioni appropriate in materia di igiene e sicurezza (natura dei rischi, organizzazione del lavoro, dati del registro infortuni e malattie professionali).
Obblighi
- segnalare al responsabile della sicurezza le deficienze riscontrate che possono compromettere la salute e la sicurezza - individuare i fattori di rischio connessi alle attività lavorative - esaminare gli infortuni verificatisi a bordo dell’unità a carico dei lavoratori marittimi - informare l’equipaggio sulle problematiche inerenti all’igiene e la sicurezza del lavoro - proporre programmi di formazione ed informazione[/panel]
[panel]Rappresentante all’igiene e sicurezza dell’ambiente di lavoro
A bordo di tutte le navi o unità, i lavoratori marittimi eleggono il proprio rappresentante all’igiene e sicurezza dell’ambiente di lavoro, secondo le modalità previste dai contratti collettivi nazionali di categoria. Il lavoratore eletto deve essere formato in materia di igiene e sicurezza del lavoro a bordo delle navi e della normativa specifica.
Obblighi
- collaborare col servizio di prevenzione e protezione - deve esser consultato sulla designazione del personale addetto al servizio di prevenzione e protezione - proporre iniziative in materia di prevenzione e protezione - ricevere le informazioni riguardo la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative[/panel]
[panel]Manuale della Sicurezza
A bordo della nave deve essere presente il “Manuale di gestione per la sicurezza dell’ambiente di lavoro a bordo” dove sono riportati:
- gli strumenti - le procedure utilizzate dall’armatore per adeguarsi alle disposizioni previste dal decreto 271/99 e dalle norme internazionali.
Esso può costituire parte integrante del “Safety Management Manual” redatto ai sensi di quanto previsto dal codice internazionale di gestione per la sicurezza delle navi (ISM Code) di cui alla Convenzione Solas.
Riunione periodica di prevenzione e protezione
L’armatore, tramite il servizio di prevenzione e protezione, deve convocare, almeno una volta l’anno, una riunione alla quale partecipano il comandante della nave, il responsabile della sicurezza dell’ambiente di lavoro ed il rappresentante alla sicurezza dell’ambiente di lavoro, al fine di esaminare:
- le misure di igiene e sicurezza previste a bordo - l’idoneità dei mezzi di protezione individuali previsti a bordo i programmi di informazione e formazione dei lavoratori marittimi - eventuali variazioni, rispetto alle normali condizioni di esercizio dell’unità, delle situazioni di esposizione del lavoratore a fattori di rischio
Orario di lavoro - D.lgs. 108/2005
Durata del lavoro: tempo durante il quale un lavoratore marittimo è tenuto ad effettuare l’attività lavorativa. Rientrano in questa categoria le esercitazioni di emergenza, le attività inerenti la sicurezza della navigazione, la formazione, la manutenzione, le attività richieste dal comandante in caso di soccorso. Ore di riposo: tempo non compreso nella durata del lavoro; questa espressione non comprende interruzioni di breve durata. Le ore di riposo non possono essere suddivise in più di due periodi distinti, cui uno è almeno di 6 ore consecutive, e l’intervallo tra i due periodi consecutivi di riposo non deve superare le 14 ore.
Numero massimo di ore di lavoro: 14 ore in un periodo di 24 ore 72 ore per un periodo di sette giorni
Numero minimo di ore di riposo non inferiore a: 10 ore in un periodo di 24 ore 77 ore in un periodo di sette giorni.
Fattori di fatica (Allegato I del D.lgs. 271/99)
Per identificare a bordo delle navi attività lavorative che possono contribuire alla fatica lavorativa, la normativa classifica i fattori di esposizione in categorie indicando le attività con cui tali fattori possono essere messi in relazione. La fatica ha come conseguenza la diminuzione delle prestazioni dell’uomo, può essere provocata da fattori fisici, mentali, fisiologici, stress o altri fattori. Nel caso dei marittimi le principali cause di fatica sono la cattiva qualità del riposo, gli eccessivi carichi di lavoro, l’eccessivo rumore ed i rapporti interpersonali. I fattori che contribuiscono a creare tali cause sono vari e l’importanza dei fattori si differenziano in relazione alle varie attività.
Fattori: - di gestione e responsabilità di amministrazione (comunicazioni, assegnazioni di mansioni, grado di armamento, operazioni portuali, ecc.) - relativi alla nave (grado di automazione, affidabilità attrezzature, ecc.) - relativi all’equipaggio (esperienza, qualità e competenza, addestramento, ecc.) - ambientali esterni (condizioni meteorologiche, densità traffico, condizioni portuali, ecc.)[/panel]
Direttive UE
Direttiva 93/103/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca (tredicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU L 307 del 13.12.1993)
Decreto legislativo 12 maggio 2015 n. 71 Attuazione della direttiva 2012/35/UE, che modifica la direttiva 2008/106/CE, concernente i requisiti minimi di formazione della gente di mare (GU n.133 del 11-06-2015)
Decreto 16 giugno 2016 Attuazione dell’articolo 11 del decreto legislativo 12 maggio 2015, n. 71, in materia di modalità e contenuti dei corsi per il rilascio dei certificati di addestramento per i lavoratori marittimi. (GU 195 del 22 Agosto 2016)
Decreto 25 maggio 1988, n. 279 Modificazioni delle precedenti disposizioni concernenti i medicinali, gli oggetti di medicatura e gli utensili di cui devono essere provviste le navi (GU n. 170 del 21.07.1988)
D. Lgs. 27 maggio 2005, n. 108 Attuazione della direttiva 1999/63/CE relativa all’Accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare, concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione Europea (G.U. n. 145 del 24/06/2005)
Decreto 10 ottobre 200 Attuazione della direttiva 1999/95/CE del Parlamento e del Consiglio del 13 dicembre 1999, concernente l’applicazione delle disposizioni relative all’orario di lavoro della gente di mare a bordo delle navi, che fanno scalo nei porti della Comunità (G.U. n. 266 del 15.11.2005);
Decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 32 Attuazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, n. 2013/54/UE, relativa a talune responsabilita' dello Stato di bandiera ai fini della conformita' alla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione. (GU n.57 del 09-03-2016)
Circolare n. 09/SM Decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, come modificato dal decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 108 - Direttive operative.
Un nuovo rapporto scientifico (PDF allegato) pubblicato dall'Agenzia europea per le sostanze chimiche include le raccomandazioni dell'ECHA sui limiti di esposizione professionale per il solvente 1,4-diossano.
[box-warning]I nuovi OEL previsti per il 1,4-diossano
L'agenzia raccomanda un OEL di 6 ppm (22 mg/m3) come media ponderata nel tempo di otto ore e un limite di esposizione a breve termine di 20 ppm (73 mg/m3).[/box-warning]
Il valore STEL raccomandato corrisponde all'attuale valore indicativo OEL per 1,4-diossano a livello dell'Unione Europea. L'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro descrive i valori indicativi dell'OEL come "valori basati sulla salute, non vincolanti, derivati dai dati scientifici più recenti disponibili e che tengono conto della disponibilità di tecniche di misurazione affidabili".
"È stato riportato che l'1,4-diossano nell'uomo causa irritazione del naso, degli occhi e della gola ad alte concentrazioni", spiega il rapporto dell'ECHA. "Poiché gli effetti di irritazione locale del naso nel peggiore dei casi possono essere seguiti da infiammazione, iperplasia nasale e formazione [di] tumori nasali, è considerato rilevante limitare l'esposizione a breve termine".
L'ECHA raccomanda inoltre un valore limite biologico, o BLV, utilizzando l'acido 2-idrossietossiacetico nelle urine come biomarcatore. Il BLV proposto dall'agenzia per 1,4-diossano è di 120 mg di acido 2-idrossietossiacetico/g di creatinina nelle urine. E poiché "l'1,4-diossano può essere assorbito attraverso la pelle in quantità significative", l'ECHA raccomanda una notazione cutanea per la sostanza chimica.
L'agenzia accetterà commenti pubblici sulla sua proposta OEL fino al 26 novembre 2021. Maggiori informazioni sulla presentazione di commenti sono disponibili sul sito web dell'ECHA. È disponibile anche una “scheda informativa” su 1,4-diossano.
La Commissione
La Commissione, in vista della preparazione delle proposte di modifica della Direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori dai rischi connessi all'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni sul lavoro (CMD) ha chiesto il parere del RAC per valutare la rilevanza scientifica di limiti di esposizione professionale per alcune sostanze chimiche cancerogene.
Pertanto, l'11 dicembre 2020 la Commissione ha presentato una richiesta all'ECHA in conformità con il Service Level Agreement (SLA) (Ares(2019)18725), per valutare, in conformità con la Direttiva 2004/37/CE (Direttiva Agenti Cancerogeni e Mutageni - CMD) del 1,4-diossano.
1,4-diossano è stato precedentemente classificato come cancerogeno di categoria 2, ma ha una nuova classificazione come cancerogeno di categoria 1B portandolo nel campo di applicazione della Direttiva 2004/37/CE.
1,4-diossano ha già un Valore Limite indicativo di esposizione professionale (IOELV) sotto la Direttiva 98/24/CE (Direttiva Agenti Chimici - CAD), vedi tabella sottostante e in seguito alla sua riclassificazione è necessario rivedere l'attuale IOELV e sostituirlo con un Limite di Esposizione Professionale (OEL) ai sensi della CMD.
La Commisione resta in attesa dei risultati della Consultazione pubblica ECHA sul 1,4 Diossano che terminerà, come detto, il 26 novembre 2021.
The Commission, in view of the preparations of the proposals for amendment of Directive 2004/37/EC on the protection of workers from the risks related to exposure to carcinogens or mutagens at work (CMD), and in line with the 2017 Commission Communication ‘Safer and Healthier Work for All’ - Modernisation of the EU Occupational Safety and Health Legislation and Policy1 , asked the advice of RAC to assess the scientific relevance of occupational exposure limits for some carcinogenic chemical substances. Therefore, the Commission made a request on 11 December 2020 to ECHA in accordance with the Service Level Agreement (SLA) (Ares(2019)18725), to evaluate, in accordance with the Directive 2004/37/EC, 1,4-dioxane. 1,4-dioxane was previously classified as a category 2 carcinogen, but has a new classification as a category 1B carcinogen bringing it into the scope of the CMD. 1,4- dioxane already has an IOELV under CAD and as a result of its reclassification it is necessary to review the current IOELV and to replace it with an OEL under CMD. In support of the Commission’s request, ECHA has prepared a scientific report concerning occupational limit values for 1,4-dioxane at the workplace. In the preparatory phase of making this report, a call for evidence was started on 23 March 2021 to invite interested parties to submit comments and evidence on the subject by 22 June 2021. The scientific report was made publicly available on 27 September 2021 and interested parties were invited to submit comments by 26 November 2021. The Committee for Risk Assessment (RAC) will develop its opinion on the basis of the scientific report submitted by ECHA. During the preparation of the opinion on occupational limit values for 1,4-dioxane, the scientific report will be further developed as the Annex to the RAC opinion.[/box-info]
Directive 2004/37/CE (CMD): Isoprene in evidence OEL
ID 15014 | 25.11.2021 / Report in attachment
The Commission, in view of the preparation of the proposals for amendment of Directive 2004/37/EC on the protection of workers from the risks related to exposure to carcinogens or mutagens at work (CMD), and in line with the 2017 Commission Communication ‘Safer and Healthier Work for All’ - Modernisation of the EU Occupational Safety and Health Legislation and Policy1 , asked the advice of RAC to assess the scientific relevance of occupational exposure limits for some carcinogenic chemical substances . Therefore, the Commission made a request on 11 Dec 2020 to ECHA in accordance with the Service Level Agreement (SLA) (Ares(2019)18725), to evaluate, in accordance with the Directive 2004/37/EC, isoprene which is classified as a carcinogen Category 1B in CLP legislation.
In support of the Commission’s request, ECHA has prepared a scientific report concerning occupational limit values for isoprene at the workplace. In the preparatory phase of making this report, a call for evidence was started on 14 April 2021 to invite interested parties to submit comments and evidence on the subject by 13 July 2021.
The scientific report was made publicly available at: Occupational exposure limits – Consultations on OEL recommendation - ECHA (europa.eu) on 11 October 2021 and interested parties were invited to submit comments by 10 December 2021.
The Committee for Risk Assessment (RAC) will develop its opinion on the basis of the scientific report submitted by ECHA. During the preparation of the opinion on occupational limit values for isoprene, the scientific report will be further developed as the Annex to the RAC opinion.
[box-warning]Occupational Exposure Limits (OELs) - 8h TWA proposed isoprene
Thus, it can be anticipated that the additional cancer risk would be minimal if the work-life long isoprene exposure level was 3 ppm. Based on this an 8 h TWA of 3 ppm (8.5 mg/m3) isoprene is proposed.[/box-warning]
Modello Richiesta consegna al DL Green pass (Art. 9-septies co. 5 DL 52/2021)
ID 14999 | 21.11.2021 / In allegato modello doc/pdf
In allegato Modello Richiesta consegna al DL settore privato della Certificazione verde COVID-19 (ai sensi dell'art. 9-septies co. 5 DL 52/2021).
[box-warning]Consegna Green pass al Datore di Lavoro
La Legge di conversioneLegge 19 novembre 2021 n. 165del Decreto-Legge 21 settembre 2021 n. 127 (Decreto Legge Green pass), ha previsto la possibilità, tramite richiesta, sia per i lavoratori pubblici che privati, di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro.[/box-warning]
Testo del Decreto-Legge 21 settembre 2021 n. 127 (in GU n. 226 del 21 settembre 2021), coordinato con la Legge 19 novembre 2021 n. 165 (in GU n.277 del 20.11.2021), recante: «Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening ».
«Art. 9-septies (Impiego delle certificazioni verdi COVID-19 nel settore privato).
[...]
5. I datori di lavoro di cui al comma 1, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10. Al fine di semplificare e razionalizzare le verifiche di cui al presente comma, i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro.[/panel]
Decreto-Legge green pass lavoro 2021 / Note Update Legge di conv. 165/2021 Novembre 2021
ID 14557 | Rev. 3.0 del 21.11.2021 / In allegato documento di lavoro completo
A seguito della pubblicazione nella GU n. 226 del 21.09.2021 del Decreto-Legge 21 settembre 2021 n. 127 Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening e della conversione in legge con modificazioni di cui alla Legge 19 novembre 2021 n. 165 (in GU n.277 del 20.11.2021), si forniscono nel proseguo alcune delle novità emergenti in ordine all’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 nel lavoro pubblico e privato, in vigore dal 15 Ottobre 2021 fino al 31 Dicembre 2021.
La Legge di conversione Legge 19 novembre 2021 n. 165 del Decreto-Legge 21 settembre 2021 n. 127 (Decreto Legge Green pass), ha previsto la possibilità, tramite richiesta, sia per i lavoratori pubblici che privati, di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro.[/box-warning]
[box-note]Rev. 3.0 del 21.11.2021 Legge 19 novembre 2021 n. 165 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127, recante misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l'estensione dell'ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening. (GU n.277 del 20.11.2021). Entrata in vigore del provvedimento: 21/11/2021[/box-note]
A. Lavoro pubblico
Dal 15 Ottobre al 31 Dicembre 2021
Sono tenuti a essere in possesso dei Certificati Verdi i lavoratori dipendenti delle Amministrazioni pubbliche.
L’obbligo riguarda inoltre il personale di Autorità indipendenti, Consob, Covip, Banca d’Italia, enti pubblici economici e organi di rilevanza costituzionale. Il vincolo vale anche per i titolari di cariche elettive o di cariche istituzionali di vertice.
Inoltre l’obbligo è esteso ai soggetti, anche esterni, che svolgono a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa (o formativa, come per esempio gli stagisti) presso le pubbliche amministrazioni.
L’obbligo di possedere e di esibire, su richiesta, il Certificato Verde è necessario per accedere ai luoghi di lavoro delle strutture prima elencate.
I datori di lavoro ad essere tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni. Entro il 15 ottobre devono definire le modalità per l’organizzazione delle verifiche. I controlli saranno effettuati preferibilmente all’accesso ai luoghi di lavoro e, nel caso, anche a campione. I datori di lavoro inoltre individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle eventuali violazioni.
Al fine di semplificare e razionalizzare, i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro.
Il decreto prevede che il personale che ha l’obbligo del Green Pass, se comunica di non averlo o ne risulti privo al momento dell’accesso al luogo di lavoro, è considerato assente ingiustificato fino alla presentazione della Certificazione Verde
La retribuzione non è dovuta dal primo giorno di assenza ingiustificata.
Non ci sono conseguenze disciplinari e si mantiene il diritto alla conservazione del rapporto di lavoro.
Per coloro che sono colti senza la Certificazione sul luogo di lavoro è prevista la sanzione pecuniaria da 600 a 1.500 euro e restano ferme le conseguenze disciplinari. Per i datori di lavoro che non abbiano verificato il rispetto delle regole e che non abbiano predisposto le modalità di verifica è invece prevista una sanzione da 400 a 1.000 euro.
Le disposizioni per il lavoro pubblico si applicano anche ai soggetti titolari di cariche elettive. Il decreto rimette agli organi costituzionali la decisione relativa all’applicazione della disciplina in materia di Certificazioni Verdi.
Testo del Decreto-Legge 21 settembre 2021 n. 127 (in GU n. 226 del 21 settembre 2021), coordinato con la Legge 19 novembre 2021 n. 165 (in GU n.277 del 20.11.2021), recante: «Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening ».
«Art. 9-quinquies (Impiego delle certificazioni verdi COVID-19 nel settore pubblico). - 1. Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2, al personale delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al personale di cui all’articolo 3 del predetto decreto legislativo, al personale delle Autorità amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per la società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, della Banca d’Italia, nonché degli enti pubblici economici e degli organi di rilievo costituzionale, ai fini dell’accesso ai luoghi di lavoro, nell’ambito del territorio nazionale, in cui il predetto personale svolge l’attività lavorativa, è fatto obbligo di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 9-ter, 9- ter.1 e 9-ter.2 del presente decreto e dagli articoli 4 e 4- bis del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica altresì a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato presso le amministrazioni di cui al comma 1, anche sulla base di contratti esterni.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai soggetti esenti dalla campagnavaccinalesomministrazione del vaccino sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.
4. I datori di lavoro del personale di cui al comma 1 sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui ai commi 1 e 2. Per i lavoratori di cui al comma 2 la verifica sul del rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1, oltre che dai soggetti di cui al primo periodo, è effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro.
5. I datori di lavoro di cui al comma 4, primo periodo, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che talii controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2. I datori di lavoro forniscono idonea informativa ai lavoratori e alle rispettive rappresentanze circa la predisposizione delle nuove modalità organizzative adottate per le verifiche di cui al comma 4. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e della salute, può adottare linee guida per la omogenea definizione delle modalità organizzative di cui al primo periodo. Per le regioni, le province autonome e gli enti locali le predette linee guida, ove adottate, sono definite d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Al fine di semplificare e razionalizzare le verifiche di cui al presente comma, i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro.
6. Il personale di cui al comma 1, nel caso in cui comunichi di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risulti privo della predetta certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, è considerato assente ingiustificato fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata di cui al primo periodo non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati.
7. L’accesso del personale ai luoghi di lavoro di cui al comma 1 in violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 2, è punito con la sanzione di cui al comma 8 e restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di appartenenza.
8. In caso di violazione delle disposizioni di cui al comma 4, di mancata adozione delle misure organizzative di cui al comma 5 nel termine previsto, nonché per la violazione di cui al comma 7, si applica l’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74. Per le violazioni di cui al comma 7, la sanzione amministrativa prevista dal comma 1 del citato articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020 è stabilita in euro da 600 a 1.500nel pagamento di una somma da euro 600 a euro 1.500.
9. Le sanzioni di cui al comma 8 sono irrogate dal Prefetto. I soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni di cui al medesimo comma 8 trasmettono al Prefetto gli atti relativi alla violazione.
10. Al personale di cui al comma 1 dell’articolo 9-sexies, collocato fuori ruolo presso le amministrazioni di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo 9-sexies, commi 2 e 3, fermo restando quanto previsto dal comma 8 del presente articolo.
11. Fermo restando quanto previsto al comma 12, ai soggetti titolari di cariche elettive o di cariche istituzionali di vertice, si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, 3, 4, 5 e 8.
12. Gli organi costituzionali, ciascuno nell’ambito della propria autonomia, adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni di cui al presente articolo.
13. Le amministrazioni di cui al comma 1, provvedono alle attività di cui al presente articolo con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.[/panel]
B. Lavoro privato
Dal 15 Ottobre al 31 Dicembre 2021
Sono tenuti a possedere e a esibire su richiesta i Certificati Verdi coloro che svolgano attività di lavoro dipendente o autonomo nel settore privato.
L’obbligo di possedere e di esibire, su richiesta, il Certificato Verde è necessario per accedere ai luoghi di lavoro.
Come per il lavoro pubblico, anche per quello privato dipendente sono i datori di lavoro ad essere tenuti ad assicurare il rispetto delle prescrizioni. Entro il 15 ottobre devono definire le modalità per l’organizzazione delle verifiche. I controlli saranno effettuati preferibilmente all’accesso ai luoghi di lavoro e, nel caso, anche a campione. I datori di lavoro inoltre individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle eventuali violazioni.
Al fine di semplificare e razionalizzare le verifiche, i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori.
Il decreto prevede che il personale dipendente ha l’obbligo del Green Pass e, se comunica di non averlo o ne risulti privo al momento dell’accesso al luogo di lavoro, è considerato assente ingiustificato fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.
Per le imprese con meno di quindici dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021.
È prevista la sanzione pecuniaria da 600 a 1500 euro per i lavoratori che abbiano avuto accesso violando l’obbligo di Green Pass, per i datori di lavoro che non abbiano verificato il rispetto delle regole e che non abbiano predisposto le modalità di verifica è invece prevista una sanzione da 400 a 1.000 euro.
Per le aziende con meno di 15 dipendenti, dopo il quinto giorno di mancata presentazione del Green Pass, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata del contratto del sostituto e non oltre dieci giorni.
Testo del Decreto-Legge 21 settembre 2021 n. 127 (in GU n. 226 del 21 settembre 2021) , coordinato con la Legge 19 novembre 2021 n. 165 (in GU n.277 del 20.11.2021), recante: «Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening ».
«Art. 9-septies (Impiego delle certificazioni verdi COVID-19 nel settore privato). - 1. Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2, a chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 9-ter, 9-ter.1 e 9-ter.2 del presente decreto e dagli articoli 4 e 4-bis del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica altresì a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione, anche in qualità di discenti, o di volontariato nei luoghi di cui al comma 1, anche sulla base di contratti esterni.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai soggetti esenti dalla campagna vaccinaleesentati dalla somministrazione del vaccino sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.
4. I datori di lavoro di cui al comma 1 sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui ai commi 1 e 2 per i lavoratori di cui al comma 2 la verifica suldel rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1, oltre che dai soggetti di cui al primo periodo, è effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro. Per i lavoratori in somministrazione la verifica del rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1 compete all’utilizzatore; è onere del somministratore informare i lavoratori circa la sussistenza delle predette prescrizioni.
5. I datori di lavoro di cui al comma 1, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10. Al fine di semplificare e razionalizzare le verifiche di cui al presente comma, i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro.
6. I lavoratori di cui al comma 1, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risultino privi della predetta certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata di cui al primo periodo non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.
7. Per le imprese con meno di quindici dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata di cui al comma 6, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni lavorativi, rinnovabili fino al rinnovabili per una sola volta, e non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso.
8. L’accesso di lavoratori ai luoghi di lavoro di cui al comma 1 in violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 2, è punito con la sanzione di cui al comma 9 e restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore.
9. In caso di violazione delle disposizioni di cui al comma 4 o di mancata adozione delle misure organizzative di cui al comma 5 nel termine previsto, nonché per la violazione di cui al comma 8, si applica l’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74. Per le violazioni di cui al comma 8, la sanzione amministrativa prevista dal comma 1 del citato articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020 è stabilita nel pagamento di una somma da euro 600 a euro 1.500. in euro da 600 a 1.500.
10. Le sanzioni di cui al comma 9 sono irrogate dal Prefetto. I soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni di cui al medesimo comma 9 trasmettono al Prefetto gli atti relativi alla violazione.[/panel]
Schema 1 – Obbligo green pass lavoratori pubblici/privati
(*) Obbligo possesso ed esibizione per l’accesso nei luoghi dove l’attività è svolta. (**) Per le imprese con meno di quindici dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021. (***) Non applicabile per i soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica
[...]
NB Tabella non esaustiva
Schema 2 - DL compiti verifica rispetto green pass
La Certificazione verde COVID-19 (Green pass) nasce su proposta della Commissione europea per agevolare la libera circolazione in sicurezza dei cittadini nell'Unione europea durante la pandemia di COVID-19.
È una certificazione digitale e stampabile (cartacea), che contiene un codice a barre bidimensionale (QR Code) e un sigillo elettronico qualificato. In Italia, viene emessa soltanto attraverso la piattaforma nazionale del Ministero della Salute.
La Certificazione attesta una delle seguenti condizioni (DL n. 52/2021):
I ponteggi di facciata - Analisi dei requisiti previsti nella legislazione italiana e nelle norme tecniche europee
ID 14985 | 19.11.2021
Il documento ha lo scopo di mettere a confronto e valutare le differenze tra i requisiti previsti per i ponteggi di facciata nella legislazione italiana rispetto a quelli indicati nelle norme tecniche europee UNI EN.
Identificare tali differenze potrebbe contribuire a stabilire uno dei possibili significati di “evoluzione del progresso tecnico” (comma 5 dell’articolo 131 del d.lgs. 81/08). In generale l’evoluzione del progresso tecnico è inteso come “processo di creazione e acquisizione di nuove conoscenze attraverso i processi tipici dell’innovazione e della diffusione di nuove e migliori tecnologie” e "può derivare dall’aumento di conoscenze e capacità o dal miglioramento della qualità o delle caratteristiche di uno o più fattori produttivi".
Un ponteggio fisso è un’attrezzatura provvisionale di accesso e di servizio costituita da tubi e giunti o da elementi portanti prefabbricati, collegati fra loro, la cui costruzione e impiego è disciplinata in Italia dalle norme contenute nella Sezione V - Ponteggi Fissi del d.lgs. 81/08 (articoli 131-137).
L’art. 131 stabilisce che per ciascun tipo di ponteggio fisso, il fabbricante chieda al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS) l’autorizzazione alla costruzione ed all’impiego, corredando la domanda di una relazione nella quale devono essere specificati gli elementi seguenti:
[box-info]a) descrizione degli elementi che costituiscono il ponteggio, loro dimensioni con le tolleranze ammissibili e schema dell’insieme; b) caratteristiche di resistenza dei materiali impiegati e coefficienti di sicurezza adottati per i singoli materiali; c) ndicazione delle prove di carico, a cui sono stati sottoposti i vari elementi; d) calcolo del ponteggio secondo varie condizioni di impiego; e) istruzioni per le prove di carico del ponteggio; f) istruzioni per il montaggio, impiego e smontaggio del ponteggio; g) schemi-tipo di ponteggio con l’indicazione dei massimi ammessi di sovraccarico, di altezza dei ponteggi e di larghezza degli impalcati per i quali non sussiste l’obbligo del calcolo per ogni singola applicazione.[/box-info]
Il rilascio da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dell’autorizzazione alla costruzione ed all’impiego dei ponteggi era previsto già nel d.p.r. 164/56 all’art. 30. Dal 1973 lo stesso Ministero ha emesso diverse centinaia di provvedimenti (autorizzazioni, estensioni, volture) che, fino alla data di entrata in vigore del d.lgs. 81/08 (14 maggio 2008), avevano validità illimitata nel tempo.
Con il Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, viene introdotto il concetto di periodo di validità limitato dell’autorizzazione ministeriale: “L’autorizzazione è soggetta a rinnovo ogni dieci anni per verificare l’adeguatezza del ponteggio all’evoluzione del progresso tecnico” (art. 131 comma 5).
A distanza di dieci anni dall’entrata in vigore del d.lgs. 81/08, ciò ha comportato la necessità di analizzare l’evoluzione del progresso tecnico nell’ambito della costruzione dei ponteggi fissi, con conseguente verifica dei criteri e delle modalità di rilascio delle autorizzazioni ministeriali.
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Indice Premessa Introduzione 1. Scopo 2 Riferimenti legislativi e normativi 2.1 Legislazione 2.1.1 Decreti legislativi 2.1.2 Decreti ministeriali 2.1.3 Circolari e lettere circolari 2.1.4 Interpelli 2.2 Norme tecniche 3 Definizioni 3.1 Definizioni previste nelle Circolari MLPS n. 44/90 del 15/05/1990 e n. 132/91 del 24/10/1991 3.2 Definizioni previste nelle norme UNI EN 3.2.1 UNI EN 12811-1 3.2.2 UNI EN 12811-4 3.2.3 UNI EN 74-1 3.2.4 UNI EN 74-3 4 Requisiti previsti nella legislazione 4.1 Requisiti nel d.lgs. 81/08 4.1.1 Articoli contenuti nel d.lgs. 81/08 4.1.2 Allegati contenuti nel d.lgs. 81/08 4.2 Requisiti nelle Circolari MLPS 4.2.1 Articoli contenuti nelle Circolari MLPS n. 44/90 e n. 132/91 4.2.2 Circolare MLPS n. 20/2003 4.2.3 Lettera Circolare MLPS 9 febbraio 1995 4.2.4 Articoli contenuti nel Decreto Ministeriale del 2 settembre 1968 5 Requisiti previsti nelle norme UNI EN 5.1 Serie base di configurazioni del ponteggio 5.2 Classificazione 5.3 Designazione 5.4 Componenti del sistema 5.5 Classi di larghezza 5.6 Altezza libera di passaggio 5.7 Aree di lavoro 5.8 Protezione laterale 5.9 Rivestimento 5.10 Basette e basette regolabili 5.11 Spinotti 5.12 Giunzioni tra montanti con sezioni cave 5.13 Giunti 5.14 Accesso tra livelli 5.15 Impalcati 5.16 Collegamenti 5.17 Requisiti di progettazione strutturale 5.17.1 Appoggio esterno 5.17.2 Classi di carico 5.17.3 Azioni 5.17.4 Carico sull’area di lavoro 5.17.5 Carico di servizio orizzontale 5.17.6 Percorsi di accesso 5.17.7 Carichi sulla protezione laterale 5.17.8 Carichi da neve e ghiaccio 5.17.9 Carichi da vento 5.17.10Carico dinamico 5.17.11 Combinazioni di carichi 5.17.12 Inflessioni 5.17.13 Durabilità 6 Considerazioni 6.1 Generalità 6.2 Classificazione 6.3 Designazione 6.4 Classi di larghezza e altezza libera di passaggio 6.5 Protezione laterale 6.6 Basette, giunti e spinotti 6.7 Accesso tra livelli 6.8 Impalcati 6.9 Collegamenti 6.10 Classi di carico 7 Conclusioni
Codice della Navigazione | RD 327/1942 / Testo consolidato 2021
ID 5650 | Ed. 2.2 del 05 Aprile 2021
Il testo consolidato 2021 del Codice della navigazione tiene conto delle modifiche/abrogazioni al Regio Decreto 30 marzo 1942 n. 327 (GU n.93 del 18.04.1942) dal 1945 al 2021.
Disponibile Codice della Navigazione | Testo consolidato 2021, direttamente dal nostro sito, in formato PDF, copiabile/stampabile riservato Abbonati Full Plus
Regio Decreto 30 marzo 1942, n. 327 Approvazione del testo definitivo del Codice della navigazione. (GU n.93 del 18-4-1942) ______
Aggiornamenti all'atto:
DECRETO LEGISLATIVO LUOGOTENENZIALE 24 maggio 1945, n. 336 (in G.U. 28/10/1946, n.245) DECRETO LEGISLATIVO DEL CAPO PROVVISORIO DELLO STATO 13 settembre 1946, n. 240 (in G.U. 28/10/1946, n.245) DECRETO LEGISLATIVO DEL CAPO PROVVISORIO DELLO STATO 26 aprile 1947, n. 547 (in G.U. 02/07/1947, n.148) LEGGE 15 febbraio 1950, n. 72 (in G.U. 18/03/1950, n.65 LEGGE 16 aprile 1954, n. 202 (in G.U. 21/05/1954, n.116) LEGGE 15 maggio 1954, n. 233 (in G.U. 01/06/1954, n.124) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 13 luglio 1954, n. 747 (in G.U. 31/08/1954, n.199) LEGGE 27 febbraio 1955, n. 66 (in G.U. 15/03/1955, n.61) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 28 giugno 1955, n. 1106 (in G.U. 01/12/1955, n.277) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 7 novembre 1957, n. 1438 (in G.U. 27/03/1958, n.75) LEGGE 5 giugno 1962, n. 616 (in G.U. 05/07/1962, n.168) La LEGGE 3 febbraio 1963, n. 54 (in G.U. 15/02/1963, n.43) LEGGE 4 febbraio 1963, n. 58 (in G.U. 16/02/1963, n.44 LEGGE 3 febbraio 1963, n. 94 (in G.U. 26/02/1963, n.55) LEGGE 5 marzo 1963, n. 366 (in G.U. 02/04/1963, n.89) Corte costituzionale, con sentenza 26 giugno 1967, n. 96 (in G.U. 17/07/1967 n. 177) Corte costituzionale, con sentenza 24 giugno 1970, n. 121 (in G.U. 15/07/1970 n. 177) LEGGE 8 ottobre 1973, n. 645 (in G.U. 03/11/1973, n.284) LEGGE 14 agosto 1974, n. 359 (in G.U. 21/08/1974, n.218) LEGGE 9 dicembre 1975, n. 723 (in G.U. 07/01/1976, n.4) LEGGE 9 dicembre 1975, n. 744 (in G.U. 08/01/1976, n.6) Corte costituzionale, con sentenza 24 giugno 1976, n. 164 (in G.U. 14/07/1976 n. 184) DECRETO-LEGGE 1 febbraio 1977, n. 12 (in G.U. 01/02/1977, n.29), convertito con modificazioni dalla L. 31 marzo 1977, n. 91 (in G.U. 02/04/1977, n. 90) LEGGE 9 giugno 1977, n. 333 (in G.U. 21/06/1977, n.167) LEGGE 19 dicembre 1979, n. 649 (in G.U. 29/12/1979, n.352) LEGGE 11 dicembre 1980, n. 862 (in G.U. 22/12/1980, n.349) LEGGE 27 aprile 1981, n. 165 (in G.U. 02/05/1981, n.119) LEGGE 6 agosto 1981, n. 469 (in G.U. 13/08/1981, n.222) LEGGE 29 maggio 1982, n. 297 (in G.U. 31/05/1982, n.147) LEGGE 25 gennaio 1983, n. 26 (in G.U. 10/02/1983, n.40) LEGGE 13 maggio 1983, n. 213 (in G.U. 24/05/1983, n.140) LEGGE 29 gennaio 1986, n. 32 (in G.U. 21/02/1986, n.43) LEGGE 26 aprile 1986, n. 193 (in G.U. 21/05/1986, n.116) LEGGE 17 ottobre 1986, n. 732 (in G.U. 05/11/1986, n.257) Corte costituzionale, con sentenza 25 febbraio 1987, n. 63 (in G.U. 11/03/1987 n. 11) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 7 marzo 1987, n. 201 (in G.U. 23/05/1987, n.118) LEGGE 23 agosto 1988, n. 380 (in G.U. 01/09/1988, n.205 LEGGE 14 giugno 1989, n. 234 (in SO n.46, relativo alla G.U. 21/06/1989, n.143) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 21 febbraio 1990, n. 66 (in G.U. 29/03/1990, n.74) Corte costituzionale, con sentenza 17 gennaio 1991, n. 41 (in G.U. 06/02/1991 n. 6) LEGGE 10 febbraio 1992, n. 165 (in G.U. 27/02/1992, n.48) DECRETO-LEGGE 5 ottobre 1993, n. 400 (in G.U. 05/10/1993, n.234), convertito con modificazioni dalla L. 4 dicembre 1993, n. 494 (in G.U. 4/12/1993, n. 285 LEGGE 28 dicembre 1993, n. 561 (in G.U. 31/12/1993, n.306) LEGGE 28 gennaio 1994, n. 84 (in SO n.21, relativo alla G.U. 04/02/1994, n.28) Corte costituzionale, con sentenza 29 maggio 1995, n. 220 (in G.U. 07/06/1995 n. 24) Corte costituzionale, con sentenza 7 marzo 1996, n. 72 (in G.U. 20/03/1996 n. 12) DECRETO 2 febbraio 1996, (in G.U. 01/04/1996, n.77) DECRETO-LEGGE 21 ottobre 1996, n. 535 (in G.U. 22/10/1996, n.248), convertito con modificazioni dalla L. 23 dicembre 1996, n. 647 (in G.U. 23/12/1996, n. 300), LEGGE 21 dicembre 1996, n. 665 (in G.U. 30/12/1996, n.304 DECRETO-LEGGE 30 dicembre 1997, n. 457 (in G.U. 31/12/1997, n.303), convertito con modificazioni dalla L. 27 febbraio 1998, n. 30 (in G.U. 28/2/1998, n. 49) LEGGE 24 aprile 1998, n. 128 (in SO n.88, relativo alla G.U. 07/05/1998, n.104) LEGGE 21 maggio 1998, n. 164 (in G.U. 30/05/1998, n.124) LEGGE 30 novembre 1998, n. 413 (in G.U. 03/12/1998, n.283) LEGGE 5 febbraio 1999, n. 25 (in SO n.33, relativo alla G.U. 12/02/1999, n.35) DECRETO LEGISLATIVO 25 febbraio 1999, n. 66 (in G.U. 22/03/1999, n.67) LEGGE 7 dicembre 1999, n. 472 (in SO n.220, relativo alla G.U. 16/12/1999, n.294) DECRETO LEGISLATIVO 30 dicembre 1999, n. 507 (in SO n.233, relativo alla G.U. 31/12/1999, n.306) Avviso di rettifica (in G.U. 28/01/2000, n.22) DECRETO LEGISLATIVO 2 febbraio 2001, n. 28 (in G.U. 01/03/2001, n.50) LEGGE 7 marzo 2001, n. 51 (in G.U. 14/03/2001, n.61) LEGGE 16 marzo 2001, n. 88 (in G.U. 03/04/2001, n.78) LEGGE 1 marzo 2002, n. 39 (in SO n.54, relativo alla G.U. 26/03/2002, n.72) LEGGE 1 agosto 2002, n. 166 (in SO n.158, relativo alla G.U. 03/08/2002, n.181) LEGGE 8 luglio 2003, n. 172 (in G.U. 14/07/2003, n.161) DECRETO LEGISLATIVO 26 maggio 2004, n. 153 (in G.U. 23/06/2004, n.145) DECRETO-LEGGE 8 settembre 2004, n. 237 (in G.U. 10/09/2004, n.213), convertito con modificazioni dalla L. 9 novembre 2004, n. 265 (in G.U. 10/11/2004, n. 264 LEGGE 15 dicembre 2004, n. 308 (in SO n.187, relativo alla G.U. 27/12/2004, n.302) DECRETO LEGISLATIVO 24 dicembre 2004, n. 335 (in G.U. 15/02/2005, n.37) Corte costituzionale, con sentenza 23 maggio 2005, n. 199 (in G.U. 01/06/2005 n. 22) DECRETO LEGISLATIVO 9 maggio 2005, n. 96 (GU n. 131 Suppl.Ord. del. 08/06/2005) Avviso di rettifica (in G.U. 10/12/2005, n.287) DECRETO-LEGGE 10 gennaio 2006, n. 2 (in G.U. 11/01/2006, n.8), convertito con modificazioni dalla L. 11 marzo 2006, n. 81 (in SO n.58, relativo alla G.U. 11/03/2006, n. 59) DECRETO LEGISLATIVO 15 marzo 2006, n. 151 (in G.U. 14/04/2006, n.88) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 18 aprile 2006, n. 231 (in G.U. n. 161 del 13 luglio 2006) LEGGE 6 febbraio 2007, n. 13 (in SO n.41, relativo alla G.U. 17/02/2007, n.40) ha disposto (con l'art. 27, comma 1) DECRETO-LEGGE 1 ottobre 2007, n. 159 (in G.U. 02/10/2007, n.229) convertito con modificazioni dalla L. 29 novembre 2007, n. 222 (in SO n. 249, relativo alla G.U. 30/11/2007, n. 279 DECRETO LEGISLATIVO 6 novembre 2007, n. 203 (in SO n.228, relativo alla G.U. DECRETO-LEGGE 31 dicembre 2007, n. 248 (in G.U. 31/12/2007, n.302), convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31 (in S.O. n. 47, relativo alla G.U. 29/2/2008, n. 51 DECRETO-LEGGE 8 aprile 2008, n. 59 (in G.U. 09/04/2008, n.84), convertito con modificazioni dalla L. 6 giugno 2008, n. 101 (in G.U. 07/06/2008, n.132 DECRETO-LEGGE 30 dicembre 2009, n. 194 (in G.U. 30/12/2009, n.302), convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 2010, n. 25 (in SO n.39, relativo alla G.U. 27/02/2010, n. 48 DECRETO-LEGGE 18 ottobre 2012, n. 179 (in SO n.194, relativo alla G.U. 19/10/2012, n.245 convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2012 n. 221 (GU n.294 del 18-12-2012 - SO n. 208) LEGGE 23 settembre 2013, n. 113 (in SO n.68, relativo alla G.U. 09/10/2013, n.237) DECRETO-LEGGE 12 settembre 2014, n. 133 (in G.U. 12/09/2014, n.212), convertito con modificazioni dalla L. 11 novembre 2014, n. 164 (in S.O. n. 85, relativo alla G.U. 11/11/2014, n. 262 DECRETO LEGISLATIVO 29 ottobre 2016, n. 221 (in G.U. 26/11/2016, n.277 LEGGE 1 dicembre 2016, n. 230 (in G.U. 19/12/2016, n.295) DECRETO LEGISLATIVO 19 gennaio 2017, n. 5 (in G.U. 27/01/2017, n.22) DECRETO-LEGGE 16 ottobre 2017, n. 148 (in G.U. 16/10/2017, n.242), convertito con modificazioni dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172 (in G.U. 05/12/2017, n. 284 LEGGE 27 dicembre 2017, n. 205 (in SO n.62, relativo alla G.U. 29/12/2017, n.302) DECRETO LEGISLATIVO 1 marzo 2018, n. 21 (in G.U. 22/03/2018, n.68) DECRETO LEGISLATIVO 18 maggio 2018, n. 61 (in G.U. 06/06/2018, n.129) Testo consolidato 2018
Ed. 2.2 del 05.04.2021 Formato: pdf Pagine: +335 Ed.: 2.2 Pubblicato: 05/04/2021 Autore: Ing. Marco Maccarelli Editore: Certifico s.r.l. Lingue: Italiano ISBN: 978-88-98550-94-4 Abbonati: Sicurezza/2X/3X/4X/Full
Informazione e formazione dei lavoratori addetti antincendio / Decreto 2 Settembre 2021 - Tabella di lettura 2021/2022
ID 14858 | 01.11.2021 / Tabelle di lettura nel documento allegato
[box-warning]Attenzione:
Invitiamo i Gentili Clienti ad effettuare di nuovo il download del Documento delle h. 11.45 (02.11.2021), per adeguamenti testo, aggiustamenti grafici e nota Classificazioni di cui al DM 10 Marzo 1998.[/box-warning]
Il Decreto 2 settembre 2021(Decreto GSA Gestione Sicurezza Antincendio luoghi di lavoro), stabilisce i nuovi criteri per la formazione degli addetti antincendio, in relazione a 3 livelli di attività individuati come:
- Attività di livello 3 - Attività di livello 2 - Attività di livello 1
Il Documento allegato suddivide, per i Livelli di attività 1, 2, 3, i contenuti dei relativi corsi di formazione per i lavoratori incaricati addetti antincendio (allegtob III). Disponibile, inoltre, tabella di confronto tra le attività di Livello 3 e attività per le quali è prevista l’idoneità tecnica VVF (p. 4.1).
Nei luoghi di lavoro ove, ai sensi dell'articolo 2, comma 2 del presente decreto, ricorre l'obbligo della redazione del piano di emergenza connesso con la valutazione dei rischi, i lavoratori devono partecipare ad esercitazioni antincendio con cadenza almeno annuale.
3. Aggiornamento formazione antincendio
Gli addetti al servizio antincendio frequentano specifici corsi di aggiornamento con cadenza almeno quinquennale, secondo quanto previsto nell’allegato III.
4. Organizzazione Corsi
I contenuti minimi dei corsi di formazione e dei corsi di aggiornamento antincendio per addetti al servizio antincendio devono essere correlati al livello di rischio dell’attività così come individuato dal datore di lavoro e sulla base degli indirizzi riportati di seguito.
L’attività di formazione ed aggiornamento, limitatamente alla parte teorica, può utilizzare metodologie di apprendimento innovative, anche in modalità FAD (formazione a distanza) di tipo sincrono e con ricorso a linguaggi multimediali che consentano l’impiego degli strumenti informatici quali canali di divulgazione dei contenuti formativi.
I contenuti previsti nel presente allegato possono essere oggetto di adeguata integrazione in relazione a specifiche situazioni di rischio.
Ai fini dell’organizzazione delle attività formative sono individuati tre gruppi di percorsi formativi in funzione della complessità dell’attività e del livello di rischio. ...
Livelli attività
Attività di livello 3
Attività di livello 2
Attività di livello 1
p. 3.2.2
p. 3.2.3
p. 3.2.4
1. Ricadono in tale fattispecie almeno le seguenti attività:
a) stabilimenti di “soglia inferiore” e di “soglia superiore” come definiti all'articolo 3, comma 1, lettere b) e c) del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105; b) fabbriche e depositi di esplosivi; c) centrali termoelettriche; d) impianti di estrazione di oli minerali e gas combustibili; e) impianti e laboratori nucleari; f) depositi al chiuso di materiali combustibili aventi superficie superiore a 20.000 m2 ; g) attività commerciali ed espositive con superficie aperta al pubblico superiore a 10.000 m2 ; h) aerostazioni, stazioni ferroviarie, stazioni marittime con superficie coperta accessibile al pubblico superiore a 5.000 m2 ; metropolitane in tutto o in parte sotterranee; i) interporti con superficie superiore a 20.000 m2 ; j) alberghi con oltre 200 posti letto; k) strutture sanitarie che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero o residenziale a ciclo continuativo o diurno; case di riposo per anziani; l) scuole di ogni ordine e grado con oltre 1.000 persone presenti; m) uffici con oltre 1.000 persone presenti; n) cantieri temporanei o mobili in sotterraneo per la costruzione, manutenzione e riparazione di gallerie, caverne, pozzi ed opere simili di lunghezza superiore a 50 metri; o) cantieri temporanei o mobili ove si impiegano esplosivi; p) stabilimenti ed impianti che effettuano stoccaggio di rifiuti, ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera aa) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché operazioni di trattamento di rifiuti, ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera s) del medesimo decreto legislativo; sono esclusi i rifiuti inerti come definiti dall’articolo 2, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.
2. I corsi di formazione e i corsi di aggiornamento per gli addetti operanti nelle sopra riportate attività devono essere basati sui contenuti e la durata riportati nei punti 3.2.5 e 3.2.6 per i corsi di tipo 3 (FOR o AGG).
1. Ricadono in tale fattispecie almeno le seguenti attività:
a) i luoghi di lavoro compresi nell'allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, con esclusione delle attività di livello 3; b) i cantieri temporanei e mobili ove si detengono ed impiegano sostanze infiammabili e si fa uso di fiamme libere, esclusi quelli interamente all’aperto.
2. I corsi di formazione e i corsi di aggiornamento per gli addetti operanti nelle sopra riportate attività devono essere basati sui contenuti e la durata riportati nei punti 3.2.5 e 3.2.6 per i corsi di tipo 2 (FOR o AGG).
1. Rientrano in tale categoria di attività quelle non presenti nelle fattispecie indicate ai precedenti punti e dove, in generale, le sostanze presenti e le condizioni di esercizio offrono scarsa possibilità di sviluppo di focolai e ove non sussistono probabilità di propagazione delle fiamme.
2. I corsi di formazione e i corsi di aggiornamento per gli addetti operanti nelle sovrariportate attività devono essere basati sui contenuti e le durate riportati nei punti 3.2.5 e 3.2.6 per i corsi di tipo 1 (FOR o AGG).
...
...
... Tabella di raffronto Attività di Livello 3 / Idoneità tecnica VVF(differenze in rosso)
Attività di livello 3
Idoneità tecnica VVF
p. 3.2.2
p. 4.1
1. Ricadono in tale fattispecie almeno le seguenti attività:
a) stabilimenti di “soglia inferiore” e di “soglia superiore” come definiti all'articolo 3, comma 1, lettere b) e c) del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105; b) fabbriche e depositi di esplosivi; c) centrali termoelettriche; d) impianti di estrazione di oli minerali e gas combustibili; e) impianti e laboratori nucleari; f) depositi al chiuso di materiali combustibili aventi superficie superiore a 20.000 m2; g) attività commerciali ed espositive con superficie aperta al pubblico superiore a 10.000 m2; h) aerostazioni, stazioni ferroviarie, stazioni marittime con superficie coperta accessibile al pubblico superiore a 5.000 m2; metropolitane in tutto o in parte sotterranee; i) interporti con superficie superiore a 20.000 m2; j) alberghi con oltre 200 posti letto; k) strutture sanitarie che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero o residenziale a ciclo continuativo o diurno; case di riposo per anziani; l) scuole di ogni ordine e grado con oltre 1.000 persone presenti; m) uffici con oltre 1.000 persone presenti; n) cantieri temporanei o mobili in sotterraneo per la costruzione, manutenzione e riparazione di gallerie, caverne, pozzi ed opere simili di lunghezza superiore a 50 metri; o) cantieri temporanei o mobili ove si impiegano esplosivi; p) stabilimenti ed impianti che effettuano stoccaggio di rifiuti, ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera aa) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché operazioni di trattamento di rifiuti, ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera s) del medesimo decreto legislativo; sono esclusi i rifiuti inerti come definiti dall’articolo 2, comma 1, lettera e) deldecreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.
1. Si riporta l'elenco dei luoghi di lavoro ove si svolgono attività per le quali, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, è previsto che i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze, conseguano l'attestato di idoneità tecnica di cui all'articolo 3 del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 512:
a) stabilimenti di “soglia inferiore” e di “soglia superiore” come definiti all’articolo 3, comma 1, lettere b) e c) del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105; b) fabbriche e depositi di esplosivi; c) centrali termoelettriche; d) impianti di estrazione di oli minerali e gas combustibili; e) impianti e laboratori nucleari; f) depositi al chiuso di materiali combustibili aventi superficie superiore a 10.000 m2; g) attività commerciali e/o espositive con superficie aperta al pubblico superiore a 5.000 m2; h) aerostazioni, stazioni ferroviarie, stazioni marittime con superficie coperta accessibile al pubblico superiore a 5.000 m2; metropolitane in tutto o in parte sotterranee; i) interporti con superficie superiore a 20.000 m2; j) alberghi con oltre 100 posti letto;campeggi, villaggi turistici e simili con capacità ricettiva superiore a 400 persone; k) strutture sanitarie che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero o residenziale a ciclo continuativo o diurno; case di riposo per anziani; l) scuole di ogni ordine e grado con oltre 300 persone presenti; m) uffici con oltre 500 persone presenti; n) locali di spettacolo e trattenimento con capienza superiore a 100 posti; o) edifici sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, aperti al pubblico, destinati a contenere biblioteche ed archivi, musei, gallerie, esposizioni e mostre con superficie aperta a pubblico superiore a 1.000 m; p) cantieri temporanei o mobili in sotterraneo per la costruzione, manutenzione e riparazione di gallerie, caverne, pozzi ed opere simili di lunghezza superiore a 50 metri; q) cantieri temporanei o mobili ove si impiegano esplosivi; r) stabilimenti ed impianti che effettuano stoccaggio di rifiuti, ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera aa) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché operazioni di trattamento di rifiuti, ai sensi dell’articolo 183, comma 1) del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. (*)
Criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed in emergenza e caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, lettera a), punto 4 e lettera b) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
UNI ISO 23813:2011 Apparecchi di sollevamento - Lista di controllo persona designata e corsi di formazione
ID 544 | Rev. 1.0 del 28.08.2019
Nella Revisione 1.0 del 28.08.2019 è aggiunta l'Appendice B della norma: "Dettagli su esami e valutazioni dei corsi di formazione per la persona designata", il Documento Rev. 1.0 allegato è così suddiviso in 2 parti:
1. Lista di controllo della "persona designata" 2. Contenuti e Programmi del corso di formazione per la "persona designata"
1. Nell'Appendice A della norma UNI ISO 23813:2011 è riportata una lista di controllo per una corretta procedura di controllo, verifica ed esecuzione di operazioni di sollevamento da parte della “persona designata”.
Persona designata Persona competente che abbia il completo controllo dell’azionamento dell’apparecchio di sollevamento e operi per conto della direzione dell’organizzazione che richiede la movimentazione del carico (organizzazione utilizzatrice).
Attitudini e conoscenze richieste Le persone da formare come persone designate devono avere almeno 20 anni di età ed essere state impegnate, per almeno 2 anni, in operazioni di sollevamento con funzione di guida di apparecchi di sollevamento, di imbracatore o di segnalatore. Esse devono saper leggere, scrivere e comprendere la lingua da usare durante il corso di formazione e possedere buon senso, sangue freddo e capacità di guidare altre persone.
Abbiamo proceduto all'elaborazione di tale Lista di controllo per renderla fruibile agli operatori.
2. Nell'Appendice B della norma UNI ISO 23813:2011 sono riportati i Contenuti e Programmi del corso di formazione per la persona designata.
Il documento allegato analizza, in riferimento alla norma UNI 11711:2018, i requisiti relativi all'attività professionale dell'igienista industriale.
[box-warning]La norma è applicabile come regola dell’arte/buona tecnica, per i requisiti e competenze del “personale qualificato”, in riferimento al D.Lgs. 81/08, Titolo VIII - Agenti Fisici Articolo 181 c.2, ai fini della valutazione dei rischi.[/box-warning]
Le valutazioni rischio RUMORE / VIBRAZIONI / EMC / ROA / CHIMICO / AMIANTO / BIOLOGICO del D.Lgs. 81/2008, devono essere svolte da "personale qualificato", i cui requisiti e competenze sono indicati nella norma UNI 11711 "Igienista industriale" (ai sensi dell'EQF).
[panel]UNI 11711 - Igienista industriale - Persona che individua, valuta e verifica ai fini della prevenzione e dell'idonea gestione, i fattori di rischio di natura chimica, fisica e biologica negli ambienti di lavoro e di vita che possono alterare lo stato di salute e di benessere dei lavoratori e della popolazione limitrofa al luogo in esame, nel rispetto dei canoni di etica professionale.
Nota Il termine igienista industriale è sinonimo del termine igienista occupazionale.[/panel]
Capo I Disposizioni generali ... Art. 181. Valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi.
2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici è programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale, da personale qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia. La valutazione dei rischi è aggiornata ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla obsoleta, ovvero, quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione. I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione e calcolo dei livelli di esposizione costituiscono parte integrante del documento di valutazione del rischio.
3. Il datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa quali misure di prevenzione e protezione devono essere adottate. La valutazione dei rischi è riportata sul documento di valutazione di cui all'articolo 28, essa può includere una giustificazione del datore di lavoro secondo cui la natura e l'entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata.[/panel]
La norma UNI 11711:2018 definisce i requisiti relativi all'attività professionale dell'igienista industriale, ossia colui che si assume la responsabilità di individuare, valutare e controllare, ai fini della prevenzione e della eventuale bonifica, dei fattori ambientali di natura chimica, fisica e biologica derivanti dall'attività industriale, presenti all'interno e all'esterno degli ambienti di lavoro che possono alterare lo stato di salute e di benessere dei lavoratori e della popolazione, nel rispetto dei canoni di etica professionale.
Detti requisiti sono specificati, a partire dai compiti e attività specifiche identificati, in termini di conoscenza, abilità e competenza in conformità al Quadro europeo delle qualifiche (European Qualifications Framework - EQF) e sono espressi in maniera tale da agevolare i processi di valutazione e convalida dei risultati dell'apprendimento.
La Raccomandazione 2008/C 111-1del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'Unione Europea del 23 aprile 2008 ha istituito l'European Qualification Framework (EQF), con l'obiettivo “di istituire un quadro di riferimento comune che funga da dispositivo di traduzione tra i diversi sistemi delle qualifiche e i rispettivi livelli, sia per l'istruzione generale e superiore sia per l'istruzione e la formazione professionale”.
Questo è il quadro sinottico di referenziazione delle qualificazioni pubbliche nazionali ai livelli del Quadro europeo delle qualificazioni per l'apprendimento permanente come risulta dall'allegato B all'Accordo CSR n. 252 del 20 Dicembre 2012.
4. Compiti e attività specifiche della figura professionale
[panel]Compiti e attività specifiche della figura professionale
Ai fini della definizione dei compiti e delle attività specifiche della figura professionale, si opera in via preliminare una distinzione in due profili specialistici:
- igienista industriale specializzato nel campo degli agenti chimici e biologici;
- igienista industriale specializzato nel campo degli agenti fisici; a loro volta articolati in tre livelli:
- base (comune ai due profili), - esperto - senior.[/panel]
Per sintesi:
Il presente grafico sintetizza i livelli delle figure professionali con i Prospetti “Compiti e attività” a seguire.
Fig. 2 - Livelli Igienista industriale Esperto agenti chimici / biologici / fisici e Prospetti di Compiti e attività
Prospetto 1 - Compiti e attività dell’igienista industriale base Prospetto 2 - Compiti e attività dell’igienista industriale esperto specializzato nel campo degli agenti chimici e biologici Prospetto 3 - Compiti e attività dell’igienista industriale esperto specializzato nel campo degli agenti fisici Prospetto 4 - Compiti e attività dell’igienista industriale senior specializzato nel campo degli agenti chimici e biologici Prospetto 5 - Compiti e attività dell’igienista industriale senior specializzato nel campo degli agenti fisici
...
Prospetto 1Compiti e attività dell’igienista industriale base (IICB-B - IIF-B)
[...]
6.3 Mantenimento delle competenze
Il mantenimento, l'aggiornamento e l'evoluzione delle competenze per l'igienista industriale devono essere attuati attraverso l'aggiornamento professionale continuo e l'esercizio dell'attività professionale in tema di igiene industriale.
Il mantenimento, l'aggiornamento e l'evoluzione delle competenze per l'igienista industriale devono essere verificati con periodicità almeno triennale con riferimento alla specializzazione e al livello conseguito.
L'aggiornamento professionale deve prevedere un minimo di 24 ore nel triennio tra formazione/addestramento e seminari/workshop accreditati, preferibilmente distribuite nei tre anni.
[panel]I criteri per la verifica del mantenimento delle competenze, con riferimento al triennio oggetto di valutazione, devono prendere in considerazione:
- attività professionale effettuata in tema di igiene industriale; - frequenza di eventi formativi in tema di igiene industriale; - eventuali docenze e/o pubblicazioni scientifiche aventi per oggetto le conoscenze, abilità e competenze riportate ai punti precedenti; - eventuali feedback sull'attività svolta; - eventuale attestazione relativa agli standard qualitativi e di qualificazione professionale per gli igienisti industriali rilasciata da associazioni professionali riconosciute dalla legislazione vigente.[/panel]
UNI CEI TR 11798:2020 | Esempio classificazione ATEX distribuzione GAS naturale
ID 12658 | 27.01.2021 / Documento di esempio
Il rapporto tecnico UNI CEI 11798:2020 fornisce degli esempi di classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione specifici per i settori di trasporto e distribuzione del gas naturale, secondo i principi stabiliti dalla CEI EN 60079-10-1:2016-11.
Descrive inoltre il metodo di classificazione utilizzato, i dati comuni a tutti gli esempi (per esempio caratteristica delle sostanze), i criteri di scelta dei fori di guasto per determinare le portate di emissione in occasione di funzionamento anomalo o guasto nonché le formule di calcolo non ricavabili dalla CEI EN 60079-10-1:2016-11.
Le reti e gli impianti presi in considerazione sono riferiti a pressione nominale da 250 bar a 0,04 bar.
La classificazione dei luoghi con pericolo d’esplosione può riguardare:
[panel]- opere esistenti; - ampliamenti o trasformazioni di opere esistenti; - opere di nuova realizzazione.[/panel]
Il Decreto Legislativo 81/08, obbliga il Datore di Lavoro alla valutazione dei rischi, compresi i rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive. Nella valutazione del rischio il Datore di Lavoro deve divedere in zone le aree in cui si possono formare atmosfere esplosive.
[box-info]UNI CEI 11798:2020 “Infrastrutture del gas - Esempi applicativi per la classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di gas in applicazione della CEI EN 60079-10-1:2016-11”
Data entrata in vigore: 19 novembre 2020[/box-info]
[box-info]CEI EN 60079-10-1:2016-11 “Atmosfere esplosive Parte 10-1: Classificazione dei luoghi - Atmosfere esplosive per la presenza di gas”
Data di entrata in vigore: 01 novembre 2016[/box-info]
[panel]Titolo XI - Protezione da atmosfere esplosive
Capo I Disposizioni generali
Articolo 287 - Campo di applicazione
1. Il presente Titolo prescrive le misure per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive come definite all’articolo 288. 2. Il presente Titolo si applica anche nei lavori in sotterraneo ove è presente un’area con atmosfere esplosive, oppure è prevedibile, sulla base di indagini geologiche, che tale area si possa formare nell’ambiente. 3. Il presente Titolo non si applica:
a) alle aree utilizzate direttamente per le cure mediche dei pazienti, nel corso di esse; b) all’uso di apparecchi a gas di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661(N); c) alla produzione, alla manipolazione, all’uso, allo stoccaggio ed al trasporto di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili; d) alle industrie estrattive a cui si applica il decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624(N); e) all’impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale e aereo per i quali si applicano le pertinenti disposizioni di accordi internazionali tra i quali il Regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), l’Accordo Europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne (ADN), l’Organizzazione per l’Aviazione civile internazionale (ICAO), l’Organizzazione marittima internazionale (IMO), nonché la normativa comunitaria che incorpora i predetti accordi. Il presente Titolo si applica invece ai veicoli destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva. …
Capo II - Obblighi del datore di lavoro
Articolo 289 - Prevenzione e protezione contro le esplosioni
1. Ai fini della prevenzione e della protezione contro le esplosioni, sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali di tutela di cui all’articolo 15, il datore di lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura dell’attività; in particolare il datore di lavoro previene la formazione di atmosfere esplosive. 2. Se la natura dell’attività non consente di prevenire la formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro deve:
a) evitare l’accensione di atmosfere esplosive; b) attenuare gli effetti pregiudizievoli di un’esplosione in modo da garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.
3. Se necessario, le misure di cui ai commi 1 e 2 sono combinate e integrate con altre contro la propagazione delle esplosioni e sono riesaminate periodicamente e, in ogni caso, ogniqualvolta si verifichino cambiamenti rilevanti.
Articolo 290 - Valutazione dei rischi di esplosione
1. Nell’assolvere gli obblighi stabiliti dall’articolo 17, comma 1, il datore di lavoro valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:
a) probabilità e durata della presenza di atmosfere esplosive; b) probabilità che le fonti di accensione, comprese le scariche elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci; c) caratteristiche dell’impianto, sostanze utilizzate, processi e loro possibili interazioni; d) entità degli effetti prevedibili.
2. I rischi di esplosione sono valutati complessivamente. 3. Nella valutazione dei rischi di esplosione vanno presi in considerazione i luoghi che sono o possono essere in collegamento, tramite aperture, con quelli in cui possono formarsi atmosfere esplosive. …
Articolo 293 - Aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive
1. Il datore di lavoro ripartisce in zone, a norma dell’ALLEGATO XLIX, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive. 2. Il datore di lavoro assicura che per le aree di cui al comma 1 siano applicate le prescrizioni minime di cui all’ALLEGATO L. 3. Se necessario, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive in quantità tali da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori sono segnalate nei punti di accesso a norma dell’ALLEGATO LI e provviste di allarmi ottico/acustici che segnalino l’avvio e la fermata dell’impianto, sia durante il normale ciclo sia nell’eventualità di un’emergenza in atto. …
Allegato XLIX
Ripartizione delle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive osservazione preliminare
Il sistema di classificazione che segue si applica alle aree in cui vengono adottati provvedimenti di protezione in applicazione degli articoli 258, 259, 262, 263.
1. Aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive
Un’area in cui può formarsi un’atmosfera esplosiva in quantità tali da richiedere particolari provvedimenti di protezione per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori interessati è considerata area esposta a rischio di esplosione ai sensi del presente titolo. Un’area in cui non è da prevedere il formarsi di un’atmosfera esplosiva in quantità tali da richiedere particolari provvedimenti di protezione è da considerare area non esposta a rischio di esplosione ai sensi del presente titolo. Le sostanze infiammabili e combustibili sono da considerare come sostanze che possono formare un’atmosfera esplosiva a meno che l’esame delle loro caratteristiche non abbia evidenziato che esse, in miscela con l’aria, non sono in grado di propagare autonomamente un’esplosione.
2. Classificazione delle aree a rischio di esplosione
Le aree a rischio di esplosione sono ripartite in zone in base alla frequenza e alla durata della presenza di atmosfere esplosive.
Il livello dei provvedimenti da adottare in conformità dell’ALLEGATO L, parte A, è determinato da tale classificazione.
Zona 0 Area in cui è presente in permanenza o per lunghi periodi o frequentemente un’atmosfera esplosiva consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia.
Zona 1 Area in cui la formazione di un’atmosfera esplosiva, consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapori o nebbia, è probabile che avvenga occasionalmente durante le normali attività.
Zona 2 Area in cui durante le normali attività non è probabile la formazione di un’atmosfera esplosiva consistente in una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia o, qualora si verifichi, sia unicamente di breve durata.
Zona 20 Area in cui è presente in permanenza o per lunghi periodi o frequentemente un’atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile nell’aria.
Zona 21 Area in cui la formazione di un’atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile nell’aria, è probabile che avvenga occasionalmente durante le normali attività.
Zona 22 Area in cui durante le normali attività non è probabile la formazione di un’atmosfera esplosiva sotto forma di nube di polvere combustibile o, qualora si verifichi, sia unicamente di breve durata.
Note: 1. Strati, depositi o cumuli di polvere combustibile sono considerati come qualsiasi altra fonte che possa formare un’atmosfera esplosiva. 2. Per “normali attività” si intende la situazione in cui gli impianti sono utilizzati entro i parametri progettuali. 3. Per la classificazione delle aree o dei luoghi si può fare riferimento alle norme tecniche armonizzate relative ai settori specifici, tra le quali: - EN 60079-10 (CEI 31-30) “Classificazione dei luoghi pericolosi” e successive modificazioni. - EN 61241-10 (CEI 31-66) “Classificazione delle aree dove sono o possono essere presenti polveri combustibili” e successive modificazioni. e le relative guide: - CEI 31-35 e CEI 31-56 “ e per l’analisi dei pericoli, valutazione dei rischi e misure di prevenzione e protezione, alla norma: - EN 1127-1” Atmosfere esplosive. Prevenzione dell’esplosione e protezione contro l’esplosione. Parte 1:Concetti fondamentali e metodologia”.[/panel] _________
Esempio 1 - Impianto di controllo della pressione da 75 a 24 bar in cabina compreso nelle condotte di trasporto del gas naturale
Dati generali e descrizione schematica dell’impianto
L’impianto di controllo della pressione del gas naturale oggetto del presente esempio è realizzato in conformità al DM 17 aprile 2008 e prevede la riduzione e la regolazione della pressione da 75 a 24 bar e la misura della portata del gas in transito.
L’impianto è ubicato in parte in spazio aperto privo di ostacoli o limitazioni alla ventilazione naturale (aree esterne) ed in parte in locali chiusi (cabina), come di seguito specificato.
L’impianto è rappresentato schematicamente nella figura seguente ed è costituito da:
[panel]a) locale controllo e misura; b) locale strumentazione; c) locale caldaia; d) aree esterne[/panel]
1 Giunto isolante monoblocco 2 Valvola di intercettazione 3 Filtro 4 Valvola di spurgo filtri 5 Terminale di spurgo filtri 6 Preriscaldatore (scambiatore di calore) 7 Regolatore di pressione di emergenza con blocco (monitor) 8 Regolatore di pressione di esercizio (riduttore) 9 Contatore 10 Valvola di scarico PSV1 11 Valvola di sfioro PSV2 12 Valvola di sfioro PSV3 13 Scarico convogliato delle valvole PSV1 e PSV2 14 Scarico convogliato della valvola PSV3 15 Caldaia per produzione acqua calda di preriscaldo A Ingresso B Uscita C Ambiente chiuso _________Parte di impianto a 75 bar (sezione a 75 bar) _________Parte di impianto a 24 bar (sezione a 24 bar) _________ Parte di impianto a 20 mbar (sezione a 20 mbar) _________ Circuito acqua calda di preriscaldo
Fig. 1 - Schema semplificato di un generico impianto di controllo della pressione e misura del gas naturale
Per la classificazione delle aree, oltre a quanto previsto nella Parte Generale, si assumono le condizioni di seguito riportate:
[panel]- non è previsto l’impianto di odorizzazione perché il gas non è immediatamente impiegato per uso domestico e similare; - gli sfiati di gas previsti nel funzionamento normale o in situazioni di aumento eccessivo della pressione regolata (es. intervento del dispositivo di scarico all’atmosfera), sono tutti convogliati all’esterno dei locali; - le guarnizioni delle flange di accoppiamento dell’impianto di controllo sono di tipo spirometallico o metalloplastiche; - gli spurghi dei filtri vengono eseguiti solo con valvole manuali in occasione degli interventi periodici di sorveglianza; le impurità raccolte vengono rimosse dall’impianto e smaltite secondo la regolamentazione vigente; - l’impianto non è ordinariamente soggetto a vibrazioni e corrosioni.[/panel]
_________
SR03 Sfiato del dispositivo di scarico all’atmosfera dell’impianto PSV1 (vedi n. 10 sullo schema)
Emissioni continue
Tutte le emissioni continue dai terminali di sfiato delle valvole sono considerate rappresentate dall’emissione dal dispositivo di scarico PSV1 con pressione di esercizio di 24 bar in quanto le altre valvole di sfiato del preriscaldo sono di diametro inferiore ed intervengono ad una pressione massima di 3 bar.
Le tenute delle valvole di sicurezza e i dispositivi di scarico all’atmosfera possono essere classificate con riferimento alla CEI EN 60534-4, che alla tabella 3 ne definisce le classi di tenuta.
Le valvole di sfiato del preriscaldo (PSV 2 e PSV3) sono con sede a tenuta morbida (classe VI), mentre il dispositivo di scarico PSV1 è con sede a tenuta metallica (classe IV).
In accordo alla normativa sopra riportata, la valvola PSV1 può avere un trafilamento strutturale pari a 0,01% della capacità di sfioro.
Tab. 9 - Caratteristiche della SR03 con grado continuo
Portata di emissione Wg della SR03 di grado continuo
Per determinare la portata di emissione Wg, è necessario stabilire il regime di efflusso dell’emissione, verificando che la pressione del gas all’interno del sistema di contenimento sia superiore o meno a quella indicata nella Formula [B.2] della CEI EN 60079-10-1:2016-11.
ossia
Risultando verificata la condizione di cui sopra, l’efflusso avviene in regime sonico e, pertanto, la portata di emissione Wg si determina applicando la formula [B.4] della CEI EN 60079-10-1:2016-11.
___________
Valutazione del grado di diluizione della SR03 di primo grado
Il grado di diluizione può essere considerato ALTO in quanto il volume infiammabile è inferiore a 0,1 m3 come rilevato sulla figura C.1 della CEI EN 60079-10-1:2016-11, sotto riportata.
Legenda
X Caratteristica di emissione Wg/(ρg x k x LFL) (m3/s) Y Velocità dell’aria di ventilazione Uw (m/s) A Diluizione alta B Diluizione media C Diluizione bassa
Fig. 6 - Grado di diluizione della SR03 di primo grado
...
Segue in allegato (Documento di esempio)
Fonti CEI EN 60079-10-1:2016-11 UNI CEI TR 11798:2020
Modello PARE: Programma Aziendale di Riduzione dell’Esposizione (PARE) al rumore / Conforme UNI 11347:2015
ID 14541 | 15.09.2021 / Documento e Modello PARE allegato
Il PARE (Programma Aziendale di Riduzione dell’Esposizione al rumore) deve essere elaborato ed adottato da un'azienda per il rischio rumore ai sensi dell'Art. 190 c. 2 dal D.Lgs. 81/2008nel caso in cui sono superati i valori di azione superiore.
Il PARE riporta gli interventi tecnici e organizzativi che possono essere adottati dall’azienda per ridurre l’esposizione al rischio nelle aziende con rumorosità superiore ai valori previsti dalla legislazione vigente nonché identificare le aree di lavoro a maggior rumorosità al fine della loro delimitazione, segnalazione e restrizione all’accesso.
La norma UNI 11347:2015 Acustica - Programmi aziendali di riduzione dell'esposizione a rumore nei luoghi di lavoro, è il riferimento di buona tecnica per l'elaborazione del PARE
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 182, il datore di lavoro elimina i rischi alla fonte o li riduce al minimo mediante le seguenti misure:
a) adozione di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione al rumore; b) scelta di attrezzature di lavoro adeguate, tenuto conto del lavoro da svolgere, che emettano il minor rumore possibile, inclusa l'eventualità di rendere disponibili ai lavoratori attrezzature di lavoro conformi ai requisiti di cui al titolo III, il cui obiettivo o effetto è di limitare l'esposizione al rumore; c) progettazione della struttura dei luoghi e dei posti di lavoro; d) adeguata informazione e formazione sull'uso corretto delle attrezzature di lavoro in modo da ridurre al minimo la loro esposizione al rumore; e) adozione di misure tecniche per il contenimento: 1) del rumore trasmesso per via aerea, quali schermature, involucri o rivestimenti realizzati con materiali fonoassorbenti; 2) del rumore strutturale, quali sistemi di smorzamento o di isolamento;
f) opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del luogo di lavoro e dei sistemi sul posto di lavoro; g) riduzione del rumore mediante una migliore organizzazione del lavoro attraverso la limitazione della durata e dell'intensità dell'esposizione e l'adozione di orari di lavoro appropriati, con sufficienti periodi di riposo.
2. Se a seguito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 190 risulta che i valori superiori di azione sono superati, il datore di lavoro elabora ed applica un programma di misure tecniche e organizzative volte a ridurre l'esposizione al rumore, considerando in particolare le misure di cui al comma 1.
3. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti ad un rumore al di sopra dei valori superiori di azione sono indicati da appositi segnali. Dette aree sono inoltre delimitate e l'accesso alle stesse è limitato, ove ciò sia tecnicamente possibile e giustificato dal rischio di esposizione.
4. Nel caso in cui, data la natura dell'attività, il lavoratore benefici dell'utilizzo di locali di riposo messi a disposizione dal datore di lavoro, il rumore in questi locali è ridotto a un livello compatibile con il loro scopo e le loro condizioni di utilizzo. ...[/box-note]
(*) LEX = 80 dB(A) e ppeak = 112 Pa e di 135 dB(C) di Lpicco,C. (**)LEX = 85 dB(A) e ppeak 140 Pa e d 137 dB(C) di Lpicco,C.
Fig. 1 - Schema Valutazione esposizione dei lavoratori al rumore / Valori di azione
a) valori limite di esposizione rispettivamente LEX = 87 dB(A) e ppeak = 200 Pa (140 dB(C) riferito a 20 \muPa);
b) valori superiori di azione: rispettivamente LEX = 85 dB(A) e ppeak = 140 Pa (137 dB(C) riferito a 20 \muPa);
c) valori inferiori di azione: rispettivamente LEX = 80 dB(A) e ppeak = 112 Pa (135 dB(C) riferito a 20 \muPa).
2. Laddove a causa delle caratteristiche intrinseche dell’attività lavorativa l'esposizione giornaliera al rumore varia significativamente, da una giornata di lavoro all'altra, è possibile sostituire, ai fini dell'applicazione dei valori limite di esposizione e dei valori di azione, il livello di esposizione giornaliera al rumore con il livello di esposizione settimanale a condizione che:
a) il livello di esposizione settimanale al rumore, come dimostrato da un controllo idoneo, non ecceda il valore limite di esposizione di 87 dB(A);
b) siano adottate le adeguate misure per ridurre al minimo i rischi associati a tali attività.
3. Nel caso di variabilità del livello di esposizione settimanale va considerato il livello settimanale massimo ricorrente.[/box-note]
[box-info]UNI 11347:2015
Acustica - Programmi aziendali di riduzione dell'esposizione a rumore nei luoghi di lavoro[/box-info]
Estratto
UNI 11347:2015
La norma specifica come indicare gli interventi tecnici e organizzativi che vengono adottati dall’azienda per ridurre l’esposizione al rumore nei luoghi di lavoro nonché come identificare le aree di lavoro a maggior rischio al fine della loro delimitazione/segnalazione/restrizione all’accesso, così come richiesto dalla legislazione vigente, attraverso la redazione di un programma aziendale di riduzione dell’esposizione (PARE) al rumore.
La legislazione italiana in materia di prevenzione e protezione dai rischi da rumore si basa ormai da alcuni anni sul recepimento della Direttiva 2003/10/CE. Tra gli adempimenti più significativi presenti nella legislazione vigente (1) vi è indubbiamente quello di aver previsto l’obbligo per le aziende con livelli di esposizione al rumore elevati di elaborare ed applicare un "programma di misure tecniche e organizzative" volte a ridurre l'esposizione al rumore dei lavoratori.
Alla luce dell’insieme dei contenuti della legislazione vigente (1), la valutazione del rischio rumore negli ambienti di lavoro è quindi una attività che prevede misurazioni con le seguenti finalità:
a) definire i LAeq per calcolare il valore di esposizione personale LEX ed i valori di Lpicco,C in dB(C) da cui discendono le misure di prevenzione per la salute degli esposti, nonché stabilire se i dispositivi di protezione auricolare in uso danno luogo ad una attenuazione corretta;
b) indicare gli interventi tecnici e organizzativi che possono essere adottati dall’azienda per ridurre l’esposizione al rischio nelle aziende con rumorosità superiore ai valori previsti dalla legislazione vigente (2) nonché identificare le aree di lavoro a maggior rumorosità (3) al fine della loro delimitazione, segnalazione e restrizione all’accesso.
Mentre la UNI 9432 affronta quanto riportato in a), la presente norma definisce un modello di programmi aziendali di riduzione dell’esposizione a rumore nei luoghi di lavoro evidenziandone contestualmente il livello di dettaglio, allo scopo di fornire uno strumento di orientamento in una realtà che al momento propone le soluzioni più differenziate.
1) Alla data di pubblicazione della presente presente norma è in vigore il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 "Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro" così come integrato e modificato dal Decreto Legislativo 3 agosto 2009, n. 106. 2) Attualmente per livelli maggiori di 85 dB(A) di LEX e 137 dB(C) di L picco,C 3) Attualmente per livelli maggiori di 85 dB(A) di LAeq e di 137 dB(C) di Lpicco,C
Ai fini della presente norma le modalità di riduzione dell’esposizione sono suddivise in due categorie: interventi tecnici ed interventi organizzativi.
Sono esempi di interventi tecnici: - la separazione delle attività rumorose da quelle non rumorose, come definita nel punto 3.10; - la riduzione del rumore alla sorgente, mediante sostituzione delle attrezzature di lavoro con altre meno rumorose; - l’identificazione di soluzioni tecnologiche alternative o migliorative della corrente modalità produttiva che risultino accreditate da rilievi acustici sperimentali nelle condizioni effettive di utilizzo, da norme tecniche o da bibliografia tecnica autorevole; - la riduzione del rumore alla sorgente mediante regolazione dei parametri o delle modalità di funzionamento delle apparecchiature al fine di minimizzarne il rumore emesso (per esempio, adozione di sistemi per la riduzione al minimo delle altezze di caduta dei pezzi in lavorazione o degli scarti); - l’adozione di sistemi antivibranti per la riduzione del rumore trasmesso per via solida; - la riduzione del rumore alla sorgente mediante insonorizzazione (silenziatori, cappottature) delle macchine/apparecchiature rumorose;
- la riduzione del rumore diffuso lontano dalla sorgente tramite schermi acustici, pannelli insonorizzanti, materiali con maggior coefficiente d’assorbimento, modifica del ciclo produttivo aziendale o altri accorgimenti mirati a diminuire il riverbero dell’ambiente;
- la creazione di zone di permanenza dei lavoratori isolate dal rumore (cabine di riposo acustico).
Sono esempi di interventi organizzativi: - la modifica della distribuzione delle postazioni di lavoro o la ristrutturazione del ciclo produttivo, al fine di evitare la presenza concomitante di più attività rumorose in spazi ristretti; - la corretta manutenzione per il mantenimento del rumore emesso dalla macchina ai livelli originariamente previsti dal fabbricante; - l’adozione di procedure per la turnazione del personale addetto alle lavorazioni rumorose, al fine di minimizzare il tempo di esposizione pro-capite; - l’adozione di apposita segnaletica di sicurezza, perimetrazione e limitazione all’accesso per i non addetti ai lavori nelle aree con livelli superiori a quelli indicati dalla legislazione; - l’informazione e la formazione dei lavoratori al fine di utilizzare le apparecchiature, i metodi e le procedure di lavoro in modo da rendere minima l’esposizione al rumore.
Mentre per gli interventi tecnici è generalmente necessario affidarsi ad una competenza specifica in acustica e/o sicurezza sul lavoro, per gli interventi organizzativi ciò non è generalmente richiesto.
Il PARE
Il PARE deve almeno considerare le azioni per la riduzione dell’esposizione al rumore per tutte quelle situazioni che finiscono col determinare il superamento dei valori previsti dalla legislazione vigente 4). Per ciascuna situazione ritenuta di interesse il datore di lavoro indica gli interventi tecnici e organizzativi che, tra quelli concretamente attuabili, sono effettivamente realizzati. L’obiettivo acustico degli interventi deve essere, dove tecnicamente possibile, fissato in accordo con le indicazioni tecniche contenute nelle norme serie UNI EN ISO 11690, considerando: - l’effettiva disponibilità di attrezzature, macchine e tecnologie alternative; - i guadagni generalmente ottenibili dal tipo di tecnica di bonifica adottata (vedi norma appendice B).
Nell’identificazione delle modalità di riduzione del rischio devono essere considerati innanzitutto gli interventi che riducono il rumore alla sorgente, quindi quelli che lo riducono lungo il percorso di propagazione, infine quelli che agiscono direttamente sul posto di lavoro.
La progettazione dell’intervento deve essere tale da evitare ulteriori rischi come quelli per la sicurezza (per esempio, rischio incendio) e per la salute (per esempio, minor ricambio d’aria) verso i lavoratori o problemi igienico-sanitari verso il prodotto (per esempio, nel settore alimentare o farmaceutico) ovvero maggiori rischi verso i recettori esterni.
Deve essere curata l’interazione che può esserci tra l’intervento proposto e il processo produttivo dell’azienda e osservate le specifiche procedure di smaltimento all’atto della dismissione dell’intervento.
Fermo restando l’obiettivo di ridurre il rumore ai livelli minimi possibili, in conformità con la UNI EN ISO 11690-1 gli obiettivi in termini di LAeq che si consigliano sono: - per gli ambienti industriali, da 75 dB(A) a 80 dB(A); - per gli uffici, da 45 dB(A) a 55 dB(A).
Ogni misura di riduzione dell’esposizione a rumore dei lavoratori inserita nel PARE deve essere riportata sotto forma cartacea o su supporto informatico, in maniera chiara e leggibile, con un livello di dettaglio che permetta di identificare con certezza le apparecchiature, gli ambienti ed i lavoratori oggetto dell’intervento.
4) Con la legislazione attuale andranno pertanto esaminate le sorgenti, le attività ed i luoghi di lavoro con LAeq maggiore di 85 dB(A) e con Lpicco,C maggiore di 137 dB(C).
Partendo dalle risultanze della valutazione del rischio rumore e delle caratteristiche specifiche dell’azienda e dei suoi processi produttivi, il personale qualificato ed il datore di lavoro, ognuno secondo le proprie competenze e responsabilità, effettuano una prima ricerca dei possibili interventi, ne verificano la fattibilità eventualmente integrando leconoscenze già in loro possesso con altri dati o misurazioni, stimano i risultati raggiungibili e scelgono infine gli interventi più idonei.
Al di là degli obblighi legislativi nel processo operativo si deve tener conto anche del parere dei responsabili di produzione, della sicurezza e dei lavoratori interessati.
In figura 1 è riportato uno schema di flusso che illustra, in forma grafica, il processo operativo appropriato.
Figura 1 - Schema di flusso del processo operativo
4.3.2 Interventi tecnici
Sulla base delle informazioni disponibili, degli input aziendali e dei vincoli presenti, si possono individuare gli interventi attuabili secondo lo schema riportato nel prospetto 1.
prospetto 1 Schema di possibili interventi tecnici ...
Un primo orientamento sulla tipologia degli interventi tecnici da adottare può essere effettuata sulla base dei contenuti dell’appendice A (Vedi norma).
4.3.2.1 Informazioni minime Prima di procedere con la pianificazione dell’intervento di riduzione dell’esposizione a rumore, devono essere acquisite tutte le informazioni necessarie per scegliere il tipo di intervento da attuare e per valutarne i risultati ottenuti. Tali informazioni relativamente agli interventi di carattere tecnico sono elencate nel prospetto 2. Queste informazioni possono essere generalmente dedotte dalla lettura della relazione tecnica per la definizione dei livelli di esposizione personale al rumore redatta in conformità alla UNI 9432, dai dati acustici forniti dal fabbricante delle macchine, impianti, attrezzature di lavoro, da ulteriori misurazioni effettuate in maniera specifica, dai risultati delle simulazioni effettuate con specifici software.
prospetto 2 Informazioni minime per l’individuazione della tipologia dell’intervento tecnico
...
I dati acustici richiesti nel prospetto 2 si devono intendere per macchine già installate.
Nel caso di introduzione di una nuova macchina in un ambiente di lavoro o della creazione di un nuovo ambiente di lavoro, qualora sia previsto che la macchina nelle normali condizioni di funzionamento produca nel suo intorno un livello sonoro maggiore di 70 dB(A), devono essere disponibili almeno i seguenti dati rilevati nelle condizioni di effettivo utilizzo della stessa: - livello sonoro continuo equivalente ponderato A, LAeq,T misurato in postazione operatore e, se disponibili, in più postazioni attorno alla macchina; - potenza sonora [per livelli di pressione sonora in postazione operatore maggiori di 80 dB(A)] indicando la norma di riferimento e le condizioni operative di prova.
Nota Le suddette informazioni acustiche sono fornite dal fabbricante per le macchine conformi alla Direttiva 2006/42/CE.
4.3.2.2 Stima dei risultati ottenibili
Una stima dei risultati ottenibili dagli interventi di tipo tecnico è riportata nell’appendice B (Vedi norma).
4.3.2.3 Rapporto costo-benefici Ferma restando l’esigenza di ottenere l’obiettivo acustico, quando esiste un ventaglio di soluzioni alternative la scelta della soluzione ottimale può tener conto del rapporto costo/benefici. Un ordine di grandezza sui rapporti tra i costi delle diverse tipologie di intervento tecnico è presentato nei prospetti dell’appendice B (Vedi norma). Per calcolare il rapporto costo/benefici, η, in euro al decibel, si applica la formula:
dove: c è il costo dell’opera (che comprende tutte le voci di spesa, compresa la messa in opera, il collaudo, la manutenzione); ΔdBi è l’attenuazione in dB che l’intervento assicura ad un gruppo i-esimo di lavoratori; ni è il numero di lavoratori del gruppo i-esimo; N è il numero di gruppi di lavoratori che ottengono un beneficio acustico.
La soluzione ottimale è quella cui corrisponde il valore minimo di η.
4.3.3 Interventi organizzativi Per l’individuazione e l’adozione di interventi di tipo organizzativo non è generalmente richiesto il possesso di specifiche competenze acustiche. Tuttavia, quando occorre provvedere a misurazioni strumentali (per esempio, per identificare le aree di lavoro a maggior rischio) queste devono essere effettuate da personale qualificato.
L’identificazione delle aree nelle quali si verificano i superamenti dei valori previsti dalla legislazione, ove appropriato (per esempio, nel caso di sorgenti fisse), può essere effettuata mediante misurazioni in punti predeterminati secondo un reticolo geometrico con interassi adeguati, indicativamente tra 3 m e 10 m.
I risultati si riportano su mappe di rumore con curve di isolivello che delimitano le aree con LAeq maggiori di 85 dB(A) o Lpicco,C maggiori di 137 dB(C). Se il superamento dei valori che impongono l’obbligo della segnaletica si verifica solo in prossimità delle macchine e nel caso di sorgenti non fisse si provvede a indicare, mediante la segnaletica di sicurezza di cui alla UNI 7545-22, le sole macchine.
Se il superamento dei valori si verifica invece su aree estese si deve segnalare l’ingresso dell’area (per esempio, mediante il ricorso alla segnaletica di cui alla UNI 7545-22) e a limitare l’accesso al solo personale strettamente necessario ai fini del processo lavorativo.
Altro tipico esempio di intervento organizzativo è la turnazione dei lavoratori presso le postazioni rumorose, da effettuarsi diminuendo le ore di esposizione giornaliere pro capite, oppure alternando le giornate di lavoro che espongono maggiormente al rumore.
Per la loro variabilità e difficile catalogazione, l’efficienza e il rapporto costo benefici degli interventi di tipo organizzativo non sono schematizzabili. Il datore di lavoro, con l’eventuale collaborazione del personale qualificato, è quindi tenuto alla loro valutazione caso per caso.
4.4 Formato del PARE e delle schede riassuntive dei singoli interventi
4.4.1 Generalità
Il PARE racchiude in un unico documento di sintesi le misure di riduzione dell’esposizione a rumore che il datore di lavoro intende mettere in atto per ridurre al minimo il livello di rischio.
Senza arrivare al dettaglio esecutivo del singolo intervento, il PARE deve individuare con esattezza almeno i macchinari, gli ambienti e/o i lavoratori destinatari dell’intervento, il beneficio atteso, la tempistica di realizzazione e il responsabile aziendale dell’attuazione della misura.
Ogni intervento di riduzione dell’esposizione a rumore deve, per quanto possibile, quantificare i valori attesi per la riduzione della rumorosità della sorgente in termini di livello equivalente (LAeq) o dell’esposizione personale (LEX) dei lavoratori interessati dall’intervento ovvero del Lpicco,C; se l’intervento riguarda le caratteristiche acustiche dell’ambiente di lavoro, devono essere invece quantificati i valori finali dei parametri caratterizzanti l’ambiente, per esempio il tempo di riverberazione.
Se vi sono dei parametri di funzionamento delle apparecchiature o dei fattori esterni che possono influenzare il valore di tale riduzione, questi devono essere riportati nella scheda descrittiva dell’intervento.
Deve essere specificato il metodo di controllo che permette, una volta attuato l’intervento di riduzione dell’esposizione a rumore, di valutare oggettivamente il raggiungimento degli obiettivi fissati in fase di progetto, sia per quanto riguarda la riduzione dell’esposizione sia per i parametri acustici dell’ambiente di lavoro; pertanto, è opportuno che i descrittori utilizzati siano misurati o valutati secondo la stessa norma tecnica di riferimento sia nella fase prima sia in quella dopo l’intervento.
A completamento della misura di riduzione dell’esposizione a rumore, nella scheda descrittiva deve essere indicato se è necessario prevedere anche un intervento formativo destinato ai lavoratori per illustrare le novità introdotte nelle procedure, nelle apparecchiature, nelle operazioni di manutenzione, nei locali di lavoro ecc.
4.4.2 Struttura del PARE Il PARE deve contenere almeno: - un’intestazione (punto 4.4.2.1), Questa informazione può essere omesse qualora il PARE sia contenuto nel documento di valutazione dei rischi; - schede di sintesi delle situazioni a rischio (punto 4.4.2.2); - un prospetto riassuntivo degli interventi programmati (punto 4.4.2.3); - una scheda illustrativa dei singoli interventi riportati nel sopracitato prospetto riassuntivo (punto 4.4.2.4).
4.4.2.1 Intestazione L’intestazione deve contenere le seguenti informazioni: - ragione sociale dell’azienda; - denominazione ed indirizzo dell’unità produttiva per la quale è stato redatto il PARE; - un numero di versione progressivo del PARE o del suo aggiornamento; - data di stesura del PARE o del suo aggiornamento.
Nota Qualora il PARE sia gestito come allegato del documento di valutazione dei rischi, le prime due informazioni possono essere omesse in quanto contenute nella parte generale del sopracitato documento.
4.4.2.2 Schede di sintesi delle situazioni a rischio Le informazioni sulle situazioni espositive e sulle sorgenti che devono essere riportate nelle schede di sintesi delle situazioni a rischio, nella maggior parte dei casi sono reperibili nella relazione tecnica effettuata per il calcolo del livello di esposizione dei lavoratori in conformità alla UNI 9432. Qualora tale relazione tecnica non le espliciti devono essere riportate e allo scopo si propone il formato del prospetto 3.
prospetto 3 Esempio di formato delle schede di sintesi delle situazioni a rischio
4.4.2.3 Prospetto riassuntivo degli interventi programmati Il prospetto riassuntivo degli interventi programmati deve contenere almeno i seguenti campi:
4.4.2.3.1 "progressivo scheda", è un numero o un identificativo alfanumerico che individua univocamente una delle successive schede dei singoli interventi;
4.4.2.3.2 "tipologia intervento", è una descrizione sintetica del tipo di soluzione che si intende implementare (per esempio, sostituzione macchinario rumoroso, trattamento fonoassorbente del soffitto, creazione cabina isolante). Le soluzioni più comuni sono riportate nell’appendice A, ma può essere inserita anche una soluzione non riportata nella presente presente norma; 4.4.2.3.3 "macchina, reparto o mansione", è una descrizione sintetica di chi o cosa è interessato dalla soluzione che si intende implementare (per esempio, nel caso di sostituzione di un macchinario rumoroso viene individuato il macchinario da sostituire; per un trattamento fonoassorbente viene indicato l’ambiente che si intende trattare; per la creazione di una cabina isolante sono descritti i lavoratori o le mansioni che ne fruiranno); 4.4.2.3.4 "descrittore acustico", riporta tramite il valore numerico di un parametro (generalmente: LAeq/ RT/ DL2 / LEX/ Lpicco,C) opportunamente scelto la situazione prima dell’intervento e quella che si prevede di ottenere dopo l’intervento. La scelta del parametro è legata alla soluzione che si intende implementare (per esempio, nel caso di sostituzione macchinario rumoroso, può essere indicata la potenza sonora emessa, o il LAeq in una determinata posizione (generalmente: la posizione operatore); per un trattamento fonoassorbente, può essere indicato il tempo di riverberazione o l’indice DL2 dell’ambiente che verrà trattato; per la creazione di una cabina isolante, può essere indicato il LEX dei lavoratori o delle mansioni che ne fruiranno); 4.4.2.3.5 "data inizio e data fine", indica la data prevista per l’inizio dell’intervento e la data prevista di completamento dello stesso, ovvero la data in cui sarà possibile verificare il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell’esposizione; 4.4.2.3.6 "responsabile della procedura", riporta la funzione responsabile, tra quelle presenti nell’organigramma aziendale con relativo nominativo che coordina ed ha la responsabilità di far attuare nei tempi e nei modi previsti l’intervento di riduzione del rumore. 4.4.2.4 Schede illustrative dei singoli interventi Compito delle schede illustrative dei singoli interventi è quello di descrivere sinteticamente ed univocamente il singolo intervento di riduzione dell’esposizione a rumore. Accanto alle sintetiche informazioni tecniche sulla natura dell’intervento la scheda ne descrive la procedura di controllo dell’efficienza ed il programma di informazione e formazione dei lavoratori per rendere effettivo il risultato di riduzione dell’esposizione ottenuto. In particolare, nella sezione delle schede illustrative dei singoli interventi dedicata al programma di informazione/addestramento/formazione dei lavoratori deve essere riportato come procedere, al termine o durante l’intervento, per informare/addestrare/formare i lavoratori interessati sulle novità introdotte, sulle nuove modalità di lavoro e/o di manutenzione, sul corretto utilizzo delle apparecchiature ecc., al fine di mantenere nel tempo l’efficacia dell’intervento. Devono essere quindi individuati i lavoratori, le caratteristiche della informazione/addestramento/formazione (supporti utilizzati, durata, …) e la tempistica di attuazione.
Nel prospetto 4 è riportato il formato proposto per raccogliere le informazioni di ogni singolo intervento indicato nel prospetto riassuntivo.
prospetto 4 Esempio di formato delle schede illustrative dei singoli interventi
4.4.3 Tempi di attuazione delle misure preventive Di ogni misura di riduzione del rischio rumore identificata deve essere definita la tempistica di ultimazione.
L’indicazione dei tempi di attuazione delle misure di riduzione delle esposizioni a rumore deve basarsi in primo luogo sui tempi tecnici per la disponibilità oggettiva della misura in azienda, ma può essere definita considerando in maniera integrata i seguenti elementi: - gravità (livello) del rischio presente e numero di esposti; - complessità della messa in esercizio della misura (opere accessorie, tempi di fermo produzione …) anche in relazione ai piani di lavoro aziendali (per esempio, ferie); - costo di realizzazione dell’intervento in rapporto al bilancio dell’azienda; - prescrizioni e/o esigenze autorizzative di autorità esterne.
4.5 Gestione dell’attuazione del PARE La legislazione vigente prevede che per ogni misura identificata si provveda a definire il ruolo dell’organizzazione aziendale che vi deve provvedere; ruoli ai quali devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri. Nel PARE si deve quindi indicare la funzione aziendale, deputata a garantirne la realizzazione di ciascun intervento con relativi nominativi e procedure. ... segue in allegato
Valutazione rischio MMC ripetitivi ISO 11228-3 OCRA | Dettagliata
ID 8462 | 28.05.2019
Documento sulla Valutazione del rischio di movimento dei carichi (ripetitivi) Valutazione dettagliata del rischio, che “deve” essere effettuata in accordo con la norma ISO 11228-3 in quanto norma di cui all’All. XXXIII del D.Lgs. 81/2008, da considerarsi tra quelle previste dall’Art. 168 c. 3 come criteri di riferimento per gli obblighi del DL per il rischio MMC.
In questo secondo documento, è illustrata la Procedura di Valutazione dettagliata del rischio MMC, da utilizzare nel caso di "non accettabilità" della Valutazione semplice, in accordo con la norma UNI ISO 11228-3 (Valutazione dettagliata UNI ISO 11228-3 Appendice C)
Il presente documento (di 61 pagine) risulta essere così strutturato:
Premessa 1. Indice OCRA 1.1 Fase 1 1.2 Fase 2 1.2.1 Formula generale 1.2.2 Determinazione dell’RTA 1.2.3 Determinazione del moltiplicatore per la forma FM 1.2.4 Determinazione del moltiplicatore per la postura (e per i movimenti), PM 1.2.5 Determinazione del moltiplicatore per la ripetitività, ReM 1.2.6 Determinazione del moltiplicatore per i fattori complementari, AM 1.2.7 Determinazione del numero di riferimento parziale, nRPA 1.2.7.1 Analisi monocompito 1.2.7.2 Analisi multicompito 1.2.8 Determinazione del moltiplicatore per il periodo di recupero, RcM 1.2.9 Determinazione del moltiplicatore per la durata, tM 1.3 Fase 3 2. Identificazione delle azioni tecniche 2.1 Esempi di identificazione e conteggio 2.1.1 Esempio 1 - Prendere e posizionare 2.1.2 Esempio 2 - Prendere e posizionare con trasferimento dalla mano sinistra alla destra e controllo visivo. 2.1.3 Esempio 3 – Prelievo, trasporto e posizionamento del carico 2.1.4 Esempio 4 – Uso ciclico di un utensile con azioni identiche e ripetute 2.1.5 Esempio 5 - Azioni tecniche non eseguite in ogni ciclo 3. Determinazione dei livelli di forza 3.1 Procedura 1 - Approccio biomeccanico basato sulle distribuzioni delle capacita di forza del gruppo 3.2 Procedura 2 – Approccio psicofisico usando la scala di Borg CR-10 4. Analisi della postura, dei tipi di movimento e della loro ripetitività 5. Definizione e quantificazione dei fattori di rischio complementari 6. Associazione dell'indice OCRA con gli UL-WMSD -Classificazione dei risultati e dei modelli di previsione 7. Esempi di applicazione dell’analisi OCRA e riduzione del rischio conseguente 7.1 Esempio 1 a 7.2 Esempio 1 b - Riduzione del rischio ottimizzando la distribuzione delle pause 7.3 Esempio 1 c - Riduzione del rischio migliorando le posture 7.4 Esempio 2 a - Analisi del compito 7.5 Esempio 2 b - Aumento della durata del ciclo considerando l'esempio 2 a 7.6 Esempio 2 c - Riduzione delle azioni tecniche a partire dall’esempio 2 a Fonti
[box-info]D.Lgs. 81/2008 … Art. 168. Obblighi del datore di lavoro … 3. Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento per le finalità del presente articolo e dell'allegato XXXIII, ove applicabili. Negli altri casi si può fare riferimento alle buone prassi e alle linee guida.
ALLEGATO XXXIII MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI … RIFERIMENTI A NORME TECNICHE Le norme tecniche della serie ISO 11228 (parti 1-2-3) relative alle attività di movimentazione manuale (sollevamento, trasporto, traino, spinta, movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza) sono da considerarsi tra quelle previste all'articolo 168, comma 3. ...[/box-info]
UNI ISO 11228-3:2009 Ergonomia - Movimentazione manuale Parte 3: Movimentazione di bassi carichi ad alta frequenza
La norma stabilisce le raccomandazioni ergonomiche per compiti lavorativi ripetitivi che implicano la movimentazione manuale di bassi carichi ad alta frequenza. La norma fornisce una guida sull'identificazione e valutazione dei fattori di rischio comunemente associati alla movimentazione di bassi carichi ad alta frequenza, consentendo di conseguenza la valutazione dei relativi rischi per la salute per la popolazione lavorativa.
Excursus
Introduzione
La movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza (lavoro ripetitivo) può causare dolore e affaticamento, che possono portare a disordini muscolo-scheletrici, riduzione della produttività e peggioramento del coordinamento della postura e dei movimenti. Quest'ultimo fattore può aumentare il rischio di errori e determinare di conseguenza un abbassamento della qualità e situazioni di pericolo. Una buona progettazione ergonomica e una corretta organizzazione del lavoro sono requisiti base per evitare gli effetti avversi menzionati.
I fattori di rischio nel lavoro ripetitivo includono la frequenza delle azioni, la durata dell'esposizione, le posture e il movimento dei segmenti del corpo, le forze richieste dal lavoro, l'organizzazione del lavoro, il controllo del lavoro, le esigenze connesse ai risultati del lavoro (per esempio qualità, precisione del compito) e il livello di addestramento/abilità. Ulteriori fattori possono includere fattori ambientali quali clima, rumore, vibrazioni e illuminazione.
Le raccomandazioni fornite dalla presente parte della ISO 11228-3 si basano sulle evidenze scientifiche disponibili concernenti la fisiologia e l'epidemiologia del lavoro manuale. La conoscenza è, comunque, limitata e le linee guida suggerite sono soggette a variazioni in base ai risultati delle future ricerche.
La norma definisce le raccomandazioni ergonomiche per compiti di lavoro ripetitivi che 'coinvolgono la movimentazione manuale di carichi leggeri ad alta frequenza. Fornisce una guida all'identificazione e alla valutazione dei fattori di rischio comunemente associati alla movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza, consentendo pertanto la valutazione dei rischi per la salute della popolazione lavorativa. Le raccomandazioni si applicano alla popolazione lavorativa adulta e sono destinate a fornire una ragionevole protezione a quasi tutti gli adulti in buona salute. Le raccomandazioni concernenti i rischi per la salute e le misure di controllo si basano in larga parte su studi sperimentali relativi al carico muscolo-scheletrico, al disagio/dolore e alla resistenza/affaticamento correlati ai metodi di lavoro. Per la valutazione delle posture lavorative, fare riferimento alla ISO 11226.
Valutazione del rischio
Generalità
Quando la movimentazione ripetitiva è inevitabile, si dovrebbe adottare un approccio in quattro fasi in conformità alla ISO Guide 51 e alla ISO 14121, che prevede sia la valutazione del rischio sia la riduzione del rischio. Le quattro fasi riguardano l'identificazione del pericolo, la stima del rischio la valutazione del rischio e la riduzione del rischio.
La procedura illustrata nella figura 1 dovrebbe essere adottata quando si esegue una valutazione del rischio dei compiti implicanti la movimentazione manuale di carichi leggeri ad alta frequenza.
Figura 1 - Procedura di Valutazione del rischio
L’appendice C, fornisce tutte le informazioni rilevanti per l'applicazione del metodo OCRA (Occupational Repetitive action) in conformità con questa parte della ISO 11228, per la valutazione dettagliata del rischio.
[alert]I punti da C.2 a C.5 descrivono in dettaglio, fase per fase, in che modo si determina l'indice OCRA; il punto C.6 fornisce i mezzi per la determinazione delle azioni tecniche per la fase 1; i punti C.7, C.8 e C.9 spiegano, rispettivamente, come determinare i livelli di forza, analizzare le posture e i movimenti e identificare e valutare i differenti fattori e i relativi moltiplicatori applicati nella fase 2; il punto C.1 fornisce informazioni in merito ai criteri adottati per la classificazione dell'indice OCRA (fase 3) oltre ai modelli di previsione della prevalenza prevista di persone affette (PA) da una o più UL-WMSD; mentre il punto C.11 fornisce esempi applicativi dell'uso del metodo OCRA per la valutazione dei compiti ripetitivi.[/alert] ...
Indice OCRA
L’indice OCRA è il rapporto tra il numero delle azioni tecniche effettive (ATA), eseguite durante un turno di lavoro e il numero di azioni tecniche di riferimento (RTA) per ciascun arto superiore, specificatamente determinate nello scenario in esame:
Dove: nATA è il numero complessivo di ATA nel turno; nRTA è il numero di RTA nel turno La procedura in tre fasi per la determinazione dell’indice è descritta nel dettaglio nei punti da C.3 a C.5.
...
Fase 3(Punto C.5 Appendice C)
Ottenere l'indice di rischio secondo l'indice OCRA confrontando, per ogni arto superiore, il numero di ATA eseguite durante un turno di lavoro (ottenuto nella fase 1) e il numero di RTA (determinato nella fase 2) usando l'equazione (C.1). Quindi usare il prospetto C.5 per valutare il rischio e determinare le conseguenti azioni necessarie.
I "valori critici" dell'indice OCRA riferiti nel prospetto C.5 dovrebbero essere utilizzati come ausilio per un migliore inquadramento della valutazione del rischio e per guidare ogni azione preventiva conseguente con maggiore efficacia, piuttosto che essere trattati come valori rigidi che dividono i risultati tra "rischio" e "nessun rischio". Per esempio, sebbene sia teoricamente corretto affermare che un valore dell'indice OCRA pari a 3,4 rappresenti un rischio incerto, e che un valore dell'indice OCRA di 3,6 rappresenti un rischio definito, e egualmente corretto affermare che la differenza tra questi due valori e trascurabile e che l'utilizzatore dovrebbe prestare attenzione alle tendenze evidenziate dai risultati OCRA (usando anche i metodi di previsione forniti).
Identificazione delle azioni tecniche
Le azioni tecniche, TA, implicano attività muscolo-scheletriche degli arti superiori. Non dovrebbero essere identificate dal movimento di una singola articolazione, ma piuttosto con un movimento complesso che coinvolge una o più articolazioni e segmenti nel completamento di una semplice operazione lavorativa. I metodi di analisi dei compiti generalmente utilizzati in ambito industriale identificano i movimenti elementari di una specifica operazione per determinare il tempo necessario per portarla a termine. I due metodi più comuni, trattati nei riferimenti sono:
- analisi cronometrica, e
- sistemi a tempo predeterminato, PTS, quali MTA (analisi del tempo di movimento), MTS (sistema del tempo di movimento), WF (fattore di lavoro), i sistemi di misurazione tempi e metodi MTM 1, MTM 2, MTM 3, MTM V, MTM MEK e MTM UAS e MODA PTS (sistemi di analisi modulare a tempo predeterminato).
Le azioni tecniche sono simili (anche se non identiche) agli elementi presi in considerazione nei metodi di analisi dei compiti elencati qui sopra. Quindi, questi sono più facilmente riconosciuti dai tecnici dato che la loro identificazione e i metodi di analisi dei compiti puntano entrambi alla descrizione dei movimenti tecnici eseguiti dall'operatore per completare un ciclo di lavoro.
Il prospetto C.6 fornisce i criteri per l'identificazione delle azioni come azioni tecniche.
...segue in allegato
...
Analisi della postura, dei tipi di movimento e della loro ripetitività
Le posture e i movimenti degli arti superiori durante i compiti ripetitivi sono di fondamentale importanza nel contribuire al rischio dei diversi disordini muscolo-scheletrici. Nella letteratura tecnica vi e ampio accordo per quanto riguarda il danno potenziale derivante da posture e movimenti incongrui di ogni articolazione, da posture mantenute per lungo tempo (anche se non estreme), e da movimenti specifici, ripetitivi dei vari segmenti. L'analisi delle posture e dei movimenti e focalizzata su ciascun singolo segmento degli arti superiori (mano, polso, gomito, spalla) ed e mirata al controllo della presenza e delle modalità temporali (frequenza, durata) nel ciclo delle posture statiche e dei movimenti dinamici che coinvolgono ciascuno dei segmenti/articolazioni considerati. La descrizione può essere più o meno analitica ma deve considerare almeno:
a) azioni tecniche che richiedono posture o movimenti di un singolo segmento oltre un livello critico di escursione angolare (il livello critico di escursione angolare può essere determinato secondo i criteri disponibili nella letteratura); b) azioni tecniche che coinvolgono posture statiche e/o i movimenti che, anche in escursioni angolari accettabili, sono mantenute o ripetute nello stesso modo (ripetitività), e c) la durata, espressa come frazione della durata del ciclo/compito, di ciascuna delle condizioni a) e b).
La combinazione di questi fattori descrittivi (postura/tempo) conduce alla classificazione dello sforzo per ciascun segmento preso in considerazione.
Per identificare i cosiddetti livelli critici di escursione angolare (posture e movimenti incongrui), si dovrebbe fare riferimento a ISO 11226 e, se necessario, a dati e proposte disponibili nella letteratura sono abbastanza convergenti, sebbene differenti nel livello di dettaglio analitico (inclusione/esclusione di alcuni tipi di movimento, valori di escursione critica dei movimenti principali, ecc.).
Una descrizione accurata della postura e dei movimenti può inoltre essere considerata un elemento predittivo per le patologie specifiche degli arti superiori, che possono essere previsti per i lavoratori esposti alla presenza di altri elementi di rischio (frequenza, forza, durata, ecc.).
La descrizione/valutazione delle posture e dei movimenti deve essere effettuata su un ciclo rappresentativo per ciascuno dei compiti ripetitivi esaminati. Ciò implica la descrizione della durata delle posture e/o dei movimenti dei quattro principali segmenti anatomici (sia destro sia sinistro):
- postura e movimenti del braccio in relazione alla spalla (flessione, estensione, abduzione); - movimenti del gomito (flessioni-estensioni, pronosupinazioni dell'avambraccio); - posture e movimenti del polso (flessioni-estensioni, deviazioni radio-ulnari); - posture e movimenti della mano (principalmente i tipi di presa).
Per semplificare l'analisi delle posture e dei movimenti, perché l'azione sia definita come "impegnativa", e necessario verificare che, durante il movimento, il segmento/articolazione abbia un'escursione con un angolo maggiore del 40% - 50% della massima escursione angolare (o una posizione incongrua per la presa con la mano).
Un alto impegno articolare è quantificato con punteggi differenti estrapolati da dati sulla percezione soggettiva dell'impegno della articolazione.
Quando si studiano le posture e i movimenti della spalla, è necessario menzionare uno studio che mostra la presenza di un rischio aumentato di disordini a carico della spalla quando il braccio e mosso o mantenuto più o meno a livello della spalla (elevazione estrema) per più del 10% della durata del ciclo.
Per quanto riguarda i tipi di presa considerati, alcuni di essi (pinza, presa palmare, presa a uncino, presa ristretta) sono considerati meno favorevoli della presa di forza, e sono quindi classificati come implicanti un impegno medio/elevato.
Le figure che seguono illustrano i principali movimenti delle articolazioni degli arti superiori (vedere figura C.6 e figura C.7) e, per la mano, i diversi tipi di presa (vedere figura C.8).
Nata Il prospetto C.2 riepiloga i gradi oltre il 40% - 50% della massima escursione articolare.
La valutazione della postura implica le seguenti cinque fasi operative.
[alert]a) Descrivere le posture e/o i movimenti, separatamente per le articolazioni destra e sinistra.
b) Stabilire se esiste un impegno articolare in un'area "a rischio" (posture e/o movimenti incongrui), e definire la sua durata all'interno del ciclo:
- 1/10 dal 10% al 24% della durata del ciclo; - 1 /3 dal 25% al 50% della durata del ciclo; - 2/3 dal 51% al 80% della durata del ciclo; - 3/3 più dell'80% della durata del ciclo.
c) Trovare il corrispondente moltiplicatore per la postura, PM (vedere prospetto C.2).
d) Stabilire la presenza della ripetitività di certi movimenti; questa può essere individuata con precisione osservando la presenza di azioni tecniche o di gruppi di azioni tecniche uguali per almeno il 50% della durata del ciclo, oppure la presenza di posizioni statiche mantenute per almeno il 50% della durata del ciclo, o ancora per una durata molto breve del ciclo (meno di 15 s ma ovviamente caratterizzati dalla presenza di azioni degli arti superiori).
e) Considerare il corrispondente moltiplicatore per la ripetitività corrispondente, ReM.[/alert]
Requisiti ergonomici per il lavoro di ufficio con videoterminali (VDT)
ID 13577 | Rev. 0.0 del 19.05.2021 / Documento completo allegato
Documento di analisi dei principi ergonomici che si applicano per la progettazione e l’approvvigionamento di apparecchiature per postazioni di lavoro da ufficio che utilizzano videoterminali.
In accordo all’Art. 174 del Titolo VII del D.Lgs. 81/08, il Datore di Lavoro ha l’obbligo di analizzare i posti di lavoro che utilizzano videoterminali con particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi; b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale; c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
I requisiti minimi per i posti di lavoro che utilizzano videoterminali sono indicati all'allegato XXXIV del D.Lgs. 81/08. Altre importanti indicazioni sono riportate nelle seguenti norme tecniche:
[panel]UNI EN ISO 9241-1:2003 Requisiti ergonomici per il lavoro di ufficio con videoterminali (VDT) - Introduzione generale.
UNI EN ISO 9241-4:2002 Requisiti ergonomici per il lavoro di ufficio con videoterminali (VDT) - Requisiti della tastiera.
UNI EN ISO 9241-5:2001 Requisiti ergonomici per il lavoro di ufficio con videoterminali (VDT) - Requisiti posturali e per la configurazione del posto di lavoro.
UNI EN ISO 9241-6:2001 Requisiti ergonomici per il lavoro di ufficio con videoterminali (VDT) - Guida sull’ambiente di lavoro.
UNI EN ISO 9241-9:2001 Requisiti ergonomici per il lavoro di ufficio con videoterminali (VDT) - Requisiti per i dispositivi di immissione dei dati diversi dalle tastiere.
UNI EN ISO 9241-11:2018 Ergonomia dell'interazione uomo-sistema - Parte 11: Usabilità: Definizioni e concetti.
UNI EN ISO 9241-13:2002 Requisiti ergonomici per il lavoro di ufficio con videoterminali (VDT) - Guida per l’utente.
UNI EN ISO 9241-14:2002 Requisiti ergonomici per il lavoro di ufficio con videoterminali (VDT) - Menu dialogici.
UNI EN ISO 9241-15:1999 Requisiti ergonomici per il lavoro di ufficio con videoterminali (VDT) - Comandi dialogici.
UNI EN ISO 9241-16:2001 Requisiti ergonomici per il lavoro di ufficio con videoterminali (VDT) - Dialoghi per manipolazione diretta.
UNI EN 29241-2:1994 Requisiti ergonomici per il lavoro di ufficio con videoterminali (VDT). Guida ai requisiti dei compiti.[/panel]
[panel]D.Lgs. 81/08| Titolo VII Attrezzature munite di videoterminali
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative che comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti: a) ai posti di guida di veicoli o macchine; b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto; c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico; d) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all'uso diretto di tale attrezzatura; e) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.
1. Ai fini del presente decreto legislativo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato; b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, incluso il mouse, il software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l'ambiente di lavoro immediatamente circostante; c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'articolo 175.
1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui all'articolo 28, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi; b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale; c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
3. Il datore di lavoro organizza e predispone i posti di lavoro di cui all'articolo 173, in conformità ai requisiti minimi di cui all'allegato XXXIV.
1. Il lavoratore, ha diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di attività.
2. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale.
3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l'interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale. 4. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessità.
5. È comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni all'inizio ed al termine dell'orario di lavoro.
6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro.
7. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario di lavoro e, come tale, non è riassorbibile all'interno di accordi che prevedono la riduzione dell'orario complessivo di lavoro.
1. I lavoratori sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41, con particolare riferimento:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi; b) ai rischi per l'apparato muscolo-scheletrico.
2. Sulla base delle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono classificati ai sensi dell'articolo 41 comma 6.
3. Salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente, la periodicità delle visite di controllo è biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni o limitazioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età; quinquennale negli altri casi.
4. Per i casi di inidoneità temporanea il medico competente stabilisce il termine per la successiva visita di idoneità.
5. Il lavoratore è sottoposto a visita di controllo per i rischi di cui al comma 1 a sua richiesta, secondo le modalità previste all'articolo 41, comma 2, lettera c).
6. Il datore di lavoro fornisce a sue spese ai lavoratori i dispositivi speciali di correzione visiva, in funzione dell'attività svolta, quando l'esito delle visite di cui ai commi 1, 3 e 4 ne evidenzi la necessità e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione.
1. In ottemperanza a quanto previsto in via generale dall'articolo 18, comma 1, lettera l), il datore di lavoro:
a) fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
1) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello stesso di cui all'articolo 174; 2) le modalità di svolgimento dell'attività; 3) la protezione degli occhi e della vista;
b) assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1, lettera a).
1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 fino a 6.400 euro per la violazione degli articoli 174, comma 2 e 3, 175, commi 1 e 3, e 176, commi 1, 3, 5; b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 750 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 176, comma 6, e 177.
2. La violazione di più precetti riconducibili alla categoria omogenea di requisiti di sicurezza relativi alle attrezzature munite di videoterminale di cui all'allegato XXXIV, punti 1, 2 e 3 è considerata una unica violazione ed è punita con la pena prevista dal comma 1, lettera a). L'organo di vigilanza è tenuto a precisare in ogni caso, in sede di contestazione, i diversi precetti violati.
[box-info]EN ISO 9241-5:1999 Titolo : Requisiti ergonomici per il lavoro di ufficio con videoterminali (VDT) - Requisiti posturali e per la configurazione del posto di lavoro
Data entrata in vigore: 24 marzo 1999
Recepita in Italia con la UNI EN ISO 9241-4:2001 il 30 settembre 2001[/box-info]
5 Requisiti e raccomandazioni di progettazione
5.1 Generalità
Il presente punto contiene requisiti e raccomandazioni per la configurazione di stazioni VDT che facilitano il comfort e l'efficienza del lavoro. I punti 5.2 e 5.7 identificano i parametri destinati a permettere di accogliere un singolo utente in termini di requisiti prestazionali, spazio per il corpo, posture accettabili e preferite nonché comfort.
I principali fattori per determinare le sistemazioni adeguate all'interno di una stazione di lavoro sono la seduta e la superficie di lavoro, l'angolo della linea di visione, l'altezza della superficie di lavoro e della tastiera, lo spazio per le ginocchia, l'inclinazione dell'avambraccio e l'altezza del gomito.
I mobili, le apparecchiature e l'ambiente di lavoro possono essere progettati per un impiego in posizione seduta o in piedi e con un'alternanza tra le due posizioni. Le stazioni di lavoro devono essere in grado di supportare numerosi compiti (lettura a video, inserimento a tastiera, impiego di un dispositivo di inserimento diverso dalla tastiera, scrittura, ecc.), esse dovrebbero essere progettate tenendo conto di tali funzioni. La filosofia adottata nella presente parte della ISO 9241 si basa sul fatto che l'organizzazione del lavoro e il suo contenuto nonché la progettazione dei mobili dovrebbero favorire il movimento dell'utente. Ciò significa che sono ridotti al minimo i momenti di lavoro in postura seduta statica e che possono essere effettuate regolazioni volontarie più o meno continue della postura.
[...]
5.2.3 Posture in piedi e sedute/in piedi
La postura in piedi è raccomandata quando può essere alternata a una postura seduta.
Ciò si può ottenere se il posto di lavoro comprende stazioni di lavoro o superfici di lavoro per posture in piedi e sedute oppure con una stazione di lavoro regolabile in grado di ospitare la stessa persona sia in piedi sia seduta (vedere figura 3).
Per sedie utilizzate in stazioni di lavoro con posizioni sedute/in piedi gli aspetti relativi alla stabilità riguardano sia la posizione seduta sia quella in piedi.
Legenda 1 Orizzontale Questa postura serve solo per scopi progettuali, ma non rappresenta la postura ottimale per un lavoro sedentario!
Figura 1 Postura progettuale di riferimento per posizione seduta
[...]
5.5.5 Braccioli
Per compiti speciali e per movimenti durante l'interruzione del lavoro, i braccioli possono fornire un supporto ai muscoli del collo e delle spalle e possono aiutare l'utente ad alzarsi e sedersi. Per braccioli con altezza e larghezza regolabili, la gamma dovrebbe coprire l'intervallo tra il 5° percentile femminile e il 95° percentile maschile della popolazione utilizzatrice prevista. Se forniti, i braccioli
a) non dovrebbero limitare la postura di lavoro al VDT preferita dall'utente; se ostacolano l'utente, essi dovrebbero poter essere regolabili o rimovibili; b) non dovrebbero limitare la facilità d'accesso alla stazione di lavoro; in particolare l'altezza non dovrebbe impedire alla sedia da lavoro di infilarsi sotto la superficie di lavoro.
Figura 5 Supporto per cambiamenti posturali mediante movimento dello schienale e del piano di seduta
[...]
APPENDICE A Dati antropometrici necessari per il progetto e la scelta delle stazioni di lavoro
A.1 Selezione di un insieme di dati antropometrici
Per selezionare una fonte di dati antropometrici è importante sapere come sono stati ricavati e quali fattori regolano la loro rilevanza per l'uso richiesto.
Nel contesto delle norme internazionali è importante che l'insieme di dati antropometrici scelto rifletta adeguatamente le dimensioni e le forme del corpo della popolazione utilizzatrice prevista.
Se i dati antropometrici sono stati raccolti da un piccolo numero (per esempio un campione di meno di 000 individui) o da un gruppo di persone molto specifico, probabilmente non sono adatti per l'uso in progetti per un pubblico generico. Sono tuttavia disponibili numerose serie di dati che permettono di evitare questi problemi o perché raccolti dacampioni molto ampi o perché estrapolati da campioni più piccoli per mezzo di sofisticatetecniche statistiche e quindi rappresentativi. Pertanto, i dati utilizzati nella progettazione dei mobili dovrebbero essere scelti per essere rappresentativi di un gruppo strettamente correlato al gruppo per il quale si sta progettando e preferibilmente da un campione ampio. Per quanto riguarda la progettazione dei mobili, tale campione dovrebbe essere costituito dalla popolazione adulta. Nella definizione di "adulto" si deve tenere conto del fatto che i giovani non sono completamente cresciuti fino all'età di 21 anni; è quindi necessario includere un intervallo di età tra 16 e 65 perché si adatti alla popolazione attiva.
I dati antropometrici sono solitamente separati in base al sesso e alle fasce di età. Ciò può risultare estremamente utile se la progettazione è specifica per utenti di un solo sesso o di una determinata fascia d'età. Tuttavia, se ciò non interessa, è possibile combinare i dati dei diversi gruppi.
Gran parte dei dati antropometrici è stata raccolta da soggetti nudi o pressoché nudi per cui occorre tenere conto di una certa tolleranza per gli indumenti. Alcune fonti di dati, invece, comprendono già la tolleranza per gli indumenti su certe dimensioni; è quindi estremamente importante leggere attentamente le informazioni fornite con i dati prima di utilizzarli. Il prospetto A.1 illustra alcuni indicatori utili sul tipo di tolleranza.
Un'altra tolleranza che si trova spesso nei dati antropometrici è il fattore "slump" (slump = stare rilassato): si tratta di una correzione apportata ai dati raccolti da persone che adottano la classica postura "da manichino" o eretta. La convenzione "slump" è quindi un tentativo di simulare posizioni più naturali. I dati che indicano chiaramente che è stato incluso un fattore "slump" sono da preferirsi per applicazioni quali la progettazione di mobili.
Prospetto A.1 Indumenti e relative tolleranze
Gli indumenti e le relative tolleranze per altre dimensioni sono minime per gli indumenti al coperto con intervalli di temperatura moderati.
Come illustra la figura A.1, ai fini della progettazione delle stazioni di lavoro devono essere prese in considerazione solo poche dimensioni esterne del corpo che sono però di primaria importanza. Le definizioni sono ricavate dalla ISO 7250. Per ciascuna dimensione indicata, viene riportata la lettera corrispondente nella figura A.1.
Legenda a) Altezza dell’estremità inferiore della scapola b) Altezza dell’occhio, postura assisa c) Altezza della spalla, postura assisa d) Altezza del gomito, postura assisa e) Spessore della coscia, postura assisa f) Altezza dei glutei dal piano di seduta g) Altezza poplitea, postura assisa h) Lunghezza gluteo-ginocchio i) Lunghezza gluteo-poplitea k) Profondità gluteo-addominale, postura assisa l) Larghezza da gomito a gomito m) Larghezza tra i fianchi n) Altezza dell’occhio, postura eretta o) Altezza del gomito, postura eretta
Figura A.1 Dimensioni antropometriche importanti per la determinazione del progetto di stazioni VDT con operatore seduto e in piedi
Presentazione pptx n. 55 slides e test verifica apprendimento (formato .doc/pdf)
Il documento (pptx modificabile), è strutturato per risultare un utile strumento per fornire un'adeguata informazione e formazione dei lavoratori, con particolare riferimento al complesso delle misure, adottate in base ai protocolli anti-contagio, individuati aggiornati al DPCM 02 Marzo 2021 ed al Decreto-Legge 22 aprile 2021 n. 52.
[box-note]Rev. 2.0 2021 del 23 Settembre 2021
1. Aggiunte 8 nuove slides riguardanti misure aziendali emergenza COVID-19 quali: - Green pass (n. 7 slides) - Riammissione al lavoro (n. 1 slide) Modifica 4 slides riguardanti misure aziendali emergenza COVID-19 quali: - Riammissione al lavoro
L’azienda, attraverso le modalità più idonee ed efficaci, informa tutti i lavoratori e chiunque entri in azienda circa le disposizioni delle Autorità, consegnando e/o affiggendo all’ingresso e nei luoghi maggiormente visibili dei locali aziendali, appositi depliants informativi.
In particolare, le informazioni riguardano:
- l’obbligo di rimanere al proprio domicilio in presenza di febbre (oltre 37.5°) o altri sintomi influenzali e di chiamare il proprio medico di famiglia e l’autorità sanitaria
- la consapevolezza e l’accettazione del fatto di non poter fare ingresso o di poter permanere in azienda e di doverlo dichiarare tempestivamente laddove, anche successivamente all’ingresso, sussistano le condizioni di pericolo (sintomi di influenza, temperatura, provenienza da zone a rischio o contatto con persone positive al virus nei 14 giorni precedenti, etc) in cui i provvedimenti dell’Autorità impongono di informare il medico di famiglia e l’Autorità sanitaria e di rimanere al proprio domicilio
- l’impegno a rispettare tutte le disposizioni delle Autorità e del datore di lavoro nel fare accesso in azienda (in particolare, mantenere la distanza di sicurezza, osservare le regole di igiene delle mani e tenere comportamenti corretti sul piano dell’igiene)
- l’impegno a informare tempestivamente e responsabilmente il datore di lavoro della presenza di qualsiasi sintomo influenzale durante l’espletamento della prestazione lavorativa, avendo cura di rimanere ad adeguata distanza dalle persone presenti
L’azienda fornisce una informazione adeguata sulla base delle mansioni e dei contesti lavorativi, con particolare riferimento al complesso delle misure adottate cui il personale deve attenersi in particolare sul corretto utilizzo dei DPI per contribuire a prevenire ogni possibile forma di diffusione di contagio.
Laddove il presente Protocollo fa riferimento all’uso della mascherina chirurgica, è fatta salva l’ipotesi che, per i rischi presenti nella mansione specifica, siano già previsti strumenti di protezione individuale di tutela di tipo superiore (facciali filtranti FFP2 o FFP3) o di diversa tipologia.[/panel]
Modello Incarico accertatori / Procedura verifica green pass lavoratori / Decreto n. 127/2021
ID 14560 | 21.09.2021 / Modello Lettera di incarico soggetti accertatori e procedura verifiche
Il Decreto-Legge 21 Settembre 2021 n. 127(Decreto green pass), che obbliga al green pass tutti i lavoratori delle PA e del settore Privato, richiede all’Art. 1 c. 5 - PA e Art. 3 c. 5 - Privati, che i Datori di lavoro debbano di individuare con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni degli obblighi e definire le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche entro il 15 Ottobre 2021.
Il presente Documento individua:
1. Modello di lettera di incarico soggetto accertatore verifica green pass 2. Modello di procedura per l’organizzazione delle verifiche
[box-note]Decreto-Legge 21 Settembre 2021 n. 127 / Soggetti verificatori Green pass … Art. 1 Disposizioni urgenti sull’impiego di certificazioni verdi COVID-19 in ambito lavorativo pubblico …
5. I datori di lavoro di cui al comma 4, primo periodo, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2 …
Art. 3. Disposizioni urgenti sull’impiego di certificazioni verdi COVID-19 in ambito lavorativo privato … 5. I datori di lavoro di cui al comma 1, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10. …[/box-note]
...
...
(*) Modello elaborato in assenza di disposizioni normative specifiche in merito, elaborato conforme alle disposizioni del Decreto-Legge 21 Settembre 2021 n. 127, di cui:
- Art. 1 c. 5 - per i lavoratori della PA - Art. 3 c. 5 - per i lavoratori del settore Privato ...
Art. 1 Disposizioni urgenti sull’impiego di certificazioni verdi COVID-19 in ambito lavorativo pubblico … 8. In caso di violazione delle disposizioni di cui al comma 4, di mancata adozione delle misure organizzative di cui al comma 5 nel termine previsto, nonché per la violazione di cui al comma 7, si applica l’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 2 -bis , del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74. Per le violazioni di cui al comma 7, la sanzione amministrativa prevista dal comma 1 del citato articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020 è stabilita in euro da 600 a 1.500.
9. Le sanzioni di cui al comma 8 sono irrogate dal Prefetto. I soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni di cui al medesimo comma 8 trasmettono al Prefetto gli atti relativi alla violazione. ...
ART. 3 (Disposizioni urgenti sull’impiego di certificazioni verdi in ambito lavorativo privato) … 9. In caso di violazione delle disposizioni di cui al comma 4 o di mancata adozione delle misure organizzative di cui al comma 5 nel termine previsto, nonché per la violazione di cui al comma 8, si applica l’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 2 -bis , del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74. Per le violazioni di cui al comma 8, la sanzione amministrativa prevista dal comma 1 del citato articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020 è stabilita in euro da 600 a 1.500.
10. Le sanzioni di cui al comma 9 sono irrogate dal Prefetto. I soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni di cui al medesimo comma 9 trasmettono al Prefetto gli atti relativi alla violazione. …[/box-note]
Art. 13 Verifica delle certificazioni verdi COVID-19 emesse dalla Piattaforma nazionale-DGC
…
5. L'attività di verifica delle certificazioni non comporta, in alcun caso, la raccolta dei dati dell'intestatario in qualunque forma, salvo quanto previsto nel comma 8.
…
8. Nel rispetto dei principi generali in materia di protezione dei dati personali, i soggetti preposti alla verifica di cui all’art. 9 -ter , comma 4, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, effettuano la verifica del possesso della certificazione verde COVID-19 prima dell’accesso del personale interessato nella sede ove presta servizio e possono raccogliere i dati strettamente necessari all’applicazione delle misure previste dal citato art. 9 -ter ai commi 2 e 5. L’attività di verifica del rispetto dell’obbligo di cui al comma 1 del citato art. 9 -ter da parte dei dirigenti scolastici è svolta dall’ufficio scolastico regionale competente.[/panel]
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Garante per la protezione dei dati personali FAQ - Estratto comunicato del 06.09.2021
L’Autorità ha ricevuto diversi quesiti, da parte di soggetti a vario titolo destinatari dei nuovi obblighi, introdotti dal decreto-legge n. 105 del 2021, in relazione all’uso delle certificazioni verdi in “zona bianca”. Ancorché qualificate come istanze di accesso civico “Foia” esse non riguardano, tuttavia, l’accesso ad informazioni detenute dall’Amministrazione, ma introducono quesiti interpretativi della disciplina vigente in materia di certificazioni verdi, alla luce delle innovazioni introdotte nel quadro normativo dal d.l. n. 105.
Le questioni sollevate dai quesiti sono di indubbio interesse generale, coinvolgendo il rapporto – oggi più che mai complesso e denso di implicazioni socio-economiche oltre che giuridiche – tra le esigenze di sanità pubblica sottese al contrasto della pandemia e i vari diritti fondamentali incisi dalle misure di prevenzione dei contagi, tra i quali appunto il diritto alla protezione dei dati personali, l’autodeterminazione in ordine alle scelte vaccinali, le libertà di circolazione e di iniziativa economica.
La disciplina interna delle certificazioni verdi si muove in questa prospettiva e, sotto il profilo della protezione dei dati, implica un trattamento legittimo nella misura in cui si inscriva nel perimetro delineato dalla normativa vigente. Essa è rappresentata, in particolare – per quanto concerne il tema oggetto dei quesiti – dal combinato disposto degli artt. 9 del d.l. n. 52 del 2021 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 87), 9-bis, introdotto nel corpo del d.l. n. 52 dall’art. 3 del d.l. n. 105 del 2021 e, per le misure attuative, 13 del DPCM 17 GIUGNO 2021, richiamato dallo stesso art. 9-bis, c. 4, secondo periodo, del citatod.l. n. 52.
Il d.l. n. 105 del 2021 – oltre ad introdurre la previsione di uno specifico certificato per i soggetti esclusi dalla campagna vaccinale – amplia, con il citato art. 9-bis, l’ambito oggettivo di applicazione delle certificazioni verdi disciplinate, in via generale, dall’art. 9 del d.l. n. 52, estendendole anche, in zona bianca, ai luoghi e alle attività ivi specificamente indicate. Prescindendo, in questa sede, dall’esame della ragionevolezza dell’estensione dell’ambito applicativo delle certificazioni verdi nei termini progressivamente delineati dai dd.ll. nn. 105 e 111 del 2021 e dalle implicazioni di tale estensione sulla proporzionalità del corrispondente trattamento, si può intanto rilevare come esso sia legittimo nella misura in cui si limiti ai soli dati effettivamente indispensabili alla verifica della sussistenza del requisito soggettivo in esame (titolarità della certificazione da vaccino, tampone o guarigione), alle operazioni a tal fine necessarie e segua le modalità indicate dal DPCM 17 GIUGNO 2021, attuativo dell’art. 9 del d.l. n. 52 del 2021.
In tale complessiva cornice – già oggetto di analisi da parte del Garante, tanto in sede di audizione parlamento sul disegno di legge di conversione del d.l. n. 52, quanto di parere sul relativo DPCM attuativo – si inscrive il d.l. n. 105, che sotto questo limitato profilo non muta gli aspetti essenziali, anche sotto il profilo procedurale, del trattamento.
In particolare, come espressamente chiarisce l’art. 9-bis, c. 4, secondo periodo, del d.l. n. 52, introdotto dall’art.3 deld.l. n. 105, anche nelle nuove ipotesi di ostensione della certificazione verde, introdotte da quest’ultimo provvedimento, si applica la disciplina procedurale prevista dal DPCM 17 GIUGNO 2021, attuativo dell’art. 9, c. 10, del d.l. n. 52, ai fini delle modalità di esecuzione della verifica delle certificazioni stesse. Tale disciplina procedurale comprende, del resto, oltre la regolamentazione degli specifici canali digitali funzionali alla lettura della certificazione verde (in particolare mediante l’unica app consentita, ovvero quella sviluppata dal Ministero della salute “VerificaC 19”), anche il potere di verifica dell’identità del titolare della stessa, con le modalità e alle condizioni di cui all’art. 13, c. 4, del citato DPCM, da leggersi anche alla luce della recente circolare del Ministero dell’interno del 10 agosto u.s.. Tra le garanzie previste dal citato DPCM 17 GIUGNO 2021 è, del resto, compresa anche l’esclusione della raccolta, da parte dei soggetti verificatori, dei dati dell’intestatario della certificazione, in qualunque forma (art. 13, c. 5).
ID 7832 | 09.03.2019 Documento completo in allegato
Norme tecniche, legislazione, controlli, verifiche, operatori. Il documento allegato intende inquadrare le gru a ponte in relazione alle principali norme di sicurezza di prodotto/altre e gli obblighi per uso di cui al D.Lgs n. 81/2008.
I carroponti (nome usuale di gru a ponte) sono apparecchi di sollevamento comuni in molte attività lavorative. Le gru a ponte sono attrezzature di lavoro ai sensi del D.Lgs n. 81/2008 soggette a controlli e verifiche periodiche Art. 71 e macchine ai sensi della Direttiva macchine 2006/42/CE per cui è prevista la marcatura CE, in Presunzione di conformità con la norma armonizzata EN 15011 di tipo C. [...]
1. Definizione gru a ponte
Secondo la ISO 4306-1 è definita gru a ponte:
- classificazione apparecchi di sollevamento in funzione del tipo costruttivo: apparecchio di sollevamento i cui elementi portanti sono sostenuti da travi portaruote mobili che appoggiano direttamente sulle vie di corsa (Fig. 1)
- classificazione apparecchi di sollevamento in funzione del tipo di appoggio: apparecchio di sollevamento a ponte (Fig. 1) o apparecchio di sollevamento sovrastante (che scorre su vie di sollevamento elevate) (Fig. 2)
Fig. 1 - Apparecchio di sollevamento a ponte
Fig. 2 - Apparecchio di sollevamento sovrastante
Secondo la EN 15011 è definita gru a ponte:
Gru a ponte: Gru capace di muoversi su binari o vie di corsa avente almeno una trave principalmente orizzontale e dotata di almeno un meccanismo di sollevamento.
Ai fini della EN 15011 si applicano i termini e le definizioni di cui alle EN ISO 12100, EN ISO 3744, EN ISO 11202, EN ISO 11203, EN ISO 11204 e i termini e le definizioni seguenti.
Nota Le strutture edili su cui sono montati organi di sollevamento non sono considerate gru a ponte.
2. Le norme principali
UNI EN 15011:2014 Apparecchi di sollevamento Gru a ponte e gru a cavalletto
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN 15011:2011+A1 (edizione febbraio 2014). La norma, di tipo C secondo la UNI EN ISO 12100, si applica alle gru a ponte e gru a cavalletto montate in posizione fissa o libere di traslare su binari, vie di corsa o superfici stradali.
La norma non si applica agli accessori amovibili di sollevamento del carico, alle operazioni di montaggio e smontaggio, alle vie di corsa e alle strutture di supporto e neppure tiene conto dei carichi supplementari dovuti al montaggio della gru su supporti galleggianti od oscillanti. La norma specifica i requisiti relativi a ogni rischio significativo, a situazioni di pericolo e a eventi interessanti le gru a ponte e a cavalletto, quando utilizzate nel modo dovuto e nelle condizioni previste dal fabbricante. La norma non contiene requisiti per il sollevamento di persone. I rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, da radiazioni ionizzanti e da attività entro campi magnetici al di fuori dell'ambito indicato nella EN 61000-6-2 non sono trattati nella presente norma. La norma è applicabile a gru a ponte e a cavalletto fabbricate dopo la pubblicazione della norma EN stessa. Comprende inoltre l'aggiornamento A1 che riporta le principali modifiche inserite nei punti: 5.3.4, 5.2.1.4.3, 5.4.8.5, 5.6.2.1, 5.7.4, e altre modifiche minori di carattere editoriale.
UNI ISO 23814:2012 Apparecchi di sollevamento - Requisiti relativi alle competenze per ispettori di gru La norma specifica le competenze richieste per le persone che effettuano accurate ispezioni periodiche, straordinarie, sulle modifiche apportate alle gru. Essa esclude le ispezioni e i controlli effettuati dagli operatori e dal personale di manutenzione delle gru.
UNI ISO 12480-1:2012
Apparecchi di sollevamento - Uso sicuro - Parte 1: Generalità
La norma definisce le pratiche che permettono un uso sicuro delle gru. Queste pratiche comprendono i metodi di lavoro in sicurezza, la gestione, la pianificazione, la scelta, il montaggio, il funzionamento e la manutenzione delle gru e la selezione dei conduttori imbracatori e segnalatori.
La norma non si applica alle gru ad azionamento manuale (non motorizzate), alle gru per le quali almeno un movimento è effettuato manualmente, né alle gru montate su navi se non quando una gru terrestre è montata temporaneamente su una nave.
UNI ISO 9927-1:2016
Apparecchi di sollevamento - Ispezioni - Parte 1: Generalità
La norma specifica i requisiti generali per le ispezioni che devono essere eseguite sulle gru, come definite nella ISO 4306-1. Requisiti addizionali per particolari tipi di gru sono destinati ad essere coperti dalle parti specifiche pertinenti della ISO 9927.
UNI ISO 4306-1:2010
Apparecchi di sollevamento - Vocabolario - Parte 1: Generalità
La norma definisce i termini che riguardano i principali tipi di apparecchi di sollevamento, i parametri, i concetti generali e le parti componenti. Inoltre definisce i termini relativi ai dispositivi di limitazione e di indicazione e quelli relativi ai carichi.
CEI EN 60204-32:2009 (44-11) Sicurezza del macchinario - Equipaggiamento elettrico delle macchine Parte 32: Prescrizioni per le macchine di sollevamento La EN 60204-32 è la norma parte della Serie EN 60204-X, che si applica, insieme alla EN 60204-1, alla realizzazione di equipaggiamenti e di sistemi elettrici ed elettronici per macchine di sollevamento ed equipaggiamenti a esse associati.
3. Selezione delle norme
La Figura seguente estratta da EN 15011 illustra come individuare la norma di prodotto appropriata per un apparecchio di sollevamento per una data applicazione:
Appendice H EN 15011
4. La norma tipo C EN 15011
La norma EN 15011 è il riferimento per la costruzione delle gru a ponte.
Si riporta un estratto. [...]
4.1 Illustrazione degli spostamenti dei movimenti della gru
Fig. A1 EN 15011
l - Spostamento medio della gru in movimento S - Spostamento medio del carrello in movimento h1 + h2 - Spostamento medio del movimento di sollevamento
Configurazione strutturale carrello:
Gru a ponte, carrello (Prospetto 7 EN 15011)
4.2 Forze di sbiecamento della gru e vie inferiori
Fig. 2 Forze di sbiecamento della gru a vie di corsa inferiori
Legenda 1. Flangia inferiore e anima in sezione della trave della via di corsa N° 1 2. Flangia inferiore e anima in sezione della via di corsa N° 2 3. Trave della gru; travi dei carri di testa sotto le vie di corsa non illustrate 4. Carrello di sollevamento con carico 5. Carrellini a 4 ruote a ogni angolo della gru Y1. Forze di disallineamento per attrito trasversali applicate tra le ruote e la superficie superiore della flangia inferiore della via di corsa 1 Y2. Forze di disallineamento per attrito trasversali applicate tra le ruote e la superficie superiore della flangia inferiore della via di corsa 2 YF. Forza di guida applicata alle flange delle ruote del carrellino di guida FY. Forze trasversali minime da considerare nella progettazione del carrellino come illustrato nell'elemento b) Z. Forza della ruota dinamica massima nella direzione verticale
3.3 Sorgenti di rumore
Sorgenti di rumore di una gru a ponte Fig. F1 EN 15011
3.4 Dichiarazione valori Emissione sonora
[...]
4. Definizione delle prove ISO 4306-1
5. Verifiche periodiche
Decreto ministeriale 11 aprile 2011, “Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’All. VII del D.Lgs n. 81/2008″,
Verbali di verifica. Con l’entrata in vigore del D.M. 11.04.2011, i soggetti titolari della funzione e i soggetti abilitati dovranno usare modelli di “scheda tecnica” e di “verbale di verifica periodica” conformi a quelli previsti dall’allegato IV dello stesso decreto. Su ogni verbale di verifica e su ogni scheda tecnica identificativa deve essere presente l’intestazione dell’ente o del soggetto abilitato che ha effettuato la verifica periodica.
Comunicazione di affidamento diretto da parte del datore di lavoro della verifica periodica al soggetto abilitato. Il datore di lavoro che, trascorsi i 60 giorni in caso di prima verifica o i 30 giorni in caso di verifica periodica successiva, intenda affidare la verifica a un soggetto abilitato deve comunicare, nel più breve tempo possibile, al soggetto titolare della funzione il nominativo del soggetto abilitato.
Regime di prima verifica periodica su attrezzature di cui al punto 10a.3 della Circolare 23/2012 non marcate CE. Le attrezzature in questione immesse sul mercato antecedentemente al 31.12.1996 sono assoggettate al regime di collaudo previsto dal D.M. 04/03/1982. La richiesta di immatricolazione dovrà essere presentata all’INAIL mentre il collaudo potrà essere eseguito da un tecnico, trascorsi 40 giorni dalla comunicazione della matricola da parte dell’INAIL, come previsto dall’articolo 4 del suddetto decreto. Al termine del collaudo le attrezzature saranno sottoposte al regime di verifiche periodiche di competenza delle Asl/ARPA.
Circolare n.9 del 5 marzo 2013 che fornisce indicazioni in merito all’applicazione del D.M. 11.04.2011 concernente la Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui All. VII del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n.81, nonché i criteri per l’abilitazione dei soggetti di cui all’art.71, comma 13, del medesimo decreto legislativo tenuto conto delle circolari:
Persona competente: Persona in possesso delle conoscenze pratiche e teoriche, e la necessaria esperienza della gru e del materiale utilizzato per l'operazione di sollevamento, per svolgere questa funzione in modo soddisfacente. Conduttore di gru (operatore): Persona che fa funzionare la gru al fine di posizionare dei carichi o che lavora al montaggio della gru.
Nota Per le gru mobili invece è spesso utilizzato il termine ·operatore" e si utilizza allora il termine "conduttore" per riferirsi alla persona che manovra unicamente i comandi che servono a spostare la gru da un posto all'altro.
Organizzazione datrice di lavoro; datore di lavoro: Persona od organizzazione che chiedi di effettuare l'operazione di sollevamento.
Nota L'organizzazione datrice di lavoro non è necessariamente l'utilizzatore.
Organizzazione utilizzatrice; utilizzatore: Persona competente o organizzazione che ha il controllo diretto sull'operazione di sollevamento.
Persona nominata: Una persona competente che ha il comando completo delle operazioni di una gru e che agisce in nome della direzione dell'organizzazione che chiede lo spostamento del carico (l'organizzazione datrice di lavoro).
Imbracatore: L'imbracatore deve essere responsabile dell'attacco e dello sgancio del carico al e dall'organo di presa della gru, cosi pure dell'utilizzo della corretta attrezzatura di sollevamento e dell'equipaggiamento in conformità con la pianificazione della manovra per il buon posizionamento dei carichi.
Personale di manutenzione:Il personale di manutenzione deve essere responsabile della manutenzione della gru e del suo sicuro e soddisfacente funzionamento. Esso deve effettuare ogni manutenzione necessaria in conformità al manuale di manutenzione del fabbricante e nel quadro della procedura di lavoro in sicurezza [/panel]
[panel]Definizioni ISO 4306-1
Gruista: Persona che utilizza (manovra) i comandi dell'apparecchio di sollevamento [7.1] [/panel]
[panel]Definizioni ISO 23814
Ispettore di gru: Persona avente le conoscenze e lʼesperienza necessarie per effettuare lʼispezione in conformità alla presente norma (si veda Appendice A).[/panel]
[panel]Definizioni ISO 9927-1
tecnici esperti Sono persone che, per la loro istruzione di base ed esperienza hanno sufficienti conoscenze nel campo degli apparecchi di sollevamento ed hanno sufficiente familiarità con i relativi regolamenti per determinare le deviazioni dalle condizioni appropriate (cioè sono persone addestrate espressamente). La definizione è apparentemente flessibile e interpretabile senza un riferimento preciso a una qualche Norma. In realtà si parla di persone addestrate espressamente ovvero di figure per le quali è possibile documentare un percorso formativo (scolastico, lavorativo e formativo-professionale) tale da garantire il bagaglio di conoscenze sufficiente per operare ingegneri esperti Gli ingegneri esperti sono ingegneri pratici in progettazione, costruzione o manutenzione degli apparecchi di sollevamento, con conoscenza sufficiente delle relative norma e regolamenti, che hanno l’attrezzatura necessaria per effettuare l’ispezione e possono giudicare la condizione di sicurezza dell’apparecchio di sollevamento misure devono essere adottate per assicurare un ulteriore funzionamento sicuro.Vi è poi il requisito relativo. Anche in questo caso i requisiti di qualificazione di un ingegnere esperto sono piuttosto chiari già nella premessa. Vi è poi il requisito relativo alla attrezzatura (per accertamenti dimensionali, controlli NDT ecc.), Infine gli si attribuisce la responsabilità di decidere quali misure adottare al fine di dichiarare l’idoneità tecnica all’utilizzo. [/panel]
Figure e frequenza di ispezione ISO 9927-1 - D1
Tabella D1 ISO 9927-1
7. Personale coinvolto D.Lgs. 81/2008
Conduttore di gru: (identificabile con l’operatore di cui all’art. 69 del D.Lgs n. 81/2008) persona che fa funzionare la gru al fine di posizionare dei carichi. È responsabile della manovra corretta dell’attrezzatura. Deve essere adeguatamente addestrato per la specifica tipologia di gru ed avere una sufficiente conoscenza della gru, dei suoi comandi e dei suoi dispositivi di sicurezza. [ISO 12480-1]
Personale di manutenzione: [identificabile con l’operatore di cui all’art. 69 del D.Lgs n. 81/2008 se specificatamente qualificato secondo quanto previsto all’art. 71 comma 7 lett. b)] personale responsabile della manutenzione della gru e del suo sicuro e soddisfacente funzionamento. È tenuto ad effettuare ogni manutenzione necessaria. Deve avere piena familiarità con l’attrezzatura ed i rischi che essa presenta e con le procedure di intervento previste. [ISO 12480-1].
Tecnico esperto: [identificabile con l’operatore di cui all’art. 69 del D.Lgs n. 81/2008 se in possesso delle competenze necessarie come previsto all’art. 71 comma 8 lett. c)] persona che, per la sua preparazione ed esperienza, possiede capacità e conoscenze nel campo delle gru e sufficiente familiarità con le principali regolamentazioni per poter determinare eventuali scostamenti dalle condizioni previste.[ISO9927-1].
8. Registro dei controlli Art. 71 c. 9 D.Lgs. 81/2008
Tutti i controlli condotti sull’attrezzatura devono essere riportati su apposito registro, ad eccezione di quelli giornalieri, per i quali è sufficiente la registrazione solo in caso in cui dovessero evidenziare eventuali difetti, al fine anche di ottemperare a quanto previsto dall’art. 71 comma 9 del D.Lgs n. 81/2008 che prevede la registrazione dei risultati dei controlli condotti e la loro conservazione per almeno tre anni.
in servizio: Condizione in cui la gru sposta dei carichi che possono raggiungere la capacità nominale con velocità del vento ammissibile e nelle altre condizioni specificate dalle norme e/o dal fabbricante. fuori servizio: condizione in cui la gru non è utilizzata, non essendo alcun carico applicato all'organo di presa e nelle condizioni specificate dalle norme e/o dal fabbricante. centro di gravità: punto in cui si può considerare concentrata la massa totale di un corpo
10. Controlli e ispezioni
Per completezza si riportano di seguito anche le definizione relative a quei controlli che, perché effettuati con periodicità superiori ai 12 mesi o perché dettati da evenienze eccezionali che non rientrano nella normale manutenzione dell’attrezzatura, non sono declinati nel presente documento; si individuano inoltre le figure che dovrebbero svolgere questi controlli.
- Ispezione eccezionale: ispezione condotta a seguito di eventi eccezionali (condizioni ambientali estreme, terremoti, utilizzo in condizioni di sovraccarico, collisione con altre strutture), che risulta abbiano provocato danni alla gru, riparazioni a seguito di danneggiamenti o modifiche (della portata, della struttura portante o dei suoi componenti, del sistema di comando, …). Tale ispezione è volta a garantire che non si verifichino scostamenti dalle condizioni di sicurezza della gru. Tale controllo dovrebbe essere condotto da un ispettore di gru.
- Verifica speciale: indagine approfondita volta a valutare la vita residua dell’attrezzatura, condotta da persona competente/ingegnere esperto:
- almeno dopo 10 anni dalla data di fabbricazione per gru a torre, gru mobili e gru caricatrici, oppure - almeno dopo 20 anni dalla data di fabbricazione per le altre tipologie di apparecchi di sollevamento, oppure - nei casi in cui si riveli un aumento della frequenza di malfunzionamenti della gru e dall’ispezione periodica risulti un significativo deterioramento della macchina, oppure - nel caso in cui il datore di lavoro acquisti una gru usata per la quale non risulta possibile stabilire il precedente regime di utilizzo (in tal caso tale controllo dovrà essere condotto al massimo entro 12 mesi dalla messa in servizio).
Le figure sotto descritte non devono necessariamente essere distinte tra loro: più controlli, infatti, possono essere eseguiti dalla stessa persona, purché in possesso di tutte le competenze specifiche per eseguirli, come previsto dall’art. 71 comma 8 lett. c). Si precisa inoltre che dette figure non devono essere appositamente reclutate dal datore di lavoro, ma possono coincidere, previo possesso dei requisiti necessari all’espletamento dei compiti previsti, con il personale in forza presso il datore di lavoro.
Ispettore di gru: persona avente le conoscenze e lʼesperienza necessarie per effettuare lʼispezione in conformità alle indicazioni fornite dalla EN ISO 23814 della specifica gru a seguito di modifiche apportate alla stessa. Sono pertanto esclusi ispezioni e controlli effettuati dagli operatori e dal personale di manutenzione delle gru. [ISO 23814]
Persona competente/ingegnere esperto: soggetto con esperienza nella progettazione, costruzione e manutenzione di gru, sufficiente conoscenza di regolamenti e norme e degli strumenti necessari per condurre unʼispezione. Inoltre, la persona competente/ingegnere esperto è in grado di giudicare le condizioni di sicurezza della gru e decidere quali misure adottare per assicurare interventi sicuri [ISO 9927-1], fatte salve le disposizioni nazionali in materia degli Organi Competenti.
Metodo di ispezione [ISO 9927-1]
Esame visivo: esame condotto allo scopo di individuare eventuali anomalie o scostamenti rispetto alle normali condizioni mediante controlli visivi, ad esempio un hammering test e misurazioni. Generalmente l’esame viene condotto senza smontare l’attrezzatura, a meno di particolari necessità che dovessero presentarsi.
Controlli non distruttivi CND: si fa riferimento ad esami quali liquidi penetranti, ultrasuoni, particelle magnetiche, radiografie, che potrebbero rendersi necessari a valle dell’esame visivo.
Test funzionali: riguardano i comandi, gli interruttori e gli indicatori. Per quanto concerne, invece, il sistema elettrico e/o idraulico il test va condotto, solo se necessario.
Test operativi: include prove con e senza carico e prove funzionali dei dispositivi limitatori ed indicatori.
[box-info]Tecnici soggetti abilitati e controlli Art. 71 c.8
La circolare MLPS n. 9 del 5/3/2013 ha chiarito che i tecnici dei soggetti abilitati non possono effettuare i controlli previsti dall’articolo 71 comma 8 del D.Lgs n. 81/2008 (Controlli iniziali, periodici, eccezionali.)[/box-info]
11. Vita residua apparecchi di sollevamento: come effettuare le indagini
L'indagine supplementare consiste nell'attività finalizzata ad individuare eventuali vizi, difetti o anomalie, prodottesi nell'utilizzo delle attrezzature di lavoro, messe in esercizio da oltre 20 anni, nonché a stabilire la vita residua in cui la macchina potrà ancora operare in condizioni di sicurezza con le eventuali relative nuove portate nominali.
Vengono sottoposte a verifica supplementare tutti gli apparecchi di sollevamento di tipo mobile o trasferibile oltre ai ponti mobili sviluppabili su carro ad azionamento motorizzato che siano stati messi in servizio in data antecedente a 20 anni.
Gruppo SC - Apparecchi di sollevamento materiali non azionati a mano ed idroestrattori a forza centrifuga a) Apparecchi mobili di sollevamento materiali di portata superiore a 200 kg b) Apparecchi trasferibili di sollevamento materiali di portata superiore a 200 kg c) Apparecchi fissi di sollevamento materiali di portata superiore a 200 kg d) Carrelli semoventi a braccio telescopico e) ldroestrattori a forza centrifuga
12. Uso sicuro
La norma UNI ISO 12480-1:2012Apparecchi di sollevamento - Uso sicuro - Parte 1: Generalità, illustra nel dettaglio come utilizzare un apparecchio di sollevamento in modo sicuro.
Controlli giornalieri All'inizio di ogni turno o giornata di lavoro in cui la gru è utilizzata, si dovrebbe procedere ai seguenti controlli di routine, in funzione del tipo di gru, es:
A2. Controlli giornalieri a) controlli come richiesti dal manuale del fabbricante; b) controllare che tutti i cavi siano correttamente posizionati nelle loro pulegge e che i tamburi non siano stati spostati; c) controllare visualmente che nessun equipaggiamento elettrico è esposto ad essere contaminato da olio, grasso e sporco d) controllare visualmente, mediante controllo dei corrispondenti livelli e/o componenti, che non vi sia perdita apparente di fluido come olio di lubrificazione e liquido di raffreddamento; e) controllo del funzionamento di tutti i dispositivi di limitazione o di apertura di circuito come anche della maniglia o leva ad uomo morto, avendo prudenza nel fare i controlli in caso di malfunzionamento; f) controllare che l'indicatore di carico della gru sia operativo e che la richiesta prova giornaliera del dispositivo sia stata effettuata; g) controllare che la scala dell'indicatore del raggio di carico si accorda con la configurazione del braccio utilizzata se il sistema è distinto da quello del punto f); [...] o) controllare che i sistemi di ancoraggio per tempesta (ove installati) sono in buono stato e che non vi sono ostacoli sulla via di corsa della gru; p) controllo dell'efficacia di freni e frizioni prima della messa in marcia; q) verificare che nessun dispositivo di blocco di sicurezza o di avviso sia installato sull'equipaggiamento o i comandi prima dell'inizio delle operazioni.
A3. Controlli settimanali Oltre alle verifiche stabilite nel punto A.2, devono essere normalmente effettuate una volta alla settimana o ad un altro intervallo di sicurezza specificato dal fabbricante o più adatto all'utilizzazione della gru quando la gru è in servizio, i seguenti controlli, in funzione del tipo di gru interessato.
a) Controlli come richiesti dal manuale del fabbricante. b) Controllare visualmente tutti i cavi per trovare trefoli rotti, schiacciamenti, strefolamenti o altri segni di deterioramento, di usura eccessiva e di corrosione della superficie. c) Controllare tutte le estremità dei cavi, perni, coppiglie e dispositivi di ritenuta. Controllare ugualmente tutte le pulegge per scoprire danneggiamento, boccole usurate o grippaggio. d) Ispezionare la struttura al la ricerca di deterioramenti, per esempio traverse mancanti e deformate sulle strutture dei ponti o dei bracci tralicciati, imbozzamenti, intagli e segni di sfregamento insoliti sui bracci telescopici, saldature fessurate, bulloni o altri elementi di collegamento allentati, ecc. e) Controllare il(i) gancio(i) e altri accessori di presa, il(i) moschettone(i) di sicurezza e il(i) perno(i) in quanto a deterioramento, movimento libero o usura. Verificare se la filettatura del gambo e il dado di ritenuta del gancio non presentino gioco eccessivo che possano indicare usura o corrosione. [...] l) Annotare i risultati delle verifiche nel registro delle ispezioni. Dove applicabile, si dovrebbero utilizzare moduli regolamentari.
13. D.Lgs 81/2008 Art. 71
[panel]D.Lgs n. 81/2008 ... Art. 71. Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all'articolo precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie.
2. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di lavoro prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse;
d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature già in uso.
3. Il datore di lavoro, al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte, adotta adeguate misure tecniche ed organizzative, tra le quali quelle dell'allegato VI.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché:
a) le attrezzature di lavoro siano:
1) installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso;
2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all'articolo 70 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso e libretto di manutenzione;
3) assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza stabilite con specifico provvedimento regolamentare adottato in relazione alle prescrizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettera z);
b) siano curati la tenuta e l'aggiornamento del registro di controllo delle attrezzature di lavoro per cui lo stesso è previsto.
5. Le modifiche apportate alle macchine quali definite all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, per migliorarne le condizioni di sicurezza in rapporto alle previsioni del comma 1, ovvero del comma 4, lettera a), numero 3), non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, secondo periodo, sempre che non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore.
6. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché il posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l'uso delle attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai principi dell'ergonomia.
7. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché:
a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori allo scopo incaricati che abbiano ricevuto una informazione, formazione ed addestramento adeguati;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, i lavoratori interessati siano qualificati in maniera specifica per svolgere detti compiti.
8. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro, secondo le indicazioni fornite dai fabbricanti ovvero, in assenza di queste, dalle pertinenti norme tecniche o dalle buone prassi o da linee guida, provvede affinché:
a) le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle condizioni di installazione siano sottoposte a un controllo iniziale (dopo l'installazione e prima della messa in esercizio) e ad un controllo dopo ogni montaggio in un nuovo cantiere o in una nuova località di impianto, al fine di assicurarne l'installazione corretta e il buon funzionamento;
b) le attrezzature soggette a influssi che possono provocare deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose siano sottoposte:
1. ad interventi di controllo periodici, secondo frequenze stabilite in base alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona tecnica, o in assenza di queste ultime, desumibili dai codici di buona prassi;
2. ad interventi di controllo straordinari al fine di garantire il mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che intervengano eventi eccezionali che possano avere conseguenze pregiudizievoli per la sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali riparazioni, trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati di inattività;
c) Gli interventi di controllo di cui alle lettere a) e b) sono volti ad assicurare il buono stato di conservazione e l'efficienza a fini di sicurezza delle attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da persona competente.
9. I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza.
10. Qualora le attrezzature di lavoro di cui al comma 8 siano usate al di fuori della sede dell'unità produttiva devono essere accompagnate da un documento attestante l'esecuzione dell'ultimo controllo con esito positivo.
11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro riportate nell’allegato VII a verifiche periodiche volte a valutarne l’effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. Per la prima verifica il datore di lavoro si avvale dell’INAIL, che vi provvede nel termine di quarantacinque giorni dalla richiesta.(13) Una volta decorso inutilmente il termine di quarantacinque giorni sopra indicato, il datore di lavoro può avvalersi, a propria scelta, di altri soggetti pubblici o privati abilitati secondo le modalità di cui al comma 13. Le successive verifiche sono effettuate su libera scelta del datore di lavoro dalle ASL o, ove ciò sia previsto con legge regionale, dall’ARPA, o da soggetti pubblici o privati abilitati che vi provvedono secondo le modalità di cui al comma 13. Per l’effettuazione delle verifiche l’INAIL può avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I verbali redatti all’esito delle verifiche di cui al presente comma devono essere conservati e tenuti a disposizione dell’organo di vigilanza. Le verifiche di cui al presente comma sono effettuate a titolo oneroso e le spese per la loro effettuazione sono poste a carico del datore di lavoro.
12. Per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 11, le ASL e l'ISPESL possono avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I soggetti privati abilitati acquistano la qualifica di incaricati di pubblico servizio e rispondono direttamente alla struttura pubblica titolare della funzione.
13. Le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti pubblici o privati di cui al comma precedente sono stabiliti con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
13-bis. Al fine di garantire la continuità e l'efficienza dei servizi di soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione degli incendi, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco può effettuare direttamente le verifiche periodiche di cui al comma 11, relativamente alle attrezzature riportate nell'allegato VII di cui dispone a titolo di proprietà o comodato d'uso. Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco provvede a tali adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
14. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e province autonome di Trento e di Bolzano e sentita la Commissione consultiva di cui all'articolo 6, vengono apportate le modifiche all'allegato VII relativamente all'elenco delle attrezzature di lavoro da sottoporre alle verifiche di cui al comma 11.[/panel]
Apparecchi di sollevamento materiali con portata superiore a 200 Kg. non azionati a mano, di tipo fisso, con modalità di utilizzo riscontrabili in settori di impiego quali costruzioni, siderurgico, portuale, estrattivo e con anno di fabbricazione antecedente 10 anni
Verifiche annuali
Apparecchi di sollevamento materiali con portata superiore a 200 Kg, non azionati a mano, di tipo fisso, con modalità di utilizzo riscontrabili in settori di impiego quali costruzioni, siderurgico, portuale, estrattivo e con anno di fabbricazione non antecedente 10 anni
Verifiche biennali
Apparecchi di sollevamento materiali con portata superiore a 200 Kg. non azionati a mano, di tipo fisso, con modalità di utilizzo regolare e anno di fabbricazione antecedente 10 anni
Verifiche biennali
Apparecchi di sollevamento materiali con portata superiore a 200 Kg. non azionati a mano, di tipo fisso, con modalità di utilizzo regolare e anno di fabbricazione non antecedente 10 anni
Verifiche triennali
...
ndr - Si noti la discriminante relativa ai settori di impiego [/panel]
- Nelle RSA è obbligatoria la vaccinazione anti covid-19 (dal 10 Ottobre 2021); - Nelle scuole, università, servizi educativi l’infanzia, altri obbligatorio il Gren pass (dal 11 Settembre 2021). ________
A. Lavoratori esterni nelle RSA: obbligo vaccinale anti covid-19
E’ quanto disposto dal Decreto-Legge 10 settembre 2021 n. 122 Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza da COVID-19 in ambito scolastico, della formazione superiore e socio sanitario-assistenziale. (GU n.217 del 10.09.2021) che prevede una estensione dell’obbligo vaccinale anti Covid-19,dal 10 Ottobre 2021, anche per soggetti che, a qualunque titolo, svolgono nelle predette strutture attività lavorativa sulla base di contratti esterni.
Garante di tale obbligo è il datore di lavoro di tali soggetti insieme al responsabile della struttura.
Fig. 1 - Obbligo vaccinazione anti covid-19 RSA Soggetti esterni
Art. 4 -bis (Estensione dell’obbligo vaccinale ai lavoratori impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie).
1. Dal 10 ottobre 2021, fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, l’obbligo vaccinale previsto dall’articolo 4, comma 1, si applica altresì a tutti i soggetti anche esterni che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa nelle strutture di cui all’articolo 1-bis.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.
3. I responsabili delle strutture di cui all’articolo 1 - bis e i datori di lavoro dei soggetti che, a qualunque titolo, svolgono nelle predette strutture attività lavorativa sulla base di contratti esterni, assicurano il rispetto dell’obbligo di cui al comma 1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 17 -bis del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per la finalità di cui al primo periodo i responsabili e i datori di lavoro possono verificare l’adempimento dell’obbligo acquisendo le informazioni necessarie secondo le modalità definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato di concerto con i Ministri della salute, per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale e dell’economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.
4. Agli esercenti le professioni sanitarie e agli operatori di interesse sanitario nonché ai lavoratori dipendenti delle strutture di cui all’articolo 1-bis si applicano le disposizioni di cui all’articolo 4, ad eccezione del comma 8, e la sospensione della prestazione lavorativa comporta che non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato, e mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, fermo restando quanto previsto dall’articolo 4, comma 10.
5. L’accesso alle strutture di cui all’articolo 1 -bis in violazione delle disposizioni di cui al comma 1 è sanzionato ai sensi dell’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 2 -bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74. La stessa sanzione si applica alla violazione delle disposizioni di cui al comma 3, primo periodo.[/box-note] ...
B. Lavoratori esterni nelle “scuole”: obbligo Green pass
E’ quanto disposto dal Decreto-Legge 10 settembre 2021 n. 122 Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza da COVID-19 in ambito scolastico, della formazione superiore e socio sanitario-assistenziale. (GU n.217 del 10.09.2021) che prevede l’obbligo del Green pass per soggetti che accedono alle strutture per ragioni di servizio o di lavoro.
Garante di tale obbligo è il datore di lavoro di tali soggetti insieme al Dirigente scolastico o responsabile istituzione.
Fig. 2 - Obbligo Green pass "scuole" Soggetti esterni
Art. 9 -ter.1 (Impiego delle certificazioni verdi COVID-19 per l’accesso in ambito scolastico, educativo e formativo).
1. Le disposizioni di cui all’articolo 9- ter si applicano anche al personale dei servizi educativi per l’infanzia di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, dei centri provinciali per l’istruzione degli adulti (CPIA), dei sistemi regionali di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), dei sistemi regionali che realizzano i percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) e degli Istituti Tecnici Superiori (ITS). Le verifiche di cui al comma 4 dell’articolo 9-ter sono effettuate dai dirigenti scolastici e dai responsabili delle istituzioni di cui al primo periodo.
2. Fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica, chiunque accede alle strutture delle istituzioni scolastiche, educative e formative di cui all’articolo 9 - ter e al comma 1 del presente articolo, deve possedere ed è tenuto a esibire la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2. La disposizione di cui al primo periodo non si applica ai bambini, agli alunni e agli studenti nonché ai frequentanti i sistemi regionali di formazione, ad eccezione di coloro che prendono parte ai percorsi formativi degli Istituti Tecnici Superiori (ITS).
3. La misura di cui al comma 2 non si applica ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.
4. I dirigenti scolastici e i responsabili delle istituzioni scolastiche, educative e formative di cui al comma 2 sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui al medesimo comma 2. Nel caso in cui l’accesso alle strutture sia motivato da ragioni di servizio o di lavoro, la verifica sul rispetto delle prescrizioni di cui al comma 2, oltre che dai soggetti di cui al primo periodo, deve essere effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10. Con circolare del Ministro dell’istruzione possono essere stabilite ulteriori modalità di verifica.
5. La violazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 4 è sanzionata ai sensi dell’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 2 -bis , del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74.
Art. 9 -ter.2 (Impiego delle certificazioni verdi COVID-19 per l’accesso nelle strutture della formazione superiore).
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 9 -ter, fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica, chiunque accede alle strutture appartenenti alle istituzioni universitarie e dell’alta formazione artistica musicale e coreutica, nonché alle altre istituzioni di alta formazione collegate alle università, deve possedere ed è tenuto a esibire la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2.
2. La misura di cui al comma 1 non si applica ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.
3. I responsabili delle istituzioni di cui al comma 1 sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui al predetto comma 1, secondo modalità a campione individuate dalle medesime Istituzioni. Nel caso in cui l’accesso alle strutture sia motivato da ragioni di servizio o di lavoro, la verifica sul rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1, oltre che dai soggetti di cui al primo periodo, deve essere effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10.
4. La violazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 3 è sanzionata ai sensi dell’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 2 -bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74. ... segue in allegato
Verifiche periodiche delle attrezzature e degli insiemi a pressione | UNI 11325-12:2018
Il Documento allegato illustra la nuova norma UNI 11325-12:2018 elaborata per dettagliare le procedure generali per effettuare le verifiche periodiche delle attrezzature a pressione e degli insiemi.
La norma UNI 11325-12:2018 - Attrezzature a pressione - Messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione - Parte 12: Verifiche periodiche delle attrezzature e degli insiemi, è stata elaborata in conformità alle indicazioni dell'art. 3 del decreto del Ministero delle attività produttive 1° dicembre 2004, n. 329 "Regolamento recante norme per la messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93" (di seguito indicate con D.M. 329/2004) con il contributo dell’INAIL, del Forum degli organismi notificati, del Coordinamento tecnico interregionale e delle associazioni di categoria interessate nell'ambito di un incarico conferito all’UNI dal Ministero delle Attività produttive al fine di supportare le disposizioni del D.M. 329/2004.
Riferimenti normativi:
- Decreto 1 dicembre 2004, n. 329 - Regolamento recante norme per la messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93
- Decreto Legislativo 25 febbraio 2000, n. 93 - Attuazione della direttiva 97/23/CE in materia di attrezzature a pressione e della direttiva 2014/68/UE concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di attrezzature a pressione (rifusione), che ne dispone l’abrogazione. s.m.i.
- Decreto Legislativo n. 81/2008 Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. s.m.i.
- Decreto 11 aprile 2011 Disciplina delle modalita' di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonche' i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo.
- UNI 11325-12:2018 -Attrezzature a pressione - Messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature e degli insiemi a pressione - Parte 12: Verifiche periodiche delle attrezzature e degli insiemi a pressione. http://store.uni.com/catalogo/index.php/uni-11325-12-2018.html
Excursus
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Valutazione dello stato di conservazione dell’attrezzatura/insieme effettuato mediante esame visivo e controllo spessimetrico
Premesso che l'esame visivo consiste nell'ispezione delle superfici interne ed esterne, esso può essere coadiuvato con l'utilizzo di apparecchiature endoscopiche.
Nota 1 Per l'esecuzione dell'esame visivo si può far riferimento alla Linea Guida ISPESL "L'esame visivo su attrezzature a pressione ai fini delle verifiche di costruzione in esercizio”.
Prima dell'effettuazione dell'esame visivo interno, l'attrezzatura/insieme, sotto responsabilità dell'utilizzatore, deve essere bonificata e pulita e ne deve essere resa sicura l'accessibilità e l'eventuale recupero dell'operatore in caso di necessità, in applicazione della legislazione vigente 7).
L’ispezione visiva deve essere integrata da un esame spessimetrico:
- nei casi di limitata accessibilità e/o ispezionabilità dell'attrezzatura/insieme (in questi casi l'esame visivo deve essere anche integrato da una prova a pressione);
- quando previsto dal fabbricante per attrezzature costruite e certificate secondo le direttive di prodotto (97/23/CE e 2014/68/UE, 87/404/CEE, 90/488/CEE, 2009/105/CE e 2014/29/UE);
- a fronte di visibili o attese riduzioni di spessore (presenza di fenomeni corrosivi/erosivi).
L’esame spessimetrico è comunque necessario laddove nella documentazione a corredo dell'attrezzatura siano previsti sovraspessori di corrosione.
I controlli devono essere effettuati in accordo alle indicazioni eventualmente previste nel manuale di istruzioni predisposto dal fabbricante o, laddove mancanti, in accordo alle norme tecniche di riferimento nelle zone più critiche e di maggior interesse.
Il personale addetto ai controlli deve essere qualificato in conformità alla UNI EN ISO 9712.
In relazione alla tipologia di danneggiamento prevedibile, una singola tecnica di controllo può non essere sufficiente per rilevare in maniera efficace i relativi difetti; in tal caso si devono predisporre piani di controllo che includano diverse tecniche.
Il piano di controllo deve essere predisposto da personale qualificato in conformità alla UNI EN ISO 9712.
Nel prospetto 1 presentato un elenco non esaustivo di alcune tecniche di controllo con il relativo grado di efficacia in relazione alla tipologia di danneggiamento.
Prospetto 1 - Efficacia di alcune tecniche di controllo per tipologia di danneggiamento
Segue...
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Premessa 1. Scopo e campo dl applicazione 2. Esame documentale 3. Verifica di funzionalità dei dispositivi di protezione 4. Verifica dei parametri operativi 5. Verifica di funzionamento dei generatori di vapore d'acqua e/o acqua surriscaldata 6. Verifica di funzionamento di attrezzature o insiemi in cui sono presenti aperture o portelle a manovra unica o multipla 7. Verifica di integrità 8. Verifica documentale 9. Valutazione dello stato di conservazione dell’attrezzatura/insieme effettuato mediante esame visivo e controllo spessimetrico 10. Indagini supplementari 10.1 Generalità 10.2 Controlli non distruttivi 11. Verifica di membrature non ispezionabili 12. Casi particolari 13. Verifica di integrità e di idoneità all'ulteriore esercizio di attrezzature soggette a fenomeni di scorrimento viscoso e/o fatica 14. Visita interna dei generatori di vapore d'acqua e/o di acqua surriscaldata Fonti
La check list è articolata in 14 schede riguardanti nello specifico:
[alert]1. Disposizioni relative alle modalità di ingresso/uscita 2. Disposizioni relative a pulizia e igienizzazione di luoghi e attrezzature 3. Disposizioni relative a igiene personale e dispositivi di protezione individuale 4. Disposizioni relative alla misura del distanziamento 5. Disposizioni relative alla organizzazione dell’attività convittuale, semiconvittuale, dei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO) e dei percorsi di istruzione degli adulti 6. Disposizioni relative alla gestione di spazi comuni 7. Disposizioni relative all’aerazione degli spazi 8. Uso dei locali esterni all'istituto scolastico e utilizzo dei locali scolastici da parte di soggetti esterni 9. Supporto psicologico, pedagogico-educativo 10. Disposizioni relative alla gestione di una persona sintomatica all’interno dell’istituto scolastico 11. Disposizioni relative a sorveglianza sanitaria, medico competente, RLS 12. Costituzione di una commissione[/alert]
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Introduzione
Tenuto conto della normativa vigente e delle disposizioni delle Autorità Sanitarie competenti in materia di contrasto alla diffusione del Virus COVID- 19, si ritiene essenziale richiamare le principali disposizioni generali di natura sanitaria, per agevolare i Dirigenti scolastici nell’adozione delle misure organizzative di sicurezza specifiche anti-contagio da COVID-19, fermo restando quanto previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo al personale del Comparto istruzione e ricerca in materia di relazioni sindacali.
Considerato che il COVID-19 rappresenta un rischio biologico generico, per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione, che seguano la logica della precauzione ed attuino le prescrizioni del legislatore e le indicazioni dell’Autorità sanitaria e che in vista dell'avvio del prossimo anno scolastico 2021/2022, si ritiene assolutamente necessario dare priorità alla didattica in presenza, non solo come strumento essenziale per la formazione degli studenti, ma anche come momento imprescindibile e indispensabile nel loro percorso di sviluppo psicologico, di strutturazione della personalità e dell'abitudine alla socializzazione, la cui mancanza può negativamente tradursi in una situazione di deprivazione sociale e psico-affettiva delle future generazioni1.
Rilevato che, ai sensi dell’articolo 1 , comma 1 del DL n. 111 del 2021 “Nell'anno scolastico 2021-2022, al fine di assicurare il valore della scuola come comunità e di tutelare la sfera sociale e psico-affettiva della popolazione scolastica, sull'intero territorio nazionale i servizi educativi per l'infanzia di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 e l'attività scolastica e didattica della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado sono svolti in presenza" e che, ai sensi del comma 4 dello stesso articolo, fino al termine di cessazione dello stato di emergenza, “i Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano e i Sindaci, possono derogare, per specifiche aree del territorio o per singoli istituti, alle disposizioni di cui al comma 1 esclusivamente in zona rossa o arancione e in circostanze di eccezionale e straordinaria necessità dovuta all'insorgenza di focolai o al rischio estremamente elevato di diffusione del virus SARS-CoV-2 o di sue varianti nella popolazione scolastica.
I provvedimenti di cui al primo periodo sono motivatamente adottati sentite le competenti autorità sanitarie e nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, in particolare con riferimento al loro ambito di applicazione. Laddove siano adottati i predetti provvedimenti di deroga, resta sempre garantita la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l'uso di laboratori o per mantenere una relazione educativa che realizzi l'effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali.”
Pertanto, si stabilisce che:
- ogni istituto scolastico dà attuazione alle indicazioni di cui al presente protocollo, nel rispetto della normativa vigente; - il Dirigente scolastico (che esercita le funzioni di datore di lavoro nelle scuole statali, ovvero, per le scuole paritarie, il Datore di lavoro), per prevenire la diffusione del Virus, è tenuto a informare, attraverso un'apposita comunicazione rivolta a tutto il personale, agli studenti e alle famiglie degli alunni, sulle regole fondamentali di igiene che devono essere adottate in tutti gli ambienti della scuola; - è prevista la formazione e l’aggiornamento in materia di COVID, per il personale scolastico; - ogni istituto scolastico provvederà ad integrare ed aggiornare il patto di corresponsabilità educativa per la collaborazione attiva tra Scuola e Famiglia, rafforzatasi con la recente esperienza della didattica a distanza; - ciascun lavoratore è tenuto ad informare tempestivamente il Dirigente scolastico o un suo delegato di eventuali contatti stretti con persone positive, della presenza di qualsiasi sintomo influenzale durante l’espletamento della propria prestazione lavorativa o della presenza di sintomi negli studenti presenti all’interno dell’istituto; - il personale scolastico rispetta le prescrizioni previste dalla normativa vigente in materia di prevenzione e contrasto della diffusione del Covid - 19. Il rispetto di tali prescrizioni, ivi inclusi le linee guida e i protocolli di cui al comma 3 dell'art. 1 del decreto-legge n. 111/2021, nonché i protocolli richiamati dall’art. 29 bis del decreto legge n. 23 del 2020, rende adempiuti gli obblighi di cui all'art. 2087 del codice civile. Di conseguenza, l’applicazione nelle istituzioni scolastiche delle prescrizioni contenute nel presente protocollo, condiviso con le organizzazioni sindacali, determina per tutto il personale scolastico, chiamato all’attuazione delle misure sulla prevenzione e sicurezza Covid-19, il regime probatorio di imputazione della responsabilità di cui all’art. 29-bis del decreto-legge n. 23/2020, così come previsto dalla normativa vigente; - il Dirigente scolastico dovrà inoltre informare chiunque entri nei locali dell’istituto circa le disposizioni delle Autorità, anche utilizzando gli strumenti digitali disponibili. In particolare, le informazioni riguardano: - l’obbligo di rimanere al proprio domicilio in presenza di temperatura oltre i 37.5° o altri sintomi simil-influenzali e di chiamare il proprio medico di famiglia e l’autorità sanitaria; - il divieto di fare ingresso o di permanere nei locali scolastici laddove, anche successivamente all’ingresso, sussistano le condizioni di pericolo (soggetti con sintomatologia respiratoria o temperatura corporea superiore a 37,5°; provenienza da zone a rischio o contatto con persone positive al virus nei 14 giorni precedenti, etc.) stabilite dalle Autorità sanitarie competenti; - l’obbligo di rispettare tutte le disposizioni delle Autorità e del Dirigente scolastico.
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Estratto
Protocollo misure COVID-19 sicurezza scuole a.s. 2021/2022 | Check list
Approvazione dei requisiti degli organismi formatori, del programma e delle modalità di svolgimento dei corsi di formazione, rivolti ai rivenditori e agli installatori di bombole GPL, ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo 22 febbraio 2006, n. 128. (GU n.18 del 23.01.2007)[/box-note]
1. Al fine di garantire la sicurezza antincendio nelle attivita' di installazione ed utilizzo delle bombole, ogni azienda distributrice di GPL in bombole provvede, mediante apposito corso di addestramento tecnico, a far istruire i propri rivenditori sull'uso corretto dei recipienti e dei loro annessi, secondo le vigenti norme di sicurezza.
2. Il corso puo' essere svolto da privati, enti o societa' qualificate ed all'uopo autorizzati, ai sensi del comma 3, dal Ministero dell'interno, Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.
3. I requisiti degli organismi di cui al comma 2, il programma e le modalita' di effettuazione dei corsi sono stabiliti dal Ministero dell'interno - Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.
4. Resta fermo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di corsi di addestramento per gli addetti al rifornimento dei serbatoi, di cui agli articoli 13 e 14. ...[/box-note]
RSPP e ASPP: Formazione pregressa riconosciuta fino al 03.09.2021
ID 12677 | 27 Gennaio 2021 / Documento completo allegato
L'Accordo SR 07/07/2016, al punto 8, ha ridefinito la durata ed i contenuti minimi dei percorsi formativi per responsabili e addetti dei servizi di prevenzione e protezione, sono fatti salvi i percorsi formativi effettuati in vigenza del precedente Accordo SR del 26/01/2006, pertanto gli RSPP e ASPP che non cambiano settore produttivo e continuano ad operare esclusivamente all’interno di esso non dovranno integrare il proprio percorso formativo per adeguarsi alle previsioni del presente accordo.
Inoltre, in fase di prima applicazione e per un periodo non superiore a 5 anni dall’entrata in vigore dell'Accordo SR 07/07/2016 (e quindi fino al 03/09/2021), la frequenza del Modulo B comune o di uno o più Moduli B di specializzazione può essere riconosciuta ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di aggiornamento, degli RSPP e ASPP formati ai sensi dell’Accordo SR del 26/01/2006.
Il Modulo B è il corso correlato alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative.
Come il Modulo A anche il Modulo B è necessario per lo svolgimento delle funzioni di RSPP e ASPP.
L'articolazione degli argomenti formativi e delle aree tematiche del Modulo 8 è strutturata prevedendo un Modulo comune a tutti i settori produttivi della durata di 48 ore.
Il suddetto Modulo B comune è esaustivo per tutti i settori produttivi ad eccezione di quattro per i quali il percorso deve essere integrato con la frequenza dei moduli di specializzazione indicati nella tabella sotto riportata.
Il Modulo B comune è propedeutico per l'accesso ai moduli di specializzazione.
Le durate dei corsi non comprende le verifiche di apprendimento finali.[/box-note]
1. Modulo B comune a tutti i settori di attività
L'articolazione degli argomenti formativi e delle aree tematiche del Modulo B è strutturata prevedendo un Modulo comune a tutti i settori produttivi della durata di 48 ore.
2. Moduli B di specializzazione
Tabella 1 - Moduli B di specializzazione
[panel]Modulo B
Il Modulo B comune riguarda la tematica della natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi all’attività lavorativa ed è esauriente per quasi tutti settori, ad eccezione di Agricoltura, Costruzioni, Sanità e Chimico per i quali il percorso deve essere integrato con la frequenza dei Moduli di specializzazione.[/panel]
Fig. 1 - Modulo B (comune) + Modulo B (specializzazione) per i settori Agricoltura, Costruzioni, Sanità e Chimico
Sono fatti salvi i percorsi formativi effettuati in vigenza dell'accordo Stato-Regioni del 26 gennaio 2006, pertanto gli RSPP e ASPP che non cambiano settore produttivo e continuano ad operare esclusivamente all'intero o di esso non dovranno integrare il proprio percorso formativo per adeguarsi alle previsioni del presente accordo.
Si riporta di seguito la tabella di corrispondenza ai fini del riconoscimento dei crediti formativi ovvero delle ulteriori ore integrative previste esclusivamente in caso di passaggio ad altro settore produttivo.[/box-note]
Tabella 2 - Ore integrative RSPP e ASPP in caso di passaggio ad altro settore produttivo
In fase di prima applicazione e per un periodo non superiore a 5 anni dall'entrata in vigore del presente accordo (03 Settembre 2016 / 03 Settembre 2021), la frequenza del Modulo B comune o di uno o più Moduli B di specializzazione, può essere riconosciuta ai fini dell'assolvimento dell'obbligo di aggiornamento, degli RSPP e ASPP formati ai sensi dell'accordo Stato-Regioni del 26 gennaio 2006. [/panel]
Lavoratori e vaccinazione anti-Covid-19 | Note al 17 Agosto 2021
ID 12545 | Rev. 4.0 del 17.08.2021 / Nota completa allegata / News in divenire
La situazione pandemica da COVID-19 è presente nel mondo, da ormai oltre un anno. La vaccinazione anti-COVID-19 sarà la soluzione alla pandemia (salvo individuazione di farmaci e loro autorizzazione), sicuramente non in tempi brevi.
Al momento, sia in ambito di comunità / lavoro, non è prevista una vaccinazione anti-Covid-19 obbligatoria (previsto Green pass in alcune attività e servizi di cui a seguire / nota Update 17.08.2021 e Fig. 4) e non esiste norma diretta/correlata al riguardo, salvo l’obbligo per gli operatori sanitari a seguito dell'emanazione del Decreto-Legge 1 aprile 2021 n.44(GU n. 79 del 1° aprile 2021), vedasi a seguire.
Le presenti note analizzano in prospettiva la vaccinazione anti-COVID-19 in ambito di lavoro quale definitiva misura di prevenzione salute al rischio COVID-19, che come accertato e normato, è un rischio per la salute dei lavoratori ed in particolare per i lavoratori fragili, nella evidenza normativa che l'infezione stessa, è equiparata INAIL, ad "Infortunio sul lavoro".
[box-note]Update 17.08.2021
1. Obbligo Green pass lavoratori accesso mense aziendali A seguito dell’emanazione del Decreto-Legge 23 Luglio 2021 n. 105 Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l'esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche. (GU n.175 del 23.07.2021), è previsto dal 6 agosto 2021, è consentito in zona bianca esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi COVID-19 (Green pass), di cui all’articolo 9, comma 2, l’accesso a determinate servizi e attività. Con la FAQ del 16 Agosto 2021, le mense aziendali rientrano in tali servizi e attivita in cui è necessario il Green pass con le modalità del DPCM 17 giugno 2021.
FAQ 16.08.2021 Per la consumazione al tavolo nelle mense aziendali o in tutti i locali adibiti alla somministrazione di servizi di ristorazione ai dipendenti pubblici e privati è necessario esibire la certificazione verde COVID-19?
Sì, per la consumazione al tavolo al chiuso i lavoratori possono accedere nella mensa aziendale o nei locali adibiti alla somministrazione di servizi di ristorazione ai dipendenti, solo se muniti di certificazione verde COVID-19, analogamente a quanto avviene nei ristoranti. A tal fine, i gestori dei predetti servizi sono tenuti a verificare le certificazioni verdi COVID-19 con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 giugno 2021.
2. Obbligo Green pass scuole (docenti e ATA) dal 1° Settembre 2021 A seguito dell’emanazione de ldecreto-legge 6 agosto 2021 n. 111 Misure urgenti per l'esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti (GU n.187 del 06.08.2021), è previsto l’obbligo del Green pass per docenti e ATA, infatti l’articolo 9 riporta:
“Dal 1° settembre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione in presenza del servizio essenziale di istruzione, tutto il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e universitario, nonche’ gli studenti universitari, devono possedere e sono tenuti a esibire la certificazione verde COVID-19.”
ART. 9-ter (Impiego delle certificazioni verdi COVID-19 in ambito scolastico e universitario)
1. Dal 1° settembre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione in presenza del servizio essenziale di istruzione, tutto il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e universitario, nonché gli studenti universitari, devono possedere e sono tenuti a esibire la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2.
A seguito della pubblicazione in GU n. 79 del 1° aprile 2021 del Decreto-Legge 1 aprile 2021 n.44 riguardante misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici si evidenzia che:
Gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2.
La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’idoneità all’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative.
ART. 4 (Disposizioni urgenti in materia di prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 mediante previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario)
1. In considerazione della situazione di emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, fino alla completa attuazione del piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n.178, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale all’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati. La vaccinazione è somministrata nel rispetto delle indicazioni fornite dalle regioni, dalle province autonome e dalle altre autorità sanitarie competenti, in conformità alle previsioni contenute nel piano. 2. La vaccinazione di cui al comma 1 non è obbligatoria può essere omessa o differita solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestato dal medico di medicina generale. … 6...l’azienda sanitaria locale competente accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e ne dà immediata comunicazione all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza. L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.
8…il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, diverse da quelle indicate al comma 6, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio. Quando l’assegnazione a diverse mansioni non è possibile, per il periodo di sospensione di cui al comma 9, non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato.
La vaccinazione anti-COVID-19 potrà essere considerata una misura di prevenzione salute/sicurezza per i lavoratori in obbligo in capo al Datore di Lavoro / Medico Competente (nelle rispettive competenze), se emanata norma ad hoc in ambito lavoro e qualora la stessa non sia stata effettuata dai lavoratori stessi in ambito di comunità (salvo Operatori sanitari per i quali è stata emanato il Decreto-Legge 1 aprile 2021 n.44 (GU n. 79 del 1° aprile 2021).
Al momento il DL può accedere solo ai Giudizi di idoneità del MC (che dovrà tener conto del rischio COVID-Lavoro nella Sorveglianza Sanitaria), ed attuare eventuali misure espresse nel Giudizio.
Le misure anti-COVID-19 al momento in vigore ed inserite nei Protocolli sicurezza lavoro (si veda Protocollo 24.04.2020), potrebbero essere compensate in toto dalla vaccinazione dei lavoratori che sia avvenuta in ambito di comunità o in ambito di lavoro.
E' estremamente probabile che la questione vaccinazione in ambito di lavoro e che non sia stata effettuata in ambito di comunità, sarà frutto di molte discussioni, sia perchè è assente ad oggi una norma lavoro ad hoc ed in quanto improbabile al momento una sua emanazione, nei concetti di "Valutazione del Rischio - Misure di prevenzione/protezione" cuore del contesto del D.Lgs. 81/2008. ...
[box-warning]Infezione da COVID-19 / Infortunio sul lavoro
Si ricorda che l’infezione da COVID-19 è equiparata un “infortunio sul lavoro” con le tutele INAL del caso (Art. 42 c. 2 del D.L. 17 marzo 2020 n. 18 convertito in Legge 24 aprile 2020 n. 27). (1)[/box-warning]
....
Con una norma ad hoc, la vaccinazione potrà essere ritenuta una misura di prevenzione e protezione dagli attori del D.Lgs. 81/2008, in tal caso il Datore di Lavoro potrà richiedere evidenza dell’avvenuta vaccinazione del lavoratore in ambito di comunità o avrà l'obbligo di adottare tale misura in ambito lavorativo a tutela dell’incolumità del/i lavoratore/i esposti a rischio biologico COVID-19 o come potenziali vettori.
Si evidenzia la presente questione, restando del parere che tale misura dovrebbe essere un obbligo per DL/Lavoratori qualora la vaccinazione anti-COVID-19 non sia già stata effettuata in ambito di comunità (vedi Fig. 1). ...
FAQ Garante 17 Febbraio 2021
In data 17 Febbraio 2021, il garante si è espresso in merito, evidenziando i seguenti aspetti:
[box-note]FAQ - Trattamento di dati relativi alla vaccinazione anti Covid-19 nel contesto lavorativo
1. Il datore di lavoro può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione?
NO. Il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l‘avvenuta vaccinazione anti Covid-19. Ciò non è consentito dalle disposizioni dell’emergenza e dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Il datore di lavoro non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, non potendo il consenso costituire in tal caso una valida condizione di liceità in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo (considerando 43 del Regolamento).
2. Il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati?
NO. Il medico competente non può comunicare al datore di lavoro i nominativi dei dipendenti vaccinati. Solo il medico competente può infatti trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica (artt. 25, 39, comma 5, e 41, comma 4, D.Lgs. 81/2008). Il datore di lavoro può invece acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati (es. art. 18 comma 1, lett. c), g) e bb) D.Lgs. 81/2008).
3. La vaccinazione anti covid-19 dei dipendenti può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni (ad es. in ambito sanitario)?
Nell’attesa di un intervento del legislatore nazionale che, nel quadro della situazione epidemiologica in atto e sulla base delle evidenze scientifiche, valuti se porre la vaccinazione anti Covid-19 come requisito per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni, allo stato, nei casi di esposizione diretta ad "agenti biologici" durante il lavoro, come nel contesto sanitario che comporta livelli di rischio elevati per i lavoratori e per i pazienti, trovano applicazione le “misure speciali di protezione” previste per taluni ambienti lavorativi (art. 279 nell’ambito del Titolo X del D.Lgs. 81/2008). In tale quadro solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo e nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie anche in merito all’efficacia e all’affidabilità medico-scientifica del vaccino, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica. Il datore di lavoro dovrà invece limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (art. 279, 41 e 42 del D.Lgs. 81/2008). ... Vedi tutte[/box-note]
...
Scenario 1:Norma anti-Covid 19 operatori sanitari La norma anti-Covid 19 operatori sanitari è stata emanata con il Decreto-Legge 1 aprile 2021 n.44, il DL è il soggetto responsabile provvedimenti per mancato adempimento
Scenario 2: Norma anti-Covid 19 lavoro e comunità assente / Salvo Scenario 1
(*) Non obbligatoria (**) Green pass obbligatorio Docenti e ATA scuole / lavoratori accesso mense aziendali (***)Non obbligatoria, suggerita MC o da Protocolli / Accordi / VdR 81 / rif. Art. 2087 C.C. (****) Piano di vaccinazione aziendale sviluppato in accordo con il Protocollo generale vaccini del 06.04.2021e le Indicazioni ad interim vaccini lavoro INAIL. (*****^)La Vaccinazione anti-COVID-19 compensa le misure di prevenzione salute/sicurezza attuate e che potranno essere rimosse (Ambito del MC) (******) Il datore di lavoro attua eventuali misure espresse dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (art. 279, 41 e 42 del d.lgs. n. 81/2008). (Ambito DL)
Fig. 4 - Scenario 2: Norma anti-Covid 19 lavoro e comunità assente/ Vaccinazione anti COVID-19 comunità / ambiente di lavoro (Ambiti MC / DL) (salvo Operatori sanitari di cui allo Scenario 1)
Ambiti Medico Competente / Datore di Lavoro (Da FAQ Garante)
Il medico competente non può comunicare al datore di lavoro i nominativi dei dipendenti vaccinati. Solo il medico competente può infatti trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica (artt. 25, 39, comma 5, e 41, comma 4, D.Lgs. n. 81/2008).
Il datore di lavoro può invece acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati (es. art. 18 comma 1, lett. c), g) e bb) D.Lgs. n. 81/2008).
Il datore di lavoro dovrà invece limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (art. 279, 41 e 42 del D.Lgs. n. 81/2008).
Fig. 5 - Il DL può acquisire il Giudizio di idoneità alla mansione dal MC
Servizi igienico assistenziali nei luoghi di lavoro: N° bagni e WC
ID 9690 | 12.12.2019 Documento completo allegato
La normativa relativa ai Servizi igienico assistenziali nei luoghi di lavoro, in particolare al numero di bagni e WC che devono essere presenti in un luogo di lavoro (non sono presi in considerazione i cantieri), si è evoluta nel tempo con contenuti anche contrastanti, in particolare con l'entrata in vigore del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 e D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e l'introduzione del concetto di "Valutazione del Rischio", si è passati da "prescrizioni" a più generici concetti valutativi.
Ad oggi il riferimento di legge in vigore è il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 con l'Art. 63 e Allegato IV (1.13).
Inoltre devono essere presi in esame i riferimenti dei Regolamenti d'igiene locale (regionali/comunali) qualora riportino indicazioni.
Si riporta, ad esempio, il Regolamento d'igiene della R. FVG.
Excursus
Evoluzione normativa
1. D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303 - (Testo nativo)
La norma per i servizi igienico assistenziali dei luoghi di lavoro, risale al Titolo II capo IV del D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303 riportava (testo nativo):
Art. 37. Lavandini
La distribuzione dell'acqua per lavarsi deve essere fatta in modo da evitare l'uso di vaschette o di catinelle con acqua ferma.
I lavandini devono essere in numero di almeno uno per ogni 5 dipendenti occupati in un turno, ed i lavandini collettivi devono disporre di uno spazio di almeno 60 centimetri per ogni posto.
Agli operai che si trovano nelle condizioni indicate dall'art. 38 il datore di lavoro deve fornire anche adatti mezzi detersivi e per asciugarsi.
Nelle aziende industriali e commerciali, e nelle loro immediate adiacenze, deve esservi almeno una latrina a disposizione dei lavoratori.
Nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non inferiore a 10, vi devono essere di regola latrine separate per uomini e per donne.
Il numero delle latrine nell'azienda non deve essere inferiore ad una per ogni 40 persone in essa occupate. Nelle nuove costruzioni, il numero delle latrine non deve essere inferiore ad una per ogni 30 persone occupate per un turno.
I locali delle latrine non devono, di norma, comunicare direttamente coi locali di lavoro; le pareti divisorie e le porte delle latrine devono essere di altezza sufficiente a salvaguardare la decenza. Le condizioni igieniche delle latrine, degli orinatoi, delle condutture, dei bottini, come pure la vuotatura ed il trasporto delle materie in questi contenute, devono rispondere alle norme consigliate dalla ingegneria sanitaria.
1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi.
2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando ciò sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a dieci, è ammessa un'utilizzazione separata degli stessi.
D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), in particolare articoli 63. 65, Allegato IV e Allegato XIII, riporta:
Art. 63.Requisiti di salute e di sicurezza
1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV.
2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili.
3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere, le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posi di lavoro utilizzati da lavoratori disabili.
4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione dell'organo di vigilanza territorialmente competente, adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
6. Comma abrogato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106. ...
Allegato IV ...
1.13. Servizi igienico assistenziali 1.13.1. Acqua 1.13.1.1. Nei luoghi di lavoro o nelle loro immediate vicinanze deve essere messa a disposizione dei lavoratori acqua in quantità sufficiente, tanto per uso potabile quanto per lavarsi. 1.13.1.2. Per la provvista, la conservazione e la distribuzione dell'acqua devono osservarsi le norme igieniche atte ad evitarne l'inquinamento e ad impedire la diffusione di malattie. 1.13.2. Docce 1.13.2.1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità lo esigono. 1.13.2.2. Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o un'utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono comunque facilmente comunicare tra loro. 1.13.2.3. I locali delle docce devono essere riscaldati nella stagione fredda ed avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene. 1.13.2.4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi. 1.13.3. Gabinetti e lavabi 1.13.3.1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi. 1.13.3.2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando ciò sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a dieci, è ammessa un'utilizzazione separata degli stessi. 1.13.4. Pulizia delle installazioni igienico-assistenziali: 1.13.4.1. Le installazioni e gli arredi destinati ai refettori, agli spogliatoi, ai bagni, alle latrine, ai dormitori ed in genere ai servizi di igiene e di benessere per i lavoratori, devono essere mantenuti in stato di scrupolosa pulizia, a cura del datore di lavoro. 1.13.4.2. I lavoratori devono usare con cura e proprietà i locali, le installazioni e gli arredi indicati al punto precedente
Esempio, L. R. 11 novembre 2009, n. 19 Codice regionale dell’edilizia FVG
Linee guida requisiti igienico sanitari attività di produzione FVG ...
Per servizi igienici si intendono i locali adibiti all’igiene della persona; la dotazione minima deve comprendere gabinetto (wc) e lavabo adeguatamente disimpegnati. In merito alle caratteristiche dell’acqua, si fa esclusivo riferimento alle norme di settore; in ogni luogo di lavoro, o nelle immediate vicinanze, deve essere garantita la disponibilità di acqua potabile corrente.
1.1 Servizi igienici ad uso dei dipendenti nei locali ad uso direzionale, commerciale, industriale, artigianale Deve essere previsto almeno un servizio igienico (wc e lavamani) ogni 10 dipendenti, comprensivi del titolare e/o dei soci. Oltre i 10 dipendenti i servizi igienici devono essere divisi per sesso.
1.1.1 Requisiti di illuminazione e ventilazione Nel servizio igienico e nell’antibagno, ove possibile, va assicurata l’illuminazione e la ventilazione naturale, dotando ogni locale di finestra apribile di superficie non inferiore ad 1/10 della superficie in pianta. La finestra deve essere apribile, se del caso con idonei dispositivi di apertura (manuali o automatici), facilmente accessibili e manovrabili. In mancanza di illuminazione e ventilazione naturale, i locali devono essere provvisti di illuminazione e ventilazione artificiale secondo le vigenti norme tecniche; l’aspirazione deve essere avviata contestualmente all’accensione della luce o all’apertura della porta di accesso e temporizzata con durata tale da garantire un ricambio completo ad ogni utilizzo. L’antibagno deve essere aereato evitando che il flusso d’aria si diriga dal wc a una zona pulita.
1.1.2 Requisiti strutturali e dotazioni I servizi igienici devono corrispondere ai seguenti requisiti e disporre delle seguenti dotazioni: - il servizio igienico deve essere dotato di antibagno, qualora non sia accessibile da corridoi o disobblighi o locali deposito (purché non di generi alimentari); qualora i servizi igienico assistenziali del personale siano divisi per sesso, l’accesso al servizio igienico potrà avvenire attraverso il rispettivo spogliatoio; in tal caso il servizio igienico dovrà essere adeguatamente dimensionato in modo da consentire anche l’installazione del lavamani;
- sia il servizio igienico che l’anti-bagno devono avere superficie non inferiore a 1.20 mq, con il lato minore di almeno 1.00 m; - l’altezza interna non può essere inferiore a 2.40 m, fatte salve le deroghe previste dalle normative vigenti; - i locali wc devono essere separati tra loro e dall’antibagno da pareti, di regola, a tutta altezza; - le porte di accesso devono avere larghezza non inferiore a 0.75 m e direzione di apertura preferibilmente verso l’esterno, devono essere dotate di serratura di emergenza (azionabile dall’esterno e con indicatore di presenza) ove necessario e di idonea griglia di aerazione nella parte inferiore o sollevate rispetto al pavimento di almeno 5 cm; - il pavimento deve essere realizzato in materiale resistente impermeabile, antiscivolo, facilmente lavabile e disinfettabile; - per particolari tipologie lavorative o particolari attività va prevista l’installazione di un idoneo sistema di deflusso delle acque a pavimento, pilette o griglie, ed una presa d’acqua per lancia di lavaggio; - le pareti devono essere rivestite in materiale impermeabile, facilmente lavabile e disinfettabile, fino all’altezza di 2.00 m; - il servizio igienico deve essere dotato di tazza o turca a filo di pavimento; - i lavamani, posizionati preferibilmente all’interno del locale wc, devono essere dotati di acqua calda e fredda; - il numero dei lavamani deve essere, preferibilmente, non inferiore al numero di tazze o turche; - il servizio igienico può essere realizzato in locali sotterranei e semisotterranei, purché adeguatamente areato e protetto dall’umidità.
Inoltre, nelle attività che prevedono la manipolazione di alimenti (ad esclusione delle rivendite di tabacchi con vendita di caramelle e similari): - i servizi devono essere interni all’esercizio o comunque collegati con passaggio interno; - i comandi di erogazione dell’acqua dei lavamani devono essere non manuali (a pedale, a ginocchio, a fotocellula); - le aperture di finestre devono essere dotate di reti antinsetti a fitte maglie, facilmente amovibili per la pulizia, e/o altri dispositivi antinsetto e antiroditori; - qualora vi sia un’accessibilità diretta dal locale di somministrazione, vendita, produzione o deposito, la porta dell’antibagno deve essere dotata di chiusura automatica (molla di ritorno), ad eccezione del caso in cui il servizio igienico sia accessibile ai disabili.
Fig. 5 Riferimento N. Bagni Regolamento d’Igiene locale FVG
(*) Bagno inteso almeno come vaso WC e lavabo
Bagni chimici mobili
Il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 prevede l'utilizzo di "bagni mobili chimici" nei luoghi di lavoro solo al servizio dei cantieri edili(Allegato XIII p. 3.4. Quando per particolari esigenze vengono utilizzati bagni mobili chimici, questi devono presentare caratteristiche tali da minimizzare il rischio sanitario per gli utenti), nel numero di 1 ogni 10 lavoratori (Allegato XIII 3.3. I lavabi devono essere in numero minimo di uno ogni 5 lavoratori e 1 gabinetto ogni 10 lavoratori impegnati nel cantiere).
I Bagni chimici mobili devono rispondere ai requisiti della norma UNI EN 16194:2012.
[box-note]UNI EN 16194:2012
Bagni mobili non collegati alla rete fognaria - Requisiti per i prodotti ed i servizi necessari per l’utilizzo di bagni mobili e relativi prodotti sanitari
La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 16194 (edizione febbraio 2012). La norma si applica ai bagni mobili (esclusi i bagni a secco) non collegati alla rete fognaria. Essa specifica i requisiti per i servizi relativi all'installazione dei bagni mobili e i requisiti pertinenti ai bagni mobili e ai prodotti sanitari, tenendo conto di fattori quali igiene, salute e sicurezza. Essa specifica i requisiti di qualità minimi relativi ai bagni mobili e ai prodotti sanitari e correlati inoltre alle misure di pulizia richieste, al numero di bagni mobili da fornire, alle ubicazioni nonché agli intervalli di pulizia e smaltimento.[/box-note]
Servizi igienico assistenziali: interpello n. 4/2013 .... segue in allegato
UNI 11414:2011 | Linee guida qualificazione sistema di manutenzione
ID 14031 | 16.07.2021 / Documento di approfondimento ed esempio programma di manutenzione allegati
Documento di approfondimento sull’applicazione della norma UNI 11414:2011 per la qualificazione di un sistema di manutenzione.
La norma definisce i requisiti necessari per verificare la conformità del sistema di manutenzione rispetto al contesto in cui opera e in particolare si propone di valutare:
- la coerenza organizzativa del sistema di manutenzione, - il posizionamento strategico della manutenzione, - la coerenza delle politiche di manutenzione rispetto alla strategia di manutenzione perseguita, - il grado di ingegnerizzazione della manutenzione, - l’osservanza delle normative su sicurezza, salute e tutela ambientale.
La norma tiene, inoltre, conto delle specificità relative alla natura e alla complessità del sistema di manutenzione soggetto a qualifica. In particolare la norma dettaglia le modalità di esecuzione del processo di qualifica in relazione al fatto che il sistema manutentivo sia:
- interno, o - esterno.
[panel]Alla necessità di avere un quadro di riferimento preciso ed univoco in materia di qualifiche professionali di manutenzione provvede la “EN 15628:2014 - Manutenzione - Qualifica del personale di manutenzione”, che definisce gli standard di “qualità professionale” che il personale di manutenzione deve possedere, ovvero il mix richiesto di conoscenze, abilità e comportamenti professionali attesi.
[/panel]
[box-info]UNI 11414:2011 Manutenzione - Linee guida per la qualificazione del sistema di manutenzione
Data entrata in vigore: 19 maggio 2011[/box-info]
[...]
1. Requisiti di un sistema di manutenzione
Un sistema di manutenzione, oltre al rispetto della legislazione vigente, in particolare in ambito sicurezza, salute e ambiente, deve prevedere almeno l’esistenza di:
2. Qualificazione
La qualificazione del sistema di manutenzione deve essere condotta in riferimento alle seguenti tematiche:
[...]
3. Organizzazione
3.1 Settore di riferimento, dati economici e produttivi
È necessario fornire informazioni riguardo a:
[panel]CLIENTE:
-- settore merceologico di riferimento, -- fatturato registrato negli ultimi anni e quello previsto per l’anno in corso (considerare preferibilmente gli ultimi 5 anni), -- numero di unità prodotte annue o valore che individua una dimensione caratteristica dell’attività/funzione svolta (riferirsi preferibilmente agli ultimi 5 anni).
BENI DI MANUTENZIONE:
-- tipologia e funzione svolta, -- capacità o parametro dimensionale che ne caratterizza la funzione.
SISTEMA MANUTENTIVO:
-- tipologia, specializzazione e ambito del servizio di manutenzione, -- dimensione organizzativa, dettagliando se si tratta di singola impresa, di gruppo o funzione interna.[/panel]
3.6 Progettazione, pianificazione e programmazione
Verificare l’esistenza di una funzione di progettazione, pianificazione e programmazione delle attività di manutenzione o comunque di una funzione che espleti il ruolo di coordinamento delle attività svolte dalla manutenzione o da terzi durante gli interventi manutentivi, al fine di assicurare efficacia ed efficienza nell’utilizzo delle risorse condivise da più gruppi di lavoro e ridurre al minimo le interferenze.
3.7 Documentazione di manutenzione
Rilevare l’esistenza di manuali, documentazione tecnica e piani di manutenzione legati ai beni di manutenzione e in particolare rilevare:
- il grado di copertura della documentazione tecnica, manuali e piani di manutenzione rispetto ai beni da manutenere, - la presenza di indicazioni riguardanti la periodicità degli interventi, le modalità di esecuzione ed eventuali parametri da misurare, - il rispetto del piano di manutenzione, ovvero la comprensione da parte degli esecutori e la corretta consuntivazione degli interventi pianificati, - la presenza di criteri da adottare per gestire anomalie ed interferenze con altre attività anche produttive, - il livello di coinvolgimento del personale tecnico nella redazione del piano di manutenzione, - la presenza e il rispetto di una procedura di aggiornamento continuo della documentazione tecnica, manuali e piani di manutenzione nel tempo.
È importante infine sottolineare l’eventuale esistenza di piani di manutenzione specifici per beni ritenuti critici e piani di verifica dei sistemi di sicurezza.
[...]
9. Normativa, ruoli e responsabilità in ambito sicurezza, salute e ambiente
In aggiunta alla legislazione e normativa vigente esistono delle leggi e/o norme specifiche per alcuni settori merceologici riferite alla manutenzione. Oltre a ciò, soprattutto nelle aziende medio-piccole, la manutenzione è spesso responsabile di alcune attività legate alla sicurezza. Si richiede pertanto di evidenziare tali leggi, norme e responsabilità.
Rilevare in accordo, l’andamento nell’ultimo quinquennio degli indici di frequenza e gravità degli infortuni, in manutenzione e il dato assoluto.
Indicare l’eventuale presenza di lavori da eseguire esclusivamente attraverso l’impiego di personale qualificato.
Verificare che siano chiaramente identificate, in ambito manutenzione, le figure e le responsabilità prescritte dalla cogente legislazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Nel caso in cui la manutenzione abbia deleghe specifiche in ambito sicurezza, salute e ambiente (RSPP Responsabile del servizio di prevenzione e protezione, antincendio, gestione rifiuti, ecc.) dettagliare le specifiche responsabilità.
10. Esempio di valutazione delle funzionalità del sistema informativo di manutenzione
[...]
11. Esempio di responsabilità dell’ingegneria di manutenzione
[...]
Modello esempio Programma di Manutenzione Rev. 0.0 2021
[...] segue in allegato
Fonti UNI 11414:2011 Manutenzione - Linee guida per la qualificazione del sistema di manutenzione
UNI 11808-X:2021 | Registro di controllo reti di sicurezza (Tipo XS e YS)
ID 13759 | 10.06.2021 / Documento di analisi e modello esempio registro di controllo in allegato / (!) Effettuare di nuovo il download del Documento allegato per integrazioni effettuate l'11.06.2021.
Documento di analisi sulle modalità di verifica e ispezione delle reti di sicurezza rientranti nel campo di applicazione delle norme UNI 11808-1:2021 ed UNI 11808-2:2021.
La norma UNI EN 1263-1:2015 identifica quattro tipi di reti di sicurezza:
[panel]1) Tipo S: rete di sicurezza con fune sul bordo, la taglia minore deve essere almeno 35m2. Per le reti di sicurezza rettangolari la lunghezza del lato più corto deve essere almeno 5,0 m. (le reti sicurezza di piccole dimensioni (meno di 35 m2 e 5,0 m sul lato più corto) non fanno parte della presente norma e dovrebbero essere determinate da legislazioni nazionali, dove applicabile (UNI 11808-1/2:2021- Prima Edizione tratta Reti XS e YX)
2) Tipo T: rete di sicurezza fissata su staffe per utilizzo orizzontale. 3) Tipo U: rete di sicurezza fissata ad una intelaiatura di sostegno per utilizzo verticale. 4) Tipo V: rete di sicurezza con fune sul bordo fissata ad un sostegno di tipo a forca.[/panel]
Fig. 1 - Tipi di reti anticaduta
Fig. 2 - Tipi di Reti e norme UNI
[box-warning](*) UNI 1263-1
“Le reti sicurezza di piccole dimensioni (meno di 35 m2e 5,0 m sul lato più corto) non fanno parte della presente norma e dovrebbero essere determinate da legislazioni nazionali, dove applicabile” (UNI 11808-1/2:2021- Prima Edizione)[/box-warning]
[box-info]UNI EN 1263-1 Attrezzature provvisionali di lavoro - Reti di sicurezza - Parte 1: Requisiti di sicurezza, metodi di prova
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN 1263-1 (edizione dicembre 2014). La norma si applica alle reti di sicurezza ed ai loro accessori utilizzati in lavori di costruzione ed assemblaggio per proteggere dalle cadute dall'alto. Essa specifica i requisiti di sicurezza ed i metodi di prova ed è basata sulle caratteristiche prestazionali delle fibre di polipropene e di poliammide.
Le reti sicurezza di piccole dimensioni (meno di 35 m2 e 5,0 m sul lato piu corto) non fanno parte della presente norma e dovrebbero essere determinate da legislazioni nazionali, dove applicabile.
UNI EN 1263-2:2015 Attrezzature provvisionali di lavoro - Reti di sicurezza - Parte 2: Requisiti di sicurezza per i limiti di posizionamento
La presente norma è la versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN 1263-2 (edizione dicembre 2014). La norma specifica i requisiti di sicurezza per il posizionamento delle reti di sicurezza in conformità al manuale di istruzioni del fabbricante e alle specifiche di prodotto e per le prove delle reti di sicurezza di sistema S, sistema T, sistema U e sistema V in conformità alla UNI EN 1263-1.
Le piccole reti di sicurezza di sistema S conformi alla UNI EN 1263-1 (minori di 35 m2 e 5,0 m sul lato più corto) non sono trattate dalla norma (UNI 11808-1/2:2021 - ndr).
[/box-info]
Il presente documento tratta delle reti di Tipo XS e YS le cui norme di riferimento sono:
- UNI 11808-1:2021 “Attrezzature provvisionali - Reti di sicurezza di piccole dimensioni con fune sul bordo - Parte 1: Reti con lato corto da 3 m a 5 m - Requisiti di sicurezza, metodi di prova e condizioni di utilizzo”. (Tipo XS) - UNI 11808-2:2021 “Attrezzature provvisionali - Reti di sicurezza di piccole dimensioni con fune sul bordo - Parte 2: Reti rettangolari con lato corto da 2 m a 3 m - Requisiti di sicurezza, metodi di prova e condizioni di utilizzo”. (Tipo YS)
Nello specifico la UNI 11808-1:2021si applica alle reti di sicurezza di piccole dimensioni con lato corto da 3 m a 5 m, con fune sul bordo, e ai loro accessori utilizzati in situazioni in cui ci sia il pericolo di caduta dall’alto. Tali reti di sicurezza di piccole dimensioni sono progettate per essere posizionate ad una distanza verticale dal livello di lavoro da proteggere non maggiore di 2 m. La norma specifica i requisiti di sicurezza, i metodi di prova e le condizioni di utilizzo ed è basata sulle caratteristiche prestazionali delle fibre di polipropilene, di poliammide, di polietilene e di poliestere.
Mentre la UNI 11808-2:2021si applica alle reti di sicurezza di piccole dimensioni con lato corto da 2 m a 3 m e lato lungo non minore di 4 m con fune sul bordo, e ai loro accessori utilizzati in situazioni in cui ci sia il pericolo di caduta dall’alto. Tali reti di sicurezza di piccole dimensioni sono progettate per essere posizionate ad una distanza verticale dal livello di lavoro da proteggere non maggiore di 0,5 m. Essa specifica i requisiti di sicurezza, i metodi di prova e le condizioni di utilizzo ed è basata sulle caratteristiche prestazionali delle fibre di polipropilene, di poliammide, di polietilene e di poliestere.
[panel]Indice
0 Premessa 1 D.Lgs. 81/08 2. Priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale 3 Definizioni 4 Classificazione 4.1 Rete XS 4.2 Rete YS 4.3 Funi per reti XS/YS 5. Designazione XS 6 Designazione YS 7 Ispezione 7.1 Ispezione prima del montaggio o dopo lo smontaggio 7.2 Ispezione d'uso 7.3 Ispezione periodica 7.4 Ispezione straordinaria 7.5 Verifiche da effettuare 8 Manutenzione 8.1 Riparazioni 8.2 Ritiro dal servizio 8.3 Registrazioni[/panel]
[...]
1 D.Lgs. 81/08
[panel]D.Lgs. 81/08 - TITOLO IV - CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
CAPO I - MISURE PER LA SALUTE E SICUREZZA NEI CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
1. I datori di lavoro delle imprese esecutrici, durante l’esecuzione dell’opera osservano le misure generali di tutela di cui all’articolo 15 e curano, ciascuno per la parte di competenza, in particolare:
a) il mantenimento del cantiere in condizioni ordinate e di soddisfacente salubrità; b) la scelta dell’ubicazione di posti di lavoro tenendo conto delle condizioni di accesso a tali posti, definendo vie o zone di spostamento o di circolazione; c) le condizioni di movimentazione dei vari materiali; d) la manutenzione, il controllo prima dell’entrata in servizio e il controllo periodico degli apprestamenti, delle attrezzature di lavoro degli impianti e dei dispositivi al fine di eliminare i difetti che possono pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori; e) la delimitazione e l’allestimento delle zone di stoccaggio e di deposito dei vari materiali, in particolare quando si tratta di materie e di sostanze pericolose; f) l’adeguamento, in funzione dell’evoluzione del cantiere, della durata effettiva da attribuire ai vari tipi di lavoro o fasi di lavoro; g) la cooperazione e il coordinamento tra datori di lavoro e lavoratori autonomi; h) le interazioni con le attività che avvengono sul luogo, all’interno o in prossimità del cantiere. ...
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si intende per lavoro in quota: attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile.
1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non possono essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo scopo, sceglie le attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, in conformità ai seguenti criteri:
a) priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale; …
1. Nei lavori in quota, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose conformemente ai punti 2, 3.1, 3.2 e 3.3 dell'allegato XVIII. ...
1. Prima di procedere alla esecuzione di lavori su lucernari, tetti, coperture e simili, fermo restando l'obbligo di predisporre misure di protezione collettiva, deve essere accertato che questi abbiano resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei materiali di impiego.
2. Nel caso in cui sia dubbia tale resistenza, devono essere adottati i necessari apprestamenti atti a garantire la incolumità delle persone addette, disponendo, a seconda dei casi, tavole sopra le orditure, sottopalchi e facendo uso di idonei dispositivi di protezione individuale anticaduta. ...[/panel]
2 Priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale
Fig. 3 - Analisi del rischio: schema metodologico generale indicante le fasi fondamentali di eliminazione e di riduzione dei rischi
[box-info]Reti di sicurezza:
da utilizzare come dispositivi di protezione collettiva (DPC) di arresto caduta aventi funzione di impedire e/o di ridurre gli effetti della caduta dall’alto del lavoratore in maniera tale che non si verifichino danni sul corpo umano.
Rete di sicurezza XS (rete XS): Rete di sicurezza con fune sul bordo, avente la lunghezza del lato più corto compresa tra 3,0 m e 5,0 m. (UNI 11808-1:2021)
Rete di sicurezza YS (rete YS): Rete di sicurezza con fune sul bordo, avente la lunghezza del lato più corto compresa tra 2,0 m e 3,0 m e lato lungo non minore di 4 m. (UNI 11808-2:2021)
Fig. 4a) - Maglie quadrate (Q)
Fig. 4b) - Maglie a losanga (Q)
[...]
Fig. 5 - Esempio rete anticaduta Tipo XS / YS
3.2 Funi per reti XS/YS
Le proprietà e i requisiti delle funi che possono essere utilizzate in combinazione alle reti XS/YS sono indicate nella tabella 1.
Tabella 1 - Proprietà e requisiti funi
[...]
4 Designazione XS
[...]
6 Ispezione
L'ispezione e la manutenzione permettono di garantire il mantenimento nel tempo delle caratteristiche prestazionali della rete XS/YS.
Tabella 2 – Tipologia ispezioni
[...]
7.3 Registrazioni
Deve essere predisposto un registro di controllo che deve contenere almeno quanto segue:
- identificazione della rete XS/YS e/o degli elementi e/o dei componenti; - riferimenti del fabbricante, dell’installatore e dell’utilizzatore; - luogo e data delle ispezioni prima del montaggio o dopo lo smontaggio, d’uso e periodica; - luogo e data dell’ispezione straordinaria, della manutenzione e della riparazione; - identificazione della persona che ha effettuato l'intervento; - per l’ispezione straordinaria: controlli effettuati, metodi utilizzati e risultati dei controlli; - per la manutenzione e la riparazione: descrizione degli interventi effettuati.
Inoltre, deve essere registrato il controllo della maglia di prova in accordo ai punti 7.7.3 e 7.7.4 della UNI EN 1263-1:2015.
Modello registro di controllo reti di sicurezza UNI 11808-X
[...] Segue in allegato (Documento di analisi e modello esempio registro di controllo)
Fonti UNI 11808-1:2021 UNI 11808-2:2021 D.lgs. 81/08
Protettori dell’udito: Selezione, Uso, Cura e manutenzione | EN 458:2016
ID 13870 | 01.07.2021 / Documento completo in allegato
Documento sui protettori dell'udito di cui alla norma UNI EN 458:2016 in riferimento alla selezione, l'uso, la cura e la manutenzione degli stessi.
La norma europea è destinata a fornire una guida ai datori di lavoro, supervisori e consulenti per la sicurezza. Inoltre la norma fornisce informazioni anche a tutti coloro che necessitano di utilizzare i protettori dell'udito.
I protettori dell'udito sono dispositivi di protezione individuale (DPI) destinati a ridurre gli effetti nocivi che il rumore e il suono possono avere sull'udito.
[box-info]UNI EN 458:2016 Protettori dell'udito - Raccomandazioni per la selezione, l'uso, la cura e la manutenzione - Documento guida
Data entrata in vigore: 07 aprile 2016
La norma fornisce raccomandazioni per la selezione, l'uso, la cura e la manutenzione dei protettori dell'udito.[/box-info]
La norma fornisce una guida per la corretta selezione, l'uso, e la cura di tali dispositivi. Sono indicati inoltre gli strumenti per valutare il livello di esposizione al rumore quando si utilizza un determinato protettore dell'udito.
Gli Organismi nazionali possono sviluppare documenti di applicazione nazionale sulla base della presente norma.
I protettori dell'udito sono generalmente disponibili in due forme principali: cuffie e inserti auricolari. Entrambe le forme sono disponibili con caratteristiche e funzioni aggiuntive.
Entrambe presentano vantaggi e svantaggi in termini di attenuazione, comfort, facilità d'uso, mezzi di comunicazione e costo.
Nei programmi di conservazione dell’udito, sono identificate le aree di rumore pericolose ed è valutata l’esposizione personale al rumore. Prima di considerare un adeguato protettore dell'udito, si dovrebbe dare priorità alla riduzione del rumore alla sorgente e/o alla riduzione del tempo di esposizione.
Se si rileva necessario o consigliabile l'utilizzo di un protettore dell'udito, la scelta dei dispositivi ottimali è un compito complesso. L'aspetto più importante è che il protettore fornisca una sufficiente attenuazione.
Spesso è auspicabile mantenere la capacità di sentire messaggi verbali e i segnali di avvertimento. Per ottenere ciò, il protettore dell'udito non dovrebbe fornire iperprotezione.
Attenzione particolare a questo fattore è richiesta a livelli moderati di rumore. I protettori dell'udito sono forniti con dati di attenuazione in vari formati. L'attenuazione è espressa in decibel ed è stata ricavata da prove di laboratorio. È importante notare che questi dati sono stati ottenuti in condizioni controllate di laboratorio utilizzando soggetti di prova addestrati. Nelle condizioni reali di lavoro, l'attenuazione ottenuta dall'utilizzatore può essere minore di quella generata dalle prove di laboratorio.
La prestazione dei protettori dell'udito è soggetta a variabilità naturale in funzione degli utilizzatori. Il corretto adattamento, l'addestramento, l'ispezione regolare e la motivazione dell'utilizzatore sono importanti per ottenere la protezione desiderata. Per la variabilità naturale, non è possibile calcolare l'esatta attenuazione che un certo protettore dell'udito offre per un individuo. Se è richiesta una previsione più precisa, è possibile eseguire qualche forma di controllo individuale dell'attenuazione. Nel caso di esposizioni a livelli elevati di rumore è consigliabile richiedere la consulenza di esperti. In alcuni casi può essere richiesta protezione doppia, cioè uso di una combinazione di cuffie e inserti auricolari.
Affinchè i protettori dell'udito siano efficaci dovrebbero essere utilizzati in ogni momento in cui l'utilizzatore è in un ambiente di rumore potenzialmente pericoloso. Quando si selezionano protettori dell'udito, si dovrebbe prestare attenzione a fattori che influenzano il comfort e la preferenza dell'utilizzatore.
La norma EN 458 è riportata nell’elenco presente nel D.M. 2 maggio 2001 "Criteri per l’individuazione e l’uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI)", emanato nel 2001 in accordo con quanto previsto dall'articolo 45, comma 2, lettera a) del decreto legislativo n. 626 del 19 settembre 1994. Il decreto stabilisce i criteri per l'individuazione e l'uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI), tenendo conto della natura, dell'attività e dei fattori specifici di rischio.
Le norme riportate nel D.M. 2 maggio 2001 costituiscono il riferimento di buona tecnica.
Norme D.M. 2 maggio 2001
Titolo
Norme attuale
Titolo
UNI EN 458:1995
Protettori auricolari. Raccomandazioni per la selezione, l'uso, la cura e la manutenzione. Documento di guida.
UNI EN 458:2016
Protettori dell'udito - Raccomandazioni per la selezione, l'uso, la cura e la manutenzione - Documento guida
Con l'entrata in vigore del D.Lgs. 81/2008, le disposizioni inerenti i DPI oltre a quelle generali (....) sono previste al Titolo III USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE, CAPO II - Uso dei dispositivi di protezione individuale (Art. 74÷79 e 87) ed i Criteri per l’individuazione e l’uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI) sono rimandati ad apposito decreto secondo quanto previsto dall'Art. 79 comma 2, non ancora emanato, ma nelle cui more di adozione restano ferme le disposizioni di cui al D.M. 2 maggio 2001.
1. Il contenuto dell'allegato VIII, costituisce elemento di riferimento per l'applicazione di quanto previsto all'articolo 77, commi 1 e 4.
2. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, tenendo conto della natura, dell'attività e dei fattori specifici di rischio sono indicati:
a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;
b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità delle misure di protezione collettiva, si rende necessario l'impiego dei DPI.
1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall'esposizione al rumore durante il lavoro e in particolare per l'udito. ... Art. 193 - Uso dei dispositivi di protezione individuali
1. In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 18, comma 1, lettera c), il datore di lavoro, nei casi in cui i rischi derivanti dal rumore non possono essere evitati con le misure di prevenzione e protezione di cui all'articolo 192, fornisce i dispositivi di protezione individuali per l'udito conformi alle disposizioni contenute nel titolo III, capo II, e alle seguenti condizioni:
a) nel caso in cui l'esposizione al rumore superi i valori inferiori di azione il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori dispositivi di protezione individuale dell'udito;
b) nel caso in cui l'esposizione al rumore sia pari o al di sopra dei valori superiori di azione esige che i lavoratori utilizzino i dispositivi di protezione individuale dell'udito;
c) sceglie dispositivi di protezione individuale dell'udito che consentono di eliminare il rischio per l'udito o di ridurlo al minimo, previa consultazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti;
d) verifica l'efficacia dei dispositivi di protezione individuale dell'udito.
2. Il datore di lavoro tiene conto dell'attenuazione prodotta dai dispositivi di protezione individuale dell'udito indossati dal lavoratore solo ai fini di valutare l'efficienza dei DPI uditivi e il rispetto del valore limite di esposizione. I mezzi individuali di protezione dell'udito sono considerati adeguati ai fini delle presenti norme se, correttamente usati, e comunque rispettano le prestazioni richieste dalle normative tecniche.
Regolamento (UE) 2016/425 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 sui dispositivi di protezione individuale e che abroga la direttiva 89/686/CEE del Consiglio (GU L 81/51 del 31 Marzo 2016) … Capo III Conformità del DPI ...
Allegato I Categorie di rischio dei DPI
Il presente allegato definisce le categorie di rischio da cui i DPI sono destinati a proteggere gli utilizzatori.
Categoria I
La categoria I comprende esclusivamente i seguenti rischi minimi:
a) lesioni meccaniche superficiali; b) contatto con prodotti per la pulizia poco aggressivi o contatto prolungato con l'acqua; c) contatto con superfici calde che non superino i 50 °C; d) lesioni oculari dovute all'esposizione alla luce del sole (diverse dalle lesioni dovute all'osservazione del sole); e) condizioni atmosferiche di natura non estrema.
Categoria II
La categoria II comprende i rischi diversi da quelli elencati nelle categorie I e III.
Categoria III
La categoria III comprende esclusivamente i rischi che possono causare conseguenze molto gravi quali morte o danni alla salute irreversibili con riguardo a quanto segue:
a) sostanze e miscele pericolose per la salute; b) atmosfere con carenza di ossigeno; c) agenti biologici nocivi; d) radiazioni ionizzanti; e) ambienti ad alta temperatura aventi effetti comparabili a quelli di una temperatura dell'aria di almeno 100 °C;
f) ambienti a bassa temperatura aventi effetti comparabili a quelli di una temperatura dell'aria di - 50 °C o inferiore; g) cadute dall'alto; h) scosse elettriche e lavoro sotto tensione; i) annegamento; j) tagli da seghe a catena portatili; k) getti ad alta pressione; l) ferite da proiettile o da coltello; m) rumore nocivo[/panel]
Tipi di protettori
Forme di progettazione
Immagine – Tipi di protettore dell’udito
Cuffie
Le cuffie sono costituite da conchiglie che coprono le orecchie e creano un contatto ermetico con la testa per mezzo di cuscinetti morbidi, solitamente riempiti con liquido e/o espanso. Le conchiglie sono solitamente rivestite con materiale fonoassorbente. Esse sono collegate da una fascia di tensione (archetto di sostegno), solitamente di metallo e/o plastica. Quando la cuffia è indossata dietro alla testa o sotto il mento, spesso è montata una cinghia di sostegno flessibile su ciascuna conchiglia o sull'archetto di sostegno in prossimità delle conchiglie, per sostenere la cuffia. Alcune cuffie hanno una conchiglia destinata solo all'orecchio sinistro e un'altra conchiglia destinata solo all'orecchio destro.
Le cuffie possono essere disponibili in una gamma di taglie "media", "piccola" e "grande".
Le cuffie di “taglia media” si adattano alla maggior parte degli utilizzatori. Le cuffie di “taglia piccola” o di “taglia grande” sono progettate per adattarsi agli utilizzatori per i quali non sono adatte le cuffie di “taglia media".
Le cuffie sono disponibili con archetti di sostegno che passano sopra alla testa, dietro alla nuca, sotto il mento e universali. Le cuffie con archetto di sostegno dietro alla nuca e sotto il mento consentono di indossare contemporaneamente un elmetto di sicurezza. Gli archetti universali possono essere indossati sulla testa, dietro alla nuca o sotto il mento. Gli archetti universali, gli archetti di sostegno dietro alla nuca e sotto il mento possono essere integrati da cinghie di sostegno che assicurino un adattamento affidabile alla cuffia. I requisiti per le cuffie sono specificati nella EN 352-1.
Cuffie montate su elmetto
Le cuffie montate su elmetto consistono in conchiglie singole collegate a bracci che sono fissati ad un elmetto industriale di sicurezza o ad altra attrezzatura che possa servire come fissaggio del protettore dell'udito. I bracci sono regolabili in modo che le conchiglie possano essere posizionate sulle orecchie.
I requisiti per le cuffie montate su elmetto sono specificati nella EN 352-3.
Inserti auricolari
Gli inserti auricolari sono progettati per essere inseriti nel condotto uditivo oppure per coprire l’entrata del condotto uditivo. Talvolta sono provvisti di un cordino o di un archetto di interconnessione o di presa. Gli inserti auricolari possono essere monouso (destinati ad essere utilizzati una sola volta) oppure riutilizzabili (destinati ad essere utilizzati più volte). I requisiti per gli inserti auricolari sono specificati nella EN 352-2.
Inserti auricolari preformati
Gli inserti auricolari preformati possono essere facilmente inseriti nel condotto uditivo senza essere precedentemente modellati. Gli inserti auricolari preformati sono disponibili in una varietà di materiali. Possono essere disponibili in più taglie.
Inserti auricolari modellabili dall'utilizzatore
Gli inserti auricolari modellabili dall’utilizzatore sono fabbricati di materiali comprimibili che l’utilizzatore modella prima di inserirli nel condotto uditivo. Dopo l’inserimento, questi inserti auricolari sono progettati per espandersi e formare una chiusura ermetica nel condotto uditivo.
Inserti auricolari con archetto
Sono inserti auricolari preformati collegati ad un archetto che li preme nel condotto uditivo o contro l’entrata del condotto uditivo. Alcuni sono destinati ad essere utilizzati in più di una posizione, per esempio con l'archetto sotto il mento.
Inserti auricolari modellati personalizzati
Gli inserti auricolari modellati personalizzati sono modellati singolarmente per adattarsi alla forma dei condotti uditivi dell’utilizzatore. Possono essere forniti con vari filtri per offrire una gamma di attenuazione.
[...]
Selezione
Si dovrebbero selezionare i protettori dell’udito individuali in modo che, se utilizzati correttamente e per tutta la durata dell'esposizione, eliminino o riducano al minimo il rischio per l'udito.
Poiché esistono diversi tipi di protettori dell’udito destinati all'uso in una ampia gamma di ambienti di rumore, è importante scegliere un tipo appropriato. Il prodotto deve essere controllato per la conformità ai regolamenti. Si dovrebbe dare considerazione ai fattori elencati da a) ad h).
L'elenco non è esclusivo né esaustivo:
[alert]a) attenuazione sonora; b) ambiente di lavoro; c) comunicazione essenziale legata al lavoro, in particolare l'intelligibilità della comunicazione verbale d) compatibilità con altri dispositivi di protezione individuale (DPI), quali elmetti, occhiali, ecc,; e) come è utilizzato il protettore dell'udito; f) gruppi di utilizzatori speciali e fattori di carattere medico; g) comfort dell'utilizzatore e requisiti ergonomici; h) conformità ai requisiti pertinenti per l’elettronica incorporata.[/alert]
La procedura di selezione dovrebbe essere riesaminata a intervalli regolari per assicurare che sia mantenuta un’attenuazione efficace. Quando si considerano tutti i fattori nel processo di selezione, l'esito più importante è che il protettore dell'udito sia utilizzato durante l'intero periodo di esposizione al rumore.
Selezione secondo l'attenuazione sonora
Guida alla valutazione della protezione
I protettori dell'udito dovrebbero essere scelti secondo l'attenuazione sonora da essi fornita.
Nota È generalmente riconosciuto che il rischio di danni all’udito associati all'esposizione al rumore occupazionale è basso dove il livello di esposizione al rumore giornaliero (LEX,8h) è minore di 80 dB, e insignificante dove LEX,8h è minore di 75 dB.
Regolamenti nazionali o altre linee guida possono prevedere criteri di selezione per i protettori dell’udito individuali e porre limiti all'esposizione al suono. Tali criteri e limiti pertinenti dovrebbero essere presi in considerazione nel decidere quale livello di attenuazione sonora è richiesto.
In generale, è considerato idoneo un protettore dell'udito che fornisce un livello sonoro effettivo all'orecchio (L'p,A,eq) compreso tra 70 dB e 80 dB. Se il protettore dell'udito selezionato fornisce un'eccessiva attenuazione, gli utilizzatori sono soggetti al rischio di non riconoscere i segnali di avvertimento e di non comprendere le comunicazioni essenziali. Gli utilizzatori possono anche sentirsi isolati dall'ambiente di lavoro. La percezione dell'isolamento aumenta man mano che diminuisce il livello sonoro effettivo all'orecchio.
I lavoratori possono essere esposti a diversi ambienti di rumore durante la giornata lavorativa. Può essere possibile selezionare un singolo protettore dell'udito adeguato a tutte le situazioni prevedibili oppure può essere necessario selezionare più di un tipo di protettore dell'udito.
[panel]Esempio 1:
La sola esposizione significativa al rumore di un lavoratore è un Lp,A,eq di 98 dB, per un totale di 30 min al giorno. Il suo LEX,8h è 86 dB. Il datore di lavoro desidera ridurre al minimo il rischio per l'udito del lavoratore e pertanto ambisce a fornire un protettore dell'udito che fornisca un livello di pressione sonora effettiva all'orecchio minore di 80 dB, idealmente tra 75 dB e 70 dB. Il datore di lavoro seleziona un protettore che fornisca un'attenuazione sonora di 26 dB.[/panel]
...
Selezione secondo l'ambiente di lavoro
Fattori dell'ambiente di lavoro - panoramica
Oltre alla guida per la selezione acustica (vedere punto 6.2) si dovrebbe dare considerazione anche alle influenze presenti nell'ambiente di lavoro. Queste possono includere, ma senza essere ad esse limitate, temperatura, polvere, sostanze pericolose, macchinari in movimento, vibrazione, localizzazione delle sorgenti di rumore, sensazione di isolamento e tempo giornaliero di utilizzo del protettore dell'udito.
Inoltre, si dovrebbe prendere in considerazione anche l'importanza di sentire i segnali di avvertimento e suoni informativi (vedere punto 6.3.2.8).
Fattori acustici
Influenza dei tipi di rumore
La selezione dei protettori dell'udito dovrebbe considerare il(i) tipo(i) di rumore nell'ambiente di lavoro:
a) rumore continuo; b) rumore fluttuante; c) rumore a breve termine intermittente o ripetuto; d) rumore impulsivo; e) rumore a bassa frequenza dominante f) toni puri ad alta frequenza nel rumore (aumento del rischio di danni uditivi); g) presenza di suoni informativi.
Per il rumore continuo, fluttuante o intermittente, la selezione è determinata dal livello di esposizione al rumore giornaliero (LEX,8h). Per il rumore impulsivo la selezione è determinata dal livello di esposizione al rumore giornaliero (LEX,8h) e dal livello di pressione sonora di picco (Lp,Cpicco).
Esposizione al rumore continuo
In un ambiente di rumore continuo o stazionario, si possono utilizzare la maggior parte dei tipi di protettori dell'udito. Altri fattori che influenzano, come i requisiti di comunicazione o la temperatura del luogo di lavoro, possono contribuire a determinare quale tipo particolare di protettore dell'udito è più idoneo.
Esposizione al rumore fluttuante
In un ambiente di rumore fluttuante, può essere più idoneo un protettore dell'udito con attenuazione in funzione del livello sonoro oppure con ripristino del suono. Possono essere adatti anche protettori dell'udito passivi o altri protettori soggetti ad una valutazione appropriata del rischio. Il rumore fluttuante comporta il rischio che l'utilizzatore rimuova il protettore dell'udito quando si percepisce per un lungo periodo di tempo un livello di rumore inferiore. Ciò è ancora più probabile se il dispositivo selezionato produce iperprotezione. Quando riprendono gli eventi a livello elevato di rumore, l'utilizzatore non è protetto. La valutazione dell'esposizione e l'addestramento sull'utilizzo del dispositivo devono tener conto di questi fattori.
Esposizione al rumore a breve termine intermittente o ripetuto
Per l'esposizione al rumore a breve termine intermittente o ripetuto, le cuffie e gli inserti auricolari preformati con archetto possono essere preferiti perché sono rapidi e facili da indossare e da togliere. Anche i protettori dell'udito con attenuazione in funzione del livello possono essere preferiti perché forniscono protezione durante l'esposizione al rumore e consentono anche la comunicazione e la consapevolezza situazionale durante i periodi meno rumorosi. I protettori dell'udito con attenuazione in funzione del livello possono essere particolarmente preferiti in ambienti in cui può verificarsi un forte rumore all'improvviso e dove l'utilizzatore può non essere preparato per l'esposizione.
Esposizione al rumore impulsivo
Per il rumore impulsivo la selezione è determinata dal livello di esposizione al rumore giornaliero (LEX,8h) e dal livello di pressione sonora di picco più elevato (Lp,Cpicco). I protettori dell'udito con attenuazione in funzione del livello possono offrire la soluzione ottimale. Per i livelli di picco elevati, l'attenuazione passiva è ancora molto importante per quando si valuta il livello di protezione effettivo.
...
Suoni informativi
In molti luoghi di lavoro è importante che i suoni siano sentiti chiaramente e distintamente.
Tali suoni possono essere comunicazioni verbali, segnali di avvertimento, suono di macchine o musica. Si noti che l'uso della protezione doppia dell'udito può compromettere il riconoscimento del suono informativo più della protezione singola dell'udito.
Segnali di avvertimento
Quando il riconoscimento di suoni come segnali di avvertimento è critico, sono preferibili i protettori dell’udito passivi con risposta a frequenza piatta. In caso di rumore non continuo, dovrebbero essere presi in considerazione i protettori dell'udito con attenuazione in funzione del livello sonoro. L'uso di protettori dell'udito dotati di audio di intrattenimento può non essere idoneo se ci sono rischi associati alla mancata udibilità dei suoni che necessitano di essere sentiti al fine di ridurre i rischi di incidenti, per esempio originati da veicoli in movimento.
A seconda del contenuto di frequenza del segnale di avvertimento devono essere considerati i protettori dell'udito con un'adeguata risposta in frequenza. In ogni caso, i segnali di avvertimento necessitano di essere chiaramente riconoscibili. In caso di dubbio, si dovrebbe effettuare un controllo di ascolto secondo la EN ISO 7731.
Localizzazione delle sorgenti di rumore
Talvolta è necessaria l’identificazione della direzione di una sorgente di rumore. Questa può essere compromessa quando si utilizzano protettori dell'udito. Gli inserti auricolari possono essere preferiti.
Comunicazione verbale
Generalmente l'intelligibilità del discorso tramite i protettori dell'udito passivi è migliorata con risposta a frequenza piatta. L'intelligibilità del discorso può anche essere migliorata con protettori dell'udito con attenuazione in funzione del livello (per esempio per rumore intermittente) o protettori dell'udito con impianti di comunicazione.
Suono di macchinari
I suoni di macchinari possono contenere informazioni relative al lavoro. A seconda del contenuto di frequenza del suono del macchinario, possono essere considerati protettori dell'udito con un'adeguata risposta di frequenza o i protettori dell'udito con attenuazione in funzione del livello sonoro.
Musica dal vivo
Per gli esecutori e ascoltatori di musica, è desiderabile un'attenuazione più piatta possibile (con valori H, M e L quasi uguali). Ciò permette la distorsione minima del suono originale. L'attenuazione dovrebbe anche essere attentamente selezionata. Si dovrebbe evitare una iper-protezione per incoraggiare l'uso ininterrotto dei protettori dell'udito.
Fattori ambientali (non acustici)
Oltre ai fattori acustici che influenzano la selezione, si dovrebbero prendere in considerazione anche altri fattori ambientali. Il prospetto 2 fornisce una guida generale per la scelta del protettore dell'udito appropriato quando si considerano i fattori ambientali. La valutazione dei rischi e le influenze dell'ambiente di lavoro possono annullare gli effetti dei fattori ambientali sulla selezione dei protettori dell'udito descritta in questo punto.
Temperatura (temperature alte e basse e/o umidità)
Il lavoro fisico, specialmente a temperature ambiente e/o umidità elevate, può causare sudorazione sotto i cuscinetti delle cuffie. In queste condizioni sono preferibili gli inserti auricolari. Se si utilizzano cuffie, si possono utilizzare delle sottili coperture igieniche in materiale assorbente per i cuscinetti. Tuttavia, si dovrebbe notare che tali coperture possono ridurre l’attenuazione del protettore dell’udito Dovrebbero essere preferiti i prodotti che dispongono di dati di attenuazione pubblicati per una combinazione di cuffie e copertura igienica. Temperature estreme basse possono influenzare l'attenuazione dei protettori dell'udito perché la flessibilità dei materiali può essere ridotta.
Contaminazione e condizioni di lavoro non pulite
In condizioni di lavoro non pulite, si dovrebbe prestare attenzione per assicurare che il protettore dell’udito selezionato possa essere utilizzato senza rischio di infezione per l'utilizzatore. Contaminanti come sporcizia, polvere, germi o limatura di metallo possono provocare irritazioni o infezioni cutanee, per esempio polvere sulla superficie del cuscinetto della cuffia o sporcizia su un inserto auricolare che è quindi introdotto nel canale uditivo. Prima di indossare il protettore dell'udito, l'utilizzatore dovrebbe assicurarsi che l'ambiente e le mani siano pulite.
Tutti gli inserti auricolari dovrebbero essere indossati prima di entrare in un ambiente polveroso.
Parti in movimento di macchine
Se si lavora in un ambiente in cui le macchine hanno parti in movimento, gli inserti auricolari con cordino dove il cordino potrebbe essere intrappolato dalla macchina, possono non essere adatti.
Incompatibilità individuale dell'utilizzatore
Se un utilizzatore ha canali uditivi piccoli o tessuti del canale uditivo sensibili, l'uso di inserti auricolari può non essere appropriato. In questi casi le cuffie possono essere più appropriate.
Tipo di lavoro da svolgere
Le cuffie con ingresso audio di intrattenimento possono essere adatte a utilizzatori con compiti monotoni o ripetitivi o quando la valutazione del rischio lo consente. Quando si seleziona tale dispositivo, si dovrebbe tenere in considerazione la sorgente di rumore aggiuntiva rappresentata dall'ingresso audio. I segnali di avvertimento necessitano di essere chiaramente riconoscibili. In caso di dubbio, effettuare un controllo di ascolto in conformità alla EN ISO 7731.
Prospetto 2 Guida generale per la selezione dei protettori dell'udito in relazione a fattori ambientali
ISO 16069:2017 Graphical symbols - Safety signs - Safety Way Guidance Systems (SWGS) (*)
La norma, con esempi estratti in allegato, fornisce indicazioni per Sistemi di Orientamento per le Vie di Esodo e descrive i principi che regolano la progettazione e l'applicazione delle componenti visive utilizzate per creare un SWGS (Safety Way Guidance System).
ISO 16069:2017 Simboli grafici - Segnaletica di sicurezza - Sistemi di Orientamento per le Vie di Esodo e descrive i principi che regolano la progettazione e l'applicazione delle componenti visive utilizzate per creare un Sistema di Orientamento per le Vie di Esodo (SWGS - Safety Way Guidance System).
ISO 16069:2017 contiene principi generali validi sia per componenti elettrici che per componenti fosforescenti.
Informazioni speciali relative al tipo di componente sono fornite per aiutare a definire l'ambiente di utilizzo, la scelta del materiale, il layout, l'installazione e la manutenzione di SWGS. ISO 16069:2017 non copre la valutazione del rischio.
Le applicazioni con rischi diversi per gli occupanti richiedono in genere layout e tipi diversi di SWGS.
L'applicazione specifica e l'esatto progetto definitivo di SWGS sono affidati alle persone responsabili di questo compito.
ISO 16069:2017 non include inoltre le considerazioni speciali su possibili componenti tattili o udibili di SWGS, né include i requisiti per i componenti montati in alto dell'illuminazione della via di fuga di emergenza, in particolare la progettazione e l'applicazione dell'illuminazione della via di fuga di emergenza.
ISO 16069:2017 è previsto, per collaborazione e coordinamento, per essere utilizzato da tutti gli altri comitati tecnici all'interno di ISO e IEC incaricati di sviluppare SWGS per le loro esigenze specifiche.
ISO 16069: 2017 non deve essere utilizzato per le navi che rientrano nei regolamenti dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO).
La necessità di sistemi di orientamento di percorsi di uscita universali negli edifici per condurre le persone alla sicurezza è stata considerata da ISO / TC 145 nel 1997 come una delle applicazioni più critiche per la segnaletica standardizzata.
Per 6 anni un comitato multidisciplinare di esperti mondiali nei sistemi di evacuazione e simboli grafici si è riunito diverse volte l'anno per sviluppare la ISO 16069.
Il risultato, pubblicato nel 2003, è uno standard che stabilisce i principi di base per la progettazione di sistemi di marcatura di percorsi di uscita per edifici.
I suoi componenti e concetti ben definiti includono:
- Segnali di direzione direzionale - Linee guida continue - Segni di passaggio - Marcature di corrimano - Segni di porte e segni perimetrali - Posizionamento posizione alta, intermedia e bassa - Criteri di prestazione della luminanza per materiali fotoluminescenti
La segnaletica definita nella ISO 16069 utilizza i simboli della ISO 7010 e i criteri di progettazione della segnaletica presentati in ISO 3864. Una serie di figure informative è mostrata nella ISO 16069 per illustrare come vengono utilizzati i concetti dello standard.
La segnaletica d’esodo deve essere adeguata alla complessità dell’attività e consentire l’orientamento degli occupanti (wayfinding) a tal fine:
- Devono essere installate in ogni piano dell’attività apposite planimetrie in cui sia indicata la posizione del lettore ed il layout del sistema d’esodo. - Possono essere applicate le indicazioni contenute nelle ISO 23601 e ISO 16069.
(*) Attenzione. Documento elaborato su norma Ed. 2004, controllare su Ed. in vigore 2017
Annex A - (informative) Examples of SWGS layouts
The example layouts in this annex are provided to illustrate an assembly of components that represents good SWGS principles.
The examples given in this annex should not be assumed to be exhaustive. Other layouts using different components may be used where determined necessary by risk assessment or the particular design criteria of the escape route.
The different components of SWGS illustrated in the examples are partly described only for the purpose of assisting comprehension of the drawings.
Figure A.1 Example layout of a T-junction leading into straight corridor no wider than 2 m and no longer than 10 m Figure A.2 Example layout of a T-junction leading into a straight corridor no wider than 2 m with illumination to highlight the door and the T-junction Figure A.3 Example layout of a corridor wider than 2 m with low mounted guidance lines on both sides Figure A.4 Example layout of a T-junction leading into a straight corridor wider than 2 m with an adjoining door (demarked by a floor guidance line) Figure A.5 Example layout of a T-junction leading into a straight corridor wider than 2 m with focused illumination on T-junction and door Figure A.6 Example layout of a T-junction leading into a straight corridor wider than 2 m with adjoining door using floor guidance lines and integrated directional indicators Figure A.7 Example layout of a T-junction leading into a straight corridor (with more than one door) showing continuity of signing Figure A.8 Example layout of a T-junction leading into a straight corridor less than 2 m with focused illumination at the doors, provided by high-mounted single-sided transilluminated safety signs Figure A.9 Example layout of a building feature marking and directional marking through doors Figure A.10 Example layout of an alternative building feature marking and full frame door marking Figure A.11 Example layout of markings for a dead end corridor no wider than 2 m Figure A.12 Example layout of an intersection marked by floor guidance lines Figure A.13 Example layout of an intersection illustrating floor guidance lines with integrated directional indicators Figure A.14 Example layout of an intersection with a wall-mounted guidance line Figure A.15 Example layout of an open space illustrating floor guidance lines with integrated directional indicators Figure A.16 Example layout of an open space with intersection and floor guidance line with intersection Figure A.17 Example layout of a collection of different marking of stairs and handrails Figure A.18 Example layout of stairs where the stair treads are illuminated with luminaires Figure A.19 Example layout of stairs where the treads are illuminated by low mounted luminaires on the wall Figure A.20 Example layout of signing and marking of ramp (change of level) Figure A.21 Example layout of signing and marking of ramp (change of level)
Excursus
Figure A.2 Example layout of a T-junction leading into a straight corridor no wider than 2 m with illumination to highlight the door and the T-junction (Dimensions in metres)
This illustration depicts an example of components used to convey one of several possible layouts of a safety way guidance system for a typical detail of the escape route. a High-mounted single-sided transilluminated safety sign. b High-mounted double-sided transilluminated safety sign (suspended or at the ceiling) with illumination to highlight the T-junction. c Transilluminated indicator at height of the door handle. d High-mounted single-sided transilluminated safety sign with illumination to highlight the door. e Guidance line with directional indicator. ....
Figure A.4 Example layout of a T-junction leading into a straight corridor wider than 2 m with an adjoining door (demarked by a floor guidance line) (Dimensions in metres)
This illustration depicts an example of components used to convey one of several possible layouts of a safety way guidance system for a typical detail of the escape route. a High-mounted double-sided safety sign (suspended from the ceiling).
Figure A.5 Example layout of a T-junction leading into a straight corridor wider than 2 m with focused illumination on T-junction and door (Dimensions in metres)
This illustration depicts an example of components used to convey one of several possible layouts of a safety way guidance system for a typical detail of the escape route. a Transilluminated indicator at height of the door handle. b High-mounted double-sided transilluminated safety sign (suspended or at the ceiling) with illumination to highlight the T-junction. c High-mounted single-sided transilluminated safety sign with illumination to highlight the door. d Guidance line with integrated directional indicator. ...
Figure A.10 Example layout of an alternative building feature marking and full frame door marking
This illustration depicts an example of components used to convey one of several possible layouts of a safety way guidance system for a typical detail of the escape route.
Figure A.13 Example layout of an intersection illustrating floor guidance lines with integrated directional indicators
This illustration depicts an example of components used to convey one of several possible layouts of a safety way guidance system for a typical detail of the escape route. a High-mounted double-sided safety sign (suspended from the ceiling).
...
Figure A.18 Example layout of stairs where the stair treads are illuminated with luminaires
This illustration depicts an example of components used to convey one of several possible layouts of a safety way guidance system for a typical detail of the escape route.
a Luminaires to illuminate the tread of stairs. b Handrail may be highlighted. ...
Figure A.21 Example layout of signing and marking of ramp (change of level)
This illustration depicts an example of components used to convey one of several possible layouts of a safety way guidance system for a typical detail of the escape route. a High-mounted single-sided transilluminated safety sign with illumination to mark the ramp. b High-mounted single-sided transilluminated safety sign (suspended or at the ceiling) with illumination down lighting from the escape route sign luminaire to highlight the door and the end of the ramp.
...add more
Fonte: 16069:2004 Graphical symbols - Safety signs - safety way guidance systems (SWGS)
Armadi stoccaggio liquidi infiammabili e gas pressurizzati
Le norme di Prodotto EN 14470-1 e 2 dettano le caratteristiche di sicurezza antincendio per gli armadi destinati allo stoccaggio di liquidi e gas pressurizzati, tali armadi devono essere sottoposti a prova individuale secondo la EN 1363-1 (Prove di resistenza al fuoco).
Lo scopo principale di un armadio di sicurezza è lo stoccaggio sicuro di sostanze pericolose (gas o liquidi), in caso di incendio, per un periodo di tempo definito.
La temperatura interna dell’armadio durante il periodo di tempo definito non dovrà superare i 180° (50° in caso di gas) per evitare esplosioni, per garantire la fuga del personale e l’azione delle squadre antincendio e di soccorso.
Le caratteristiche tecniche che questi armadi devono possedere sono elencate nelle norme:
a) EN 14470-1:2005 - Armadi di stoccaggio di sicurezza antincendio - Parte 1: Armadi di stoccaggio di sicurezza per liquidi infiammabili;
b) EN 14470-2:2007 - Armadi di stoccaggio di sicurezza antincendio - Parte 2: Armadi di sicurezza per bombole di gas pressurizzato.
Fig. 1: Esempio armadio stoccaggio liquidi infiammabili
Fig. 2 Armadi di sicurezza per bombole di gas pressurizzato
Excursus ...
EN 14470-1:2005 La norma si applica solo ad armadi con un volume inferiore o pari ad 1 m3, la classificazione prevista:
...
a) Protezione contro l’incendio
In caso di incendio l'armadio deve garantire che, per almeno 15 minuti, il suo contenuto non contribuisca alla propagazione del fuoco.
b) Porte
Le ante dell’armadio devono chiudersi completamente, in qualsiasi posizione esse si trovino (tempo di chiusura max. 20 secondi).
I dispositivi di chiusura automatica (se presenti) devono bloccare le porte se la temperatura di 50 °C viene raggiunta in prossimità dell’armadio stesso.
La forza di chiusura delle porte non deve eccedere i 100 N.
Deve essere possibile il funzionamento con una sola mano e le porte devono chiudersi completamente anche se sono del tipo bloccabile.
c) Pareti laterali e posteriore
Le pareti laterali e quella posteriore dell’armadio devono avere lo stesso spessore e strutture comparabili.
d) Ventilazione
Gli armadi devono disporre di aperture per l’ingresso e l’uscita dell’aria, tali da rendere possibile il collegamento ad un sistema di estrazione dell’aria.
Le aperture per la ventilazione devono chiudersi automaticamente se soggette ad una temperatura di 70 ± 10 °C.
La ventilazione deve essere in funzione in modo permanente e sfociare all’aperto, in un punto non a rischio. La caduta di pressione dell’armadio non deve superare 150 Pa. Per un armadio ventilato, il ricambio d’aria deve essere almeno uguale a 10 volte il volume d’aria dell’armadio per ora.
e) Sistemi di stoccaggio (ripiani o cassetti)
Le superfici per lo stoccaggio devono essere in grado di sostenere il carico specificato dal fabbricante, per tutto il periodo del test nella camera ardente.
f) Bacino di contenimento perdite
Il bacino di contenimento delle perdite deve mantenere la propria capacità di funzionamento, anche dopo il test di resistenza al fuoco. Ciò si può controllare visivamente riempiendo la vasca con acqua. ...
EN 14470-2:2007
La norma si applica solo ad armadi con un volume interno adatto ad immagazzinare contenitori di gas in pressione con un volume totale che non superi i 220 L.
Ad esempio posso immagazzinare 4 bombole da 50 L oppure 3 bombole da 70 L.
2.1 Caratteristiche costruttive
a) Protezione contro l’incendio
In caso di incendio l'armadio deve garantire che, per almeno 15 minuti, il suo contenuto non contribuisca alla propagazione del fuoco.
b) Ventilazione
Gli armadi devono disporre di aperture per l’ingresso e l’uscita dell’aria, tali da rendere possibile il collegamento ad un sistema di estrazione dell’aria.
Negli armadi ventilati, il ricambio dell’aria, con le porte chiuse e bloccate, deve essere:
- almeno 10 volte il volume d’aria dell’armadio per ora, quando si usano sostanza infiammabili; - almeno 120 volte il volume d’aria dell’armadio per ora, quando si usano gas tossici.
La ventilazione deve essere in funzione in modo permanente e sfociare all'aperto, in un punto non a rischio. La caduta di pressione dell’armadio non deve superare 150 Pa.
In caso di incendio le bocchette per l’ingresso e l’estrazione dell’aria si devono chiudere immediatamente.
c) Bloccaggio bombole
All’interno dell’armadio deve essere presente un sistema che impedisca la caduta delle bombole.
d) Inserimento ed estrazione delle bombole
L’armadio deve permettere l’inserimento e l’estrazione delle bombole con il minimo sforzo manuale. ...
Lista di Controllo per le Ispezioni regolari degli apparecchi di sollevamento / UNI ISO 9927-1
ID 897 | 11.07.2021 / Documento completo allegato
Il datore di lavoro, deve sottoporre le attrezzature di lavoro a controllo periodici, secondo le indicazioni fornite dai fabbricanti ovvero, in assenza di queste, dalle pertinenti norme tecniche o dalle buone prassi o da linee guida. D.Lgs. 81/2008 (Art. 71 - c. 8)
Il datore di lavoro deve sottoporre le attrezzature di lavoro riportate nell’allegato VII del D.Lgs. 81/2008 a verifiche periodiche volte a valutarne l’effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. (Art. 71 - c. 11)
I verbali redatti all’esito delle verifiche di cui al presente comma devono essere conservati e tenuti a disposizione dell’organo di vigilanza.
La UNI ISO 9927-1 è una delle norme di riferimento per le ispezioni regolari di gru.
La UNI ISO 9927-1 specifica i requisiti generali per le ispezioni da effettuare su gru come definito nella norma ISO 4306-1. Requisiti aggiuntivi per particolari tipi di gru devono essere coperti da parti specifiche pertinenti della ISO 9927.
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all'articolo precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie.
2. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di lavoro prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse;
d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature già in uso.
3. Il datore di lavoro, al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte, adotta adeguate misure tecniche ed organizzative, tra le quali quelle dell'allegato VII.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché:
a) le attrezzature di lavoro siano:
1) installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso;
2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all'articolo 70 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso e libretto di manutenzione;
3) assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di sicurezza stabilite con specifico provvedimento regolamentare adottato in relazione alle prescrizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettera z);
b) siano curati la tenuta e l'aggiornamento del registro di controllo delle attrezzature di lavoro per cui lo stesso è previsto.
5. Le modifiche apportate alle macchine quali definite all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, per migliorarne le condizioni di sicurezza in rapporto alle previsioni del comma 1, ovvero del comma 4, lettera a), numero 3), non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, secondo periodo, sempre che non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore.
6. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché il posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l'uso delle attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai principi dell'ergonomia.
7. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché:
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, i lavoratori interessati siano qualificati in maniera specifica per svolgere detti compiti.
8. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro, secondo le indicazioni fornite dai fabbricanti ovvero, in assenza di queste, dalle pertinenti norme tecniche o dalle buone prassi o da linee guida, provvede affinché:
a) le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle condizioni di installazione siano sottoposte a un controllo iniziale (dopo l'installazione e prima della messa in esercizio) e ad un controllo dopo ogni montaggio in un nuovo cantiere o in una nuova località di impianto, al fine di assicurarne l'installazione corretta e il buon funzionamento;
b) le attrezzature soggette a influssi che possono provocare deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose siano sottoposte:
1. ad interventi di controllo periodici, secondo frequenze stabilite in base alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona tecnica, o in assenza di queste ultime, desumibili dai codici di buona prassi;
2. ad interventi di controllo straordinari al fine di garantire il mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che intervengano eventi eccezionali che possano avere conseguenze pregiudizievoli per la sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali riparazioni, trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati di inattività;
c) Gli interventi di controllo di cui alle lettere a) e b) sono volti ad assicurare il buono stato di conservazione e l'efficienza a fini di sicurezza delle attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da persona competente.
9. I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza.
10. Qualora le attrezzature di lavoro di cui al comma 8 siano usate al di fuori della sede dell'unità produttiva devono essere accompagnate da un documento attestante l'esecuzione dell'ultimo controllo con esito positivo.
11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro riportate nell’allegato VII a verifiche periodiche volte a valutarne l’effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. Per la prima verifica il datore di lavoro si avvale dell’INAIL, che vi provvede nel termine di quarantacinque giorni dalla richiesta. (11) Una volta decorso inutilmente il termine di quarantacinque giorni sopra indicato, il datore di lavoro può avvalersi, a propria scelta, di altri soggetti pubblici o privati abilitati secondo le modalità di cui al comma 13. Le successive verifiche sono effettuate su libera scelta del datore di lavoro dalle ASL o, ove ciò sia previsto con legge regionale, dall’ARPA, o da soggetti pubblici o privati abilitati che vi provvedono secondo le modalità di cui al comma 13. Per l’effettuazione delle verifiche l’INAIL può avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I verbali redatti all’esito delle verifiche di cui al presente comma devono essere conservati e tenuti a disposizione dell’organo di vigilanza. Le verifiche di cui al presente comma sono effettuate a titolo oneroso e le spese per la loro effettuazione sono poste a carico del datore di lavoro. (2)(14)
12. Per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 11, le ASL e l'ISPESL possono avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I soggetti privati abilitati acquistano la qualifica di incaricati di pubblico servizio e rispondono direttamente alla struttura pubblica titolare della funzione. (8)(9)
13. Le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti pubblici o privati di cui al comma precedente sono stabiliti con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. (1)(2)(3)(4)(5)(6)(7)(12)(13)(15)
13-bis. Al fine di garantire la continuità e l'efficienza dei servizi di soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione degli incendi, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco può effettuare direttamente le verifiche periodiche di cui al comma 11, relativamente alle attrezzature riportate nell'allegato VII di cui dispone a titolo di proprietà o comodato d'uso. Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco provvede a tali adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. (10)
14. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e province autonome di Trento e di Bolzano e sentita la Commissione consultiva di cui all'articolo 6, vengono apportate le modifiche all'allegato VII relativamente all'elenco delle attrezzature di lavoro da sottoporre alle verifiche di cui al comma 11.
Note (1) Nota MLPS 24 maggio 2010, n. A00-09/00 02941/10 - Impiego dell'argano ausiliario nelle macchine perforatrici ed apparecchiature di palificazione (2) Decreto 11 aprile 2011 - Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo (3) Decreto 22 luglio 2011 - Proroga dell'entrata in vigore del D.M. 11 aprile 2011 recante disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo (4) Decreto 20 gennaio 2012 - Differimento dell'entrata in vigore del decreto 11 aprile 2011, recante: Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'art. 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo (5) Circolare MLPS 25 maggio 2012, n. 11 - D.M. 11 aprile 2011 concernente la Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché i criteri per l’abilitazione dei soggetti di cui all’articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo - Chiarimenti. (6) Circolare MLPS 13 agosto 2012, n. 23 - D.M. 11 aprile 2011 concernente la Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. nonché i criteri per l’abilitazione dei soggetti di cui all’articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo - Chiarimenti. (7) Circolare MLPS 5 marzo 2013, n. 9 - D.M. 11 aprile 2011 concernente la “Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché i criteri per l’abilitazione dei soggetti di cui all’articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo” - Chiarimenti. (8) Decreto Legge 21 giugno 2013, n. 69 - Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, all'art. 32, c. 1, lett. f dispone la sostituzione dei commi 11 e 12. (9) Comma modificato dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (10) Comma inserito dal decreto legge 14 agosto 2013, n. 93 - Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province, convertito con modificazioni con legge 15 ottobre 2013, n. 119 (11) Comma modificato dall'art. 7, comma 9 quinquies del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modifiche dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 (12) Circolare MLPS 29 luglio 2015, n. 22 - Chiarimenti concernenti il D.M. 11 aprile 2011, “Disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’All. VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i., nonché i criteri per l’abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo” (13) Decreto Direttoriale MLPS 17 maggio 2017, n. 35 - Verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro, rinnovo provvisorio (14) Decreto Legislativo 29 maggio 2017, n. 97 - Art. 7, comma 4. (15) Decreto Direttoriale MLPS 09 Settembre 2020, n. 53 - Ricostituzione della Commissione per l’esame della documentazione per l’iscrizione nell’elenco dei soggetti abilitati di cui all’Allegato III del Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro della Salute e il Ministro dello Sviluppo Economico dell’11 aprile 2011 - Verifiche periodiche
Interpello n. 1/2020 del 23/01/2020 - Applicazione della sanzione prevista per la violazione dell’art. 71 comma 7 e art. 73 comma 4 del D.Lgs. 81/08. [/box-note]
[box-note]Le norme della Serie 9927-X
ISO 9927-1:2013 (UNI 2016) Cranes -Inspections - Part 1: General
ISO 9927-3:2019
Cranes - Inspections Tower cranes
ISO 9927-5:2017 (UNI 2019)
Cranes - Inspections Bridge and gantry cranes, including portal and semi-portal cranes and their supporting structures[/box-note]
[box-warning]Adozione UNI
UNI ISO 9927-1:2016
Apparecchi di sollevamento - Ispezioni - Parte 1: Generalità Adotta: ISO 9927-1:2013 Data entrata in vigore : 06 dicembre 2016
La norma specifica i requisiti generali per le ispezioni che devono essere eseguite sulle gru, come definite nella ISO 4306-1. Requisiti addizionali per particolari tipi di gru sono destinati ad essere coperti dalle parti specifiche pertinenti della ISO 9927.[/box-warning]
Fig. 1 - Cranes ISO ≡ Apparecchi di sollevamento UNI (Vedi ISO 4306-1)
[box-note]ISO 9927-1:2013 Cranes -Inspections - Part 1: General
1 Scope
This International Standard specifies the general requirements for inspections to be carried out on cranes as defined in ISO 4306-1. Additional requirements for particular types of cranes are intended to be covered by relevant specific parts of ISO 9927.
...[/box-note]
[box-note]Annex A (informative)
Checklist to determine suitability of user organization instructions
A.1 General
Annex A sets out a checklist for assessing the adequacy of the instructions available for the crane (see 4.2).
A.2 Application
The checklist shall be applied to each model type. Where an item can be confirmed as adequate, the reference section in the table shall be completed noting the reference clause or section(s) contained in the instructions. Where the item cannot be confirmed as adequate, the matter shall be referred to the manufacturer or competent person for assessment and preparation of supplementary instruction.
Where some items contained in the checklist cannot be adequately addressed, the crane shall be subject to the appropriate series of inspections specified in Clause 5.
Where some items contained in the checklist cannot be adequately addressed, the crane shall be subject to the appropriate series of inspections specified in Clause 5.
Documenti e riferimenti sulle fibre ceramiche refrattarie (FRC) alla luce dell’entrata in vigore del D. Lgs. 1 giugno 2020 n. 44, attuazione della direttiva (UE) 2017/2398 che introduce nel D.Lgs. 81/2008 quali agenti cancerogeni nell'allegato XLIII, le fibre ceramiche refrattarie, definendone il valore limite di esposizione professionale.
Le fibre ceramiche refrattarie (FCR) vengono utilizzate nel settore industriale per l’isolamento di altoforno, di forni, di stampi di fonderia, di condutture e di cavi ma anche nel settore automobilistico, aeronautico e nella protezione incendio.
[panel]Il D.Lgs 81/2008 Agenti cancerogeni lavoro
Le sostanze pericolose per la salute e sicurezza sul sono trattate al Titolo IX del D.Lgs. 81/2008:
Capo I Protezione da agenti chimici (Artt. da 221 a 232) Capo II Protezione da agenti cancerogeni e mutageni (Artt. da 233 a 245) Capo III Protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto (Artt. da 246 a 264) ...
Obblighi del datore di lavoro
Art. 235. Sostituzione e riduzione
1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o una miscela o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso purché tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.
L'esposizione non deve comunque superare il valore limite dell'agente stabilito nell'allegato XLIII.[/panel]
La nuova Direttiva sugli Agenti cancerogeni lavoro
Con la nuova direttiva (UE) 2017/2398 (adottata con D. Lgs. 1 giugno 2020 n. 44 - entrata in vigore il 24.06.2020) sono aggiunte, come agenti cancerogeni, le “Fibre ceramiche refrattarie” nell’elenco dell'Allegato XLIII del D.Lgs. 81/2008 con il valore limite di esposizione professionale pari a 0,3 f/ml.
[box-note]Direttiva 2004/37/CE
Direttiva 2004/37/CE del Parlamento europeo re del Consiglio del 29 aprile 2004 sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro (sesta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE del Consiglio) (GUUE L 229/23 del 29.6.2004)
Entrata in vigore: 19.07.2004
Direttiva modificata da:
- Direttiva 2014/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 L 65 1 5.3.2014 - Direttiva (UE) 2017/2398 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 Dicembre 2017 L 345/87 27.12.2017 - Direttiva (UE) 2019/130 del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 gennaio 2019 L 30/112 31.01.2019 - Direttiva (UE) 2019/983 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019 L 164/23 20.06.2019 - Regolamento (UE) 2019/1243 del Parlamento europeo e Consiglio del 20 giugno 2019 L 198/241 25.7.2019[/box-note]
[box-note]Direttiva (UE) 2017/2398
Direttiva (UE) 2017/2398 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2017 che modifica la Direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro (Modifica alla VI Direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GUUE L 345/87 del 27.12.2017).
- 11 nuovi agenti cancerogeni, tra cui le Fibre ceramiche refrattarie definite cancerogene ai sensi dell’articolo 2, lettera a), punto i) definendone il Valore limite di esposizione professionale.[/box-note]
Attuazione della Direttiva (UE) 2017/2398 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, che modifica la Direttiva 2004/37/CE del Consiglio, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro.
(GU n.145 del 09-06-2020).
Entrata in vigore del provvedimento: 24/06/2020[/box-note]
- 11 nuovi agenti cancerogeni nell'allegato XLIII del D.Lgs. 81/2008, tra cui le Fibre ceramiche refrattarie definite cancerogene ai sensi dell’articolo 2, lettera a), punto i), definendone il Valore limite di esposizione professionale.
...
ALLEGATO XLIII Valori limite di esposizione professionale
A. VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE
NOME AGENTE
N. CE (1)
N. CAS (2)
Valori limite
Osservazioni
Misure transitorie
8 ore (3)
Breve durata (4)
mg/m 3 (5)
ppm (6)
f/ml (7)
mg/m3 (5)
ppm (6)
f/ml (7)
Polveri di legno duro
-
-
2 (8)
-
-
-
-
-
-
Valore limite: 3 mg /m3 fino al 17 gennaio 2023.
Composti di cromo VI definiti cancerogeni ai sensi dell'articolo 2, lettera a), punto i) della direttiva 2004/37 (come cromo)
-
-
0,005
-
-
-
-
-
-
Valore limite: 0,010 mg/m3 fino al 17 gennaio 2025.
Valore limite: 0,025 mg/m3 per i procedimenti di saldatura o taglio al plasma o analoghi procedimenti di lavorazione che producono fumi fino al 17 gennaio 2025.
Fibre ceramiche refrattarie definite cancerogene ai sensi dell'articolo 2, lettera a), punto i) della direttiva 2004/37
-
-
-
-
0,3
-
-
-
-
Polvere di silice cristallina respirabile
-
-
0,1 (9)
-
-
-
-
-
-
Benzene
200-753-7
71-43-2
3,25
1
-
-
-
-
Cute (10)
Cloruro di vinile monomero
200-831-0
75-01-4
2,6
1
-
-
-
-
-
Ossido di etilene
200-849-9
75-21-8
1,8
1
-
-
-
-
Cute (10)
1,2 -Epossipropano
200-879-2
75-56-9
2,4
1
-
-
-
-
-
Tricloroetilene
201-167-4
79-01-6
54,7
10
-
164,1
30
-
Cute (10)
Acrilammide
201-173-7
79-06-1
0,1
-
-
-
-
-
Cute (10)
2-Nitropropano
201-209-1
79-46-9
18
5
-
-
-
-
-
o-Toluidina
202-429-0
95-53-4
0,5
0,1
-
-
-
-
Cute (10)
4,4 '- Metilendianilina
202-974-4
101-77-9
0,08
-
-
-
-
-
Cute (10)
Epicloridrina
203-439-8
106-89-8
1,9
-
-
-
-
-
Cute (10)
Etilene dibromuro
203-444-5
106-93-4
0,8
0,1
-
-
-
-
Cute (10)
1,3-Butadiene
203-450-8
106-99-0
2,2
1
-
-
-
-
-
Etilene dicloruro
203-458-1
107-06-2
8,2
2
-
-
-
-
Cute (10)
ldrazina
206-114-9
302-01-2
0,013
0,01
-
-
-
-
Cute (10)
Bromoetilene
209-800-6
593-60-2
4,4
1
-
-
-
-
-
Cadmio e suoi composti inorganici
0,001 (12)
---
-
-
-
---
Valore limite 0,004 mg/m3 (13) fino all' 11 luglio 2027.
Berillio e composti inorganici del berillio
0,0002 (12)
---
-
-
-
---
sensibilizzazione cutanea e delle vie respiratorie (14)
Valore limite 0,0006 mg/m3 fino all' 11 luglio 2026.
Acido arsenico e i suoi sali e composti inorganici dell'arsenico
0,01(12)
---
-
-
-
---
Per il settore della fusione del rame il valore limite si applica dall' 11 luglio 2023.
Formaldeide
200-001-8
50-00-0
0,37
0,3
---
0,74
0,6
---
Sensibilizzazione cutanea (15)
Valore limite di 0,62 mg/m3 o 0,5 ppm (3) per i settori sanitario, funerario e dell'imbalsamazione fino all' 11 luglio 2024.
4,4'Metilene-bis (2 cloroanilina)
202-918-9
1 01-14-4
0,01
---
---
---
---
---
Cute (10)
Emissioni di gas di scarico dei motori diesel
0,05 (11)
Il valore limite si applica a decorrere dal 21 febbraio 2023.
Per le attività minerarie sotterranee e la costruzione di gallerie, ii valore limite si applica a decorrere dal 21 febbraio 2026.
Miscele di idrocarburi policiclici aromatici, in particolare quelle contenenti benzo[a]pirene, definite cancerogene ai sensi della direttiva 2004/37
Cute (10)
Oli minerali precedentemente usati nei motori a combustione interna per lubrificare e raffreddare le parti mobili all'interno del motore
Cute (10)
NOTE (1) N. CE (ossia EINECS, ELINCS o NLP): e ii numero ufficiale della sostanza all' intero dell' Unione europea, come definito nell'allegato VI, parte I, punto 1.1.1.2, del regolamento (CE) n. 1272/2008. (2) N. CAS: numero di registrazione CAS (Chemical Abstract Service). (3) Misurato o calcolato in relazione a un periodo di riferimento di 8 ore. (4) Limite per esposizione di breve durata (STEL). Valore limite al di sopra del quale l'esposizione dovrebbe essere evitata e che si riferisce a un periodo di 15 minuti, salvo indicazione contraria. (5) mg/m3 = milligrammi per metro cubo di aria a 20°C e 101,3 kPa (corrispondenti alla pressione di 760 mm di mercurio). (6) ppm= parti per milione per volume di aria (ml/m3). (7) f/ml= fibre per millilitro. (8) Frazione inalabile: se le polveri di legno duro sono mischiate con altre polveri di legno, il valore limite si applica a tutte le polveri di legno presenti nella miscela in questione. (9) Frazione respirabile. (10) Contribuisce in modo significativo all'esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea. (11) Misurate sotto forma di carbonio elementare. (12) Frazione inalabile. (13) Frazione inalabile. Frazione respirabile negli Stati membri che applicano, alla data di entrata in vigore della direttiva (UE) 2019/983, un sistema di biomonitoraggio con un valore limite biologico non superiore a 0,002 mg Cd/g di creatinina nelle urine. (14) La sostanza può causare sensibilizzazione cutanea e delle vie respiratorie. (15) La sostanza può causare sensibilizzazione cutanea.
La normativa europea in materia di classificazione, etichettatura ed imballaggio delle sostanze e miscele è rappresentata dal Regolamento (CE) n. 1272/2008 (CLP) del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele in completa attuazione dal 1° giugno 2015.
[alert]Le fibre ceramiche refrattarie (FCR) sono classificate nell'Allegato VI del Regolamento CLP: Fibre ceramiche refrattarie - FCR- Numero Indice 650-017-00-8 Fibre artificiali vetrose (silicati), che presentano un'orientazione casuale e un tenore di ossidi alcalini e ossidi alcalino-terrosi (Na2O + K2O + CaO +MgO + BaO) pari o inferiore al 18% in peso.[/alert]
I criteri di classificazione tengono conto del diametro medio geometrico pesato sulla lunghezza (DLG-2ES) delle fibre e del contenuto degli ossidi alcalini e alcalino-terrosi.
L'attribuzione della classificazione "cancerogeno" è strettamente collegata al diametro medio geometrico della fibra e alla presenza degli ossidi alcalini e alcalino terrosi.
Le fibre che presentano un diametro medio geometrico pesato sulla lunghezza ≤ 6μm, sono da classificare come cancerogene di classe 1 B oppure di classe 2, a secondo del loro contenuto di ossidi alcalini e alcalino-terrosi.
Le fibre ceramiche (Numero Indice 650-0 17-00-8) si classificano come cancerogene 1 B in quanto il contenuto di ossidi alcalini e alcalino-terrosi risulta ≤ 18%.
Lo schema sottostante illustra la classificazione secondo CLP come riportata in allegato VI del CLP.
Tabella. Classificazione delle FCR (tratta da tabella 3.1 Allegata VI del CLP)
Nota A
Fatto salvo l'articolo 17, paragrafo 2, il nome della sostanza deve figurare sull'etichetta sotto una delle designazioni di cui alla parte 3.
Nella parte 3 è talvolta utilizzata una descrizione generate del tipo «composti di ... » o «solidi ... ».
In tal caso il fornitore è tenuto a precisare sull'etichetta il nome esatto, tenendo conto di quanto indicato alla sezione 1.1.1.4.
Nota R
La classificazione come cancerogeno non si applica alle fibre il cui diametro geometrico medio ponderato rispetto alla lunghezza, meno due errori geometrici standard, risulti superiore a 6μm.
L'applicazione delle nota R alla FCR, ai fini della loro possibile declassificazione come cancerogeno, è rappresentata graficamente in figura:
Figura. Classificazione delle FCR
(*) per Diametro si intende il diametro medio geometrico pesato sulla lunghezza (DLG-2ES) ... segue in allegato
Vademecum illustrato Scelta APVR EN 529:2005 | D.M. 2 maggio 2001
Rev 1.0 del 12 Luglio 2018
Aggiornamento del presente documento a seguito della pubblicazione, in data 21 giugno 2018, della norma UNI 11719:2018 - Guida alla scelta, all'uso e alla manutenzione degli Apparecchi di Protezione delle Vie Respiratorie (A.P.V.R), in applicazione alla UNI EN 529:2006.
La norma UNI 11719:2018 costituisce uno strumento per definire e attuare un programma di protezione delle vie respiratorie, fornendo criteri di scelta, uso, cura e manutenzione degli APVR.; essa non tratta gli APVR utilizzati per immersione o per pressioni diverse dalla normale pressione atmosferica.
Inserto nel corpo dell’elaborato estratto rielaborato del Capitolo 7, riguardante l’individuazione degli APVR adeguati.
Con l'uscita della Guida UNI EN 529:2006 il D.M. 2 Maggio 2001 che l'atto di legge per i criteri di individuazione e uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI) per la parte degli apparecchi di protezione delle vie respiratorie, deve essere letto con quanto riportato dalla UNI 11719:2018.
[panel]Update 11.07.2018
In data 21 Giugno 2018 è stata pubblicata la UNI 11719:2018 "Guida alla scelta, all'uso e alla manutenzione degli apparecchi di protezione delle vie respiratorie, in applicazione alla UNI EN 529:2006"
La presente norma costituisce uno strumento per definire e attuare un programma di protezione delle vie respiratorie, fornendo criteri di scelta, uso, cura e manutenzione degli APVR.
La presente norma non tratta gli APVR utilizzati per immersione o per pressioni diverse dalla normale pressione atmosferica.
In appendice B (informativa) è riportato l’elenco delle norme europee sugli APVR disponibili alla data di pubblicazione della presente norma.
Il presente documento illustra, con il supporto di immagini, il programma da attuare per la selezione, l'uso, la cura e la manutenzione dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie, in base a quanto indicato nella norma EN 529:2005.
I DPI a protezione delle vie respiratorie, detti anche APVR (apparecchi protezione vie respiratorie), sono dispositivi che servono a proteggere da sostanze aeriformi potenzialmente nocive (gas, polveri, vapori) mediante il meccanismo della filtrazione. Questi DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva quali impianti di aspirazione, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro, dopo analisi e valutazione del rischio da parte del DDL.
Gli APVR sono classificati di “Terza categoria”, per cui è obbligatoria l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori al fine del loro uso corretto.
Categoria III - Regolamento (UE) 2016/425 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 sui dispositivi di protezione individuale e che abroga la direttiva 89/686/CEE del Consiglio. (applicazione dal 21 Aprile 2018).
Riferimenti normativi scelta APVR
- Allegato 2 del D.M. 2 maggio 2001. Guida alla scelta e all’uso degli APVR. La norma EN 10720:98 recepita dal DM è stata ritirata è stata sostituita dalla norma EN 529:2005. L’art. 79 comma 2 bis del DLgs 81/08 lo mantiene in vigore fino all’emanazione del DM di cui all’art. 72 comma 2.
EN 529:2005 Dispositivi di protezione delle vie respiratorie - Raccomandazioni per la selezione, l'uso, la cura e la manutenzione - Documento guida La norma fornisce una guida di buona pratica per definire e attuare un programma adatto ai dispositivi di protezione delle vie respiratorie. Essa è stata pubblicata per fornire una base di riferimento a livello europeo per la selezione, l'uso, la cura e la manutenzione dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie. Essa fornisce linee guida per la preparazione di guide nazionali in tale ambito. La guida contenuta nella norma non è destinata ad essere esaustiva, ma evidenzia gli aspetti importanti sui quali dovrebbe essere prestata attenzione.
- Regolamento Europeo (UE) n. 453/2010 Secondo quanto disposto dal Regolamento Europeo (UE) n. 453/2010 la scheda di sicurezza deve indicare nella Sezione 8, punto 8.2.2.2, in riferimento alla protezione delle vie respiratorie, il tipo di dispositivi di protezione da utilizzare a seconda del pericolo e del potenziale di esposizione, compresi i respiratori ad aria purificata, specificando.
c) Protezione respiratoria Per gas, vapori, nebbia o polveri, è specificato il tipo di dispositivi di protezione da utilizzare a seconda del pericolo e del potenziale di esposizione, compresi i respiratori ad aria purificata, indicando l’elemento purificante idoneo (cartuccia o filtro), gli idonei filtri antiparticolato e le maschere idonee, oppure gli autorespiratori.
- Allegato VIII del D. Lgs. 81/08 Indicazioni generali per la corretta selezione possono essere ricavate dall’allegato VIII del D.Lgs. 81/08, che al punto 4.4 considera sia i rischi da cui deve proteggere l’APVR, sia i rischi derivanti dall’uso del dispositivo. D.Lgs. 81/08 - All. VIII - 4) Indicazioni non esaurienti per la valutazione dei dispositivi di protezione individuale.
__________
Filtri
I dispositivi filtranti dovrebbero avere il tipo corretto di filtro(i) adatto(i) alla(e) sostanza(e) dalla(e) quale(i) il portatore necessita protezione. I filtri possono proteggere solo contro gamme di concentrazioni limitate di contaminanti, come specificato dai fabbricanti. Il filtro può essere protettivo contro particelle (filtri antipolvere), gas/vapori (filtri antigas) e per la protezione contro particelle e gas/vapori (filtri combinati).
Classificazione ed identificazione filtri
I filtri sono classificati e identificati in base al colore (estratto prospetto A.1 Norma EN 529:2005).
Tabella 3 - Classificazione ed identificazione filtri
....
Respiratori
...
Processo di valutazione dei rischi
L'esposizione alle sostanze pericolose sul lavoro dovrebbe essere eliminata. Se ciò non fosse ragionevolmente possibile, allora l'esposizione dovrebbe essere ridotta al minimo mediante altri mezzi alla sorgente, prima di utilizzare dispositivi di protezione delle vie respiratorie.
Il datore di lavoro dovrebbe eseguire un'adeguata e idonea valutazione dei rischi, dove siano utilizzate sostanze pericolose o vi siano rischi prevedibili per la salute e la sicurezza.
La valutazione dei rischi dovrebbe prendere in considerazione almeno il pericolo, la sua natura e le sorgenti che contribuiscono all'esposizione, il grado di esposizione, l'ambiente di lavoro, i compiti e le persone incaricate di eseguire tali compiti, l'efficacia delle misure preventive intraprese o da intraprendere, oltre alle conseguenze prevedibili in caso di mancato funzionamento delle misure di protezione.
Al momento della decisione delle misure di protezione, dovrebbero essere valutate le fasi descritte nel prospetto 1, nell'ordine dato, e applicate dove pertinente. Si dovrebbe notare che in molte situazioni lavorative per ridurre al minimo l'esposizione occorre una combinazione delle fasi descritte nel prospetto 1. Inoltre, dovrebbero essere previsti sistemi amministrativi, inclusa la supervisione, per garantire che le misure di protezione rimangano sempre adeguate.
La valutazione dei rischi dovrebbe essere registrata e mantenuta aggiornata mediante un processo di riesame regolare oppure ogniqualvolta la valutazione sia riscontrata come non più valida. Un riesame dovrebbe avvenire almeno una volta all'anno.
Prospetto 1
Valutazione dei rischi per l'utilizzo APVR
Elementi del programma di protezione delle vie respiratorie
Dove è necessario un dispositivo per la protezione delle vie respiratorie per ridurre al minimo il rischio di esposizione, esso dovrebbe essere utilizzato solo dopo l'attuazione di un programma di protezione delle vie respiratorie adeguato. Gli elementi di un programma di protezione delle vie respiratorie includono:
__________
Indice Premessa 1. Riferimenti normativi scelta APVR 2. Norme armonizzate APVR 3. Tipi e componenti di dispositivi di protezione delle vie respiratorie 3.1 Classificazione APVR 3.2 Componenti principali 3.2.1 Facciali 3.2.2 Filtri 3.2.2.1 Filtri antipolvere 3.2.2.2 Filtri antigas e filtri combinati 3.2.2.3 Classificazione ed identificazione filtri 3.2.2.4 Marcatura filtri 3.2.2.5 Marcatura respiratori con filtri antipolvere 3.2.2.6 Durata di vita dei filtri 4. Alimentazione di aria o gas respirabili per i respiratori 5. Dispositivi filtranti 5.1 Dispositivi a pressione negativa 5.2 Dispositivi filtranti assistiti 6. Respiratori 6.1 Respiratore a presa d'aria esterna 6.2 Respiratore ad aria compressa alimentato dalla linea 6.3 Autorespiratori 7. Individuazione degli APVR adeguati 8. Processo di valutazione dei rischi 9. Criteri per l'utilizzo di dispositivi di protezione delle vie respiratorie 10. Valutazione dei rischi per l'utilizzo APVR 11. Fattori da considerare nella valutazione dei rischi 12. Adeguatezza ed idoneità 13. Valutazione di atmosfere che presentano un pericolo immediato per la vita o la salute 14. Valutazione del fattore di protezione minimo richiesto 15. Idoneità 15.1 Valutazione di idoneità per l'ambiente del posto di lavoro 15.2 Valutazione di idoneità per il compito 15.3 Valutazione di idoneità per il portatore 16. Uso 17. Informazioni operative, istruzioni e addestramento 18. Manutenzione 19. Immagazzinamento 20. Registrazioni 20.1 Passaporto APVR Fonti
Esempio applicazione F.M.E.A. alla Valutazione dei Rischi D.Lgs. 81/2008
Il Metodo F.M.E.A. Failure mode and effect analysis - Analisi dei modi di guasto/errore e dei loro effetti - , può essere applicato anche alla Stima/Valutazione del Rischio Sicurezza lavoro e può risolvere delle incoerenze e semplificazioni eccessive degli algoritmi R = P x D.
Algoritmi tipici nella Stima del Rischio
Generalmente la stima e valutazione del rischio viene effettuata con algoritmi del tipo:
R = P x D
Dove:
R = Rischio (Eventualità di subire un danno connesso a circostanze più o meno prevedibili) P = Probabilità di accadimento dell’evento D = Danno
L’approccio P x D, pur se corretto, presenta alcuni limiti, in particolare:
- poca chiarezza nella distinzione dei punteggi che producono uno stesso rischio R (es. 1x4 e 4x1); - non permette di distinguere se la valutazione sia riferita alle misure di prevenzione già attuate o ancora da attuare.
Esistono anche altri strumenti per la realizzazione dell’analisi dei rischi.
Un modo di valutazione dei rischi è quello di aggiungere un parametro all’approccio P x D che può risolvere tali questioni, utilizzando i metodi di affidabilità F.M.E.A. / F.M.E.C.A.
F.M.E.A.Failure mode and effect analysis - Analisi dei modi di guasto/errore e dei loro effetti F.M.E.C.AFailure Mode, Effects, and Criticality Analysis - Analisi dei modi, degli effetti e della criticità dei guasti
Con le metodologie F.M.E.A. / F.M.E.C.A., si aggiunge, all'algoritmo R = P x D, il parametro "Efficacia":
1. Gravità 2. Probabilità 3. Efficacia
La FMEA (Failure Mode and Effect Analysis, Analisi dei modi e degli effetti dei guasti) è una metodologia utilizzata per analizzare le modalità di guasto o di difetto di un processo, prodotto o sistema.
L'acronimo deriva dalla denominazione inglese Failure mode and effects analysis.
Generalmente (ma non necessariamente) l'analisi è eseguita preventivamente e quindi si basa su considerazioni teoriche e non sperimentali, inoltre:
- È una tecnica di tipo previsionale cui è collegato il concetto di affidabilità; - È utilizzata per identificare le vulnerabilità dei processi; - È elaborata attraverso la partecipazione di un Gruppo di Lavoro multidisciplinare nominato ad hoc per lo studio del problema.
Es. Valori Gravità
Es. Valori Probabilità
Es. Valori Efficacia
Una volta determinati i valori dei tre parametri è possibile procedere alla valutazione dell’INDICE di PRIORITA' DEL RISCHIO:
I.P.R. = G x P x E
dove:
G = Gravità dell’evento lesivo P = Probabilità E = Efficacia
Il valore dell’Indice di Priorità del Rischio varierà da (es):
- un minimo di 1 (1 x 1 x 1); - ad un valore massimo di 1000 (10 x 10 x 10).
Con decreto interministeriale, ex articolo 104-bis del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 ed ex articolo 131, comma 2-bis del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163(1), sono stati individuati i modelli semplificati per la redazione del piano operativo di sicurezza, del piano di sicurezza e di coordinamento e del fascicolo dell'opera nonché del piano di sicurezza sostitutivo.
GU n. 212 del 12 settembre 2014. _____
Ferma restando l'integrale applicazione delle previsioni di cui al Titolo IV (Art. 89) del dlgs. n. 81 del 2008, i datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici possono predisporre il POS utilizzando il modello semplificato di cui all'allegato I al presente decreto.
[alert]POS - Piano Operativo dl Sicurezza PSC - Piano di Sicurezza e Coordinamento PSS - Piano di Sicurezza Sostitutivo FO - Fascicolo dell’Opera[/alert]
Modelli semplificati per la redazione del piano operativo di sicurezza (POS), del piano di sicurezza e di coordinamento (PSC) e del fascicolo dell'opera (FO) nonché del piano di sicurezza sostitutivo (PSS).
Il Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE. (GU n.100 del 2-5-2006 - SO n. 107 ) è abrogato dal Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 "Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture". s.m.i. (GU Serie Generale n.91 del 19-4-2016 - SO n. 10) [/alert]
EN 14255-3 | Valutazione del rischio da radiazione solare
ID 11049 | 23.06.2020
Il presente documento riporta i modelli di valutazione basati sulla norma tecnica EN 14255:3:2008 per la valutazione dell’esposizione al rischio da radiazione solare per la pelle e per gli occhi soffermandosi sul metodo per la determinazione dei fattori di esposizione. Il metodo, che non richiede conoscenze particolari, può essere applicato a specifiche condizioni in termini di luogo e clima.
Note e allegati sul rischio da radiazione solare / UV:
- Global Solar UV Index - a practical guide WHO 2002 - La radiazione solare ultravioletta - un rischio per i lavoratori all'aperto ISPESL 2004 - Exposur to carcinogens and work related cancer - A review of assessment methods EU OSHA 2014 - La radiazione solare ultravioletta - un rischio per i lavoratori all’aperto | INAIL 2016 - Monographs 100D IARC 2012 - Rischio da radiazione solare ultravioletta nei lavoratori outdoor RT 2013 - Occupational exposure to solar ultraviolet radiation and skin cancer | Indini S. 2018
Le persone possono essere esposte alle radiazioni ultraviolette (UV) emesse da fonti artificiali o naturali. La più importante fonte naturale per l'esposizione alle radiazioni UV è il sole. In base a diversi fattori come la posizione geografica, la stagione, l’ora del giorno, l’altitudine, la nuvolosità e fattori individuali come l'abbigliamento, il tempo trascorso all'aperto può comportare una significativa esposizione ai raggi UV al sole.
L'esposizione alle radiazioni ultraviolette del sole è di notevole importanza per la salute. L'esposizione ai raggi UV può produrre effetti sulla salute sia benefici che dannosi. La produzione di vitamina D è riconosciuta come un effetto benefico ma danni agli occhi ed alla pelle possono essere causati da esposizione a radiazioni UV di breve durata ma alta intensità.
La norma tecnica EN 14255:3:2008 descrive le procedure per la misurazione o la stima e la valutazione delle esposizioni solari UV.
Ai fini della radioprotezione non è sempre necessario determinare esattamente l’esposizione personale. Spesso è sufficiente una valutazione più generale del livello di esposizione ai raggi UV solari. L’indice UV è uno dei metodi per poter effettuare la valutazione.
[panel]L'indice universale della radiazione UV solare, detto più semplicemente indice UV (sigla UVI dall'inglese Ultra Violet Index), descrive il livello di radiazione ultravioletta solare che raggiunge la superficie terrestre in una certa area.
L'indice UV è stato concepito nell'ottica di aumentare la consapevolezza della popolazione sui rischi di una eccessiva esposizione alla radiazione solare ed è stato sviluppato nell'ambito di una collaborazione tra l'Organizzazione Mondiale della Sanità, il Programma per l'ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), l'Organizzazione Meteorologica Mondiale e la Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non-ionizzanti (ICNIRP).[/panel]
I metodi di calcolo e le segnalazioni dell'indice UV variavano da paese a paese, ma un unico indice è stato standardizzato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e ha sostituito i diversi metodi regionali. L'indice UV internazionale si basa su un metodo di calcolo uniforme ed inoltre su colori e grafica standard per carta stampata.
Tabella 1 - Scala cromatica internazionale
Fig. 1 – Tipologia di protezioni | Simboli OMS
L'indice UV è di solito determinato per un'area ampia pertanto l'esposizione UV solare locale può variare a causa di copertura nuvolosa diversa e altri motivi. Quindi la valutazione locale e individuale dell'esposizione deve essere ai raggi UV adattata di conseguenza.
Un approccio simile si basa sulla determinazione dei fattori di esposizione della pelle e degli occhi. Permette una approssimativa stima locale dell'esposizione ai raggi UV. Poiché non si basa su misurazioni, l'incertezza può essere maggiore di una stima basata sull'indice UV. Tuttavia, questo metodo prende in considerazione fattori locali (copertura nuvolosa, albedo) e fattori individuali (abbigliamento e misure protettive).
La valutazione dei rischi specifica per esposizione a radiazioni ottiche naturali è necessaria in tutti i casi in cui il processo lavorativo o la mansione comportino una significativa esposizione del lavoratore alla radiazione solare.
1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all'età, alla provenienza da altri Paesi.
2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione, deve avere data certa e contenere:
a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa; b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a); c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri; e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio; f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.
3. Il contenuto del documento di cui al comma 2 deve altresì rispettare le indicazioni previste dalle specifiche norme sulla valutazione dei rischi contenute nei successivi titoli del presente decreto.[/panel]
[panel]La radiazione solare ultravioletta - un rischio per i lavoratori all’aperto | INAIL 2016
I raggi solari devono essere considerati a tutti gli effetti un rischio di natura professionale per tutti i lavoratori che lavorano all’aperto. La permanenza al sole per un periodo più o meno prolungato, specie se la pelle non è abbronzata, può provocare la comparsa dell’eritema solare: arrossamento della pelle, spesso accompagnato da bruciore e/o gonfi ore della zona interessata. Se l’esposizione è stata particolarmente intensa possono anche comparire ustioni. Oltre a questi fenomeni, la prolungata esposizione ai raggi solari è responsabile dell’invecchiamento precoce e di malattie, anche gravi, quali diversi tipi di tumore cutaneo, a carico della pelle. Non tutti abbiamo la stessa pelle ed è importante sapere a quale fototipo apparteniamo: più basso è il fototipo e maggiore sarà il rischio di malattie della pelle a seguito di una lunga e non protetta esposizione ai raggi solari.
Devono porre particolare attenzione all’esposizione solare
- I soggetti con fototipo basso - Chi assume farmaci. Alcuni farmaci, infatti, possono provocare reazioni allergiche potenziate dall’esposizione solare (quindi consigliamo di chiedere al medico curante se, durante l’assunzione del farmaco, è sconsigliata l’esposizione al sole e di leggere sempre il foglietto illustrativo)
Come proteggersi?
- Organizzare l’orario di lavoro, quando è possibile, per evitare l’esposizione nelle ore in cui i raggi solari sono più dannosi (dalle 11 alle 15 oppure, con l’ora legale, dalle 12 alle 16). In questa fascia oraria privilegiare le attività che si svolgono all’interno, riservando quelle all’esterno per gli orari mattutini e serali - Cercare di sfruttare le zone di ombra prodotte da alberi o costruzioni vicine - Consumare i pasti e sostare durante le pause in luoghi ombreggiati - Indossare un cappello a tesa larga e circolare (almeno 8 cm), proteggeremo così anche orecchie, naso e collo - Essere sempre ben coperti sul corpo, anche quando fa caldo: abiti larghi, leggeri e di colore chiaro che non ostacolino i movimenti, accollati, con maniche lunghe e pantaloni lunghi. Mai lavorare a dorso nudo! - Usare gli occhiali da sole per proteggere gli occhi - Prima di esporsi al sole, fare uso di creme solari ad alta protezione sulle parti scoperte (braccia, dorso delle mani, viso, naso, collo, orecchie, eccetera)
Infine, non dimentichiamo che
- Neve, ghiaccio, acqua, sabbia e cemento riflettono la luce solare, aumentando i raggi solari nocivi - L’intensità dei raggi solari varia con le stagioni, con le aree geografi che e con l’altitudine - Anche quando il cielo è nuvoloso siamo esposti a radiazioni solari. Vento e nuvole riducono la sensazione di calore, ma non il rischio di scottature - Bisogna proteggersi anche in inverno e non solo d’estate - Il vetro blocca quasi totalmente i raggi solari nocivi[/panel]
[box-note]Occupational exposure to solar ultraviolet radiation and skin cancer - Indini S. 2018
Aspetti generali
I raggi solari sono per lo più costituiti da radiazioni ottiche – energia radiante compresa in un’ampia regione dello spettro elettromagnetico che include le radiazioni ultraviolette (UVR), visibili (luce) e infrarosse – benché siano presenti radiazioni con lunghezza d’onda superiore e inferiore; le lunghezze d’onda delle UVR si trovano nel range di 100-400 nm e sono suddivise in ordine decrescente in UVA, UVB, e UVC. La componente UV delle radiazioni terrestri emesse dal sole è composta al 95% da UVA e al 5% da UVB.
Radiazione solare UV
Il sole è la principale fonte di esposizione agli UV ma, con l’avvento delle fonti artificiali di UVR, le opportunità di ulteriori esposizioni è aumentata. La radiazione ottica proveniente dal sole è sostanzialmente modificata durante il suo passaggio attraverso l’atmosfera terrestre in quanto è assorbita e diffusa da vari costituenti dell’atmosfera (per es. molecole d’aria, in particolare ossigeno e nitrogeno, aerosol e particelle di polvere e dall’inquinamento atmosferico). L’irradianza solare totale e il relativo contributo delle differenti lunghezze d’onda variano con l’altitudine. Le nuvole posso attenuare la radiazione solare, ma esse agiscono solo parzialmente sulla componente UVR. La riflessione della luce solare prodotta da determinate superfici può contribuire significativamente all’ammontare totale di radiazioni UV [1].
Effetti biologici degli UV: fotocarcinogenesi
Gli UV penetrano nella cute in una modalità lunghezza d’onda-dipendente:gli UVA, meno energetici, penetrano profondamente fino al derma, gli UVB sono quasi del tutto assorbiti dall’epidermide. Gli UVA causano prevalentemente fotoaging cutaneo (elastosi solare) per deterioramento delle fibre del derma e sono molto meno cancerogeni se comparati agli UVB. Tuttavia, gli UVA sono assorbiti da cromofori endogeni diversi dal DNA e generano radicali liberi dell’ossigeno (ROS) attraverso una reazione di fotosensibilizzazione indiretta. Il bersaglio principale dei ROS nel DNA è la guanina con formazione prevalentemente di 8-ossi-7,8-diidro-2-deossiguanosina (la più frequente lesione del DNA UVA indotta). Gli UVA inducono anche la formazione di dimeri di pirimidine, hanno effetti immunosoppressivi e riducono l’arresto del ciclo cellulare. Gli UVB hanno un effetto mutageno diretto sul DNA; sono assorbiti direttamente dal DNA con formazione di fotoprodotti del DNA (dimeri ciclobutano-pirimidina e fotoprodotti 6-4-pirimidina-pirimidone). Tali alterazioni portano a distorsioni al DNA che inibiscono le polimerasi durante la trascrizione e/o la replicazione del DNA durante la divisione cellulare. Quando non riparate, queste lesioni possono portare a mutazioni caratteristiche nelle sequenze del DNA, le cosiddette “UV-signature mutation” perché, teoricamente, nessun altro mutageno induce tali mutazioni[2]. Le cellule hanno specifici meccanismi di difesa per individuare i dimeri di pirimidina per la successiva riparazione, alcune patologie (es. xeroderma pigmentoso) possono portare a sviluppo di carcinomi cutanei multipli poiché c’è un difetto nel sistema di riparazione per escissione dei nucleotidi; anche in soggetti con normali sistemi di riparazione del DNA alcuni dimeri non vengono corretti, portando infine a mutazioni permanenti del DNA[3]. Il danno al DNA può portare a mutazioni in regolatori cellulari chiave e altri geni essenziali (ad es. in più del 90% di tutti i carcinomi squamocellulari cutanei e approssimativamente nel 50% dei carcinomi basocellulari sono state riscontrate mutazioni nel gene onco-soppressore p53). A seguito del mancato funzionamento degli onco-soppressori e/o alla eccessiva espressione di geni proto-oncogeni può svilupparsi un fenotipo cellulare mutato con accumulo di mutazioni aggiuntive che portano a crescita e differenziazione cellulari incontrollate, esitando infine in carcinoma cutaneo[2].
Radiazione solare UV e carcinoma cutaneo
L’esposizione alla radiazione solare ultravioletta è classificata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) come cancerogeno di gruppo 1 associato con il più elevato livello di causalità per carcinoma cutaneo, sia melanoma che non melanoma. I carcinomi cutanei non melanoma (NMSC, Non Melanoma Skin Cancer) comprendono i carcinomi squamocellulari (SCC, squamous cell carcinoma) e i carcinomi bacocellulari (BCC, basal cell carcinoma)[4]. Questi ultimi due carcinomi sono fortemente associati con le radiazioni solari nella popolazione caucasica mediante l’accumulo di danno solare cutaneo cronico (es. presenza di cheratosi attiniche, invecchiamento) ed episodi acuti di danno solare cutaneo (es. scottature multiple, specialmente in giovane età)[1].
UV e carcinoma cutaneo: origine professionale
Revisioni sistematiche e meta-analisi hanno dimostrato che i lavoratori esposti professionalmente a UV hanno un rischio aumentato del 43% per BCC e del 77% per SCC comparato con la popolazione media, con un rischio crescente a latitudini decrescenti[4]. Secondo il CAREX, la radiazione ultravioletta solare rappresenta l’agente fisico per cui c’è più frequentemente esposizione in Unione Europea. Dal 1990 al 1993 circa 9 milioni di lavoratori regolari “outdoor” in 15 Stati Membri sono stati esposti alla luce solare. L’esposizione è stata particolarmente frequente nell’agricoltura (2,5 milioni di esposti) e nell’edilizia (2,1 milioni di esposti)[5]. Nel 2005, secondo i dati di prevalenza delle esposizioni occupazionali a cancerogeni in Italia, l’esposizione alle alle radiazioni solari (700.000 esposti) era la secondo posto dopo quella al fumo di tabacco ambientale (800.000 esposti)[6]. L’esposizione “intermittente”, che vagamente si identificava con altro tipo di attività ad alta intensità di esposizione sole, come l’abbronzatura, le attività ricreative all’esterno e vacanze in climi soleggiati, hanno mostrato generalmente associazioni positive (da moderate a forti) per l’insorgenza di melanoma; tuttavia, esposizioni “croniche” o “più continuative”, generalmente identificate con l’esposizione occupazionale, generalmente hanno mostrato associazione debole, nulla o negativa[1].
Valutazione del rischio da radiazioni UV
La valutazione del rischio da UV solari per i lavoratori esposti è difficoltosa per varie ragioni: prima di tutto, l’esposizione solare durante il lavoro può variare in base a diversi fattori come il clima, l’ora del giorno, la stagione, la latitudine,…; secondariamente non c’è un’adeguata reazione dose-effetto tra esposizione e foto-induzione di patologie, così come non è possibile determinare una dose soglia per l’esposizione a UVR correlata al rischio di induzione tumorale; inoltre, il rischio cutaneo all’esposizione a raggi solari può essere influenzato da fattori individuali (es. fototipo, storia familiare) e attività ricreative (es. abbronzatura, lampade abbronzanti); infine altri fattori occupazionali possono causare patologie cutanee simili a quelle fotoindotte (es. idrocarburi policiclici aromatici, radiazioni ionizzanti)[7]. Seppure risulta classificata dalla IARC come cancerogeno di gruppo 1, la radiazione solare non è stata inserita nella lista degli agenti cancerogeni e mutageni sul lavoro dalla Direttiva 2004/37/EC (Direttiva 2004/37/EC del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 Aprile 2004 e successive modifiche e integrazioni sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro). Ad ogni modo, la valutazione del rischio derivante da ogni agente fisico dovrebbe essere effettuata in accordo con quanto decretato dalla Direttiva 89/391/EEC (Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro). Per la valutazione e la prevenzione del rischio da esposizione a raggi solari durante le attività lavorative all’aperto, si consiglia di fare riferimento al documento ICNIRP 14/2007 “Protezione dei lavoratori dalle Radiazioni Ultraviolette”; un metodo semplificato basato su tali criteri è disponibile online sul sito “PORTALE AGENTI FISICI” realizzato dal Laboratorio di Sanità Pubblica dell’Azienda Sanitaria USL Toscana Sud Est (ex Azienda USL 7 Siena) con la collaborazione dell’INAIL e dell’Azienda USL di Modena[8].
Un approccio differente implica l’utilizzo dell’UV Index (UVI) come misura del livello di radiazioni UV. L’UVI è stato sviluppato dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità, il Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) e l’Organizzazione Meteorologica Mondiale. Il valore dell’Indice varia da zero in su, più l’indice è alto, maggiore è il potenziale di danno per occhio e cute e inferiore è il tempo necessario affinché si verifichi il danno[9].
Un sopralluogo per valutare l’ambiente di lavoro e una raccolta dei dati riguardanti l’orario, le pratiche e le procedure di lavoro possono fornire elementi utili sul rischio da radiazioni UV.
L’esposizione ambientale a UVR dipende da vari fattori quali latitudine, tempo (copertura nuvolosa), altitudine, ora del giorno e riflessione superficiale. L’esposizione personale dipende da tali fattori oltre che dalla frequenza e dalla intensità dell’esposizione, dalle attività lavorative svolte, dalla disponibilità e utilizzo dell’ombra, nonché da altri fattori comportamentali. Ampie variazioni dei livelli di esposizione si verificano anche in condizioni atmosferiche identiche[10].
Potrebbe essere appropriato utilizzare dosimetri per quantificare l’esposizione personale. Ad ogni modo, la valutazione del rischio da esposizione a UV deve includere anche la valutazione di fattori individuali, quindi i dati anamnestici personali (fototipo, farmaci, comorbidità, familiarità) che dovrebbero essere raccolti insieme a quelli ambientali che andrebbero misurati o stimati per ciascun lavoratore.
Strategie di prevenzione dei tumori cutanei di origine occupazionale
La fonte di UV non può essere rimossa o sostituta da alternative meno pericolose, quindi bisogna ricorrere a misure preventive tecniche, organizzative e personali. Le misure tecniche possono consistere nel fornire ombra (strutture con zone d’ombra, alberi, cabine per trattori) per limitare l’esposizione solare diretta sia durante le attività lavorative anche durante i pasti e le pause. Le misure organizzative includono politiche di protezione solare sul posto di lavoro, informazione e formazione del personale e programmazione delle attività di lavoro per ridurre al minimo l’esposizione durante gli orari in cui gli UV sono più intensi. Infine deve essere raccomandato l’impiego di misure protettive personali (vestiti, cappelli a tesa larga con protezione al collo, occhiali da sole) e l’applicazione di schermi solari sulla cute esposta[7]. Molti studi hanno dimostrato che le misure protettive contro i raggi solari sono spesso inadeguate per i lavoratori “outdoor”. Il fattore più importante che garantisce l’effettiva protezione dagli UV solari è il comportamento personale, per tale ragione il successo delle strategie di prevenzione dei carcinomi cutanei dipende ampiamente dall’accettazione delle misure protettive dai lavoratori esposti a elevate dosi di radiazioni UV di origine naturale. ...[/box-note]
________
EN 14255-3
1. Procedure EN 14255-3
Esistono diverse procedure che possono essere applicate per determinare e valutare le esposizioni a radiazioni UV personali causate dal sole:
- valutazione del rischio mediante l'indice UV solare; - determinazione del fattore di esposizione cutanea; - calcolo delle esposizioni alle radiazioni solari in base ai parametri geografici; - misurazione dell'esposizione termica effettiva He; - misurazione dell'esposizione radiante al carcinoma cutaneo non melanoma Hnmsc; - misure e valutazioni in accordo alla norma EN 14255-1. ________
2. Determinazione del fattore di esposizione cutanea
La determinazione del fattore di esposizione cutanea di basa su una serie di fattori che influenzano quantitativamente l’esposizione della pelle e degli occhi all’aperto.
fSE (skin exposure factor) = f1 x f2 x f3 x f4 x f5 x f6
Tabella 3 – Coefficienti di valutazione del rischio di esposizione solare della pelle
Tabella 4 – Raccomandazioni per la protezione della pelle
[box-warning]NB:
Il fattore di esposizione oculare non è stato adottato dalla norma EN 14255-3 in quanto potrebbe non essere sufficiente a garantire un grado di protezione adeguato in caso di esposizione ai raggi UV-A[/box-warning]
Fig. 2 – Tipologia raggi UV
La guida “Protecting Workers from Ultraviolet Radiation” ILO/ICNIRP/WHO 2007 (ICNIRP 14/2007) riporta due metodi per la valutazione del rischio da radiazione solare in caso di esposizione di pelle e occhi che si basano sulla determinazione di fattori specifici. La valutazione del rischio da radiazione solare in caso di esposizione di pelle ICNIRP 14/2007 è identica a quella della norma EN 14255-3.
Fig. 3 – Linee Guida/Standard per la determinazione dei fattori di esposizione
...
segue in allegato
Fonti EN 14255-3:2008 Guide: Protecting workers from ultraviolet radiation. ILO/ICNIRP/WHO 2007 Global Solar UV Index - a practical guide WHO 2002 La radiazione solare ultravioletta - un rischio per i lavoratori all’aperto
Il Documento di lavoro allegato, illustra, in facile lettura, i livelli di rischio delle Regioni italiane secondo quanto previsto dal Decreto-Legge 22 aprile 2021 n. 52:
In base a tali disposizioni e alle ordinanze del Ministro della Salute, alla data del 28 giugno 2021, si applicano le misure previste:
zona rossa: (nessuna Regione e Provincia autonoma) zona arancione: (nessuna Regione e Provincia autonoma) zona gialla: (nessuna Regione e Provincia autonoma) zona bianca: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Provincia Autonoma di Bolzano, Provincia Autonoma di Trento, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto e Valle d’Aosta
Nel documento non si tiene conto di eventuali ulteriori misure di Ordinanze regionali/locali (controllare).
e le misure Covid-19 correlate ad ogni Livello di rischio. E' inoltre illustrato il parametro Rt che è alla base della classificazione dei livelli di rischio delle Regioni.
[box-warning]Festività pasquali
Per effetto del Decreto-Legge 13 marzo 2021 n. 30, alle Regioni in zona gialla nel periodo 15 marzo-6 aprile 2021 si applicano le stesse misure della zona arancione e, nei giorni 3, 4 e 5 aprile 2021, sull’intero territorio nazionale, ad eccezione delle Regioni o Province autonome i cui territori si collocano in zona bianca, si applicheranno le misure stabilite per la zona rossa.[/box-warning]
Excursus
Con il DPCM 03 Novembre 2020 è stato istituto un regime differenziato che divide l’Italia in tre fasce di rischio contagio: «zone gialle, arancioni e rosse».
[alert]Art. 1 comma 5 Decreto-Legge 14 gennaio 2021 n. 2 All’articolo 1 del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, dopo il comma 16 -quater , sono aggiunti i seguenti: […] 16 -sexies . Con ordinanza del Ministro della salute, adottata ai sensi del comma 16 -bis sono individuate le regioni che si collocano in uno scenario di tipo 1 e con un livello di rischio basso, ove nel relativo territorio si manifesti una incidenza settimanale dei contagi, per tre settimane consecutive, inferiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti, all’interno delle quali cessano di applicarsi le misure determinate ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, e le attività sono disciplinate dai protocolli individuati con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Con i medesimi decreti possono essere adottate, in relazione a determinate attività particolarmente rilevanti dal punto di vista epidemiologico, specifiche misure restrittive fra quelle di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19.[/alert]
Per effetto del Decreto-Legge 13 marzo 2021 n. 30, alle Regioni in zona gialla nel periodo 15 marzo-6 aprile 2021 si applicano le stesse misure della zona arancione e, nei giorni 3, 4 e 5 aprile 2021, sull’intero territorio nazionale, ad eccezione delle Regioni o Province autonome i cui territori si collocano in zona bianca, si applicheranno le misure stabilite per la zona rossa.
...
Il decreto-legge 22 aprile 2021, n.52 ha disposto l’applicazione di misure per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19.
ART. 1 (Rispristino della disciplina delle zone gialle e ulteriori misure per contenere e contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19)
1. Fatto salvo quanto diversamente disposto dal presente decreto, dal 1° maggio al 31 luglio 2021, si applicano le misure di cui al provvedimento adottato in data 2 marzo 2021, in attuazione dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. 2. Dal 26 aprile 2021 cessano di avere efficacia le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, e sono conseguentemente consentiti gli spostamenti in entrata e in uscita dai territori delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano che si collocano nelle zone bianca e gialla. 3. Dal 1° maggio al 31 luglio 2021, le misure stabilite per la zona rossa si applicano anche nelle regioni e province autonome di Trento e Bolzano individuate con ordinanza del Ministro della salute ai sensi dell'articolo 1, comma 16-bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, nelle quali l'incidenza cumulativa settimanale dei contagi è superiore a 250 casi ogni 100.000 abitanti, sulla base dei dati validati dell'ultimo monitoraggio disponibile. 4. Dal 1° maggio al 31 luglio 2021, i Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano possono disporre l'applicazione delle misure stabilite per la zona rossa, nonché ulteriori, motivate, misure più restrittive tra quelle previste dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 19 del 2020, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 3, comma 1: a) nelle province in cui l'incidenza cumulativa settimanale dei contagi è superiore a 250 casi ogni 100.000 abitanti; b) nelle aree in cui la circolazione di varianti di SARS-CoV-2 determina alto rischio di diffusività o induce malattia grave.[/panel]
[box-warning]Il Documento sarà aggiornato in relazione alla modifica dei livelli di rischio delle Regioni/territori o altre evoluzioni che potranno avvenire con Ordinanza Ministero della Salute.
Modifiche ai livelli di rischio / Emanazione Ordinanze Min Salute
....
Figura 1 - Flusso Modifiche ai livelli di rischio / Ordinanza Min Salute
*Ultima ordinanza ministeriale in ordine temporale.
(1) Nota L’Ordinanza Ministero della Salute 04.11.2020 è efficace dal 6 novembre 2020 per un periodo minimo di 15 giorni, e comunque non oltre la data del termine di efficacia del nuovo D.P.C.M. 3 novembre 2020 (3 dicembre 2020).
La classificazione dei territori formerà oggetto di verifica, con frequenza almeno settimanale, da parte del Ministro della Salute, che provvederà ai relativi aggiornamenti, fermo restando che la permanenza per 14 giorni in un livello di rischio o scenario inferiore, rispetto a quello che ha determinato le misure restrittive, comporterà una nuova classificazione
Tale ordinanza è efficace dal 6 novembre 2020 per un periodo minimo di 15 giorni (fino al 21 novembre 2020), e comunque non oltre la data del termine di efficacia del nuovo D.P.C.M. (3 dicembre 2020).
La classificazione dei territori formerà oggetto di verifica, con frequenza almeno settimanale, da parte del Ministro della Salute, che provvederà ai relativi aggiornamenti, fermo restando che la permanenza per 14 giorni in un livello di rischio o scenario inferiore, rispetto a quello che ha determinato le misure restrittive, comporterà una nuova classificazione.
(2) Nota L’Ordinanza Ministero della Salute 10.11.2020è efficace dall’11 novembre 2020 per un periodo minimo di 15 giorni (fino al 26 novembre 2020), e comunque non oltre la data del termine di efficacia del nuovo D.P.C.M. 3 novembre 2020 (3 dicembre 2020).
(3) Nota L’Ordinanza Min Salute 13.11.2020 è efficace dal 15 novembre 2020 per un periodo minimo di 15 giorni (fino al 30 novembre 2020), e comunque non oltre la data del termine di efficacia del nuovo D.P.C.M. 3 novembre 2020 (3 dicembre 2020).
(12) Nota L’Ordinanza Ministero della Salute dell’11.12.2020 è efficace a decorrere dal 13 dicembre 2020 e per un periodo minimo di 14 giorni (fino al 27 Dicembre 2020) e per la Regione Abruzzo cessa l’applicazione delle misure di cui all’art. 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2020 mentre per le Regioni Basilicata, Calabria, Lombardia e Piemonte cessa l’applicazione delle misure di cui all’art. 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2020.
(15) Nota Ordinanza Ministero della Salute 22.01.2021Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 per le Regioni Calabria, Emilia Romagna e Veneto produce effetto dal 24 Gennaio 2021 all’8febbraio 2021.
(16) Nota Ordinanza Ministero della Salute 22.01.2021Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 per la Regione Sardegnaproduce effetto dal 24 Gennaio 2021 all’8febbraio 2021.
(17) Nota Ordinanza Ministero della Salute 23.01.2021Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 per la Regione Lombardiaproduce effetto dal 24 Gennaio 2021 all’8febbraio 2021.
(18) Nota Ordinanza ministeriale 29 gennaio 2021 - Misure urgenti di contenimento e gestione dell'emergenza Covid-19 Regioni Puglia, Umbria, Sicilia e Provincia autonoma di Bolzano produce effetto dal 1° Febbraio 2021 al 15 Febbraio 2021
(19) Nota Ordinanza ministeriale 29 gennaio 2021 - Misure urgenti di contenimento e gestione dell'emergenza Covid-19 Regioni Calabria, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto produce effetto dal 1° Febbraio 2021 al 15 Febbraio 2021
(20) Nota Ordinanza ministeriale 9 Febbraio 2021 Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 per la Regione Puglia
(21) Nota Ordinanza ministeriale 12 Febbraio 2021 Per la regione Umbria le misure di cui all’Ordinanza del 16 gennaio 2021 continuano ad applicarsi per ulteriori 15 giorni a partire dal 15 febbraio 2021. La regione Umbria resta quindi in area arancione; per la Provincia Autonoma di Bolzano le misure di cui all’Ordinanza del 29 gennaio 2021 continuano ad applicarsi per ulteriori 15 giorni a partire dal 15 febbraio 2021. La provincia Autonoma di Bolzano resta quindi in area arancione. Le Regioni Abruzzo, Liguria, Toscana e la Provincia Autonoma di Trento passano in area arancione per 15 giorni a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della nuova Ordinanza in Gazzetta Ufficiale.
(22) Nota Ordinanza ministeriale 19 Febbraio 2021 Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 nelle Regioni Campania, Emilia Romagna e Molise. (GU n.43 del 20.02.2021) produce effetti dal 21 Febbraio 2021 all'08 marzo 2021
(23) Nota Le ordinanze producono effetti dal 1° Marzo 2021 al 15 marzo 2021 Nr. 01 - Ordinanza ministeriale 27 febbraio 2021 - Misure urgenti di contenimento e gestione dell'emergenza Covid-19 - Regioni Abruzzo, Toscana, Umbria e per la Provincia Autonoma di Trento e Bolzano Nr. 02 - Ordinanza ministeriale 27 febbraio 2021 - Misure urgenti di contenimento e gestione dell'emergenza Covid-19 - Regioni Marche, Lombardia e Piemonte Nr. 03 - Ordinanza ministeriale 27 febbraio 2021 - Misure urgenti di contenimento e gestione dell'emergenza Covid-19 - Regione Basilicata Nr. 04 - Ordinanza ministeriale 27 febbraio 2021 - Misure urgenti di contenimento e gestione dell'emergenza Covid-19 – Regione Molise Nr. 05 - Ordinanza ministeriale 27 febbraio 2021 - Misure urgenti di contenimento e gestione dell'emergenza Covid-19 - Regione Sardegna
(24) Nota Le ordinanze producono effetti dall’ 08 Marzo 2021 al 23 marzo 2021 Nr. 01. Ordinanza ministeriale 5 marzo 2021 - Misure urgenti di contenimento e gestione dell'emergenza Covid-19 - Regione Campania Nr 02. Ordinanza ministeriale 5 marzo 2021 - Misure urgenti di contenimento e gestione dell'emergenza Covid-19 – Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Veneto
(25) Nota Le ordinanze producono effetti dal 15 Marzo 2021 al 30 marzo 2021 01. Ordinanza ministeriale 12 marzo 2021 - Misure urgenti di contenimento e gestione dell'emergenza Covid-19 - Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Veneto 02. Ordinanza ministeriale 12 marzo 2021 - Misure urgenti di contenimento e gestione dell'emergenza Covid-19 – Regione Puglia 03. Ordinanza ministeriale 12 marzo 2021 - Misure urgenti di contenimento e gestione dell'emergenza Covid-19 - Regione Molise
(26) Nota L’ordinanza produce effetti dal 15 Marzo 2021 al 30 marzo 2021 Ordinanza Ministero della Salute 13 Marzo 2021Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 nella Regione Marche e nella Provincia autonoma di Trento. (GU n. 63 del 13-3-2021)
L’analisi del rischio è basata sulla probabilità della diffusione del Sars-Cov-2 nel territorio e sull’impatto che avrà su ospedali e soggetti a rischio. Il Ministero della Salute con il Decreto 30 Aprile 2020 ha realizzato una serie di criteri e due algoritmi con cui arrivare a concludere qual era la situazione a livello regionale: bisogna dunque rispondere a delle domande e a seconda della risposta data muoversi di conseguenza.
Probabilità. La prima domanda che ci si pone è se si siano registrati nuovi casi negli ultimi cinque giorni. Se la risposta è no, allora la probabilità di diffusione è “molto bassa”. Se invece la risposta è sì, si passa alla seconda domanda: vi è evidenza di un aumento della trasmissione? Se la risposta è no, la probabilità è “bassa”, mentre se la risposta è sì si va alla terza domanda: vi è evidenza che la trasmissione non sia gestibile con misure locali? In caso di risposta negativa, corrispondente a una situazione che si può ancora controllare, si ha una probabilità “moderata”, altrimenti è considerata “alta”.
Impatto. La prima domanda è se vi sia un aumento dei casi negli ultimi 5 giorni tra gli over 50. In caso di risposta negativa l’impatto è “molto basso”, mentre se è positiva si passa alla seconda domanda: i servizi sanitari sono in sovraccarico? Se no, l’impatto è “basso”, altrimenti si va alla domanda tre: vi sono evidenze di nuovi focolai nelle case di riposo o negli ospedali o in luoghi con popolazione anziana? In caso di risposta negativa l’impatto è “moderato”, in alternativa “alto”.
Il Ministero della Salute ha quindi definito una matrice (vedere la tabella seguente) che combina le due analisi, restituendoci il livello di rischio.
Per essere a rischio “molto alto” bisogna avere una probabilità e un impatto “alto”, mentre per essere a rischio “alto” si deve avere una probabilità “alta” e un impatto “moderato” o viceversa. In tutte le altre situazioni si è a rischio “moderato”, “basso” o “molto basso”
Tabella - Matrice Probabilità/Impatto
Indicatori
L’Istituto superiore di sanità (Iss) per rispondere alle domande e valutare il rischio considera 21 indicatori, di cui 16 obbligatori e 5 opzionali.
Il primo gruppo di indicatori obbligatori riguarda la capacità di monitoraggio. Si guardano i seguenti dati:
Casi sintomatici di cui si conosce la data di inizio dei sintomi (indicatore 1.1);
Casi con ricovero in ospedale di cui è indicato il giorno di ricovero (1.2);
Casi entrati in terapia intensiva di cui è indicata la data di trasferimento (1.3);
Casi notificati per mese in cui è riportato il comune di domicilio o residenza (1.4).
Per tutti questi indicatori la soglia di completezza è del 60%, per cui bisogna conoscere le informazioni di almeno 6 persone ogni 10 affinché il monitoraggio possa funzionare. L’informazione più importante in questo gruppo è la prima, perché la Fondazione Bruno Kesler (FBK), l’ente che calcola Rt per l’Iss, parte dalla data di inizio dei sintomi per calcolare l’indice di riproduzione, in modo da avvicinarsi il più possibile alla vera curva epidemica.
Nel secondo gruppo di indicatori obbligatori si guardano invece trasmissione e tenuta dei servizi sanitari. Gli indicatori sono:
Casi negli ultimi 14 giorni (3.1);
Indice Rt (3.2);
Casi per data di diagnosi e di inizio dei sintomi (3.4);
Numero di nuovi focolai (3.5);
Numero di casi non associati a catene di trasmissione note (3.6);
Tasso di occupazione delle terapie intensive (3.8);
Tasso di occupazione delle aree mediche rilevanti (3.9).
Le soglie di allerta in questo caso sono varie: il numero di casi deve essere stabile o in calo, Rt inferiore a 1, il trend settimanale dei casi in calo, non deve esserci un aumento dei focolai attivi in particolare negli ospedali o nelle case di riposo e il numero di casi non associati a catene note non deve diminuire (altrimenti è richiesta una valutazione del rischio ad hoc).
Per quanto riguarda i due indicatori legati agli ospedali, la soglia di allarme la si raggiunge se il tasso di occupazione delle terapie intensive è superiore al 30% (tendenzialmente il 60-70% dei posti è già occupato da pazienti ricoverati per altri motivi) o se quello delle aree mediche rilevanti è superiore al 40%. Le aree mediche rilevanti sono la 24 (malattie infettive e tropicali), 26 (medicina generale) e 68 (pneumologia). L’Iss è in particolar modo interessato a stabilire la probabilità che nei trenta giorni successivi vengano superate queste due soglie.
Nel terzo gruppo ci sono gli indicatori obbligatori relativi alla capacità di accertamento diagnostico, indagine e gestione dei contatti si guardano:
Tasso di positività sui tamponi (2.1);
Tempo trascorso tra la data di inizio dei sintomi e la data di diagnosi (2.2);
Numero di persone destinate al contact tracing (2.4);
Numero di persone destinate al prelievo dei tamponi (2.5);
Numero di casi confermati di infezione nella regione per cui sia stata effettuata una regolare indagine epidemiologica (2.6).
In questo caso si ha un’allerta se:
Aumento il tasso di positività;
La mediana del tempo tra la data di inizio dei sintomi e la data di diagnosi è superiore ai 5 giorni;
I numeri delle persone dedicate alle due attività è ritenuto non adeguato rispetto agli standard europei;
Il numero di casi con indagine epidemiologica è in aumento rispetto alla settimana precedente.
Infine, ci sono i cinque indicatori opzionali, che non analizzeremo dal momento che non hanno un ruolo attivo nel monitoraggio.
1. Indicatori di processo sulla capacità di monitoraggio:
1.1 Numero di casi sintomatici notificati per mese in cui è indicata la data inizio sintomi/totale di casi sintomatici notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo. 1.2 Numero di casi notificati per mese con storia di ricovero in ospedale (in reparti diversi dalla TI) in cui è indicata la data di ricovero/totale di casi con storia di ricovero in ospedale (in reparti diversi dalla TI) notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo. 1.3 Numero di casi notificati per mese con storia di trasferimento/ricovero in reparto di terapia intensiva (TI) in cui è indicata la data di trasferimento o ricovero in TI/totale di casi con storia di trasferimento/ricovero in terapia intensiva notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo. 1.4 Numero di casi notificati per mese in cui è riportato il comune di domicilio o residenza/totale di casi notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo. 1.5 Numero di checklist somministrate settimanalmente a strutture residenziali sociosanitarie (opzionale). 1.6 Numero di strutture residenziali sociosanitarie rispondenti alla checklist settimanalmente con almeno una criticità riscontrata (opzionale).
2.Indicatori di processo sulla capacità di accertamento diagnostico, indagine e di gestione dei contatti:
2.1 % di tamponi positivi escludendo per quanto possibile tutte le attività di screening e il “re-testing” degli stessi soggetti, complessivamente e per macro-setting (territoriale, PS/Ospedale, altro) per mese. 2.2 Tempo tra data inizio sintomi e data di diagnosi. 2.3 Tempo tra data inizio sintomi e data di isolamento (opzionale). 2.4 Numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale al contact-tracing. 2.5 Numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale alle attività di prelievo/invio ai laboratori di riferimento e monitoraggio dei contatti stretti e dei casi posti rispettivamente in quarantena e isolamento. 2.6 Numero di casi confermati di infezione nella regione per cui sia stata effettuata una regolare indagine epidemiologica con ricerca dei contatti stretti/totale di nuovi casi di infezione confermati.
3.Indicatori di risultato relativi a stabilità di trasmissione e alla tenuta dei servizi sanitari:
3.1 Numero di casi riportati alla Protezione civile negli ultimi 14 giorni. 3.2 Rt calcolato sulla base della sorveglianza integrata ISS (si utilizzeranno due indicatori, basati su data inizio sintomi e data di ospedalizzazione). 3.3 Numero di casi riportati alla sorveglianza sentinella COVID-net per settimana (opzionale). 3.4 Numero di casi per data diagnosi e per data inizio sintomi riportati alla sorveglianza integrata COVID-19 per giorno. 3.5 Numero di nuovi focolai di trasmissione (2 o più casi epidemiologicamente collegati tra loro o un aumento inatteso nel numero di casi in un tempo e luogo definito). 3.6 Numero di nuovi casi di infezione confermata da SARS-CoV-2 per Regione non associati a catene di trasmissione note. 3.7 Numero di accessi al PS con classificazione ICD-9 compatibile con quadri sindromici riconducibili a COVID-19 (opzionale). 3.8 Tasso di occupazione dei posti letto totali di Terapia Intensiva (codice 49) per pazienti COVID-19. 3.9 Tasso di occupazione dei posti letto totali di Area Medica per pazienti COVID-19.[/panel]
Scenario 1, situazione di trasmissione localizzata: Rt inferiore a 1;
Scenario 2, situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa ma gestibile dal sistema sanitario: Rt tra 1 e 1,25;
Scenario 3, situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa con rischi di tenuta del sistema sanitario: Rt tra 1,25 e 1,5;
Scenario 4, situazione di trasmissibilità non controllata con criticità nella tenuta del sistema sanitario: Rt superiore a 1,5.
Va comunque tenuto a mente che in realtà non è Rt a essere importante, bensì il suo intervallo di credibilità (e non confidenza, essendo ricavato da un modello bayesiano). Tutto l’intervallo deve infatti essere compreso o essere superiore alle soglie per far sì che si sia in quello scenario: se ad esempio l’intervallo è 1,24 - 1,30, si rientra nello scenario 2 e non nel 3 essendo l’estremità inferiore sotto 1,25.
Situazione di trasmissione localizzata (focolai) sostanzialmente invariata rispetto al periodo luglio-agosto 2020, con Rt regionali sopra soglia per periodi limitati (inferiore a 1 mese) e bassa incidenza, nel caso in cui la trasmissibilità non aumenti sistematicamente all’inizio dell’autunno, le scuole abbiano un impatto modesto sulla trasmissibilità e i sistemi sanitari regionali riescano a tracciare e tenere sotto controllo i nuovi focolai, inclusi quelli scolastici.
SCENARIO 2
Situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa ma gestibile dal sistema sanitario nel brevemedio periodo, con valori di Rt regionali sistematicamente e significativamente compresi tra Rt=1 e Rt=1,25 (ovvero con stime dell’Intervallo di Confidenza al 95% - IC95% - di Rt comprese tra 1 e 1,25), nel caso in cui non si riesca a tenere completamente traccia dei nuovi focolai, inclusi quelli scolastici, ma si riesca comunque a limitare di molto il potenziale di trasmissione di SARS-CoV-2 con misure di contenimento/mitigazione ordinarie e straordinarie. Un’epidemia con queste caratteristiche di trasmissibilità potrebbe essere caratterizzata, oltre che dalla evidente impossibilità di contenere tutti i focolai, da una costante crescita dell’incidenza di casi (almeno quelli sintomatici; è infatti possibile che si osservi una riduzione della percentuale di casi asintomatici individuati rispetto al totale vista l’impossibilità di svolgere l’investigazione epidemiologica per tutti i nuovi focolai) e corrispondente aumento dei tassi di ospedalizzazione e dei ricoveri in terapia intensiva. La crescita del numero di casi potrebbe però essere relativamente lenta, senza comportare un rilevante sovraccarico dei servizi assistenziali per almeno 2-4 mesi.
SCENARIO 3
Situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa con rischi di tenuta del sistema sanitario nel medio periodo, con valori di Rt regionali sistematicamente e significativamente compresi tra Rt=1,25 e Rt=1,5 (ovvero con stime IC95% di Rt comprese tra 1,25 e 1,5), e in cui si riesca a limitare solo modestamente il potenziale di trasmissione di SARS-CoV-2 con misure di contenimento/mitigazione ordinarie e straordinarie. Un’epidemia con queste caratteristiche di trasmissibilità dovrebbe essere caratterizzata da una più rapida crescita dell’incidenza di casi rispetto allo scenario 2), mancata capacità di tenere traccia delle catene di trasmissione e iniziali segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali in seguito all’aumento di casi ad elevata gravità clinica (con aumento dei tassi di occupazione dei posti letto ospedalieri – area critica e non critica) riconducibile ad un livello di rischio elevato o molto elevato in base al sistema di monitoraggio settimanale. La crescita del numero di casi potrebbe comportare un sovraccarico dei servizi assistenziali entro 2-3 mesi. È però importante osservare che qualora l’epidemia dovesse diffondersi prevalentemente tra le classi di età più giovani, come osservato nel periodo luglio-agosto 2020, e si riuscisse a proteggere le categorie più fragili (es. gli anziani), il margine di tempo entro cui intervenire potrebbe essere maggiore.
SCENARIO 4
Situazione di trasmissibilità non controllata con criticità nella tenuta del sistema sanitario nel breve periodo, con valori di Rt regionali sistematicamente e significativamente maggiori di 1,5 (ovvero con stime IC95% di Rt maggiore di 1,5). Anche se una epidemia con queste caratteristiche porterebbe a misure di mitigazione e contenimento più aggressive nei territori interessati, uno scenario di questo tipo potrebbe portare rapidamente a una numerosità di casi elevata e chiari segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali, senza la possibilità di tracciare l’origine dei nuovi casi. La crescita del numero di casi potrebbe comportare un sovraccarico dei servizi assistenziali entro 1-1,5 mesi, a meno che l’epidemia non si diffonda prevalentemente tra le classi di età più giovani, come osservato nel periodo luglio-agosto 2020, e si riuscisse a proteggere le categorie più fragili (es. gli anziani). A questo proposito, si rimarca che appare piuttosto improbabile riuscire a proteggere le categorie più fragili in presenza di un’epidemia caratterizzata da questi valori di trasmissibilità.[/panel]
Il Documento allegato fornisce informazioni ed un quadro normativo generale sul "Registro di esposizione ad agenti cancerogeni": quando è previsto e come istituirlo e trattarlo.
*Non viene approfondito per amianto e agenti biologici.
[box-warning]Rev. 3.0 dell'08.03.2021
Decreto 11 febbraio 2021 Recepimento della direttiva (UE) 2019/130 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 gennaio 2019, nonché della direttiva (UE) 2019/983 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019 che modificano la direttiva (CE) 2004/37 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro (in vigore dal 15.02.2021 dalla pubblicazione sul sito MLPS)[/box-warning]
[box-warning]Rev. 2.0 del 03.02.2021
Nota INAIL del 1° febbraio 2021 - A decorrere dal 10 febbraio 2021 le comunicazioni relative ai registri di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni e ad agenti biologici devono avvenire esclusivamente attraverso il servizio online “Registro esposizione”, a disposizione di tutti i datori di lavoro.[/box-warning]
[box-warning]Rev. 1.0 del 21.06.2020
Il Documento Rev. 1.0 2020 allegato è aggiornato al:
Attuazione della direttiva (UE) 2017/2398 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, che modifica la direttiva 2004/37/CE del Consiglio, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro. (GU n.145 del 09-06-2020).[/box-warning]
Fig. 1 - Flusso recepimento Direttiva sociale lavoro ...
Il Registro di esposizione agenti cancerogeni è previsto quando i lavoratori sono esposti ad agenti cancerogeni ed è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente (Articolo 243 del D.Lgs 81/2008).
Il responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
Con la Circolare n. 43 del 12 ottobre 2017 e la Circolare n. 22 del 15 maggio 2018 sono illustrate le modalità di invio telematico ed aggiornamento del Registro di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni e Registro di esposizione ad agenti biologici mediante l’accesso ai servizi online del portale Inail, che consente di rispettare, con un unico adempimento informatico, l’obbligo previsto dalla normativa vigente nei confronti sia dell’Inail sia della Asl competente per territorio.
Il registro deve essere aggiornato in occasioni di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata. Eventuali variazioni intervenute nel registro devono essere comunicate all'Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale e all'organo di vigilanza competente per territorio ogni tre anni e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta (art. 243, comma 8 del d.lgs. 81/2008).
Si illustra, il tema, a seguire, per quanto riguarda gli "agenti cancerogeni" (è da intendersi esteso ad agenti mutageni) di cui alla categoria 1A o 1B dell'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 (amianto e agenti biologici menzionati).
Capo II Protezione da agenti cancerogeni e mutageni
Sezione I Disposizioni generali
Art. 233. Campo di applicazione
1. Fatto salvo quanto previsto per le attività disciplinate dal capo III e per i lavoratori esposti esclusivamente alle radiazioni previste dal trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni a causa della loro attività lavorativa.
Art. 234. Definizioni
1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno: 1) una sostanza o miscela che corrisponde ai criteri di classificazione come sostanza cancerogena di categoria 1A o 1B di cui all'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio;
2) una sostanza, miscela o procedimento menzionati all'allegato XLII del presente decreto, nonché sostanza o miscela liberate nel corso di un processo e menzionate nello stesso allegato;
b) agente mutageno: 1) una sostanza o miscela corrispondente ai criteri di classificazione come agente mutageno di cellule germinali di categoria 1A o 1B di cui all'allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008.
c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato XLIII.[/panel]
1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o una miscelao o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso purché tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.
L'esposizione non deve comunque superare il valore limite dell'agente stabilito nell'allegato XLIII.[/panel]
[box-warning]ALLEGATO XLII Elenco di sostanze, miscele e processi
ELENCO DI SOSTANZE, MISCELE E PROCESSI
1. Produzione di auramina con il metodo Michler. 2. I lavori che espongono agli idrocarburi policiclici aromatici presenti nella fuliggine, nel catrame o nella pece di carbone. 3. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il raffinamento del nichel a temperature elevate. 4. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico. 5. Il lavoro comportante l'esposizione a polvere di legno duro. 6. Lavori comportanti esposizione a polvere di silice cristallina respirabile generata da un procedimento di lavorazione. (1) 7. Lavori comportanti penetrazione cutanea degli oli minerali precedentemente usati nei motori a combustione interna per lubrificare e raffreddare le parti mobili all'interno del motore. (2) 8. Lavori comportanti esposizione alle emissioni di gas di scarico dei motori diesel. (2)[/box-warning]
[box-warning]ALLEGATO XLIII Valori limite di esposizione professionale:[/box-warning]
A. VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE
NOME AGENTE
N. CE (1)
N. CAS (2)
Valori limite
Osservazioni
Misure transitorie
8 ore (3)
Breve durata (4)
mg/m 3 (5)
ppm (6)
f/ml (7)
mg/m3 (5)
ppm (6)
f/ml (7)
Polveri di legno duro
-
-
2 (8)
-
-
-
-
-
-
Valore limite: 3 mg /m3 fino al 17 gennaio 2023.
Composti di cromo VI definiti cancerogeni ai sensi dell'articolo 2, lettera a), punto i) della direttiva 2004/37 (come cromo)
-
-
0,005
-
-
-
-
-
-
Valore limite: 0,010 mg/m3 fino al 17 gennaio 2025.
Valore limite: 0,025 mg/m3 per i procedimenti di saldatura o taglio al plasma o analoghi procedimenti di lavorazione che producono fumi fino al 17 gennaio 2025.
Fibre ceramiche refrattarie definite cancerogene ai sensi dell'articolo 2, lettera a), punto i) della direttiva 2004/37
-
-
-
-
0,3
-
-
-
-
Polvere di silice cristallina respirabile
-
-
0,1 (9)
-
-
-
-
-
-
Benzene
200-753-7
71-43-2
3,25
1
-
-
-
-
Cute (10)
Cloruro di vinile monomero
200-831-0
75-01-4
2,6
1
-
-
-
-
-
Ossido di etilene
200-849-9
75-21-8
1,8
1
-
-
-
-
Cute (10)
1,2 -Epossipropano
200-879-2
75-56-9
2,4
1
-
-
-
-
-
Tricloroetilene
201-167-4
79-01-6
54,7
10
-
164,1
30
-
Cute (10)
Acrilammide
201-173-7
79-06-1
0,1
-
-
-
-
-
Cute (10)
2-Nitropropano
201-209-1
79-46-9
18
5
-
-
-
-
-
o-Toluidina
202-429-0
95-53-4
0,5
0,1
-
-
-
-
Cute (10)
4,4 '- Metilendianilina
202-974-4
101-77-9
0,08
-
-
-
-
-
Cute (10)
Epicloridrina
203-439-8
106-89-8
1,9
-
-
-
-
-
Cute (10)
Etilene dibromuro
203-444-5
106-93-4
0,8
0,1
-
-
-
-
Cute (10)
1,3-Butadiene
203-450-8
106-99-0
2,2
1
-
-
-
-
-
Etilene dicloruro
203-458-1
107-06-2
8,2
2
-
-
-
-
Cute (10)
ldrazina
206-114-9
302-01-2
0,013
0,01
-
-
-
-
Cute (10)
Bromoetilene
209-800-6
593-60-2
4,4
1
-
-
-
-
-
Cadmio e suoi composti inorganici
0,001 (12)
---
-
-
-
---
Valore limite 0,004 mg/m3 (13) fino all' 11 luglio 2027.
Berillio e composti inorganici del berillio
0,0002 (12)
---
-
-
-
---
sensibilizzazione cutanea e delle vie respiratorie (14)
Valore limite 0,0006 mg/m3 fino all' 11 luglio 2026.
Acido arsenico e i suoi sali e composti inorganici dell'arsenico
0,01(12)
---
-
-
-
---
Per il settore della fusione del rame il valore limite si applica dall' 11 luglio 2023.
Formaldeide
200-001-8
50-00-0
0,37
0,3
---
0,74
0,6
---
Sensibilizzazione cutanea (15)
Valore limite di 0,62 mg/m3 o 0,5 ppm (3) per i settori sanitario, funerario e dell'imbalsamazione fino all' 11 luglio 2024.
4,4'Metilene-bis (2 cloroanilina)
202-918-9
1 01-14-4
0,01
---
---
---
---
---
Cute (10)
Emissioni di gas di scarico dei motori diesel
0,05 (11)
Il valore limite si applica a decorrere dal 21 febbraio 2023.
Per le attività minerarie sotterranee e la costruzione di gallerie, ii valore limite si applica a decorrere dal 21 febbraio 2026.
Miscele di idrocarburi policiclici aromatici, in particolare quelle contenenti benzo[a]pirene, definite cancerogene ai sensi della direttiva 2004/37
Cute (10)
Oli minerali precedentemente usati nei motori a combustione interna per lubrificare e raffreddare le parti mobili all'interno del motore
Cute (10)
NOTE (1) N. CE (ossia EINECS, ELINCS o NLP): e ii numero ufficiale della sostanza all' intero dell' Unione europea, come definito nell'allegato VI, parte I, punto 1.1.1.2, del regolamento (CE) n. 1272/2008. (2) N. CAS: numero di registrazione CAS (Chemical Abstract Service). (3) Misurato o calcolato in relazione a un periodo di riferimento di 8 ore. (4) Limite per esposizione di breve durata (STEL). Valore limite al di sopra del quale l'esposizione dovrebbe essere evitata e che si riferisce a un periodo di 15 minuti, salvo indicazione contraria. (5) mg/m3 = milligrammi per metro cubo di aria a 20°C e 101,3 kPa (corrispondenti alla pressione di 760 mm di mercurio). (6) ppm= parti per milione per volume di aria (ml/m3). (7) f/ml= fibre per millilitro. (8) Frazione inalabile: se le polveri di legno duro sono mischiate con altre polveri di legno, il valore limite si applica a tutte le polveri di legno presenti nella miscela in questione. (9) Frazione respirabile. (10) Contribuisce in modo significativo all'esposizione totale attraverso la via di assorbimento cutanea. (11) Misurate sotto forma di carbonio elementare. (12) Frazione inalabile. (13) Frazione inalabile. Frazione respirabile negli Stati membri che applicano, alla data di entrata in vigore della direttiva (UE) 2019/983, un sistema di biomonitoraggio con un valore limite biologico non superiore a 0,002 mg Cd/g di creatinina nelle urine. (14) La sostanza può causare sensibilizzazione cutanea e delle vie respiratorie. (15) La sostanza può causare sensibilizzazione cutanea.
[panel]Art. 236. Valutazione del rischio
1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 235, il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'articolo 17.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente capo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'articolo 28, comma 2, o l'autocertificazione dell'effettuazione della valutazione dei rischi di cui all'articolo 29, comma 5, sono integrati con i seguenti dati:
a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o miscele cancerogene o mutagene o di processi industriali di cui all'allegato XLII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni; b) i quantitativi di sostanze ovvero miscele cancerogene o mutagene prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti; c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni o mutageni; d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa; e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati; f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e le miscele1 eventualmente utilizzati come sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza può richiedere i dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 50, comma 6.[/panel]
[panel] Sezione III Sorveglianza sanitaria
Art. 242. Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'articolo 236 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per i singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformità all'articolo 236; b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria e comunque dell'esposizione all'agente, considerando tutte le circostanze e le vie di esposizione possibilmente rilevanti per verificare l'efficacia delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, ove ne ricorrano le condizioni, segnala la necessità che la stessa prosegua anche dopo che è cessata l’esposizione, per il periodo di tempo che ritiene necessario per la tutela della salute del lavoratore interessato. Il medico competente fornisce, altresì, al lavoratore indicazioni riguardo all’opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari, anche dopo la cessazione dell’attività lavorativa, sulla base dello stato di salute del medesimo e dell’evoluzione delle conoscenze scientifiche. (3)[/panel]
[panel]Articolo 243 Dlgs 81/08 - Registro di esposizione e cartelle sanitarie
1. I lavoratori di cui all’articolo 242 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l’attività svolta, l’agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell’esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all’articolo 242, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio secondo quanto previsto dall’articolo 25, comma 1, lettera c).
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia all’ISPESL, per il tramite del medico competente, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro e, secondo le previsioni dell’articolo 25 del presente decreto, ne consegna copia al lavoratore stesso.
5. In caso di cessazione di attività dell’azienda, il datore di lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio all’ISPESL.
6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall’ISPESL fino a quarant’anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti cancerogeni o mutageni.
7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto professionale e del trattamento dei dati personali e nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 , e successive modificazioni.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7: a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all’ISPESL ed all’organo di vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute; b) consegna, a richiesta, all’Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma 1; c) in caso di cessazione di attività dell’azienda, consegna copia del registro di cui al comma 1 all’organo di vigilanza competente per territorio; d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede all’ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma 4.
9. I modelli e le modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati dal decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 12 luglio 2007, n. 155 , ed aggiornati con decreto dellostesso Ministro, adottato di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazione nella pubblica amministrazione, sentita la Commissione consultiva permanente. 10. L’ISPESL trasmette annualmente al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali dati di sintesi relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a richiesta li rende disponibili alle regioni. [/panel]
Quando è previsto il Registro di esposizione (degli esposti)
Il diagramma di flusso seguente, illustra, in estrema sintesi, quando è previsto il Registro di esposizione a partire dall'individuazione di agenti cancerogeni:
Fig. 3 - Flusso Registro esposti SI/NO
*è da intendersi esteso ad agenti mutageni
[panel] Articolo 260 Dlgs 81/08 - Registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio
1. Il datore di lavoro, per i lavoratori di cui all’articolo 246, che nonostante le misure di contenimento della dispersione di fibre nell’ambiente e l’uso di idonei DPI, nella valutazione dell’esposizione accerta che l’esposizione è stata superiore a quella prevista dall’articolo 251, comma 1, lettera b), e qualora si siano trovati nelle condizioni di cui all’articolo 240, li iscrive nel registro di cui all’articolo 243, comma 1, e ne invia copia agli organi di vigilanza ed all’ISPESL. L’iscrizione nel registro deve intendersi come temporanea dovendosi perseguire l’obiettivo della non permanete condizione di esposizione superiore a quanto indicato all’articolo 251, comma 1, lettera b).
2. Il datore di lavoro, su richiesta, fornisce agli organi di vigilanza e all’ISPESL copia dei documenti di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, trasmette all’ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato, unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1.
4. L’ISPESL per il tramite del medico competente, provvede a conservare i documenti di cui al comma 3 per un periodo di quaranta anni dalla cessazione dell’esposizione.[/panel]
[panel]Titolo X ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI
Articolo 280 Dlgs 81/08 - Registri degli esposti e degli eventi accidentali
1. I lavoratori addetti ad attività comportanti uso di agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi, l’attività svolta, l’agente utilizzato e gli eventuali casi di esposizione individuale.
2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al comma 1 e ne cura la tenuta tramite il responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Il medico competente e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
3. Il datore di lavoro: a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all’ISPESL e all’organo di vigilanza competente per territorio, comunicando ad essi ogni tre anni e comunque ogni qualvolta questi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute; b) comunica all’ISPESL e all’organo di vigilanza competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro, dei lavoratori di cui al comma 1, fornendo al contempo l’aggiornamento dei dati che li riguardano e consegna al medesimo Istituto per tramite del medico competente le relative cartelle sanitarie e di rischio; c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna all'Istituto superiore di sanità e all'organo di vigilanza competente per territorio copia del registro di cui al comma 1 ed all'ISPESL copia del medesimo registro nonché per il tramite del medico competente le cartelle sanitarie e di rischio; d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato attività che comportano rischio di esposizione allo stesso agente richiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio.
4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall’ISPESL fino a dieci anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti biologici. Nel caso di agenti per i quali è noto che possono provocare infezioni consistenti o latenti o che danno luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungo tempo o che possono avere gravi sequele a lungo termine tale periodo è di quaranta anni.
5. La documentazione di cui ai precedenti commi è custodita e trasmessa con salvaguardia del segreto professionale.
6. I modelli e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1 e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali sentita la Commissione consultiva permanente.
7. L’ISPESL trasmette annualmente al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali dati di sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1.[/panel]
B. Registro esposti: Come
Registro di esposizione: modalità di trasmissione
Registri di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni e ad agenti biologici: obbligo invio telematico dal 10 febbraio 2021
Dal 10 febbraio 2021 le comunicazioni relative ai registri di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni e ad agenti biologici devono essere trasmesse esclusivamente con il servizio online.
Come descritto nella nota del 1° febbraio 2021, inviata alle Associazioni nazionali di categoria dei datori di lavoro, a decorrere dal 10 febbraio 2021 le comunicazioni relative ai registri di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni e ad agenti biologici devono avvenire esclusivamente attraverso il servizio online “Registro esposizione”, a disposizione di tutti i datori di lavoro.
L'introduzione del Registro di esposizione informatizzato - utilizzabile in sede di rilascio dai soli datori di lavoro titolari di Posizione assicurativa territoriale (Pat), nonchè ai soggetti da essi abilitati, e successivamente esteso anche ai datori di lavoro del settore agricolo e in gestione per conto dello Stato - ha rappresentato una semplificazione importante in quanto consente, con un unico inserimento telematico, di adempiere a quanto previsto dalla normativa vigente nei confronti di Inail e dell'organo di vigilanza in considerazione del fatto che l'applicativo è immediatamente accessibile ai funzionari dei Servizi di prevenzione delle Aziende sanitarie locali tramite le credenziali in loro possesso.
Stante ii periodo di tempo trascorso dall'entrata in vigore dell'obbligo di invio telematico, si ritiene conclusa la necessaria fase di transizione connessa all'utilizzo dell'applicativo informatico, che ha previsto, nella sua prima applicazione, la disponibilità dell'Istituto ad acquisire e integrare nel richiamato applicative i dati dei registri che i datori di lavoro hanno trasmesso in formate cartaceo o tramite PEC.
Si rappresenta, pertanto, che a decorrere dal 10 febbraio 2021 non sarà più possibile da parte dell'Istituto ricevere ulteriori invii delle comunicazioni in argomento con modalità diverse dal servizio on line.
Qualora tuttavia, successivamente a tale data, dovessero pervenire ulteriori comunicazioni via PEC o in modalità cartacea, in una logica di fattiva collaborazione, si provvederà a contattare i datori di lavoro al fine di rappresentare la necessità di procedere all'invio telematico dei dati afferenti i Registri di esposizione in argomento nonché fornire adeguata assistenza nei casi in cui fossero rappresentate eventuali problematiche legate all'inserimento di tali dati.
…
Per i datori di lavoro, o loro delegati, titolari di posizione assicurativa territoriale (Pat), dal 12 ottobre 2017 è disponibile il nuovo servizio online per la trasmissione del “Registro di esposizione”.
Con la circolare n. 43 del 12 ottobre 2017 e la Circolare n. 22 del 15 maggio 2018 sono illustrate le modalità di invio telematico mediante l’accesso ai servizi online del portale Inail, che consente di rispettare, con un unico adempimento informatico, l’obbligo previsto dalla normativa vigente nei confronti sia dell’Inail sia della Asl competente per territorio.
I datori di lavoro pubblici e privati non titolari di una Pat provvederanno, invece, all’inoltro dei dati afferenti al Registro di esposizione tramite Pec.
Circolare INAIL n. 43 del 12 Ottobre 2017
Registro di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni” e “Registro di esposizione ad agenti biologici”. Modalità telematiche di trasmissione e aggiornamento.
La normativa degli anni novanta in materia di salute e sicurezza sul lavoro (in primis il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626) ha previsto flussi informativi riguardanti la protezione dei lavoratori sui luoghi di lavoro, con finalità di prevenzione e ricerca. In particolare, per gli aspetti qui di interesse, sono stati istituiti i Registri in oggetto nei quali il datore di lavoro, per quei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria poiché la valutazione del rischio ha evidenziato l’esposizione ad agenti cancerogeni mutageni e biologici appartenenti al gruppo 3 o 4, deve riportare i dati riguardanti gli agenti utilizzati, i dati dei lavoratori esposti, l’attività svolta dal dipendente e il valore dell’esposizione in termini di intensità, frequenza e durata. Il decreto del Ministro della salute 12 luglio 2007, n. 155 ha definito i modelli da utilizzare per il Registro di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni.
Con l’approvazione del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro della salute e il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione 25 maggio 2016, n. 183, emanato in attuazione dell’art. 8, comma 4 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni (di seguito T.U. salute e sicurezza) recante le regole tecniche per il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP) e in vigore dal 12 ottobre 2016, si prevede l’acquisizione telematica dei dati contenuti nei Registri di esposizione ex artt. 243, 260 e 280 del T.U. salute e sicurezza, la cui decorrenza è stata differita al 12 ottobre 2017 dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, in coerenza con l’obbligo di trasmissione espressamente previsto e sanzionato dal legislatore nell’ambito delle disposizioni specifiche di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti cancerogeni e mutageni e da agenti biologici (rispettivamente artt. 243 e 262, artt. 280 e 282 T.U. salute e sicurezza).
Rilascio registro di esposizione e modalità di invio telematico
In relazione a quanto precede, l’Inail ha realizzato un servizio online per la trasmissione del “Registro di esposizione”, che sarà disponibile a partire dal 12 ottobre 2017 e utilizzabile in una prima fase da parte dei datori di lavoro titolari di Posizione assicurativa territoriale (Pat), mentre gli altri datori di lavoro pubblici e privati, comunque assoggettati al medesimo obbligo ove ne ricorrano i sopra richiamati presupposti, provvederanno all’inoltro dei dati afferenti al Registro di esposizione tramite Pec, utilizzando il modello disponibile sul sito istituzionale dell’Inail, nella sezione “Moduli e modelli - Ricerca e Tecnologia”.
L’introduzione del Registro di esposizione informatizzato rappresenta una semplificazione importante in quanto consente, con un unico inserimento telematico, di adempiere a quanto previsto dalla normativa vigente nei confronti di Inail e dell’organo di vigilanza. Il Registro online, infatti, sarà immediatamente accessibile ai funzionari dei Servizi di prevenzione delle Aziende sanitarie locali tramite l’inserimento delle credenziali in loro possesso nell’area dei servizi online del portale Inail www.inail.it.
Analogamente, nel caso di trasmissione via Pec del Registro da parte dei soggetti non titolari di posizione assicurativa territoriale (Pat), il datore di lavoro interessato potrà procedere a un unico invio contestuale tramite posta certificata all’Istituto, all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e all’indirizzo di posta certificata della Asl territorialmente competente sulla base dell’unità produttiva.
I dati contenuti nei Registri di esposizione cartacei trasmessi entro l’11 ottobre 2017, così come i dati dei Registri di esposizione ricevuti tramite Pec dopo la predetta data, saranno inseriti all’interno del precedente archivio informatico e resi disponibili nel Registro online entro il mese di marzo 2018.
Agenti chimici TUS: Elenchi Sostanze nuove Direttive UE
ID 9409 | Rev. 2.0 2021 del 18 Giugno 2021
Il Documento illustra lo stato di applicazione delle Direttive UE sulla esposizione professionale per agenti chimici (non cancerogeni) che sono/devono essere inseriti nel TUSD.Lgs. 81/2008con l'elenco completo previsto in proiezione.
Recepimento della Direttiva n. 2019/1831/UE della Commissione del 24 ottobre 2019, che definisce un quinto elenco di valori limite indicativi di esposizione professionale in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio e modifica la direttiva 2000/39/CE della Commissione.[/panel]
La Direttiva di riferimento è la Direttiva 98/24/CE (XIV Direttiva particolare) del 7 aprile 1998 sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro (quattordicesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE)
[box-warning]La situazione di recepimento delle Direttive agenti chimici (non cancerogeni):
In vigore anche la Direttiva della Commissione del 29 maggio 1991 relativa alla fissazione di valori limite indicativi in applicazione della direttiva 80/1107/CEE del Consiglio sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici sul luogo di lavoro (GU L 177/22 del 5.7.1991)[/box-warning]
Direttiva 98/24/CE del Consiglio del 7 aprile 1998 sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro (quattordicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (GU L 131 del 5.5.1998)
Rumore: Capitolato per l'acquisto di una macchina e scheda EN ISO 11690-1
ID 13024 Rev. 0.0 del 07.03.2021 / Documento allegato e Scheda ISO 11690-1:2020
Il presente elaborato fornisce un documento scheda dati compilabile, d'immediato utilizzo al datore di lavoro che intenda acquistare un macchinario, così da valutarne l'emissione di rumore ambientale.
Ogni macchina rientrante nel campo di applicazione della Direttiva 2006/42/CE Macchine deve essere progettata e costruita in modo tale che i rischi dovuti all'emissione di rumore aereo siano ridotti al livello minimo. Il Fabbricante è soggetto a tale obbligo per poter immettere sul mercato e mettere in servizio il prodotto.
L’articolo 5 della Direttiva 2006/42/CE Macchine impone al Fabbricante l’obbligo del rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute (RESS) indicati dall'allegato I prima immettere sul mercato e/o mettere in servizio una macchina.
Articolo 5 Immissione sul mercato e messa in servizio
1. Il fabbricante o il suo mandatario, prima di immettere sul mercato e/o mettere in servizio una macchina:
a) si accerta che soddisfi i pertinenti requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute indicate dall'allegato I; b) si accerta che il fascicolo tecnico di cui all'allegato VII, parte A, sia disponibile; c) fornisce in particolare le informazioni necessarie, quali ad esempio le istruzioni; d) espleta le appropriate procedure di valutazione della conformità ai sensi dell'articolo 12; e) redige la dichiarazione CE di conformità ai sensi dell'allegato II, parte 1, sezione A, e si accerta che accompagni la macchina; f) appone la marcatura «CE» ai sensi dell'articolo 16.
2. Il fabbricante o il suo mandatario, prima di immettere sul mercato una quasi-macchina, si accerta che sia stata espletata la procedura di cui all'articolo 13.
3. Il fabbricante o il suo mandatario, ai fini delle procedure di cui all'articolo 12, dispone o può usufruire dei mezzi necessari ad accertare la conformità della macchina ai requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute di cui all'allegato I.
4. Qualora le macchine siano disciplinate anche da alter direttive relative ad aspetti diversi e che prevedono l'apposizione della marcatura «CE», questa marcatura indica ugualmente che le macchine sono conformi alle disposizioni di queste alter direttive.
Tuttavia, nel caso in cui una o più di dette direttive lascino al fabbricante o al suo mandatario la facoltà di scegliere il regime da applicare durante un periodo transitorio, la marcatura «CE» indica la conformità soltanto alle disposizioni delle direttive applicate dal fabbricante o dal suo mandatario. I riferimenti delle direttive applicate devono essere indicati, nella forma in cui sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, nella dichiarazione CE di conformità.[/panel]
Per il rumore esiste un RESS specifico (1.5.8) nell’Allegato I della Direttiva 2006/42/CE Macchine, ma l’obbligo di riportare i risultati ottenuti in termini di riduzione del rischio e valori misurati viene indicato anche al punto 1.7.4.2 dell’Allegato I.
La macchina deve essere progettata e costruita in modo tale che i rischi dovuti all'emissione di rumore aereo siano ridotti al livello minimo, tenuto conto del progresso tecnico e della possibilità di disporre di mezzi atti a limitare il rumore, in particolare alla fonte.
Il livello dell'emissione di rumore può essere valutato in riferimento ai dati comparativi di emissione di macchine simili.
1.7.4.2. Contenuto delle istruzioni
Ciascun manuale di istruzioni deve contenere, se del caso, almeno le informazioni seguenti: […] j) le istruzioni per l'installazione e il montaggio volte a ridurre il rumore e le vibrazioni prodotti; […] u) le seguenti informazioni relative all'emissione di rumore aereo: - il livello di pressione acustica dell'emissione ponderato A nei posti di lavoro, se supera 70 dB(A); se tale livello non supera 70 dB(A), deve essere indicato, - il valore massimo della pressione acustica istantanea ponderata C nei posti di lavoro, se supera 63 Pa (130 dB rispetto a 20 µPa), - il livello di potenza acustica ponderato A emesso dalla macchina, se il livello di pressione Acustica dell'emissione ponderato A nei posti di lavoro supera 80 dB(A).[/panel]
Il Datore di Lavoro ha l’obbligo di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto, nel caso della Direttiva 2006/42/CE Macchine il D.lgs. 17/2010.
1. Salvo quanto previsto al comma 2, le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto. [...][/panel]
EN ISO 11690-1:2020 “Acustica - Raccomandazioni pratiche per la progettazione di ambienti di lavoro a basso livello di rumore contenenti macchine - Parte 1: Strategie per il controllo del rumore”
La norma EN ISO 11690-1:2020 riporta una serie di raccomandazioni/verifiche che il Datore di Lavoro può effettuare prima di acquistare il macchinario.
La scheda seguente è un esempio dei controlli da effettuare basata sulla norma EN ISO 11690-1:2020.
[panel]EN ISO 11690-1:2020 “Acoustics - Recommended practice for the design of low-noise workplaces containing machinery - Part 1: Noise control strategies (ISO 11690-1:2020)”
Data entrata in vigore: 18 novembre 2020
La norma è stata recepita in Italia con la UNI EN ISO 11690-1:2021 entrata in vigore il 21 gennaio 2021.[/panel]
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Segue in allegato (Documento di lavoro e scheda verifica dati in allegato)