Rischio chimico: metodo di valutazione EN 689:2019 (IT)
ID 8634 | Rev. 3.0 del 23.10.2022 / Documento completo allegato
La norma EN 689:2019 rispetto all'ed. 2018 (EN 689:2018), della quale è stato proposto un Documento di approfondimento nel 2018, include il corrigendum AC:2019 che modifica le abbreviazioni, il contenuto in molti allegati, la bibliografia e i riferimenti riportati. Nella Rev. 3.0 del 23 Ottobre 2022 aggiunti i Capp. 3, 4, 5, 6, 7. ________
UNI EN 689:2019 - Atmosfera nell'ambiente di lavoro - Misura dell'esposizione per inalazione agli agenti chimici - Strategia per la verifica della conformità coi valori limite di esposizione occupazionale
Data entrata in vigore: 16 maggio 2019
La norma è stata pubblicata in italiano il 15 settembre 2020.
Recepisce: EN 689:2018+AC:2019
Sostituisce: UNI EN 689:2018 ________
La norma definisce una strategia per effettuare misure rappresentative dell’esposizione per inalazione ad agenti chimici in modo da dimostrare la conformità coi limiti di esposizione occupazionale (OELVs). La presente norma europea non è applicabile a OELVs con periodi di riferimento inferiori ai 15 minuti.
La valutazione dell’esposizione e la dichiarazione certa del non superamento dei limiti di esposizione professionale richiederebbero una misura giornaliera dell’esposizione per ogni singolo lavoratore. Questo tipo di approccio è possibile per le radiazioni ionizzanti, ad esempio, ma non lo è per gli agenti chimici a causa di alcuni limiti delle tecniche di misura e dei costi delle misure stesse. La norma EN 689:2019 dà la possibilità al Datore di Lavoro di utilizzare un numero di misure ridotte per dimostrare con un elevato grado sicurezza che è improbabile che i lavoratori siano esposti a valori superiori ai valori limite.
Per ridurre il numero di misurazioni i campioni di aria vengono raccolti all’interno di gruppi simili di esposizione (SEGs). In questo modo una singola misurazione o diverse misurazioni inferiori ai limiti possono essere insufficienti a dimostrare in modo affidabile la conformità senza l’uso di test statistici.
La EN 689 è una delle metodiche standardizzate per la misurazione degli agenti contenute nell’allegato ALLEGATO XLI del D.Lgs.81/08 -Titolo IX art.225 c.2.
Il presente documento è un estratto di tutti gli allegati della norma tecnica UNI EN 689:2019 in lingua italiana (15.09.2020).
[panel]Metodiche standardizzate misurazione degli agentiD.Lgs.81/08 .... art.225 c.2. Misure specifiche di protezione e di prevenzione ... 2. Salvo che possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro, periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possono influire sull'esposizione, provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio per la salute, con metodiche standardizzate di cui è riportato un elenco meramente indicativo nell'allegato XLI o in loro assenza, con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valori limite di esposizione professionale e per periodi rappresentativi dell'esposizione in termini spazio temporali. ...
Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Definizione delle frazioni granulometriche per la misurazione delle particelle aerodisperse.
UNI EN 482:1998 UNI EN 482:2021
Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Requisiti generali per le prestazioni dei procedimenti di misurazione degli agenti chimici
UNI EN 689:1997 UNI EN 689:2019
Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Guida alla valutazione dell’esposizione per inalazione a composti chimici ai fini del confronto con i valori limite e strategia di misurazione.
UNI EN 838: 1998
Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Campionatori diffusivi per la determinazione di gas e vapori. Requisiti e metodi di prova.
UNI EN 1076:1999
Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Tubi di assorbimento mediante pompaggio per la determinazione di gas e vapori. Requisiti e metodi di prova.
UNI EN 1231: 1999
Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Sistemi di misurazione di breve durata con tubo di rivelazione. Requisiti e metodi di prova.
UNI EN 1232: 1999
Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Pompe per il campionamento personale di agenti chimici. Requisiti e metodi di prova.
UNI EN 1540:2001
Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Terminologia.
UNI EN 12919:2001
Atmosfera nell’ambiente di lavoro. Pompe per il campionamento di agenti chimici con portate maggiori di 5 l/min. Requisiti e metodi di prova.
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Il presente documento è un estratto degli allegati della norma tecnica EN 689:2019 in lingua italiana.
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Excursus ...
4 GENERALITÀ
La valutazione dell’esposizione occupazionale agli agenti chimici basata su campioni di aria richiede differenti procedure che devono essere condotte da un valutatore.
Essa inizia con una valutazione iniziale dell’esposizione occupazionale (descritta nei punti 5 e 6) seguita da periodiche rivalutazioni (vedere punto 7). La valutazione iniziale dell’esposizione occupazionale comprende diverse fasi:
- caratterizzazione di base dei luoghi di lavoro; - costituzione di gruppi di esposizione similare; - selezione di una procedura di misurazione idonea; - esecuzione delle misurazioni dell’esposizione; - validazione dei risultati delle misurazioni dell’esposizione e dei SEG; - confronto dei risultati con gli OELV; - registrazione dei risultati.
La strategia di campionamento comprende la costituzione di SEG e la definizione di procedure di misurazione.
Se la valutazione iniziale dell’esposizione occupazionale indica la non conformità agli OELV di qualche SEG, si devono implementare misure di controllo e si deve condurre una nuova valutazione iniziale dell’esposizione occupazionale.
Dopo la valutazione iniziale dell’esposizione occupazionale, si devono eseguire rivalutazioni periodiche.
Quando si verificano cambiamenti significativi nel luogo di lavoro che possono influire sulle condizioni di esposizione, il valutatore deve decidere se si deve eseguire una nuova valutazione iniziale dell’esposizione occupazionale.
La figura 1 illustra una panoramica schematica della procedura descritta nella presente norma europea.
Figura 1 Panoramica schematica delle procedure per la valutazione dell’esposizione occupazionale
5 VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE OCCUPAZIONALE
5.1 Caratterizzazione di base
5.1.1 Generalità
Prima delle misurazioni dell'esposizione, si devono prendere in considerazione le caratteristiche del luogo di lavoro e il profilo di esposizione correlato.
La caratterizzazione di base dei determinanti dell’esposizione si compone di tre passaggi:
- identificazione degli agenti chimici e delle altre informazioni richieste; - esame dei fattori del luogo di lavoro; - stima dell’esposizione.
Tutte le informazioni raccolte durante la caratterizzazione di base devono essere utilizzate per:
- stabilire se le misurazioni sono necessarie o meno (vedere il punto 5.1.4); - costituire i diversi SEG.
L’utilizzo di dispositivi per il monitoraggio dell’esposizione in grado di fornire un feedback immediato all’utilizzatore, come una lettura singola o continua (i cosiddetti strumenti a lettura diretta), può fornire informazioni preziose sul livello di esposizione approssimativo, lo schema di esposizione e la variabilità dell’esposizione a livello spaziale, temporale e dei lavoratori.
5.1.2 Identificazione degli agenti chimici e delle altre informazioni richieste
La preparazione di un elenco di tutti gli agenti chimici nel luogo di lavoro e delle informazioni rilevanti al riguardo è un primo passo essenziale per l’identificazione del potenziale per una esposizione pericolosa. Le schede di dati di sicurezza e le altre informazioni disponibili sono utili per definire l’elenco. L’elenco deve includere qualsiasi delle seguenti informazioni:
- materie prime, prodotti primari, impurità, intermedi, prodotti finali, prodotti e sottoprodotti di reazione e di processo, ecc; - i singoli agenti chimici, identificati con i numeri di registrazione delle sostanze chimiche (per esempio N° CAS, N° CE); - proprietà pericolose, classificazione ed etichettatura; - OELV appropriati in base all’obiettivo della valutazione (vedere l’appendice B); - pertinenza dell’esposizione per via cutanea e orale (la presente norma europea tratta solamente la misurazione dell’esposizione per inalazione, ma la conoscenza di altre vie può essere importante nella gestione dell’esposizione); - ulteriori informazioni quali quantità utilizzata, tensione di vapore, temperatura, concentrazione di saturazione, polverosità, ecc.
5.1.3 Esame dei fattori del luogo di lavoro
I processi e le procedure di lavoro devono essere valutati per delineare l'esposizione e il profilo di esposizione agli agenti chimici mediante un esame dettagliato dei fattori del luogo di lavoro, quali:
- organizzazione del lavoro: attività, operazione unitaria, mansione, turni di lavoro, funzioni lavorative, ecc.; - processi e tecniche (tipo di processi, temperatura, pressione, ecc.); - disposizione e configurazione del luogo, inclusi spazi confinati, all’aperto, ecc.; - precauzioni e procedure di sicurezza (area soggetta a restrizioni, ecc.); - pulizia e ordine del luogo di lavoro; - sistemi di ventilazione e altre misure di controllo tecnico e qualsiasi informazione sulle loro prestazioni; - sorgenti di emissione e ubicazioni delle concentrazioni elevate; - periodi, frequenze e durate dell'esposizione tenendo conto della variazionedell’esposizione con l’ora del giorno e la stagione dell’anno; - carico di lavoro; - comportamento del lavoratore; oppure indicatore del livello di attività o produzione.
5.1.4 Stima dell’esposizione
Il valutatore deve raccogliere le informazioni disponibili per consentire stime affidabili dell’esposizione dei lavoratori. L’appendice A fornisce una guida al riguardo.
Le possibili fonti di informazioni comprendono:
- risultati di precedenti misurazioni nello stesso luogo di lavoro, inclusi quelli ottenuti da strumenti a lettura diretta; - risultati di misurazioni da installazioni o processi di lavoro simili (banche dati, letteratura, ecc.); - calcoli basati su informazioni quantitative pertinenti; - modellazione dell’esposizione.
Si dovrebbe decidere che un’esposizione è molto minore dell’OELV, per esempio, nei seguenti casi:
- la capacità di rilascio è bassa per via delle condizioni di lavoro e delle proprietà delle sostanze (per esempio bassa tensione di vapore, alto punto di ebollizione con bassa temperatura di lavorazione, bassa propensione a fare polvere); - le condizioni operative non possono dar luogo alla formazione di aerosol; - sono utilizzate solo piccole quantità; - sono possibili solo basse emissioni, per esempio per via delle ridotte superfici delle sorgenti o della breve durata dell'attività (<15 min).
Tali stime devono essere utilizzate per prendere una decisione di cui al punto 5.1.5.
Si devono utilizzare le stime anche per verificare se le tecniche di campionamento e analisi proposte per le misurazioni sono adeguate. ...
APPENDICE A VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE (informativa)
A.1 Generalità
La presente appendice indica una guida in merito a quando le misurazioni sono consigliabili oppure se possono essere utilizzati altri approcci di valutazione.
In pratica, esistono diversi modi per valutare l’esposizione dei lavoratori agli agenti chimici. La presente appendice è intesa come supporto all’identificazione e alla valutazione dell'esposizione per inalazione nei luoghi di lavoro.
Nella valutazione, può essere necessario considerare insieme tutte le attività di un’area di lavoro, che è una parte di un sito delimitata dal punto di vista spaziale od organizzativo, nella quale sono eseguite da uno o più lavoratori attività che coinvolgono agenti chimici e possono essere riunite in una valutazione del rischio. Può comprendere uno o più luoghi di lavoro o processi di lavoro. Sono dettagliati i principali fattori da utilizzare per scegliere il metodo appropriato per la valutazione dell’esposizione, inclusi il tipo e la durata dell’esposizione per inalazione nei luoghi di lavoro.
In aggiunta alle misurazioni dell’esposizione, i metodi utilizzati per valutare l'esposizione generalmente includono:
[alert]- misurazioni del caso ragionevolmente peggiore (controlli in atto); - misurazioni di parametri tecnici, per esempio velocità dell'aria, tasso di ricambio dell'aria; - calcolo dell'esposizione (utilizzando modelli o algoritmi appropriati); - confronto con altri luoghi di lavoro, nella stessa azienda o in altre aziende; - approcci basati su "control banding"; e - guida alle buone pratiche per settori o attività definite.[/alert]
Le misurazioni del caso ragionevolmente peggiore sono eseguite per valutare le esposizioni massime che potrebbero verificarsi con i controlli in atto.
Quando si applica uno di questi metodi e c’è ancora incertezza sull’identificazione del risultato e la relativa valutazione, si raccomandano ulteriori misurazioni nel luogo di lavoro. Nei punti da A.2 a A.9 sono descritte situazioni di luoghi di lavoro differenti insieme ad informazioni sui possibili metodi per valutare l’esposizione e per derivare misure di protezione idonee. Il prospetto A.1 indica una panoramica di situazioni di luoghi di lavoro affrontate nella presente appendice e il modo di valutazione dell'esposizione raccomanda
Prospetto A.1 Panoramica di approcci alla valutazione dell’esposizione in situazioni di luoghi di lavoro differenti
...
APPENDICE E CONTROLLO DELLA DISTRIBUZIONE DELLE MISURAZIONI DELL’ESPOSIZIONE E IDENTIFICAZIONE DI ESPOSIZIONE ECCEZIONALI ALL’INTERNO DEL SEG
E.1 Generalità
L’appendice E indica metodi grafici e statistici per la validazione dei risultati e dei SEG, come richiesto nel punto 5.4, per l’identificazione delle persone o dei gruppi la cui esposizione non è adeguatamente rappresentata dal SEG, e per la decisione di utilizzare la distribuzione normale o lognormale nella verifica di conformità (vedere l’appendice F).
Il metodo grafico supporta l’identificazione di un LOQ (vedere l’appendice H) ed è applicato utilizzando almeno sei misurazioni dell'esposizione nel SEG.
I risultati delle misurazioni possono essere analizzati per vedere se si approssimano meglio a una distribuzione normale o lognormale. In molte circostanze, la variabilità dell'esposizione è influenzata dalle interazioni moltiplicative dei fattori del luogo di lavoro (vedere il punto 5.1.3 e le appendici A e D). Generalmente le misurazioni si approssimano a una distribuzione lognormale e questo fatto è stato spesso osservato [22],[23]. Tuttavia le misurazioni possono seguire una distribuzione normale in presenza di un controllo elevato dei fattori del luogo di lavoro in condizioni costanti (vedere punto A.2) oppure se l’influenza dei fattori del luogo di lavoro è superata dalla variazione casuale nel procedimento di misurazione (vedere il punto 5.2.2) [28].
La forma della distribuzione dei risultati delle misurazioni può essere esaminata mediante un test statistico, come per esempio il test di Shapiro e Wilk [3], per vedere se la loro distribuzione è più vicina a una distribuzione lognormale piuttosto che a una distribuzione normale. Per esempio, i risultati possono essere sottoposti a test inizialmente per vedere se la loro distribuzione si approssima a una distribuzione normale. Ciò fornisce una probabilità p1 dell’ipotesi che la distribuzione normale si approssimi ai risultati. Il test può quindi essere ripetuto utilizzando i logaritmi dei risultati, dando una probabilità p2. Se p1 > p2 si può concludere che una distribuzione normale si approssima ai risultati meglio di una distribuzione lognormale. Il risultato del confronto di p1 e p2 determina la distribuzione da utilizzare per la verifica di conformità (vedere l’appendice F).
Il valutatore dovrebbe tenere conto del fatto che la distribuzione dell’esposizione può deviare nelle code dal modello (log)normale (vedere punto il E.2.3) e che la distribuzione normale non esclude concentrazioni negative. Può verificarsi il troncamento a concentrazioni maggiori (vapore saturo, limite di esplosività o polverosità massima), come il taglio della coda inferiore dovuta al crescente numero di risultati minori del LOQ.
Pertanto è importante il controllo sulla distribuzione e sull’aggregazione dei risultati prima dell’analisi del LOQ (vedere l’appendice H) e dell’applicazione dei modelli nel test di conformità (vedere il punto 5.5.3 e l’appendice F).
Il punto E.2 descrive un metodo grafico per una distribuzione lognormale. Per decidere se una distribuzione normale descrive i risultati al meglio, la procedura dovrebbe essere ripetuta utilizzando carta di probabilità normale.
Il punto E.3 si riferisce al software che automatizza il metodo grafico del punto E.2, prova la bontà di approssimazione (vedere il punto E.2.2) e prova la coerenza del SEG (vedere il punto E.2.4.3).
...
E.2.4.2 SEG composti da due gruppi
La figura E.2 illustra un tracciato della probabilità logaritmica che suggerisce due line rette intersecanti invece di una linea retta singola. Queste misurazioni sono state divise in due gruppi diversi (con il punto centrale in ciascuno, dato che questo risultato potrebbe essere in entrambi i gruppi) e le due serie sono state tracciate separatamente sullo stesso grafico nella figura E.3.
Le figure E.2 e E.3 suggeriscono che il SEG include due diversi gruppi con profili di esposizione diversi; il SEG dovrebbe essere diviso in due e dovrebbero essere eseguite altre misurazioni dell’esposizione per far sì che il numero di misurazioni in ciascun SEG raggiunga il minimo richiesto dal test statistico scelto nel punto 5.5.3. Se queste misurazioni aggiuntive sono inserite nel tracciato originale, modificando la figura E.2, possono chiarire se sono presenti una o più distribuzioni oppure se esiste una spiegazione diversa.
Legenda
X esposizione xk (mg/m3) Y probabilità Pk x 100
figura E.2 Esempio di misurazioni dell'esposizione che sembrano provenire da due popolazioni diverse all’interno del SEG, ciascuna con una distribuzione lognormale dell’esposizione
Legenda
X esposizione xk (mg/m3) Y probabilità Pk x 100
figura E.3 Misurazioni dell’esposizione ritracciate come due serie differenti (con il punto centrale incluso in entrambe), confermando che queste sembrano essere due diverse popolazioni distribuite in modo lognormale.
...
[box-info]Revisione precedente: Rev. 1.0 2019 - Norma EN 689:2019 in EN
Premessa A.1 General A.2 Workplaces with constant conditions A.3 Shortened exposure at workplaces with constant working conditions A.4 Workplaces involving occasional exposure A.5 Stationary workplaces with irregular exposure A.6 Workers who move from a workplace to another with irregular exposure A.7 Workplaces with unpredictable, constantly changing exposure A.8 Outdoor workplaces A.9 Underground workplaces C.1 General C.2 Tier 1: Exposure index (IE) C.3 Tier 2: Additive effect exposure index (IAE) C.4 Other approaches D.1 General D.2 Measurement for testing compliance with 8 h- OELV D.3 Measurement for testing compliance with short-term limit value E.1 General E.2 Graphical method E.2.1 Principle E.2.2 Plotting E.2.3 Example E.2.4 Examples of SEGs requiring further consideration E.2.4.1 General E.2.4.2 SEG consisting of two groups E.2.4.3 Some individuals with exceptional exposure E.2.4.4 Distributions appearing to be not lognormal E.3 Statistical methods for the validation of SEGs F.1 General F.2 SEG compliance test for at least six exposure measurements F.3 Decision H.1 General H.2 Principle H.3 Example H.4 Uncertainty H.5 Software[/box-info]
Esempi Planimetrie per l'emergenza: UNI ISO 23601 / Update 06.2022
ID 4645 | Update 18.06.2022 / Documento completo allegato aggiornato ad ISO 23601:2020
Documento sulla norma ISO 23601:2020 sulle planimetrie per l'emergenza, normativa gestione sicurezza antincendio di cui al Decreto 2 settembre 2021 con individuazione dei punti dove sono necessarie/consigliate planimetrie per l’emergenza.
Risulta essenziale armonizzare ad un unico standard le informazioni riportate nelle Planimetrie per l'emergenza dei luoghi di lavoro e non, tale che la comunicazione sia univoca in diversi contesti.
Verificare che la simbologia sia conforme ad ISO 7010.
La norma ISO 23601 (edizione 2020). stabilisce i principi generali di progettazione delle planimetrie per l'emergenza, che contengono informazioni relative ai presidi antincendio, alle vie di fuga, all'evacuazione e al soccorso degli occupanti l'edificio. Esempi di planimetrie sono presenti in allegato A. Tali planimetrie possono essere utilizzate dalle forze di intervento in caso di emergenza.
(*)Per gli esercizi aperti al pubblico ove sono occupati meno di 10 lavoratori e caratterizzati dalla presenza contemporanea di più di 50 persone (non soggette a PE)
Fig. 1 - Planimetrie previste Decreto 2 Settembre 2021
[box-note]Riferimenti normativi sicurezza lavoro
Decreto 2 settembre 2021 .. Art. 2. Gestione della sicurezza antincendio in esercizio ed in emergenza
1. Il datore di lavoro adotta le misure di gestione della sicurezza antincendio in esercizio ed in emergenza, in funzione dei fattori di rischio incendio presenti presso la propria attività, secondo i criteri indicati negli allegati I e II, che costituiscono parte integrante del presente decreto. 2. Nei casi sottoelencati il datore di lavoro predispone un piano di emergenza in cui sono riportate le misure di gestione della sicurezza antincendio in emergenza di cui al comma 1: luoghi di lavoro ove sono occupati almeno dieci lavoratori; luoghi di lavoro aperti al pubblico caratterizzati dalla presenza contemporanea di più di cinquanta persone, indipendentemente dal numero dei lavoratori; luoghi di lavoro che rientrano nell’allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151. _________
Allegato I GESTIONE DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO IN ESERCIZIO
(Articolo 2, comma 1) … 1.1. Generalità 1. È obbligo del datore di lavoro fornire ai lavoratori un’adeguata informazione e formazione sui principi di base della prevenzione incendi e sulle azioni da attuare in presenza di un incendio, secondo le indicazioni riportate nel presente allegato. … 4. Nei luoghi di lavoro di piccole dimensioni l'informazione può limitarsi ad avvisi riportati tramite apposita cartellonistica. 5. L'informazione e le istruzioni antincendio possono essere fornite ai lavoratori anche predisponendo avvisi scritti che riportino le azioni essenziali che devono essere attuate in caso di allarme. Tali istruzioni, a cui possono essere aggiunte delle semplici planimetrie indicanti le vie di esodo, devono essere collocate in punti opportuni per essere chiaramente visibili e opportunamente orientate. Allegato II GESTIONE DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO IN EMERGENZA.
(Articolo 2, comma 1)
2.1 Generalità 1. In tutti i luoghi di lavoro dove ricorra l’obbligo di cui all’articolo 2, comma 2, del presente decreto, il datore di lavoro predispone e tiene aggiornato un piano di emergenza, che deve contenere: … 2.2 Contenuti del piano di emergenza …
2. Il piano di emergenza deve essere è basato su chiare istruzioni scritte e deve includere: … 3. Il piano deve includere anche una o più planimetrie nelle quali sono riportati almeno: a) le caratteristiche distributive del luogo, con particolare riferimento alla destinazione delle varie aree, alle vie di esodo ed alle compartimentazioni antincendio; b) l’ubicazione dei sistemi di sicurezza antincendio, delle attrezzature e degli impianti di estinzione; c) l'ubicazione degli allarmi e della centrale di controllo; d) l'ubicazione dell'interruttore generale dell'alimentazione elettrica, delle valvole di intercettazione delle adduzioni idriche, del gas e di altri fluidi tecnici combustibili; e) l'ubicazione dei locali a rischio specifico; f) l’ubicazione dei presidi ed ausili di primo soccorso; g) i soli ascensori utilizzabili in caso di incendio. …
4 Misure semplificate per la gestione dell’emergenza
1. Per gli esercizi aperti al pubblico ove sono occupati meno di 10 lavoratori e caratterizzati dalla presenza contemporanea di più di 50 persone, ad esclusione di quelli inseriti in attività soggette ai controlli di prevenzione incendi e in edifici complessi caratterizzati da presenza di affollamento, il datore di lavoro può predisporre misure semplificate per la gestione dell’emergenza, costituite dalla planimetria prevista dal punto 2.2, numero 3) e da indicazioni schematiche contenenti tutti gli elementi previsti dai punti 2.2, numeri 1 e 2.
ISO 23601:2020 Identificazione di sicurezza - Planimetrie per l'emergenza
È necessario standardizzare un sistema di comunicazione delle vie di fuga nelle strutture quanto meglio comprensibile e che si basi il meno possibile sull'uso delle parole.
La continua crescita del commercio internazionale, dei viaggi e della mobilità del lavoro richiede un metodo comune per trasmettere queste importanti informazioni sulla sicurezza agli occupanti delle strutture.
Ci si aspetta che l'uso di questo documento riduca il rischio fornendo un mezzo per migliorare la formazione e l'istruzione e per ridurre la possibile confusione in situazioni di emergenza.
Attraverso l'uso della segnaletica di sicurezza ISO 7010, codifica a colori e requisiti di progettazione specifici, questo documento stabilisce un metodo comune per illustrare la posizione dell'osservatore in relazione alle vie di fuga stabilite che portano alle uscite di emergenza e l'ubicazione delle attrezzature antincendio e di emergenza vicino / adiacenti alle vie di fuga.
Le planimetrie di emergenza sono parte integrante del sistema di segnaletica di sicurezza di una struttura e svolgono un ruolo fondamentale nel piano di gestione della sicurezza antincendio del proprietario dell'edificio.
Le planimetrie di emergenza sono una componente necessaria per il vie di fuga una struttura (vedi ISO 16069).
Questo documento stabilisce i principi di progettazione per le planimetrie di emergenza che contengono informazioni rilevanti per la sicurezza antincendio, la fuga, l'evacuazione e il salvataggio degli occupanti della struttura.
Tali planimetrie possono essere utilizzate anche dalle forze di intervento in caso di emergenza.
Le planimetrie devono essere esposte come segnaletica nelle aree pubbliche e nei luoghi di lavoro ... segue in allegato
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ISO 23601:2020 Safety identification - Escape and evacuation plan signs
This document establishes design principles for displayed escape plans that contain information relevant to fire safety, escape, evacuation and rescue of the facility's occupants. These plans may also be used by intervention forces in case of emergency. These plans are intended to be displayed as signs in public areas and workplaces. This document is not intended to cover the plans to be used by external safety services nor detailed professional technical drawings for use by specialists.
Identificazione di sicurezza - Planimetrie per l'emergenza
La presente norma è l'adozione nazionale in lingua inglese della norma internazionale ISO 23601 (edizione febbraio 2009). La norma stabilisce i principi generali di progettazione delle planimetrie per l'emergenza, che contengono informazioni relative ai presidi antincendio, alle vie di fuga, all'evacuazione e al soccorso degli occupanti l'edificio. Tali planimetrie possono essere utilizzate dalle forze di intervento in caso di emergenza.
Le planimetrie sono destinate ad essere esposte in aree pubbliche e nei luoghi di lavoro. La norma non è destinata a sostituire i disegni per l'uso da parte dei servizi di sicurezza esterni e neppure i disegni tecnico professionali dettagliati per l'uso da parte di specialisti.
Revisionata e confermata ISO 2014. ______
ISO 23601:2009 Safety identification - Escape and evacuation plan signs
ISO 23601:2009 establishes design principles for displayed escape plans that contain information relevant to fire safety, escape, evacuation and rescue of the facility's occupants. These plans may also be used by intervention forces in case of emergency.
These plans are intended to be displayed as signs in public areas and workplaces.ISO 23601:2009 is not intended to cover the plans to be used by external safety services nor detailed professional technical drawings for use by specialists.
This standard was last reviewed and confirmed in 2014. Therefore this version remains current. ______
Foreword lntroduction 1 Scope 2 Normative references 3 Terms and definitions 4 Generai 5 Design requirements 6 Size of pian elements 7 Contents an d representation 7.1 Header 7.2 Overview pian 7.3 ·Escape pian detail 7.4 Safety notices 7.5 Legend 7.6 Other information 7. 7 Use of colours 7.7.1 Escape routes 7.7.2 Safety signs 7.7.3 Point of location of the user 7. 7.4 Background colour 7.7.5 Outline of facility structural elements 7.7.6 Header 7.7.7 Text 8 Materials 9 lnstallation and location 10 lnspection and revision Annex A (informative) Examples of escape plans Bibliography ________
Modello comunicazione cessazione esercizio, trasferimento di proprietà e spostamento attrezzatura di lavoro / Allegato VII D.Lgs. 81/2008
ID 17729 | 01.10.2022 / Modello in allegato
Si propone un Modello per la comunicazione di cui al 5.3.3 del DM 11 aprile 2011 (comunicazione del DL alla sede INAIL competente per territorio la cessazione dell’esercizio, l’eventuale trasferimento di proprietà dell’attrezzatura di lavoro e lo spostamento delle attrezzature per l’inserimento in banca dati) / salvo funzionalità CIVA. ________
5.3.1. Per le operazioni di verifica il datore di lavoro deve mettere a disposizione del verificatore il personale occorrente, sotto la vigilanza di un preposto. e i mezzi necessari per l’esecuzione delle operazioni stesse, esclusi gli apparecchi di misurazione.
5.3.3. Il datore di lavoro deve comunicare alla sede INAIL competente per territorio la cessazione dell’esercizio, l’eventuale trasferimento di proprietà dell’attrezzatura di lavoro e lo spostamento delle attrezzature per l’inserimento in banca dati. ...[/box-note]
Apparecchi di sollevamento materiali non azionati a mano ed idroestrattori a forza centrifuga
a) Apparecchi mobili di sollevamento materiali di portata superiore a 200 kg b) Apparecchi trasferibili di sollevamento materiali di portata superiore a 200 kg c) Apparecchi fissi di sollevamento materiali di portata superiore a 200 kg d) Carrelli semoventi a braccio telescopico e) Idroestrattori a forza centrifuga
Gruppo SP
Sollevamento persone
a) Scale aree ad inclinazione variabile b) Ponti mobili sviluppabili su carro ad azionamento motorizzato c) Ponti mobili sviluppabili su carro a sviluppo verticale azionati a mano d) Ponti sospesi e relativi argani e) Piattaforme di lavoro autosollevanti su colonne f) Ascensori e montacarichi da cantiere
Gruppo GVR
Gas, Vapore, Riscaldamento
a) Attrezzature a pressione:
l. Recipienti contenenti fluidi con pressione maggiore di 0,5 bar 2. Generatori di vapor d’acqua 3. Generatori di acqua surriscaldata (*) 4. Tubazioni contenenti gas, vapori e liquidi 5. Generatori di calore alimentati da combustibile solido, liquido o gassoso per impianti centrali di riscaldamento utilizzanti acqua calcia sotto pressione con temperatura dell’acqua non superiore alla temperatura di ebollizione alla pressione atmosferica, aventi potenzialità globale dei focolai superiori a 116 kW (**) 6. Forni per le industrie chimiche e affini.
b) Insiemi: assemblaggi di attrezzature da parte di un costruttore certificati CE come insiemi secondo il decreto legislativo n. 93 del 25 febbraio 2000.
(*) da trattarsi come generatori di vapor d’acqua o impianti di riscaldamento in accordo all’articolo 3 del decreto ministeriale 1° dicembre 1975 (**) per gli obblighi di verifica relativi all’impianto di riscaldamento vedasi punto 4.6.1. D.M. 11 aprile 2011
- nella prova pratica, per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; - nell’esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza. _________
Art. 37 - Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
5. L'addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro. L'addestramento consiste nella prova pratica, per l'uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; l'addestramento consiste, inoltre, nell'esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza. Gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato.
1) al comma 2 e' aggiunto, in fine, il seguente periodo:
Entro il 30 giugno 2022, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adotta un accordo nel quale provvede all'accorpamento, alla rivisitazione e alla modifica degli accordi attuativi del presente decreto in materia di formazione, in modo da garantire: a) l'individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalita' della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro; b) l'individuazione delle modalita' della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e delle modalita' delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa";
2) al comma 5 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi:
"L'addestramento consiste nella prova pratica, per l'uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; l'addestramento consiste, inoltre, nell'esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza. Gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato";
3) il comma 7 e' sostituito dal seguente:
"7. Il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall'accordo di cui al comma 2, secondo periodo";
4) dopo il comma 7-bis e' inserito il seguente: "7-ter. Per assicurare l'adeguatezza e la specificita' della formazione nonche' l'aggiornamento periodico dei preposti ai sensi del comma 7, le relative attivita' formative devono essere svolte interamente con modalita' in presenza e devono essere ripetute con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell'evoluzione dei rischi o all'insorgenza di nuovi rischi";...[/box-note]
Protezioni antiurto in ambito industriale: UNI/TS 11886-1:2022 e UNI/TR 11886-2:2022
ID 17887 | 19.10.2022 / Documento allegato - seguiranno integrazioni
Pubblicate il 13 ottobre 2022, le norme UNI/TS 11886-1:2022 e UNI/TR 11886-2:2022 relative alle protezioni antiurto in ambito industriale. Si tratta delle prime norme UNI, molto attese, relative alla sicurezza nelle zone di movimentazione industriale e viabilità dei luoghi di lavoro. ________
Allo scopo di fornire:
- ai fabbricanti di protezioni antiurto in ambito industriale metodi di prova e criteri per la classificazione, ed - agli operatori della sicurezza in azienda criteri di scelta ed installazioni in ambito industriale
UNI, attraverso il lavoro del GL 70 della Commissione Sicurezza, ha pubblicato in data 13 ottobre 2022 le due norme (già Progetto UNI1605398 e Progetto UNI1604054):
1.UNI/TS 11886-1:2022: Protezioni antiurto in ambito industriale – Parte 1: Metodi di prova e criteri per la classificazione – TS: Specifica Tecnica
2.UNI/TR 11886-2:2022: Protezioni antiurto in ambito industriale – Parte 2: Criteri di scelta – TR: Rapporto Tecnico
La UNI/TR 11886-2, in particolare, detta i criteri di scelta ed installazione, in ambito industriale e in luoghi particolarmente a rischio, di protezioni antiurto atte ad evitare che mezzi e pedoni possano entrare in zone o aree pericolose o non di loro competenza, tale da migliorare e garantire la sicurezza nelle zone di movimentazione e viabilità.
1. Metodi di prova e criteri per la classificazione
UNI/TS 11886-1:2022
Protezioni antiurto in ambito industriale - Parte 1: Metodi di prova e criteri per la classificazione
La specifica tecnica definisce le modalità di prova e i criteri per la classificazione energetica e di ingombro operativo, tramite velocità e massa di prova, delle protezioni antiurto in ambito industriale
Allo scopo di migliorare e mantenere la sicurezza nelle zone di movimentazione industriale, può essere utile l’installazione, in alcune sezioni dello stabilimento e in luoghi particolarmente a rischio, di protezioni antiurto atte ad evitare che mezzi e pedoni possano entrare in zone o aree pericolose o non di loro competenza. Le protezioni antiurto di cui tratta la presente specifica tecnica sono progettate per livelli specifici di prestazione, in modo da permette il contenimento dei mezzi di movimentazione che accidentalmente escono dai confini delle zone di movimentazione prescritte. La gamma dei possibili urti di mezzi di movimentazione a cui può essere soggetta una protezione antiurto è estremamente ampia in termini di velocità, angoli di avvicinamento, tipo di mezzo ed altre condizioni del mezzo e della superficie. Di conseguenza si definisce in questo documento un metodo di prova che sia il più conservativo possibile in modo da inglobare la più ampia casistica. Il metodo di prova tiene conto della natura differente dell'ambiente di lavoro industriale da quello civile e stradale e della conseguente differenza delle tipologie di movimentazioni ed impatti.
La presente specifica tecnica definisce le modalità di prova e i criteri per la classificazione energetica e di ingombro operativo, tramite velocità e massa di prova, delle protezioni antiurto in ambito industriale. La presente specifica tecnica si applica alle protezioni antiurto ancorate al suolo, in ambito industriale, siano esse puntuali, continue o costituite da sistemi. La presente specifica tecnica considera energie d'urto fino a 50 000 J. La presente specifica tecnica può essere utilizzata anche in ambiti lavorativi differenti da quello industriale, se non oggetto di altra norma tecnica, previa specifica valutazione del rischio. In Appendice A (informativa), sono fornite raccomandazioni sulla progettazione e la fabbricazione delle protezioni antiurto. ______
2. Criteri di scelta ed installazione
UNI/TR 11886-2:2022
Protezioni antiurto in ambito industriale - Parte 2: Criteri di scelta
Il rapporto tecnico fornisce linee guida per la scelta più appropriata delle protezioni antiurto in ambito industriale, sulla base della classificazione definita nella UNI/TS 11886-1. Il rapporto tecnico definisce le specifiche per la corretta installazione di una protezione antiurto, perché sia efficacie e garantisca le migliori performance.
Allo scopo di migliorare e mantenere la sicurezza nelle zone di movimentazione industriale, può essere utile l’installazione, in alcune sezioni dello stabilimento e in luoghi particolarmente a rischio, di protezioni antiurto atte ad evitare che mezzi e pedoni possano entrare in zone o aree pericolose o non di loro competenza. Le protezioni antiurto di cui tratta il presente rapporto tecnico sono progettati per livelli specifici di prestazione, in modo da permette il contenimento dei mezzi di movimentazione che accidentalmente escono dai confini delle zone di movimentazione prescritte. La gamma dei possibili urti di mezzi di movimentazione a cui può essere soggetta una protezione antiurto è estremamente ampia in termini di velocità, angoli di avvicinamento, tipo di mezzo ed altre condizioni del mezzo e della superficie. Di conseguenza, nella UNI/TS 11886-1:2022 si definisce un metodo di prova che sia il più conservativo possibile in modo da inglobare la più ampia casistica. Il presente rapporto tecnico, invece, si rivolge a tutti gli operatori aziendali, che hanno una responsabilità diretta nella valutazione del rischio e nella pianificazione delle azioni correttive necessarie alla messa in sicurezza degli ambienti di lavoro, e che intendono implementare efficacemente la sicurezza passiva in azienda, applicando processi di valutazione dei rischi e di scelta delle protezioni antiurto, con la finalità di proteggere infrastrutture, macchinari e soprattutto i lavoratori, da eventuali incidenti provocati dai mezzi di movimentazione.
Il presente rapporto tecnico fornisce linee guida per la scelta più appropriata delle protezioni antiurto in ambito industriale, sulla base della classificazione definita nella UNI/TS 11886-1:2022. Il presente rapporto tecnico definisce le specifiche per la corretta installazione di una protezione antiurto, perché sia efficacie e garantisca le migliori performance. ...
Art. 62 Definizioni ….si intendono per luoghi di lavoro, unicamente ai fini della applicazione del presente titolo, i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda o dell'unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell'azienda o dell'unità produttiva accessibile al lavoratore nell'ambito del proprio lavoro.
In particolare all’Allegato IV: … 1.4.6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone. 1.4.7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo. 1.4.8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile. 1.4.9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto. 1.4.10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolano la normale circolazione. 1.4.11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati. … Vedi Allegato IV ...
UNI EN 1838 Illuminazione di emergenza: Norma e note / Ed. 2022
ID 14561 | Rev. 1.0 del 18.10.2022 / Documento completo allegato
Documento illustrato sulla norma UNI EN 1838:2013, norma di riferimento europea sull’illuminazione di emergenza. Il Documento è sviluppato per i luoghi di lavoro di cui al D.Lgs. 81/2008 ed al Decreto 3 settembre 2021 (Minicodice) e DM 3 agosto 2015 (Codice Prevenzione Incendi). A livello internazionale la norma di riferimento è la ISO 16069:2017 Graphical symbols - Safety signs - Safety Way Guidance Systems (SWGS).
Allegato IV - Requisiti dei luoghi di lavoro … 1. Ambienti di lavoro … 1.5.10 Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati.
1.5.11 Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un’illuminazione devono essere dotate di un’illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell’impianto elettrico. ...[/box-note]
5. Il sistema d’esodo (es. vie d’esodo, luoghi sicuri, spazi calmi, …) deve essere facilmente riconosciuto ed impiegato dagli occupanti grazie ad apposita segnaletica di sicurezza. 6. Lungo le vie d’esodo deve essere installato un impianto di illuminazione di sicurezza, qualora l’illuminazione naturale possa risultare anche occasionalmente insufficiente a consentire l’esodo degli occupanti.
Nota Per la progettazione dell’impianto di illuminazione di sicurezza può essere impiegata la norma UNI EN 1838. …[/box-note]
1. Lungo le vie d’esodo deve essere installato impianto di illuminazione di sicurezza, qualora l’illuminazione possa risultare anche occasionalmente insufficiente a consentire l’esodo degli occupanti. Nota Ad esempio: attività esercite in orari pomeridiani e notturni, locali con scarsa illuminazione naturale, …
2. Durante l’esodo, l’impianto di illuminazione di sicurezza deve assicurare un illuminamento orizzontale al suolo sufficiente a consentire l’esodo degli occupanti, in conformità alle indicazioni della norma UNI EN 1838 e comunque ≥ 1 lx lungo la linea centrale della via d’esodo.
Nota L’impianto di illuminazione di sicurezza deve soddisfare anche i requisiti previsti nel capitolo S.10.
3. Negli ambiti ove l’attività sia svolta con assente o ridotta illuminazione ordinaria (es. sale cinematografiche, sale teatrali, …) eventuali gradini lungo le vie d’esodo devono essere provvisti di illuminazione segnapasso. … S.10.6.1 Impianti per la produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione e di utilizzazione dell’energia elettrica … Nota Tutti i sistemi di protezione attiva e l’illuminazione di sicurezza, devono disporre di alimentazione elettrica di sicurezza.[/box-note]
UNI EN 1838:2013 Applicazione dell'illuminotecnica - Illuminazione di emergenza
La norma definisce i requisiti illuminotecnici dei sistemi di illuminazione di emergenza, installati in edifici o locali in cui tali sistemi sono richiesti. Essa si applica, principalmente, ai luoghi destinati al pubblico o ai lavoratori. ________
[box-info]Alimentazione da sorgente di energia indipendente
L'illuminazione di emergenza è prevista per essere utilizzata in caso di mancanza di alimentazione dell'illuminazione normale ed è quindi alimentata da una sorgente di energia indipendente.[/box-info]
Nell'ambito della presente norma il termine illuminazione di emergenza ha un significato generico, di cui esistono numerose applicazioni specifiche, come illustrato nella figura 1.
Fig.1 - Forme specifiche di illuminazione di emergenza
Lo scopo generale dell'illuminazione di sicurezza è consentire l'esodo sicuro da un luogo in caso di mancanza della normale alimentazione. Lo scopo di ciascuna forma all'interno della categoria è descritto di seguito.
- Scopo dell'illuminazione di sicurezza per l’esodo è facilitare l'esodo sicuro da un luogo per gli occupanti, fornendo appropriate condizioni di visibilità e indicazioni adeguate sulle vie di esodo ed in luoghi particolari, nonché di assicurare l'agevole localizzazione e/o l'impiego dei dispositivi di sicurezza e antincendio.
- Lo scopo dell'illuminazione di emergenza dei segnali di sicurezza delle vie di esodo è fornire le condizioni visuali e le indicazioni adeguate per individuare ed utilizzare tempestivamente le vie di esodo.
- Scopo dell'illuminazione antipanico è ridurre la probabilità di insorgenza del panico e consentire agli occupanti di raggiungere in sicurezza le vie di esodo, fornendo condizioni di visibilità idonee all'individuazione della direzione di uscita. Il flusso di luce per l'illuminazione delle vie di esodo dovrebbe essere diretto dall'alto verso il piano di riferimento, e dovrebbe illuminare inoltre ogni ostacolo fino a 2 m di altezza al di sopra del piano.
- Scopo dell'illuminazione di area del compito ad alto rischio è quello di contribuire alla sicurezza delle persone impegnate in situazioni o processi potenzialmente pericolosi, nonché di consentire l'effettuazione di corrette procedure di terminazione dei processi, in funzione della sicurezza di altri occupanti del luogo. ...
4 ILLUMINAZIONE DI SICUREZZA
4.1 Generalità
4.1.1 Requisiti di installazione
Per assicurare che l'illuminazione di sicurezza funzioni all'occorrenza in osservanza alle prescrizioni di legge, deve essere installata, sottoposta a prova e mantenuta in conformità alla EN 60598-2-22, EN 50172 e EN 62034.
Le prescrizioni della presente norma sono valori minimi e sono calcolati sull’intero periodo di autonomia e fino alla condizione di fine vita delle apparecchiature; il contributo luminoso derivante dalle interriflessioni deve essere ignorato.
La progettazione dello schema di illuminazione di emergenza dovrebbe essere basata sulle condizioni peggiori (per esempio, emissione minima di luce e limiti massimi di abbagliamento) degli apparecchi luminosi durante la vita operativa e dovrebbe essere basata solo sulla luce diretta proveniente dagli apparecchi di illuminazione. Si dovrebbero ignorare i componenti di luce interriflessa dalla superficie dell'ambiente. Tuttavia, nei sistemi di illuminazione quali gli apparecchi di illuminazione indiretti o diretti verso l'alto (utilizzati come apparecchi di illuminazione di emergenza in modalità mantenuta) dove l'apparecchio funziona in combinazione ad una superficie riflettente, la prima riflessione (basata sulla riflettanza mantenuta) può essere presa come luce diretta prodotta dal sistema, mentre si devono ignorare le riflessioni successive.
Per fornire visibilità ai fini di evacuazione l'illuminazione è richiesta nello spazio volumetrico. I segnali forniti a tutte le uscite destinati ad essere utilizzati in una emergenza e lungo le vie di esodo devono essere illuminati in modo da indicare inequivocabilmente la via di fuga verso un luogo sicuro. Nella presente norma il requisito è osservato installando gli apparecchi di illuminazione e i segnali di sicurezza della via di esodo ad almeno 2 m dal suolo.
Fig. 3 - Altezza installazione apparecchi di illuminazione e i segnali di sicurezza della via di esodo
Dove praticabile, ai fini della visibilità, il segnale di sicurezza dovrebbe essere installato a non più di 20° sopra la vista orizzontale, in funzione della distanza di visualizzazione massima del segnale.
Fig. 4 - Angolo installazione segnali di sicurezza della via di esodo (a dmin / dmax: 0 < α ≤ 20°)
(*) in funzione della distanza di visualizzazione massima del segnale (5.5)
Per assicurare che l'illuminazione di emergenza funzioni quando richiesto in osservanza ai requisiti legali, deve essere installata, sottoposta a prova e mantenuta in conformità alla EN 50172, e se installate, le attrezzature automatiche di prova devono essere in conformità alla EN 62034.
Dove non è possibile la visuale diretta di una uscita di emergenza, si deve fornire un segnale direzionale illuminato (o una serie di segnali) che agevolino l'avanzamento verso l'uscita di emergenza.
Un apparecchio di illuminazione di sicurezza conforme alla EN 60598-2-22 deve essere collocato in modo da fornire illuminamento ad ogni uscita e nei punti in cui sia necessario evidenziare pericoli potenziali o apparecchi di sicurezza. I punti da evidenziare devono comprendere i seguenti.
4.1.2 Punti da evidenziare
I punti da evidenziare nella collocazione dei dispositivi di illuminazione sono i seguenti:
Nota 1 Ai fini del presente punto, per "vicino" si intende una distanza minore di 2 m misurata orizzontalmente.
Nota 2 Nei punti indicati con e) e f) "ad" indica che l'apparecchio di illuminazione di emergenza dovrebbe illuminare in entrambe le direzioni al cambio di direzione o all'intersezione.
4.2 Illuminazione della via di esodo
4.2.1 Per le vie di esodo di larghezza fino a 2 m, l'illuminamento orizzontale al suolo lungo la linea centrale della via di esodo non deve essere minore di 1 lx. La banda centrale, di larghezza pari ad almeno la metà di quella della via di esodo, deve avere un illuminamento non minore del 50% del precedente valore. Vie di esodo di larghezza maggiore devono essere considerate come insieme di percorsi di larghezza pari a 2 m, oppure essere fornite di illuminazione antipanico.
Fig. 5 - Illuminamento via di esodo ...
4.2.2 Il rapporto di diversità "Ud" tra il valore minimo e il valore massimo di illuminamento (in conformità alla EN 12665) non deve essere minore di 1:40 sulla linea centrale della via di esodo.
4.2.3 L'abbagliamento debilitante deve essere contenuto limitando l'intensità luminosa degli apparecchi di illuminazione all'interno del campo visivo.
Per vie di esodo situate su uno stesso livello orizzontale, l'intensità luminosa degli apparecchi di illuminazione nell'area compresa tra 60° e 90° rispetto alla verticale per qualunque angolo di osservazione, non deve essere maggiore dei valori del prospetto 1 (vedere figura 6).
Fig. 6 - Vie di esodo livello orizzontale
Legenda 1 Area dove l'intensità luminosa massima non deve superare i valori del prospetto 1 ...
4.3.1 L'illuminamento orizzontale al suolo non deve essere minore di 0,5 lx sull'intera area, con esclusione di una fascia di 0,5 m sul perimetro dell'area stessa.
Fig. 8 - Illuminamento orizzontale al suolo antipanico ,,,
5 SEGNALI DI SICUREZZA
5.1 Generalità
Tutti i segnali di sicurezza e simboli freccia supplementari richiesti durante l'evacuazione di emergenza devono soddisfare i requisiti della ISO 3864-1, ISO 3864-4 (fotometrica) e della EN ISO 7010 (progettazione).
Tutti i segnali e le indicazioni richiedono illuminazione tale da assicurarne la leggibilità e la visibilità. Esistono diverse opzioni per ottenere questo scopo, tra le quali:
- illuminazione esterna; e - illuminazione interna.
È importante assicurare che, nelle condizioni di illuminazione di emergenza il segnale sia sufficientemente illuminato da essere visibile e che il colore di sicurezza verde si mantenga verde e il colore di contrasto bianco si mantenga bianco, nei limiti dei colori specificati nella ISO 3864-4.
Nota In normali condizioni di illuminazione si applicano altri requisiti. ...
5.5 Distanza di osservazione
Poiché un segnale illuminato internamente è distinguibile a distanza maggiore rispetto ad un segnale illuminato esternamente avente la stessa dimensione, la massima distanza di visibilità (vedere figura 10) deve essere determinata utilizzando la formula seguente:
dove:
lè la distanza di osservazione; hè l'altezza del segnale; z è il fattore di distanza (z è una costante: 100 per i segnali illuminati esternamente; 200 per i segnali illuminati internamente).
Le unità dimensionali di h e l devono essere le stesse. Per una migliore e inequivocabile leggibilità il segnale di sicurezza dovrebbe essere installato non oltre i 20° sopra la vista orizzontale.
[box-info]Esempio:
Un cartello illuminato internamente di altezza 16cm sarà visibile ad una distanza pari a 200 h = 32 m Un cartello illuminato esternamente di altezza 16cm sarà visibile ad una distanza pari a 100 h = 16 m[/box-info]
Il datore di lavoro trasmette istanza di autorizzazione, esclusivamente per via telematica, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Direzione generale per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.).
L’istanza di autorizzazione alla deroga deve contenere i seguenti elementi:
[box-info]a) generalità, codice fiscale e domicilio del richiedente; qualora si tratti di società devono essere indicati la denominazione o la ragione sociale, il codice fiscale e la sede legale; b) descrizione dell’attività lavorativa/processo produttivo oggetto della richiesta di deroga; c) l'ubicazione dei locali e delle aree destinati all’attività lavorativa/processo produttivo di cui al punto b; d) risultanze della valutazione del rischio effettuata conformemente all’articolo 209, decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 dalle quali risulti dimostrato che i VLE sarebbero superati per le attività lavorative/processi produttivi di cui al punto b, con indicazione dei gruppi omogenei dei lavoratori esposti; e) le misure tecnico-organizzative messe in atto per limitare l’esposizione dei lavoratori, tenuto conto dello stato dell’arte; f) le circostanze che giustificano debitamente il superamento dei VLE per i gruppi omogenei di lavoratori di cui al punto d; g) le caratteristiche del luogo di lavoro, delle attrezzature di lavoro e delle attività lavorative nonché il numero dei lavoratori coinvolti; h) dimostrazione da parte del datore di lavoro che i lavoratori sono sempre protetti contro gli effetti nocivi per la salute e i rischi per la sicurezza, avvalendosi in particolare di norme e orientamenti comparabili, più specifici e riconosciuti a livello internazionale; i) nel caso di installazione, controllo, uso, sviluppo, manutenzione degli apparati di risonanza magnetica (RM) per i pazienti nel settore sanitario o della ricerca correlata, il datore di lavoro dimostra che i lavoratori sono sempre protetti dagli effetti nocivi per la salute e dai rischi per la sicurezza, assicurando in particolare che siano seguite le istruzioni per l’uso in condizioni di sicurezza fornite dal fabbricante ai sensi del Regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 aprile 2017 relativo ai dispositivi medici, che modifica la direttiva 2001/83/CE, il regolamento (CE) n. 178/2002 e il regolamento (CE) n. 1223/2009 e che abroga le direttive 90/385/CEE e 93/42/CEE del Consiglio; j) modalità di attuazione della sorveglianza sanitaria da effettuare nel caso di concessione della deroga; k) dimostrazione da parte del datore di lavoro che i gruppi omogeni di lavoratori di cui al punto d sono debitamente formati sul significato del superamento dei VLE, sulle modalità di riconoscimento e segnalazione di sintomi riconducibili all’esposizione e sulle misure di tutela da adottarsi di cui al punto h; l) dimostrazione da parte del datore di lavoro di aver posto in essere adeguate procedure circa la comunicazione, da parte dei lavoratori, dell’insorgenza di fattori di suscettibilità individuale e la conseguente informativa al medico competente.[/box-info]
La documentazione tecnica deve essere firmata, per la parte di competenza, dal RSPP.
La variazione dei dati comunicati deve essere preventivamente comunicata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Direzione generale per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.).
Qualora nel provvedimento di rilascio della deroga siano state inserite specifiche prescrizioni in merito alle modalità di esercizio dell’attività lavorativa/processo produttivo, il datore di lavoro deve inviare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Direzione generale per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) un piano delle misure da attuare comprendente le relative valutazioni di sicurezza e protezione.
Fatte salve le limitazioni espressamente indicate nell’atto di rilascio, la deroga ha validità per un massimo di quattro anni salvo rinnovi di cui all’articolo 4 del Decreto 30 Settembre 2022.
Qualora non si intenda più avvalersi della deroga deve essere data comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Direzione generale per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.).
Art. 208 comma 1 - Valori limite di esposizione e valori di azione
1. Le grandezze fisiche relative all'esposizione ai campi elettromagnetici sono indicate nell'allegato XXXVI, parte I. I VLE relativi agli effetti sanitari, i VLE relativi agli effetti sensoriali e i VA sono riportati nell'allegato XXXVI, parti II e III.
1. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute, può autorizzare, su richiesta del datore di lavoro e in presenza di specifiche circostanze documentate e soltanto per il periodo in cui rimangono tali, deroghe al rispetto dei VLE di cui all'articolo 208, comma 1, secondo criteri e modalità da definirsi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, da adottarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Il datore di lavoro informa il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza della richiesta di deroga.
2. L'autorizzazione delle deroghe di cui al comma 1 è subordinata al rispetto delle seguenti condizioni:
a) dalla valutazione del rischio effettuata conformemente all'articolo 209 risulti dimostrato che i VLE sono superati; b) tenuto conto dello stato dell'arte, risultano applicate tutte le misure tecnico-organizzative; c) le circostanze giustificano debitamente il superamento dei VLE; d) si è tenuto conto delle caratteristiche del luogo di lavoro, delle attrezzature di lavoro e delle pratiche di lavoro; e) il datore di lavoro dimostra che i lavoratori sono sempre protetti contro gli effetti nocivi per la salute e i rischi per la sicurezza, avvalendosi in particolare di norme e orientamenti comparabili, più specifici e riconosciuti a livello internazionale; f) nel caso di installazione, controllo, uso, sviluppo e manutenzione degli apparati di Risonanza magnetica (RM) per i pazienti nel settore sanitario o della ricerca correlata, il datore di lavoro dimostra che i lavoratori sono sempre protetti dagli effetti nocivi per la salute e dai rischi per la sicurezza, assicurando in particolare che siano seguite le istruzioni per l'uso in condizioni di sicurezza fornite dal fabbricante ai sensi del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46, e successive modificazioni, concernente "Attuazione della direttiva 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici."
Valutazione rischio dei manufatti contenenti amianto Algoritmo VERSAR
ID 16738 | 29.05.2022 / Modello allegato doc e Modello scheda originale 1987 / altro
VERSAR: algoritmo per la valutazione dei manufatti contenenti amianto, sia friabili che compatti, presenti all’interno di edifici - Metodo bidimensiomale
Sviluppato da Versar Inc. (Springfield, Virginia) nel 1987, è un sistema di valutazione del rischio MCA negli edifici, basato su un modello bidimensionale, per la definizione delle Priorità di intervento.
Successivamente il metodo è stato adottato dall’E.P.A. (United States Environmental Protection Agency).
Il livello di rischio (Priorità di intervento) viene dato da un algoritmo bidimensionale nel quale sono valutati separatamente gli indicatori delle condizioni del materiale (Fattori di Danno) da quelli relativi all’esposizione degli individui (Fattori di Esposizione):
- fattori di danno (danno fisico, danno da acqua, tipo di materiale, contenuto % di amianto, potenzialità di contatto ecc.) (Valori da 1 a 28) e - fattori di esposizione (friabilità, estensione superfici, ventilazione, attività, pavimenti, barriere ecc.). (Valori da 5 a 43)
A ciascun parametro viene attribuito un punteggio stabilito in modo da limitare la variabilità dovuta alla soggettività del rilevatore. Danno ed esposizione determinano diversi range di pericolo, in funzione dei quali variano gli interventi da mettere in atto. La valutazione deve essere condotta distintamente per ciascun locale o area con caratteristiche omogenee dell’edificio esaminato.
Algoritmo di calcolo
1. FATTORI DI DANNO (rappresentati da 6 parametri)
2. FATTORI DI ESPOSIZIONE (rappresentati da 9 parametri)
Si riporta la tabella dei punteggi assegnati per ogni parametro ed il punteggio finale si ottiene sommando tutti i punteggi dei parametri afferenti rispettivamente agli indicatori di danno ed esposizione. La coppia di valori così ottenuta individua un punto, sul piano cartesiano, che ricade in una delle 6 aree di appartenenza.
Priorità d'intervento
A ciascuna area corrisponde una diversa azione:
Fig. 1 Priorità d’intervento Algoritmo VERSAR
(Asbestos Hazard Management Guidebook to abatement. Technomic Publishing Co. Lancaster, 1987) / Non occupational Asbestos Exposure ... Vedi:
Formazione / Informazione antincendio lavoratori e addetti 2022 / Schemi e Note
ID 16878 | 18.06.2022 / Documento completo allegato
Documento con illustrazioni schematiche sulla tipologia dei nuovi corsi di informazione e formazione sui rischi di incendio di cui al Decreto 2 settembre 2021 che sostituisce il DM 10 marzo 1998 dal 4 ottobre 2022:
1. a tutti i lavoratori (Art. 3) - secondo Allegato I 2. agi addetti al servizio antincendio designati (Art. 4) - secondo Allegato III
Il datore di lavoro deve fornire tutti ai lavoratori una adeguata informazione e formazione sui rischi di incendio secondo i criteri di cui all’allegato I, in funzione dei fattori di rischio incendio presenti presso la propria attività.
2. Addetti al servizio antincendio
Con il nuovo o decreto è eliminata la classificazione del rischio di incendio dei luoghi di lavoro A / B / C di cui al DM 10 marzo 1998, i contenuti dei corsi di formazione e di aggiornamento antincendio per addetti al servizio antincendio (Allegato III) sono correlati al livello di rischio dell’attività, stabilito come:
- 3.2.2 Attività di livello 3 - 3.2.3 Attività di livello 2 - 3.2.4 Attività di livello 1
4. Aggiornamento informazione / formazione Addetti antincendio
A. Quinquennale
Gli addetti al servizio antincendio devono frequentare specifici corsi di aggiornamento con cadenza almeno quinquennale, secondo quanto previsto nell’allegato III.
Il primo aggiornamento degli addetti al servizio antincendio dovrà avvenire entro cinque anni dalla data di svolgimento dell’ultima attività di formazione o aggiornamento.
B. In caso di variazioni normative / aggiornamento della valutazione del rischio incendio
Il datore di lavoro effettua nuova formazione/informazione antincendio ai lavoratori / addetti antincendio in occasione di variazioni normative o di aggiornamento della valutazione del rischio incendio.
5. Transitorio
Se, alla data del 4 ottobre 2022 (entrata in vigore del Decreto 2 settembre 2021), sono trascorsi più di cinque anni dalla data di svolgimento delle ultime attività di formazione o aggiornamento, l’obbligo di aggiornamento è ottemperato con la frequenza di un corso di aggiornamento entro 12 mesi dal 4 ottobre 2022 (4 ottobre 2023).
...
Timeline validità contenuti corsi di aggiornamento/formazione e termine obbligo di aggiornamento per formazione scaduta da più di 5 anni
...
6. Esercitazioni antincendio
Nei luoghi di lavoro ove ricorre l'obbligo della redazione del piano di emergenza connesso con la valutazione dei rischi (Art. 2. c.2), i lavoratori devono partecipare ad esercitazioni antincendio con cadenza almeno annuale (Allegato 1 . p.1.3). ...
Registro dei Controlli antincendio / Update Rev. 4.0 del 27 Maggio 2022
ID 4832 | Rev. 4.0 del 27.05.2022 / Registro in allegato
In allegato un Modello di Registro dei Controlli antincendio (formato .docx) completo di schede e check list di controllo per sistemi, dispositivi, attrezzature antincendio tipiche.Note in riferimento al nuovo "Decreto controlli"Decreto 1 settembre 2021.
[box-note]Rev. 4.0 del 27 Maggio 2022 - Aggiornate norme tecniche di riferimento - Aggiunte frequenze ispezioni Check list sorveglianza
Novità Rev. 4.0 2022
All’interno delle schede azzurre sono indicate le frequenze delle ispezioni da eseguire. Le frequenze indicate sono in parte tratte dalle norme tecniche, così come specificatamente indicato nelle stesse, ed in parte desunte dal loro contenuto (frequenze in viola). Le altre indicazioni sulla frequenza (frequenze in verde) sono invece state inserite a seguito dell’analisi dei manuali di istruzioni dei dispositivi antincendio o seguendo un approccio discrezionale, basato sull’esperienza. In entrambi i casi, previa adozione delle checklist all’interno della propria organizzazione, sarà necessario confrontare le frequenze con quelle riportate nei manuali di istruzioni dei dispositivi/sistemi antincendio.[/box-note]
Il Registro dei Controlli antincendio proposto, è suddiviso in 2 parti (Decreto 1° settembre 2021), inerenti:
P.1 Check list sorveglianza sistemi antincendio Lavoratori
P.2 Controlli periodici e prove manutentori qualificati
Il "Registro dei Controlli antincendio" o "Registro antincendio" è stato istituito per la prima volta in modo cogente dal Decreto del Presidente della Repubblica 12 Gennaio 1998, n. 37 poi abrogato da D.P.R. 151/2011. La predisposizione del Registro è prevista, ora, in modo esplicito, per tutte le attività lavorative, dal nuovo Decreto 1 settembre 2021 (GU n.230 del 25.09.2021) in vigore dal 25.09.2022.
Ad oggi, sia le:
- attività lavorative soggette a Controllo di Prevenzione Incendi; - attività lavorative non soggette a Controllo di Prevenzione Incendi;
Il Registro Antincendio, non ha una struttura e forma definita, ma dovrà essere articolato in accordo con le norme tecniche relative ai presidi antincendio da tenere sotto controllo, nonché dovrà essere compilato e custodito da Responsabile dell'attività o da Persona Responsabile o Persona competente, come definiti dalle norme tecniche antincendio di cui sotto (es. UNI EN 671-3:2009).
1. Registro / Contenuto | Decreto 1 settembre 2021
La predisposizione del Registro e il suo contenuto è prevista, ora, in modo esplicito, per attività soggette PI e non dal nuovo Decreto 1 settembre 2021 (GU n.230 del 25.09.2021) in vigore dal 25.09.2022:
Criteri generali per il controllo e la manutenzione degli impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, lettera a), punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
(GU n.230 del 25.09.2021)
Entrata in vigore: 25.09.2022 _______
ALLEGATO I (Art. 3, comma 1)
1 Manutenzione e controllo periodico
Criteri generali per manutenzione, controllo periodico e sorveglianza di impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio
1. Il datore di lavoro deve predisporre un registro dei controlli dove siano annotati i controlli periodici e gli interventi di manutenzione su impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio, secondo le cadenze temporali indicate da disposizioni, norme e specifiche tecniche pertinenti, nazionali o internazionali, nonché dal manuale d’uso e manutenzione. Tale registro deve essere mantenuto costantemente aggiornato e disponibile per gli organi di controllo.
2. La manutenzione e il controllo periodico di impianti, attrezzature e altri sistemi di sicurezza antincendio devono essere effettuati da tecnici manutentori qualificati, nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, secondo la regola dell’arte, in accordo a norme e specifiche tecniche pertinenti, ed al manuale di uso e manutenzione dell’impianto, dell’attrezzatura o del sistema di sicurezza antincendio.
3. La tabella 1 indica alcune possibili norme e specifiche tecniche di riferimento per la manutenzione ed il controllo di impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio, che integrano le disposizioni applicabili.
2. Sorveglianza
Oltre all’attività di controllo periodico e alla manutenzione di cui al punto 1, le attrezzature, gli impianti e i sistemi di sicurezza antincendio devono essere sorvegliati con regolarità dai lavoratori normalmente presenti, adeguatamente istruiti, mediante la predisposizione di idonee liste di controllo.
Impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio
Norme e specifiche tecniche (TS) per verifica, controllo, manutenzione
Estintori
UNI 9994-1
Reti di idranti
UNI 10779, UNI EN 671-3, UNI EN 12845
Impianti sprinkler
UNI EN 12845
Impianti di rivelazione e allarme incendio (IRAI)
UNI 11224
Sistemi di allarme vocale per scopi d'emergenza (EVAC)
UNI ISO 7240-19 o UNI CEN/TS 54-32
Sistemi di evacuazione fumo e calore
UNI 9494-3
Sistemi a pressione differenziale
UNI EN 12101-6
Sistemi a polvere
UNI EN 12416-2
Sistemi a schiuma
UNI EN 13565-2
Sistemi spray ad acqua
UNI CEN/TS 14816
Sistemi ad acqua nebulizzata (water mist)
UNI EN 14972-1
Sistema estinguente ad aerosol condensato
UNI EN 15276-2
Sistemi a riduzione di ossigeno
UNI EN 16750
Porte e finestre apribili resistenti al fuoco
UNI 11473
Sistemi di spegnimento ad estinguente gassoso
UNI 11280 Serie delle norme UNI EN 15004
Tabella 1: Possibili norme e specifiche tecniche (TS) per verifica, controllo e manutenzione di impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio [/box-info]
2. Registro / Contenuto | DPR 151/2011
Il Registro è predisposto in accordo anche con (attività soggette PI):
DPR 1° agosto 2011, n. 151 Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell’articolo 49, comma 4 -quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. (G.U. n. 221 del 22 settembre 2011)
... Art. 6. Obblighi connessi con l’esercizio dell’attività
1. Gli enti e i privati responsabili di attività di cui all’Allegato I del presente regolamento, non soggette alla disciplina del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, hanno l’obbligo di mantenere in stato di efficienza i sistemi, i dispositivi, le attrezzature e le altre misure di sicurezza antincendio adottate e di effettuare verifiche di controllo ed interventi di manutenzione secondo le cadenze temporali che sono indicate dal Comando nel certificato di prevenzione o all’atto del rilascio della ricevuta a seguito della presentazione della SCIA di cui all’articolo 4, comma 1, nonché di assicurare una adeguata informazione sui rischi di incendio connessi con la specifica attività, sulle misure di prevenzione e protezione adottate, sulle precauzioni da osservare per evitare l’insorgere di un incendio e sulle procedure da attuare in caso di incendio.
2. I controlli, le verifiche, gli interventi di manutenzione e l’informazione di cui al comma 1, devono essere annotati in un apposito registro a cura dei responsabili dell’attività. Tale registro deve essere mantenuto aggiornato e reso disponibile ai fini dei controlli di competenza del Comando.[/box-info]
S.5.6.2 Registro dei controlli 1. Ove previsto dalla soluzione progettuale individuata, il responsabile dell'attività deve predisporre, con le modalità previste dalla normativa vigente, un registro dei controlli periodici dove siano annotati: a. i controlli, le verifiche, gli interventi di manutenzione su sistemi, dispositivi, attrezzature e le altre misure antincendio adottate; b. le attività di informazione, formazione ed addestramento, ai sensi della normativa vigente per le attività lavorative; c. le prove di evacuazione. 2. Tale registro deve essere mantenuto costantemente aggiornato e disponibile per il controllo da parte degli organi di controllo.
S.5.6.3 Piano per il mantenimento del livello di sicurezza antincendio 1. Ove previsto dalla soluzione progettuale individuata, il responsabile dell'attività deve curare la predisposizione di un piano finalizzato al mantenimento delle condizioni di sicurezza, al rispetto dei divieti, delle limitazioni e delle condizioni di esercizio.
2. Sulla base del profilo di rischio dell'attività e delle risultanze della progettazione, il piano deve prevedere:
a. le attività di controllo per prevenire gli incendi secondo le disposizioni vigenti; b. la programmazione dell'attività di informazione, formazione e addestramento del personale addetto alla struttura, comprese le esercitazioni all'uso dei mezzi antincendio e di evacuazione in caso di emergenza, tenendo conto dello specifico profilo di rischio dell'attività; c. la specifica informazione agli occupanti; d. i controlli delle vie di esodo, per garantirne la fruibilità, e della segnaletica di sicurezza; e. la programmazione della manutenzione, secondo le disposizioni vigenti, dei sistemi e impianti ed attrezzature antincendio; f. la pianificazione della turnazione degli addetti antincendio in maniera tale da garantire l'attuazione del piano di emergenza in ogni momento.[/box-info]
4. Normativa antincendio generale
[box-info]Decreto del Presidente della Repubblica 12 Gennaio 1998, n. 37 (Abrogato da D.P.R. 151/2011) Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi a norma dell’articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (G.U. n. 57 del 10.3.1998) ... Art. 5 Obblighi connessi con l’esercizio dell’attività
1. Gli enti e i privati responsabili di attività soggette ai controlli di prevenzione incendi hanno l’obbligo di mantenere in stato di efficienza i sistemi, i dispositivi, le attrezzature e le altre misure di sicurezza antincendio adottate e di effettuare verifiche di controllo ed interventi di manutenzione secondo le cadenze temporali che sono indicate dal comando nel certificato di prevenzione o all’atto del rilascio della ricevuta a seguito della dichiarazione di cui all’articolo 3, comma 5. Essi provvedono, in particolare, ad assicurare una adeguata informazione e formazione del personale dipendente sui rischi di incendio connessi con la specifica attività, sulle misure di prevenzione e protezione adottate, sulle precauzioni da osservare per evitare l’insorgere di un incendio e sulle procedure da attuare in caso di incendio.
2. I controlli, le verifiche, gli interventi di manutenzione, l’informazione e la formazione del personale, che vengono effettuati, devono essere annotati in un apposito registro a cura dei responsabili dell’attività. Tale registro deve essere mantenuto aggiornato e reso disponibile ai fini dei controlli di competenza del comando. ...[/box-info]
[box-info]DM 20 dicembre 2012 Regola tecnica di prevenzione incendi per gli impianti di protezione attiva contro l'incendio installati nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi. (G.U. n. 3 del 4 gennaio 2013) ...
3.3 Documentazione inerente l'esercizio
Le operazioni di controllo, manutenzione ed eventuale verifica periodica, eseguite sugli impianti oggetto del presente decreto, devono essere annotate in apposito registro istituito ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni, ovvero, dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151. Tale registro deve essere mantenuto aggiornato e reso disponibile ai fini dei controlli di competenza del Comando provinciale.[/box-info]
5. Norme UNI
[box-info]Di seguito alcune parti di norme tecniche per Presidi antincendio che riportano sia il "Registro" che la "Persona Responsabile" o "Persona competente".
UNI 9994-1:2013 ... 3.3.4persona responsabile: Persona responsabile di predisporre le misure di sicurezza antincendio appropriate per l'edificio o supervisionarne il rispetto. [UNI EN 671-3:2009, punto 3.3]. Nota In funzione delle regolamentazioni nazionali la persona responsabile potrebbe essere sia l'utilizzatore sia il proprietario degli immobili. ... 8.3Registro La persona responsabile deve predisporre e tenere aggiornato un registro, firmato dalla stessa persona responsabile, in cui sono registrati: a) i lavori svolti; b) lo stato in cui si lasciano gli estintori. Il registro deve essere sempre presente presso l'attività, tenuto a disposizione dell'autorità competente e del manutentore. L'accertamento di avvenuta manutenzione e dello stato degli estintori deve essere formalizzato nell'apposito registro allegando la copia del documento di manutenzione rilasciata dal manutentore in cui si evidenzia quanto sopra riportato. Tale requisito può essere assolto con modalità informatizzate.
UNI EN 12845:2020
Installazioni fisse antincendio - Sistemi automatici a sprinkler - Progettazione, installazione e manutenzione ... 20.1.2 Programmazione delle attività L’utente deve eseguire un programma di ispezione e controlli (vedere punto 20.2), deve predisporre un programma di prova, assistenza e manutenzione (vedere punto 20.3) e deve documentare e registrare le attività custodendo i documenti in apposito registro tenuto nel fabbricato.
L’utente deve provvedere affinché il programma di prova, assistenza e manutenzione, sia eseguito per contratto dall’installatore del sistema o da un’azienda ugualmente qualifica.
Dopo una procedura di ispezione, controllo, prova, assistenza o manutenzione, l’impianto e qualsiasi pompa automatica, serbatoio a pressione e serbatoio a gravità, devono essere riportati nelle corrette condizioni di funzionamento.
Se appropriato, l’utente dovrebbe notificare alle parti interessate l’intenzione di eseguire delle prove e/o i risultati.
UNI 10779:2014
Impianti di estinzione incendi - Reti di idranti - Progettazione, installazione ed esercizio ... persona responsabile: Persona responsabile di predisporre le misure di sicurezza antincendio appropriate per l'edificio o supervisionarne il rispetto.
[UNI EN 671-3:2009, punto 3.3]. Nota In funzione delle regolamentazioni nazionali la persona responsabile potrebbe essere sia l'utilizzatore sia il proprietario degli immobili. ... 8.3 Registro La persona responsabile deve predisporre e tenere aggiornato un registro, firmato dalla stessa persona responsabile, in cui sono registrati: a) i lavori svolti; b) lo stato in cui si lasciano gli estintori. Il registro deve essere sempre presente presso l'attività, tenuto a disposizione dell'autorità competente e del manutentore. L'accertamento di avvenuta manutenzione e dello stato degli estintori deve essere formalizzato nell'apposito registro allegando la copia del documento di manutenzione rilasciata dal manutentore in cui si evidenzia quanto sopra riportato. Tale requisito può essere assolto con modalità informatizzate.
UNI EN 671-3:2009
Sistemi fissi di estinzione incendi - Sistemi equipaggiati con tubazioni - Parte 3: Manutenzione dei naspi antincendio con tubazioni semirigide e idranti a muro con tubazioni flessibili .. 3.1 persona competente: Persona dotata dell'esperienza e dell'addestramento necessari, avente accesso agli strumenti, alle apparecchiature, alle informazioni ed ai manuali, a conoscenza di ogni particolare procedura raccomandata dal fabbricante, in grado di espletare le procedure di manutenzione pertinenti della presente norma europea. .... 3.3 persona responsabile: Persona responsabile di predisporre le misure di sicurezza antincendio appropriate per l'edificio o supervisionarne il rispetto. Nota In funzione delle regolamentazioni nazionali la persona responsabile potrebbe essere sia l'utilizzatore sia il proprietario degli immobili. .. 7 Registrazione dei controlli e delle manutenzioni
La registrazione deve comprendere: a) la data (mese ed anno); b) il risultato; c) l'elenco e la data di installazione delle parti di ricambio; d) l'eventuale necessita di ulteriori azioni; e) la data (mese ed anno) per il prossimo controllo e manutenzione; f) l'identificazione di ogni naspo e/o idrante a muro. Dopo ogni controllo e manutenzione si raccomanda l'applicazione per ogni naspo antincendio ed ogni idrante a muro di un sigillo di sicurezza. Dopo ogni controllo ed adozione delle necessarie misure correttive (punti 6.1 e 6.2), ogni naspo antincendio ed ogni idrante a muro deve essere marcato "REVISIONATO" dalla persona competente. La persona responsabile deve mantenere una registrazione permanente di ogni ispezione, controllo e collaudo.[/box-info]
6. Normativa antincendio TUS
[box-info]Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 Attuazione dell’articolo 1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. (GU n. 101 del 30 aprile 2008 - SO n. 108
Art. 46 - Prevenzione incendi … 3. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 e dalle disposizioni concernenti la prevenzione incendi di cui al presente decreto, i Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, in relazione ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti atti ad individuare: 1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi; (3) (6) 2) misure precauzionali di esercizio; (3) (6) 3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio; (1) (4) 4) criteri per la gestione delle emergenze; (2) (5)
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione (2) (5).
Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro (S.O. n. 64 alla G.U. n. 81 del 7 aprile 1998) ... Art. 4 - Controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio
1. Gli interventi di manutenzione ed i controlli sugli impianti e sulle attrezzature di protezione antincendio sono effettuati nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, delle norme di buona tecnica emanate dagli organismi di normalizzazione nazionali o europei o, in assenza di dette norme di buona tecnica, delle istruzioni fornite dal fabbricante e/o dall'installatore. ... 2.11 - MANTENIMENTO DELLE MISURE ANTINCENDIO I lavoratori addetti alla prevenzione incendi devono effettuare regolari controlli sui luoghi di lavoro finalizzati ad accertare l'efficienza delle misure di sicurezza antincendio.
In proposito è opportuno predisporre idonee liste di controllo. Specifici controlli vanno effettuati al termine dell'orario di lavoro affinché il luogo stesso sia lasciato in condizioni di sicurezza. Tali operazioni, in via esemplificativa, possono essere le seguenti:
a) controllare che tutte le porte resistenti al fuoco siano chiuse, qualora ciò sia previsto; b) controllare che le apparecchiature elettriche, che non devono restare in servizio, siano messe fuori tensione; c) controllare che tutte le fiamme libere siano spente o lasciate in condizioni di sicurezza; d) controllare che tutti i rifiuti e gli scarti combustibili siano stati rimossi; e) controllare che tutti i materiali infiammabili siano stati depositati in luoghi sicuri.
I lavoratori devono segnalare agli addetti alla prevenzione incendi ogni situazione di potenziale pericolo di cui vengano a conoscenza. ... ALLEGATO VI CONTROLLI E MANUTENZIONE SULLE MISURE DI PROTEZIONE ANTINCENDIO ... 6.2 - DEFINIZIONI Ai fini del presente decreto si definisce: - Sorveglianza: controllo visivo atto a verificare che le attrezzature e gli impianti antincendio siano nelle normali condizioni operative, siano facilmente accessibili e non presentino danni materiali accertabili tramite esame visivo. La sorveglianza può essere effettuata dal personale normalmente presente nelle aree protette dopo aver ricevuto adeguate istruzioni. - Controllo periodico: insieme di operazioni da effettuarsi con frequenza almeno semestrale, per verificare la completa e corretta funzionalità delle attrezzature e degli impianti. - Manutenzione: operazione od intervento finalizzato a mantenere in efficienza ed in buono stato le attrezzature e gli impianti. - Manutenzione ordinaria: operazione che si attua in loco, con strumenti ed attrezzi di uso corrente. Essa si limita a riparazioni di lieve entità, abbisognevoli unicamente di minuterie e comporta l'impiego di materiali di consumo di uso corrente o la sostituzioni di parti di modesto valore espressamente previste. - Manutenzione straordinaria: intervento di manutenzione che non può essere eseguito in loco o che, pur essendo eseguita in loco, richiede mezzi di particolare importanza oppure attrezzature o strumentazioni particolari o che comporti sostituzioni di intere parti di impianto o la completa revisione o sostituzione di apparecchi per i quali non sia possibile o conveniente la riparazione. ... 6.4 - ATTREZZATURE ED IMPIANTI DI PROTEZIONE ANTINCENDIO Il datore di lavoro è responsabile del mantenimento delle condizioni di efficienza delle attrezzature ed impianti di protezione antincendio. Il datore di lavoro deve attuare la sorveglianza, il controllo e la manutenzione delle attrezzature ed impianti di protezione antincendio in conformità a quanto previsto dalle disposizioni legislative e regolamentari vigenti. Scopo dell'attività di sorveglianza, controllo e manutenzione è quello di rilevare e rimuovere qualunque causa, deficienza, danno od impedimento che possa pregiudicare il corretto funzionamento ed uso dei presidi antincendio. L'attività di controllo periodica e la manutenzione deve essere eseguita da personale competente e qualificato.[/box-info]
8. Schede SC (Schede di Controllo) e SCPP (Schede dei Controlli Periodici e Prove)
Il file "Registro controlli antincendio Rev. 4.0 2022.docx" contiene le seguenti schede di controllo e verifica
- controlli e verifiche svolte direttamente da un addetto alla lotta antincendio o da un preposto interno all’azienda (Schede SC):
(in rosso le novità)
SC1 - Estintori CO2 SC2 - Estintori polvere SC3 - Idranti soprasuolo SC4 - Naspi / Idranti SC5 - Porte “EI” e di sicurezza SC7 - Serrande SC8 - Maniglioni antipanico SC9 - Luci di emergenza SC10 - Pulsanti di allarme SC11 - Rilevazione fumi SC12 - Impianti rilevazione CO e miscele esplosive SC13 - Impianti rilevazione metano SC14 - Attacchi motopompa VVF SC15 - Gruppo di pressurizzazione SC16 - Impianti di spegnimento ad aerosol di sali potassio SC17 - Cassette attrezzature emergenza SC18 - Impianti spegnimento gas SC19 - Impianti di spegnimento a sprinkler SC20 - Luoghi sicuri SC21 - Autorespiratori SC22 - Impianti di rivelazione e allarme incendio (IRAI) SC23 - Sistemi di allarme vocale per scopi d'emergenza (EVAC) SC24 - Sistemi di evacuazione fumo e calore SC25 - Sistemi di pressione differenziale SC26 - Sistemi a polvere SC27 - Sistemi a schiuma SC28 - Sistemi spray ad acqua SC29 - Sistemi ad acqua nebulizzata (water mist) SC30 - Sistemi a riduzione di ossigeno SC31 - Porte e finestre apribili resistenti al fuoco SC32 - Sistemi di spegnimento ad estinguente gassoso
- controlli, verifiche e manutenzioni svolte da un operatore esterno incaricato dall’Azienda (Schede SCPP):
SCPP-1/1 Impianti mobili di estinzione di incendi (estintori) C02 SCPP-1/2 Impianti mobili di estinzione di incendi (estintori) CO2 SCPP-1/3 Impianti mobili di estinzione di incendi (estintori) CO2 SCPP-2/1 Impianti mobili di estinzione di incendi (estintori) Polvere SCPP-2/2 Impianti mobili di estinzione di incendi (estintori) Polvere SCPP-2/3 Impianti mobili di estinzione di incendi (estintori) Polvere SCPP-3 Impianti fissi automatici di rivelazione e di segnalazione allarme di incendio SCPP-4/1 Impianti fissi di spegnimento automatici a gas SCPP-4/2 Impianti fissi di spegnimento automatici a gas SCPP-5/1 Impianti di evacuazione fumo e calore SCPP-5/2 Impianti di evacuazione fumo e calore SCPP-5/3 Impianti di evacuazione fumo e calore SCPP-5/4 Impianti di evacuazione fumo e calore SCPP-6 Impianti di diffusione sonora per l’emergenza SCPP-7 Porte tagliafuoco REI SCPP-8 Uscite di sicurezza SCPP-9/1 Impianti di pompaggio per l’alimentazione della rete idrica antincendio SCPP-9/2 Impianti di pompaggio per l’alimentazione della rete idrica antincendio SCPP-10 Impianti fissi di estinzione incendi a naspi e/o idranti SCPP-11 Impianti fissi di estinzione automatici a pioggia (sprinkler) SCPP-12 Gruppo di pressurizzazione SCPP-13 Autorespiratori
[box-warning]Attenzione I sistemi, attrezzature ed impianti antincendio dovranno essere sottoposti a verifiche, controlli e operazioni di manutenzione secondo il tipo di sistemi/attrezzature/impianti installati e la valutazione del rischio incendio, le schede presenti nel Modello di registro sono predisposte a carattere esemplificativo e potrebbero non essere esaustive in tutti i casi. Vedere anche il MIUMIA - Manuale Istruzioni Uso Manutenzione Impianti Antincendio[/box-warning]
Impianti fotovoltaici e prevenzione incendi / Sett. 2022
ID 4862 | Rev. 1.0 del 24.09.2022 | Documento completo in allegato
Gli impianti fotovoltaici non rientrano fra le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi ai sensi del D.P.R. n. 151/2011, ma possono specificarsi i casi:
- l'installazione di un FV in attività soggette esistenti - può comportare un aggravio del preesistente livello di rischio di incendio (Art. 4 comma 6 D.P.R. 151/2011) - installazione di un FV a servizio di una nuova attività soggetta ai controlli di prevenzione incendi - Richiesta CPI (Art. 3. Valutazione dei progetti - SCIA D.P.R. 151/201 per l'attività soggetta, installazione dell'impianto FV in accordo con le Linee guida 2012: Nota DCPREV prot n. 1324 del 7 febbraio 2012)
[box-note]Update Rev. 1.0 del 24.09.2022
- Con il Decreto-Legge 23 settembre 2022 n. 144 (GU n.223 del 23.09.2022), all'Art. 16 Procedure di prevenzione incendi, è stabilito che, a seguito dell'emergenza energetica in atto, al fine di agevolare l’installazione di impianti fotovoltaici e solari termici sulle coperture e sulle facciate di edifici a servizio di attività soggette ai controlli di prevenzione incendi per la pronuncia sulla valutazione documentazione completa progetto, se necessaria dopo l’installazione, i termini sono ridotti da 60 a 30 giorni fino al 31 dicembre 2024. Vedi Documento
In via generale l'installazione di un impianto fotovoltaico (FV), in funzione delle caratteristiche elettriche/costruttive e/o delle relative modalità di posa in opera, può comportare un aggravio del preesistente livello di rischio di incendio.
L'aggravio potrebbe concretizzarsi, per il fabbricato servito, in termini di:
- interferenza con il sistema di ventilazione dei prodotti della combustione (ostruzione parziale/totale di traslucidi, impedimenti apertura evacuatori); - ostacolo alle operazioni di raffreddamento/estinzione di tetti combustibili; - rischio di propagazione delle fiamme all'esterno o verso l'interno del fabbricato (presenza di condutture sulla copertura di un fabbricato suddiviso in più compartimenti - modifica della velocità di propagazione di un incendio in un fabbricato mono compartimento).
L'installazione di un impianto fotovoltaico a servizio di un'attività soggetta ai controlli di prevenzione incendi richiede gli adempimenti previsti dal comma 6 dell'art. 4 del D.P.R. n. 151 del 1 agosto 2011.
[box-info]Gli impianti fotovoltaici non sono soggetti a controlli di prevenzione incendi
Gli impianti fotovoltaici non rientrano fra le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi ai sensi del D.P.R. n. 151 del 1 agosto 2011 "Regolamento recante semplificazione della disciplina dei relativi alla prevenzione incendi, a norma dell'articolo 49 comma 4-quater, decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122".[/box-info]
TIMELINE NORMATIVA
2010 La prima linea guida per l'installazione degli impianti fotovoltaici nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi è relativa la 2010 (Nota prot. n. 5158 del 26 marzo 2010)
2011 Richiesta di chiarimenti in merito alla sicurezza delle operazioni di soccorso in presenza di impianti fotovoltaici (Nota prot EM 622/867 del 18/02/2011) Stabilite procedure in caso di intervento in presenza di pannelli fotovoltaici e sicurezza degli operatori vigili del fuoco
2012 Aggiornata la linea guida 2010 per l'installazione degli impianti fotovoltaici nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, redatte da un apposito gruppo di lavoro, costituito da esperti del settore elettrico ed approvata recentemente dal C.C.T.S. (Nota DCPREV prot n. 1324 del 7 febbraio 2012)
La linea guida recepisce i contenuti del D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151 e tiene conto delle varie problematiche emerse in sede periferica a seguito delle installazioni di impianti fotovoltaici.
La presente guida sostituisce quella emanata con nota prot. n. 5158 del 26 marzo 2010.
2012 Richiesti chiarimenti nella nota prot. DCPREV 1324 del 7 febbraio 2012 "Guida per l'installazione degli impianti fotovoltaici - Edizione 2012" (Nota DCPREV prot. n. 6334 del 4 maggio 2012)
"Con riferimento all'oggetto, pervengono alla Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica numerosi quesiti e richieste di chiarimenti da parte delle strutture periferiche del Corpo, di associazioni di categoria e di liberi professionisti.
Con la presente si intende chiarire che la guida in oggetto rappresenta uno strumento di indirizzo non limitativo delle scelte progettuali e individua alcune soluzioni utili al perseguimento dagli obiettivi di sicurezza dettati all'allegato I, punto 2 al regolamento (Ue) n. 305/2011 del 9 marzo 2011.
Altre soluzioni utili al perseguimento dei richiamati obiettivi possono essere individuate mediante lo strumento della valutazione dei rischi.
Nella tabella riportata in allegato alla presente sono evidenziati i chiarimenti alla guida ritenuti opportuni."
Allegato Tabella di chiarimento alla nota prot. n. 1324 del 7 febbraio 2012 -----
2014 Chiarimenti sulla valutazione dell’aggravio di rischio correlata alla installazione di un impianto fotovoltaico a servizio di una attività soggetta (Nota DCPREV prot. n. 12678 del 28/10/2014).
Installazione di un impianto fotovoltaico in un edificio esistente soggetto CPI
- L’installazione di un impianto fotovoltaico in un edificio esistente soggetto ai controlli di prevenzione incendi costituisce sempre una variazione delle condizioni di sicurezza precedentemente accertatee pertanto devono essere attivate le procedure di cui all’art.4, comma 6, del DPR 151/2011.
Le indicazioni di cui alla nota ministeriale n. 6334 del 4/05/2012 forniscono gli elementi di valutazione volti a stabilire se la modifica comporti o meno aggravio del rischio.
DPR n. 151/2011
Art. 3 Valutazione dei Progetti Comma 1: Gli enti e i privati responsabili delle attività soggette di categorie B e C, devono richiedere al Comando provinciale VVF l’esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio.
Art. 4 - Controlli di prevenzione incendi Comma 6: Fermo restando quanto previsto dall’articolo 3 del presente decreto in caso di modifiche che comportano un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio, l’obbligo per l’interessato di avviare nuovamente le procedure previste dal presente articolo ricorre quando vi sono modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate.
- La valutazione di cui al punto precedente deve essere effettuata anche in caso di impianto fotovoltaico progettato secondo la linea guida allegata alla nota ministeriale n. 1324 del 7/02/2012. Si ritiene peraltro che tale valutazione non debba ottenere l’assenso preliminare del Comando, in quanto non previsto nel regolamento di prevenzione incendi.
- Le procedure da attuare in esito alla suddetta valutazione sono chiaramente individuate nella citata nota di chiarimento.
- Le considerazioni svolte si riferiscono ad impianti incorporati, indipendentemente dalle modalità di utilizzo dell’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico (in concorso o in alternativa a quella fornita dalla rete di distribuzione pubblica).
Aggravio condizioni di sicurezza
In caso di aggravio attività categoria B o C Ed in coerenza con quanto già chiarito nella nota n. 6334 del 04/05/2012, “solo nel caso in cui dalla valutazione del rischio incendio emerga un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio per attività di categoria B o C, dovuto alla installazione di impianti fotovoltaici, dovranno essere attivate le procedure previste dall’art. 3 del DPR 151/2011”.
DPR n. 151/2011
Art. 3 - Valutazione dei progetti 1.Gli enti ed i privati responsabili delle attività di cui all'Allegato I, categorie B e C, sono tenuti a richiedere, con apposita istanza, al Comando l'esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio.
(...)
In caso di non aggravio attività categoria A, B e C Per “le attività di categoria A, e per quelle di categoria B e C, per le quali a valle della valutazione del rischio non emerga un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio dovuto alla installazione di impianti fotovoltaici, si può procedere agli adempimenti di cui all’art. 4 del DPR 151/2011, in linea con quanto stabilito anche all’art. 4 comma 7 del D.M. 07/08/2012”.
DPR n. 151/2011
Art. 4 - Controlli di prevenzione incendi 1. Per le attività di cui all'Allegato I del presente regolamento, l'istanza di cui al comma 2 dell'articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, è presentata al Comando, prima dell'esercizio dell'attività, mediante segnalazione certificata di inizio attività, corredata dalla documentazione prevista dal decreto di cui all'articolo 2, comma 7, del presente regolamento. Il Comando verifica la completezza formale dell'istanza, della documentazione e dei relativi allegati e, in caso di esito positivo, ne rilascia ricevuta. (...)
Norme tecniche
CEI 82-25:2022 / Guida alla progettazione, realizzazione e gestione di sistemi di generazione fotovoltaica
Parte 1: Generalità - Acronimi, Definizioni e Principali Leggi, Deliberazioni e Norme
Classificazione CEI: 82-25 Data pubblicazione: 08.2022
Questo documento costituisce la Parte 1 della Guida Tecnica CEI 82-25 “Guida alla progettazione, realizzazione e gestione di sistemi di generazione fotovoltaica” che è composta dalle seguenti parti: - Parte 1: Generalità - Acronimi, Definizioni e Principali Leggi, Deliberazioni e Norme; - Parte 2: I moduli fotovoltaici; - Parte 3: BOS dell’impianto FV; - Parte 4: Progettazione; - Parte 5: Installazione; - Parte 6: Monitoraggio, gestione e manutenzione. Lo scopo della presente Guida è di fornire le generalità riguardanti la trattazione Normativa di componenti e sistemi di generazione fotovoltaica (o impianti fotovoltaici), contenuta nelle varie Parti della Guida. La Guida si applica ai sistemi di generazione fotovoltaica destinati a operare in parallelo alla rete del distributore di Media e Bassa tensione, tenendo conto delle vigenti disposizioni legislative e delle indicazioni contenute nelle Norme CEI, UNI e nei documenti CENELEC e IEC pertinenti; tratta impianti fotovoltaici fissi e a inseguimento solare, anche con concentrazione dei raggi solari. La Norma in oggetto sostituisce completamente la Guida CEI 82-25:2010-09.
- Nota DCPREV prot. n. 6334 del 4 maggio 2012: Chiarimenti alla nota prot. DCPREV 1324 del 7 febbraio 2012 "Guida per l'installazione degli impianti fotovoltaici - Edizione 2012".
Quesiti
- Nota prot EM 622/867 del 18/02/2011 Procedure in caso di intervento in presenza di pannelli fotovoltaici e sicurezza degli operatori vigili del fuoco
Locali di lavoro seminterrati o interrati: Note e Deroga all’utilizzo
ID 11959 | 31.10.2020 / Documento completo allegato
In allegato Note, es. Modello e Documentazione richiesta dall'Organo competente(*) di Deroga all'utilizzo di locali chiusi sotterranei o semisotterranei.
(*) Contattare l'Organo competente ASL / ecc.
Il D.Lgs. 81/2008 all’articolo 65 comma 1 stabilisce che: “E’ vietato destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei” L’uso lavorativo di locali sotterranei o semisotterranei in assenza di particolari esigenze tecniche o senza preventiva autorizzazione dell’organo di vigilanza è punito ai sensi dell’art. 68 comma 1 lettera b) del D.Lgs. 81/2008.
Locali sotterranei o semisotterranei
In accordo con il Regolamento edilizio-tipo "Intesa Governo, le Regioni e i Comuni 20 ottobre 2016" le definizioni sono:
INTESA 20 ottobre 2016 Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni concernente l'adozione del regolamento edilizio-tipo di cui all'articolo 4, comma 1-sexies del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. (16A08003) (GU Serie Generale n.268 del 16-11-2016) ... Allegato A ... 21. Piano seminterrato Piano di un edificio il cui pavimento si trova a una quota inferiore (anche solo in parte) a quella del terreno posto in aderenza all’edificio e il cui soffitto si trova ad una quota superiore rispetto al terreno posto in aderenza all’edificio.
22. Piano interrato Piano di un edificio il cui soffitto si trova ad una quota inferiore rispetto a quella del terreno posto in aderenza all’edificio. ...
[box-note]Delibera PAT n 1513 del 13.07.2012 APPS Provincia Autonoma di Trento (allegata)
Criteri di valutazione di edifici o di locali da destinare a luogo di lavoro in ambiente produttivo e nel terziario ...
Allegato … 6.2. Definizioni.
Piano interrato: Piano la cui somma delle superfici delle pareti perimetrali comprese al di sotto della linea del terreno è superiore al 70% della superficie totale delle stesse pareti perimetrali.
Piano seminterrato: Piano la cui somma delle superfici delle pareti perimetrali comprese al di sotto della linea del terreno è compresa tra 50% e 70% della superficie totale delle stesse pareti perimetrali. ....[/box-note]
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Consiglio di Stato, Sez. IV, 29 gennaio 2008 Sent. N. 271 ..."Un seminterrato, in particolare, è tale, quindi, se in ogni sua parte rimane al di sotto del piano di campagna o del livello zero di sbancamento, essendo compatibile con tale situazione, nei limiti ritenuti dalle norme comunali, che parte della struttura sopravanzi il piano di campagna o la quota zero, per quanto strettamente necessario per assicurare una sufficiente areazione e luminosità, ovvero, che rimanga scoperta in larghezza per realizzare un accesso dall’esterno."
Le deroghe possibili
La normativa prevede due situazioni derogabili:
1) quando ricorrano particolari esigenze tecniche (Art. 65, comma 2, D.Lgs. 81/2008). In questi casi non è richiesta alcuna autorizzazione in deroga al divieto. Il datore di lavoro deve assicurare “idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima”. Per esigenze tecniche sono da intendersi quelle condizioni indispensabili per un’ottimale resa del ciclo produttivo, non raggiungibile, allo stato attuale delle conoscenze, adottando soluzioni alternative. (Es. per le lavorazioni connesse alla stagionatura di alcuni formaggi, per le cantine, ecc).
2) Per definire la seconda condizione si cita integralmente il disposto di legge (Art. 65, comma 3, D.Lgs. 81/2008): “L’organo di vigilanza può consentire l’uso dei locali chiusi sotterranei o semisotterranei anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettate le norme del presente decreto legislativo e si sia provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2”.
In questo secondo caso il datore di lavoro deve richiedere all’organo di vigilanza territorialmente competente (Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro dell’ASL) una formale autorizzazione, con le modalità indicate nel successivo capitolo “Come deve essere fatta la richiesta di autorizzazione”.
(*) Dovranno essere garantite condizioni di aerazione, di illuminazione, di microclima adeguate.
Fig. 1 - Deroga all'utilizzo di locali di lavoro sotterranei o semisotterranei di cui Art. 65 D.Lgs. 81/2008
Con l'Interpello n. 5 del 2015, il CNI ha posto alla Commissione richiesta di chiarimenti inerenti la permanenza di lavoratori in detti locali per l’intera giornata lavorativa contrattuale.
N.
5/2015
Data
24 giugno 2015
Soggetto
Consiglio Nazionale degli Ingegneri
Oggetto
Art. 12, D.Lgs. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni – risposta al quesito relativo all'art. 65 del D.Lgs. 81/2008 sui locali interrati e seminterrati.
Premessa
Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha avanzato istanza di interpello in merito alla corretta interpretazione dell'art. 65 del d.lgs. n. 81/2008. In particolare l'istante rappresenta che: "il D.Lgs. 81/2008 prevede, all'art.65, commi 2 e 3 che, in deroga, possono essere destinati al lavoro, locali chiusi sotterranei o semisotterranei, quando ricorrano particolari esigenze tecniche (comma 2) e comunque anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze tecniche (comma 3) in assenza di emissioni di agenti nocivi, assicurando sempre idonee condizioni di aerazione meccanica e/o naturale, di illuminazione artificiale e di microclima (bar, ristoranti, attività commerciali, ecc.). L'ordine degli ingegneri ritiene che, alle condizioni suddette, vi possa essere permanenza di lavoratori in detti locali per l'intera giornata lavorativa contrattuale". Ciò posto il Consiglio Nazionale degli Ingegneri chiede conferma della correttezza di tale interpretazione. Al riguardo si segnala che le modalità di utilizzo dei locali sotterranei o semisotterranei sono regolamentate dall'art 65 del d.lgs. n. 81/2008. In particolare, il comma 3 dell'articolo appena citato attribuisce all'organo di vigilanza il potere di "consentire l'uso dei locali chiusi sotterranei o semisotterranei anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettate le norme del presente decreto legislativo e si sia provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2".
Risposta
Il potere attribuito all'organo di vigilanza, dal succitato art. 65 comma 3, si concretizza in uno specifico potere autorizzativo atto a rimuovere, con un determinato provvedimento, i limiti posti dall'ordinamento all'utilizzazione dei locali sotterranei o semisotterranei, previa verifica della compatibilità di tale esercizio con il bene tutelato e costituito, nel caso in specie, dalla salute e sicurezza dei lavoratori. Ciò posto, il provvedimento di autorizzazione deve essere congruamente motivato in ordine a quanto previsto al comma 3 dell'art. 65, il quale impone che le predette lavorazioni "non diano luogo ad emissione di agenti nocivi", presuppone il rispetto del D.Lgs. 81/2008 e, in particolare, richiede la verifica che si sia provveduto ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima (comma 2, art. 65, D.Lgs. 81/2008). Sulla base di quanto sopra, si desume che nell'ambito dell'atto autorizzativo anche eventuali limitazioni sull'orario di lavoro devono trovare una concreta e determinata motivazione strettamente correlata alle esigenze imposte e specificate dalla norma medesima.
Firma
Ing. Giuseppe PIEGARI - IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE
1. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo I, si intendono per luoghi di lavoro, unicamente ai fini della applicazione del presente titolo, i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda o dell'unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell'azienda o dell'unità produttiva accessibile al lavoratore nell'ambito del proprio lavoro.
2. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci.
d-bis): ai campi, ai boschi e agli altri terreni facenti parte di un'azienda agricola o forestale.
Art. 63. Requisiti di salute e di sicurezza
1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV.
2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili.
3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere, le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posi di lavoro utilizzati da lavoratori disabili.
4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione dell'organo di vigilanza territorialmente competente, adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
6. Comma abrogato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
Art. 64 Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro provvede affinché:
a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all'articolo 63, commi 1, 2 e 3;
b) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.
Art. 65. Locali sotterranei o semisotterranei
1. È vietato destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei.
2. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, possono essere destinati al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei, quando ricorrano particolari esigenze tecniche. In tali casi il datore di lavoro provvede ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima.
3. L'organo di vigilanza può consentire l'uso dei locali chiusi sotterranei o semisotterranei anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettate le norme del presente decreto legislativo e si sia provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2.[/box-note]
REQUISITI DEI LUOGHI DI LAVORO 1. AMBIENTI DI LAVORO .. 1.1 Stabilità e solidità .. 1.2. Altezza, cubatura e superficie … 1.2.1.1. altezza netta non inferiore a m 3 (*) ..
(*) Vedasi regolamenti edilizi locali per altezze inferiori e per deroghe/locali corridoi, locali tecnici, ecc[/box-note]
Documento tecnico-normativo (elementi) e sicurezza allegato, relativo ai sistemi di controllo e vigilanza della presenza del macchinista conducente del treno: panoramica in estrema sintesi, per dettagli tecnico-normativi e cronistoria vedasi allegati.
Premessa
I macchinisti di treni sono lavoratori ai sensi del D.Lgs. 81/2008, e la cabina è un luogo di lavoro a tutti gli effetti. Il Documento intende illustrare i dispositivi vigilanti e la loro evoluzione nel contesto tecnico-normativo/sicurezza, non per ultimo vedasi l'Interpello n. 6/2018 del 18 Luglio 2018, sul concetto di vigilanza dei lavoratori addetti a mansioni di sicurezza, idoneità ed efficacia degli strumenti utilizzati a tale scopo.
Il dispositivo vigilante
ln ambito ferroviario, il dispositivo vigilante, più conosciuto come dispositivo dell'uomo morto, è uno specifico dispositivo di sicurezza atto che controlla la presenza e la vigilanza del conducente di un treno.
Tali dispositivi, applicati fin dai primi decenni del XX secolo, erano destinati ad evitare che un eventuale malore o la distrazione del macchinista posto alla guida di un rotabile provocasse disastri.
In Francia viene utilizzato un dispositivo vigilante che prende il nome di VACMA (Veille Automatique à Contrôle du Maintien d'Appui) che ha lo scopo di controllare la presenza e vigilanza del macchinista e permette l'uso dell'agente unico di guida.
Tali dispositivi, con l'evoluzione tecnologica dei dispositivi elettronici ad esempio di motion detection (S.R.I) sono destinati ad essere dismessi.
[panel]Funzionamento VACMA
Trattasi di un sistema di controllo sulla presenza e vigilanza dell'agente di condotta. Il macchinista ha a disposizione in cabina di guida alcuni punti di interfaccia con operativita obbligatoria da rispettare durante il servizio di condotta. In particolare:
- le touche sensitive sul manipolatore di sforzo (es. BB36000) o sul piano di appoggio (es. E402B-ETR460P-ETR500PLT); - uno o due pedali in corrispondenza del posto di guida, un pedale sul pavimento (es. pulsante vicino al finestrino per la E402BF-ETR460- ETR500PLT), dal lato del 1° agente, da utilizzare per l'esecuzione delle manovre ed un pulsante da utilizzare per l'esecuzione delle manovre dal lato 2° agente.
Il macchinista, con velocità del treno superiore a 3 Km/h, deve agire su uno dei dispositivi suddetti senza rilasciare il medesimo per un tempo superiore a 2,5 secondi, pena l'attivazione di una suoneria in cabina di guida; se nonostante ciò, dopo ulteriori 2,5 secondi il macchinista non agisce su uno dei dispositivi VACMA, si verifica la frenatura d'urgenza del treno e l'apertura dell'IR/DJ del mezzo di trazione.
Fino ad alcuni anni fa la funzionalità di questa apparecchiatura era limitata a quanto suddetto.
Risulta evidente che in queste condizioni bastava posizionare un oggetto (borsa od altro) su un pedale e la vigilanza dell'apparecchiatura era inibita.
Successivamente è stata implementata la funzione di "Appui" (rilascio); infatti, se il macchinista non rilascia entro 55 secondi il dispositivo di vigilanza utilizzato, si attiva un'altra suoneria in cabina di guida (con tonalità diversa alla precedente); se nonostante ciò, dopo ulteriori 2,5 secondi il macchinista non rilascia il dispositivo, si verifica la frenatura d'urgenza del treno e l'apertura dell'IR/DJ.
L'apparecchiatura VACMA si inserisce automaticamente su rete SNCF con il posizionamento del selettore della catenaria in posizioni 1,5KV SNCF e 25KV SNCF e senza che il macchinista esegua ulteriori operazioni.
Fig. 1 - Postazione con pedale e touche sensitive[/panel]
In Italia l'uso del dispositivo vigilante fu ideato ma non utilizzato dalle Ferrovie dello Stato nel secondo dopoguerra. A partire dal 2002 un dispositivo VACMA è stato introdotto progressivamente da Trenitalia S.p.A. sui rotabili nonostante dure opposizioni sindacali.
L'introduzione del dispositivo vigilante o uomo morto nei rotabili delle FS era stata contestata da alcuni sindacati italiani con la motivazione dello stress causato al macchinista obbligato a esercitare ripetitivamente una pressione sul pedale. Era stata presentata, senza successo, nel 2006 anche un'interrogazione al Senato tendente a proibirne la reintroduzione.
I sindacati dei macchinisti ritenevano l'introduzione solo un pretesto per ridurre il numero di macchinisti. Di fatto successivamente all'installazione del vigilante, non è variato l'equipaggio dei treni. Solo successivamente, sono state installate apparecchiature come il SCMT e il SSC che vigilano e correggono direttamente l'errore umano.
Attualmente sulla maggioranza dei convogli di Trenitalia il macchinista può scegliere se mantenere il dispositivo in posizione VIG (pressione all'avvio del treno e ogni 55 secondi) o in posizione di esclusione EVIG (pressione del pedale solo all'avvio del treno). Se il treno è dotato di SCMT, il vigilante funziona solo se esso è attivato, inoltre se l'SCMT è in modalità manovra si ha l'obbligo di pressione ogni 55 secondi indipendentemente dalla posizione del selettore VIG/EVIG.
Altri convogli, ad esempio i TSR, hanno il vigilante non dissociabile.
Altre imprese ferroviarie italiane continuano ad utilizzare sui propri treni il dispositivo vigilante adottato con la funzione EVIG inibita per ovvie ragioni di sicurezza.
Trenitalia e RFI studiano le alternative al sistema vigilante VACMA.
La sperimentazione fa seguito all'accordo dello scorso gennaio stipulato tra Trenitalia e le Organizzazioni Sindacali, che contempla l'eliminazione del VACMA; questo sistema vigilante attualmente in uso e oggetto di contestazione, prevede che il pedale posto sotto il banco di manovra debba essere costantemente premuto e rilasciato ogni 55 secondi dal macchinista, a garanzia che lo stesso è vigile e presente quando il treno è in marcia.
Tre locomotive E.464 (265, 267 e 299) sono state sperimentalmente attrezzate con dieci punti di reiterazione, che se azionati dal macchinista azzerano il conteggio di 55 secondi, normalmente azzerabile solo con il rilascio del pedale posto sotto il banco di manovra.
Il SCMT Sistema controllo della marcia del treno
Il Sistema Controllo Marcia Treno (SCMT), sviluppato a partire dal 2000, è un sistema di sicurezza della marcia dei treni di ausilio al macchinista applicabile su linee elettrificate delle reti fondamentale, complementare e di nodo, a semplice o doppio binario. Il sistema risulta applicabile su linee elettrificate delle reti fondamentale, complementare e di nodo, a semplice o doppio binario, ed è certificato fino alla velocità massima di 250 Km/h. Il sistema ha richiesto una complessa fase di sviluppo ed omologazione in accordo con le attività di Verifica, Validazione e Valutazione definite dalle normative europee CENELEC applicabili in materia e fatte proprie da RFI.
Fornisce il controllo della velocità massima ammessa, istante per istante, in relazione ai vincoli posti dal segnalamento, dalle caratteristiche dell’infrastruttura e dalle prestazioni del treno, sia in condizioni normali che di degrado, utilizzando una tecnologia trasmissiva a balise, integrata ove presente con il “Blocco Automatico a Correnti Codificate”.
Al 30 giugno 2018sono 12.210 kmle linee attrezzate con lo SCMT (di cui 175 con doppio attrezzaggio SCMT-SSC).
Il sistema è “trasparente” per il macchinista, che continua ad operare con le abituali modalità di condotta. Esso è composto da:
- un Sotto Sistema di Terra (SST), con il compito di trasferire a bordo del locomotore, tramite punti informativi (tecnologia a “boe” dello stesso tipo utilizzato per il sistema interoperabile ERTMS), le informazioni sull’aspetto del segnale (condizioni sulla libertà della via) e sulle caratteristiche della linea;
- un Sotto Sistema di Bordo (SSB), composto da un computer che ha il compito di elaborare le informazioni acquisite dalle boe, da eventuali codici del binario e dalle operazioni del personale di macchina, e che è in grado di comandare la frenatura di servizio o di urgenza nel caso in cui vengono superati i vincoli di marcia controllati dal sistema.
Il Sotto Sistema di Terra, attraverso le “boe” che si attivano al passaggio di un treno, invia informazioni al Sotto Sistema di Bordo che, effettuate le conseguenti elaborazioni anche sulla base dei parametri del treno introdotti all’origine della corsa, determina i tetti e le curve di velocità che consentono la protezione della marcia del treno.
Il Sotto Sistema di Bordo SCMT può presentarsi in una versione stand-alone, in una versione integrata con le funzionalità SSC o ancora come modulo di Sistema Nazionale integrato nel SSB ERTMS/ETCS.
Il grafico che segue schematizza la relazione fra i vari componenti del sistema SCMT.
Fig. 2 - Schema SCMT/SSC
Il sistema di trasmissione SCMT è discontinuo. La trasmissione avviene attraverso delle boe poste sul binario (agganciate alle traverse) pertanto la ricezione dei messaggi da parte del SSB avviene solo in corrispondenza di tali boe.
Fig. 3 - Boe del sistema SCMT
Fig. 3 - Limite fermata SCMT
L'ETRMS/ETCS European Rail Traffic Management System/European Train Control System
L'ETMRS controllo della sicurezza della circolazione ferroviaria è un sistema di gestione, controllo e protezione del traffico ferroviario e relativo segnalamento a bordo, progettato allo scopo di sostituire i molteplici, e tra loro incompatibili, sistemi di circolazione e sicurezza delle varie Ferrovie Europee allo scopo di garantire l'interoperabilità dei treni soprattutto sulle nuove reti ferroviarie ad alta velocità.
Il sistema ERTMS/ETCS è costituito da differenti equipaggiamenti che hanno lo scopo di integrare le due funzioni suddette ed è caratterizzato da tre diversi livelli funzionali, 1º, 2º e 3º. La definizione del livello dipende da come la linea è equipaggiata ed il modo in cui le informazioni sono trasmesse tra treno e posti di controllo.
I Frecciarossa che collegano le principali città su oltre 1000 chilometri di linea ad una velocità di crociera di 300 km/h (entro il 2018 sfiorerà i 360) utilizzano l'ETRMS di livello 2, un sistema che elimina la possibilità dell'errore umano assicurando il controllo della marcia del treno istante per istante.
Il funzionamento si basa su una serie di sensori integrati che raccolgono a bordo le informazioni da trasmettere a intervalli predeterminati alla centrale attraverso la rete GSM-R, creando un canale di comunicazione bidirezionale che consente ai tecnici a terra di monitorare e - in caso di emergenza - intervenire in automatico, prevaricando le azioni di comando del macchinista.
Con questa tecnologia e altre, si va verso la dismissione del Vacma: il dispositivo vigilante, potrebbe ora farsi da parte per il motion detector, un lettore a infrarossi di respiri, battiti e movimenti.
Particolare attenzione è e sarà dedicata a rendere protetto il sistema ERTMS (completamente digitale) da hacker che potrebbero entrare in esso e iniettarvi informazioni false, con il rischio di provocare incidenti gravi.
Il SRI - Sistema di Reiterazione Innovativo
(Orsa - Macchinisti uniti)
Il 06 settembre 2017 si è svolta la programmata corsa prova (non in servizio commerciale), per la sperimentazione del primo prototipo del sistema di reiterazione innovativo (S.R.I.), basato sul rilevamento del volto e del battito delle palpebre. Il prototipo è stato installato sulle cabine di guida dell’automotrice diesel 663-1107 del Deposito Locomotive di Siena, collegando l’apparato al sottosistema di bordo (SCMT) su una sola cabina di guida.
L’installazione del prototipo si è presentata cosi composta; una telecamera posta sul banco di guida, per visone sia diurna che notturna e da un'interfaccia hardware di gestione del segnale proveniente della telecamera, quest’ultima posta vicino alla piastra di inserzione dell’SCMT.
Si è potuto anche verificare visivamente su di un PC come il segnale viene elaborato da un software proprietario, sviluppato dall'istituto superiore di San Anna dell'Università di Pisa, il quale nell’immagine fissa, ricerca il volto umano, analizzandone il battito delle palpebre, rilevando quindi lo stato di coscienza e attività del macchinista, ogni 10 secondi al rilevamento positivo del movimento delle palpebre, invia un segnale di reiterazione all’appartato di vigilanza. Si è potuto verificare il corretto riconoscimento anche durante il transito in galleria, quindi in assenza di luce. La messa a fuoco della telecamera è tale da permettere il rilevamento del volto nelle varie posizioni, sia con il Macchinista seduto che in piedi e per le diverse stature.
Nella corsa prova si è potuto verificare che il Macchinista non ha mai dovuto interagire con il punto di reiterazione manuale ( RAP), in quanto il sistema ha sempre rilevato l'attività del Macchinista, senza invasività o richiedendo particolari posture. Si è simulato anche il malore del Macchinista, facendo assumere al P.d.M. una postura che simulava uno stato diincoscienza – occhi chiusi testa reclinata sul petto, assenza di battito delle palpebre- il software, pur inquadrando il volto del Macchinista, dopo 55 in assenza di un rilevamento delle palpebre, non ha inviato il segale di reitero e l’apparato S.C.M.T. ha comandato l’intervento acustico, il quale è stato tacitato da Macchinista, agendo sul pulsante R.A.P., in tempo utile prima dell’intervento della frenatura, per mancato riconoscimento della reiterazione. Questo prototipo dopo le necessarie certificazione e approvazioni di legge, verrà installato su tutta la flotta delle 663 circa 90 automotrici.
Siamo stati informati che sarà prevista anche una sperimentazione di un prototipo su mezzi AV. Abbiamo evidenziato la necessita che l’apparato dia una indicazione al Macchinista, dello stato di efficienza del sistema, dopo una procedura di test, ci è stata data assicurazione che tale informazione è in stato di implementazione. Il sistema ci è sembrato efficiente e in avanzato stato di messa appunto, va quindi verificato il funzionamento su altre cabine di guida dei diversi mezzi e che a valle delle necessarie valutazioni e approvazioni degli organi preposti alla salvaguardia della salute e sicurezza del Macchinista, si possa procedere rapidamente all’installazione su tutti i mezzi ferroviari.
Fig. 4 - Sistema SRI
Sicurezza sul lavoro e VACMA
Sostanzialmente il VACMA è stato contestato dai lavoratori e sindacati per i seguenti rischi lavorativi principali:
- stress - movimenti ripetitivi - attenzione distolta del conduttore dalle sue normali mansioni - primo soccorso critico per malore macchinista
Si propone la "Relazione del gruppo interregionale sullo studio del VACMA di Giugno 2004 sui rischi inerenti l'uso del VACMA"
Coordinamento tecnico interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro
Relazione del gruppo interregionale sullo studio del VACMA Giugno 2004
Il Dispositivo vigilante denominato VACMA si propone, nelle intenzioni di RFI e Trenitalia, di favorire lo stato di vigilanza del conduttore di treni.
L'azione di controllo della presenza e della vigilanza del conduttore si esercita nel seguente modo:
- il funzionamento del dispositivo è assicurato quando il treno procede a velocità superiore a 5 Km/ora; - un pedale o un pulsante devono essere mantenuti premuti costantemente e rilasciati per brevissimi periodi di tempo ad intervalli che non devono essere superiori a 55 secondi; - se i dispositivi di cui sopra vengono rilasciati per periodi di tempo più lunghi, dopo 2.5 secondi si ha un segnale acustico e luminoso di avvertimento; - dopo ulteriori 2.5 secondi, se pedale o pulsante non vengono attivati, si ha il taglio della trazione e la conseguente frenatura di emergenza; il riarmo del dispositivo è tuttavia possibile in qualsiasi momento senza attendere l'arresto del convoglio; - analoga procedura si innesta se i dispositivi non vengono rilasciati entro i 55 secondi. - Tutte le volte che il dispositivo viene rilasciato, per un breve periodo di tempo, il conteggio del tempo viene azzerato ed inizia nuovamente il conteggio dei 55 secondo al termine del quale vi sarà la segnalazione acustica (tonalità tromba) e luminosa. - L'apparecchiatura è dotata di un dispositivo per l'inserimento del dato relativo al numero degli agenti di condotta a cui è affidato il mezzo. Quando viene inserito il dato di un solo agente viene attivata una procedura che determina l'inibizione della trazione e la conseguente frenatura di emergenza se vengono superati i 100 km orari. - Il personale di condotta è obbligato, sulla base di quanto previsto dalla circolare 35 del 22 Novembre 2002 di RFI, all'utilizzo del dispositivo, se presente e funzionante, sempre che lo stesso personale abbia effettuato un apposito aggiornamento teorico pratico sul dispositivo VACMA.
Trenitalia, Divisione Trasporto passeggeri e Divisione Cargo hanno provveduto ad installare il dispositivo VACMA su gran parte dei locomotori presenti e, sempre nella circolare 35 del 2002, hanno previsto la possibilità che, a far data dal 1/3/2003, il capotreno possa allontanarsi fino al primo rotabile ed, a seguito di successivo provvedimento, fino al quarto rotabile.
In sintesi, a regime, la presenza del dispositivo SCMT-VACMA, dovrebbe consentire, nelle intenzioni di RFI e Trenitalia, la possibilità di condurre alcune tipologie di convogli con un macchinista unico, non supportato né da altro macchinista né dal capotreno che potrebbe allontanarsi fino al quarto rotabile.
Nell'ambito della istruttoria necessaria alla predisposizione della presente relazione si è provveduto ad incontrare il sindacato OrSA e la Direzione di Trenitalia, Divisione Cargo e Divisione trasporto passeggeri, la quale, su alcuni problemi sollevati dal gruppo di lavoro attivato dal coordinamento tecnico delle Regioni, non ha fornito chiarimenti sufficienti a dissipare le perplessità illustrate nel corso della riunione e quindi tuttora presenti.
In relazione alla introduzione della nuova tecnologia a supporto dell'attività del conduttore è opportuno formulare le seguenti considerazioni, attinenti i soli aspetti relativi all'igiene e sicurezza del lavoro:
1) Il decreto legislativo 626/94 prevede all'articolo 6 che la progettazione dei luoghi o posti di lavoro debba avvenire nel rispetto dei principi generali di prevenzione in materia di sicurezza e salute. Tali principi sono individuati, tra l'altro, dall'art. 3 comma 1 lettera f del citato decreto legislativo dove si afferma che "devono essere rispettati i principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo".
Appare evidente come il dispositivo VACMA introdotto comporti sicuri elementi di ripetitività e monotonia, che, per altro, possono essere attenuati dall'utilizzo sistematico di modifiche che possono determinare un azzeramento nel conteggio del tempo (55 secondi) tutte le volte che il macchinista compie operazioni connesse con la guida (come ad esempio aumentare o ridurre la velocità). Questa tesi è sostenuta tra l'altro da RFI che, con propria circolare del 6/10/2003, ha riconosciuto la validità ergonomica di meccanismi che garantiscono la reiterazione del tempo tramite l'azionamento di altri organi da banco. Si ricorda che la normativa italiana, in presenza di tecnologie che consentono un minor impatto sulla salute dell'uomo, non ne permette l'adozione di altre che potrebbero risultare maggiormente dannose per la salute dei lavoratori.
L'utilizzo del VACMA potrebbe inoltre introdurre elementi che favoriscono lo stress costringendo il conduttore alla effettuazione di un numero consistente di manovre aggiuntive nei confronti di quelle, già numerose, che è necessario compiere per la conduzione di un treno. Anche sotto il profilo più strettamente ergonomico il dispositivo VACMA non offre le necessarie garanzie in quanto obbliga a posizioni maggiormente coatte in ambienti ristretti. Le cabine di guida delle motrici in esercizio presentano necessità di interventi di miglioramento delle posizioni di guida aggravati dall'introduzione del VACMA come evidenziato da parte del Centro Regionale di Ergonomia della Regione Toscana (vedi relazione allegata).
2) II VACMA non aggiunge alcun elemento di sicurezza nei confronti dell'errore umano non legato allo stato di vigilanza. Questa considerazione, una volta superati i problemi di cui al punto 1, potrebbe consentire l'introduzione del dispositivo vigilante, ma non la riduzione del numero di addetti impegnati nella conduzione del treno, poiché la presenza di un solo conduttore che utilizza il VACMA offre comunque minori garanzie di errore rispetto alla situazione preesistente nei casi in cui erano previsti due macchinisti o un macchinista ed un capotreno presente in cabina in quanto il secondo agente aiuta ad evidenziare i possibili errori nella guida, anche indipendenti dallo stato di vigilanza del conduttore.
3) In Caso di malore del macchinista l'assenza di altro operatore abilitato alla conduzione di treni determinerebbe la impossibilità di spostare il convoglio e quindi di recare soccorso al macchinista medesimo in tempi rapidi, nel caso in cui il convoglio fosse fermo in una località isolata, oltre che di spostare il treno, qualora lo stesso si trovasse in zona pericolosa (ad esempio all'interno di una galleria). La situazione di cui sopra appare in contrasto con quanto previsto dall'alt. 15 del decreto legislativo 626/94 che impone al datore di lavoro di adottare i provvedimenti necessari in tema di pronto soccorso e di emergenza sanitaria.
4) Il dispositivo VACMA richiama l'attenzione del macchinista sulla necessità di effettuare una serie ripetitiva di operazioni che potrebbero distogliere l'attenzione del conduttore dalle sue normali mansioni, per cui si avvalora la necessità di collegare l'azionamento del dispositivo alle altre operazioni svolte dal conduttore medesimo.
5) Inoltre il VACMA impone l'effettuazione di una serie di gesti ripetitivi ed automatici (breve rilascio del pedale ad intervalli predeterminati o rilascio dello stesso a seguito di avviso luminoso od acustico) che potrebbero essere compiuti anche in assenza di uno stato di piena vigilanza. Il dispositivo, pertanto, potrebbe non fornire sufficienti garanzie di affidabilità anche in ordine all'obiettivo, non certo esaustivo ai fini della sicurezza del trasporto, di garantire la vigilanza del conduttore per cui andrebbe vagliata la possibilità dell'introduzione di altri sistemi più innovativi.
6) Qualche attenzione meritano infine anche le conclusioni della relazione tecnica sull'argomento eseguita dal prof. Bagnara e dal prof. Bergamaschi in quanto, pur essendo la ricerca sollecitata dalle organizzazioni sindacali, è tuttavia espressione del parere sull'argomento di autorevoli organismi scientifici (Università degli studi di Roma "Tor Vergata", Cattedra di Medicina del Lavoro e Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico "Tor Vergata", Servizio Medicina del Lavoro).
7) Le considerazioni formulate ai punti precedenti mantengono ovviamente la propria validità anche nei casi in cui il dispositivo VACMA è funzionalmente associato al dispositivo SCMT o al RSC.
8) Infine la circolare del Ministero dei Trasporti del 7/8/2003 vincola comunque l'utilizzo del VACMA alla presenza a bordo, nella cabina di guida, del telefono bordo - bordo o bordo - terra che non risulta presente nella maggior parte dei convogli nei quali si intende attivare il VACMA. Non appare per altro verso ipotizzabile la sostituzione del telefono di cui sopra con un cellulare che non offre le stesse garanzie di disponibilità della linea (vi sono zone in cui i cellulari non prendono), di affidabilità (per possibili guasti od esaurimento delle pile) o di celerità delle comunicazioni (possibilità di trovare il numero chiamato occupato o di non disporre del numero che sarebbe necessario chiamare.
E' da menzionare anche il Decreto Interministeriale n. 19 del 24 gennaio 2011 Regolamento sulle modalità di applicazione in ambito ferroviario, del decreto 15 luglio 2003, n. 388, ai sensi dell'articolo 45, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. (GU n.58 del 11.03.2011), Primo soccorso in ambito ferroviario: ... Art. 4. Organizzazione di pronto soccorso
1. Ai sensi dell’articolo 2 del decreto n. 388 del 2003, il datore di lavoro che impiega proprio personale nelle attività lavorative di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 2 provvede a fornire ai lavoratori le dotazioni di cui all’articolo 5. I gestori delle infrastrutture e le imprese ferroviarie, coordinandosi fra loro e con i servizi pubblici di pronto soccorso, predispongono procedure operative per attuare uno specifi co piano di intervento che preveda per ciascun punto della rete ferroviaria le modalità più effi caci al fi ne di garantire un soccorso qualifi cato nei tempi più rapidi possibili anche per il trasporto degli infortunati.
2. Ai fini di cui al comma 1, i servizi pubblici di pronto soccorso forniscono ai gestori delle infrastrutture e alle imprese ferroviarie specifi che informazioni per consentire l’efficace realizzazione delle procedure operative di intervento. Tali procedure sono disciplinate anche nel rispetto della normativa in materia di sicurezza ferroviaria.
Art. 5. Dotazioni per il primo soccorso
1. Il datore di lavoro provvede a dotare il personale o le squadre di personale che svolgono le attività lavorative di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 2 del pacchetto di medicazione di cui all’allegato 2 del decreto n. 388 del 2003 e di un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare la richiesta di pronto soccorso.
2. Nel caso di treni passeggeri in esercizio non completamente percorribili, il personale viaggiante deve poter comunicare con quello di macchina con un idoneo mezzo e tramite una procedura adatta ad attivare, in ogni caso, la richiesta di pronto soccorso.
Inoltre l'Interpello n. 2/2016 del 21 marzo 2016 che ha per oggetto la “risposta in merito al primo soccorso in ambito ferroviario”, riporta il seguente quesito della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome:
L'obbligo di portare il soccorso qualificato nel più breve tempo possibile va inteso considerando come non in discussione il modello organizzativo scelto dall'azienda (es. agente unico) o può invece rimettere in discussione le scelte aziendali di organizzazione del lavoro se le stesse determinano, o possono comunque determinare, tempi di intervento molto più lunghi e certamente superiori a quelli previsti dal comunicato n. 87 della Presidenza del Consiglio dei Ministri relativo al DPR 27/3/1992?".
La Commissione risponde: "Ricordando che il modello organizzativo “è una scelta libera del datore di lavoro”, la Commissione indica che “l'obbligo di portare il soccorso qualificato nel più breve tempo possibile per ciascun punto della rete ferroviaria va inteso comprendendo anche possibili modifiche al modello organizzativo scelto dall'azienda se lo stesso determina, o può comunque determinare, tempi di intervento più lunghi o modalità meno efficaci per garantire il soccorso qualificato ai lavoratori interessati e il trasporto degli infortunati”[/panel]
[panel]Vigilanza dei lavoratori addetti a mansioni di sicurezza/Dispositivi per il controllo della vigilanza
L'Interpello n. 6/2018 del 18 Luglio 2018 ha per oggetto "art. 12, d.gs. n. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni - Risposta al quesito relativo al concetto di vigilanza dei lavoratori addetti a mansioni di sicurezza, idoneità ed efficacia degli strumenti utilizzati a tale scopo", riporta il seguente quesito del Club trasporti:
L’organizzazione Cub Trasporti ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in relazione ai seguenti quesiti:
1. «tenuto conto che in tutti i settori produttivi in cui vi sono mansioni di sicurezza attinenti all’incolumità dei lavoratori e dei terzi, vi può essere l’esigenza di monitorare la cosiddetta “vigilanza” dell’operatore e fermo restando l’obbligo giuridico delle aziende a garantire misure di tutela della salute e della sicurezza anche in caso di errore, disattenzione e imprudenza dell’operatore, tale obbligo può ritenersi assolto con l’adozione di misure e dispositivi per il controllo della “vigilanza”, individuati e adottati dalla stessa impresa senza che essa - pur nella sua complessità connessa al fattore umano - sia stata preventivamente definita in termini oggettivi, al fine di consentire alle Istituzioni ed in particolare all’Organo di vigilanza di verificarne la rispondenza alle concrete necessità in relazione all’efficacia dei dispositivi alle misure organizzative adottate e alle altre norme poste a tutela dei lavoratori e dei terzi»; 2. «l’obbligo giuridico posto dalla legge in capo alle aziende - comprese quelle che eserciscono il trasporto ferroviario - di adottare nell’esercizio dell’attività produttiva le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, può ritenersi assolto - in tema di “controllo della vigilanza” degli operatori impiegati in attività rischiose - con il solo assenso di conformità dei dispositivi ritenuti dalle stesse più convenienti, del Ministero dei trasporti e dell’ANSF o tale obbligo deve essere inteso nel senso che le stesse debbano, necessariamente, ricercare, adottare ed avvalersi di mezzi, metodi, tecnologie e sistemi, tecnicamente realizzabili, di concezione più moderna, quando questi siano tali da migliorare, ai sensi del D.lgs. 81/2008, le condizioni di salute, sicurezza e benessere lavorativo».
La Commissione risponde: la Commissione ritiene che la gestione delle emergenze debba essere intesa come un processo di cui tutti i datori di lavoro, committenti, appaltatori e subappaltatori, sono compartecipi, fermo restando il ruolo di promotore del committente e l’obbligo per l’appaltatore di attenersi alle procedure operative conseguenti alla predetta cooperazione.In merito la Commissione rappresenta che, nell’ambito del trasporto ferroviario, l’adozione di strumenti per il controllo dell’attività del “macchinista” è da ritenersi obbligatoria sulla base di norme nazionali ed europee, pertanto il datore di lavoro è tenuto all’osservanza delle prescrizioni ivi previste. Inoltre, si evidenzia che l’assenso di conformità dei dispositivi per il controllo della vigilanza del macchinista da parte del Ministero dei Trasporti e dell’Agenzia Nazionale per la sicurezza ferroviaria, non determina di per sé una presunzione di conformità alle disposizioni previste dal decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 e successive modificazioni.
In particolare, pur non rientrando la specifica problematica nell’ambito generale della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro, si rinvia a quanto già precisato nella risposta all’interpello n. 5/2018: «in merito alla “correttezza dell’utilizzo di qualsiasi dispositivo (vigilante) omologato unitamente alla locomotiva”, la Commissione rileva che, anche se conforme agli standard europei e nazionali, il datore di lavoro debba valutarne l’impatto sulla salute e sicurezza dei lavoratori nell’ambito della valutazione dei rischi di cui agli articoli 17 e 28 del citato decreto legislativo n. 81 del 2008, non potendo l’omologazione in ambito di interoperabilità ferroviaria fungere da presunzione di conformità del dispositivo alle norme previste dal richiamato decreto legislativo.
Si evidenzia, altresì, quanto previsto dall’art. 15 comma 1, lettera d) del richiamato decreto legislativo n. 81 del 2008 che, tra le misure generali di sicurezza a carico del datore di lavoro, individua anche “il rispetto dei principi ergonomici nella organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo”. Pertanto, il datore di lavoro, nell’ambito della valutazione dei rischi, dovrà porre in essere tutte le misure tecnologicamente adottabili, tali da eliminare o ridurre gli effetti pregiudizievoli sulla salute del lavoratore compresi quelli riferiti al lavoro monotono e ripetitivo.[/panel]
Direttiva 2005/47/CE del Consiglio, del 18 luglio 2005, concernente l’accordo tra la Comunità delle ferrovie europee (CER) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) su taluni aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera nel settore ferroviario (GU L 195 del 27.7.2005).[/box-note]
ID 6455 | Scheda 04.07.2018 / Documento completo in allegato
Documento completo allegato, normativa di riferimento per l'attività di "fochino".
Per “fochino” si intende colui che effettua il brillamento di mine con innesco elettrico e a fuoco, ecc come da definizione Art. 27 D.P.R. 19/03/1956, n. 302.
Le operazioni di: a) disgelamento delle dinamiti; b) confezionamento ed innesco delle cariche e caricamento dei fori da mina; c) brillamento delle mine, sia a fuoco che elettrico; d) eliminazione delle cariche inesplose;
devono essere effettuate, esclusivamente da personale munito di speciale licenza, da rilasciarsi, su parere favorevole della Commissione tecnica provinciale per gli esplosivi, dal Prefetto previo accertamento del possesso dei requisiti soggettivi di idoneita' da parte del richiedente all'esercizio del predetto mestiere.
La Commissione, di cui al comma precedente, e' integrata da due ispettori del lavoro, di cui uno laureato in ingegneria e uno in medicina.
La Commissione deve accertare nel candidato il possesso:
a) dei requisiti fisici indispensabili (vista, udito, funzionalita' degli arti) b) della capacita' intellettuale e della cultura generale indispensabili c) delle cognizioni proprie del mestiere; d) della conoscenza delle norme di sicurezza e di legge riguardanti l'impiego degli esplosivi nei lavori da mina.
Gli aspiranti alla licenza devono far pervenire alla Prefettura competente, una domanda in carta libera specificante l'oggetto della richiesta, le generalita' del richiedente, il domicilio o recapito. All'esame gli aspiranti devono esibire il libretto di lavoro e gli eventuali documenti del lavoro prestato.
A datare dal 1 luglio 1958, potranno essere incaricati delle mansioni indicate nel primo comma dei presente articolo soltanto i fochini muniti di licenza. Fino al 30 giugno 1960, i fochini che dimostrano di aver esercitato il mestiere ininterrottamente da tre anni, possono ottenere la licenza senza esame.[/alert]
La licenza
L'attività di fochino consiste in:
- disgelamento delle dinamiti - confezionamento ed innesco delle cariche e caricamento dei fori a mina - brillamento di mine a fuoco ed elettrico - eliminazione delle cariche inesplose.
Il Comune di residenza (Questura), a fronte di apposita domanda, rilascia una licenza che ha validità triennale. Prima della sua scadenza deve essere presentata domanda di rinnovo.
Requisiti
1. morali: - possesso dei requisiti richiesti dagli articoli 11 e 43 del T.U.L.P.S. approvato con RD 18 giugno 1931, n. 773; - non incorrere in cause di divieto, decadenza o sospensione di cui all'art. 67 del D.Lgs 6 settembre 2011 n. 159 Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione nonchè nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010 n. 136.
2. tecnici: - essere in possesso di attestato di capacità tecnica rilasciato dalla Commissione Tecnica Provinciale per le materie esplodenti (ai sensi dell’art. 27 del D.P.R. 19/03/1956, n. 302) in regolare corso di validità; - possesso del nulla osta per l'esercizio dell'attività di fochino rilasciato dalla Questura.
3. fisici: - possesso del certificato medico di idoneità fisica all'uso delle armi previsto dall'art. 35 del T.U.L.P.S. approvato con RD 18 giugno 1931, n. 773 rilasciato da un medico dell'A.S.L. o da un medico militare o di polizia.
All'istanza va allegata la seguente documentazione:
- copia dell'attestato di idoneità tecnica rilasciato dalla Commissione Tecnica Provinciale per le materie esplodenti - copia del nulla osta per l'esercizio dell'attività di fochino rilasciato dalla Questura - certificato medico di idoneità fisica all'uso delle armi rilasciato da un medico dell'A.S.L. o da un medico militare o di polizia. - fotocopia di un documento d'identità in corso di validità.
[alert]RD 18 giugno 1931, n. 773 ... Art. 13. (Art. 12 T. U. 1926) Quando la legge non disponga altrimenti, le autorizzazioni di polizia hanno la durata di tre anni, computati secondo il calendario comune, con decorrenza dal giorno del rilascio. Il giorno della decorrenza non e' computato nel termine.
Il rinnovo dell’autorizzazione deve essere effettuato presentando la domanda almeno 30 giorni prima della scadenza, per ulteriori tre anni.[/alert]
Per poter esercitare il mestiere di fochino e per poter chiedere la licenza comunale l’interessato deve possedere alcuni requisiti di idoneità di tipo morale e professionale.
1. I requisiti morali sono stabiliti dal RD 18 giugno 1931, n. 773 T.U.L.P.S. (artt. 11) e dalla normativa antimafia (D.Lgs 159/2011 art. 67). Nel caso di società i soci e/o le persone con poteri di rappresentanza e amministrazione devono essere in possesso di tali requisiti.
[alert]RD 18 giugno 1931, n. 773 ... Art. 11. (Art. 10 T. U. 1926). Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate:
1° a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della liberta' personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione;
2° a chi e' sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o e' stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza. Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalita' dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'Autorita', e a chi non puo' provare la sua buona condotta.(1)
Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego dell' autorizzazione.
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 2 - 16 dicembre 1993, n. 440 (in G.U. 1ª s.s. 22/12/1993, n. 52) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 11, secondo comma, ultima parte, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), nella parte in cui pone a carico dell'interessato l'onere di provare la sua buona condotta".[/alert]
Documento completo allegato
2. I requisiti professionali sono dimostrati dal possesso di un Certificato di idoneità, che attiene a: capacità intellettuale e cultura generale indispensabili all’esercizio dell’attività cognizioni proprie del mestiere conoscenza delle norme di sicurezza e di legge riguardanti l’impiego degli esplosivi nei lavori da mina.
Secondo il D.Lgs. 144/2005, per il rilascio della licenza di fochino è, come visto, necessario acquisire preventivamente il nulla osta del Questore della Provincia in cui l’interessato risiede.
Tale nulla osta può essere negato o revocato quando ricorrono le circostanze di carattere personale previste per il diniego o la revoca delle autorizzazioni di polizia in materia di armi (artt. 30 e ss TULPS). L’eventuale revoca del nulla osta è comunicata al Suap che ha rilasciato la licenza di esercizio del mestiere di fochino e comporta il suo immediato ritiro.
[box-note]Decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale (GU n. 173 del 27 luglio 2005) ... Art. 8. Integrazione della disciplina amministrativa e delle attività concernenti l'uso di esplosivi
1. Oltre a quanto previsto dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al RD 18 giugno 1931, n. 773, e dal relativo regolamento di esecuzione, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, il Ministro dell'interno, per specifiche esigenze di pubblica sicurezza o per la prevenzione di gravi reati, può disporre, con proprio decreto, speciali limiti o condizioni all'importazione, commercializzazione, trasporto e impiego di detonatori ad accensione elettrica a bassa e media intensità e degli altri esplosivi di 2ª e 3ª categoria.
2. Le limitazioni o condizioni di cui al comma 1 possono essere disposte anche in attuazione di deliberazioni dei competenti organi internazionali o di intese internazionali cui l'Italia abbia aderito.
3. All'articolo 163, comma 2, lettera e), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e previo nulla osta del questore della provincia in cui l'interessato risiede, che può essere negato o revocato quando ricorrono le circostanze di carattere personale previste per il diniego o la revoca delle autorizzazioni di polizia in materia di armi.».
4. La revoca del nulla osta e' comunicata al comune che ha rilasciato la licenza e comporta il suo immediato ritiro.
5. Dopo l'articolo 2 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, e' inserito il seguente:
Art. 2-bis
1. Chiunque fuori dei casi consentiti da disposizioni di legge o di regolamento addestra taluno o fornisce istruzioni sulla preparazione o sull'uso di materiali esplosivi, di armi da guerra, di aggressivi chimici o di sostanze batteriologiche nocive o pericolose e di altri congegni micidiali e' punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da uno a sei anni.[/box-note]
Il Decreto 15 agosto 2005 ha previsto ulteriori limitazioni all’importazione, commercializzazione, trasporto e impiego di detonatori ad accensione elettrica a bassa e media intensità nonché all’impiego e al trasporto degli altri esplosivi di 2ª e 3ª categoria.
[box-note] Decreto 15 agosto 2005 Speciali limiti all'importazione, commercializzazione, trasporto e impiego di detonatori ad accensione elettrica a bassa e media intensita' nonche' all'impiego e al trasporto degli altri esplosivi di 2ª e 3ª categoria, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155. (GU n. 190 del 17-8-2005)[/box-note]
Ai sensi degli artt. 51 e 52 del T.U.L.P.S. e dell’art. 101 del Regolamento attuativo, anche chi fabbrica o accende fuochi d’artificio deve avere una licenza rilasciata dall’autorità di pubblica sicurezza, previo accertamento di idoneità effettuato dalla Prefettura e su parere della Commissione tecnica di cui all’art. 49 TULPS.
[box-note]RD 6 maggio 1940, n. 635 Regolamento per l'esecuzione del Testo Unico 18 giugno 1931, n. 773 delle Leggi di Pubblica Sicurezza (GU n.149 del 26-6-1940 - SO n. 149) ... Art. 101. Chi chiede la licenza per fabbricare o accendere fuochi d'artificio deve ottenere un certificato di idoneita' rilasciato dal prefetto su conforme parere della commissione tecnica prevista dall'art. 49 del TULPS RD 18 giugno 1931, n. 773, integrata da due ispettori del lavoro, di cui uno laureato in ingegneria o chimica e l'altro in medicina.
L'aspirante deve dimostrare, mediante un esperimento pratico, la conoscenza delle sostanze impiegate nella preparazione dei fuochi artificiali e la tecnica della fabbricazione e dell'accensione dei fuochi.
Tiene luogo del certificato di cui al primo comma di questo articolo il certificato di idoneita' rilasciato da un laboratorio pirotecnico governativo o da un centro militare di esperienze abilitato al rilascio di diplomi di artificieri. Ai componenti della commissione e' corrisposto, a carico dell'Amministrazione dell'interno, il gettone di presenza nella misura stabilita dalle vigenti disposizioni. Gli interessati, all'atto della richiesta intesa ad ottenere la licenza di cui al primo comma, dovranno versare a favore dell'erario, presso la competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato, la somma di L. 3000(2).
(2)Il DPR 12 gennaio 1973, n. 145 (in G.U. 30/04/1973, n.110) ha disposto (con l'articolo unico, comma 1) la modifica dell'art. 101.[/box-note]
3. L'aspirante dever avere superato l'esame di idoneità della Commissione Tecnica Provinciale per le materie esplodenti (esame tecnico ex art. 49 TULPS)
A seguito dell'entrata in vigore del Decreto Legge n. 5/2012, la licenza ha validità di tre anni.
[box-note]RD 18 giugno 1931, n. 773 ... Art. 49. (Art. 48 T. U. 1926). Una commissione tecnica nominata dal prefetto determina le condizioni alle quali debbono soddisfare i locali destinati alla fabbricazione o al deposito di materie esplodenti.
Le spese per il funzionamento della commissione sono a carico di chi domanda la licenza. ... Art. 51. (Art. 50 T. U. 1926). Le licenze per la fabbricazione e per il deposito di esplodenti di qualsiasi specie sono permanenti; quelle per la vendita delle materie stesse hanno validita' di tre anni dalla data del rilascio. Le une e le altre sono valide esclusivamente per i locali in esse indicati. Le licenze di trasporto possono essere permanenti o temporanee. E' consentita la rappresentanza.
Art. 52. (Art. 51 T. U. 1926). Le licenze per l'impianto di opifici nei quali si fabbricano, si lavorano o si custodiscono materie esplodenti di qualsiasi specie, nonche' quelle per il trasporto, per la importazione o per la vendita delle materie stesse non possono essere concedute senza le necessarie garanzie per la vita delle persone e per le proprieta', e sono vincolate all'assicurazione della vita degli operai e dei guardiani. Oltre quanto e' stabilito dall'art. 11, debbono essere negate le predette licenze alle persone che nel quinquennio precedente abbiano riportato condanna per delitto contro l'ordine pubblico, o la incolumita' pubblica, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione o per omicidio, anche se colposo. Le licenze stesse non possono essere concedute a coloro che non dimostrino la propria capacita' tecnica.[/box-note]
Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136 (G.U. 28 settembre 2011, n. 226)
Art. 67 Effetti delle misure di prevenzione
1. Le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II non possono ottenere: a) licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio; b) concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonche' concessioni di beni demaniali allorche' siano richieste per l'esercizio di attivita' imprenditoriali; c) concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici; d) iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nei registri della camera di commercio per l'esercizio del commercio all'ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all'ingrosso; e) attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici; f) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attivita' imprenditoriali, comunque denominati; g) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunita' europee, per lo svolgimento di attivita' imprenditoriali; h) licenze per detenzione e porto d'armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti.
2. Il provvedimento definitivo di applicazione della misura di prevenzione determina la decadenza di diritto dalle licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni ed erogazioni di cui al comma 1, nonche' il divieto di concludere contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cottimo fiduciario e relativi subappalti e subcontratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera. Le licenze, le autorizzazioni e le concessioni sono ritirate e le iscrizioni sono cancellate ed e' disposta la decadenza delle attestazioni a cura degli organi competenti.
3. Nel corso del procedimento di prevenzione, il tribunale, se sussistono motivi di particolare gravita', puo' disporre in via provvisoria i divieti di cui ai commi 1 e 2 e sospendere l'efficacia delle iscrizioni, delle erogazioni e degli altri provvedimenti ed atti di cui ai medesimi commi. Il provvedimento del tribunale puo' essere in qualunque momento revocato dal giudice procedente e perde efficacia se non e' confermato con il decreto che applica la misura di prevenzione.
4. Il tribunale, salvo quanto previsto all'articolo 68, dispone che i divieti e le decadenze previsti dai commi 1 e 2 operino anche nei confronti di chiunque conviva con la persona sottoposta alla misura di prevenzione nonche' nei confronti di imprese, associazioni, societa' e consorzi di cui la persona sottoposta a misura di prevenzione sia amministratore o determini in qualsiasi modo scelte e indirizzi. In tal caso i divieti sono efficaci per un periodo di cinque anni.
5. Per le licenze ed autorizzazioni di polizia, ad eccezione di quelle relative alle armi, munizioni ed esplosivi, e per gli altri provvedimenti di cui al comma 1 le decadenze e i divieti previsti dal presente articolo possono essere esclusi dal giudice nel caso in cui per effetto degli stessi verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all'interessato e alla famiglia.
6. Salvo che si tratti di provvedimenti di rinnovo, attuativi o comunque conseguenti a provvedimenti gia' disposti, ovvero di contratti derivati da altri gia' stipulati dalla pubblica amministrazione, le licenze, le autorizzazioni, le concessioni, le erogazioni, le abilitazioni e le iscrizioni indicate nel comma 1 non possono essere rilasciate o consentite e la conclusione dei contratti o subcontratti indicati nel comma 2 non puo' essere consentita a favore di persone nei cui confronti e' in corso il procedimento di prevenzione senza che sia data preventiva comunicazione al giudice competente, il quale puo' disporre, ricorrendone i presupposti, i divieti e le sospensioni previsti a norma del comma 3. A tal fine, i relativi procedimenti amministrativi restano sospesi fino a quando il giudice non provvede e, comunque, per un periodo non superiore a venti giorni dalla data in cui la pubblica amministrazione ha proceduto alla comunicazione.
7. Dal termine stabilito per la presentazione delle liste e dei candidati e fino alla chiusura delle operazioni di voto, alle persone sottoposte, in forza di provvedimenti definitivi, alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e' fatto divieto di svolgere le attivita' di propaganda elettorale previste dalla legge 4 aprile 1956, n. 212, in favore o in pregiudizio di candidati partecipanti a qualsiasi tipo di competizione elettorale. 8. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 4 si applicano anche nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorche' non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.[/box-note]
[box-note]Legge 18 aprile 1975, n. 110 Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi. (GU n.105 del 21-4-1975)[/box-note]
[box-note]Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59. (GU n.92 del 21-4-1998 - Suppl. Ordinario n. 77) ... Art. 163. Trasferimenti agli enti locali ... e) il rilascio della licenza per l'esercizio del mestiere di fochino, previo accertamento della capacita' tecnica dell'interessato da parte della Commissione tecnica provinciale per gli esplosivi, di cui all'articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302 e previo nulla osta del questore della provincia in cui l'interessato risiede, che puo' essere negato o revocato quando ricorrono le circostanze di carattere personale previste per il diniego o la revoca delle autorizzazioni di polizia in materia di armi.(3)
(3) Decreto Legge 27 luglio 2005, n. 144 (in G.U. 27/07/2005, n.173, convertito con modificazioni dalla L. 31 luglio 2005, n. 155 (in G.U. 1/8/2005, n. 177) ha disposto (con l'art. 8, commi 3 e 4) la modifica dell'art. 163, comma 2, lettera e).[/box-note]
ID 476 | Rev. 3.0 del 03.05.2021 / In allegato modello documento di valutazione
[box-info]Attenzione!
Disponibile al download la Rev. 3.0 con esempio pratico applicativo.[/box-info]
La valutazione del rischio elettrico per i lavoratori è basata sull’individuazione del rischio residuo e sulla sua ulteriore riduzione mediante l’applicazione di misure idonee. Non può, pertanto, risolversi in una semplice valutazione della conformità degli impianti elettrici alla normativa tecnica applicabile, piuttosto, la rispondenza degli impianti elettrici ai requisiti di legge deve essere considerata un prerequisito per la valutazione del rischio.
[box-info]Il modello allegato è stato elaborato sulla base dei seguenti riferimenti normativi:
- aggiornato Modello con esempio applicativo.[/panel]
Il modello risulta essere così strutturato:
[panel]Indice
0 Premessa. 1. Riferimenti normativi 2. Dati azienda 2.1 Attività aziendale 3. Figure sicurezza 4. Descrizione mansioni 5. Definizione aree omogenee rischio elettrico 6. Metodo per la stima del rischio 7. Check-List verifica preliminare conformità impianti elettrici 8. Schede di valutazione del rischio 8.1 Scheda di valutazione del rischio / Esempio 9. Conclusioni[/panel]
Estratto
0. Premessa
Il documento illustra, una modalità di Valutazione del rischio elettrico sul luogo di lavoro. In particolare, è espressa una Check list su quanto riportato dalle norme di legge (valutazione preliminare)(1).
Per il tipo di rischio, la Valutazione dovrà essere integrata da quanto riportato nelle norme tecniche CEI applicabili (cap. 8), in forma puntuale ed eventualmente matriciale sul rischio residuo (2):
Fig. 1 – Struttura Valutazione del rischio elettrico luogo di lavoro
[box-warning]Struttura Valutazione del rischio elettrico luogo di lavoro
La valutazione del rischio elettrico per i lavoratori è basata sull’individuazione del rischio residuo e sulla sua ulteriore riduzione mediante l’applicazione di misure idonee.
Non può, pertanto, risolversi in una semplice valutazione della conformità degli impianti elettrici alla normativa tecnica applicabile, piuttosto, la rispondenza degli impianti elettrici ai requisiti di legge deve essere considerata un prerequisito per la valutazione del rischio.
Eventuali non conformità sulla Valutazione preliminare check list sono trattate in apposita Scheda di Valutazione sulla norma tecnica.
Indicazioni sul rischio residuo possono essere riportate sul Piano di miglioramento (vedi Esempio 8.1).[/box-warning]
Si riportano le definizioni della CEI 11-27 (relativa ad impianti elettrici, ma espandibile a macchine, apparecchiature, ecc):
[box-note]CEI 11-27
3.1.4 Pericolo elettrico
Fonte di possibile infortunio in presenza di energia elettrica in un impianto elettrico.
3.1.5 Rischio elettrico
Rischio di infortunio dovuto a un impianto elettrico.
3.1.6 Infortunio elettrico
Morte o lesione a persone causate da shock elettrico, da ustione elettrica, da arco elettrico, o da incendio o esplosione originati da energia elettrica a seguito di qualsiasi operazione di esercizio o di lavoro su un impianto elettrico.[/box-note]
Ruolo fondamentale per la Valutazione del rischio elettrico rivestono le norme tecniche CEI, infatti, si riporta la Legge 1° marzo 1968 n. 186 sulla regola dell’arte (Fig. 2) (ambito popolazione e lavoratori / tutto)
Disposizioni concernenti la produzione di materiali, apparecchiature, macchinari, installazioni e impianti elettrici ed elettronici.
(GU n.77 del 23-03-1968) ______
Art. 1
Tutti i materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere realizzati e costruiti a regola d’arte.
Art. 2
I materiali, le apparecchiature, i macchinari, le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici realizzati secondo le norme del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) si considerano costruiti a regola d’arte. La presente legge, munita dei sigilli dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana.
È fatto d’obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addì 1° marzo 1968[/box-note]
Schematicamente:
Fig. 2 – Schema regola dell’arte (ambito popolazione e lavoratori – tutto)
L’art. 80, D.Lgs. 81/08, modificato dal D.Lgs. n. 106/2009, ha introdotto l’esplicito obbligo a carico del Datore di Lavoro di effettuare la valutazione del rischio elettrico al quale sono esposti i lavoratori.
Il D.Lgs. 81/08 ha portato in primo piano la problematica dei rischi connessi con gli impianti elettrici rilevando, di fatto, che non è sufficiente garantire la “conformità” degli stessi alla regola tecnica, ma è necessario un approfondimento ulteriore per l’individuazione e la corretta applicazione di tutte le misure di sicurezza necessarie a controllare i rischi residui presenti in impianti e in apparecchiature “a norma”.
1. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché i lavoratori siano salvaguardati da tutti i rischi di natura elettrica connessi all’impiego dei materiali, delle apparecchiature e degli impianti elettrici messi a loro disposizione ed, in particolare, da quelli derivanti da:
a) contatti elettrici diretti; b) contatti elettrici indiretti; c) innesco e propagazione di incendi e di ustioni dovuti a sovratemperature pericolose, archi elettrici e radiazioni; d) innesco di esplosioni; e) fulminazione diretta ed indiretta; f) sovratensioni; g) altre condizioni di guasto ragionevolmente prevedibili.
2. A tale fine il datore di lavoro esegue una valutazione dei rischi di cui al precedente comma 1, tenendo in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro, ivi comprese eventuali interferenze; b) i rischi presenti nell’ambiente di lavoro; c) tutte le condizioni di esercizio prevedibili.
3. A seguito della valutazione del rischio elettrico il datore di lavoro adotta le misure tecniche ed organizzative necessarie ad eliminare o ridurre al minimo i rischi presenti, ad individuare i dispositivi di protezione collettivi ed individuali necessari alla conduzione in sicurezza del lavoro ed a predisporre le procedure di uso e manutenzione atte a garantire nel tempo la permanenza del livello di sicurezza raggiunto con l’adozione delle misure di cui al comma 1.
3-bis. Il datore di lavoro prende, altresì, le misure necessarie affinché le procedure di uso e manutenzione di cui al comma 3 siano predisposte ed attuate tenendo conto delle disposizioni legislative vigenti, delle indicazioni contenute nei manuali d’uso e manutenzione delle apparecchiature ricadenti nelle direttive specifiche di prodotto e di quelle indicate nelle pertinenti norme tecniche.[/panel]
[...]
5. Definizione aree omogenee rischio elettrico
Ai fini della valutazione le aree aziendali sono state divise per aree omogenee per il rischio elettrico:
È necessario sottolineare che le aree omogenee di rischio elettrico così classificate sono caratterizzate non solo dalle proprie caratteristiche costruttive e architettoniche, ma anche dalle attività lavorative svolte o che verranno svolte al loro interno, pertanto, come previsto dall’art. 29, D.Lgs. 81/08, a ogni modifica organizzativa o del ciclo produttivo sarà necessaria una rivalutazione del rischio finalizzata a identificare la corretta classificazione del luogo dal punto di vista elettrico e l’effettiva conformità degli impianti in relazione all’ambiente di installazione.
6. Matrice per la stima del rischio elettrico
Per la Valutazione del rischio elettrico (sul rischio residuo) è possibile adottare una matrice di stima del rischio, ad esempio:
Rischio molto Basso (RMB) = accettabile, nessuna misura necessaria per la riduzione del rischio Rischio basso (RB) = accettabile, nessuna misura necessaria per la riduzione del rischio Rischio medio (RM) = accettabile, verifica implementazione ulteriori misure per la riduzione del rischio Rischio alto (RA) = non accettabile, necessarie misure per la riduzione del rischio Rischio molto alto (RMA) = non accettabile, necessarie misure urgenti per la riduzione del rischio
Fig. 3 - Matrice per la stima del rischio residuo (matrice da BS 18004)*
(*) Norma ritirata senza sostituzione, matrice utilizzabile.
[...]
[...]
8. Schede di valutazione del rischio elettrico
Per la Valutazione del rischio elettrico sul rispetto delle norme CEI non è possibile adottare una matrice di stima del rischio in quanto la Valutazione dovrà rispondere a Presenza o meno (SI/NO), possibile una stima matriciale solo sul rischio residuo:
(da integrare secondo quanto riportato dalle norme tecniche CEI pertinenti)
(1) Rischio residuo finale dopo l’attuazione delle misure (2) (3) (4) Indicazione livello di rischio residuo ed ulteriori misure aggiuntive (in verde). Possono, altresì, essere inserite nel Piano di miglioramento.
Covid-19: le norme e misure per le imprese / Settembre 2022
ID 17507 | 03.09.2022 / Documento in allegato
Le principali norme Covid-19 da rispettare per la ripresa delle attività produttive dal 1° Settembre 2022. Si ricorda che il periodo emergenziale è terminato il 31 marzo 2022.
Art. 29-bis. Obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19
1. Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all'obbligo di cui all'articolo 2087 del codice civile mediante l'applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all'articolo 1, comma 14, del Decreto-legge 16 maggio 2020 n. 33, nonche' mediante l'adozione e il mantenimento delle misure ivi previste.
Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale.[/box-note]
Art. 1 Misure di contenimento della diffusione del COVID-19
14. Le attivita' economiche, produttive e sociali devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idone a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali. In assenza di quelli regionali trovano applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale. Le misure limitative delle attivita' economiche, produttive e sociali possono essere adottate, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalita', con provvedimenti emanati ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020 o del comma 16.
15. Il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli o delle linee guida, regionali, o, in assenza, nazionali, di cui al comma 14 che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell'attivita' fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.
16. Per garantire lo svolgimento in condizioni di sicurezza delle attivita' economiche, produttive e sociali, le regioni monitorano con cadenza giornaliera l'andamento della situazione epidemiologica nei propri territori e, in relazione a tale andamento, le condizioni di adeguatezza del sistema sanitario regionale. I dati del monitoraggio sono comunicati giornalmente dalle regioni al Ministero della salute, all'Istituto superiore di sanita' e al comitato tecnico-scientifico di cui all'ordinanza del Capo del dipartimento della protezione civile del 3 febbraio 2020, n.630,e successive modificazioni.
In relazione all'andamento della situazione epidemiologica sul territorio, accertato secondo i criteri stabiliti con decreto del Ministro della salute 30 aprile 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 2 maggio 2020, da modificarsi previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020, la Regione, informando contestualmente il Ministro della salute, puo' introdurre misure derogatorie restrittive rispetto a quelle disposte ai sensi del medesimo articolo 2, ovvero, nei soli casi e nel rispetto dei criteri previsti dai citati decreti e d'intesa con il Ministro della salute, anche ampliative.[/box-note]
[box-warning]Nota 1
Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all'obbligo di cui all'articolo 2087 del codice civile mediante l'applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro.[/box-warning]
[box-warning]Nota 2
Le attivita' economiche, produttive e sociali devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idone a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali.[/box-warning]
Proroga al 30 settembre 2022 dell’obbligo dell’uso delle mascherine Ffp2 sui mezzi pubblici di trasporto esclusi gli aerei, nelle Rsa e nelle strutture sanitarie.
Il datore di lavoro, attraverso le modalità più idonee ed efficaci, informa tutti i lavoratori e chiunque entri nel luogo di lavoro del rischio di contagio da Covid-19 e di una serie di misure precauzionali da adottare, fra le quali:
- la consapevolezza e l’accettazione del fatto di non poter fare ingresso o di poter permanere in azienda e di doverlo dichiarare tempestivamente laddove, anche successivamente all’ingresso, sussistano i sintomi del Covid-19 (in particolare i sintomi di influenza, di alterazione della temperatura);
- l’impegno a rispettare tutte le disposizioni delle Autorità sanitarie e del datore di lavoro nel fare accesso in azienda;
- l’impegno a informare tempestivamente e responsabilmente il datore di lavoro della presenza di qualsiasi sintomo influenzale durante l’espletamento della prestazione lavorativa, avendo cura di rimanere ad adeguata distanza dalle persone presenti.
Il datore di lavoro fornisce un’informazione adeguata sulla base delle mansioni e dei contesti lavorativi, con particolare riferimento al complesso delle misure adottate cui il personale deve attenersi in particolare sul corretto utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) per contribuire a prevenire ogni possibile forma di diffusione del contagio.
Modalità di ingresso nei luoghi di lavoro
Il personale, prima dell’accesso al luogo di lavoro potrà essere sottoposto al controllo della temperatura corporea. Se tale temperatura risulterà superiore a 37,5°C, non sarà consentito l’accesso ai luoghi di lavoro. Le persone in tale condizione - nel rispetto delle indicazioni riportate in nota - saranno momentaneamente isolate e fornite di mascherina FFP2 ove non ne fossero già dotate, non dovranno recarsi al Pronto Soccorso e/o nelle infermerie di sede, ma dovranno contattare nel più breve tempo possibile il proprio medico curante e seguire le sue indicazioni.
Qualora, l’autorità sanitaria competente disponga misure aggiuntive specifiche, il datore di lavoro fornirà la massima collaborazione, anche attraverso il medico competente, ove presente.
In caso di lavoratori dipendenti da aziende terze che operano nello stesso sito produttivo (es. manutentori, fornitori, addetti alle pulizie o Vigilanza, etc.) che risultassero positivi al tampone COVID-19, l’appaltatore dovrà informare immediatamente il committente, per il tramite del medico competente laddove presente.
L’azienda committente è tenuta a dare, all’impresa appaltatrice, completa informativa dei contenuti del Protocollo aziendale e deve vigilare affinché i lavoratori della stessa o delle aziende terze che operano a qualunque titolo nel perimetro aziendale, ne rispettino integralmente le disposizioni.
Pulizia e sanificazione in azienda, ricambio dell’aria
Nel caso di presenza di una persona con COVID-19 all’interno dei locali aziendali, si procede alla pulizia e sanificazione dei medesimi, secondo le disposizioni della circolare del Ministero della salute n. 5443 del 22 febbraio 2020 nonché alla loro ventilazione.
Occorre garantire la pulizia, a fine turno, e la sanificazione periodica di tastiere, schermi touch e mouse con adeguati detergenti, sia negli uffici che nei reparti produttivi, anche con riferimento alle attrezzature di lavoro di uso promiscuo.
In tutti gli ambienti di lavoro vengono adottate misure che consentono il costante ricambio dell’aria, anche attraverso sistemi di ventilazione meccanica controllata.
Precauzioni igieniche personali
È obbligatorio che le persone presenti nel luogo di lavoro adottino tutte le precauzioni igieniche, in particolare per le mani.
Il datore di lavoro mette a disposizione idonei e sufficienti mezzi detergenti e disinfettanti per le mani, accessibili a tutti i lavoratori anche grazie a specifici dispenser collocati in punti facilmente accessibili.
È raccomandata la frequente pulizia delle mani, con acqua e sapone.
Dispositivi di protezione delle vie respiratorie
Fermi gli obblighi previsti dall’art. 10-quater del decreto legge 22 aprile 2021 n. 52 convertito con modificazioni dalla legge 17 giugno 2021 n. 87, come modificato dall’art. 11, comma 1, del decreto-legge 16 giugno 2022, n. 68, l’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo facciali filtranti FFP2, anche se attualmente obbligatorio solo in alcuni settori (quali, ad esempio, trasporti, sanità), rimane un presidio importante per la tutela della salute dei lavoratori ai fini della prevenzione del contagio nei contesti di lavoro in ambienti chiusi e condivisi da più lavoratori o aperti al pubblico o dove comunque non sia possibile il distanziamento interpersonale di un metro per le specificità delle attività lavorative. A tal fine, il datore di lavoro assicura la disponibilità di FFP2 al fine di consentirne a tutti i lavoratori l’utilizzo.
Inoltre, il datore di lavoro, su specifica indicazione del medico competente o del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, sulla base delle specifiche mansioni e dei contesti lavorativi sopra richiamati, individua particolari gruppi di lavoratori ai quali fornire adeguati dispositivi di protezione individuali (FFP2), che dovranno essere indossati, avendo particolare attenzione ai soggetti fragili. Analoghe misure sono individuate anche nell’ipotesi in cui sia necessario gestire un focolaio infettivo in azienda.
Gestione degli spazi comuni (mensa, spogliatoi, aree fumatori, distributori di bevande e/o snack)
L’accesso agli spazi comuni, comprese le mense aziendali, le aree fumatori e gli spogliatoi è contingentato, con la previsione di una ventilazione continua dei locali e di un tempo ridotto di sosta all’interno di tali spazi.
Occorre provvedere all’organizzazione degli spazi e alla sanificazione degli spogliatoi, per lasciare nella disponibilità dei lavoratori luoghi per il deposito degli indumenti da lavoro e garantire loro idonee condizioni igieniche sanitarie.
Occorre garantire la sanificazione periodica e la pulizia giornaliera, con appositi detergenti, dei locali delle mense, delle tastiere dei distributori di bevande e snack.
Gestione entrata e uscita dei dipendenti
Si favoriscono orari di ingresso/uscita scaglionati in modo da evitare assembramenti nelle zone comuni (ingressi, spogliatoi, sale mensa).
Laddove possibile, occorre dedicare una porta di entrata e una porta di uscita da questi locali e garantire la presenza di detergenti segnalati da apposite indicazioni.
Gestione di una persona sintomatica in azienda
Fermo quanto previsto dall’art. 4 del decreto legge 24 marzo 2022 n. 24 convertito in legge 19 maggio 2022 n. 52, nel caso in cui una persona presente nel luogo di lavoro sviluppi febbre (temperatura corporea superiore a 37,5° C) e sintomi di infezione respiratoria o simil- influenzali quali la tosse, lo deve dichiarare immediatamente al datore di lavoro o all’ufficio del personale e si dovrà procedere al suo isolamento in base alle disposizioni dell’autorità sanitaria.
La persona sintomatica deve essere subito dotata - ove già non lo fosse - di mascherina FFP2.
Sorveglianza Sanitaria/Medico Competente/RLS
È necessario, pur nel rispetto delle misure igieniche raccomandate dal Ministero della salute e secondo quanto previsto dall’OMS, che la sorveglianza sanitaria sia volta al completo ripristino delle visite mediche previste, previa documentata valutazione del medico competente che tiene conto dell’andamento epidemiologico nel territorio di riferimento.
La sorveglianza sanitaria oltre ad intercettare possibili casi e sintomi sospetti del contagio, rappresenta un’occasione sia di informazione e formazione che il medico competente può fornire ai lavoratori in particolare relativamente alle misure di prevenzione e protezione, ivi compresa la disponibilità di specifica profilassi vaccinale anti SARS-CoV-2/Covid-19 e sul corretto utilizzo dei DPI nei casi previsti.
Il medico competente collabora con il datore di lavoro, il RSPP e le RLS/RLST nell’identificazione ed attuazione delle misure volte al contenimento del rischio di contagio da virus SARS-CoV-2/COVID-19.
Il medico competente, ove presente, attua la sorveglianza sanitaria eccezionale ai sensi dell’articolo 83 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, la cui disciplina è attualmente prorogata fino al 31 luglio 2022 ai sensi dell’art. 10 del decreto legge 22 aprile 2021 n. 52 convertito con modificazioni dalla legge 17 giugno 2021 n. 87, ai fini della tutela dei lavoratori fragili secondo le definizioni e modalità di cui alla circolare congiunta del Ministero della salute e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 4 settembre 2020, nel rispetto della riservatezza. A tale citata circolare si rimanda relativamente alla modalità di attuazione della sorveglianza sanitaria eccezionale nei casi in cui non sia nominato il medico competente.
La riammissione al lavoro dopo infezione da virus SARS-CoV-2/COVID-19 avverrà in osservanza delle indicazioni del precedente punto 2. Per il reintegro progressivo dei lavoratori già risultati positivi al tampone con ricovero ospedaliero, il MC effettuerà la visita medica prevista dall’articolo 41, comma 2, lett. e-ter del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni (visita medica precedente alla ripresa del lavoro a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi), al fine di verificare l’idoneità alla mansione - anche per valutare profili specifici di rischiosità - indipendentemente dalla durata dell’assenza per malattia.
Lavoro agile
Pur nel mutato contesto e preso atto del venir meno dell’emergenza pandemica, si ritiene che il lavoro agile rappresenti, anche nella situazione attuale, uno strumento utile per contrastare la diffusione del contagio da Covid-19, soprattutto con riferimento ai lavoratori fragili, maggiormente esposti ai rischi derivanti dalla malattia.
Con il 31 agosto è terminata la fase dello smart working emergenziale, ovvero la possibilità di ricorrere al lavoro agile senza l’accordo individuale previsto dall’art. 19 e 21 della l. n. 81/2017 e con la sola comunicazione semplificata da effettuare al Ministero del Lavoro.
A decorrere dal 1° settembre, la possibilità di ricorrere alla modalità organizzativa del lavoro agile sarà possibile solo in presenza dell’accordo individuale a cui dovrà seguire, entro il 1° novembre prossimo, la comunicazione telematica da effettuarsi secondo quanto previsto dal decreto del Ministero del Lavoro n. 149 dello scorso 26 agosto 2022.
Lavoratori fragili
Il datore di lavoro stabilisce, sentito il medico competente, specifiche misure prevenzionali e organizzative per i lavoratori fragili.
Per i lavoratori fragili il 30 giugno 2022 è scaduto il diritto, in caso di mansioni non compatibili con il lavoro agile, di equiparare il periodo di assenza dal lavoro al ricovero ospedaliero. Per i genitori di figli under 14 è invece scaduto il 31 luglio 2022 il diritto allo smart working a fronte di mansioni che possono essere svolte in modalità agile e a condizione che l'altro genitore lavori e non sia beneficiario di strumenti di sostegno al reddito.
Dal 1° settembre 2022 ritorno al lavoro in presenza a meno di firma di accordi con l’azienda per mantenere almeno una parte di lavoro agile.
A data articolo nessuna proroga per i lavoratori fragili e per i genitori di figli con meno di 14 anni.[/panel]
Scuola
Le misure di prevenzione di base per la ripresa scolastica sono:
- Permanenza a scuola consentita solo in assenza di sintomi febbrili e solo in assenza di test diagnostico per la ricerca di SARS-CoV-2 positivo; - Igiene delle mani ed “etichetta respiratoria” (con quest’ultimo termine si intendono in letteratura i corretti comportamenti da mettere in atto per tenere sotto controllo il rischio di trasmissione di microrganismi da persona a persona, quali ad esempio proteggere la bocca e il naso durante starnuti o colpi di tosse utilizzando fazzoletti di carta, ecc.); - Utilizzo di dispositivi di protezione respiratoria (FFP2) per personale scolastico e alunni che sono a rischio di sviluppare forme severe di COVID-19; - Sanificazione ordinaria (periodica) e straordinaria in presenza di uno o più casi confermati, secondo le indicazioni del Rapporto ISS COVID-19 n. 12/2021, “Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19: ambienti/superfici. Aggiornamento del Rapporto ISS COVID-19 n. 25/2020 (Rapporto ISS COVID-19 n. 19/2021 del 20 maggio 2021); - Strumenti per gestione casi sospetti/confermati e contatti; - Ricambi d’aria frequenti.
La gestione del Rischio Covid-19 lavoro dopo la cessazione dello stato di emergenza / dal 1° settembre 2022
ID 16272 | Rev. 1.0 del 03.09.2022 / Documento completo allegato
Il Documento timeline sintetizza norme e procedure per la gestione del rischio Covid-19 sui luoghi di lavoro:
- Nella Rev. 1.0 del 03 Settembre 2022 (Misure al 1° Settembre 2022) - Nella Rev. 0.0 del 30 Marzo 2022 (Misure al 1° Aprile 2022) __________
Rev. 1.0 del 03.09.2022
Cosa fare in azienda per il rischio Covid-19 dal 1° Settembre 2022:il Documento sintetizza le norme e le procedure per la gestione del rischio Covid-19 dal 1° Settembre 2022.
Premessa
Sintesi delle norme Covid-19 generali e specifiche per: - Trasporto pubblico - Attività lavorative - Scuola
Proroga al 30 settembre 2022 dell’obbligo dell’uso delle mascherine Ffp2 sui mezzi pubblici di trasporto esclusi gli aerei, nelle Rsa e nelle strutture sanitarie. ...
Vedi Documento specifico Settembre 2022
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Rev. 0.0 del 30.03.2022
Cosa fare in azienda per il rischio Covid-19 dal 1° Aprile: il Documento sintetizza le norme e le procedure per la gestione del rischio Covid-19 lavoro dopo la cessazione dello stato di emergenza il 31 marzo 2022.
Premessa
- Il 31 Marzo 2022 cessa lo stato emergenza Covid-19; - Dal 1° Aprile 2022 cessano gli effetti del DPCM 02 marzo 2021 (DPCM protocolli); - Dal 1° Aprile 2022 è necessario solo il green pass base per accedere ai luoghi di lavoro; - Dal 1° aprile 2022 è abolito il sistema della classificazione regionale a colori; - Dal 1° Maggio 2022 non sarà più necessario il green pass per accedere ai luoghi di lavoro.
DPCM 2 Marzo 2021 valido fino 6 Aprile 2021, le cui misure sono state prorogate: - dal 7 al 30 Aprile 2021 dal DL 1 Aprile 2021 n. 44 (GU n.79 del 01.04.2021) ed ulteriormente prorogate - dal 1° Maggio al 31 Luglio 2021 dal DL 22 Aprile 2021 n. 52 (GU n.96 del 22.04.2021) - dal 1° Agosto al 31 Dicembre 2021 dal DL 23 luglio 2021 n. 105 (GU n.175 del 23.07.2021) - dal 1° Gennaio al 31 Marzo 2022 dal DL 24 Dicembre 2021 n. 221 (GU n.305 del 24.12.2021) (Art. 18).[/box-note]
Accesso al luogo di lavoro dopo il 31 marzo 2022 (vedi Fig. 1)
Dal 1° aprile sarà possibile per tutti, compresi gli over 50, accedere ai luoghi di lavoro con il Green Pass Base per il quale dal 1° maggio verrà eliminato l’obbligo.
Fino al 31 dicembre 2022 resta l’obbligo vaccinale con la sospensione dal lavoro per gli esercenti le professioni sanitarie e i lavoratori negli ospedali e nelle RSA; fino alla stessa data rimane il green pass per visitatori in RSA, hospice e reparti di degenza degli ospedali. ________
Fig. 1 Accesso al luogo di lavoro – timeline (escluso RSA / Ospedali)
Art. 29-bis. Obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19
1. Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all'obbligo di cui all'articolo 2087 del codice civile mediante l'applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all'articolo 1, comma 14, del Decreto-legge 16 maggio 2020 n. 33, nonche' mediante l'adozione e il mantenimento delle misure ivi previste.
Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale.[/box-note]
Art. 1 Misure di contenimento della diffusione del COVID-19
14. Le attivita' economiche, produttive e sociali devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idone a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali. In assenza di quelli regionali trovano applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale. Le misure limitative delle attivita' economiche, produttive e sociali possono essere adottate, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalita', con provvedimenti emanati ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020 o del comma 16.
15. Il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli o delle linee guida, regionali, o, in assenza, nazionali, di cui al comma 14 che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell'attivita' fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.
16. Per garantire lo svolgimento in condizioni di sicurezza delle attivita' economiche, produttive e sociali, le regioni monitorano con cadenza giornaliera l'andamento della situazione epidemiologica nei propri territori e, in relazione a tale andamento, le condizioni di adeguatezza del sistema sanitario regionale. I dati del monitoraggio sono comunicati giornalmente dalle regioni al Ministero della salute, all'Istituto superiore di sanita' e al comitato tecnico-scientifico di cui all'ordinanza del Capo del dipartimento della protezione civile del 3 febbraio 2020, n.630,e successive modificazioni.
In relazione all'andamento della situazione epidemiologica sul territorio, accertato secondo i criteri stabiliti con decreto del Ministro della salute 30 aprile 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 2 maggio 2020, da modificarsi previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020, la Regione, informando contestualmente il Ministro della salute, puo' introdurre misure derogatorie restrittive rispetto a quelle disposte ai sensi del medesimo articolo 2, ovvero, nei soli casi e nel rispetto dei criteri previsti dai citati decreti e d'intesa con il Ministro della salute, anche ampliative.[/box-note]
[box-warning]Nota 1
Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all'obbligo di cui all'articolo 2087 del codice civile mediante l'applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro.[/box-warning]
[box-warning]Nota 2
Le attivita' economiche, produttive e sociali devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idone a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali.[/box-warning]
1. Il Protocollo sicurezza condiviso misure Covid-19 negli ambienti di lavoro
Il Protocollo sicurezza condiviso misure Covid-19 negli ambienti di lavoro, ha avuto questa evoluzione/aggiornamenti
Nell’ottica di un approccio partecipato ed integrato all’attuazione delle procedure individuate, è imprescindibile il coinvolgimento di tutte le figure della prevenzione aziendale, medico competente, RSPP, RLS/RLST, nel coadiuvare il datore di lavoro in un puntuale monitoraggio dell’attuazione attenta e responsabile delle suddette misure, rilevando che solo la partecipazione consapevole ed attiva dei lavoratori potrà esitare in risultati efficaci con importanti ripercussioni positive anche all’esterno del setting lavorativo.
C’è la necessità di adottare una serie di azioni che vanno ad integrare il documento di valutazione dei rischi (DVR) atte a prevenire il rischio di infezione SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro contribuendo, altresì, alla prevenzione della diffusione dell’epidemia. ...
3. Il Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81
Il datore di lavoro ai sensi degli Artt. 17 e 28 del D.Lgs 81/08 è tenuto alla valutazione di "tutti i rischi durante l'attività lavorativa".
a) agente biologico: qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni; b) microrganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico; c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule.
Una valutazione del rischio specifico per COVID-19 è obbligatoria per tutte le fattispecie in cui il rischio legato all’attività sia diverso da quello della popolazione generale.La specifica valutazione per il rischio da agenti biologici (COVID-19) è prevista dal Titolo X.
Nell’ambiente di lavoro, il lavoratore è tenuto ad esempio a contatto con fornitori/clienti, a viaggi di lavoro, a interazione con soggetti potenzialmente infetti ecc. Tali interazioni nell’ambiente di lavoro modificano potenzialmente il livello di rischio COVID-19 nel luogo di lavoro.
Si applica quindi il Titolo X sugli agenti biologici e i disposti generali del titolo I del D.Lgs. 81/08. [/box-note]
[box-warning]Importante
Si fa presente che con Direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020 (GU L 279/54 del 31.10.2019), la:
- Sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus 2 (SARS-CoV-2)
è inserita nell’elenco degli Agenti biologi (Virus) della direttiva 2000/54/CEDirettiva generale agenti biologici lavoro, che è recepita nelD.Lgs. 81/08.[/box-warning]
General guidelines for safe working during covid-19 pandemic
Questo documento fornisce linee guida per le organizzazioni su come gestire i rischi derivanti da COVID-19 per proteggere la salute, la sicurezza dei lavoratori.
E' applicabile alle organizzazioni di tutte le dimensioni e settori, comprese quelle che:
a) hanno operato durante la pandemia; b) riprendono o prevedono di riprendere le attività a seguito di chiusura totale o parziale; c) stanno rioccupando luoghi di lavoro che sono stati completamente o parzialmente chiusi; d) sono nuovi e prevedono di operare per la prima volta. ...
5. Come gestire il rischio (SARS-CoV-2) in azienda dal 1° Aprile 2022
In tutte le attività lavorative e non gli obblighi di Valutazione dei rischi (tra cui SARS-CoV-2) sono previsti dall’Art. 28 del D.Lgs. 81/2008.
Il Processo di Valutazione dei Rischi COVID-19 lavoro può essere così schematizzato:
Fig. 2 - Schema VR rischio Covid-19 lavoro
(*) Scegliere il metodo adeguato - L'EU OSHSA ha precisato nel Documento COVID-19 EU-OHCA guidance for the workplace, che “le misure contro il COVID-9 dovrebbero essere incluse nella valutazione del rischio sul luogo di lavoro che copre tutti i rischi, compresi quelli causati da agenti biologici, come stabilito dalla legislazione nazionale e dell'UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro”. - L'OSHA US nella Guidance on Preparing Workplaces for COVID-19, ha strutturato una stima del rischio a livelli per diversi tipi di attività.
(***) Possono includere altre misure fuori dai protocolli, quali green pass base (obbligo fino al 30 Aprile 2022) vaccinazioni, ecc (misure attuate dopo la VR). ...
Protocolli/ Misure COVID-19: Status / Update Rev. 10.0 del 03 settembre 2022
ID 11501 | Rev. 10.0 del 03.09.2022 / Documenti di lavoro completi allegati ________
Update Rev. 10.0 del 03.09.2022
Status dei Protocolli e delle misure Covid-19 condivisi tra le parti sociali/Linee guida/Misure alla data (il DPCM 02 Marzo 2021 è cessato il 31.03.2022), aggiornati:
Status dei Protocolli e delle misure Covid-19 condivisi tra le parti sociali/Linee guida/Misure inseriti come allegati nei DPCM pubblicati (a partire dalDPCM 26 Aprile 2020- ultimo DPCM pubblicato DPCM 02 Marzo 2021, le cui misure sono state prorogate dal Decreto-Legge 22 Aprile 2021 n. 52).
I Protocolli/Misure e loro modifiche inseriti/e nei DPCM sono stati indicati in 3 stati:
1. Inserito: Inserito nel DPCM come allegato 2. Confermato:Confermato nel DPCM seguente come allegato 3. Sostituito: Sostituito nel DPCM per modifiche/integrazioni seguente come allegato
Allegato 1 Protocollo con la Conferenza Episcopale Italiana circa la ripresa delle celebrazioni con il popolo (DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 2 Protocollo con le Comunità ebraiche italiane ( DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 3 Protocollo con le Chiese Protestanti, Evangeliche, Anglicane ( DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 4 Protocollo con le Comunità ortodosse ( DPCM 18 Ottobre 2020) Allegato 5 Protocollo con le Comunità Induista, Buddista (Unione Buddista e Soka Gakkai), Baha’i e Sikh (DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 6 Protocollo con le Comunità Islamiche (DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 7 Protocollo con la Comunità della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni (DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 8 Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche della famiglia Linee guida per la gestione in sicurezza di opportunità organizzate di socialità e gioco per bambini e adolescenti nella fase 2 dell'emergenza COVID-19 (DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 9 Linee guida per la riapertura delle attività economiche e produttive della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome dell’11 giugno 2020 (DPCM 02 Marzo 2021) Allegato 10 Criteri per Protocolli di settore elaborati dal Comitato tecnico-scientifico in data 15 maggio 2020 (DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 11 Misure per gli esercizi commerciali (DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 12 Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro fra il Governo e le parti sociali (DPCM 02 Marzo 2021) Allegato 13 Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri (DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 14 Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nel settore del trasporto e della logistica (DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 15 Linee guida per l’informazione agli utenti e le modalità organizzative per il contenimento della diffusione del covid-19 in materia di trasporto pubblico (DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 16 Linee guida per il trasporto scolastico dedicato (DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 17 Misure per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 a bordo delle navi da crociera (DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 18 Linee guida concernenti la completa ripresa delle ordinarie attività nelle istituzioni della formazione superiore per l’anno accademico 2020/21 (DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 19 Misure igienico-sanitarie (DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 20 Spostamenti da e per l’estero.(DPCM 14 Gennaio 2021) Allegato 21 Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educati vi dell'infanzia (DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 22 Protocollo per la gestione di casi confermati e sospetti di covid-19 nelle aule universitarie (DPCM 24 Ottobre 2020) Allegato 23 Commercio al dettaglio (Attivita' non sospese) (DPCM 03 novembre 2020) Allegato 24 Servizi per la persona (Attivita' non sospese) (DPCM 03 novembre 2020) Allegato 25 Prevenzione e risposta a COVID- 19 strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno invernale (DPCM 03 novembre 2020) Allegato 26 Spettacoli dal vivo (DPCM 02 Marzo 2021) Allegato 27 Cinema (DPCM 02 Marzo 2021) Allegato 28 Protocollo per raggiungere una nave per l’imbarco, per la libera uscita e per lasciare una nave per il rimpatrio(DPCM 02 Marzo 2021)[/box-note]
Sostanze tossiche per la riproduzione (reprotossiche): inserimento nel TUSSL
ID 16781 | 05.06.2022 / Documento completo allegato
Con la Direttiva (UE) 2022/431 (GU L 88/1 del 16.03.2022), entrata in vigore il 05.04.2022 / da adottare entro il 05.04.2024 (modifica al D.Lgs. 81/2008), le sostanze tossiche per la riproduzione (sostanze reprotossiche), sono inserite nella Direttiva agenti cancerogeni lavoro (direttiva 2004/37/CE Protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro).
[box-info]Tossicità per la riproduzione (*)
Il termine «tossicità per la riproduzione» designa gli effetti nocivi sulla funzione sessuale e sulla fertilità degli uomini e delle donne adulti, nonché sullo sviluppo della progenie, che si manifestano dopo l'esposizione a una sostanza o miscela.
a) agente cancerogeno: i) sostanza o miscela che corrisponde ai criteri di classificazione come sostanza cancerogena di categoria 1 A o 1 B di cui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio; ii) sostanza, miscela o procedimento menzionati all’allegato I della presente direttiva, nonché sostanza o miscela liberate nel corso di un processo e menzionate nello stesso allegato;
b) agente mutageno: sostanza o miscela corrispondente ai criteri di classificazione come agente mutageno di cellule germinali di categoria 1 A o 1B di cui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008;
b bis) «sostanza tossica per la riproduzione»: sostanza o miscela che corrisponde ai criteri di classificazione come sostanza tossica per la riproduzione di categoria 1A o 1B di cui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008;
b ter) «sostanza tossica per la riproduzione priva di soglia»: una sostanza tossica per la riproduzione per la quale non esiste un livello di esposizione sicuro per la salute dei lavoratori e che è identificata come tale nella colonna «Osservazioni» dell’allegato III;
b quater) «sostanza tossica per la riproduzione con valore soglia»: una sostanza tossica per la riproduzione per la quale esiste un livello di esposizione sicuro al di sotto del quale non vi sono rischi per la salute dei lavoratori e che è identificata come tale nella colonna «Osservazioni» dell’allegato III;
c) «valore limite»: se non altrimenti specificato, la media ponderata in funzione del tempo del limite di concentrazione di un agente cancerogeno, mutageno o di una sostanza tossica per la riproduzione nell’aria entro la zona di respirazione di un lavoratore in relazione a un periodo di riferimento determinato stabilito all’allegato III;
d) «valore limite biologico»: il limite della concentrazione nell’adeguato mezzo biologico del relativo agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto;
e) «sorveglianza sanitaria»: la valutazione dello stato di salute di un singolo lavoratore in funzione dell’esposizione a specifici agenti cancerogeni, mutageni o sostanze tossiche per la riproduzione durante il lavoro. ... Vedi direttiva 2004/37/CE[/box-note]
Classificazione sostanza reprotossica
Come già avviene per gli agenti cancerogeni e mutageni, le sostanze reprotossiche lavoro corrispondono ai criteri di classificazione delle sostanze reprotossiche di cui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 (CLP).
3.7.1.1. Il termine «tossicità per la riproduzione» designa gli effetti nocivi sulla funzione sessuale e sulla fertilità degli uomini e delle donne adulti, nonché sullo sviluppo della progenie, che si manifestano dopo l'esposizione a una sostanza o miscela.
Le definizioni riportate di seguito riprendono, con adattamenti, quelle che figurano nel documento IPCS/EHC n. 255, Principles for Evaluating Health Risks to Reproduction Associated with Exposure to Chemicals (Principi per la valutazione dei rischi sanitari per la riproduzione associati all'esposizione a sostanze chimiche).
Ai fini della classificazione, gli effetti genetici ereditari osservati nella progenie sono trattati nella sezione 3.5 (Mutagenicità sulle cellule germinali), poiché nell'attuale sistema di classificazione si ritiene più appropriato inserirli nella classe di pericolo della mutagenicità sulle cellule germinali. ...
3.7.2. Criteri di classificazione delle sostanze
3.7.2.1. Classi di pericolo
3.7.2.1.1. Le sostanze classificate per la tossicità per la riproduzione sono suddivise in due categorie. In ciascuna categoria gli effetti sulla funzione sessuale e sulla fertilità e gli effetti sullo sviluppo sono considerati distintamente. Inoltre, gli effetti sull’allattamento costituiscono una categoria di pericolo distinta.
Tabella 3.7.1 (a) Categorie di pericolo per le sostanze tossiche per la riproduzione
Nel nuovo Prodotto 2021 Piano di Safety e Security Manifestazioni pubbliche disponibile i file doc per l'elaborazione del Piano.[/box-warning]
Documento completo Riservato Abbonati in allegato - Raccolta di disposizioni su riunioni, manifestazioni pubbliche, intrattenimento, pubblico spettacolo e Modello linee guida organizzazione e gestione pubblici spettacoli (Ministero dell’Interno)
Raccolta di disposizioni su riunioni, manifestazioni pubbliche, intrattenimento, pubblico spettacolo, ecc. con particolare riferimento a quelle emanate a seguito degli incidenti accaduti in Piazza San Carlo a Torino in occasione della proiezione della finale di Champions League, volte ad assicurare lo svolgimento delle manifestazioni pubbliche in sicurezza per gli aspetti attinenti sia alla “security” sia alla “safety”, anche in relazione al pericolo derivante dalla minaccia terroristica.
Il Decreto 13 agosto 2019 (GU n. 197 del 23.08.2019) stabilisce i requisiti, le modalità di selezione e la formazione del personale incaricato dei servizi di controllo dei titoli di accesso agli impianti sportivi ove si svolgono competizioni calcistiche "steward", di accoglienza e instradamento degli spettatori e di verifica del rispetto del regolamento d’uso degli impianti medesimi e le modalità di collaborazione con le forze dell’ordine. Istituito il libretto professionale personale dello "steward".
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica.
(GU n.186 del 09-08-2019) [/panel]
[panel]Update 28 Giugno 2019
Organizzazione e servizio degli steward negli impianti sportivi
Si forniscono con le presenti indicazioni finalizzate ad uniformare e a supportare i Comandi nella definizione delle misure di sicurezza antincendio per la manifestazione in oggetto, nell'ambito delle commissioni di vigilanza sui locali di pubblico, dei comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica e degli altri eventuali tavoli tecnici attivati in sede locale.
VVF[/panel]
[panel]Update 21 Giugno 2019
Decreto Sicurezza bis
Pubblicato nella GU Serie Generale n.138 del 14-06-2019 il c.d. "Decreto Sicurezza bis" - D.L. 53/2019, recante modifiche alla legge 22 maggio 1975, n. 152 "Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico" ed alla legge 13 dicembre 1989, n. 401 "Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive"
a) all’articolo 5: 1) al secondo comma, la parola «Il» è sostituita dalle seguenti: «Nei casi di cui al primo periodo del comma precedente, il»; 2) dopo il secondo comma è inserito il seguente: «Qualora il fatto è commesso in occasione delle manifestazioni previste dal primo comma, il contravventore è punito con l’arresto da due a tre anni e con l’ammenda da 2.000 a 6.000 euro.»;
b) dopo l’articolo 5 è aggiunto il seguente: «Art. 5 -bis - 1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato e fuori dai casi di cui agli articoli 6 -bis e 6 -ter della legge 13 dicembre 1989, n. 401, chiunque, nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, lancia o utilizza illegittimamente, in modo da creare un concreto pericolo per l’incolumità delle persone o l’integrità delle cose, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile o in grado di nebulizzare gas contenenti principi attivi urticanti, ovvero bastoni, mazze, oggetti contundenti o, comunque, atti a offendere, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.» ...
Art. 13. D.L. 53/2019 Misure per il contrasto di fenomeni di violenza connessi a manifestazioni sportive
1. Alla legge 13 dicembre 1989, n. 401, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 6: 1) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, nei confronti di: a) coloro che risultino denunciati per aver preso parte attiva a episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza; b) coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto, anche all’estero, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l’ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui alla lettera a); c) coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti per alcuno dei reati di cui all’articolo 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, all’articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, all’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, agli articoli 6 -bis , commi 1 e 2, e 6 -ter della presente legge, per il reato di cui all’articolo 2 -bis del decreto legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, o per alcuno dei delitti contro l’ordine pubblico o dei delitti di comune pericolo mediante violenza, di cui al libro secondo, titoli V e VI, capo I, del codice penale o per il delitto di cui all’articolo 588 dello stesso codice, ovvero per alcuno dei delitti di cui all’articolo 380, comma 2, lettere f) e h), del codice di procedura penale, anche se il fatto non è stato commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive; d) ai soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d), del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, anche se la condotta non è stata posta in essere in occasione o a causa di manifestazioni sportive.»; [/panel]
[panel]Update 04 Dicembre 2018
UNI EN 13200-8:2017
Pubblicato il DocumentoUNI EN 13200-X Progettazione Sicurezza eventi pubblici, elaborato sulle norma UNI EN 13200-8:2017 Installazioni per spettatori - Parte 8: Gestione della sicurezza, facente parte della serie UNI EN 13200-X sulla Progettazione sicurezza delle manifestazioni pubbliche.
La norma specifica le caratteristiche generali di gestione della sicurezza nelle installazioni per spettatori. Essa specifica la configurazione e la pianificazione della gestione, il criterio per mantenere questa programmazione prima, durante e dopo ogni evento.[/panel]
[panel]Update 20 Luglio 2018
Manifestazione pubbliche: Linee guida 2018
Manifestazione pubbliche: Linee guida 2018
Direttiva del Capo di Gabinetto del Ministero dell'Interno 18 luglio 2018 - Modelli organizzativi e procedurali per garantire alti livelli di sicurezza in occasione di manifestazioni pubbliche (in allegato)
19/07/2018 - Pubblicata la Direttiva del Capo di Gabinetto del Ministero dell'Interno, Matteo Piantedosi, contenente le nuove Linee guida per l'individuazione delle misure di contenimento del rischio in manifestazioni pubbliche con peculiari condizioni di criticità.
"A distanza di quasi un anno dall'emanazione delle direttive con le quali sono state impartite indicazioni in merito alle misure di safety da adottare in occasione di pubbliche manifestazioni ed eventi di pubblico spettacolo, è emersa la necessità, sulla base del monitoraggio degli esitpani applicativi e dal confronto con gli enti esponenziali delle realtà territoriali, di una rivisitazione e di una reductio ad unum delle precedenti linee di indirizzo. Tanto, allo scopo di consentire l'individuazione di più efficaci strategie operative a salvaguardia dell'incolumità e della sicurezza dei partecipanti, nel rispetto delle tradizioni storico-culturali e del patrimonio economico-sociale delle collettività locali....."
Recentemente, il sindaco di Napoli e delegato dell’Anci alla sicurezza, Luigi de Magistris, aveva sollecitato un tavolo nazionale e un fondo dedicato per permettere ai sindaci di gestire le manifestazioni pubbliche nei Comuni ed "evitare il rischio che non si organizzino eventi per timore di cadere in responsabilità penali. Su questo l'Anci farà squadra e porterà le sue proposte al governo; delle scelte collettivizzate che scongiurino di permettere solo a Comuni ricchi di organizzare eventi. La cultura deve essere democratica e per promuoverla le norme vanno interpretate con il buon senso...".
Linee guida Safety manifestazioni pubbliche Luglio 2018
A distanza di quasi un anno dall'emanazione delle direttive con le quali sono state impartite indicazioni in merito alle misure di Safety da adottare in occasione di pubbliche manifestazioni ed eventi di pubblico spettacolo, è emersa la necessità, sulla base del monitoraggio degli esiti applicativi del confronto con gli enti esponenziali delle realtà territoriali, di una rivisitazione di una reductio ad unum delle precedenti linee di indirizzo.
Le Line guida allegate alla Circolare del 18 luglio 2018 recanti Linea guida per l'individuazione delle misure di contenimento del rischio in manifestazioni pubbliche con peculiari condizioni di criticitità" sostituiscono le linee guida già allegate alla circolare del 28 luglio 2017.
Il Modello linee guida organizzazione e gestione pubblici spettacoli (Ministero dell’Interno 2018) vuole essere uno strumento di ausilio agli organizzatori di pubblici spettacoli per effettuare una prima valutazione sui livelli di rischio della manifestazione (alto, medio, basso), in relazione a ciascuno di essi suggerendo come calibrare, in termini di safety, le misure di mitigazione. Le misure di safety dovranno poi interfacciarsi e coordinarsi con quelle fissate dagli organi di polizia a tutela dell'ordine pubblico, ed è sul loro equilibrio complessivo che si fonda l'efficacia del modello organizzativo in discussione. In tale logica è ben possibile nel singolo caso che specifiche misure di ordine pubblico, anche modulate in loco in relazione al concreto evolversi della manifestazione, possano contribuire a mitigare ulteriormente il livello di rischio residuo.
Per eventi classificabili come manifestazioni pubbliche il Comitato Ordine e Sicurezza Pubblica valuta le misure di safety e security da adottare per l’evento. Tali misure sono definite sulla base delle nuove circolari emanate a seguito dei fatti di Torino. Tale Comitato dovrà essere integrato dalla presenza del Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco per la definizione delle misure di safety.
Manifestazioni pubbliche ed eventi di pubblico spettacolo
Gli eventi di pubblico spettacolo rappresentano un sottoinsieme delle manifestazioni pubbliche per le quali viene posta storicamente una maggiore attenzione per la definizione delle misure di safety e security. Di contro le manifestazioni pubbliche, che non rientrano nella classificazione di eventi di pubblico spettacolo, sono state oggetto di particolare attenzione dopo gli eventi di Torino avvenuti nell'estate 2017.
Per eventi di pubblico spettacolo si applicano le norme del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, pertanto l’autorizzazione dell’evento (per affollamenti al di sopra delle 200 persone) avverrà previa acquisizione del parere della Commissione comunale o provinciale di Pubblico Spettacolo. Il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco partecipa ai lavori della Commissione. Tali attività sono normate dalle regole tecniche di prevenzioni incendi e possono essere altresì soggette al controllo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco sulla base delle soglie definite nel DPR 151/2011.
[panel]Articolo 68 Senza licenza del questore non si possono dare in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, accademie, feste da ballo, corse di cavalli, ne' altri simili spettacoli o trattenimenti, e non si possono aprire o esercitare circoli, scuole di ballo e sale pubbliche di audizione. ((Per eventi fino ad un massimo di 200 partecipanti e che si' svolgono entro le ore 24 del giorno di inizio, la licenza e' sostituita dal(Art. 67 T. U. 1926). Senza licenza del questore non si possono dare in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, accademie, feste da ballo, corse di cavalli, ne' altri simili spettacoli o trattenimenti, e non si possono aprire o esercitare circoli, scuole di ballo e sale pubbliche di audizione. ((Per eventi fino ad un massimo di 200 partecipanti e che si' svolgono entro le ore 24 del giorno di inizio, la licenza e' sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attivita' di cui all'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, presentata allo sportello unico per le attivita' produttive o ufficio analogo.
Articolo 69 Senza licenza dell'autorita' locale di pubblica sicurezza e' vietato dare, anche temporaneamente, per mestiere, pubblici trattenimenti, esporre alla pubblica vista rarita', persone, animali, gabinetti ottici o altri oggetti di curiosita', ovvero dare audizioni all'aperto. Per eventi fino ad un massimo di 200 partecipanti e che si svolgono entro le ore 24 del giorno di inizio, la licenza e' sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attivita' di cui all'articolo 19 della legge n. 241 del 1990, presentata allo sportello unico per le attivita' produttive o ufficio analogo.
Articolo 80 L'autorita' di pubblica sicurezza non puo' concedere la licenza per l'apertura di un teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima di aver fatto verificare da una commissione tecnica la solidita' e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio. Le spese dell'ispezione e quelle per i servizi di prevenzione contro gli incendi sono a carico di chi domanda la licenza.[/panel]
[panel]Articolo 141 Per l'applicazione dell'articolo 80 della legge sono istituite commissioni di vigilanza aventi i seguenti compiti: a) esprimere il parere sui progetti di nuovi teatri e di altri locali o impianti di pubblico spettacolo e trattenimento, o di sostanziali modificazioni a quelli esistenti; b) verificare le condizioni di solidita', di sicurezza e di igiene dei locali stessi o degli impianti ed indicare le misure e le cautele ritenute necessarie sia nell'interesse dell'igiene che della prevenzione degli infortuni; c) accertare la conformita' alle disposizioni vigenti e la visibilita' delle scritte e degli avvisi per il pubblico prescritti per la sicurezza e per l'incolumita' pubblica; d) accertare, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 8 gennaio 1998, n. 3, anche avvalendosi di personale tecnico di altre amministrazioni pubbliche, gli aspetti tecnici di sicurezza e di igiene al fine della iscrizione nell'elenco di cui all'articolo 4 della legge 18 marzo 1968, n. 337; e) controllare con frequenza che vengano osservate le norme e le cautele imposte e che i meccanismi di sicurezza funzionino regolarmente, suggerendo all'autorita' competente gli eventuali provvedimenti. Per i locali e gli impianti con capienza complessiva pari o inferiore a 200 persone il parere, le verifiche e gli accertamenti di cui al primo comma sono sostituiti, ferme restando le disposizioni sanitarie vigenti, da una relazione tecnica di un professionista iscritto nell'albo degli ingegneri o nell'albo degli architetti o nell'albo dei periti industriali o nell'albo dei geometri che attesta la rispondenza del locale o dell'impianto alle regole tecniche stabilite con decreto del Ministro dell'interno. Salvo quanto previsto dagli articoli 141-bis e 142 per l'esercizio dei controlli di cui al primo comma, lettera e), e salvo che la natura dei luoghi in cui sono installati gli allestimenti temporanei richiedano una specifica verifica delle condizioni di sicurezza, non occorre una nuova verifica per gli allestimenti temporanei che si ripetono periodicamente, per i quali la commissione provinciale di cui all'articolo 142, nella stessa provincia, o quella comunale di cui all'articolo 141-bis, nello stesso comune, abbia gia' concesso l'agibilita' in data non anteriore a due anni.
Articolo 142 Relativamente ai locali o agli impianti indicati nel presente articolo e quando la commissione comunale non e' istituita o le sue funzioni non sono esercitate in forma associata, ai compiti di cui al primo comma dell'articolo 141 provvede la commissione provinciale di vigilanza. La commissione provinciale di vigilanza e' nominata ogni tre anni dal prefetto ed e' composta: a) dal prefetto o dal vice prefetto con funzioni vicarie, che la presiede; b) dal questore o dal vice questore con funzioni vicarie; c) dal sindaco del comune in cui si trova o deve essere realizzato il locale o impianto o da un suo delegato; d) dal dirigente medico dell'organo sanitario pubblico di base competente per territorio o da un medico dallo stesso delegato; e) da un ingegnere dell'organismo che, per disposizione regionale, svolge le funzioni del genio civile; ìf) dal comandante provinciale dei Vigili del fuoco o suo delegato; g) da un esperto in elettrotecnica. Possono essere aggregati, ove occorra, uno o piu' esperti in acustica o in altra disciplina tecnica, in relazione alle dotazioni tecnologiche del locale o impianto da verificare. Possono altresi' far parte, su loro richiesta, un rappresentante degli esercenti locali di pubblico spettacolo e un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori designati dalle rispettive organizzazioni territoriali, tra persone dotate di comprovata e specifica qualificazione professionale. Per ogni componente possono essere previsti uno o piu' supplenti, anche al fine di istituire, all'occorrenza, due o piu' sezioni della commissione provinciale. Relativamente alla composizione delle sezioni, ferma restando la facolta' di avvalersi di supplenti, il questore puo' delegare un ufficiale di pubblica sicurezza appartenente all'ufficio o comando di polizia competente per territorio e l'ingegnere con funzioni del genio civile puo' essere sostituito dal dirigente dell'ufficio tecnico comunale o da un suo delegato. Il parere della commissione o della sezione e' dato per iscritto e deve essere adottato con l'intervento di tutti i componenti. Si osservano le disposizioni dei commi quarto e settimo dell'articolo 141-bis. Per l'esercizio del controllo di cui all'articolo 141, primo comma, lettera e), la commissione provinciale puo' delegare il sindaco o altro rappresentante del comune in cui trovasi il locale o impianto da visitare, che provvede avvalendosi del personale specificamente indicato dall'ottavo comma dell'articolo 141-bis. Fuori dei casi di cui al comma precedente e di cui all'articolo 141, secondo e terzo comma, la verifica da parte della commissione provinciale di cui al presente articolo e' sempre prescritta: a) nella composizione di cui al primo comma, eventualmente integrata con gli esperti di cui al secondo comma, per i locali cinematografici o teatrali e per gli spettacoli viaggianti di capienza superiore a 1.300 spettatori e per gli altri locali o gli impianti con capienza superiore a 5.000 spettatori; b) con l'integrazione di cui all'articolo 141-bis, terzo comma, per i parchi di divertimento e per le attrezzature da divertimento meccaniche o elettromeccaniche che comportano sollecitazioni fisiche degli spettatori o del pubblico partecipante ai giochi superiori ai livelli indicati con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della sanita'.
Articolo 143 Il progetto per la costruzione o la sostanziale rinnovazione di un teatro o di un locale di pubblico spettacolo deve essere presentato al Prefetto per l'approvazione. Il Prefetto decide sentita la Commissione di vigilanza e osservate le norme dei Regi decreti-legge 3 febbraio 1936-XIV, n. 419, e 10 settembre 1936-XIV, n. 1916.
Articolo 144 Sono a carico del conduttore del locale destinato a pubblico spettacolo le spese per la prima ispezione e per le eventuali ispezioni straordinarie richieste dall'autorita' o dall'interessato. Nessun compenso e' invece dovuto ai membri della Commissione per la vigilanza da esercitarsi a norma dell'articolo 141, primo comma, lettera e) del presente regolamento.
Articolo 145 Tutte le uscite dei locali di pubblico spettacolo devono essere, durante la rappresentazione, libere da impedimenti e aperte, oppure chiuse in modo che ognuno possa aprirne agevolmente le porte. Le porte devono essere costruite in modo da poter essere aperte verso l'esterno o, nei casi in cui sia ammesso dalla Commissione provinciale di vigilanza, in ambo i sensi (a vento).
Art. 146 e 147 Articoli abrogati dal D.lgs. 23 aprile 1998, n. 134
Articolo 148 Il funzionario e gli agenti di P. S. incaricati del servizio di sorveglianza sui locali di pubblico spettacolo devono verificare ripetutamente, durante la rappresentazione, l'osservanza della disposizione contenuta nell'art. 145, nonche' di tutte le altre prescritte dal presente regolamento, dal regolamento prefettizio di cui all'art. 84 della legge e dalla licenza.[/panel]
Modelli organizzativi per garantire alti livelli di sicurezza in occasione di manifestazioni pubbliche
In data 28 luglio 2017, il prefetto Morcone – Capo di Gabinetto del Ministro dell’Interno – ha inviato una specifica direttiva alle Prefetture proprio per garantire alti livelli di sicurezza in occasione di manifestazioni pubbliche.
Lo scopo della direttiva è quello dell’analisi delle varie manifestazioni al fine di affrontare il tema della “gestione” delle stesse in un’ottica di sicurezza integrata, dove i profili di Security e Safety assumono identico rilievo.
La “Direttiva Morcone” nel riprendere nella sostanza le Circolari del Capo della Polizia e del Capo Dipartimento dei Vigili del Fuoco, distingue gli aspetti procedurali per le:
1. Riunioni e manifestazioni in luogo pubblico (ex art. 18 del TULPS, per le quali è previsto un onere di preavviso al Questore) 2. Manifestazioni di pubblico spettacolo (ex art. 68 del TULPS (per le quali è previsto il rilascio di una licenza da parte del Sindaco previo parere tecnico della Commissione provinciale o comunale di Vigilanza sui Locali di Pubblico Spettacolo)
Al fine di costruire il modello organizzativo evocato dalle nuove direttive il ruolo iniziale è ricoperto dagli uffici del Comune che ricevono l’istanza di autorizzazione alla realizzazione della manifestazione e, sulla scorta della valutazione compiuta dagli organizzatori, definiscono le misure da approntarsi, supportati ove necessario, in funzione collaborativa, dai referenti delle forze dell’ordine presenti in loco. Per l’effettuazione della valutazione del rischio e per adottare i provvedimenti di safety necessari alla manifestazione, la Direttiva fornisce agli organizzatori uno strumento speditivo da cui scaturisce la calibrazione delle misure di mitigazione prescritte.
Per la classificazione del Rischio della manifestazione si è preso come riferimento l’accordo tra il Ministro della Salute, le Regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano del 5 agosto 2014 (Accordo CSR n. 91 del 5 agosto 2014 - Utilizzato per la Valutazione del rischio sanitario / Soccorso sanitario - vedi a seguire), rispetto al quale sono stati attualizzati alcuni parametri di Safety (rispetto al Soccorso sanitario) riferendosi ad eventi/manifestazioni così definibili: Eventi programmati che richiamano un rilevante afflusso di persone ai fini: Sportivi, ricreativi, sociali, politici, religiosi.
1. Linea Guida Morcone
Accadimenti di Torino, Piazza San Carlo
I recenti accadimenti di Torino, Piazza San Carlo, hanno evidenziato come le suggestioni derivanti dal delicato clima internazionale e/o situazioni di panico comunque provocate, amplificate anche da stati di coscienza eventualmente alterati dall'assunzione, ave non prevenuta, di sostanze alcoliche e/o stupefacenti, possano ridurre notevolmente la resilienza di una folla di fronte a fatti imprevisti e/o normalmente imprevedibili.
Per tali motivi con due distinte direttive emanate dal Capo della Polizia e dal Capo Dipartimento dei Vigili del fuoco, sono stati qualificati gli aspetti di safety, intesi quali misure a tutela della pubblica incolumità e quelli di security, a salvaguardia invece dell'ordine e della sicurezza pubblica che devono essere attenzionati al fine di migliorare i processi di governo e gestione delle manifestazioni pubbliche.
Entrambi gli aspetti devono necessariamente integrarsi tra loro, partendo da una base informativa fornita dai singoli organizzatori, al momento in cui inoltrano l'istanza e/o la comunicazione per la realizzazione delle manifestazioni.
Il presente documento rappresenta uno strumento speditivo di ausilio agli organizzatori per effettuare una prima valutazione sui livelli di rischio della manifestazione a farsi (alto, medio, basso), in relazione a ciascuno di essi suggerendo come calibrare, in termini di safety, le misure di mitigazione prescritte dalle direttive sopracennate.
Ciò nella consapevolezza che per nessun evento il rischio potrà mai equipararsi allo zero, per cui le misure di mitigazione proposte prevedono la riduzione del rischio fino ad un livello residuo normalmente considerato accettabile, ferma restando un'alea che è e resta imponderabile.
Le misure di safety dovranno poi interfacciarsi e coordinarsi con quelle fissate dagli organi di polizia a tutela dell'ordine pubblico, ed è sul loro equilibrio complessivo che si gioca l'efficacia del modello organizzativo in discussione. In tale logica è ben possibile nel singolo caso che specifiche misure di ordine pubblico, anche modulate in loco in relazione al concreto evolversi della manifestazione, possano contribuire a mitigare ulteriormente il livello di rischio residuo.
Nella costruzione del modello organizzativo evocato dalle nuove direttive il ruolo iniziale è ricoperto quindi dagli uffici del Comune che ricevono l'istanza di autorizzazione alla realizzazione della manifestazione e, sulla scorta della valutazione compiuta dagli organizzatori, definiscono le misure da approntarsi, supportati ave necessario, in funzione collaborativa , dai referenti delle forze dell'ordine presenti in loco. Nel caso in cui ricorrano i presupposti prescritti dalla legge, un ulteriore vaglio sarà rimesso alla Commissione comunale o provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo; laddove poi si prospettino condizioni particolari, che richiedano un quid pluris in termini di misure precauzionali potrà richiedersi l'analisi e la valutazione in sede di Comitato Provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
Va evidenziato altresì che poiché sono in corso di elaborazione ulteriori direttive da parte del Dipartimento dei Vigili del Fuoco il presente documento viene varato in via sperimentale ed è suscettibile di tutte le integrazioni e gli aggiustamenti che dovessero rendersi necessari, all'esito della sua concreta applicazione e/o della sopravvenienza di ulteriori indicazioni operative diramate dagli organi centrali.
Passando all'esame nel dettaglio del presente documento la prima parte, come sopra accennato, riguarda la classificazione del rischio delle manifestazioni.
L'impostazione è quella classica dell'analisi dei rischi in cui si cerca di attribuire un peso a quegli aspetti che possono influenzare:
1. la probabilità di accadimento di un evento; 2. la sua potenziale magnitudo
La classificazione del rischio pertanto è determinata dall'attribuzione di un indice numerico alle variabili legate all'evento, alle caratteristiche dell'area ed alla tipologia di pubblico/spettatori, così come stimate dagli organizzatori.
A valle di tale classificazione scaturiscono, per ciascun livello di rischio, specifiche misure di mitigazione.
Classificazione degli eventi e/o manifestazioni
Per la classificazione del livello di rischio ci si è riferiti all'accordo tra il Ministero della Salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 5 Agosto 2014 - Accordo CSR n. 91 del 5 agosto 2014 (utilizzato per la Valutazione del Rischio sanitario - Vedi a seguire).
Rispetto a tale documento sono stati attualizzati alcuni parametri relativi alle esigenze di safety, rispetto al soccorso sanitario riferendosi ad eventi e/o manifestazioni così definibili: Programmati e/o organizzati che richiamano un rilevante afflusso di persone ai fini sportivi, ricreativi, sociali, politici, religiosi, organizzati da privati, organizzazioni/associazioni, istituzioni pubbliche.
L'identificazione del livello di rischio, in fase iniziale, può essere calcolata dall'organizzatore dell'evento applicando i punteggi di cui alla tabella di classificazione.
In base al risultato ottenuto è quindi possibile ottenere il livello di rischio ed il relativo punteggio. Per manifestazioni con affollamento superiore a 10.000 persone, la valutazione tabellare non è necessaria in quanto l'evento rientra, comunque, tra quelli con profilo di rischio elevato
Per manifestazioni con affollamento superiore a 10.000 persone, la valutazione tabellare non è necessaria in quanto l'evento rientra, comunque, tra quelli con profilo di rischio elevato
LIVELLO DI RISCHIO
PUNTEGGIO
basso
<15
medio
15÷25
elevato
>30
TABELLA PER LA CLASSIFICAZIONE DEL RISCHIO ("SAFETY")
VARIABILI LEGATE ALL'EVENTO
Periodicità dell'evento
Punteggio
Annualmente
1
Mensilmente
2
Tutti i giorni
3
Occasionalmente/all'improvviso
4
Tipologia di evento
Punteggio
Religioso
1
Sportivo
1
Intrattenimento
2
Politico, sociale
4
Concerto pop/rock
4
Altre variabili (più scelte)
Punteggio
Prevista vendita/consumo di alcool
1
Possibile consumo di droghe
1
Presenza di categorie deboli (bambini, anziani, disabili)
1
Evento ampiamente pubblicizzato dai media
1
Presenza di figure politiche-religiose
1
Possibili difficoltà nella viabilità
1
Presenza di tensioni socio-politiche
1
Durata (da considerare i tempi di ingresso/uscita)
Punteggio
minore 12 ore
1
da 12h a 3 giorni
2
>3 giorni
3
Luogo (più scelte)
Punteggio
In città
1
In periferia/paesi o piccoli centri urbani
2
In ambiente acquatico (lago, fiume, mare, piscina)
2
Altro (montano, impervio, ambiente rurale)
2
All'aperto
2
Localizzato e ben definito
1
Esteso >1 campo di calcio
2
Non delimitato da recinzioni
1
Delimitato da recinzioni
2
Presenza di scale in entrata e/o uscita
2
Recinzioni temporanee
3
Ponteggio temporaneo, palco, coperture
3
Logistica dell'area (più scelte)
Punteggio
Servizi igienici disponibili
-1
Disponibilità d'acqua
-1
Punto di ristoro
-1
Difficoltosa accessibilità mezzi di soccorso VVF
+1
Buona accessibilità mezzi di soccorso VVF
1
SUBTOTALE A
VARIABILI LEGATE AL PUBBLICO
Stima dei partecipanti
Punteggio
0-200
1
201-1000
3
1001-5000
7
5001-10.000
10
>10.000
Le manifestazioni con oltre 10.000 persone sono da considerarsi sempre a rischio elevato
Età media dei partecipanti
Punteggio
25-65
1
inferiore a 25 superiore a 65
2
Densità partecipanti/mq
Punteggio
Bassa <0,7 persone/mq
-1
Medio bassa (da 0,7 a 1,2 persone/mq)
2
Medio Alta 1,2 ÷2 persone/mq
2
Condizione dei partecipanti
Punteggio
Rilassato
1
Eccitato
2
Aggressivo
3
Posizione dei partecipanti
Punteggio
Seduti
1
In parte seduti
2
In piedi
3
SUBTOTALE B
TOTALE
STRUTTURA DEL SISTEMA DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO
CARTELLA 1. RIFERIMENTO NORMATIVO CARTELLA 2. REQUISITI DI ACCESSO ALL'AREA CARTELLA 3. PERCORSI SEPARATI DI ACCESSO ALL'AREA E DI DEFLUSSO CARTELLA 4. CAPIENZA DELL'AREA DELLA MANIFESTAZIONE CARTELLA 5. SUDDIVISIONE DELLA ZONA SPETTATORI IN SETTORI CARTELLA 6. PROTEZIONE ANTINCENDIO CARTELLA 7. GESTIONE DELL'EMERGENZA- PIANO DI EMERGENZA CARTELLA 8. OPERATORI DI SICUREZZA
CARTELLA 1. RIFERIMENTO NORMATIVO
- Decreto Ministeriale del 19 agosto 1996 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio del locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo
larghezza: 3,50 m. altezza libera: 4.00 m, raggio di volta: 13 m. pendenza: non superiore al 10% resistenza al carico: almeno 20 t ( 8 sull'asse anteriore e 12 sull'asse posteriore)
- Individuazione delle aree di ammassamento per i mezzi di soccorso
Oltre ai requisiti di accesso all'area su citati, per quanto possibile, dovrà essere individuata una viabilità dedicata ai mezzi di soccorso che consenta di raggiungere l'area della manifestazione senza interferire con i flussi in esodo delle persone.
MANIFESTAZIONE CON PROFILO RISCHIO BASSO
Devono essere assicurati i requisiti di accessibilità dei mezzi di soccorso su citati ad una distanza dagli accessi alla manifestazione non superiore a 50 metri.
MANIFESTAZIONE CON PROFILO RISCHIO MEDIO
Devono essere assicurati i requisiti di accessibilità dei mezzi di soccorso su citati all'interno dell'area della manifestazione se questa è all'aperto.
MANIFESTAZIONE CON PROFILO RISCHIO ELEVATO
Deve essere assicurato l'accesso dei mezzi di soccorso all'Interno dell'area della manifestazione. Nella zona adiacente l'area dell'evento dovranno altresì essere individuate delie aree di ammassamento dei mezzi dì soccorso per la gestione operativa di scenari incidentali configurabili come maxi emergenze.
CARTELLA 3. PERCORSI SEPARATI DI ACCESSO ALL'AREA E DI DEFLUSSO
MANIFESTAZIONE CON PROFILO DI RISCHIO BASSO.
Considerata la modesta entità dell'evento in termini di affollamento si ritiene che tale requisito non debba costituire un adempimento cogente.
MANIFESTAZIONE CON PROFILO RISCHIO MEDIO- ELEVATO.
Luoghi e strutture all'aperto di tipo permanente.
L'ipotesi di prevedere una differenziazione tra i percorsi di accesso e quelli di deflusso può essere percorribile quando tale possibilità è già stata prevista nella fase di progettazione del luogo o struttura e, pertanto, non potrà essere adottata all'occorrenza qualora ciò comporti una modifica del sistema preordinato di vie d'esodo dell'attività.
Luoghi all'aperto occasionalmente utilizzati per manifestazioni aperte al pubblico
La differenziazione tra i percorsi di accesso e quelli di deflusso è percorribile previa vantazione delle caratteristiche delle vie d'allontanamento dall'area. A tal fine, qualora la viabilità adiacente l'area della manifestazione lo consenta, si potrà valutare l'opportunità di creare sulla medesima direttrice flussi in ingresso e in uscita separati tra loro.
Pur tuttavia, in caso d'emergenza che comporti l'allontanamento delle persone dall'area, si dovranno rendere disponibili per l'esodo anche i varchi utilizzati come ingressi alla manifestazione, sempreché questi ultimi non siano stati allestiti per attività di pre-filtraggio e controllo con barriere frangifolla, finalizzate ad evitare la forzatura degli ingressi.
Al riguardo si dovrà tenere conto dell'esigenza dì segnalare la presenza di ostacoli non immediatamente visibili in caso di aree affollate soprattutto quando questi sono a ridosso dei varchi di allontanamento. A tal fine si potrà far ricorso oltre alla segnaletica di sicurezza di tipo ordinario conforme al D. Lgs 81/08 anche a sistemi dì segnalazione gonfiabili di tipo luminoso, per manifestazioni in orario serale, indicanti sia eventuali barriere non rimovibili che l'ubicazione dei varchi di esodo. Tali sistemi di segnalazione dovranno essere posizionati ad un'altezza tale da poter essere visibili da ogni punto dell'area della manifestazione. ...
2. Valutazione del rischio sanitario / Algoritmo di Maurer
Accordo sancito dalla Conferenza Unificata in data 5 agosto 2014 (Rep. Atti n. 91) tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e le Autonomie locali sul documento recante “Linee d’indirizzo sull’organizzazione dei soccorsi sanitari negli eventi e nelle manifestazioni programmate”
...
3. Installazione eventi Bagni mobili UNI EN 16194 ....
Safe Use of Ladders and Stepladders: A brief guide
ID 17427 | 23.08.2022
This guidance is for employers on the simple, sensible precautions they should take to keep people safe when using portable leaning ladders and stepladders in the workplace.
It will also be useful for employees and their representatives. Following this guidance helps you to comply with health and safety law, but you are free to take other action.
The law calls for a sensible, proportionate approach to managing risk. Further guidance on how to decide whether a ladder is the right type of equipment for a particular task is also provided in Working at height: A brief guide (see Further reading).
References to ladders in this leaflet, unless otherwise indicated, are to types of portable leaning ladders and stepladders, and the guidance applies to both. More specific requirements that apply only to a certain type of ladder are covered in detail under the relevant headings.
Guidance document LA455
[...]
Leaning ladders
When using a leaning ladder to carry out a task:
- only carry light materials and tools – read the manufacturer’s labels on the ladder and assess the risks; - don’t overreach – make sure your belt buckle (or navel) stays within the stiles; - make sure the ladder is long enough or high enough for the task; - don’t overload the ladder – consider your weight and the equipment or materials you are carrying before working at height; - check the pictogram or label on the ladder for any advisory information; - make sure the ladder angle is at 75° – you should use the 1-in-4 rule (ie one unit out for every four units up – see Figure 1).
Figure 1 Ladder showing the correct 1 in 4 angle
- always grip the ladder and face the ladder rungs while climbing or descending – don’t slide down the stiles; - don’t try to move or extend the ladder while standing on the rungs; - don’t work off the top three rungs, and try to make sure that the ladder extends at least 1 m (three rungs) above where you are working; - don’t stand ladders on movable objects, such as pallets, bricks, lift trucks, tower scaffolds, excavator buckets, vans or mobile elevating work platforms; - avoid holding items when climbing (consider using a tool belt); - don’t work within 6 m horizontally of any overhead power line, unless it has been made dead or it is protected with insulation. Use a non-conductive ladder (eg fibreglass or timber) for any electrical work; - maintain three points of contact when climbing and wherever possible at the work position – see Figures 2 and 3.
Figure 2 Correct – user maintaining three points of contact
Figure 3 Incorrect – overreaching and not maintaining three points of contact
[...] segue in allegato
Fonte: HSE Health and Safety Executive Ladder Association
Manuale Operatore VVF | Tecniche di soccorso sanitario
Edizione 2012
Questo manuale riporta le linee guida ILCOR 2010 (International Liaison Committee on Resuscitation), tenendo in considerazione, al contempo, le particolari condizioni operative e le peculiarità degli interventi attuati dal personale del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile.
I contenuti di questo manuale sono stati approvati dalla “Commissione Tecnica Nazionale TPSS”.
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Indice
1 OBIETTIVI DEL CORSO “ESECUTORE T.P.S.S.” 2 SUPPORTO DI BASE DELLE FUNZIONI VITALI 2.1 DANNO ANOSSICO CEREBRALE 2.2 LA CATENA DELLA SOPRAVVIVENZA 2.3 LA MORTE CARDIACA IMPROVVISA 2.4 CAUSE DI ARRESTO CARDIACO 3 LA DEFIBRILLAZIONE (D) CON IL DEFIBRILLATORE SEMIAUTOMATICO ESTERNO (DAE) 3.1 LA SEQUENZA DEL BLS-D 3.1.1 VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA DELLO SCENARIO 3.1.2 FASE A 3.1.3 FASE B - C 3.2 ASPETTI MEDICO LEGALI 3.3 BLSD IN SITUAZIONE PARTICOLARI 3.4 LIMITAZIONI DELLA PROCEDURA BLSD IN CASO DI TRAUMA 3.5 LA DEFIBRILLAZIONE 3.6 I DEFIBRILLATORI SEMIAUTOMATICI ESTERNI (DAE) 3.7 PROCEDURA OPERATIVA STANDARD CON DAE 3.7.1 LE FASI FONDAMENTALI NELL’UTILIZZO DEL DAE 3.7.2 LA SICUREZZA 3.7.3 REFIBRILLAZIONE 3.7.4 SHOCK NON INDICATO 3.7.5 ALLARME ALLA CENTRALE OPERATIVA 118 3.7.6 SITUAZIONI PARTICOLARI 3.7.7 POST-RIANIMAZIONE 3.7.8 ALGORITMO DEL DAE 3.8 MANTENIMENTO DEL DEFIBRILLATORE IN STATO DI OPERATIVITA’ 4 OSTRUZIONE DELLE VIE AEREE DA CORPO ESTRANEO 4.1 PROCEDURA DI DISOSTRUZIONE DELLE VIE AEREE DA CORPO ESTARNEO 5 ASPETTI ORGANIZZATIVI E RELAZIONALI 6 IL SUPPORTO VITALE DI BASE ALLA VITTIMA DI EVENTO TRAUMATICO 6.1 LA CATENA DELLA SOPRAVVIVENZA NEL TRAUMA 6.2 IL POLITRAUMATIZZATO 6.3 DINAMICHE A RISCHIO DI LESIONI MAGGIORI 6.4 LA VALUTAZIONE PRIMARIA 6.4.1 FASE A 6.4.2 FASE B 6.4.3 FASE C 6.4.4 FASE D 6.4.5 FASE E 6.4.6 ALGORITMO DELLA VALUTAZIONE PRIMARIA 7 SITUAZIONI PARTICOLARI 7.1 LE FERITE 7.2 LE EMORRAGIE 7.3 LE FRATTURE 7.4 LE USTIONI 7.4.1 Ustioni Termiche 7.4.2 Ustioni Chimiche 7.4.3 Ustioni elettriche e elettrocuzione 7.5 CASI PARTICOLARI 7.5.1 SITUAZIONI IN CUI È NECESSARIA UNA RAPIDA EVACUAZIONE 7.5.2 VITTIMA DI TRAUMA IN STATO DI GRAVIDANZA 8 IGIENE E AUTOPROTEZIONE 8.1 DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE 8.2 TRASMISSIONE EMATICA 8.3 TRASMISSIONE AEREA 8.4 TRASMISSIONE ENTERICA 9 LA MACRO EMERGENZA 9.1 IL TRIAGE 10 SUPPORTO DI BASE DELLE FUNZIONI VITALI IN ETA’ PEDIATRICA & DEFIBRILLATION (PBLSD) 10.1 IL SOGGETTO IN ETÀ PEDIATRICA E L’EMERGENZA SANITARIA 10.2 COME SI ARRIVA ALL’ARRESTO CARDIOCIRCOLATORIO NEL LATTANTE - BAMBINO 10.3 GLI OBIETTIVI DEL PBLSD 10.3.1 LA CATENA DELLA SOPRAVVIVENZA 10.3.2 I SOGGETTI DEL PBLS-D 10.4 LA SEQUENZA DEL PBLS 10.4.1 VALUTAZIONE DEL RISCHIO AMBIENTALE 10.4.2 FASE A 10.4.3 FASE B NEL LATTANTE - BAMBINO 10.4.4 FASE C NEL LATTANTE 10.4.5 FASE C NEL BAMBINO 10.4.6 ALGORITMO DEL PBLS LATTANTE - BAMBINO 10.4.7 RIVALUTAZIONI NEL LATTANTE - BAMBINO 10.5 LA SEQUENZA OPERATIVA DEL PBLS-D 11 OSTRUZIONE DELLE VIE AEREE DA CORPO ESTRANEO NEL LATTANTE 11.1 TECNICHE DI DISOSTRUZIONE NEL LATTANTE- BAMBINO 12 IMMOBILIZZAZIONE DEL TRAUMATIZZATO 12.1 LA POSIZIONE NEUTRA 12.2 IL COORDINAMENTO FRA I SOCCORRITORI 12.3 DISPOSITIVI PER L’IMMOBILIZZAZIONE PARZIALE 12.3.1 COLLARI CERVICALI 12.3.2 STECCOBENDE A DEPRESSIONE 12.3.3 CORSETTI ESTRICATORI 12.4 DISPOSITIVI PER LA RACCOLTA, L’IMMOBILIZZAZIONE TOTALE E IL TRASPORTO 12.4.1 TAVOLA SPINALE 12.4.2 BARELLA A CUCCHIAIO (scoop –bi/valva) 12.4.3 MATERASSO A DEPRESSIONE 12.4.4 BARELLA DA TRASPORTO (toboga)
Valutazione rischio incendio luoghi di lavoro 2022: Documento di transizione
ID 17064 | 11.07.2022 / Documento allegato
In allegato "Documento di transizione" che può essere redatto ai fini dell'applicazione del Decreto 3 settembre 2021 Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro, di cui all'articolo 46, comma 3, lettera a), punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (GU n.259 del 29.10.2021), in merito all'analisi dei possibili scenari di applicazione dello stesso.
Il Documento di transizione consente un primo screening, relativo all'attività dell'azienda, sull'effettuazione o meno di una nuova valutazione dei rischi d'incendio ai sensi del Decreto 3 settembre 2021.
... B. Presenza RT ... C. Luogo non BRI e assenza RT
1. Per i luoghi di lavoro esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, l’adeguamento alle disposizioni di cui al presente decreto viene attuato nei casi indicati nell’art. 29, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.[/box-note]
3. La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali.
Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.[/box-note]
Piano di emergenza: Comparazione contenuti Decreto 10 Marzo 1998 / Decreto 2 Settembre 2021
ID 16802 | 08.06.2022 / Documento completo allegato
In allegato Documento sull'elaborazione dei Piano di emergenza nei luoghi di lavoro, note e tabella comparativa sui contenuti previsti dal DM 10 Marzo 1998 e DM 02 settembre 2021 che sostituirà lo stesso (per gli Articoli d'interesse / vedi a seguire) dal 04.10.2022.
1. Elaborazione Piano di emergenza
Elaborazione Piano di emergenza ai sensi del DM 10 Marzo 1998 e nuovo DM 02 settembre 2021 (Decreto GSA / Gestione Sicurezza Antincendio luoghi di lavoro), che abroga dal 04.10.2022 l’art. 3, comma 1, lettera f) e gli articoli 5, 6 e 7 del DM 10 Marzo 1998.
[box-warning]Abrogazione completaDM 10 Marzo 1998dal 29 Ottobre 2022:
Il Decreto 3 settembre 2021 "Decreto Minicodice", all. 4 c. 2 abroga il DM 10 Marzo 1998 dalla data della sua entrata in vigore il 29 Ottobre 2022.[/box-warning]
2. Quando deve essere elaborato
IlDM 10 Marzo 1998all’Articolo 5, prevede l'elaborazione del Piano di emergenza nei seguenti casi:
(*) Per i luoghi di lavoro ove sono occupati meno di 10 dipendenti, il datore di lavoro non è tenuto alla redazione del piano di emergenza, ferma restando l’adozione delle necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio.
Art. 3 Misure preventive, protettive e precauzionali di esercizio.
1. All’esito della valutazione dei rischi di incendio, il datore di lavoro adotta le misure finalizzate a:
a) ridurre la probabilità di insorgenza di un incendio secondo i criteri di cui all’allegato II; b) realizzare le vie e le uscite di emergenza previste dall’art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, di seguito denominato decreto del Presidente della Repubblica n. 547/1955, così come modificato dall’art. 33 del decreto legislativo n. 626/ 1994, per garantire l’esodo delle persone in sicurezza in caso di incendio, in conformità ai requisiti di cui all’allegato III; c) realizzare le misure per una rapida segnalazione dell’incendio al fine di garantire l’attivazione dei sistemi di allarme e delle procedure di intervento, in conformità ai criteri di cui all’allegato IV; d) assicurare l’estinzione di un incendio in conformità ai criteri di cui all’allegato V; e) garantire l’efficienza dei sistemi di protezione antincendio secondo i criteri di cui all’allegato VI; f) fornire ai lavoratori una adeguata informazione e formazione sui rischi di incendio secondo i criteri di cui all’allegato VII.
2. Per le attività soggette al controllo da parte dei Comandi provinciali dei vigili del fuoco ai sensi dal decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, le disposizioni del presente articolo si applicano limitatamente al comma 1, lettere a), e) ed f). ...
Art. 5. Gestione dell’emergenza in caso di incendio.
1. All’esito della valutazione dei rischi d’incendio, il datore di lavoro adotta le necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio riportandole in un piano di emergenza elaborato in conformità ai criteri di cui all’allegato VIII.
Ad eccezione delle aziende di cui all’art. 3, comma 2, del presente decreto, per i luoghi di lavoro ove sono occupati meno di 10 dipendenti, il datore di lavoro non è tenuto alla redazione del piano di emergenza, ferma restando l’adozione delle necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio.[/box-note]
IlDM 02 settembre 2021all'Art. 2,prevede l'elaborazione del Piano di emergenza nei seguenti casi:
Art. 2. Gestione della sicurezza antincendio in esercizio ed in emergenza
1. Il datore di lavoro adotta le misure di gestione della sicurezza antincendio in esercizio ed in emergenza, in funzione dei fattori di rischio incendio presenti presso la propria attività, secondo i criteri indicati negli allegati I e II, che costituiscono parte integrante del presente decreto.
2. Nei casi sottoelencati il datore di lavoro predispone un piano di emergenza in cui sono riportate le misure di gestione della sicurezza antincendio in emergenza di cui al comma 1:
- luoghi di lavoro ove sono occupati almeno dieci lavoratori; - luoghi di lavoro aperti al pubblico caratterizzati dalla presenza contemporanea di più di cinquanta persone, indipendentemente dal numero dei lavoratori; - luoghi di lavoro che rientrano nell’allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151.
3. Nel piano di emergenza sono, altresì, riportati i nominativi dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e di gestione delle emergenze, o quello del datore di lavoro, nei casi di cui all’art. 34 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
4. Per i luoghi di lavoro che non rientrano in nessuno dei casi indicati al comma 2, il datore di lavoro non è obbligato a redigere il piano di emergenza, ferma restando la necessità di adottare misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio; tali misure sono riportate nel documento di valutazione dei rischi o nel documento redatto sulla base delle procedure standardizzate di cui all’art. 29, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.[/box-note]
3. Modalità di elaborazione ... 4. Comparazione contenuti Decreto 10 Marzo 1998 / Decreto 2 Settembre 2021
Lavoratrici madri: divieti e Interdizione anticipata/post partum / Update D.Lgs. 151/2001 Maggio 2022
ID 16679 | 20.05.2022 / Documento completo e Modelli Istanza allegati DL/Lavoratore
In allegato Documento normativo sui lavori vietati alle lavoratrici madri e sulla richiesta di interdizione anticipata/post partum dal lavoro per lavoratrici madri addette a lavori vietati o pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino ai sensi dell'Art. 17 c.2 lett a) o b) del D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151.
Il divieto di adibire al lavoro le donne di cui all'Art. 16 del D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151 e' anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli ai sensi dell'Art. 16 del D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151.
L'Art. 7 del D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151 riporta i riferimenti per i lavori vietati tra i quali quelli pericolosi, faticosi ed insalubri (allegato A e B dello stesso).
[box-info]In allegato modelli di Istanza INL:
1. Istanza del datore INL Richiesta di interdizione anticipata/post partum dal lavoro per lavoratrici madri addette a lavori vietati o pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151 - art. 17, comma 2, lett. b) e c) (istanza del datore)
2. Istanza lavoratrice INL Richiesta di interdizione anticipata/post partum dal lavoro per lavoratrici madri addette a lavori vietati o pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151 - art. 17, comma 2, lett. b) e c) (istanza lavoratrice)[/box-info]
Il divieto di adibire al lavoro le lavoratrici madri può essere così temporalmente schematizzato (caso generale, salvo specifici):
Fig. 1 - Divieto di adibire al lavoro le donne (Art. 16) Congedo di maternità
(*)Secondo disposizioni medico specialista del SSN o medico competente (Art. 16 c. 1.1) in alternativa a (Art. 16 c.1) previa attestazione
...
Fig. 2 - Estensioni su Comunicazione / Istanza lavoratrice / Datore di lavoro / d’ufficio
(*)Secondo disposizioni medico specialista del SSN o medico competente (Art. 16 c. 1.1) in alternativa a (Art. 16 c.1) previa attestazione (**)Estensione divieto per lavori gravosi o pregiudizievoli (Art. 17. c.1)
(***)Estensione interdizione post parto fino a 7 mesi (Art. 6. c.1) ai sensi (Art. 12 c.1 e 2) / Valutazione dei rischi
1. Il presente Capo prescrive misure per la tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di eta' del figlio, che hanno informato il datore di lavoro del proprio stato, conformemente alle disposizioni vigenti, fatto salvo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 8.
2. La tutela si applica, altresi', alle lavoratrici che hanno ricevuto bambini in adozione o in affidamento, fino al compimento dei sette mesi di eta'.
3. Salva l'ordinaria assistenza sanitaria e ospedaliera a carico del Servizio sanitario nazionale, le lavoratrici, durante la gravidanza, possono fruire presso le strutture sanitarie pubbliche o private accreditate, con esclusione dal costo delle prestazioni erogate, oltre che delle periodiche visite ostetrico-ginecologiche, delle prestazioni specialistiche per la tutela della maternita', in funzione preconcezionale e di prevenzione del rischio fetale, previste dal decreto del Ministro della sanita' di cui all'articolo 1, comma 5, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, purche' prescritte secondo le modalita' ivi indicate.
1. E' vietato adibire le lavoratrici al trasporto e al sollevamento di pesi, nonche' ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri. I lavori pericolosi, faticosi ed insalubri sono indicati dall'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, riportato nell'allegato A del presente testo unico. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanita' e per la solidarieta' sociale, sentite le parti sociali, provvede ad aggiornare l'elenco di cui all'allegato A.
2. Tra i lavori pericolosi, faticosi ed insalubri sono inclusi quelli che comportano il rischio di esposizione agli agenti ed alle condizioni di lavoro, indicati nell'elenco di cui all'allegato B.
3. La lavoratrice e' addetta ad altre mansioni per il periodo per il quale e' previsto il divieto.
4. La lavoratrice e', altresi', spostata ad altre mansioni nei casi in cui i servizi ispettivi del Ministero del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice, accertino che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna.
5. La lavoratrice adibita a mansioni inferiori a quelle abituali conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonche' la qualifica originale. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, qualora la lavoratrice sia adibita a mansioni equivalenti o superiori.
6. Quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, il servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio, puo' disporre l'interdizione dal lavoro per tutto il periodo di cui al presente Capo, in attuazione di quanto previsto all'articolo 17.
7. L'inosservanza delle disposizioni contenute nei commi 1, 2, 3 e 4 e' punita con l'arresto fino a sei mesi.
Art. 11. Valutazione dei rischi (decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 4)
1. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 7, commi 1 e 2, il datore di lavoro, nell'ambito ed agli effetti della valutazione di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, valuta i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, in particolare i rischi di esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici, processi o condizioni di lavoro di cui all'allegato C, nel rispetto delle linee direttrici elaborate dalla Commissione dell'Unione europea, individuando le misure di prevenzione e protezione da adottare.
2. L'obbligo di informazione stabilito dall'articolo 21 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, comprende quello di informare le lavoratrici ed i loro rappresentati per la sicurezza sui risultati della valutazione e sulle conseguenti misure di protezione e di prevenzione adottate.
Art. 12. Conseguenze della valutazione (decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 645, art. 5)
1. Qualora i risultati della valutazione di cui all'articolo 11, comma 1, rivelino un rischio per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, il datore di lavoro adotta le misure necessarie affinche' l'esposizione al rischio delle lavoratrici sia evitata, modificandone temporaneamente le condizioni o l'orario di lavoro.
2. Ove la modifica delle condizioni o dell'orario di lavoro non sia possibile per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro applica quanto stabilito dall'articolo 7, commi 3, 4 e 5, dandone contestuale informazione scritta al servizio ispettivo del Ministero del lavoro competente per territorio, che puo' disporre l'interdizione dal lavoro per tutto il periodo di cui all'articolo 6, comma 1, in attuazione di quanto previsto all'articolo 17.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 trovano applicazione al di fuori dei casi di divieto sanciti dall'articolo 7, commi 1 e 2.
4. L'inosservanza della disposizione di cui al comma 1 e' punita con la sanzione di cui all'articolo 7, comma 7.
1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanita', sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, sono recepite le linee direttrici elaborate dalla Commissione dell'Unione europea, concernenti la valutazione degli agenti chimici, fisici e biologici, nonche' dei processi industriali ritenuti pericolosi per la sicurezza o la salute delle lavoratrici e riguardanti anche i movimenti, le posizioni di lavoro, la fatica mentale e fisica e gli altri disagi fisici e mentali connessi con l'attivita' svolta dalle predette lavoratrici.
2. Con la stessa procedura di cui al comma 1, si provvede ad adeguare ed integrare la disciplina contenuta nel decreto di cui al comma 1, nonche' a modificare ed integrare gli elenchi di cui agli allegati B e C, in conformita' alle modifiche alle linee direttrici e alle altre modifiche adottate in sede comunitaria.
1. Le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per l'effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbono essere eseguiti durante l'orario di lavoro.
2. Per la fruizione dei permessi di cui al comma 1 le lavoratrici presentano al datore di lavoro apposita istanza e successivamente presentano la relativa documentazione giustificativa attestante la data e l'orario di effettuazione degli esami.
1. Per quanto non diversamente previsto dal presente Capo, restano ferme le disposizioni recate dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, nonche' da ogni altra disposizione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.
a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all'articolo 20; b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto; c) durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all'articolo 20; (1) d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternita' dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi. (2) (3)
1.1. In alternativa a quanto disposto dal comma 1, e' riconosciuta alle lavoratrici la facolta' di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l'evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
1-bis. Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall'inizio della gestazione, nonche' in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternita', le lavoratrici hanno facolta' di riprendere in qualunque momento l'attivita' lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute.
Art. 16-bis (Rinvio e sospensione del congedo di maternita').
1. In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternita' per il periodo di cui all'articolo 16, comma 1, lettere c) e d), e di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino.
2. Il diritto di cui al comma 1 puo' essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed e' subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilita' dello stato di salute della donna con la ripresa dell'attivita' lavorativa. (2)(3)
1. Il divieto e' anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli. Tali lavori sono determinati con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative. Fino all'emanazione del primo decreto ministeriale, l'anticipazione del divieto di lavoro e' disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio.
2. La Direzione territoriale del lavoro e la ASL dispongono, secondo quanto previsto dai commi 3 e 4, l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza fino al periodo di astensione di cui alla lettera a), comma 1, dell'articolo 16 o fino ai periodi di astensione di cui all'articolo 7, comma 6, e all'articolo 12, comma 2, per uno o piu' periodi, la cui durata sara' determinata dalla Direzione territoriale del lavoro o dalla ASL per i seguenti motivi:
a) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza; b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino; c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo quanto previsto dagli articoli 7 e 12. (4)
3. L'astensione dal lavoro di cui alla lettera a) del comma 2 e' disposta dall'azienda sanitaria locale, con modalita' definite con Accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, secondo le risultanze dell'accertamento medico ivi previsto. In ogni caso il provvedimento dovra' essere emanato entro sette giorni dalla ricezione dell'istanza della lavoratrice. (4)
4. L'astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) del comma 2 e' disposta dalla Direzione territoriale del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice, qualora nel corso della propria attivita' di vigilanza emerga l'esistenza delle condizioni che danno luogo all'astensione medesima. (4)
5. I provvedimenti previsti dal presente articolo sono definitivi. (4)
1. L'inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 16 e 17 e' punita con l'arresto fino a sei mesi ... _________
Nota (1) La Corte Costituzionale, con sentenza 4 - 7 aprile 2011, n. 116 (in G.U. 1a s.s. 13/4/2011, n. 16), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 16, lettera c), del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non consente, nell'ipotesi di parto prematuro con ricovero del neonato in una struttura sanitaria pubblica o privata, che la madre lavoratrice possa fruire, a sua richiesta e compatibilmente con le sue condizioni di salute attestate da documentazione medica, del congedo obbligatorio che le spetta, o di parte di esso, a far tempo dalla data d'ingresso del bambino nella casa familiare". _________
Nota (2) Il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80 ha disposto: - (con l'art. 26, comma 2) che la presente modifica si applica in via sperimentale esclusivamente per il solo anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute nell'anno 2015 medesimo; - (con l'art. 26, comma 3) che "Il riconoscimento dei benefici per gli anni successivi al 2015 e' condizionato alla entrata in vigore di decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla legge 10 dicembre 2014, n. 183, che individuino adeguata copertura finanziaria"; - (con l'art. 26, comma 4) che "Nel caso in cui non entrino in vigore i provvedimenti di cui al comma 3, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e con riferimento alle giornate di astensione riconosciute a decorrere dall'anno 2016, le disposizioni modificate dagli articoli 2, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15 e 16 si applicano nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del presente decreto". _________
Nota (3) Il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148 nel modificare l'art. 26, comma 2 del D.Lgs. 15 giugmo 2015, n. 80 ha conseguentemente disposto (con l'art. 43, comma 2) che "I benefici di cui agli articoli dal 2 al 24 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, sono riconosciuti anche per gli anni successivi al 2015, in relazione ai quali continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui all'articolo 27 del predetto decreto legislativo". _________
Nota (4) Il D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35, ha disposto (con l'art. 15, comma 1, alinea) che le modifiche di cui al presente articolo decorrono dal 1° aprile 2012.[/box-note]
Allegato A ELENCO DEI LAVORI FATICOSI, PERICOLOSI E INSALUBRI DI CUI ALL'Art. 7
Il divieto di cui all'art. 7, primo comma, del testo unico si intende riferito al trasporto, sia a braccia e a spalle, sia con carretti a ruote su strada o su guida, e al sollevamento dei pesi, compreso il carico e scarico e ogni altra operazione connessa.
I lavori faticosi, pericolosi ed insalubri, vietati ai sensi dello stesso articolo, sono i seguenti:
A) quelli previsti dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345 e dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 262; B) quelli indicati nella tabella allegata al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, per i quali vige l'obbligo delle visite mediche preventive e periodiche: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto; C) quelli che espongono alla silicosi e all'asbestosi, nonche' alle altre malattie professionali di cui agli allegati 4 e 5 al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni: durante la gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto; D) i lavori che comportano l'esposizione alle radiazioni ionizzanti: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto; E) i lavori su scale ed impalcature mobili e fisse: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro; F) i lavori di manovalanza pesante: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro; G) i lavori che comportano una stazione in piedi per piu' di meta' dell'orario o che obbligano ad una posizione particolarmente affaticante, durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro; H) i lavori con macchina mossa a pedale, o comandata a pedale, quando il ritmo del movimento sia frequente, o esiga un notevole sforzo: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro; I) i lavori con macchine scuotenti o con utensili che trasmettono intense vibrazioni: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro; L) i lavori di assistenza e cura degli infermi nei sanatori e nei reparti per malattie infettive e per malattie nervose e mentali: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto; M) i lavori agricoli che implicano la manipolazione e l'uso di sostanze tossiche o altrimenti nocive nella concimazione del terreno e nella cura del bestiame: durante la gestazione e per 7 mesi dopo il parto; N) i lavori di monda e trapianto del riso: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro; O) i lavori a bordo delle navi, degli aerei, dei treni, dei pullman e di ogni altro mezzo di comunicazione in moto: durante la gestazione e fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro.
A. Lavoratrici gestanti di cui all'art. 6 del testo unico.
1. Agenti: a) agenti fisici: lavoro in atmosfera di sovrapressione elevata, ad esempio in camere sotto pressione, immersione subacquea; b) agenti biologici: toxoplasma; virus della rosolia, a meno che sussista la prova che la lavoratrice e' sufficientemente protetta contro questi agenti dal suo stato di immunizzazione; c) agenti chimici: piombo e suoi derivati, nella misura in cui questi agenti possono essere assorbiti dall'organismo umano.
2. Condizioni di lavoro: lavori sotterranei di carattere minerario.
B. Lavoratrici in periodo successivo al parto di cui all'art. 6 del testo unico.
1. Agenti: a) agenti chimici: piombo e suoi derivati, nella misura in cui tali agenti possono essere assorbiti dall'organismo umano.
2. Condizioni di lavoro: lavori sotterranei di carattere minerario.
1. Agenti fisici, allorche' vengono considerati come agenti che comportano lesioni del feto e/o rischiano di provocare il distacco della placenta, in particolare: a) colpi, vibrazioni meccaniche o movimenti; b) movimentazione manuale di carichi pesanti che comportano rischi, soprattutto dorsolombari; c) rumore; d) radiazioni ionizzanti; e) radiazioni non ionizzanti; f) sollecitazioni termiche; g) movimenti e posizioni di lavoro, spostamenti, sia all'interno sia all'esterno dello stabilimento, fatica mentale e fisica e altri disagi fisici connessi all'attivita' svolta dalle lavoratrici di cui all'art. 1.
2. Agenti biologici
Agenti biologici dei gruppi di rischio 2, 3 e 4 ai sensi dell'articolo 268, nonche' dell'Allegato XLVI del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nella misura in cui sia noto che tali agenti o le terapie che essi rendono necessarie mettono in pericolo la salute delle gestanti e del nascituro, sempreche' non figurino nell'Allegato B della presente legge.
3. Agenti chimici.
Gli agenti chimici seguenti, nella misura in cui sia noto che mettono in pericolo la salute delle gestanti e del nascituro, sempreche' non figurino ancora nell'allegato II:
a) sostanze e miscele che soddisfano i criteri di classificazione del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio in una o piu' delle seguenti classi di pericolo e categorie di pericolo con una o piu' delle seguenti indicazioni di pericolo, sempreche' non figurino ancora nell'Allegato B della presente legge: - mutagenicita' sulle cellule germinali, categorie 1 A, 1 B o 2 (H340, H341), - cancerogenicita', categorie 1 A, 1 B o 2 (H350, H350i, H351), - tossicita' per la riproduzione, categorie 1 A, 1 B o 2 o la categoria aggiuntiva per gli effetti sull'allattamento o attraverso di essa (H360, H360D, H360FD, H360Fd, H360Df, H361, H361d, H361fd, H362), - tossicita' specifica per organi bersaglio dopo esposizione singola, categorie 1 o 2 (H370, H371);
b) agenti chimici che figurano nell'allegato XLII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81; c) mercurio e suoi derivati; d) medicamenti antimitotici; e) monossido di carbonio; f) agenti chimici pericolosi di comprovato assorbimento cutaneo.
Verifica funi acciaio: Metodo Magnetico Induttivo(MRT)
ID 10491 | 21.06.2022 / Documento di approfondimento e moduli per ispezioni (formato .docx) in allegato
Il Documento allegato, illustra il Metodo Magnetico InduttivoMRT (Magnetic Rope Test)previsto "in rilievo" dalla norma ISO 4309:2017 (rispetto alla precedente ISO 4309:2010)per esaminare lo stato di conservazione di funi di acciaio. Il metodo è una tecnica dicontrollo non distruttivo (NPD).In allegato un esempio di un report MRT estratto della ISO 4309:2017.
[box-note]Rev. 1.0 2022 Novità
- Aggiornamento in lingua italiana del testo. - Aggiornamento normativo. - Aggiunta nuovi moduli per la registrazione delle ispezioni in formato .docx (in allegato).[/box-note]
Il metodo magneto-induttivo nasce nei primi anni del 1900 ed inizialmente è impiegato nel solo ambiente funiviario, laddove i livelli di sicurezza sono naturalmente molto alti. Nel corso degli anni la tecnologia evolve, i dispositivi diventano più piccoli e meno costosi e a partire dagli anni '80 del secolo scorso si inizia ad osservare un impiego di questa tecnologia anche nel settore del sollevamento merci.
A partire dai primi anni 2000 la metodologia inizia ad essere impiegata in maniera sempre più importante, in special modo nel settore offshore, dove le funi operano in ambienti molto gravosi.
L'utilità del metodo è rilevante, ed è inserito nelle nella versione della norma ISO 4309 (2010) nella quale è riportato che esso rappresenta un valido aiuto all'ispezione visiva (capitolo 5.6).
[panel]5.6 Prova non distruttiva (ISO 4309:2010)
La prova non distruttiva tramite mezzi elettromagnetici può essere utilizzata come un aiuto nell’ispezione visiva per determinare la posizione delle sezioni di fune che potrebbe aver sofferto di deterioramento. Se si è intenzionati a eseguire questa prova ad un certo punto della vita della fune, questa dovrebbe essere soggetta a un esame iniziale il prima possibile/praticabile nella vita della fune (può essere eseguito dal fabbricante della fune, durante, o, preferibilmente, dopo l’installazione), per essere preso come punto di riferimento (a volte detto anche “firma della fune”) per paragoni futuri.[/panel]
[panel]5.6 Ispezione mediante il metodo della prova magneto-induttivo sulla fune (ISO 4309:2017)
Una MRT può essere utilizzata come un aiuto nell’ispezione periodica per determinare la posizione di quelle sezioni di fune che potrebbero essere state soggette a deterioramento.
Se si prevede di eseguire una MRT come parte dell’ispezione periodica, la fune dovrebbe essere sottoposta, il prima possibile nella vita della fune stessa, ad un esame iniziale (traccia di base) da utilizzare come punto di riferimento “dato” (a volte detto “firma della fune”) per paragoni futuri.
Si dovrebbe utilizzare una MRT dove potrebbero esistere difetti che potrebbero non essere identificati mediante il solo esame visivo e deve essere eseguita unitamente ad un esame visivo.
Quando non vi sia una norma internazionale specifica disponibile per la certificazione degli stessi dispositivi MRT, si dovrebbe prendere come riferimento le norme che trattano gli argomenti strumentazione verifica degli strumenti, per esempio EN 12927 o ASTM E157-11(2016)e1.
Nota Alcune limitazioni della MRT sono:
- può essere utilizzata solo per funi di acciaio ferromagnetiche; - se lo spazio tra le estremità dei fili rotti è più piccolo della sensibilità dello strumento; e - difficoltà di posizionamento della testa di misura sulla fune, per esempio vicino alle estremità o alle pulegge di bilanciamento.[/panel]
Con la pubblicazione della norma ISO 4309:2017, che viene introdotta una descrizione più particolareggiata della metodologia magneto-induttiva, (MRT) entra nella tabella dei metodi di valutazione di una fune. Vengono definiti nuovi criteri di scarto da utilizzare con questo metodo e viene posta l'attenzione sul fatto che, oltre ad un aiuto all'ispezione visiva, il MRT è anche la soluzione principale da utilizzare quando si deve operare una ispezione interna della fune (Annex D: 'Quando il tecnico decide che è necessaria una ispezione interna della fune e il metodo magneto-induttivo non può essere applicato, è possibile aprire localmente la fune con le apposite morse').
[panel]Appendice C Criteri di scarto per la MRT
C.1 Difetto localizzato (LF)
Per il calcolo della perdita di area metallica risultante da rotture dei fili, si dovrebbe determinare il diametro effettivo dei fili rotti. Se ciò non è possibile, si può considerare per il calcolo il diametro massimo dei fili della fune, escludendo i filler. La perdita di area metallica risultante dall'LF è determinata indipendentemente dalla formazione della fune.
I valori di scarto per la perdita di area metallica possono essere letti su una lunghezza di 6d o su una lunghezza di 30d nel prospetto C.1. [...][/panel]
[panel]Appendice D Ispezione interna di una fune mediante l’utilizzo di morsetti
D.1 Generalità
Quando la persona competente decide che è necessaria un’ispezione interna in servizio, e una MRT non è possibile, l'ispezione dovrebbe essere eseguita con estrema cura, così da evitare danneggiamenti permanenti e/o deformazioni della fune. Nella pratica, quest’operazione è più agevole quando la fune è stesa per terra piuttosto che in servizio.
Non tutti i tipi e/o dimensioni di fune possono essere aperte abbastanza da permetterne una valutazione delle condizioni interne.
Se eseguita, generalmente è limitata ai punti in cui un esame visivo crea dei dubbi sulle condizioni interne della fune e dovrebbe essere eseguita senza alcuna tensione sulla fune.
Nota Si può acquisire esperienza sul deterioramento di una fune sottoponendo la fune scartata a un’ispezione dettagliata dopo averla posta fuori servizio, svolgendo la fune ed esponendo gli elementi interni, che altrimenti non sarebbero visibili con la fune in servizio. Questo ha occasionalmente rivelato una condizione della fune peggiore di quella presunta durante l'esame visivo periodico di routine, persino vicina alla rottura.
D.2 Procedura
D.2.1 Esame generale della fune
Attaccare saldamente due morsetti alla fune [vedere figura D.1a)] e notare la loro posizione. Le ganasce dovrebbero essere:
a) di una dimensione in grado di stringere la fune senza distorcerla, e b) fatte di un materiale che consenta l’apertura della fune senza scivolare, danneggiandola.
Per favorire il procedimento, le ganasce possono essere dotate di inserti, come quelli di cuoio.
Girare i morsetti nella direzione opposta rispetto all’avvolgimento della fune, cosicché i trefoli esterni si separino e si spostino lontano dall’anima o dal centro della fune, aprendola. Assicurarsi che i trefoli non siano spostati eccessivamente.
Quando la fune si apre leggermente, può essere utilizzata una piccola sonda, come un ago a “T” (cacciavite modificato) per rimuovere grasso o detriti, che potrebbero altrimenti ostacolare l’osservazione dell’interno della fune.
Dovrebbe essere osservato quanto segue:
- il livello di ogni la corrosione; - ogni intaccatura dei fili (a causa di pressione o usura); - la presenza di fili rotti nei trefoli esterni e nell’anima o centro della fune (questi potrebbero non essere facilmente visibili);
- lo stato di lubrificazione interna.
Uno strato di lubrificante dovrebbe essere applicato sulla sezione aperta della fune prima di richiuderla.
I morsetti dovrebbero essere ruotati con forza moderata per richiudere la fune e per assicurarsi il corretto riposizionamento dei trefoli esterni intorno all’anima o centro della fune. Per fare ciò, spesso è necessario spostare i morsetti oltre la posizione iniziale originale.
Dopo aver rimosso le ganasce, ma prima di rimettere in funzione la gru, la fune dovrebbe essere lubrificata in prossimità del punto dove è stato eseguito l'esame.
D.2.2 Esame della fune vicino a una terminazione
In questa posizione è sufficiente usare un solo morsetto dal momento che il sistema di ancoraggio terminale, oppure una barra opportunamente posta attraverso la parte finale della terminazione, generalmente assicura l’immobilizzazione dell’estremità [vedere figura D.1b)].
L’esame dovrebbe essere condotto come descritto nel punto D.2.1.
Figura D.1 Esame interno a) Sezione di fune continua (tensione zero)
Figura D.1 Esame interno b) Un'estremità della fune, vicino al terminale (tensione zero)[/panel]
________
I controlli previsti ISO 4309:2017
La tabella 1 definisce infatti i "modi di deterioramento" che sono nell'ordine:
1. Fili rotti visibili 2. Perdita di materiale metallico dovuta alla presenza di fili rotti 3. Decremento del diametro 4. Perdita di materiale metallico dovuta a fenomeni diversi rispetto a fili rotti (usura, corrosione, etc.) 5. Rottura dei trefoli 6. Corrosione (esterna, interna e fretting) 7. Deformazioni 8. Danni meccanici 9. Danni dovuti a sovratemperature (ad esempio fulminazioni)
Per tutti questi modi di deterioramento il tecnico deve dare una valutazione, espressa da un 'severtity rating' che esprime il grado di usura relativo al singolo danneggiamento. La norma definisce poi i cosiddetti 'assessment methods' e cioè i metodi di valutazione per ciascuno dei modi di deterioramento.
Nota - In rosso, i modi di deterioramento che prevedono oltre alla Ispezione visiva l'MRT.
Tabella 1 della ISO 4309:2017
Tabella 1 della ISO 4309:2011
[box-info]Dal confronto tra i metodi riportati nella tabella 1 della ISO 4309:2011 con quelli della tabella 1 della ISO 4309:2017, si evince la nuova introduzione del metodo MRT nella versione più recente della norma. Nella versione precedente il metodo veiene solo consigliato, al punto 5.6 (ISO 4309:2011), come un aiuto nell’ispezione visiva per determinare la posizione delle sezioni di fune che potrebbe aver sofferto di deterioramento.[/box-info]
_______
La tecnica MRT
La tecnica magneto induttiva (MRT) per l’esame di funi metalliche è un metodo di controllo non distruttivo che può essere applicato sulla maggior parte delle funi in esercizio, sia negli impianti di trasporto pubblico e privato, che nell’impiantistica di cantiere e industriale.
Questa tecnica consiste nel far scorrere la fune metallica attraverso un'apparecchiatura magneto-induttiva che genera un campo al suo interno. L’apparecchiatura è collegata a un registratore, il quale registra il flusso magnetico che attraversa la fune stessa.
Un qualsiasi difetto (normalmente tradotto come diminuzione di sezione, in quanto si ricercano fili dei trefoli rotti, schiacciamenti, interruzioni locali, ecc.) provoca una variazione locale e totale del campo originariamente indotto.
In termini di acquisizione, qualora si registri un segnale anomalo (picco) dovuto a un difetto, se ne potrà confrontare qualitativamente l’ampiezza con un segnale di riferimento dovuto a fili di test (posti su di un tratto della fune, per simulare un aumento di sezione).
Novità ISO 4309:2017
La quinta edizione della ISO 4309:2017 abroga e sostituisce la quarta edizione (ISO 4309:2010), l'Ed. 2017 è stata tecnicamente revisionata e contiene numerose modifiche riportate di seguito.
1. Introduzione del controllo MRT (Magnetic Rope Test – Controllo Elettromagnetico delle Funi) e i criteri di scarto, come un aiuto nell’ispezione interna delle funi metalliche. Sono date indicazioni su quando usare il controllo elettromagnetico delle funi e come combinare i risultati con quelli di altre ispezioni ed è fornito un esempio di report MRT.
2. Oltre a comprendere la guida allo stoccaggio, maneggio, installazione e manutenzione, questo documento fornisce i criteri di scarto per quelle funi che sono soggette ad avvolgimenti multi-strato, caso in cui sia l’esperienza sia le prove dimostrano che il deterioramento è significativamente maggiore nelle zone di inversione sul tamburo rispetto alle altre parti della fune nel sistema.
3. La normativa indica le principali cause di deterioramento della fune, indicando come metodo di valutazione per quelle esterne il metodo visivo, per quelle interne (perdita di sezione metallica causata da fili rotti, corrosione, logoramento, deterioramento dell'anima e sfregamento) il metodo visivo e il controllo magneto induttivo MRT.
4. Al punto 5.6 che il controllo MRT dovrebbe essere usato laddove potrebbero esistere difetti che potrebbero non essere identificati mediante la sola ispezione visiva (difetti precedentemente indicati).
5. Nell'allegato F si aggiunge che nel caso di funi antigirevoli, vi è la possibilità che la maggior parte delle rotture dei fili si verifichi all’interno e sia dunque di difficile individuazione durante l’ispezione visiva.
Immagini
Figura 1 - Tester MRT: Rivelatore/Sensore/Sistema di acquisizione
Figura 2 - Tester MRT: Rivelatore/Sensore
Figura 3 - Tester MRT sistema compatto
Figura 4 - Tester MRT schema funzionamento
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E.3 Prova magneto / induttiva - Rapporto (ISO 4309:2017)
[...] segue in allegato documento di approfondimento e moduli per ispezioni (formato .docx)
Lavoro notturno: Quadro Normativo e Sicurezza / Update Giugno 2022
ID 6232 | Rev. 4.0 del 12.06.2022 / Documento di lavoro completo allegato
In allegato Documento completo con raccordo normativa alla data e altri Documenti d'interesse in merito.
[box-note]Update 12 Giugno 2022
Aggiornata la sezione Sorveglianza sanitaria, anche con riferimento alla Periodicità per lavoratori con turni di notte ma non definiti "notturni" ai sensi del D.Lgs. 8 aprile 2003 n.66 (letteratura).
In letteratura - Prof. Giovanni Costa - UNI MI - Lavoro a turni e notturno-organizzazione degli orari di lavoro e riflessi sulla salute 2003, sono presenti riferimenti che propongono una diversa periodicità della sorveglianza sanitaria sulla base della graduazione del rischio:
Biennale: per numero turni > 60 notti/anno (rischio significativo); Triennale: per numero turni compreso fra 30 e 60 notti/anno; Quadriennale: per numero turni < 30 notti/anno.[/box-note]
[box-note]Update 15 Marzo 2022
IARC Monographs Volume 124 - Night Shift Work / Lavoro notturno IARC
Lo IARC, Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, con la Monografia Volume 124, analizza la correlazione e gli effetti del lavoro notturno con alcuni fattori chiave dello sviluppo del cancro quali l'immunodepressione, l'infiammazione cronica e la proliferazione cellulare (associazioni positive tra il lavoro notturno /cancro).
Turni di lavoro di notte: Gruppo 2A probabili cancerogeni per l’uomo
Gli studi caso-controllo più ampi e di più alta qualità hanno evidenziato associazioni positive tra il lavoro notturno e tumori della mammella, della prostata, del colon e del retto. Anche sulla base degli studi effettuati sugli animali, la IARC ha classificato i turni di notte come probabili cancerogeni per l’uomo.
Non è pensabile l’eliminazione dei turni di notte ma è auspicabile un loro attento utilizzo limitandolo ad esempio a non più di 2 turni a settimana e per non più di qualche anno consecutivo.[/box-note]
Nota INL n. 1438 del 14 febbraio 2019, richiesta di parere in ordine ai limiti dell’orario di lavoro notturno ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 8 aprile 2003 n.66. - periodo di riferimento sul quale calcolare come media il suddetto limite (data pubblicazione 15 febbraio 2019).
- Nota INL n. 1050 del 26 Novembre 2020, lavoratore notturno - definizione - chiarimenti. - Nota INL n. 1438 del 14 febbraio 2019, richiesta di parere in ordine ai limiti dell’orario di lavoro notturno ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 8 aprile 2003 n.66. - periodo di riferimento sul quale calcolare come media il suddetto limite (data pubblicazione 15 febbraio 2019). - D.Lgs. 26 novembre 1999, n. 532. Disposizioni in materia di lavoro notturno, a norma dell'articolo 17, comma 2, della L. 5 febbraio 1999, n. 25. G.U. 21 gennaio 2000, n. 16 (GU n.237 del 8-10-1999) - D.Lgs. 8 aprile 2003 n.66. Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU n. 87 del 14 aprile 2003 - SO n. 61) - Circolare MPLS n. 8 del 3 marzo 2005. Disciplina di alcuni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (D.lgs. 66/2003; D.lgs. 213/2004) - Legge 17 ottobre 1967 n. 977. Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti (GU n.276 del 06-11-1967)
Sono circa 3 milioni i lavoratori italiani che svolgono lavoro notturno. Il lavoro notturno è un fenomeno in crescita in quanto molte attività richiedono oggi una turnazione di lavoro sul periodo notturno. La prestazione di lavoro notturno rappresenta un obbligo per il lavoratore che ne sia richiesto. Tuttavia la legge (D.Lgs.66/2003) individua espressamente alcune categorie di lavoratori che hanno diritto ad essere esclusi (su loro richiesta) dall'obbligo, rimettendo, altresì, alla contrattazione collettiva la facoltà di estensione della categoria dei soggetti esonerabili.
Definizione di Lavoratore notturno
Si definisce lavoratore notturno (in generale / in assenza di disciplina collettiva) colui il quale svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero durante il periodo notturno (*) per almeno ottanta giorni lavorativi all’anno (Nota INL n. 1050/2020)
(*) Vedasi a seguire per la definizione di periodo notturno
1. Rischi salute e sicurezza nel lavoro notturno
Le alterazioni del ciclo sonno veglia hanno degli effetti negativi di lungo periodo sull’organismo dei lavoratori, come un maggior rischio di malattie cardiovascolari e oncologiche, che aumenta in modo proporzionale al numero di anni spesi adottando ritmi sfasati.
Questo tipo di impiego non segue il convenzionale periodo lavorativo di 8 ore diurne, bensì è caratterizzato da turni notturni, turni a rotazione oppure da ritmi di lavoro irregolari per periodicità. Se paragonati con individui che lavorano le tipiche 8 ore diurne, i soggetti che lavorano a turni, hanno un maggiore rischio di problemi di salute.
Il lavoro a turni, soprattutto se comprende turni notturni, rappresenta una condizione di stress per l’organismo perché va a sconvolgere il normale ritmo del ciclo sonno/veglia inducendo cambiamenti nella normale variabilità circadiana delle funzioni biologiche come per esempio: la temperatura corporea, la produzione di urina, la secrezione di alcuni ormoni. Il lavoratore lamenta quindi stanchezza, svogliatezza, apatia e a lungo andare può avere ripercussioni vere e proprie sulla salute. In particolare a breve termine si può andare incontro a:
- disturbi del sonno (i più comuni); - problemi digestivi; - stress; - aumento di peso.
Sul lungo periodo inoltre il lavoratore a turni può andare incontro a:
Relativamente agli infortuni, le professioni maggiormente esposte al rischio di infortunio, gli autisti risultano maggiormente soggetti (incidenza pari al 6,4% del totale), seguiti da infermieri (5,2%), guardie giurate (4,8%) e operatori ecologici (4,2%). (Dati 2010) ...
2. IARC: il lavoro notturno è probabilmente cancerogeno per l’uomo ...
3. Normativa di riferimento
- D.Lgs. 26 novembre 1999, n. 532. Disposizioni in materia di lavoro notturno, a norma dell'articolo 17, comma 2, della L. 5 febbraio 1999, n. 25. G.U. 21 gennaio 2000, n. 16 (GU n. 237 del 8 ottobre 1999)
- D.Lgs. 8 aprile 2003 n.66. Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU n. 87 del 14 aprile 2003 - SO n. 61)
- Circolare MPLS n. 8 del 3 marzo 2005. Disciplina di alcuni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (D.lgs. 66/2003; D.lgs. 213/2004)
- Legge 17 ottobre 1967 n. 977. Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti (GU n.276 del 06 novembre 1967)
- Nota INL n. 1438 del 14 febbraio 2019, richiesta di parere in ordine ai limiti dell’orario di lavoro notturno ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 8 aprile 2003 n.66. - periodo di riferimento sul quale calcolare come media il suddetto limite (data pubblicazione 15 febbraio 2019).
[alert]Il lavoro notturno è regolamentato dal D.Lgs. 66/2003 che ha recepito la direttive europee 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti alcuni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro. Il decreto citato fornisce le seguenti definizioni di periodo notturno e lavoratore notturno, riprendendo in massima parte quanto già definito dalla normativa precedentemente esistente (D.Lgs. 532/99). In particolare viene definito come "periodo notturno" un periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino. In questo periodo rientrano quindi gli orari 22-5, 23-6, 24-7 e, ovviamente, orari di maggiore durata comprendenti i precedenti.[/alert]
4. Definizioni
- Periodo notturno il “periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino“.
Es: Periodo A 22.00 ± 05.00 Periodo B 23.00 ± 06.00 Periodo C 24.00 ± 07.00
- Lavoratore notturno, alternativamente:
1. qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale (lavoratore notturno orizzontale);
Es.: 3 ore nei peruidi notturni B o C
2. qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. In difetto di disciplina collettiva e' considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga (per almeno tre ore) lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all'anno; il suddetto limite minimo e' riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale. (lavoratore notturno verticale).
Es: Parte del lavoro del suo lavoro nel periodo notturno C 22.30 ± 02.30
(*) Il suddetto limite minimo e' riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale.
Tale limite minimo va riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale. La disciplina collettiva può, in considerazione delle specifiche mansioni svolte dal lavoratore e delle peculiarità di ciascun settore di attività, estendere l’arco temporale di riferimento e/o i parametri per l’individuazione dei lavoratori interessati.
Discipline particolari, in deroga alla normativa generale, sono previste per particolari categorie di lavoratori, tra cui i dirigenti, il personale viaggiante dei settori relativi al trasporto stradale, ferroviario, aereo, marittimo e gli altri lavoratori che, in buona sostanza, dispongono del potere di determinazione autonoma del proprio tempo di lavoro.
Non sono inoltre obbligati a prestare lavoro notturno:
- la lavoratrice madre di un figlio di eta' inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa;
- la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di eta' inferiore a dodici anni;
- la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall'ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di eta' o, in alternativa ed alle stesse condizioni, il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa;
- la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.
In caso di soggetti minorenni, il lavoro notturno è sempre assolutamente vietato; specifiche deroghe sono tuttavia ammesse per:
- Attività di carattere culturale, artistico, sportivo, pubblicitario, purchè non si protragga oltre le ore 24; - Minore con più di 16 anni per casi di forza maggiore ed esclusivamente per il tempo strettamente necessario; - Casistica ulteriore esplicitamente prevista dai CCNL.
5. Durata del lavoro notturno
All'Art.13 del D. Lgs.66/2003 stabilisce che l’orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore, salva l’individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite.
Il Ministero del Lavoro ha specificato che, in mancanza di una esplicita previsione normativa, il limite può essere applicato su di un periodo di riferimento pari alla settimana lavorativa.
6. Sorveglianza sanitaria
Riguardo agli accertamenti sanitari si precisa che il lavoratore, per poter svolgere prestazioni di lavoro notturno, deve essere ritenuto idoneo mediante accertamento ad opera delle strutture sanitarie pubbliche competenti o per il tramite del medico competente.
Oltre a questa iniziale valutazione che deve precedere l'esecuzione di prestazioni di lavoro notturno, lo stato di salute dei lavoratori notturni deve essere periodicamente verificato. La periodicità di tali controlli è individuata dal legislatore in almeno due anni. In ogni caso tali controlli devono avvenire a cura e spese del datore di lavoro.
Art. 14 Tutela in caso di prestazioni di lavoro notturno
1. La valutazione dello stato di salute dei lavoratori notturni deve avvenire a cura e a spese del datore di lavoro, o per il tramite delle competenti strutture sanitarie pubbliche di cui all'articolo 11 o per il tramite del medico competente di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, attraverso controlli preventivi e periodici, almeno ogni due anni, volti a verificare l'assenza di controindicazioni al lavoro notturno a cui sono adibiti i lavoratori stessi. …[/box-note]
(*)Periodicità SS per lavoratori con turni di notte ma non definiti "notturni" ai sensi del D.Lgs. 8 aprile 2003 n.66 (letteratura).
7. Trasferimento a lavoro diurno
In caso sopraggiungano condizioni di salute, comprovate dal medico competente, che comportano l’ inidoneità al lavoro notturno, il lavoratore sarà assegnato ad altre mansioni diurne. Sono demandate alla contrattazione le modalità applicative. Nel caso in cui ciò non risulti possibile l'assegnazione a mansioni diurne, è demandato alla contrattazione definire le soluzioni.
8. Valutazione dei Rischi e misure di prevenzione e protezione.
Il lavoro notturno rappresenta un fattore di rischio per la salute e sicurezza dei lavoratori per due motivi:
- da un lato è una condizione che pone l’individuo in una situazione biologica di maggiore vulnerabilità ad alcuni fattori di rischio - d’altro lato lunghi periodi di lavoro notturno sono di per sé un fattore di rischio in quanto potenzialmente nocivi per la salute.
Conseguentemente, la normativa stabilisce che:
1) i lavoratori notturni e i lavoratori a turni devono beneficiare di un livello di protezione in materia di sicurezza e di salute adattato alla natura del loro lavoro;
2) i servizi e i mezzi appropriati di protezione e prevenzione in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori notturni e dei lavoratori a turni devono essere equivalenti a quelli applicabili agli altri lavoratori e siano disponibili in qualsiasi momento.
Un gruppo di lavoro costituito dalla Regione Emilia-Romagna ha prodotto nel 2004 un articolato documento, pubblicato sulla rivista Lavoro e Salute (allegato), contenente indicazioni di prevenzione per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori notturni, di cui di seguito si riportano alcuni dei principali elementi utili per la corretta gestione del rischio.
Il lavoro notturno può essere un’aggravante rispetto ai rischi già individuati e comuni al lavoro diurno. La risposta richiede l’analisi delle misure di prevenzione e protezione e dei servizi predisposti in azienda.
Per esempio, in caso di infortunio a rischio biologico in struttura sanitaria che avvenga di notte l’assistenza e le procedure post-esposizione devono essere tempestive come durante il giorno. Ancora, in caso di un’attività di controllo di impianti complessi l’illuminazione, la cartellonistica e i servizi di pronto soccorso devono essere equivalenti a quelli presenti di giorno.
E’ necessario individuare le misure che nella specifica situazione adattano i turni al ciclo biologico e mitigano il lavoro notturno (es. pause, riduzione carichi di lavoro)
Nel Documento di Valutazione dei Rischi devono essere indicati i risultati della valutazione e i criteri utilizzati per considerare il rischio da lavoro notturno.
Il lavoro notturno può essere legato ai "Lavori usuranti", vedasi anche l'articolo sui Lavori usuranti di cui al D.Lgs. 67/2011.
1. Le disposizioni contenute nel presente decreto, nel dare attuazione organica alla direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, cosi' come modificata dalla direttiva 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 2000, sono dirette a regolamentare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, e nel pieno rispetto del ruolo della autonomia negoziale collettiva, i profili di disciplina del rapporto di lavoro connessi alla organizzazione dell'orario di lavoro.
2. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intende per:
a) "orario di lavoro": qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attivita' o delle sue funzioni:
b) "periodo di riposo": qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro;
c) "lavoro straordinario": e' il lavoro prestato oltre l'orario normale di lavoro cosi' come definito all'articolo 3;
d) "periodo notturno": periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino;
e) "lavoratore notturno":
1) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
2) qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. In difetto di disciplina collettiva e' considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga ((per almeno tre ore)) lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all'anno; il suddetto limite minimo e' riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale;
f) "lavoro a turni": qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro anche a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che puo' essere di tipo continuo o discontinuo, e il quale comporti la necessita' per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo determinato di giorni o di settimane;
g) "lavoratore a turni": qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni;
h) "lavoratore mobile": qualsiasi lavoratore impiegato quale membro del personale viaggiante o di volo presso una impresa che effettua servizi di trasporto passeggeri o merci ((sia per conto proprio che per conto di terzi)) su strada, per via aerea o per via navigabile, o a impianto fisso non ferroviario;
i) "lavoro offshore": l'attivita' svolta prevalentemente su una installazione offshore (compresi gli impianti di perforazione) o a partire da essa, direttamente o indirettamente legata alla esplorazione, alla estrazione o allo sfruttamento di risorse minerali, compresi gli idrocarburi, nonche' le attivita' di immersione collegate a tali attivita', effettuate sia a partire da una installazione offshore che da una nave;
l) "riposo adeguato": il fatto che i lavoratori dispongano di periodi di riposo regolari, la cui durata e' espressa in unita' di tempo, e sufficientemente lunghi e continui per evitare che essi, a causa della stanchezza della fatica o di altri fattori che perturbano la organizzazione del lavoro, causino lesioni a se stessi, ad altri lavoratori o a terzi o danneggino la loro salute, a breve o a lungo termine;
m) "contratti collettivi di lavoro": contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative. ...
Art. 11 Limitazioni al lavoro notturno
1. L'inidoneita' al lavoro notturno puo' essere accertata attraverso le competenti strutture sanitarie pubbliche.
2. I contratti collettivi stabiliscono i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall'obbligo di effettuare lavoro notturno. E' in ogni caso vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di eta' del bambino.
Non sono inoltre obbligati a prestare lavoro notturno:
a) la lavoratrice madre di un figlio di eta' inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa;
b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di eta' inferiore a dodici anni;
b-bis) la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall'ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di eta' o, in alternativa ed alle stesse condizioni, il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa;
c) la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.
Art. 12 Modalita' di organizzazione del lavoro notturno e obblighi di comunicazione
1. L'introduzione del lavoro notturno deve essere preceduta, secondo i criteri e con le modalita' previsti dai contratti collettivi, dalla consultazione delle rappresentanze sindacali in azienda, se costituite, aderenti alle organizzazioni firmatarie del contratto collettivo applicato dall'impresa. In mancanza, tale consultazione va effettuata con le organizzazioni territoriali dei lavoratori come sopra definite per il tramite dell'Associazione cui l'azienda aderisca o conferisca mandato. La consultazione va effettuata e conclusa entro un periodo di sette giorni.
2. ((COMMA ABROGATO DAL D.L. 25 GIUGNO 2008, N. 112, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI, DALLA L. 6 AGOSTO 2008, N. 133)).
Art. 13 Durata del lavoro notturno
1. L'orario di lavoro dei lavoratori notturni non puo' superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore, salva l'individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento piu' ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite.
2. E' affidata alla contrattazione collettiva l'eventuale definizione delle riduzioni dell'orario di lavoro o dei trattamenti economici indennitari nei confronti dei lavoratori notturni. Sono fatte salve le disposizioni della contrattazione collettiva in materia di trattamenti economici e riduzioni di orario per i lavoratori notturni anche se non concesse a titolo specifico.
3. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa consultazione delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente piu' rappresentative e delle organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, viene stabilito un elenco delle lavorazioni che comportano rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali, il cui limite e' di otto ore nel corso di ogni periodo di ventiquattro ore.
4. Il periodo minimo di riposo settimanale non viene preso in considerazione per il computo della media quando coincida con il periodo di riferimento stabilito dai contratti collettivi di cui al comma 1.
5. Con riferimento al settore della panificazione non industriale la media di cui al comma 1 del presente articolo va riferita alla settimana lavorativa.
Art. 14 Tutela in caso di prestazioni di lavoro notturno
1. La valutazione dello stato di salute dei lavoratori notturni deve avvenire a cura e a spese del datore di lavoro, o per il tramite delle competenti strutture sanitarie pubbliche di cui all'articolo 11 o per il tramite del medico competente di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, attraverso controlli preventivi e periodici, almeno ogni due anni, volti a verificare l'assenza di controindicazioni al lavoro notturno a cui sono adibiti i lavoratori stessi.
2. Durante il lavoro notturno il datore di lavoro garantisce, previa informativa alle rappresentanze sindacali di cui all'articolo 12, un livello di servizi o di mezzi di prevenzione o di protezione adeguato ed equivalente a quello previsto per il turno diurno.
3. Il datore di lavoro, previa consultazione con le rappresentanze sindacali di cui all'articolo 12, dispone, ai sensi degli articoli 40 e seguenti del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per i lavoratori notturni che effettuano le lavorazioni che comportano rischi particolari di cui all'elenco definito dall'articolo 13, comma 3, appropriate misure di protezione personale e collettiva.
4. I contratti collettivi di lavoro possono prevedere modalita' e specifiche misure di prevenzione relativamente alle prestazioni di lavoro notturno di particolari categorie di lavoratori, quali quelle individuate con riferimento alla legge 5 giugno 1990, n. 135, e alla legge 26 giugno 1990, n. 162.
Art. 15 Trasferimento al lavoro diurno
1. Qualora sopraggiungano condizioni di salute che comportino l'inidoneita' alla prestazione di lavoro notturno, accertata dal medico competente o dalle strutture sanitarie pubbliche, il lavoratore verra' assegnato al lavoro diurno, in altre mansioni equivalenti, se esistenti e disponibili.
2. La contrattazione collettiva definisce le modalita' di applicazione delle disposizioni di cui al comma precedente e individua le soluzioni nel caso in cui l'assegnazione prevista dal comma citato non risulti applicabile. CAPO V Disposizioni finali e deroghe
Art. 17 Deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno, durata massima settimanale. ...[/panel] _______
1. I lavoratori notturni devono essere sottoposti a cura e a spese del datore di lavoro, per il tramite del medico competente di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242:
a) ad accertamenti preventivi volti a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro notturno a cui sono adibiti; b) ad accertamenti periodici almeno ogni due anni per controllare il loro stato di salute; c) ad accertamenti in caso di evidenti condizioni di salute incompatibili con il lavoro notturno ...
Art. 9. Doveri di informazione
1. Il datore di lavoro, prima dell'adibizione al lavoro, informa i lavoratori notturni e il rappresentante della sicurezza sui maggiori rischi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno, ove presenti.
2. Il datore di lavoro garantisce l'informazione sui servizi per la prevenzione e la sicurezza, nonche' la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, ovvero delle organizzazioni sindacali di cui all'articolo 8, per le lavorazioni che comportano i rischi particolari di cui all'articolo 4, comma 2.
Art. 10. Comunicazione del lavoro notturno
1. Il datore di lavoro informa per iscritto la direzione provinciale del lavoro - settore ispezione del lavoro, competente per territorio, con periodicita' annuale, dell'esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuativo o compreso in regolari turni periodici, quando esso non sia previsto dal contratto collettivo; tale informativa va estesa alle organizzazioni sindacali di cui all'articolo 8. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 12 del regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955.
Art. 11. Misure di protezione personale e collettiva
1. Durante il lavoro notturno il datore di lavoro garantisce, previa informativa alle rappresentanze sindacali di cui all'articolo 8, un livello di servizi e di mezzi di prevenzione o di protezione adeguati alle caratteristiche del lavoro notturno e assicura un livello di servizi equivalente a quello previsto per il turno diurno.
2. Il datore di lavoro, previa consultazione con le rappresentanze sindacali di cui all'articolo 8, dispone, ai sensi degli articoli 40 e seguenti del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per i lavoratori notturni che effettuano le lavorazioni che comportano rischi particolari di cui all'elenco definito dall'articolo 4, comma 2, appropriate misure di protezione personale e collettiva.
3. I contratti collettivi possono prevedere modalita' e specifiche misure di prevenzione relativamente alle prestazioni di lavoro notturno di particolari categorie di lavoratori, quali quelle individuate con riferimento alla legge 5 giugno 1990, n. 135, e alla legge 26 giugno 1990, n. 162. ...[/panel]
Art. 15. 1. E' vietato adibire i minori al lavoro notturno, salvo quanto disposto dall'articolo 17.
2. Con il termine ''notte'' si intende un periodo di almeno 12 ore consecutive comprendente l'intervallo tra le ore 22 e le ore 6, o tra le ore 23 e le ore 7. Tali periodi possono essere interrotti nei casi di attivita' caratterizzate da periodi di lavoro frazionati o di breve durata nella giornata. .... Art. 17. 1. In deroga a quanto stabilito dall'articolo 15, la prestazione lavorativa del minore impiegato nelle attivita' di cui all'articolo 4, comma 2, puo' protrarsi non oltre le ore 24. In tale caso il minore deve godere, a prestazione compiuta, di un periodo di riposo di almeno 14 ore consecutive.
2. Gli adolescenti che hanno compiuto 16 anni possono essere, eccezionalmente e per il tempo strettamente necessario, adibiti al lavoro notturno quando si verifica un caso di forza maggiore che ostacola il funzionamento dell'azienda, purche' tale lavoro sia temporaneo e non ammetta ritardi, non siano disponibili lavoratori adulti e siano concessi periodi equivalenti di riposo compensativo entro tre settimane. Il datore di lavoro deve dare immediata comunicazione alla direzione provinciale del lavoro indicando i nominativi dei lavoratori, le condizioni costituenti la forza maggiore, le ore di lavoro. ...[/panel]
Il radon è un gas naturale (Rn) presente maniera diffusa e varia sul territorio italiano solitamente montano o vulcanico (oggetto di monitoraggio da parte dell’Istituto Superiore di Sanità attraverso l’Archivio Nazionale Radon) che, decadendo, si attacca al particolato dell’aria e penetra nell’organismo tramite le vie respiratorie. Le Regioni a maggior rischio di emissione sono Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio e Lombardia.
Il rischio radon riguarda l’effetto biologico che può indurre a mutazioni genetiche, causando possibili tumori e leucemie. La presenza di radon è possibile anche in alcune rocce impiegate come materiali in edilizia, come il tufo, la pozzolana e il peperino.
I lavoratori esposti a rischio radon sono soprattutto quelli che svolgono le loro mansioni nel sottosuolo, in cunicoli e gallerie, ma anche quelli che si occupano di attività estrattive, raccolta e stoccaggio di materiale abitualmente non considerato radioattivo, ma che può contenere radionuclidi naturali, o lavoratori impiegati in strutture termali. Oltre le dieci ore di presenza mensile, sono compresi anche i lavoratori in luoghi come magazzini, luoghi seminterrati. Sono interessati quindi i luoghi come:
- Locali sotto il livello stradale - Sotterranei, catacombe - Cave - Fungaie - Miniere - Terme - Aerei (radiazione cosmica) - Industria e depositi di fertilizzanti (fosfati) - Lavorazione di alcuni minerali (pirocloro e bauxite) - Lavorazione e deposito di sabbie zirconifere (piastrelle) e materiali refrattari - Lavorazioni di terre rare, torio - Produzione di pigmento colorante al biossido di titanio
[panel]ISPRA
Tra gli anni 80 e 90 è stata realizzata dall’ISPRA, dall’Istituto Superiore della Sanità e dai Centri Regionali di Riferimento della Radioattività Ambientale degli assessorati regionali alla Sanità, oggi confluiti nelle Agenzie per la protezione dell’ambiente regionali e provinciali(ARPA e APPA), un’indagine nazionale rappresentativa sulla esposizione al radon nelle abitazioni. Il valore della concentrazione media è risultato pari a 70 Bq/m3, valore relativamente elevato rispetto alla media mondiale valutata intorno a 40 Bq/m3 e a quella europea di circa 59 Bq/m3.
I risultati dell’indagine nazionale aggregati per Regione mostrano una situazione molto diversificata (fig. 1) con concentrazioni medie regionali che vanno da poche decine di Bq/m3 fino ad oltre 100 Bq/m3 e singole abitazioni che arrivano fino a migliaia di Bq/m3. Tale differenza è dovuta principalmente alle differenti caratteristiche geologiche.[/panel]
Fig 1 - Risultati dell’indagine nazionale sull’esposizione al radon nelle abitazioni (ISPRA)
[panel]IARC
Il radon è un agente cancerogeno che causa un aumento del rischio di contrarre il tumore polmonare. L'Organizzazione Mondiale ) della Sanità (WHO), attraverso l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), ha classificato fin dal 1988 il radon nel Gruppo 1 (IARC Monogrtaphs 43) nel quale sono elencate le sostanze dichiarate cancerogene per l’uomo.
Il radon è un gas inerte ed elettricamente neutro, per cui non reagisce con altre sostanze. Di conseguenza, così come viene inspirato, viene espirato. Tuttavia è anche radioattivo, ossia si trasforma in altri elementi, chiamati prodotti di decadimento del radon o più generalmente "figli". Questi sono elettricamente carichi e si attaccano al particolato presente in aria che può essere inalato e fissarsi sulle superfici dei tessuti polmonari. Gli atomi, così depositati (in particolare due isotopi del polonio, Po-218 e Po-214), sono ancora radioattivi ed emettono radiazioni alfa che possono danneggiare le cellule. I danni prodotti sono generalmente riparati dai meccanismi biologici. In alcuni casi uccidono le cellule, ma esiste anche la probabilità che il danno cellulare sia di tipo degenerativo e che la cellula mantenga la sua capacità di riproduzione entrando a far parte di un processo cancerogeno. Fino ad oggi, anche se ipotizzati, non sono stati dimostrati altri effetti diversi dal tumore polmonare.
È stata dimostrata una forte correlazione tra radon e consumo di tabacco. Per i fumatori il rischio assoluto di un tumore polmonare causato dal radon viene considerato 15-20 volte superiore rispetto al rischio per i non fumatori.[/panel]
Radon nei luoghi di lavoro
Il radon (222Rn) è un gas radioattivo non percepibile dai nostri sensi. E’ un elemento radioattivo di origine naturale, appartenente alla serie dell’Uranio-238 (238U). L’Uranio-238 è presente in tutte le rocce e i suoli: per questo anche il radon è ubiquitariamente diffuso: in particolare il radon (Rn) è un prodotto del decadimento nucleare del Radio all’interno della catena di decadimento dell’uranio. Il suo isotopo più stabile è il radon-222 che decade nel giro di pochi giorni, emettendo radiazioni ionizzanti di tipo alfa e formando i suoi cosiddetti prodotti di decadimento o “figli”, tra cui il polonio-218 e il polonio-214 che emettono anch’essi radiazioni alfa.
La radioattività del radon si misura in Becquerel (Bq), dove 1 Becquerel corrisponde alla trasformazione di un nucleo atomico al secondo.
La concentrazione nell’aria si esprime in Bq/metro3, indicando così il numero di trasformazioni al secondo che avvengono in un metro3 d’aria.
Il radon ed i prodotti del suo decadimento radioattivo forniscono il contributo più rilevante alla dose da radiazioni che gli individui ricevono dalle sorgenti naturali di radiazioni ionizzanti (valore medio mondiale: 1,2 millisievert per anno - mSv/anno).
Il radon, inoltre, è un elemento appartenente al gruppo dei gas nobili, quindi in natura è chimicamente inerte e lo troviamo in atmosfera o nei fluidi (acqua, gas del sottosuolo, ecc.) come gas monoatomico.
Il radon si forma nel sottosuolo e tende ad allontanarsi dal sito iniziale per fuoriuscire in atmosfera: in genere le concentrazioni di radon in aria esterna (radon outdoor) sono comunque molto basse, dell’ordine di pochi Bq/m3.
In Italia alcuni studi stimano una concentrazione di radon outdoor di 10 Bq/m3.
Diversamente, quando sul suolo sorge un edificio, il radon può penetrarvi e permanere raggiungendo concentrazioni in aria anche elevate (radon indoor): per tale ragione, dal punto di vista sanitario, il radon viene considerato un fattore di rischio tipico degli ambienti confinati.
Il radon indoor è ubiquitariamente presente: negli ambienti di vita, di lavoro, negli edifici pubblici (scuole, ospedali, ecc.), in quelli ricreativi (cinema, palestre, ecc.). La natura geologica del sito, la tipologia costruttiva dell’edificio, i materiali da costruzione utilizzati, le modalità di ventilazione sono tra i parametri più determinanti la concentrazione di radon indoor.
Il radon è ritenuto il principale fattore di rischio di cancro polmonare per i non fumatori e la seconda causa dopo il fumo di tabacco per i fumatori. Fumo di tabacco e radon hanno un effetto sinergico ed entrambi sono classificati dallo IARC come agenti cancerogeni appartenenti al Gruppo 1(1).
Molteplici studi epidemiologici confermano che l’esposizione al radon (inalazione di radon) aumenta il rischio di cancro polmonare nella popolazione generale. La percentuale di tutti i tumori polmonari attribuibili al radon è stimata tra il 3% e il 14%. Al momento non si hanno evidenze di altri effetti sulla salute. In Italia l’Istituto Superiore di Sanità stima che ogni anno i casi di tumore polmonare attribuibili all’esposizione al radon siano compresi tra 1500 e 5500.
Gli studi epidemiologici hanno confermato anche che non esiste una “valore di concentrazione-soglia” al di sotto della quale l'esposizione al radon non presenti rischi. Anche basse concentrazioni di radon possono causare un piccolo aumento del rischio di cancro ai polmoni: è necessario pertanto far sì che le concentrazioni di radon indoor siano le più basse possibili.
[box-info]Livello di azione D.Lgs. 230/1995 / ante D.Lgs. 101/2020
La normativa italiana vigente fino al 27 agosto 2020 (D.Lgs 230/95), in relazione alla protezione dei lavoratori dall’esposizione al radon nei luoghi di lavoro, prevede un livello di azione (2) pari a 500 Bq/m3, come concentrazione media annua di attività di radon in aria. L’esposizione per un arco di tempo pari a 2000 h/anno (un anno lavorativo) a tale concentrazione determina una corrispondente dose efficace pari a 3 mSv/anno.
- livello di azione: 500 Bq/m3 - dose efficace 3 mSv/anno (2000 h/anno)[/box-info]
[box-note]Livello di azione / post D.Lgs 101/2020
La Direttiva 2013/59/Euratom - recepita in Italia dal D.lgs 101/2020, in vigore dal 27 agosto 2020, ha introdotto nuove disposizioni relative al controllo del radon nei luoghi di lavoro a partire dall’introduzione di un nuovo livello di riferimento(3) pari a 300 Bq/m3, come concentrazione media annua di attività di radon in aria nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni costruite prima del 31/12/2024.
Per le abitazioni costruite dopo tale data il livello di riferimento è posto a 200 Bq/m3.
- livello di azione: 300 Bq/m3 (luoghi di lavoro) - livello di azione: 300 Bq/m3 (abitazioni costruite prima del 31.12.2024)[/box-note]
(1) agenti cancerogeni appartenenti al Gruppo 1: categoria riservata alle sostanze con sufficiente evidenza di cancerogenicità sull’uomo.
(2) livello di azione: in determinata situazione, è il valore di concentrazione di attività di radon in aria o di dose efficace, il cui superamento richiede l'adozione di azioni di rimedio che riducano tale grandezza a livelli più bassi del valore fissato.
(3) livello di riferimento: in determinata situazione, corrispondente alla concentrazione di attività al di sopra del quale si ritiene inopportuno permettere che si verifichino esposizioni, anche se non è un limite che non può essere superato. ...
Valutazione del rischio radon nei luoghi di lavoro
Le norme relative alla protezione dal radon nei luoghi di lavoro si applicano:
- alle attività lavorative svolte in ambienti sotterranei, - negli stabilimenti termali, - nei luoghi di lavoro seminterrati e al piano terra se ubicati in aree prioritarie (opportunamente definite nell’art.11 del D.lgs 101/2020), oppure - se svolti in “specifici luoghi di lavoro” da individuare nell’ambito di quanto previsto dal Piano Nazionale di Azione Radon.
Fig. 1 - Luoghi di lavoro obbligo Valutazione del rischio radon
[box-warning]Dove è richiesta misurazione della concentrazione di radon in aria
Nei luoghi di lavoro sopra citati è richiesta la misurazione della concentrazione di radon in aria media annua e nel caso superi il livello di riferimento, si richiede l’adozione di “misure correttive” volte a ridurre i livelli medi di radon indoor.[/box-warning]
[box-note]Piano Nazionale Azione Radon / Aree prioritarie Radon
Art. 10 Piano nazionale d'azione per il radon (direttiva 59/2013/EURATOM, articolo 103 e allegato XVIII)
1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto (27.08.2021: non pubblicato data documento / ndr), con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali e delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sentito l'ISIN e l'Istituto superiore di sanita' (ISS), e' adottato il Piano nazionale d'azione per il radon, concernente i rischi di lungo termine dovuti all'esposizione al radon.
2. Il Piano si basa sul principio di ottimizzazione di cui all'articolo 1, comma 3, del presente decreto e individua conformemente a quanto previsto all'allegato III:
a) le strategie, i criteri e le modalita' di intervento per prevenire e ridurre i rischi di lungo termine dovuti all'esposizione al radon nelle abitazioni, negli edifici pubblici e nei luoghi di lavoro, anche di nuova costruzione, per qualsiasi fonte di radon, sia essa il suolo, i materiali da costruzione o l'acqua; b) i criteri per la classificazione delle zone in cui si prevede che la concentrazione di radon come media annua superi il livello di riferimento nazionale in un numero significativo di edifici; c) le regole tecniche e i criteri di realizzazione di misure per prevenire l'ingresso del radon negli edifici di nuova costruzione nonche' degli interventi di ristrutturazione su edifici esistenti che coinvolgono l'attacco a terra, inclusi quelli di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b), c) e d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380; d) gli indicatori di efficacia delle azioni pianificate.
3. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del Piano nazionale d'azione per il radon(27.08.2022 / ndr), le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, adeguano i rispettivi ordinamenti alle indicazioni del Piano.
4. Il Piano di cui al comma 1 e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed e' aggiornato con cadenza almeno decennale
Art. 11 Individuazione delle aree prioritarie (direttiva 59/2013/EURATOM, articolo 103, commi 1 e 2 e Allegato XVIII; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articolo 10-sexies).
1. Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, entro ventiquattro mesi dall'entrata in vigore del Piano di cui all'articolo 10(27.08.2022 / ndr), sulla base delle indicazioni e dei criteri tecnici ivi contenuti:
a) individuano le aree in cui si stima che la concentrazione media annua di attivita' di radon in aria superi il livello di riferimento in un numero significativo di edifici; b) definiscono le priorita' d'intervento per i programmi specifici di misurazione al fine della riduzione dei livelli di concentrazione al di sotto dei livelli di riferimento e ne prevedono le modalita' attuative e i tempi di realizzazione.
2. L'elenco delle aree di cui al comma 1, lettera a), e' pubblicato da ciascuna regione e provincia autonoma sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed e' aggiornato ogni volta che il risultato di nuove indagini o una modifica dei criteri lo renda necessario.
3. Fino al termine di cui al comma 1, Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, sulla base di metodologie documentate, effettuano le misurazioni di radon, acquisiscono i relativi dati e individuano le aree prioritarie nelle quali la stima della percentuale di edifici che supera il livello di 300 Bq m-3 e' pari o superiore al 15 per cento, procedendo alla pubblicazione dell'elenco con le modalita' di cui al comma 2. La percentuale degli edifici e' determinata con indagini o misure di radon effettuate o riferite o normalizzate al piano terra.[/box-note]
Vedi Documento:
...
Esperto in interventi di risanamento radon
Il D.lgs 101/2020istituisce la figura dell’ “esperto in interventi di risanamento radon”, professionista che abbia il titolo di ingegnere o architetto o geometra e formazione specifica sull’argomento attestata mediante la frequentazione di corsi di formazione o aggiornamento universitari dedicati, della durata di 60 ore, su progettazione, attuazione, gestione e controllo degli interventi correttivi per la riduzione della concentrazione del Radon negli ambienti.
Nei casi in cui le misure correttive non siano sufficienti ad abbassare la concentrazione media annua di radon indoor inferiore a 300 Bq/m3, si prevede una valutazione dell’esposizione o della dose efficace dei lavoratori e qualora risulti superiore al valore di 6 mSv/anno (o il corrispondente valore di esposizione al radon), tale situazione è da intendersi come una situazione di esposizione pianificata.
Tali adempimenti, sinteticamente descritti, vanno inquadrati nell’ambito degli obblighi previsti dal D.Lgs 81/08, le relazioni delle misurazioni di radon vanno a corredo del documento di valutazione dei rischi. ...
Vedi Documento dedicato
...
La valutazione concentrazione del Radon: tempistiche, interventi, cadenza
La prima valutazione della concentrazione media annua di attività del Radon deve essere effettuata entro 24 mesi dall’inizio dell’attività o dalla definizione delle aree a rischio o dalla identificazione delle specifiche tipologie nel Piano nazionale.
Il documento che viene redatto a seguito della valutazione è parte integrante del Documento di Valutazione del Rischio (articolo 17 del D.lgs. del 9 aprile 2008, n. 81).
Cadenza delle misure:
- Ogni volta che vengono fatti degli interventi strutturali a livello di attacco a terra, o di isolamento termico. - Ogni 8 anni, se il valore di concentrazione è inferiore a 300 Bq m3.
Se viene superato il livello di riferimento di 300 Bq m3, entro due anni vengono adottate misure correttive per abbassare il livello sotto il valore di riferimento.
L’efficacia delle misure viene valutata tramite una nuova valutazione della concentrazione. In particolare:
- A seguito di esito positivo (minore di 300 Bq m3) le misurazioni vengono ripetute ogni 4 anni. - Se la concentrazione risultasse ancora superiore è necessario effettuare la valutazione delle dosi efficaci annue, tramite esperto di radioprotezione che rilascia apposita relazione (il livello di riferimento questo caso è 6 mSv annui).
(*) Se la concentrazione risultasse ancora superiore è necessario effettuare la valutazione delle dosi efficaci annue, tramite esperto di radioprotezione che rilascia apposita relazione (il livello di riferimento questo caso è 6 mSv annui).
Fig. 2 - Schema cadenza misure RADON ...
Soggetti abilitati misurazioni Radon
Le misurazioni della concentrazione media annua di attività di radon in aria sono effettuati da servizi di dosimetria riconosciuti.
La determinazione della dose o dei ratei di dose, e delle altre grandezze tramite le quali possono essere valutati le dosi e i ratei di dose nonché delle attività e concentrazioni di attività, volumetriche o superficiali, di radionuclidi deve essere effettuata con mezzi di misura, adeguati ai diversi tipi e qualità di radiazione, che siano muniti di certificati di taratura secondo la normativa vigente.
I soggetti che svolgono attività di servizio di dosimetria individuale e quelli di cui agli articoli 17, comma 6, 19, comma 4, e 22, comma 6 del D.lgs 101/2020, devono essere riconosciuti idonei nell'ambito delle norme di buona tecnica da istituti previamente abilitati; nel procedimento di riconoscimento si tiene conto dei tipi di apparecchi di misura e delle metodiche impiegate. Con uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'interno e della salute, sentiti l'ISIN, l'Istituto di metrologia primaria delle radiazioni ionizzanti e l'INAIL sono disciplinate le modalità per l'abilitazione dei predetti istituti, tenendo anche conto delle decisioni, delle raccomandazioni e degli orientamenti tecnici forniti dalla Commissione europea o da organismi internazionali.
Sono considerati istituti abilitati l'ISIN e l'INAIL (vedi art. 155). ....
[box-warning]Vedi foglio di calcolo allegato news
Tool di calcolo allegato news per stimare il numero di dosimetri necessario per valutare il rischio radon nella tua attività lavorativa
Radiazioni gamma emesse da materiali da costruzione: metodiche di valutazione del rischio
Le Radiazioni gamma emesse da materiali da costruzione è aspetto è di nuova introduzione nel sistema regolatorio italiano.
Si riferisce ad alcune tipologie di materiali da costruzione presenti sul mercato di cui all’Art. 29 del D.lgs 101/2020: l'elenco dei materiali da costruzione individuati come oggetto di attenzione dal punto di vista della radioprotezione e' riportato nell'allegato II:
I. Materiali naturali
a) Alum-shale (cemento contenente scisti alluminosi). b) Materiali da costruzione o additivi di origine naturale ignea tra cui: - granitoidi (quali graniti, sienite e ortogneiss); - porfidi; - tufo; - pozzolana; - lava. - derivati dalle sabbie zirconifere
II. Materiali che incorporano residui dalle industrie che lavorano materiali radioattivi naturali tra cui:
a. ceneri volanti; b. fosfogesso; c. scorie di fosforo; d. scorie di stagno; e. scorie di rame; f. fanghi rossi (residui della produzione dell'alluminio); g. residui della produzione di acciaio.
Per questi materiali, il D.lgs 101/2020 va ad integrare il Regolamento UE 305/2011 sui prodotti da costruzione in relazione alla marcatura CE e per la stesura della dichiarazione di prestazione.
Tali adempimenti coinvolgono il fabbricante, il mandatario, il distributore e l’importatore.
Per tale situazione di esposizione esistente, il nuovo decreto fissa un livello di riferimento pari ad 1 mSv/anno.
Per questi materiali che rientrano nell’elenco di cui all’allegato II, è necessario effettuare una misura delle concentrazioni di attività di Ra-226, Th-232 e K-40.
Indice di concentrazione di attività - Indice I
Tali valori di concentrazione di attività sono necessari alla stima dell’Indice di concentrazione di attività – Indice I.
Se il valore dell’indice di concentrazione di attività è pari o minore di 1, il materiale in esame può essere utilizzato come materiale strutturale (quindi in grandi quantità) senza che il livello di riferimento sia superato.
Se il valore dell’indice I risultasse superiore a 1, è necessaria una valutazione accurata del possibile contributo in termini di dose efficace, tenuto conto delle caratteristiche del materiale in termini di spessore e densità.
Nei casi in cui il materiale è suscettibile di dare una dose>1 mSv/anno, tale materiale non può essere utilizzato per l’edilizia civile (materiale strutturale di abitazioni e di edifici a elevato fattore di occupazione.) ma per scopi diversi, che vanno previsti che nei codici e nei regolamenti edilizi.
Per tali materiali, prima della loro immissione sul mercato, è necessario:
- determinare le concentrazioni di attività dei radionuclidi specificati (226Ra, 232Th, 40K) - effettuare una prima valutazione (screening) mediante l’applicazione dell’indice di concentrazione di attività (indice I);
Qualora il valore dell’indice I fosse superiore ad 1, procedere ad una stima della dose più accurata che tenga conto di altri fattori.
Indice di concentrazione di attività (I):
I = C226Ra/300 + C232Th/200 + C40K/3000
[box-warning]Vedi foglio di calcolo allegato news
Tool per il calcolo dell’indice di concentrazione di attività di radionuclidi naturali (screening) nei materiali da costruzione, con eventuale applicazione anche a materiali a più componenti
Attività NORM: metodiche di valutazione del rischio
Se l'attività lavorativa rientra in uno dei seguenti settori è prescritto che si proceda ad una valutazione del rischio NORM secondo quanto prescritto dal D.lgs 101/2020(Cap. II Pratiche che comportano l'impiego di materiali contenenti radionuclidi di origine naturale)
Tabella II-1
Settori industriali
Classi o tipi di pratiche
Centrali elettriche a carbone
manutenzione di caldaie
Estrazione di minerali diversi dal minerale di uranio
estrazione di granitoidi, quali graniti, sienite e ortogneiss, porfidi, tufo, pozzolana, lava, basalto
Industria dello zircone e dello zirconio
Lavorazione delle sabbie zirconifere produzione di refrattari, ceramiche, piastrelle produzione di ossido di zirconio e zirconio metallico
Lavorazione di minerali e produzione primaria di ferro
Estrazione di terre rare da monazite; estrazione di stagno; estrazione di piombo; estrazione di rame; estrazione di ferro- niobio da pirocloro; estrazione di alluminio da bauxite; lavorazione del minerale niobite-tantalite utilizzo del cloruro di potassio come additivo nella estrazione dei metalli tramite fusione
Lavorazioni di minerali fosfatici e potassici
produzione di fosforo con processo termico; produzione di acido fosforico; produzione e commercio all'ingrosso di fertilizzanti fosfatici e potassici produzione e commercio all’ingrosso di cloruro di potassio
Produzione del pigmento TiO2
gestione e manutenzione degli impianti di produzione del pigmento biossido di titanio
Produzione di cemento
manutenzione di forni per la produzione di clinker
Produzione di composti di torio e fabbricazione di prodotti contenenti torio
produzione di composti di torio e fabbricazione, gestione e conservazione di prodotti contenenti torio, con riferimento a elettrodi per saldatura con torio, componenti ottici contenenti torio, reticelle per lampade a gas
Produzione di energia geotermica
impianti di alta e media entalpia, con particolare riguardo alla manutenzione dell'impianto
Produzione di gas e petrolio
estrazione e raffinazione di petrolio ed estrazione di gas, con particolare riguardo alla presenza e rimozione di fanghi e incrostazioni in tubazioni e contenitori
Impianti filtrazione delle acque di falda
gestione e manutenzione dell’impianto
Cartiere
manutenzione delle tubazioni
Lavorazioni di taglio e sabbiatura
impianti che utilizzano sabbie o minerali abrasivi
Art. 22 Obblighi dell'esercente (direttiva 59/2013/EURATOM, articoli 31, 32, 34 e 35; decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, articoli 10-ter e 10-quinques).
1. Per le pratiche di cui all'articolo 20, l'esercente, entro il 30 giugno 2022 o entro dodici mesi dall'inizio della pratica, provvede alla misurazione della concentrazione di attività sui materiali presenti nel ciclo produttivo e sui residui derivanti dall'attività lavorativa stessa ai sensi del comma 6. ...
Radiazioni gamma emesse da materiali da costruzione
1. Il livello di riferimento applicabile all'esposizione esterna alle radiazioni gamma emesse da materiali da costruzione in ambienti chiusi, in aggiunta all'esposizione esterna all'aperto, e' fissato in 1 mSv/anno.
2. L'elenco dei materiali da costruzione individuati come oggetto di attenzione dal punto di vista della radioprotezione e' riportato nell'allegato II.
3. Il soggetto responsabile dell'immissione sul mercato dei materiali di cui al comma 2, prima dell'immissione stessa, garantisce che:
a) sono determinate le concentrazioni di attivita' dei radionuclidi specificati nell'allegato II, seguendo le norme di buona tecnica o linee guida nazionali e internazionali, e che sia calcolato l'indice di concentrazione di attivita' come stabilito nell'allegato II; b) su richiesta sono fornite ai Ministeri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, le informazioni e i risultati delle misurazioni di concentrazione di attivita' e il corrispondente indice di concentrazione di attivita', nonche' gli altri fattori pertinenti come definiti nell'allegato II; c) i risultati delle misurazioni e il corrispondente indice di concentrazione di attivita' costituiscono parte integrante della dichiarazione di prestazione di cui all'articolo 4, del regolamento (UE) n. 305/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011 che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e che abroga la direttiva 89/106/CEE del Consiglio.
4. Restano fermi gli obblighi previsti dal regolamento (UE) n. 305/2011 per il fabbricante, il mandatario, il distributore e l'importatore.
5. Nel caso in cui l'indice di concentrazione di attivita' sia superiore al valore riportato nell'allegato II, ai fini dell'utilizzo del materiale per edifici di ingegneria civile, come abitazioni ed edifici a elevato fattore di occupazione, il fabbricante effettua valutazioni di dose secondo le indicazioni di cui all'allegato II. Il risultato e le ipotesi di calcolo delle valutazioni di dose sono resi noti dal responsabile dell'immissione sul mercato nel rispetto delle disposizioni del regolamento (UE) n. 305/2011.
6. Qualora sia superato il livello di riferimento in termini di dose di cui all'allegato II, il materiale non puo' essere utilizzato per edifici di ingegneria civile, come abitazioni ed edifici a elevato fattore di occupazione.
7. Per le stime di dose di cui al comma 5, il fabbricante si avvale dell'esperto di radioprotezione con abilitazione di secondo o terzo grado. ...
Attrezzature di lavoro e prevenzione degli infortuni / Luglio 2022
ID 17254 | 02.08.2022 / In allegato
Documento di approfondimento con lo scopo di fornire agli auditor un contributo operativo in materia di attrezzature di lavoro, un ambito trasversale caratterizzato da riferimenti normativi tra i quali può non essere sempre semplice orientarsi, dovendo tener presente quanto declinato sia dalle direttive di prodotto sia da quelle "sociali".
A partire dal 1955, l’emanazione del DPR 547, secondo l’impostazione classica, vedeva nell’utilizzatore finale di una macchina, in caso di infortunio, l’unico "colpevole" da ricercare. Quest’approccio, decisamente ancora valido per gli aspetti legati alle responsabilità dei Datori di Lavoro, si è poi evoluto nel tempo, a partire dalla maggior consapevolezza dei diritti dei consumatori, con l’introduzione del concetto di "prodotto difettoso" con responsabilità a carico dei fabbricanti e con l’introduzione di Leggi orientate alla tutela dei lavoratori nella catena progettazione - costruzione - commercializzazione - installazione - uso e manutenzione di un macchinario.
Le fonti legislative da citare sono essenzialmente il DPR 224 del maggio 1988 ("Attuazione della Direttiva CEE n. 85/374 in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi"), la Direttiva Europea 2001/95/CE ("Direttiva Generale Sicurezza Prodotti") e, infine, non in forma esclusiva, la Direttiva Macchine, che, a partire dal 1989 (Direttiva UE/89/392), fino a quella attualmente in vigore (2006/42/CE), ha introdotto il principio di responsabilità specifica del costruttore. Non per ultimo va citato il D.Lgs. 81/08 del 9 aprile 2008, attuazione dell’art. 1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, senza dimenticare la specifica normativa prevista in materia di sorveglianza del mercato per garantire l’applicazione corretta ed uniforme della Direttiva Macchine a tutela della salute degli operatori nei vari settori produttivi (D.Lgs. 17/10 del 27 gennaio 2010).
[panel]È in tale contesto normativo che si "interlacciano" tra loro le responsabilità dei costruttori di macchine e degli utilizzatori. A "cascata" occorre quindi districarsi tra i concetti "normativo-giuridici" relativi al processo di valutazione della conformità di una macchina, agli obblighi dei soggetti coinvolti (dal datore di lavoro fino ai dipendenti dell’azienda utilizzatrice della macchina stessa), all’immissione in commercio, alle violazioni, alle contestazioni e alle relative sanzioni da parte dell’Autorità preposta. Tali sanzioni che possono essere non solo di natura amministrativa, ma anche penale, fino ad arrivare alla possibilità di ritiro dal mercato della macchina o attrezzatura valutata come "non conforme" o addirittura alla responsabilità amministrativa degli enti di cui al 25 septies del D.Lgs. 231/01.[/panel]
Gli spunti descritti nel presente documento sono riferibili al processo di valutazione della conformità di macchine/attrezzature di lavoro negli audit condotti dagli Organismi di Certificazione, Ispezione e Prodotto, nei seguenti ambiti/schemi:
Per tutti gli schemi riportati, direttamente e/o indirettamente, esistono requisiti specifici per manutenere le apparecchiature necessarie per il funzionamento dei processi.
Nella tabella a seguire, si riportano i riferimenti alle citate norme tecniche / leggi applicabili alle attrezzature di lavoro. Inoltre, si puntualizza che i documenti citati non hanno carattere necessariamente esaustivo, infatti, per il singolo contesto / settore / schema / documento normativo possono essere applicabili anche ulteriori riferimenti tecnico/giuridici.
ID 17239 | 02 Agosto 2022 / Raccolta FAQ in allegato
Raccolta FAQ ISS relative al radon riguardanti:
- Le proprietà del radon e da dove proviene - Gli effetti sulla salute del radon - Quanto radon c’è in Italia - Come si misura
[box-info]N.B. Le FAQ sono aggiornate a settembre 2019.[/box-info]
Le proprietà del radon e da dove proviene
Cosa è il radon?
Il radon (Rn) è un gas inerte (inodore e incolore) e radioattivo, prodotto dal decadimento del radio, a sua volta prodotto da decadimenti successivi dell’uranio, presente in quantità diverse in tutta la crosta terrestre.
Anche se non è percepibile con i nostri sensi, il radon può essere rivelato con semplici strumenti di misura.
Per ulteriori informazioni su questo argomento e su argomenti correlati consultare la pagina Quanto radon c’è …
Qual è l’unità di misura della concentrazione di radon?
L’unità di misura della concentrazione di radon in aria è il Bq/m3. Il Becquerel (Bq) indica il numero di decadimenti di radon che avvengono in un secondo. Quindi, ad esempio, una concentrazione di 100 Bq/m3 indica che in un metro cubo di aria ogni secondo 100 atomi di radon decadono emettendo radiazioni (di tipo alfa).
In realtà solo una piccola parte degli atomi di radon decade in un secondo, in quanto la vita media di un atomo di radon è di circa 5 giorni e mezzo. Quindi se a una concentrazione di radon di 100 Bq corrispondono 100 atomi che decadono in un secondo in un metro cubo, in quello stesso metro cubo sono presenti altri circa 48 milioni di atomi di radon (che decaderanno successivamente).
Perché si trova il radon nelle case?
Il radon è un gas nobile, ossia non interagisce chimicamente con gli altri elementi. Per questo motivo, una volta formatosi in seguito al decadimento del radio, può diffondersi dal luogo di origine (suolo, materiale da costruzione) e percorrere grandi distanze prima di decadere a sua volta. In generale, il meccanismo che permette al radon di penetrare nei luoghi chiusi è la piccola depressione che esiste tra l’interno degli edifici ed il suolo, dovuta alla differenza di temperatura tra l’interno (più caldo) dell’edificio e l’esterno (più freddo). Tale depressione provoca l‘aspirazione dell’aria dal suolo, ricca di radon, verso l’interno dell’edificio.
Il radon è presente solo nelle cantine e nei luoghi sotterranei?
No, questa è una errata convinzione (purtroppo alquanto diffusa) e probabilmente legata al fatto che il peso atomico del radon è sensibilmente superiore al peso molecolare medio dell’aria. In realtà il radon è presente in tutti gli ambienti chiusi ed è presente anche all’aperto (ma in concentrazioni molto inferiori che nei luoghi chiusi).
Una parziale stratificazione del radon causata dal suo peso relativo a quello dell’aria si potrebbe riscontrare solo su una scala di molte centinaia di metri.
Chi fosse interessato ad approfondire questo argomento può leggere l’interessante articolo di Arrigo Cigna e Giovanni Baudino pubblicato nel 2008 sulla rivista americana Health Physics, Vol.95, pag.255-256.
In generale, la concentrazione di radon è maggiore negli ambienti chiusi che sono a diretto contatto con il suolo (in quanto il suolo è la principale sorgente di provenienza del radon) e quindi, tranne in alcuni casi, è maggiore nei piani più bassi di un edificio. Tuttavia, nei locali sotterranei dove è presente un impianto per il ricambio forzato dell’aria, è frequente trovare concentrazioni di radon inferiori a quelle riscontrate nei locali ai piani superiori dello stesso edificio.
Per ulteriori informazioni su questo argomento e su argomenti correlati vai alla pagina Effetti sulla salute.
Gli effetti sulla salute del radon
Il radon è un rischio per la salute?
L’esposizione al radon negli ambienti di vita e lavoro aumenta il rischio di contrarre un tumore polmonare, in modo proporzionale alla concentrazione di radon e al tempo di esposizione. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il radon è la seconda causa di tumore al polmone, dopo il fumo di sigaretta e, per i non fumatori, è la prima causa.
Perché il radon è un rischio per la nostra salute?
L’esposizione al radon costituisce un rischio per la salute per via delle radiazioni ionizzanti emesse dai suoi prodotti di decadimento.
Il radon che viene inalato è espirato quasi totalmente prima che decada (una piccola quantità si trasferisce nei polmoni, nel sangue e, quindi, negli altri organi), mentre i prodotti di decadimento del radon inalati si depositano sulle pareti dell’apparato respiratorio e da qui irraggiano (soprattutto tramite le radiazioni alfa) le cellule dei bronchi.
Le radiazioni ionizzanti possono produrre (con una probabilità tanto maggiore quanto più alta è la quantità di radon inalata) dei danni al DNA di tali cellule, danni che, se non correttamente riparati dagli appositi meccanismi cellulari, possono evolversi in un tumore al polmone.
Se la concentrazione di radon misurata nella mia abitazione è superiore ad un livello di riferimento previsto dalle normative, c’è un rischio immediato di contrarre un tumore al polmone?
L’entità del rischio dipende non solo dalla concentrazione di radon a cui è esposti, ma anche da quanto dura l’esposizione. L’aumento del rischio di contrarre un tumore polmonare connesso con l’esposizione al radon è stato stimato per esposizioni di radon protratte per lunghi periodi di tempo (25-30 anni).
Quanti tumori al polmone sono dovuti al radon in Italia?
Il rischio attribuibile al radon in Italia è stato valutato dall’ISS sulla base dei più recenti studi epidemiologici, dei dati di concentrazione di radon rappresentativi dell’esposizione della popolazione italiana nelle abitazioni, e della mortalità per tumore polmonare: 3200 casi ogni anno (la stima oscilla da un minimo di 1100 a un massimo di 5700 in relazione alle incertezze delle stime di rischio).
Esiste una concentrazione di radon al di sotto della quale non si corrono rischi?
Il rischio di sviluppare un tumore al polmone aumenta in modo lineare con la concentrazione di radon. Ad oggi non è stata trovata una concentrazione di soglia al di sotto della quale il rischio sia zero. Per cui, anche concentrazioni basse di radon possono far aumentare, anche se di poco, il rischio di tumore al polmone.
Il radon è causa anche di altri tipi di tumore oltre a quello polmonare?
Dagli studi effettuati fino ad oggi, non esistono evidenze significative che mettono in relazione il radon con altri tipi di tumore.
A parità di concentrazione di radon, il rischio è maggiore per gli uomini o per le donne?
Dagli studi effettuati in questi ultimi anni, non sono emerse differenze di rischio tra uomini e donne.
I bambini sono più a rischio rispetto agli adulti?
Gli studi effettuati fino ad oggi non permettono di stabilire se il rischio di tumore polmonare connesso all’esposizione al radon sia più alto per i bambini rispetto agli adulti.
A parità di concentrazione di radon, il rischio è maggiore per i fumatori o per i non fumatori?
Il rischio di contrarre un tumore polmonare è maggiore per i fumatori. Tale rischio è 25 volte più alto per chi fuma un pacchetto di sigarette al giorno, rispetto a chi non fuma per niente.
Al numero totale di tumori polmonari attribuibili al radon in una certa zona contribuiscono maggiormente le persone esposte ad alte concentrazioni di radon?
No, la maggior parte dei tumori attribuibili al radon colpisce persone esposte a concentrazioni medio-basse.
In generale, pur essendo maggiore il rischio per le persone esposte a concentrazioni più alte, il loro numero è notevolmente inferiore rispetto a quello delle persone esposte a concentrazioni medio-basse.
Cosa occorre fare per ridurre il rischio di tumore polmonare?
In primo luogo, se si è fumatori, bisogna fare di tutto per smettere di fumare. Infatti il rischio di tumore polmonare connesso all’esposizione al radon è molto più alto per i fumatori, a causa degli effetti combinati di radon e fumo di sigaretta. Vedi la pagina Effetti sulla salute.
In secondo luogo, bisogna misurare la concentrazione di radon nella propria abitazione e, soprattutto nel caso questa risultasse elevata, procedere a ridurla attraverso specifiche azioni di risanamento.
Nel caso si abbia intenzione di abitare in un edificio di nuova costruzione, è possibile ridurre più facilmente l’ingresso del radon al suo interno (ed il rischio ad esso associato) accertandosi che semplici azioni di prevenzione siano intraprese in fase di costruzione dell’edificio.
Per ulteriori informazioni su questo argomento e su argomenti correlati vai alla pagina Effetti sulla salute.
Quanto radon c’è in Italia
Il valore della concentrazione media nazionale, stimato nell’ambito della prima indagine nazionale degli anni 89-98, è pari a circa 70 Bq/m3. Tale valore è più alto rispetto alla media mondiale, valutata intorno a 40 Bq/m3.
Nell’ambito delle Regioni vi è una situazione molto eterogenea, con concentrazioni medie inferiori a 30 Bq/m3 (Basilicata, Calabria, Marche) fino a concentrazioni superiori a circa 100 Bq/m3 (Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Lazio).
La situazione è ancor più eterogenea all’interno delle singole Regioni, dove i valori misurati nei singoli edifici (abitazioni, scuole, luoghi di lavoro) variano tra pochi Bq/m3 ad alcune migliaia di Bq/m3.
Successivamente alla prima indagine nazionale, diverse Regioni hanno effettuato ulteriori campagne di misura, su scala regionale e/o sub-regionale, che hanno coinvolto un numero di abitazioni maggiore (rispetto a quelle campionate nell’ambito dell’Indagine Nazionale), al fine di aumentare la conoscenza della distribuzione territoriale della concentrazione di radon.
Occorre sempre sottolineare che l’unico modo per valutare adeguatamente la concentrazione di radon in un particolare luogo (ad es. la propria abitazione) è quello di eseguire una misura diretta con dispositivi e protocolli adeguati.
Quanto sono rappresentativi i valori medi di concentrazione di radon che si trovano su siti internet di enti non istituzionali?
Si possono trovare facilmente in internet mappe o tabelle dove sono riportati i valori medi di concentrazione di radon misurati in determinate zone, ad es. una Regione o un Comune.
In generale, per essere considerato “rappresentativo”, il valore medio della concentrazione di radon negli edifici di un Comune o di una Regione deve essere stato ottenuto tramite indagini effettuate su un campione “rappresentativo” della popolazione di quella regione, ad es. su un campione sufficientemente numeroso di abitazioni estratte casualmente dall’elenco completo di tutte le abitazioni di quel Comune o di quella Regione.
Talvolta, invece, i valori medi che vengono riportati su siti di enti non istituzionali si riferiscono a misure effettuate su richiesta di singoli cittadini o, comunque, effettuate nell’ambito di indagini non rappresentative dell’esposizione al radon della popolazione (ad esempio, indagini effettuate solo in abitazioni al piano terra), o includono misure effettuate in locali non abitati come le cantine, o sono ottenute misurando solo in inverno, ecc.).
In questi casi, i valori riportati forniscono quasi sempre valori sovrastimati, cioè superiori (anche di molto) ai valori medi che si ottengono con indagini rappresentative negli edifici del territorio in esame. Infatti: le misure di concentrazione di radon effettuate su richiesta di singoli cittadini sono in prevalenza richieste da chi ritiene di avere un’elevata concentrazione di radon nella propria abitazione.
Le misure di concentrazione di radon effettuate nelle abitazioni (o altri locali) al solo piano terra forniscono generalmente risultati più elevati in quanto la concentrazione di radon è generalmente più alta al piano terra rispetto ai piani superiori, in quanto la principale sorgente di radon è il suolo.
Le misure di concentrazione di radon effettuate in locali non abitati, come le cantine, forniscono generalmente risultati più elevati sia perché tali locali sono generalmente posti in seminterrati o sotterranei, sia perché non essendo abitati questi locali hanno spesso un ricambio d’aria inferiore.
Le misure di concentrazione di radon effettuate solo durante l’inverno forniscono generalmente risultati più elevati in quanto la concentrazione di radon tende ad essere superiore in inverno che in estate.
In ogni caso si rammenta che il modo più affidabile, nonché semplice ed economico, per conoscere la concentrazione di radon nella propria abitazione è fare una misura con dispositivi e protocolli adeguati.
Come fare per sapere quanto radon c’è nella propria abitazione (o nel proprio luogo di lavoro)
Perché è utile misurare la concentrazione di radon nella propria abitazione (o nel proprio luogo di lavoro)?
La misura della concentrazione di radon nella propria abitazione (o nel proprio luogo di lavoro) è l’unico modo con cui è possibile valutare il rischio associato all’esposizione al radon.
Non è possibile effettuare tale valutazione, conoscendo solo il livello medio di radon presente nella regione in cui è presente l’abitazione/luogo di lavoro (ad esempio attraverso la consultazione di “mappe” del radon).
È possibile prevedere quanto radon c’è nella propria abitazione/luogo di lavoro consultando una “mappa” di radon?
No. L’unico modo per sapere quanto radon c’è nella propria abitazione è misurare la concentrazione di radon al suo interno per mezzo di piccoli ed economici strumenti di misura.
Le “mappe” di radon sono uno strumento utile per identificare le zone nelle quali è più alta la probabilità di trovare edifici con elevate concentrazioni di radon, ma non forniscono alcuno strumento per prevedere quanto radon c’è nella propria abitazione. Anche in una zona identificata sulle mappe come “a basso contenuto di radon” possono trovarsi abitazioni con alte concentrazioni di radon.
Come si può misurare la concentrazione di radon in casa?
È possibile misurare la concentrazione di radon nella propria casa mediante l’uso di piccoli ed economici dispositivi (rivelatori) da posizionare all’interno di uno o più locali della propria abitazione (generalmente camera da letto e/o stanza da pranzo).
Le ARPA di alcune Regioni, oltre che il Servizio Radon dell’Istituto di Radioprotezione dell’ENEA, forniscono su richiesta (generalmente a pagamento) un servizio di misura di radon. La singola misura di radon ha generalmente un costo non superiore a qualche decina di euro.
(Per ulteriori informazioni su questo argomento e su argomenti correlati vai alla sottosezione Come si misura il radon).
Per quanto tempo è necessario “esporre” i rivelatori di radon nella propria abitazione (o luogo di lavoro), al fine di misurare correttamente la concentrazione media annuale?
E’ necessario esporre i rivelatori per un periodo di un anno (eventualmente diviso in due semestri consecutivi), al fine di misurare correttamente la concentrazione media annuale.
La concentrazione di radon nei luoghi chiusi è generalmente più alta in inverno che in estate, anche se questo vale in media e non in tutte le situazioni (alcune eccezioni sono possibili). Questa variabilità stagionale rende le misure effettuate su periodi più brevi di un anno non rappresentative della concentrazione media annuale, la quale è proporzionale al rischio di tumore polmonare.
Procedura Spazi Confinati | Ispezione e Verifica Impianti ed Attrezzature
ID 8515 | 07.06.2019
Elaborata Procedura e Check list (in allegato) per verifiche ed ispezioni di imprese appaltatrici prima delle attività in spazi confinati in similitudine alla procedura del servizio PSAL di Pavia che ha redatto una specifica procedura per i propri operatori (lavoratori ai sensi D.L.gs 81/08) per le sole attività di ispezione e vigilanza.
Tra Committente e Impresa appaltatrice/Operatori deve avvenire un interscambio di informazioni completo e corretto e adottata una procedura di lavoro ai sensi dell'Art. 3 c. 3 del DPR n. 177/2011.
In questo contesto, il seguente Figura illustra uno schema di interscambio di informazioni tra Committente e Impresa appaltatrice/Operatori, dal lato Impresa appaltatrice con la richiesta di informazioni al Committente secondo la Check list 1, e verifica degli Operatori incaricati con la Check list 2. Oltre alla Check list 2 al momento dell'attività dovranno già essere elaborat i Documenti:
- Valutazione dei rischi Art. 2 c. 1a DPR 177/2011 - Procedura Art. 3 c.3 DPR 177/2011 - Permesso di lavoro UNI 10449 (buona tecnica)
[box-warning]Certificazione contratto di appalto e-o subappalto in ambienti confinati
Istanza di richiesta per la certificazione di contratti di appalto/subappalto in ambienti confinati ai sensi artt. 75 e ss. D.Lgs. n. 276/2003.
Sono soggetti all’obbligo di certificazione tutti i contratti di appalto che esternalizzano le attività in luoghi sospetti di inquinamento e/o in luoghi confinati (art. 2, comma 1, lettera c), d.P.R. n. 177/2011)
[box-warning]DPR n. 177/2011 ... Art. 2. Qualificazione nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati
1. Qualsiasi attività lavorativa nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati può essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi qualificati in ragione del possesso dei seguenti requisiti:
a) integrale applicazione delle vigenti disposizioni in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria e misure di gestione delle emergenze;
b) integrale e vincolante applicazione anche del comma 2 dell’articolo 21 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nel caso di imprese familiari e lavoratori autonomi;
c) presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto;
d) avvenuta effettuazione di attività di informazione e formazione di tutto il personale, ivi compreso il datore di lavoro ove impiegato per attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, specificamente mirato alla conoscenza dei fattori di rischio propri di tali attività, oggetto di verifica di apprendimento e aggiornamento.
I contenuti e le modalità della formazione di cui al periodo che precede sono individuati, compatibilmente con le previsioni di cui agli articoli 34 e 37 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, entro e non oltre 90 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, con accordo in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le parti sociali;
e) possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati e avvenuta effettuazione di attività di addestramento all’uso corretto di tali dispositivi, strumentazione e attrezzature, coerentemente con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e all’allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;
f) avvenuta effettuazione di attività di addestramento di tutto il personale impiegato per le attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, ivi compreso il datore di lavoro, relativamente alla applicazione di procedure di sicurezza coerenti con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e dell’allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;
g) rispetto delle vigenti previsioni, ove applicabili, in materia di Documento unico di regolarità contributiva;
h) integrale applicazione della parte economica e normativa della contrattazione collettiva di settore, compreso il versamento della contribuzione all’eventuale ente bilaterale di riferimento, ove la prestazione sia di tipo retributivo, con riferimento ai contratti e accordi collettivi di settore sottoscritti da organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
2. In relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non è ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e integrazioni. Le disposizioni del presente regolamento si applicano anche nei riguardi delle imprese o dei lavoratori autonomi ai quali le lavorazioni vengano subappaltate.
Art. 3. Procedure di sicurezza nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati
1. Prima dell’accesso nei luoghi nei quali devono svolgersi le attività lavorative di cui all’articolo 1, comma 2, tutti i lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice, compreso il datore di lavoro ove impiegato nelle medesime attività, o i lavoratori autonomi devono essere puntualmente e dettagliatamente informati dal datore di lavoro committente sulle caratteristiche dei luoghi in cui sono chiamati ad operare, su tutti i rischi esistenti negli ambienti, ivi compresi quelli derivanti dai precedenti utilizzi degli ambienti di lavoro, e sulle misure di prevenzione e emergenza adottate in relazione alla propria attività. L’attività di cui al precedente periodo va realizzata in un tempo sufficiente e adeguato all’effettivo completamento del trasferimento delle informazioni e, comunque, non inferiore ad un giorno. …[/box-warning]
Art. 3. Procedure di sicurezza nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati
1. Prima dell’accesso nei luoghi nei quali devono svolgersi le attività lavorative di cui all’articolo 1, comma 2, tutti i lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice, compreso il datore di lavoro ove impiegato nelle medesime attività, o i lavoratori autonomi devono essere puntualmente e dettagliatamente informati dal datore di lavoro committente sulle caratteristiche dei luoghi in cui sono chiamati ad operare, su tutti i rischi esistenti negli ambienti, ivi compresi quelli derivanti dai precedenti utilizzi degli ambienti di lavoro, e sulle misure di prevenzione e emergenza adottate in relazione alla propria attività. L’attività di cui al precedente periodo va realizzata in un tempo sufficiente e adeguato all’effettivo completamento del trasferimento delle informazioni e, comunque, non inferiore ad un giorno.
2. Il datore di lavoro committente individua un proprio rappresentante, in possesso di adeguate competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro e che abbia comunque svolto le attività di informazione, formazione e addestramento di cui all’articolo 2, comma 1, lettere c) ed f), a conoscenza dei rischi presenti nei luoghi in cui si svolgono le attività lavorative, che vigili in funzione di indirizzo e coordinamento delle attività svolte dai lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi e per limitare il rischio da interferenza di tali lavorazioni con quelle del personale impiegato dal datore di lavoro committente.
3. Durante tutte le fasi delle lavorazioni in ambienti sospetti di inquinamento o confinati deve essere adottata ed efficacemente attuata una procedura di lavoro specificamente diretta a eliminare o, ove impossibile, ridurre al minimo i rischi propri delle attività in ambienti con- finati, comprensiva della eventuale fase di soccorso e di coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale e dei Vigili del Fuoco. Tale procedura potrà corrispondere a una buona prassi, qualora validata dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera v), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
4. Il mancato rispetto delle previsioni di cui al presente regolamento determina il venir meno della qualificazione necessaria per operare, direttamente o indirettamente, nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati.[/box-note]
Procedura
1. Introduzione Come sopra anticipato, Il servizio PSAL di Pavia ha provveduto a redigere una specifica procedura per i propri operatori per diversi motivi: gli operatori dei servizi PSAL sono in primis dei lavoratori e pertanto devono essere tutelati come prevede il D.L.gs 81/08; gli operatori PSAL nell'esercizio delle proprie funzioni di personale di vigilanza, operando in maniera corretta assolvono l'obbligo etico di dare il buon esempio ed infine, anche se non per minore importanza, le attività a rischio elevato, quali quelle che prevedono l'ingresso all'interno di spazi confinati, necessitano di procedure operative per il controllo e la gestione del rischio.
2. Normativa di riferimento Norme, linee guida, internazionali e nazionali hanno fornito diverse definizioni di spazio confinato e/o sospetto di inquinamento; nella definita procedura del servizio PSAL di Pavia si tiene conto, fondamentalmente, di quanto definito nell’ambito del D.L.gs 81/08 e con riferimento alle aziende oggetto di verifica da parte degli operatori, del d.p.r. 177/2011.
Anche se non è possibile fornire un elenco esaustivo di attività o luoghi con ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento né delle situazioni di pericolo correlate, si riportano alcuni esempi delle situazioni a rischio più probabili. Con riferimento al D.L.gs 81/08 sono definiti: - ambiente sospetto di inquinamento di cui agli articoli 66 e 121 del D.L.gs 81/08: pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili - ove sia possibile il rilascio di gas deleteri - pozzi, fogne, cunicoli, camini e fosse in genere; - ambiente confinato di cui all'allegato IV, punto 3 del D.L.gs 81/08: le tubazioni, le canalizzazioni e i recipienti, quali vasche, serbatoi e simili, in cui debbano entrare lavoratori per operazioni di controllo, riparazione, manutenzione o per altri motivi dipendenti dall’esercizio dell’impianto o dell’apparecchio. Per ambiente confinato e/o sospetto di inquinamento s’intende uno spazio circoscritto, caratterizzato da limitate aperture di accesso e da una ventilazione naturale sfavorevole, in cui può verificarsi un evento incidentale importante, che può portare ad un infortunio grave o mortale, in presenza di agenti chimici pericolosi (ad esempio, gas, vapori, polveri). Fra essi si possono citare (ad esempio): - serbatoi di stoccaggio - silos - recipienti di reazione - vasche - fogne - fosse biologiche
Altri ambienti che presentano pericoli e rischi ad essi assimilabili sono ad esempio: - camere con aperture in alto - depuratori - camere di combustione nelle fornaci e simili - canalizzazioni varie - camere non ventilate o scarsamente ventilate.
Per questi ultimi, non rientranti “nell’elenco di cui agli articoli del D.L.gs 81/08” è ancora più importante lavorare in un’ottica di analisi e valutazione dei rischi a cui possono essere esposti gli operatori.
3. Scopo della procedura La definizione della procedura di intervento negli spazi confinati da parte di operatori del servizio di vigilanza, ha un duplice scopo: 1. definisce le modalità operative per effettuare le ispezioni e le verifiche di impianti ed attrezzature; 2. si propone di prevenire cause di incidenti e/o infortuni derivanti dall’accesso imprudente, migliorare la qualità dell’intervento e rendere il più possibile omogeneo il comportamento degli operatori dell’U.O.C PSAL definendo anche standard metodologici e qualitativi di riferimento.
4. Materiali e metodi Per la definizione della procedura è stato prioritariamente formato un gruppo di lavoro costituito dal Direttore PSAL, RLS aziendale (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, appartenente peraltro allo PSAL), ingegnere chimico PSAL, servizio di prevenzione aziendale finalizzato all’approfondimento tematico ed alla raccolta di documentazione utile. Infine con l’obiettivo di condividere tale documento a livello Nazionale si sono sentiti esperti dell’Inail, coautori del presente articolo, in attesa di formalizzare un gruppo di lavoro più ampio per perseguire tale condivisione. I punti di seguito descritti fanno parte integrante del testo della procedura.
4.1 Pianificazione e programmazione delle attività di ispezioni in ambiente sospetto di inquinamento o confinato La pianificazione e programmazione costituiscono gli strumenti utilizzati dal direttore della U.O.C. PSAL, con il coinvolgimento di tutti gli operatori, per l’espletamento delle attività di ispezioni e/o verifica di impianti ed attrezzature in ambienti sospetti di inquinamento o confinati previa valutazione dell’opportunità di tali interventi. La pianificazione degli interventi del personale tecnico è definita dai coordinatori di sede e tutte le uscite dalla sede di servizio devono essere preventivamente segnalate al rispettivo coordinatore o suo sostituto. Gli operatori addetti alle attività ispettive svolgono i compiti assegnati adottando comportamenti coerenti con l’attività da eseguire e secondo quanto contenuto nella procedura. Gli interventi di ispezione sono effettuati solo da operatori in possesso di idoneità specifica alla mansione ed adeguatamente informati, formati, addestrati.
4.2 Pianificazione e programmazione delle attività di verifica in ambiente sospetto di inquinamento o confinato Gli interventi di effettuazione di verifiche periodiche sono soggette a richiesta da parte delle aziende. Su indicazioni regionali l’attività di verifica deve essere programmata tenendo conto dei settori considerati prioritari da parte della Regione stessa. Le richieste di verifica che giungono al servizio vengono in primis gestite dal direttore UOC PSAL che, valutata l’opportunità di effettuazione, destina la richiesta al dirigente ingegnere gestore della linea di attività il quale valuterà la procedibilità di ogni singola pratica come da indicazioni contenute in procedura. Tali interventi vengono di norma effettuati da un solo operatore PSAL (Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro) e pertanto diventa indispensabile l'applicazione rigorosa della procedura.
4.3 Azioni preliminari all’intervento di verifica di impianti ed attrezzature identificabili come ambienti sospetti di inquinamento o confinati La ditta richiedente, contestualmente all’atto di richiesta di verifica di impianti o attrezzature, proprio in ragione di una maggior sicurezza per gli operatori è tenuta a compilare la check list N.1 “informazioni relative all’ambiente sospetto di inquinamento o confinato” (figura 1) che integra la procedura, e produrre la documentazione richiesta. Tali adempimenti devono ritenersi parte integrante della richiesta di verifica. La parziale e/o incompleta compilazione della suddetta check list N.1 e/o parziale o incompleta documentazione prodotta comporta automaticamente il rigetto dell’istanza e l’interruzione dei termini del procedimento da parte del servizio PSAL. Il dirigente incaricato, al quale afferisce la linea di attività, valutata la completezza e la correttezza della documentazione prodotta della ditta, trasmette la pratica al coordinatore territoriale il quale la assegna all’operatore tecnico incaricato.
4.4 Azioni preliminari all’intervento di ispezione in ambiente sospetto di inquinamento o confinato In attività di vigilanza programmata, il dirigente e il tecnico assegnatario della pratica valuteranno il rischio di presenza di ambienti sospetti di inquinamento o confinati e provvederanno, una volta entrati in azienda, a compilare in collaborazione con il datore di lavoro o suo delegato la check list n. 2 “informazioni relative all’ambiente sospetto di inquinamento o confinato” (figura 2). Qualora dalla compilazione della check list N.2 dovessero emergere rischi per la salute e la sicurezza gli operatori procederanno all’attività di ispezione senza accedere all’ambiente sospetto di inquinamento o confinato e successivamente procederanno alla valutazione di eventuali violazioni e difformità alla normativa. In caso contrario l’ispezione in ambiente confinato deve essere eseguita secondo le procedure di sicurezza (derivante dall’analisi di tutti i rischi presenti in tale ambiente ed inclusa nella valutazione dei Rischi aziendale) previste ed elaborate dall’azienda verificando nel contempo che le persone in assistenza agli operatori abbiano la dovuta idoneità, formazione, informazione ed eventualmente addestramento.
4.5 Accesso in ambiente sospetto di inquinamento o confinato Prima di effettuare l’accesso ad un ambiente confinato o sospetto di inquinamento l’operatore deve:
1. in caso di verifica di impianti e attrezzature acquisire il permesso di lavoro (o modulo autorizzativo) e compilare la Check list N.2 (Allegato 2), controfirmata dal datore di lavoro o da un suo delegato;
2. attivare l’apparecchio portatile di misurazione in continuo della concentrazione di ossigeno e dell’esplosività (in dotazione all’operatore ATS) e verificare che il valore del contenuto di ossigeno risulti all’incirca pari al 21% vol e che il livello di esplosività LEL (limite inferiore di esplosività) sia pari a 0% vol; verificare inoltre la validità della taratura degli strumenti;
3. attivare l’apparecchio portatile di misurazione in continuo della concentrazione di gas tossici, nocivi e/o pericolosi (forniti dall’azienda) e verificare che il livello dei contaminanti sia inferiore ai valori minimi di esposizione professionale (VLEP);
4. accertarsi dell’esistenza di una progettazione dell’emergenza per il salvataggio di operatori non collaboranti all’interno di ambienti confinati o sospetti di inquinamento;
5. verificare che sia stata attivata la ventilazione prevista da mantenere per tutto il tempo di permanenza all’interno dell’ambiente confinato; comunque, prima di rientrare, si dovrà compiere nuovamente un controllo dell’atmosfera ambientale;
6. utilizzare DPI (dispositivi di protezione individuale) ed attrezzature di lavoro adeguati ed idonei secondo la tipologia dell’ambiente oggetto dell’ispezione/verifica, in modo appropriato secondo l’addestramento ricevuto; in particolare indossare una semimaschera quando è accertata, o non può essere esclusa, la presenza di gas, vapori tossici/nocivi o polveri/aerosol e quando non è possibile assicurare un’efficiente areazione ed una completa bonifica dell’ambiente confinato, oppure, in caso di presenza di gas irritanti, una maschera a pieno facciale che consenta la protezione anche degli occhi al fine di garantire una specifica protezione delle vie respiratorie per gli inquinanti presenti. Tali maschere devono avere dispositivi filtranti adeguati e idonei, con filtri antigas/vapori/particolati. Il filtro deve essere appropriato (tipo e classe) per i contaminanti e le concentrazioni presenti. Le normali maschere con filtri antigas, pur dotate di filtri specifici per le sostanze tossiche, non sono adeguate alle operazioni in luoghi confinati, laddove oltre alla presenza di sostanze irritanti, tossiche o nocive, vi possa essere carenza di ossigeno; in tal caso è necessario adottare un Dispositivo di Protezione delle vie respiratorie di tipo isolante. Valutare l’ipotesi del fit-test;
7. verificare che, l’eventuale sorgente autonoma di energia (gruppo elettrogeno) sia collocata in posizione idonea, tenendo conto dell’emissione di fumi che possono entrare nell’ambiente confinato e della gestione dei luoghi conduttori ristretti in conformità alle norme tecniche di riferimento;
8. dotarsi di segnalatore acustico tipo “cicala o tromba” (in dotazione all’operatore ATS), e similmente l’operatore esterno di segnalatore acustico (tromba, cicala, suoneria), al fine di garantire e mantenere attivo un adeguato sistema di comunicazione, sonoro, vocale o visivo in modo da permettere all’operatore impegnato all'interno dell'ambiente confinato di tenersi in contatto con quelli all'esterno, e di lanciare l'allarme in caso di emergenza;
9. verificare l’attuazione delle misure di emergenza, la disponibilità del personale e dei mezzi di soccorso ed, in particolare, la presenza sul posto della persona addetta al primo soccorso.
4.6 Strumentazione in dotazione agli operatori PSAL La strumentazione a disposizione dell’operatore incaricato di accedere agli spazi confinati consiste normalmente nella dotazione delle seguenti attrezzature da parte di ATS:
L’analizzatore multifunzione viene sottoposto a taratura annuale mentre l’efficienza dell’avvisatore acustico viene periodicamente verificata.
Analizzatore multifunzione
Avvisatore acustico
ricetrasmittenti atex
escape mask
In casi particolari, l’azienda richiedente le ispezioni, può mettere a disposizione dell’operatore ulteriore strumentazione e DPI in funzione della particolarità dell’ambiente confinato (maschere a facciale con filtri antipolvere o combinato, escape mask, ricetrasmittenti atex, …).
5. Analisi degli interventi dopo l'introduzione della procedura A far data dal 2014, tutti gli interventi degli operatori PSAL che prevedono il rischio di presenza di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, sono soggetti all'applicazione della procedura che è stata formalmente inserita tra le procedure previste nel DVR aziendale.
5.1 Tipologie di ambienti confinati oggetto di ispezione dopo l’introduzione della procedura L’attività comportante l’accesso agli ambienti confinati è finora consistita nelle verifiche di impianti ed attrezzature richieste dalle aziende, in particolare impianti di messa a terra, anti-deflagranti ed attrezzature a pressione. Per i primi la verifica degli impianti di messa a terra ed AD (anti-deflagranti), ha comportato l’accesso ad una fossa contenente pompe azionate da motori elettrici, mentre per le attrezzature a pressione la verifica di integrità è consistita, tra l’altro, nell’esame visivo delle lamiere dal lato interno. Da rilevare che, all’interno della sfera per GPL (gas di petrolio liquefatto) è stato allestito un ponteggio per poter accedere alla sommità della stessa, mentre il passo d’uomo per l’accesso al recipiente è posizionato nella parte inferiore.
In sintesi, gli ambienti confinati ispezionati sono risultati essere appartenenti alle seguenti tipologie: a) serbatoio cilindrico interrato per GPL (1 ispezione) b) serbatoio cilindrico installato all’aperto per GPL (8 ispezioni) c) sfera per GPL (2 ispezioni) d) fossa contenente pompe di sollevamento (1 ispezione)
Serbatoi cilindrici per GPL
Sfere per GPL
Serbatoio per GPL interrato in stazione di servizio carburanti
Fossa contenente pompe di sollevamento
6. Risultati e conclusioni La procedura, nel suo schema generale, si applica a tutti gli interventi ispettivi a far data dal 2014 effettuati su richiesta o programmati di iniziativa della U.O.C. PSAL, che comportano un’ispezione e/o verifica di impianti o attrezzature in ambienti sospetti di inquinamento o ambienti confinati. Si precisa che le istruzioni in procedura sono da intendersi come vincolanti sugli elementi rilevanti e imprescindibili per ottenere effettivi risultati di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro per gli operatori che devono valutare e decidere le azioni conseguenti l’attività ispettiva, anche al fine di perseguire obiettivi di omogeneità e trasparenza nei comportamenti.
La sorveglianza sanitaria mirata al rischio di ingresso in ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento, ha portato alla non idoneità a questa specifica mansione di due operatori del servizio che pertanto sono stati esonerati da tale attività (entrambi operatori addetti alle verifiche periodiche).
La procedura, pubblicata sul sito aziendale e presentata a suo tempo ai componenti del comitato ex art. 7 del D.L.gs 81/08, ha di fatto obbligato le aziende ad una maggior presa di coscienza della problematica che ha di fatto portato a due grossi risultati:
1. una sensibile riduzione delle ispezioni interne rispetto al passato grazie alla ricerca e all'utilizzo di mezzi alternativi per l’effettuazione, in particolare delle verifiche periodiche (telecamere, macchine fotografiche, endoscopi, specchi, ecc.), messi a disposizione dalle aziende;
2. efficace attività di prevenzione in quanto, applicando la procedura, con l’invio alle aziende della check list N.1 (tabella 1), queste si sono viste costrette a rivedere, non solo gli aspetti legati agli obblighi normativi, ma soprattutto gli aspetti sostanziali di applicazione, in particolare del DPR n. 177/2011 (presenza in tutti i casi di personale aziendale formato e presente durante tutte le operazioni, messa in opera di tutte le procedure per gestire le eventuali emergenze, invio puntuale di tutta la documentazione richiesta dal servizio PSAL).
Per quanto riguarda invece le criticità emerse, questi si possono così sintetizzare:
1. le imprese hanno manifestato difficoltà nel dichiarare quanto indicato nelle check list N. 1 e 2 – p.to 4 e 5 (”le aperture ed i percorsi per l’accesso hanno dimensioni tali da consentire una rapida uscita e l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi, tenuto contro dell’equipaggiamento indossato”) per le oggettive e tecniche difficoltà di recupero attraverso i passi d'uomo standard; meglio sarebbe modificare in: ”le aperture denominate passi d’uomo ed i percorsi per l’accesso hanno dimensioni regolamentari stabilite dalle norme tecniche vigenti al momento della costruzione";
2. occorre pertanto modificare le check list N. 1 e 2 in modo tale che venga verificata più puntualmente l’esistenza di una progettazione dell’emergenza per il salvataggio di operatori non collaboranti all’interno di ambienti confinati o sospetti di inquinamento;
3. in caso di accesso agli autoclavi per la fermentazione del vino, una volta determinato il tenore di O2, l’accesso può essere limitato fino all’altezza della cintura dell’operatore in quanto la superficie interna è rivestita da vernice epossidica riflettente il fascio luminoso. In casi più favorevoli (volumi minori, superficie in acciaio inox), è sufficiente introdurre uno specchio di discrete dimensioni ed una lampada di buona intensità luminosa (min. 500 lux). Per quanto riguarda l’accesso agli spazi confinati per la verifica dell’impianto ATEX non sono emerse particolari criticità.
La valutazione dei rischi di incendio con le nuove modalità (2022), è prevista solo per le nuove attività alla data del 29.10.2022 o nei casi di modifiche alle esistenti di cui all’art. 29 c. 3 del D.Lgs. 81/2008.
[box-warning]Valutazione dei rischi / Nuove modalità 2022: quando
La valutazione dei rischi di incendio con le nuove modalità (2022), è prevista solo per le nuove attività alla data del 29.10.2022 o nei casi di modifiche alle esistenti di cui all’art. 29 c. 3 del D.Lgs. 81/2008.[/box-warning]
Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, lettera a), punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
(GU n.259 del 29.10.2021)
Entrata in vigore: 29.10.2022 ________ …
Art. 1. Oggetto e campo di applicazione
1. Il presente decreto stabilisce, in attuazione dell’art. 46, comma 3, lettera a), punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, i criteri generali atti ad individuare le misure intese ad evitare l’insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi, nonché le misure precauzionali di esercizio. 2. Il presente decreto si applica alle attività che si svolgono nei luoghi di lavoro come definiti dall’art. 62 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, ad esclusione delle attività che si svolgono nei cantieri temporanei o mobili di cui al titolo IV del medesimo decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Art. 2. Valutazione dei rischi di incendio
1. La valutazione dei rischi di incendio e la conseguente definizione delle misure di prevenzione, di protezione e gestionali per la riduzione del rischio di incendio costituiscono parte specifica del documento di cui all’art. 17, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
2. La valutazione dei rischi di incendio è effettuata in conformità ai criteri indicati nell’art. 3 e deve essere coerente e complementare con la valutazione del rischio esplosione, ove richiesta, in ottemperanza al titolo XI, «Protezione da atmosfere esplosive», del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Art. 3. Criteri di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio
1. Le regole tecniche di prevenzione incendi stabiliscono i criteri di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per i luoghi di lavoro per i quali risultano applicabili.
2. Per i luoghi di lavoro a basso rischio di incendio, così come definiti al punto 1, comma 2, dell’allegato I, che costituisce parte integrante del presente decreto, i criteri di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio sono riportati nel medesimo allegato.
3. Per i luoghi di lavoro non ricadenti nei commi 1 e 2, i criteri di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio sono quelli riportati nel decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015.
4. Per i luoghi di lavoro di cui al comma 2, i criteri di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio possono essere quelli riportati nel decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015.
Art. 4. Disposizioni transitorie e finali
1. Per i luoghi di lavoro esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, l’adeguamento alle disposizioni di cui al presente decreto viene attuato nei casi indicati nell’art. 29, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Fig. 1. Valutazione dei rischi di incendio luoghi di lavoro esistenti al 29.10.2022
[box-note]Es.
Presenza di RT applicata nessuna nuova Valutazione rischi incendio Attività BRI nuova Valutazione rischi incendio (grado evoluzione prevenzione o protezione)[/box-note]
(*) Il Decreto 3 Settembre 2021 non si applica alle attività che si svolgono nei cantieri temporanei o mobili ...
Fig. 2. Schema di lettura Valutazione rischi di incendio 2022 ...
Fig. 3. Classificazione luoghi a basso rischio in caso di incendio (BRI) ... Vedi Documento
ID 4896 | 05.11.2017 / Documento e tool in allegato
Documento formato doc, per la Valutazione del rischio chimico in accordo con il Metodo utilizzato da ISPRA per le sue sedi aggiornato 2017, comprensivo di
- Valutazione del rischio chimico (salute) - Procedura operativa per la gestione degli agenti chimici pericolosi (esempio)
Excursus
1. Il rischio per la salute La valutazione del pericolo (hazard assessment) richiede la raccolta e la valutazione di ogni informazione disponibile e specifica sulla sostanza e sulle proprietà intrinseche, con l’obiettivo di individuarne la pericolosità, i potenziali effetti sulla salute umana, i valori limite. Se la sostanza (e/o miscela) è classificata pericolosa si effettua la valutazione dell’esposizione. La valutazione è il processo di stima e/o di misura della dose o della concentrazione della sostanza alla quale il lavoratore è o può essere esposto in dipendenza dell’uso della stessa. Ultimo passaggio del processo valutativo è la caratterizzazione del rischio (livello di esposizione) in relazione ai valori limite di esposizione e alle misure utilizzate per contenerlo. Per tale caratterizzazione è proposto un modello di calcolo descritto nei paragrafi che seguono.
La valutazione del rischio per la salute passa attraverso tre principali step, che sono:
- la valutazione del pericolo; - la valutazione dell’esposizione; - la caratterizzazione del rischio.
2. La valutazione del rischio per la salute La metodologia di valutazione del rischio per la salute che si propone si incentra sull’individuazione del livello di esposizione dei lavoratori agli agenti chimici pericolosi che operano nei laboratori del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (SNPA). Rispecchia, con alcune modifiche che tengono conto di tutte le variabili legate alle attività di laboratorio nelle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente, le indicazioni del modello “Attività dei laboratori di ricerca e didattici: valutazione del rischio per l’impiego di agenti chimici pericolosi” dell’ISPESL (ora INAIL) nonché i criteri di valutazione proposti dal modello ECETOC-TRA. La procedura di valutazione del rischio di esposizione agli agenti chimici pericolosi, proposta in questa linea guida, si basa sull’uso di un modello di calcolo che confronta gli elementi che determinano il rischio con tutti i sistemi utilizzati per contenerlo (ridurlo al minimo). Questi elementi sono stati parametrati secondo criteri semi quantitativi tenendo conto delle principali conoscenze d’igiene del lavoro disponibili a livello europeo.
3. La procedura di valutazione La valutazione del rischio va effettuata per singolo lavoratore o, quando possibile, per gruppi omogenei di esposizione in ragione delle attività e delle mansioni svolte. La procedura di valutazione ha inizio con la raccolta d’informazioni riguardanti:
1) gli agenti chimici utilizzati e le loro proprietà intrinseche; 2) l’analisi delle mansioni, delle attività e degli ambienti di lavoro (laboratori); 3) le misure preventive e protettive adottate.
4. Informazioni sugli agenti chimici I dati da rilevare per avere informazioni sugli agenti chimici utilizzati sono: 1) l’elenco degli agenti chimici pericolosi; 2) le quantità degli agenti chimici utilizzati e quelli stoccati; 3) le loro proprietà chimico-fisiche; 4) le classificazioni di pericolo (classificazione ed etichettatura delle sostanze – CLP); 5) i valori limite cioè i valori di soglia per l’esposizione, al di sotto dei quali sono considerati essere controllati i rischi per la salute.
Si è ritenuto opportuno riferire tutti i dati rilevati ad un periodo di tempo pari ad una settimana media rappresentativa dell’attività di laboratorio.
Tutti i dati di input relativi agli agenti chimici, alle mansioni e alle attività, e le misure di prevenzione e protezione, vengono raccolti mediante opportuna scheda all’interno di un foglio di calcolo che viene messo a disposizione contestualmente alla linea guida. ...
7.1 Caratterizzazione dei rischi Al fine di determinare il livello di esposizione ad agenti chimici pericolosi, nell’algoritmo si prendono in considerazione tutti i parametri che la norma vuole che si valutino oltre ad altri parametri che si è ritenuto importante considerare e cioè:
- proprietà intrinseche pericolose dell’agente chimico; - modalità d’impiego; - livello, modo e durata dell’esposizione; - quantità utilizzata e/o stoccata; - valore limite di esposizione professionale all’agente; - misure preventive e protettive adottate.
Le variabili che costituiscono l’algoritmo utilizzato sono di seguito esplicitate.
L
è il livello d’esposizione del singolo lavoratore agli n agenti chimici pericolosi;
Hi
è la somma dei corrispondenti fattori di pericolo caratterizzanti le proprietà rischiose H dell’iesimo agente chimico pericoloso, indicati dalle specifiche frasi di rischio;
Ti
è la somma dei corrispondenti fattori di esposizione T caratterizzanti il tipo d’esposizione all’iesimo agente chimico pericoloso;
Si
è il fattore stato fisico S corrisponde allo stato fisico dell’iesima sostanza;
Ei
è dato dal valore del fattore di durata E corrispondente al tempo d’esposizione all’iesimo agente chimico pericoloso nella settimana di riferimento pesato rispetto al fattore tempo (Cfr. fattore tempo);
Qi
è dato dal valore del fattore quantità utilizzata Q corrispondente alla quantità dell’iesimo agente chimico pericoloso adoperata nella settimana di riferimento;
Ui
è il fattore modalità d’uso U corrisponde alla modalità di uso dell’iesima sostanza e alla possibilità di dispersione in aria;
Di
è dato dal valore del fattore di quantità stoccata D corrispondente alla quantità dell'iesimo agente chimico pericoloso detenuta nella settimana di riferimento;
Ai
è dato dal valore del fattore di lavoro A corrispondente alle circostanze di lavoro in cui e utilizzato l’iesimo agente chimico pericoloso;
Ki
è il fattore di prevenzione e protezione K del lavoratore, corrispondente agli elementi di sicurezza e d’igiene presenti ed efficaci contro i rischi;
VLi
è il valore limite della sostanza di riferimento ove rilevabile espresso in ppm
...
9. Valutazione dei rischi da agenti chimici pericolosi – livelli di esposizione L’algoritmo illustrato nei paragrafi precedenti consente di ricavare una graduatoria di valori che rispecchia il livello di esposizione a cui è esposto il singolo lavoratore. Come periodo di riferimento, come più volte evidenziato, si deve considerare una settimana (rappresentativa dell’attività).
Per ogni sostanza chimica pericolosa sono prese in considerazione le caratteristiche di pericolosità intrinseca confrontate con gli interventi di prevenzione e protezione attuati e utili a mantenere sotto controllo il rischio connesso; la procedura va poi ripetuta per tutte le sostanze adoperate dallo stesso lavoratore nella settimana di riferimento, così da poter ricavare un valore somma indicativo (livello L d’esposizione complessivo) che tenga conto di tutti gli agenti utilizzati nel periodo. ...
[box-info]Interpretazione di L
Se L risulta inferiore a 1 si è in presenza di un rischio irrilevante per la salute e se anche il rischio per la sicurezza è basso, non si applicano le disposizioni degli articoli 225, 226, 229, 230 del d.lgs. 81/2008 cioè non si ha l’obbligo di effettuare una valutazione più approfondita per:
- mettere in atto misure specifiche di protezione e di prevenzione (cfr. paragrafo successivo); - predisporre procedure di intervento adeguate da attuarsi in caso di incidenti o di emergenze; - attivare la sorveglianza sanitaria ai lavoratori esposti; - istituire e aggiornare le cartelle sanitarie e di rischio.[/box-info] ... 10. La valutazione approfondita Se l’analisi condotta sulla base delle indicazioni riportate ai paragrafi precedenti ha individuato la presenza di un rischio non irrilevante per la salute e/o di un rischio non basso per la sicurezza, diventa necessario procedere ad una valutazione approfondita anche al fine di adottare misure specifiche di prevenzione e protezione includendo, ad esempio, procedure in caso di incidenti o di emergenze e la sorveglianza sanitaria.
Per valutare l’efficacia delle misure succitate scelte nella valutazione approfondita è opportuno ricalcolare l’indice di esposizione attraverso l’algoritmo proposto.
Se il livello di rischio risulta irrilevante per la salute e basso per la sicurezza non è necessario procedere all’attuazione di quanto previsto dagli articoli 225, 226, 229 e 230 del D.lgs. 81/2008, mentre se permane una condizione di rischio non basso per la sicurezza e/o non irrilevante per la salute, i succitati articoli dovranno essere necessariamente applicati.
Rispetto alle numerose metodologie di calcolo disponibili, questa risulta essere maggiormente appropriata per la realtà dei laboratori delle Agenzie e, più in generale, per quella dei laboratori di analisi, purché si tenga sempre presente che i risultati ottenuti, come tutte le metodologie di calcolo dei livelli di rischio, non hanno valore assoluto ma comparativo.
Se, a seguito dell’applicazione del metodo proposto si perviene al risultato che non vi è un rischio basso per la sicurezza e/o non irrilevante per la salute dei lavoratori e che sia le misure e principi generali per la prevenzione dei rischi di cui al comma 1 dell’art. 224, del d.lgs. 81/2008 che le eventuali misure intraprese a seguito di una valutazione più approfondita, non riescono a dimostrare il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro, periodicamente e ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possono influire sull’esposizione, provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio per la salute (cfr. paragrafo successivo).
Sommario 1. Il rischio per la salute 2. La valutazione del rischio per la salute 3. La procedura di valutazione 4. Informazioni sugli agenti chimici 5. Analisi delle mansioni, attività e locali 6. Misure preventive e protettive (misure generali di tutela) 7. La valutazione preliminare - l’algoritmo di calcolo dell’indice di rischio o livello di esposizione 7.1 Caratterizzazione dei rischi 8. Rilevazione delle informazioni 10. La valutazione approfondita 11. PROCEDURA DI GESTIONE DEGLI AGENTI CHIMICI PERICOLOSI
CEI 106-45:2021 | Valutazione del rischio CEM luoghi di lavoro
ID 12976 | 02.03.2021 / Documento di lavoro in allegato
Il presente elaborato illustra alcuni dei contenuti di interesse della GUIDA CEM CEI 106-45:2021, in particolare gli aspetti riguardanti i lavoratori particolarmente sensibili al rischio CEM (Allegato A) e le misure tecniche ed organizzative di mitigazione nel settore della radiodiffusione (Broadcast) di cui all’Allegato E.
Inoltre, sono inserite otto schede relative alla valutazione rischio CEM, riguardanti:
[alert]- Elettrodotti alla frequenza di rete (50 Hz) - Cavidotti - Stazioni di trasformazione rete trasporto - Sorgenti industriali - Saldatura a resistenza - Apparati di diffusione radiotelevisiva analogici/digitali - Stazione radiobase per telefonia mobile (SRB) - Wi-Fi.[/alert]
La Guida CEM ha lo scopo di fornire un supporto operativo per l’identificazione, la valutazione dell’esposizione e dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori derivanti dall’esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (CEM) nel campo di frequenze comprese tra 0 Hz e 300 GHz, in conformità alla Direttiva 2013/35/EU recepita dal D.Lgs. 81/08 e s.m.i., integrando i contenuti della Norma CEI EN 50499:2020 - Procedura per la valutazione dell’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici e la disciplina sulla protezione dalle esposizioni ai CEM ai sensi della legislazione nazionale vigente.
Nel contempo, la Guida CEM intende fornire chiarimenti interpretativi agli operatori per la valutazione dell’esposizione e del rischio CEM nei luoghi di lavoro, rivolgendosi anche a coloro che non hanno specifiche conoscenze e competenze tecniche in materia.
Negli Allegati alla Guida sono, inoltre, forniti approfondimenti su alcuni temi specifici, integrando i diversi riferimenti legislativi, tecnico-normativi e della letteratura scientifica italiana e internazionale secondo un approccio multidisciplinare. La Guida è corredata anche di alcune schede sinottiche di supporto alla valutazione del rischio relative a specifiche tipologie di sorgenti.
L’art. 209 del D.Lgs. 81/08 e s.m.i.[C1] individua le norme tecniche del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) come riferimento per la valutazione dei rischi e l’identificazione dell’esposizione ai CEM.
Allo scopo, il CEI ha redatto la Guida CEM al fine di fornire un supporto operativo per la corretta applicazione delle normative nazionali ed internazionali nella valutazione dei rischi e identificazione dell’esposizione dei lavoratori ai CEM.
La Guida CEM si applica a tutti gli ambienti di lavoro come definiti dal D.Lgs. 81/08 e s.m.i.
... Art. 209 Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 181, il datore di lavoro valuta tutti i rischi per i lavoratori derivanti da campi elettromagnetici sul luogo di lavoro e, quando necessario, misura o calcola i livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori. La valutazione, la misurazione e il calcolo devono essere effettuati tenendo anche conto delle guide pratiche della Commissione europea, delle pertinenti norme tecniche europee e del Comitato elettrotecnico italiano (CEI), delle specifiche buone prassi individuate o emanate dalla Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6 del presente decreto, e delle informazioni reperibili presso banche dati dell'INAIL o delle regioni. La valutazione, la misurazione e il calcolo devono essere effettuati, inoltre, tenendo anche conto delle informazioni sull'uso e sulla sicurezza rilasciate dai fabbricanti o dai distributori delle attrezzature, ovvero dei livelli di emissione indicati in conformità alla legislazione europea, ove applicabili alle condizioni di esposizione sul luogo di lavoro o sul luogo di installazione.
2. Qualora non sia possibile stabilire con certezza il rispetto dei VLE sulla base di informazioni facilmente accessibili, la valutazione dell'esposizione è effettuata sulla base di misurazioni o calcoli. In tal caso si deve tenere conto delle incertezze riguardanti la misurazione o il calcolo, quali errori numerici, modellizzazione delle sorgenti, geometria del modello anatomico e proprietà elettriche dei tessuti e dei materiali, determinate secondo la buona prassi metrologica.
3. La valutazione, la misurazione e il calcolo di cui al comma 1, non devono necessariamente essere effettuati in luoghi di lavoro accessibili al pubblico, ove si sia già proceduto ad una valutazione conformemente alle disposizioni relative alla limitazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz e risultino rispettate per i lavoratori le restrizioni previste dalla raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio, del 12 luglio 1999, e siano esclusi rischi relativi alla sicurezza.
4. La valutazione, la misurazione e il calcolo di cui al comma 1, non devono necessariamente essere effettuati ove siano utilizzate dai lavoratori, conformemente alla loro destinazione d'uso, attrezzature destinate al pubblico, conformi a norme di prodotto dell'Unione europea che stabiliscano livelli di sicurezza piu' rigorosi rispetto a quelli previsti dal presente capo, e non sia utilizzata nessun'altra attrezzatura.
5. Nell'ambito della valutazione del rischio di cui all'articolo 181, il datore di lavoro presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
a) la frequenza, il livello, la durata e il tipo di esposizione, inclusa la distribuzione sul corpo del lavoratore e sul volume del luogo di lavoro; b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui all'articolo 208; c) effetti biofisici diretti; d) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rischio; eventuali effetti sulla salute e la sicurezza dei lavoratori esposti a rischi particolari, con particolare riferimento a soggetti portatori di dispositivi medici impiantati, attivi o passivi, o dispositivi medici portati sul corpo e le lavoratrici in stato di gravidanza; e) qualsiasi effetto indiretto di cui all'articolo 207, comma 1, lettera c); f) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici; g) la disponibilita' di azioni di risanamento volte a minimizzare i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici; h) informazioni adeguate raccolte nel corso della sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 211; i) informazioni fornite dal fabbricante delle attrezzature; l) altre informazioni pertinenti relative a salute e sicurezza; m) sorgenti multiple di esposizione; n) esposizione simultanea a campi di frequenze diverse.
6. Il datore di lavoro precisa, nel documento di valutazione del rischio di cui all'articolo 28, le misure adottate, previste dall'articolo 210.
7. Fatti salvi gli articoli 50, 184, 210 e 210-bis del presente decreto, il datore di lavoro privato puo' consentire l'accesso al documento di valutazione di cui al comma 1 in tutti i casi in cui vi sia interesse e in conformita' alle disposizioni vigenti e lo puo' negare qualora tale accesso pregiudichi la tutela dei propri interessi commerciali, compresi quelli relativi alla proprieta' intellettuale e in conformita' alle disposizioni vigenti. Per i documenti di valutazione dei rischi elaborati o detenuti da pubbliche amministrazioni, si applica la disciplina del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Qualora la valutazione contenga i dati personali dei lavoratori, l'accesso avviene nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.[/panel]
Lavoratori particolarmente sensibili al rischio CEM
Lavoratori particolarmente sensibili al rischio CEM il TUS, nelle disposizioni generali relative all’esposizione agli agenti fisici (Titolo VIII, Capo I), identifica come lavoratori particolarmente sensibili al rischio le donne in stato di gravidanza e i minori e, con specifico riferimento all’esposizione ai CEM (titolo VIII, capo IV), i portatori di dispositivi medici impiantati attivi o passivi, e i portatori di dispositivi medici portati sul corpo.
Sulla base degli effetti biofisici riportati dagli studi scientifici e clinici, il documento “Decreto Legislativo 81/2008 (Titolo VIII, Capo IV) e s.m.i. - Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici - Indicazioni operative” redatto dal Coordinamento tecnico interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro, in collaborazione con INAIL e Istituto Superiore di Sanità (comunemente note come FAQ), identifica in A.6 ulteriori categorie di soggetti da considerare particolarmente sensibili al rischio da esposizione ai CEM, tra cui i portatori di corpi o elementi inclusi contenenti parti ferromagnetiche o parti metalliche conduttive (ad es. schegge, piercing, tatuaggi con pigmenti metallici). Inoltre, nella Guida non vincolante della Commissione Europea – Volume 1 e nelle Linee guida AIRM si evidenzia che i datori di lavoro devono essere consapevoli che potrebbero esserci gruppi di lavoratori non specificati come particolarmente a rischio, come i lavoratori che assumono farmaci particolari per patologie mediche riconosciute, i quali potrebbero necessitare di una valutazione specifica del rischio in relazione alle specifiche condizioni fisiopatologiche.
La valutazione del rischio deve tener conto dei lavoratori particolarmente sensibili, in modo che il datore di lavoro, avvalendosi della collaborazione del medico competente (MC), adatti le misure finalizzate alla riduzione ed eliminazione dei rischi alle esigenze specifiche di questi lavoratori, per i quali si potrebbe determinare una maggiore suscettibilità agli effetti dell’esposizione ai CEM.
Al fine di garantire la tutela dei lavoratori particolarmente sensibili al rischio, è necessario che gli stessi, sensibilizzati attraverso le misure di prevenzione come informazione e formazione obbligatorie per tutti i lavoratori, siano edotti dei possibili rischi derivanti dall’esposizione ai CEM e siano, quindi, in grado di informare circa la loro condizione il MC, che verificherà le condizioni di idoneità alla mansione ed effettuerà la sorveglianza sanitaria del lavoratore. Nel caso delle lavoratrici, esse sono tenute a comunicare lo stato di gravidanza, non appena ne vengano a conoscenza, al DL oltre che al MC.
In generale, l'adesione ai limiti di base e ai livelli di riferimento per l’esposizione della popolazione fissati dalla raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio, del 12 luglio 1999 dovrebbe fornire un elevato livello di protezione rispetto agli effetti accertati sulla salute che possono derivare dall'esposizione ai CEM. Tuttavia, ciò non evita necessariamente i problemi di interferenza o gli effetti sul funzionamento di dispositivi medici attivi quali, ad esempio, stimolatori cardiaci e defibrillatori, impianti cocleari e di altro tipo. Infatti, la Raccomandazione precisa che “i problemi di interferenza con gli stimolatori cardiaci possono verificarsi per valori inferiori ai livelli di riferimento raccomandati ed esigono quindi precauzioni adeguate, che esulano comunque dall'ambito di applicazione della presente Raccomandazione e sono contemplate nel contesto della normativa sulla compatibilità elettromagnetica e sui dispositivi medici”.
Tabella A.1 - Categorie di lavoratori particolarmente sensibili al rischio CEM
[...]
Lavoratori portatori di dispositivi medici impiantati attivi
I lavoratori portatori di dispositivi medici impiantati attivi (DMIA) – ad esempio stimolatori cardiaci, defibrillatori cardiaci, impianti cocleari, impianti nel tronco encefalico, protesi dell’orecchio interno, neurostimolatori, codificatori della retina, pompe impiantate per l’infusione di farmaci − rientrano tra i soggetti particolarmente sensibili al rischio di esposizione ai CEM, per i quali i problemi d’interferenza o gli effetti sul funzionamento dei DMIA possono verificarsi per esposizioni ai CEM a valori inferiori ai livelli di riferimento (LR) della Raccomandazione 1999/519/CE per la popolazione.
Si precisa, come di seguito illustrato, che gli effetti sul funzionamento dei DMIA potrebbero verificarsi anche per esposizioni inferiori ai limiti della Raccomandazione nei seguenti casi:
[alert]- per esposizioni a campi magnetici statici; - per esposizioni ad alta frequenza, i cui LR sono definiti come valori efficaci mediati nel tempo.[/alert]
Per valutare l’idoneità alla mansione del lavoratore portatore di DMIA, il MC, anche sulla base delle informazioni fornite dal medico o dalla struttura curante del paziente ovvero dal produttore del dispositivo, eseguirà una visita approfondita che potrà fornire indicazioni sulle sue caratteristiche ed in particolare sui livelli di immunità e le tipologie di possibili malfunzionamenti.
Tutti i DMIA immessi sul mercato dopo il 1 gennaio 1995 devono rispettare i requisiti essenziali della Direttiva 90/385/CEE sui dispositivi medici impiantabili attivi. A partire dal 2007 tale Direttiva, unitamente alla Direttiva 93/42/CEE sui dispositivi medici, è stata integrata all’interno di una unica Direttiva, la Direttiva 2007/47/CE. A decorrere dal 26 maggio 2021 verrà applicato il nuovo Regolamento 2017/745 del Parlamento europeo e del Consiglio europeo sui dispositivi medici, entrato in vigore il 25 maggio 2017, che abroga la Direttiva 90/385/CEE sui dispositivi medici impiantabili attivi e la Direttiva 93/42/CEE sui dispositivi medici.
Per quanto riguarda i campi elettromagnetici, la Direttiva 2007/47/CE stabilisce che i dispositivi medici siano progettati e fabbricati in modo da eliminare o ridurre al minimo i rischi connessi con condizioni ambientali ragionevolmente prevedibili, in particolare i rischi connessi con i campi magnetici, le influenze elettriche esterne, le scariche elettrostatiche. Nella pratica questo si traduce nell’applicazione, da parte dei fabbricanti dei dispositivi, di specifiche Norme tecniche armonizzate (CEI EN 45502-1 e la serie CEI EN 45502-2-X di norme particolari), i cui requisiti di immunità elettromagnetica sono derivati dai livelli di riferimento della Raccomandazione 1999/519/CE per la protezione della popolazione.
Le norme suddette non valutano però l’immunità dei dispositivi a segnali associati a sorgenti particolari presenti nei luoghi di lavoro, per i quali rimandano ad analisi ulteriori da effettuarsi direttamente con il costruttore del dispositivo, con il datore di lavoro e con il medico curante (ad esempio per la possibilità di impostazioni non standard per il DMIA).
La Norma tecnica CEI EN 50527-1 descrive la procedura generale di valutazione del rischio derivante dall'esposizione sul luogo di lavoro ai CEM nell’intervallo di frequenza da 0 Hz a 300 GHz, per i lavoratori portatori di DMIA. La norma indica come effettuare una valutazione generale del rischio e come determinare se sia necessario procedere con un’ulteriore valutazione dettagliata. La Norma fornisce, inoltre, una tabella contenente una lista di apparati/condizioni espositive conformi a priori/giustificabili ai LR per la popolazione dellaRaccomandazione 1999/519/CE. Al fine di garantire l’immunità dei DMIA, il confronto con i LR della Raccomandazione 1999/519/CE deve essere su base istantanea, cioè senza includere alcuna media temporale.
[...]
Tabella A.2 - Apparecchiature/condizioni di esposizione conformi a priori ai livelli di riferimento per la popolazione della Raccomandazione 1999/519/C E e relative eccezioni per i portatori di DMIA (tratta dalla norma CEI EN 50527-1:2017)
...
Misure tecniche ed organizzative di mitigazione nel settore della radiodiffusione (Broadcast)
Al fine di mitigare ulteriormente il rischio, il DL può implementare misure di prevenzione e protezione aggiuntive che permettano, tra l’altro, ai medesimi lavoratori di acquisire consapevolezza rispetto alle loro condizioni di esposizione come, ad esempio:
[box-note]- scegliere di fare riferimento ai VA anziché ai VLE: ciò introduce un ulteriore grado di cautela e semplifica il processo di zonizzazione; fornire planimetrie dell’insediamento ed eventualmente della torre/traliccio, evidenziando con colori diversi le aree corrispondenti alle diverse zone, corredate di apposita legenda; tali planimetrie possono essere collocate nell’impianto stesso in modo che siano facilmente consultabili dal lavoratore; - fornire eventualmente informazioni specifiche sugli interventi da attuare al fine di ricondurre le aree classificate come zona 2 (valori superiori ai limiti previsti per i lavoratori) in zona 1 (valori superiori ai limiti previsti per la popolazione ma inferiori ai limiti previsti per i lavoratori) ad esempio riducendo la potenza di emissione; - dotare i lavoratori di un dosimetro che segnali potenziali superamenti della soglia, come provvedimento cautelativo, qualora non si conoscano i livelli di esposizione presenti perché il sito non è stato ancora sottoposto a zonizzazione (secondo quanto previsto dalla Norma CEI EN 50496:2020), o perché ha subito modifiche non ancora verificate, oppure qualora permangano dubbi su possibili superamenti dei valori previsti per i lavoratori.[/box-note]
Per quanto riguarda, in particolare, l’accesso alla torre è necessario tenere presente che il personale autorizzato ad accedere al traliccio deve avere una abilitazione, formazione specifica e sorveglianza sanitaria specifica anche per i lavori in quota, oltre che per l’esposizione ai CEM. Come già evidenziato, è buona norma impedire fisicamente l’accesso al traliccio a personale che non possieda i requisiti, ad es. mediante chiusura con lucchetto della botola, per impedire l’accesso e la salita sul traliccio, ed apposizione di opportuna segnaletica.
In generale, si considera che davanti ad un’antenna in funzione (cioè nella direzione del lobo principale del diagramma di radiazione) i VLE per i lavoratori risultino superati e, pertanto, nel caso in cui sia necessario operare in tale situazione o transitare davanti al fascio, ad es. con un cestello, è di norma necessario prevedere lo spegnimento dei trasmettitori corrispondenti.
Considerando invece l’accesso nel back delle antenne, all’interno del traliccio, finché non sia stata condotta una valutazione più approfondita dell’esposizione o siano state adottate eventuali misure di contenimento dell’esposizione, è buona norma apporre l’indicazione di possibile zona 2 (accesso vietato).
Qualora la zonizzazione abbia evidenziato il superamento dei VLE previsti per i lavoratori (zona 2), la Norma CEI EN 50496:2019, al par. 8.2.4 prevede che, in assenza di specifiche deroghe, deve essere vietato l’accesso a meno di modifiche al trasmettitore o alle condizioni di accesso.
È buona norma fornire una “scheda di impianto” con i risultati della zonizzazione effettuata ed una legenda che permetta l’identificazione delle zone in cui il lavoratore può accedere senza particolari precauzioni. L’utilizzo di un dosimetro personale è, comunque, un valido ausilio, in particolare se permette di rilevare e memorizzare i dati di esposizione anche per eventuali analisi a posteriori. In tali casi può essere predisposto un “piano di riduzioni”, che può essere messo a punto durante il processo di zonizzazione stesso, che consenta di riportare i valori delle emissioni entro quelli previsti per la zona 1, fornendolo ai lavoratori nella medesima scheda di impianto.
...
Schede
[alert]S.1 Elettrodotti alla frequenza di rete (50 Hz) S.2 Cavidotti S.3 Stazioni di trasformazione rete trasporto S.4 Sorgenti industriali S.5 Saldatura a resistenza S.6 Apparati di diffusione radiotelevisiva analogici/digitali S.7 Stazione radiobase per telefonia mobile (SRB) S.8 Wi-Fi[/alert]
_________
S.7 Stazione radiobase per telefonia mobile (SRB)
[...]
MISURE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
La misura di prevenzione principe è la ZONIZZAZIONE che consiste nell'individuare e delimitare le diverse zone in cui sono rispettate le restrizioni statuite dalla legge, come descritto nella Norma CEI EN 50499.
Con riferimento alle esposizioni non professionali, si applicano le disposizioni contenute nel DPCM AF, recante la "fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz. L'applicazione dei valori di attenzione (per permanenze giornaliere e continuative non inferiori a 4 ore) e degli obiettivi di qualità (valori di immissione calcolati o misurati all'aperto nelle aree intensamente frequentate) è ulteriormente disciplinata dal D.L. 179/2012 recante "Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese" (c.d. Decreto Crescita 2.0), coordinato con la legge di conversione 17 dicembre 2012, n. 221.
Per delimitare le diverse zone di rispetto, ad accesso libero ovvero controllato o limitato, vanno individuate quattro zone, in relazione alle esposizioni professionali o non professionali, tenendo conto dei lavoratori particolarmente sensibili al rischio, cosi come sintetizzato nella figura e nella tabella seguenti.
Si precisa che la zonizzazione non segue pedissequamente la CEI EN 50499 tenendo in conto il combinato disposto della normativa italiana per la protezione della popolazione ai campi magnetici ed elettromagnetici (LQ 36/2001 e DPCM AF) e quando previsto dalla CEI EN 50499.
ID 14685 | 20.10.2021 / In allegato Schede di controllo in formato .doc/pdf
Le schede di verifica per i ponteggi illustrano le operazioni da compiere prima e durante l’uso di queste strutture.
L’art. 112 del D. Lgs. 81/2008 oltre a prescrivere che le opere provvisionali debbano essere allestite con buon materiale e a regola d’arte, proporzionate e idonee allo scopo, stabilisce che tali opere debbano essere conservate in efficienza per l’intera durata del lavoro in accordo con le prescrizioni dell'Allegato XIXVERIFICHE DI SICUREZZA DEI PONTEGGI METALLICI FISSI.
Inoltre l'allegato XXII CONTENUTI MINIMI DEL Pi.M.U.S., prevede al punto 10, che le indicazioni delle verifiche da effettuare sul ponteggio prima del montaggio e durante l'uso debbano essere redatte secondo l'Allegato XIX.
1. Le opere provvisionali devono essere allestite con buon materiale ed a regola d'arte, proporzionate ed idonee allo scopo; esse devono essere conservate in efficienza per la intera durata del lavoro.
2. Prima di reimpiegare elementi di ponteggi di qualsiasi tipo si deve provvedere alla loro verifica per eliminare quelli non ritenuti più idonei ai sensi dell'allegato XIX.[/panel]
Prima di reimpiegare elementi di ponteggi di qualsiasi tipo si deve provvedere alla loro verifica per eliminare quelli non ritenuti più idonei.
La Circolare n. 46 dell'11 luglio 2000 fornisce istruzioni riguardo ai controlli minimali ritenuti necessari per i ponteggi metallici fissi. Individuate tre diverse tipologie costruttive di ponteggi metallici fissi (1- a telai prefabbricati; 2- a montanti e traversi prefabbricati; 3- a tubi e giunti) la circolare indica le verifiche che l’utilizzatore deve effettuare prima del montaggio e durante l’uso del ponteggio, attraverso la valutazione visiva e/o funzionale di tutti quegli elementi strutturali che, se non perfettamente efficienti, potrebbero comportare gravi rischi per la sicurezza dei lavoratori.
L’allegato XIX del D. Lgs. 81/2008, precisa che nel ponteggio metallico fisso la sicurezza strutturale, che ha un rilievo essenziale, dipende da numerosi parametri, quali:
[panel]- la frequenza di utilizzo, - il numero dei montaggi e smontaggi, - il corretto stoccaggio dei componenti, - l’ambiente di lavoro, l’utilizzo conforme all’autorizzazione ministeriale e lo stato di conservazione degli elementi costituenti lo stesso.[/panel]
In relazione a quanto sopra, non essendo possibile stabilire una durata limite di vita del ponteggio, sono state elaborate le seguenti istruzioni, che ribadiscono i controlli minimali, ritenuti necessari, che l’utilizzatore deve eseguire prima del montaggio e durante l’uso del ponteggio, focalizzando, per le diverse tipologie costruttive, gli elementi principali in cui eventuali anomalie riscontrate potrebbero influire sulla stabilità complessiva del sistema ridurre la sicurezza dei lavoratori.
In particolare, le schede che seguono elencano le verifiche che l’utilizzatore deve comunque eseguire prima di ogni montaggio, rispettivamente per i ponteggi metallici a telai prefabbricati, a montanti e traversi prefabbricati e a tubi giunti. L’ultima parte, infine, elenca le verifiche da effettuarsi durante l’uso delle attrezzature in argomento.
Istruzioni per l’uso delle schede di controllo
Le 4 schede sono relative a:
Scheda 1: Ponteggio metallico a telai prefabbricati - verifiche da effettuarsi prima del montaggio del ponteggio; Scheda 2: Ponteggio metallico a montanti e traversi prefabbricati - verifiche da effettuarsi prima del montaggio del ponteggio; Scheda 3: Ponteggio metallico a tubi e giunti - verifiche da effettuarsi prima del montaggio del ponteggio; Scheda 4: Verifiche da effettuarsi durante l’uso del ponteggio - valevole per tutti i tipi di ponteggio metallico fisso utilizzato.
Schede 1, 2 e 3: “verifiche prima del montaggio del ponteggio”.
La verifica riportata nelle schede riguarda il tipo di controllo che è stato effettivamente svolto attraverso la validazione di ogni singola pagina delle schede con l’apposizione in calce della firma del datore di lavoro utilizzatore del ponteggio. Ciascuna scheda dovrà preventivamente essere intestata riportando sulla prima pagina gli estremi identificativi del ponteggio metallico cui si riferisce e la data in cui le verifiche sono state effettuate. Nei casi in cui come modalità di verifica sia previsto il solo controllo visivo sarà dato atto dell’avvenuto adempimento barrando semplicemente il punto alla sinistra della colonna degli “Elementi”; per i casi in cui siano previste verifiche visive e/o funzionali, occorrerà barrare anche il punto corrispondente alla modalità di verifica effettivamente adottata.
Per i casi in cui sono previste verifiche sia visive che funzionali, barrando il corrispettivo punto che le raggruppa, si darà atto di averle svolte entrambi. Esistono infine casi in cui, pur essendo previsto un solo controllo visivo, il legislatore ha inteso indicare a cosa deve essere espressamente rivolto tale. In tal caso, barrando il punto in corrispondenza della voce “Visivo” si darà atto di aver effettuato tutti i tipi di verifiche visive previsti.
L’ultima parte delle schede è riservata alle verifiche di “altri elementi del ponteggio”. Si tratta di tutti quegli elementi espressamente riportati nel libretto di cui all’autorizzazione ministeriale diversi da quelli espressamente indicati nella prima parte delle schede: fermapiede, trave per passo carraio, mensola, montante per parapetto di sommità, scala, parasassi).
Il datore di lavoro utilizzatore del ponteggio dovrà pertanto riportare sulla scheda l’elemento e per esso prevedere tipi e modalità di verifica analoghi a quelli descritti per gli altri elementi del ponteggio, come ad esempio:
[panel]- Controllo marchio come da libretto - visivo - Controllo stato di conservazione della protezione contro la corrosione - visivo - Controllo assenza di deformazioni - visivo - Controllo stato di conservazione e di efficienza dei sistemi di collegamento al telaio del ponteggio - visivo e/o funzionale.[/panel]
Scheda 4 “verifiche durante l’uso del ponteggio”
La scheda 4 è unica ed è utilizzata indistintamente per qualsiasi tipo di ponteggio metallico fisso utilizzato. Essa è riepilogativa delle verifiche che il datore di lavoro utilizzatore del ponteggio ha effettuato durante l’utilizzo del ponteggio stesso. La scheda va intestata con i dati identificativi del ponteggio metallico fisso a cui si riferisce e va indicata la data in cui i controlli sono stati eseguiti.
Trattandosi di controlli minimali, dovranno essere effettuati tutti i controlli previsti sulla scheda e conseguentemente dovranno essere barrati tutti i punti delle voci e delle sottovoci ad eccezione di quelli riferiti alle situazioni particolari non sempre riscontrabili come ad esempio: l’altezza del ponteggio superiore ai 20 metri; la realizzazione di un ponteggio “misto” o non conforme agli schemi tipo previsti dal fabbricante; la presenza sul ponteggio di tabelloni pubblicitari, graticci, teli o altre schermature.
Ogni sezione della scheda compilata dovrà riportare in calce la firma del datore di lavoro utilizzatore del ponteggio.
[...]
SCHEDA 1 - PONTEGGIO METALLICO A TELAI PREFABBRICATI
Ponteggio metallico a telai prefabbricati tipo ____________ numero ____________
1 - Verifiche degli elementi del ponteggio effettuate in data _____________ prima del montaggio
Il protocollo di sorveglianza sanitaria MC lavoro: Note / Modello
ID 16835 | 12.06.2022 / Documento completo allegato
Documento sul Protocollo di Sorveglianza Sanitaria MC lavoro, con estratti normativi, documenti e modello esempio di Protocollo.
1. Il protocollo sanitario
Un protocollo di sorveglianza sanitaria è l'insieme delle visite mediche, delle indagini specialistiche e di laboratorio, delle informazioni sanitarie e dei provvedimenti adottati dal medico, al fine di garantire la protezione sanitaria dei lavoratori nei confronti del rischio lavorativo.
Il protocollo viene definito dal medico competente in funzione dei rischi specifici presenti nell’ambiente di lavoro tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati (art. 25, c.1, b) D.Lgs. 81/2008).
Include gli accertamenti sanitari specialistici previsti per i lavoratori, mirati al rischio e meno invasivi possibili (art. 229, c.4, D.Lgs. 81/2008) e costituisce parte integrante del documento di valutazione dei rischi (DVR) (art. 28 e art. 29, D.Lgs. 81/2008).
b) programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati; …[/box-note]
Il medico competente istituisce, aggiorna e custodisce una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria (art. 25c.1D.Lgs. 81/2008) dove vengono riportate le sue condizioni psicofisiche, i risultati degli accertamenti strumentali, di laboratorio e specialistici eseguiti, eventuali livelli di esposizione professionale individuali forniti dal Servizio di Prevenzione e Protezione nonché il giudizio di idoneità alla mansione specifica.
c) istituisce, aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilità, una cartella sanitaria e di rischioper ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria; tale cartella è conservata con salvaguardia del segreto professionale e, salvo il tempo strettamente necessario per l'esecuzione della sorveglianza sanitaria e la trascrizione dei relativi risultati, presso il luogo di custodia concordato al momento della nomina del medico competente …[/box-note]
La cartella sanitaria e di rischio:
- è conservata, con salvaguardia del segreto professionale, salvo il tempo necessario per la effettuazione della sorveglianza sanitaria e della trascrizione dei relativi risultati, presso il luogo di custodia concordato al momento della nomina del medico competente e fino alla cessazione dell’attività lavorativa;
- deve essere firmata sul frontespizio dal datore di lavoro e dal lavoratore per presa visione dei dati anamnestici e clinici e del giudizio di idoneità alla mansione, delle modalità relative alla conservazione della stessa o di eventuali accertamenti sanitari cui il lavoratore deve sottoporsi anche dopo la cessazione dell’attività lavorativa;
- su richiesta, viene fornita in copia al lavoratore.
Il medico competente informa ogni lavoratore interessato dei risultati della sorveglianza sanitaria di cui all’art. 41. Alla cessazione del rapporto di lavoro, consegna al lavoratore, copia della cartella sanitaria e di rischio, e gli fornisce le informazioni necessarie alla conservazione della stessa (art. 25, comma 1, lettera e)).
In caso di cessazione dell’incarico, il medico competente deve consegnare la documentazione sanitaria in suo possesso, sempre con salvaguardia del segreto professionale, al datore di lavoro, che firmerà per ricevuta (art. 25, c.1, lettera d)).
1. Il medico competente: a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all'attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro. Collabora inoltre alla attuazione e valorizzazione di programmi volontari di "promozione della salute", secondo i principi della responsabilità sociale; b) programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati; c) istituisce, aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilità, una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria; tale cartella è conservata con salvaguardia del segreto professionale e, salvo il tempo strettamente necessario per l'esecuzione della sorveglianza sanitaria e la trascrizione dei relativi risultati, presso il luogo di custodia concordato al momento della nomina del medico competente; d) consegna al datore di lavoro, alla cessazione dell'incarico, la documentazione sanitaria in suo possesso, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196, e con salvaguardia del segreto professionale; e) consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro, copia della cartella sanitaria e di rischio, e gli fornisce le informazioni necessarie relative alla conservazione della medesima; l'originale della cartella sanitaria e di rischio va conservata, nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, da parte del datore di lavoro, per almeno dieci anni, salvo il diverso termine previsto da altre disposizioni del presente decreto; f) [Lettera soppressa dal Decreto Legislativo 3 agosto 2009 n. 106]; g) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività che comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; h) informa ogni lavoratore interessato dei risultati della sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria; i) comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di cui all'articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile del servizio di prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori; l) visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all'anno o a cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi; la indicazione di una periodicità diversa dall'annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel documento di valutazione dei rischi; m) partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria; n) comunica, mediante autocertificazione, il possesso dei titoli e requisiti di cui all'articolo 38 al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.[/box-note]
2. Procedura Protocollo SS
Il Medico Competente individua i gruppi di lavoratori da inserire nel programma di sorveglianza sanitaria e ne definisce il protocollo indicando per ogni mansione:
- i fattori di rischio (oggetto della valutazione) per i quali è istituita la Sorveglianza Sanitaria , - la periodicità della visita medica, - gli accertamenti strumentali e/o di laboratorio e loro periodicità.
Il protocollo di sorveglianza sanitaria costituisce parte integrante del Documento di Valutazione dei Rischi redatto ai sensi degli art. 28 e art. 29, D.Lgs. 81/2008.
Gli accertamenti strumentali e/o di laboratorio inseriti nel programma di sorveglianza sanitaria devono essere mirati al rischio (art. 41 c.4 del D.Lgs. 81/2008).
Il protocollo di sorveglianza può essere esposto in forma di tabella, nella quale per ogni fattore di rischio vengono indicati:
- effetti avversi/organi bersaglio - accertamenti mirati di primo livello - altri eventuali accertamenti di secondo livello - eventuali riferimenti normativi o tecnici (leggi, linee guida) - periodicità suggerite (in rapporto alle fasce di intensità di esposizione)
2.1 Assenza del Protocollo sanitario
Si menziona la sentenza della Cassazione Penale Sez. III, 14 febbraio 2017 n. 6885, che ha condannato un medico competente per non aver attuato un protocollo sanitario definito in funzione dei rischi specifici con riferimento a due lavoratori edili e, nel far questo, si è pronunciata sui temi relativi agli “accertamenti minimi” richiesti al medico competente in relazione poi all’emissione dei giudizi di idoneità, alla verifica della funzionalità degli “organi bersaglio”, all’autonomia del medico competente, alle linee guida e in generale al livello di adempimento richiesto a questo soggetto sulla base delle prescrizioni legislative e dell’arte medica.
Stress da lavoro: Modello Job Content Questionnaire (JCQ)
ID 15697 | 16.02.2022 / Documento di approfondimento allegato
Documento di approfondimento sul modello teorico di Karasek per lo studio dello stress lavorativo.
Robert A. Karasek pubblicò il suo primo studio sullo stress lavorativo percepito nel 1979. Il suo modello originale suggerisce che la relazione tra elevata domanda lavorativa (job demand, JD) e bassa libertà decisionale (decision latitude, DL) definiscono una condizione di “job strain“ o “perceived job stress “ (stress lavorativo percepito), in grado di spiegare i livelli di stress cronico e l’incremento del rischio cardiovascolare.
Le due principali dimensioni lavorative (domanda e controllo) sono considerate variabili indipendenti e poste su assi ortogonali. La job demand si riferisce all'impegno lavorativo richiesto ovvero: i ritmi di lavoro, la natura impositiva dell'organizzazione, il numero di ore lavorative e le eventuali richieste incongruenti. La decision latitude è definita da due componenti: la skill discretion e la decision authority. La prima identifica condizioni connotate dalla possibilità di imparare cose nuove, dal grado di ripetitività dei compiti e dall’opportunità di valorizzare le proprie competenze; la seconda individua fondamentalmente il livello di controllo dell’individuo sulla programmazione ed organizzazione del lavoro.
1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei miscele chimiche impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all'età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoroe i rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili, come definiti dall'articolo 89, comma 1, lettera a), del presente decreto, interessati da attività di scavo.
1-bis. La valutazione dello stress lavoro-correlato di cui al comma 1 è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all'articolo 6, comma 8, lettera m-quater), e il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, a fare data dal 1° agosto 2010.[/panel]
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Modello Karasek in Italia
Per lo studio dello stress lavorativo in Italia sono state prodotte almeno 3 traduzioni.
La prima, ridotta, di 15 domande è stata tratta dal manuale messo a punto per lo studio dei fattori psicosociali nell'ambito del progetto MONICA-OMS.
La seconda versione, di 35 domande, è stata riconosciuta dall'autore e utilizzata dallo studio JACE nell'ambito dei programmi BIOMED della Comunità Europea.
La terza, è stata predisposta da ricercatori dell’Enea di Bologna che, nel tradurla dall’originale, hanno apportato gli adattamenti ritenuti più necessari per l’utilizzo del questionario in contesti lavorativi nazionali (in particolare nell’industria tessile e nel terziario). Questa versione rappresenta di fatto la “recommended version” di 49 items, articolata in 8 macrovariabili: 3 sulla dimensione controllo i cui items indagano su “giudizio circa le proprie capacità”, “potere decisionale in rapporto al compito specifico” e “potere decisionale a livello di politica aziendale”; 3 sulla dimensione domanda i cui items indagano su “carico di lavoro psicologico”, “carico di lavoro fisico” e “insicurezza lavorativa” mentre le 2 restanti dovrebbero consentire valutazioni sugli aspetti relazionali (supporto sociale da parte dei superiori e supporto sociale da parte dei colleghi, rispettivamente). Vi è autorevole testimonianza in letteratura che, al di là delle due dimensioni fondamentali controllo e domanda, il supporto sociale sia da intendersi come ulteriore risorsa disponibile e come “modulatore” delle richieste che provengono dal contesto lavorativo.
Nel 1998, la traduzione del “Recommended Format (49 questions): 6/94 - Rev. 1.5 del Job Content Questionnaire di R.A. Karasek, 1985” è stata sottoposta all’approvazione dell’autore e, attraverso l’invio della richiesta “back version”, si è reso possibile il confronto con la versione originale.
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Criteri assegnazioni punteggi
Considerando i 49 item della versione consigliata dagli autori, si può vedere come nella maggior parte dei casi le risposte consistano in quattro livelli di concordanza con le affermazioni riportate nell'item.
I punteggi attribuiti vanno da 1 per l'opinione assolutamente discordante a 4 (o 5 nel caso dell’item 35) per quella decisamente concordante.
[panel]Eccezioni a questa regola sono gli item 12, 15, 16, 33, 35, QIV 5§.
Item 12:Quante persone fanno parte del suo gruppo di lavoro: è inserito nella sottoscala Macrolevel Decision Authority della scala Decision Latitude. La codifica proposta in cinque livelli consiste nel valore di 1 (lavoro da solo), 3 (da 2-5 persone), 8 (6-10 persone), 15 (11-20 persone), 30 (oltre 20). Un tale scoring dà all'item un peso notevole nel punteggio complessivo della sottoscala e quindi della scala. La codifica utilizzata per i tre gruppi centrali consiste in un valore intermedio compreso nell'intervallo previsto in quella modalità (es. 3 valore intermedio dell'intervallo 2-5). Non rispettano questo criterio la prima e l'ultima categoria che, quindi, assumono pesi di differente significato. Non viene spiegato il motivo di una scelta così rilevante nello scoring di questo item.
Item 15:Uno dei miei compiti è quello di supervisionare il lavoro svolto da altre persone:item inserito nella medesima sottoscala. Le risposte vanno da 1 a 5 e non tengono conto del peso numerico delle modalità (No; da 1 a 4 persone; da 5 a 10 persone; da 11 a 20 persone più di 20 persone).
Item 16:Faccio parte di un sindacato o associazione dei lavoratori:item inserito nella stessa sottoscala. Risposta dicotomica Si/No (5/1) [...][/panel]
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Calcolo della Decision Latitude (DL)
(@) /2 se Q12 o Q16 = 1; /1 se Q12 e Q16 = 1 (@@) missing value <recode to 0> se Q12= 1 (#) missing value <recode to 0> se Q16= 1 (##) entrambi in anni
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Calcolo del Social Support (SS)
Più che rappresentare un’ulteriore dimensione nel modello Job-Control-Demand la scala del supporto sociale serve per “controllare” in fase di analisi dei risultati per questo elemento, cioè per stratificare i questionari in funzione di un alto o basso supporto sociale al lavoro.
Gli item Q50 per la sottoscala del Supervisor SS e Q55 e Q57 per quella del Coworker SS non sono calcolati nello scoring perché considerati domande-controllo. Infatti, hanno lo stesso costrutto logico degli item Q51 e Q56, Q58 rispettivamente, anche se le prime due con senso rovesciato.
Indagini termografiche industriali: applicazioni e norme / Rev. 1.0 2022
ID 4630 | Rev. 1.0 del 14.07.2022 / Documento completo allegato
Documento sulle indagini termografiche industriali, norme di riferimento e applicazione della UNI ISO 18434-1:2011 (Estratto Appendici A, B e C) Monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine - Termografia
La termografia industriale IR applicata alle macchine, può avere un duplice obbiettivo:
1. quale strumento per sicurezza, prevenzione dal rischio incendio ed esplosione importante (indagine predittive); 2. per l'ottimizzazione degli oneri di manutenzione.
Le termografia IR è un metodo di indagine “non distruttivo” (Prove Non Distruttive - NPD) cioè non va ad interagire direttamente con l’oggetto in esame, esistono molte norme che regolamentano l’analisi, la formazione dei soggetti addetti.
Le prove termografiche devono essere condotte secondo i principi di UNI EN 16714-1, 2, 3 e a seconda dell'applicazione (del caso UNI ISO 18434-1:2011 Monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine) ed in particolare UNI ISO 18436-7:2014 per i requisiti per la qualificazione e la valutazione del personale nella termografia monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine (vedi anche UNI EN ISO ISO 9712:2012 / nuova ed. 2022) per la qualificazione e certificazione del personale NPD).
[box-info]OT23 2022: Previsto punteggio per interventi di indagine termografica ______
OT23 anno 2022 L’azienda ha effettuato nel corso dell’anno 2021 un’analisi termografica a una o più parti di impianto elettrico e ha conseguentemente attuato le opportune azioni correttive
Punti 60
Note: L’intervento si riferisce a parti di impianto quali quadri elettrici, quadri di comando e trasformatori. Il rilievo termografico e l’interpretazione e valutazione dei dati rilevati devono essere eseguiti da persone certificate in accordo ai Livelli 1 e 2 previsti dalla norma UNI EN ISO 9712.
Ogni punto oggetto di analisi termografica deve essere corredato da foto nel campo visibile e infrarosso.
Documentazione ritenuta probante:
- Report dell’analisi termografica, corredato da foto nel campo visibile e infrarosso, datato e firmato nel 2021 da persona certificata almeno di Livello 2 secondo la norma UNI EN ISO 9712 - Per la persona che ha condotto il rilievo termografico sul campo: evidenza del nome e cognome e della certificazione almeno di Livello 1, metodo TT (Termografia a infrarossi) secondo la norma UNI EN ISO 9712 - Per la persona che ha redatto il report di analisi, evidenza del nome e cognome e della certificazione almeno di Livello 2, metodo TT (Termografia a infrarossi) secondo la norma UNI EN ISO 9712 - Evidenze dell’attuazione delle eventuali azioni correttive poste in atto (ad es. fatture, schede di intervento, ecc.)
1. Termografia impianti e apparecchiature elettriche
Con la termografia impianti e apparecchiature elettriche, es dei quadri elettrici, si possono prevenire una delle maggiori cause di incendio nelle industrie, negli alberghi e in tutte quelle strutture ad elevata componentistica elettrica, la tecnica è molto utile ed usata in fase preventiva. I vantaggi sono evidenti, in quanto guasti elettrici possono facilmente causare danni a personale, danni alle apparecchiature, perdita di materiale di inattività. Un fattore importante è il carico di un componente. Il carico esponenziale interessa il potere in un circuito e il conseguente aumento di temperatura. Una piccola differenza di temperatura con un carico di 1A può essere critica invece con un carico di 20A. Anche se le ispezioni a infrarossi di impianti elettrici sono spesso effettuati a fini assicurativi, il vero valore della termografia è quello di essere parte integrante di un programma di manutenzione predittiva. In combinazione con altre tecnologie, l’analisi termografica avrà vantaggi in termini di risparmio di gran lunga superiori ai costi. ...
2. Norme per le indagini termografiche industriali
Di seguito è riportato l’elenco delle principali norme sulla termografia industriale (escluse termografia nel campo dell’edilizia):
- UNI EN ISO ISO 9712:2022 - Prove non distruttive - Qualificazione e certificazione del personale addetto alle prove non distruttive E 'applicabile a conoscenza in uno o più dei seguenti metodi: le prove di emissione acustica; prova a correnti parassite; test termografico ad infrarossi, prove di tenuta (prove di pressione idraulica esclusi); test di particelle magnetiche, penetranti, controllo radiografico; test ceppo; test ad ultrasuoni ; test visivo (diretta test senza aiuto visivo e le prove visive effettuate durante l'applicazione di un altro metodo NDT sono esclusi);
- UNI 10824-9:2009- Prove non distruttive - Termografia all infrarosso - Identificazione di difetti d adesione di rivestimenti millimetrici/sub-millimetrici in ambito industriale La norma specifica un metodo per identificare, mediante termografia all infrarosso, difetti di adesione al substrato di rivestimenti sottili, dall ordine dei micron fino a quello dei millimetri, applicati a prodotti industriali e componenti d impianto.La norma si applica a tutti i componenti industriali la cui geometria sia tale da consentire l esame diretto mediante un sistema termografico.
- UNI EN 13306:2018 - Manutenzione - Terminologia di manutenzione La norma specifica i termini generici e le loro definizioni per le aree tecniche, amministrative e gestionali della manutenzione. La sua applicazione non è prevista per i termini utilizzati esclusivamente per la manutenzione di programmi di informatica. E' tuttavia considerata la manutenzione di beni e sistemi che contengono software;
- UNI EN 13460:2009 - Manutenzione - Documentazione per la manutenzione La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 13460 (edizione aprile 2009). La norma specifica delle linee guida generali per: - la documentazione tecnica da allegare ad un bene, prima della sua messa in servizio, per essere di supporto alla sua manutenzione; - la documentazione relativa alle informazioni da stabilire durante la fase operativa di un bene, per essere di supporto ai requisiti di manutenzione;
- UNI ISO 13372:2013 - Monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine - Vocabolario La norma definisce i termini usati nel monitoraggio e nella diagnostica dello stato di macchine. Essa si propone di fornire un vocabolario comune per gli utilizzatori e i fabbricanti di sistemi di monitoraggio e di diagnostica dello stato di macchine.
- UNI ISO 13379-1:2012 Monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine - Tecniche d'interpretazione dei dati e per la diagnosi - Parte 1: Linee guida generali La norma contiene le procedure generali utilizzabili per valutare lo stato di una macchina rispetto a un complesso di parametri di riferimento. La norma indica le procedure utili all’identificazione delle cause del funzionamento anomalo allo scopo di attuare le opportune azioni correttive, che sono complessivamente note come diagnostica. La norma fornisce indicazioni per l’interpretazione dei dati conseguenti al monitoraggio e la diagnostica delle macchine, con l’obiettivo di: - permettere agli utilizzatori e ai fornitori di sistemi di monitoraggio e diagnostica di condividere concetti comuni nel campo della diagnostica delle macchine; - permettere agli utenti di definire le caratteristiche tecniche necessarie per ulteriori diagnosi dello stato della macchina; e - fornire un appropriato approccio per desumere una diagnosi dei difetti della macchina. Poiché la norma costituisce un insieme di linee guida generali, essa non fornisce una lista dei tipi di macchina a cui si applica. Tuttavia si può considerare che essa possa essere applicabile alle macchine industriali quali turbine, compressori, pompe, generatori, motori elettrici, soffianti, scatole ingranaggi e ventilatori.
- UNI ISO 13379-2:2015 Monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine - Tecniche d’interpretazione dei dati e per la diagnostica - Parte 2: Applicazioni basate sui dati La norma fornisce le procedure per attuare il monitoraggio basato sui dati e sui metodi diagnostici per facilitare il lavoro di analisi svolto da personale specializzato di un centro di monitoraggio.
- UNI ISO 17359:2011 Monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine - Linee guida generali La norma fornisce una guida per la determinazione dello stato e la diagnostica delle macchine. Si tratta di un documento correlato a un gruppo di norme specifiche relative al monitoraggio e alla diagnostica in quanto individua le norme generali da prendere a riferimento in un programma di monitoraggio articolato dello stato di qualsiasi tipo di macchina. La norma introduce il concetto dell'importanza di concentrare le attività di monitoraggio sulle cause di guasto e descrive l'approccio generale alla definizione dei valori di allarme portando avanti criteri di diagnosi e di prognosi. La norma è applicabile a tutti i tipi di macchina. Nelle appendici sono forniti molti elementi pratici per l'esecuzione, dell'attività di monitoraggio e diagnostica specificata macchina per macchina.
- UNI ISO 13381-1:2016 Monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine - Prognostica - Parte 1: Linee guida generali La norma fornisce una guida per lo sviluppo dei processi di prognosi per permettere agli utilizzatori e ai fornitori di sistemi di monitoraggio e diagnostica di condividere concetti comuni nel campo della prognosi dei difetti, permettere agli utenti di individuare i dati necessari, le caratteristiche e il comportamento necessari per un accurata prognosi, evidenziare un appropriato metodo allo sviluppo della prognosi e introdurre concetti di prognosi allo scopo di facilitare lo sviluppo di sistemi futuri e la formazione. La prognosi, che richiede previsioni sulle condizioni future della macchina, non è un processo strettamente matematico, ma richiede un approccio statistico e testimoniale. Esso è diviso nelle seguenti fasi distinte: individuazione dei problemi (deviazioni dalle condizioni normali); diagnosi dei difetti e loro cause; prognosi dell’evoluzione futura del difetto; raccomandazioni ed azioni; analisi post-mortem.
- UNI EN 16714-1:2016 Prove non distruttive - Prove termografiche - Parte 1: Principi generali La norma descrive i principi generali per l'applicazione della termografia nelle prove non distruttive. La termografia è utilizzata per il rilevamento e la localizzazione di discontinuità (per esempio cricche, incrinature, distacchi e inclusioni) in materiali diversi (per esempio compositi, metalli e rivestimenti). Solitamente è richiesta stimolazione termica. La scelta del tipo di stimolazione termica dipende dall'applicazione (per esempio il tipo di materiale, la geometria dell' oggetto campione, il tipo di difetto da rilevare). La norma non definisce criteri di accettazione.
- UNI EN 16714-2:2016 Prove non distruttive - Prove termografiche - Parte 2: Strumentazione La norma descrive le proprietà e i requisiti delle telecamere a infrarossi utilizzate per le prove termografiche non distruttive La norma fornisce anche esempi di fonti di eccitazione, le caratteristiche e i requisiti sono descritti nelle norme di applicazione per la termografia
- UNI EN 16714-3:2016 Prove non distruttive - Prove termografiche - Parte 3: Termini e definizioni La norma stabilisce i termini e le definizioni per le prove termografiche.
- UNI CEI EN ISO/IEC 17024:2012 Valutazione della conformità - Requisiti generali per organismi che eseguono la certificazione di persone La norma contiene i principi ed i requisiti per un organismo che certifica le persone rispetto a specifici requisiti, e comprende l’elaborazione ed il mantenimento di uno schema di certificazione per persone.
- UNI ISO 18436-1:2013 Monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine - Requisiti per la qualifica e la valutazione del personale - Parte 1: Requisiti per gli organismi di valutazione ed il processo di valutazione La presente norma è l’adozione nazionale della norma internazionale ISO 18436-1 (edizione novembre2012). La presente parte della ISO 18436 specifica i requisiti per persone e organismi (“organismo di valutazione”) che azionano i sistemi di valutazione della conformità per il personale che esegue il monitoraggio dello stato delle macchine, identifica i guasti delle macchine e raccomanda azioni correttive. Sono specificate procedure per la valutazione della conformità del personale di monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine.
- UNI ISO 18436-7:2014 Monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine - Requisiti per la qualificazione e la valutazione del personale - Parte 7: Termografia La presente norma è l’adozione nazionale della norma internazionale ISO 18436-7 (edizione aprile 2014). La norma specifica i requisiti per la qualificazione e la valutazione del personale che svolgono monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine tramite termografia a infrarossi. Un certificato o dichiarazione di conformità alla norma fornirà il riconoscimento delle qualifiche e delle competenze degli individui ad eseguire misurazioni termiche e di analisi per il monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine, utilizzando termocamere portatili. La procedura potrebbe non essere applicabile alle attrezzature particolari o altre situazioni specifiche. La norma specifica un programma di classificazione per il personale basato su tre diverse categorie, in corrispondenza di altrettante diverse aree tecniche.
- UNI ISO 18434-1:2011 Monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine - Termografia - Parte 1: Procedure generali La norma fornisce una guida all'uso della termografia a infrarossi (IRT) come parte di un programma di monitoraggio dello stato e per la diagnostica delle macchine. La termografia a infrarossi può essere usata per identificare e documentare eventuali anomalie conseguenti a: funzionamento, lubrificazione non adeguata, cattivo allineamento, usura dei componenti o carichi meccanici anomali. Tale tecnica si basa sulla misura della distribuzione dell energia termica radiata emessa da una superficie di riferimento e sulla sua conversione in una mappa che rappresenta la corrispondente distribuzione delle temperature (termogramma).Il tipo di indagine, oltre che alla macchina vera e propria, può essere estesa ad ausiliari quali valvole, dispositivi attivati attraverso fluidi o elettricamente e scambiatori di calore.
3. UNI ISO 18434-1:2011 Estratto
La seguente parte del Documento è estratto da UNI ISO 18434-1:2011 Monitoraggio e diagnostica dello stato delle macchine - Termografia - Parte 1: Procedure generali, in particolare le appendici:
A. Field measurements of reflected apparent temperature and emissivity (normativa) B. Example safety rules and guidelines (informativa) C. Case history examples (informativa) ...
Le applicazioni di termografia nei processi industriali non sono molto sfruttate. Queste applicazioni possono variare dalla determinazione delle temperature di esercizio delle parti in movimento, alla valutazione dell''efficacia dell'isolamento al fine di ricercare ed analizzare i guasti delle apparecchiature, e di riflesso indicare suggerimenti sull'operatività manutentiva.
La termografia applicata agli impianti industriali è uno strumento potente per il monitoraggio preventivo e la diagnosi strumentale delle condizioni d’installazione e funzionamento dei componenti meccanici/elettrici.
E' possibile verificare le linee elettriche quando queste non sono visibili o sono parzialmente nascoste nei tubi, infatti un riscaldamento anomalo della conduttura che contiene i cavi può evidenziare ad esempio la presenza di un eventuale sovraccarico della linea o un dimensionamento errato della stessa o altre cause mal funzionamento. ...
C.1 Mill drive train misalignment
Figure C.1 - Mill drive train misalignment ...
Figure C.3 - Motor and gearbox input shaft ...
Figure C.9 - Misaligned pumps ... segue in allegato
SPP (Servizio di Prevenzione e Protezione) Organizzare il Servizio Interno o Esterno / Update 25 Maggio 2022
ID 8314 | Rev. 2.0 del 25.05.2022 / Documento completo allegato
Documento allegato sull'Organizzazione del Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP) Interno o Esterno, con legislazione, interpelli, giurisprudenza, schema grafico.
Premessa 1. Gli articoli del D.Lgs. 81/2008 2. Schema Organizzazione SPP 3. RSPP e ASPP 4. Impegno stimato per svolgere le attività tipiche del SPP 5. Obbligo SPP interno Note Art.31 c. 6 lett. c 6. Tavola di concordanza D.Lgs. 230/1995 / D.Lgs. 101/2020 7. Lauree specialistiche formative 8. Interpelli 9. Giurisprudenza
[box-note]Update Rev. 2.0 del 25.05.2022
Nella Rev. 2.0 del 25.05.2022, aggiunti: il nuovo Cap. 3 RSPP e ASPP, Tavola di concordanza D.Lgs. 230/1995 / D.Lgs. 101/2020 (per le attività con obbligo RSPP interno Art. 31 c. 6 lett. c) di prevenzione e protezione così come previsto dall’art. 33 del D.Lgs. 81/2008, aggiunto Art. 35 (Riunione periodica), Interpello 2/2017 e Sentenze CP su Responsabilità RSPP.[/box-note]
[box-note]Update Rev. 1.0 del 03.07.2020
Nella Rev. 1.0 del 03.07.2020, aggiunto capitolo relativo all'Impegno stimato per svolgere le attività tipiche del SPP in accordo UNI/PdR 87:2020 Servizio prevenzione e protezione - Attività tipiche del servizio di prevenzione e protezione così come previsto dall’art. 33 del D.Lgs. 81/2008 e inserita tabella Codici ATECO / Livello di rischio (sintesi).[/box-note]
Excursus
Premessa
Il Datore di Lavoro, ai sensi dell’Art. 31 c.1 del D.lgs. n. 81/2008, deve organizzare il Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP) in azienda (fatto salvo lo svolgimento diretto di cui all’Art. 34D.lgs. n. 81/2008).
L’Organizzazione del SPP è il punto fondamentale sul quale, si baserà tutto il Sistema di Gestione della Sicurezza. Non sono individuate, come palese, modalità di scelta predefinite, ma l’Organizzazione dovrà essere pesata in funzione del tipo e della dimensione dell’azienda e dalle capacità individuali dei soggetti incaricati del SPP sia di ASPP (Addetti del Servizio di Prevenzione e Protezione) con RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione) o di un solo RSPP. La scelta, dovrà, in via prioritaria, ricadere su soggetti interni dell’azienda come ben precisato dal D.lgs. n. 81/2008.
La Responsabilità dell’Organizzazione è del Datore di Lavoro, ma il supporto di una Consulenza di esperti, anche in questa fase, risulta importante.
Il documento che segue illustra la legislazione, gli interpelli, e la giurisprudenza sull’Organizzazione di un SPP interno o esterno, nei casi o meno previsti dal D.lgs. n. 81/2008.
Si illustra la norma in merito con uno schema grafico. ...
Sul tema degli RSPP interni ed esterni l’Italia è stata sottoposta, nel 2013, dalla Commissione Europea, ad una procedura d’infrazione; la procedura richiamava il nostro Paese ad un più corretto recepimento delle direttive europee circa l’ordine di preferenza nella scelta fra servizio interno ed esterno.
La contestazione riguardava la designazione del responsabile e degli addetti del servizio prevenzione e protezione: il Testo Unico di Sicurezza (all'art. 31) permetteva al Datore di lavoro di optare per addetti e responsabili dei servizi interni o esterni.
Invece, la normativa europea prescrive (comma 3 articolo 7 della direttiva 89/391/CEE), che "Se le competenze nell'impresa e/o nello stabilimento sono insufficienti per organizzare dette attività di protezione e prevenzione, il datore di lavoro deve fare ricorso a competenze (persone o servizi) esterne all'impresa e/o allo stabilimento".
Quindi, mentre il Testo Unico (prima della modifica per la risoluzione della Procedura), lasciava libertà al datore di lavoro, di indicare collaboratori esterni, la normativa europea richiede che prima venga ricercata (in via prioritaria) una professionalità interna all'azienda e, solo se questa non è reperibile, diventa possibile cercarla esternamente all'azienda.
[box-note]Procedura d’infrazione n. 2013/4117 del 26 giugno 2013 Vedi Differentemente dalla normativa italiana, la direttiva 89/391/CEE indica invece un ordine di priorità:
una figura esterna all’azienda potrà essere ricercata solo se non è presente una professionalità adeguata interna.[/box-note]
Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia. (G.U. 21 giugno 2013, n. 69 - S.O. n. 50) … Art. 32 (Semplificazione di adempimenti formali in materia di lavoro)
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 34, il datore di lavoro organizza il servizio di prevenzione e protezione prioritariamente all'interno della azienda o della unità produttiva, o incarica persone o servizi esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici, secondo le regole di cui al presente articolo. (2)
2. Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di cui al comma 1, devono possedere le capacità e i requisiti professionali di cui all'articolo 32, devono essere in numero sufficiente rispetto alle caratteristiche dell'azienda e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa della attività svolta nell'espletamento del proprio incarico.
3. Nell'ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l'azione di prevenzione e protezione del servizio.
4. Il ricorso a persone o servizi esterni è obbligatorio in assenza di dipendenti che, all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui all'articolo 32.
5. Ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non è per questo esonerato dalla propria responsabilità in materia.
6. L'istituzione del servizio di prevenzione e protezione all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni, soggette all'obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto; b) nelle centrali termoelettriche; c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni; (Vedi tavola conversione D.Lgs. 101/2020 / ndr) d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni; e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori; f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori; g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.
7. Nelle ipotesi di cui al comma 6 il responsabile del servizio di prevenzione e protezione deve essere interno.
8. Nei casi di aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l'istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile. _____
Art. 32. Capacità e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni
1. Le capacità ed i requisiti professionali dei responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative.
2. Per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui al comma 1, è necessario essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore nonché di un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative. Per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio prevenzione e protezione, oltre ai requisiti di cui al precedente periodo, è necessario possedere un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e da stress lavoro-correlato di cui all'articolo 28, comma 1, di organizzazione e gestione delle attività tecnico amministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e di relazioni sindacali. I corsi di cui ai periodi precedenti devono rispettare in ogni caso quanto previsto dall'accordo sancito il 26 gennaio 2006 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2006, e successive modificazioni.
3. Possono altresì svolgere le funzioni di responsabile o addetto coloro che, pur non essendo in possesso del titolo di studio di cui al comma 2, dimostrino di aver svolto una delle funzioni richiamate, professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, almeno da sei mesi alla data del 13 agosto 2003 previo svolgimento dei corsi secondo quanto previsto dall'accordo di cui al comma 2.
4. I corsi di formazione di cui al comma 2 sono organizzati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dalle università, dall'ISPESL, dall'INAIL, o dall'IPSEMA per la parte di relativa competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco dall'amministrazione della Difesa, dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione e dalle altre Scuole superiori delle singole amministrazioni, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori o dagli organismi paritetici, nonché dai soggetti di cui al punto 4 dell'accordo di cui al comma 2 nel rispetto dei limiti e delle specifiche modalità ivi previste. Ulteriori soggetti formatori possono essere individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. (3)
5. Coloro che sono in possesso di laurea in una delle seguenti classi: L7, L8, L9, L17, L23, e della laurea magistrale LM26 di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007, o nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica in data 4 agosto 2000, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, ovvero nella classe 4 di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica in data 2 aprile 2001, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, ovvero di altre lauree e lauree magistrali riconosciute corrispondenti ai sensi della normativa vigente con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, su parere conforme del Consiglio universitario nazionale ai sensi della normativa vigente, sono esonerati dalla frequenza ai corsi di formazione di cui al comma 2, primo periodo. Ulteriori titoli di studio possono essere individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
5-bis. In tutti i casi di formazione e aggiornamento, previsti dal presente decreto legislativo, in cui i contenuti dei percorsi formativi si sovrappongano, in tutto o in parte, a quelli previsti per il responsabile e per gli addetti del servizio prevenzione e protezione, è riconosciuto credito formativo per la durata ed i contenuti della formazione e dell’aggiornamento corrispondenti erogati. (1) Le modalità di riconoscimento del credito formativo e i modelli per mezzo dei quali è documentata l’avvenuta formazione sono individuati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 6. Gli istituti di istruzione e universitari provvedono a rilasciare agli allievi equiparati ai lavoratori, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), e dell’articolo 37, comma 1, lettere a) e b), del presente decreto, gli attestati di avvenuta formazione sulla salute e sicurezza sul lavoro. (2)
6. I responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento secondo gli indirizzi definiti nell'accordo Stato-regioni di cui al comma 2. È fatto salvo quanto previsto dall'articolo 34.
7. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attività di formazione di cui al presente articolo nei confronti dei componenti del servizio interno sono registrate nel libretto formativo del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, se concretamente disponibile in quanto attivato nel rispetto delle vigenti disposizioni.
8. Negli istituti di istruzione, di formazione professionale e universitari e nelle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica, il datore di lavoro che non opta per lo svolgimento diretto dei compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dei rischi designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, individuandolo tra:
a) il personale interno all'unità scolastica in possesso dei requisiti di cui al presente articolo che si dichiari a tal fine disponibile; b) il personale interno ad una unità scolastica in possesso dei requisiti di cui al presente articolo che si dichiari disponibile ad operare in una pluralità di istituti.
9. In assenza di personale di cui alle lettere a) e b) del comma 8, gruppi di istituti possono avvalersi in maniera comune dell'opera di un unico esperto esterno, tramite stipula di apposita convenzione, in via prioritaria con gli enti locali proprietari degli edifici scolastici e, in via subordinata, con enti o istituti specializzati in materia di salute e sicurezza sul lavoro o con altro esperto esterno libero professionista.
10. Nei casi di cui al comma 8 il datore di lavoro che si avvale di un esperto esterno per ricoprire l'incarico di responsabile del servizio deve comunque organizzare un servizio di prevenzione e protezione con un adeguato numero di addetti. _________
Art. 33. Compiti del servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede: a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale; b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all'articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure; c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali; d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori; e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonché alla riunione periodica di cui all'articolo 35; f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'articolo 36.
2. I componenti del servizio di prevenzione e protezione sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al presente decreto legislativo.
3. Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di lavoro.
Art. 34. Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi
1. Salvo che nei casi di cui all'articolo 31, comma 6, il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, di primo soccorso, nonché di prevenzione incendi e di evacuazione, nelle ipotesi previste nell'allegato 2 dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi. 1- bis. [abrogato] (1); 2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare corsi di formazione, di durata minima di 16 ore e massima di 48 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative, nel rispetto dei contenuti e delle articolazioni definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di dodici mesi dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo. Fino alla pubblicazione dell'accordo di cui al periodo precedente, conserva validità la formazione effettuata ai sensi dell'articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997, il cui contenuto è riconosciuto dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in sede di definizione dell'accordo di cui al periodo precedente. (3) 2-bis. Il datore di lavoro che svolge direttamente i compiti di primo soccorso nonché di prevenzione incendi e di evacuazione (2) deve frequentare gli specifici corsi formazione previsti agli articoli 45 e 46. 3. Il datore di lavoro che svolge i compiti di cui al comma 1 è altresì tenuto a frequentare corsi di aggiornamento nel rispetto di quanto previsto nell'accordo di cui al precedente comma. L'obbligo di cui al precedente periodo si applica anche a coloro che abbiano frequentato i corsi di cui all'articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997 e agli esonerati dalla frequenza dei corsi, ai sensi dell'articolo 95 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. _______
Art. 31… 3. Nell'ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l'azione di prevenzione e protezione del servizio.
Art. 31 … 4. Il ricorso a persone o servizi esterni è obbligatorio in assenza di dipendenti che, all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui all'articolo 32. ...
3. RSPP e ASPP ...
[box-warning]NB
Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) si considera interno,a prescindere dalla tipologia contrattuale che lega tale soggetto al datore di lavoro, quando sia C nell'ambito dell'organizzazione aziendale e coordini un servizio di prevenzione e protezione interno (Interpello 24/2014).[/box-warning]
Fig. 3 - RSPP interno
4. Impegno stimato per svolgere le attività tipiche del SPP
Art. 7. Definizioni concernenti particolari impianti nucleari e documenti relativi
1. Per l'applicazione del presente decreto valgono le seguenti definizioni di particolari impianti nucleari, documenti e termini relativi: a) reattore nucleare: ogni apparato destinato ad usi pacifici progettato od usato per produrre una reazione nucleare a catena, capace di autosostenersi in condizioni normali, anche in assenza di sorgenti neutroniche; b) complesso nucleare sottocritico: ogni apparato progettato od usato per produrre una reazione nucleare a catena, incapace di autosostenersi in assenza di sorgenti di neutroni, in condizioni normali o accidentali; c) impianto nucleare di potenza: ogni impianto industriale, dotato di un reattore nucleare, avente per scopo l’utilizzazione dell'energia o delle materie fissili prodotte a fini industriali; d) impianto nucleare di ricerca: ogni impianto dotato di un reattore nucleare in cui l'energia o le materie fissili prodotte non sono utilizzate a fini industriali; ... Art. 28. Impiego di categoria A
1. L'impiego di categoria A e' soggetto a nulla osta preventivo da parte del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato di concerto con i Ministeri dell'ambiente, dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, della sanita', sentite l'ANPA e le regioni territorialmente competenti, in relazione all'ubicazione delle installazioni, all'idoneita' dei locali, delle strutture di radioprotezione, delle modalita' di esercizio, delle attrezzature e della qualificazione del personale addetto, alle conseguenze di eventuali incidenti nonche' delle modalita' dell'eventuale allontanamento o smaltimento nell'ambiente dei rifiuti radioattivi. Copia del nulla osta e' inviata dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato ai ministeri concertanti, al presidente della regione o provincia autonoma interessata, al sindaco, al prefetto, al comando provinciale dei vigili del fuoco competenti per territorio e all'ANPA (comma 1 modificato dal decreto legislativo 241/2000). ...
7. Lauree specialistiche formative
Art. 32 Capacità e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni ...
Esonero dalla frequenza ai corsi di formazione Art. 32 c 2 (RSPP/ASPP)
Altre lauree e lauree magistrali riconosciute corrispondenti ai sensi della normativa vigente con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, su parere conforme del Consiglio universitario nazionale ai sensi della normativa vigente
8. Interpelli
1/2012
Data
15 novembre 2012
Soggetto
CNAPPC
Oggetto
Oggetto: art. 12, D.Lgs. n. 81/2008 e successive modifiche e integrazioni - risposta al quesito relativo all’applicabilità della Circolare n. 1273 del 26/07/2010 dell’Assessorato Regionale alla salute della regione Sicilia. Antinomia della suddetta circolare con il Testo Unico per la sicurezza nei luoghi di Lavoro D.Lgs. 81/2008 e s.m.i
Premessa
Il CNAPPC ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito a “Questioni sull’applicabilità della Circolare n. 1273 del 26/07/2010 dell’Assessorato Regionale alla Salute della Regione Sicilia. Antinomia della suddetta circolare con il Testo Unico per la sicurezza nei luoghi di Lavoro D.Lgs. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni.” Più in particolare l’istante chiede di conoscere “... la posizione della Commissione per gli interpelli in ordine alle questioni applicative poste dalla circolare regionale, nonché in generale in ordine al modello organizzativo ottimale dei sistemi di prevenzione e protezione nell’ambito delle strutture del S.S.N. e del S.S.R. siciliano.” Preliminarmente si fa presente che la Commissione si esprime su quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro e pertanto non ritiene di potersi esprimere “in ordine al modello organizzativo ottimale dei sistemi di prevenzione e protezione nell’ambito delle strutture del S.S.N. e del S.S.R. siciliano”; mentre ritiene di poter estrapolare dalle “questioni applicative poste dalla circolare regionale” il quesito relativo al campo di applicazione dell’articolo 31, comma 8, del D.Lgs. n. 81/2008 e successive modifiche e integrazioni, che prevede quanto segue: ‘‘Nei casi di aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l’istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile”.
Risposta
L’istituzione e l’organizzazione del servizio di prevenzione e protezione rientra, come è noto, tra gli obblighi del datore di lavoro, anche delegabili, mentre la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (di seguito RSPP) è un obbligo indelegabile del datore di lavoro così come previsto dall’articolo 17, comma 1, lett. b). Il legislatore nel disciplinare l’istituzione del servizio di prevenzione e protezione ha previsto nell’articolo 31, comma 6, che: “L’istituzione del servizio di prevenzione e protezione all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi: a) nelle aziende industriali di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni, soggette all’obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto; b) nelle centrali termoelettriche; c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni; d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni; e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori; f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori; g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.” Tale previsione è ovviamente motivata dalla necessità di assicurare una presenza costante e continuativa del servizio prevenzione all’interno dell’azienda e di dedicare adeguati spazi e strumenti, nonché personale aziendale, in relazione alle dimensioni ed alle specificità della struttura. Il successivo comma 8 prevede poi che: “Nei casi di aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l’istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile”. L’istituzione dell’unico servizio di prevenzione e protezione può avvenire “all’interno dell’azienda” o “dell’unità produttiva” e pertanto nei casi individuati nel comma 6, il servizio di prevenzione e protezione può essere istituito anche internamente all’azienda e non necessariamente internamente alla singola unità produttiva. Tale interpretazione è ulteriormente suffragata dal fatto che, in tutti i casi non ricompresi nel comma 6, è possibile istituire un unico servizio di prevenzione e protezione. Resta inteso che il servizio di prevenzione e protezione dovrà essere adeguato per garantire l’effettività dello svolgimento dei compiti previsti dall’articolo 33 per tutte le unità produttive. Pertanto egli, pur potendo rivolgersi alla struttura interna come sopra prefigurata, rimane l’unico soggetto titolare della scelta e della designazione del RSPP in quanto obbligo indelegabile.
Firma
Ing. Giuseppe PIEGARI - IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE
ID 13669 | 30.05.2021 / Documento completo allegato
In allegato documento sui rischi e relative misure dei trasportatori a rulli (rulliere), prendendo a riferimento quanto riportato dalla norma (di tipo B) UNI EN ISO 19085-1:2021 Macchine per la lavorazione del legno - Sicurezza - Parte 1: Requisiti comuni (Cap. 5.10), replicabile a rulliere di altre tipologie di macchine.
I trasportatori a rulli possono presentare rischi di:
- schiacciamento o cesoiamento - impigliamento nei punti d’imbocco - trascinamento nelle parti rotanti dell’impianto
Rischio presenti nello spazio tra rulli
Rischi di impigliamento / trascinamento si presentano se tra rulli trainati sono presenti zone aperte e non sono progettati nel rispetto di dimensioni e presenza di protezioni adeguate (esaminare anche il rischio tra rulli trainati e rulli folli). ...
Fig. 1 - Esempio trasportatore a rulli ...
Si prende a riferimento, per trasportatori a rulli, la Norma UNI EN ISO 19085-1:2021 che tratta i Requisiti di sicurezza comuni per macchine per la lavorazione del legno, ma estensibile anche ad altre tipologie di trasportatori a rulli per altre macchine.
[box-note]UNI EN ISO 19085-1:2021
Macchine per la lavorazione del legno - Sicurezza - Parte 1: Requisiti comuni
La norma fornisce i requisiti di sicurezza e le misure per ridurre i rischi derivanti durante il funzionamento, la regolazione, la manutenzione, il trasporto, il montaggio, lo smantellamento, la disattivazione e la demolizione, relativi alle macchine per la lavorazione del legno in grado di utilizzare la produzione continua. Tali requisiti e misure di sicurezza sono quelli comuni alla maggior parte delle macchine, quando sono utilizzate come previsto e nelle condizioni previste dal fabbricante; è stato considerato anche un utilizzo improprio ragionevolmente prevedibile.
5.10 Supporti e guide del pezzo da lavorare
Devono essere forniti mezzi per supportare e guidare il pezzo durante la lavorazione, ad es. tavole, carrelli, rulli di alimentazione, dispositivi di bloccaggio pezzo, dispositivi di pressione, recinzioni.
Ovunque vengano utilizzati trasportatori a rulli e vi siano rischi di taglio / schiacciamento tra un pezzo in lavorazione alimentato automaticamente e i rulli (ad esempio all'estremità di uscita della macchina), gli spazi tra i rulli devono essere chiusi da piastre di riempimento. Gli spazi tra i rulli e le piastre di riempimento e tra il primo rullo e l'estremità della macchina devono essere di 4 mm (vedi Figura 3).
La piastra di riempimento tra i rulli deve avere una profondità massima al di sotto della parte superiore dei rulli di 8 mm (vedi Figura 3)[/box-note]
Figura 3 - Protezioni degli spazi tra i rulli con tavole di riempimento ...
In via eccezionale, le piastre di riempimento non sono richieste per rulliere con larghezza non superiore a 25 mm, diametro rullo non superiore a 30 mm e distanza tra due rulli folli consecutivi di massimo 6 mm, che sono noti come supporti profilo. (vedere la Figura 4).
[box-info](!) La chiusura tra gli spazi dei rulli oltre a prevenire il rischio di trascinamento tra i rulli, può essere una protezione da catene/cinghie di trasporto/altro sottostanti i rulli (dispositivi di movimentazione delle parti rotanti dell’impianto).
Nel caso sia possibile l’accesso al trasportatore a rulli.[/box-info]
Provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale: la norma e le note di precisazioni 2022
ID 6114 | Rev. 3.0 dell'08 giugno 2022 / In allegato documento completo
In allegato Documento e Circolari/Note/altro la norma e le note di precisazioni MLPS/INL/INPS inerenti il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale per gravi e iterate violazioni sicurezza.
Gli elementi di maggior criticità sono stati commentati nelle circolari INL:
- Circolare n. 3 del 9 novembre 2021 - D.L. n. 146/2021 – nuovo provvedimento di sospensione ex art. 14 D.Lgs. n. 81/2008 – prime indicazioni - Circolare n. 4 del 9 dicembre 2021 - D.L. n. 146/2021 - Allegato I del D.lgs. n. 81/2008, Circolare n. 3 del 9 novembre 2021 - D.L. n. 146/2021 – nuovo provvedimento di sospensione ex art. 14 D.Lgs. n. 81/2008 – prime indicazioni - Nota INL prot. n. 1159 del 7 giugno 2022 - Art. 14 D.Lgs. n. 81/2008 Provvedimenti di sospensione - Attività non differibili. (Rev. 3.0 dell'08.06.2022)
Provvedimenti degli organi di vigilanza per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori
(1)(2)
1. Ferme restando le attribuzioni previste dagli articoli 20 e 21, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, al fine di far cessare il pericolo per la salute (3) e la sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il lavoro irregolare, l'Ispettorato nazionale del lavoro adotta un provvedimento di sospensione, quando riscontra che almeno il 10 per cento dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell'accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ovvero inquadrato come lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni richieste dalla normativa (9), nonché, a prescindere dal settore di intervento, in caso di gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro di cui all'Allegato I. Con riferimento all’attività dei lavoratori autonomi occasionali, al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell’utilizzo di tale tipologia contrattuale, l’avvio dell’attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante SMS o posta elettronica. (4) (5)
Si applicano le modalità operative di cui all’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In caso di violazione degli obblighi di cui al secondo periodo si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 (3). Il provvedimento di sospensione è adottato in relazione alla parte dell'attività imprenditoriale interessata dalle violazioni o, alternativamente, dell'attività lavorati a prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni di cui ai numeri 3 e 6 dell'Allegato I. Unitamente al provvedimento di sospensione l'Ispettorato nazionale del lavoro può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro.
2. Per tutto il periodo di sospensione è fatto divieto all’impresa di contrattare con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti, come definite dal codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (3). A tal fine il provvedimento di sospensione è comunicato all’ Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e al Ministero (3) infrastrutture e della mobilità sostenibili, per gli aspetti di rispettiva competenza al fine dell'adozione da parte del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili del provvedimento interdittivo. Il datore di lavoro è tenuto a corrispondere la retribuzione e a versare i relativi contributi ai lavoratori interessati dall’effetto del provvedimento di sospensione. (3)
3. L'Ispettorato nazionale del lavoro adotta i provvedimenti di cui al comma 1 per il tramite del proprio personale ispettivo nell'immediatezza degli accertamenti nonché, su segnalazione di altre amministrazioni, entro sette giorni dal ricevimento del relativo verbale.
4. I provvedimenti di cui al comma 1, per le ipotesi di lavoro irregolare, non trovano applicazione nel caso in cui il lavoratore risulti l'unico occupato dall'impresa. In ogni caso di sospensione, gli effetti della stessa possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell'attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.
5. Ai provvedimenti di cui al presente articolo (3) si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
6. Limitatamente ai provvedimenti adottati in occasione dell'accertamento delle violazioni in materia di prevenzione incendi, provvede il Comando provinciale dei vigili del fuoco territorialmente competente. Ove gli organi di vigilanza o le altre amministrazioni pubbliche rilevino possibili violazioni in materia di prevenzione incendi, ne danno segnalazione al competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, il quale procede ai sensi delle disposizioni del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
7. In materia di prevenzione incendi, in ragione della competenza esclusiva del Corpo nazionale dei vigili del fuoco prevista dall'articolo 46 del presente decreto, si applicano (9) le disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
8. I poteri di cui al comma 1 spettano anche ai servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali nell'ambito di accertamenti in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro.
9. È condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'amministrazione che lo ha adottato:
a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria anche sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza;
b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
c) la rimozione delle conseguenze pericolose delle violazioni nelle ipotesi di cui all'Allegato I;
d) nelle ipotesi di lavoro irregolare, il pagamento di una somma aggiuntiva pari a 2.500 euro qualora siano impiegati (3) fino a cinque lavoratori irregolari e pari a 5.000 euro qualora siano impiegati più di cinque lavoratori irregolari;
e) nelle ipotesi di cui all'Allegato I, il pagamento di una somma aggiuntiva di importo pari a quanto indicato nello stesso Allegato I con riferimento a ciascuna fattispecie.
10. Le somme aggiuntive di cui alle lettere d) ed e) del comma 9 (3) sono raddoppiate nelle ipotesi in cui, nei cinque anni precedenti alla adozione del provvedimento, la medesima impresa sia stata destinataria di un provvedimento di sospensione.
11. Su istanza di parte, fermo restando il rispetto delle condizioni di cui al comma 9, la revoca è altresì concessa subordinatamente al pagamento del venti per cento della somma aggiuntiva dovuta. L'importo residuo, maggiorato del cinque per cento, è versato entro sei mesi dalla data di presentazione dell'istanza di revoca.
In caso di mancato versamento o di versamento parziale dell'importo residuo entro detto termine, il provvedimento di accoglimento dell'istanza di cui al presente comma costituisce titolo esecutivo per l'importo non versato.
12. È comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti.
13. Ferma restando la destinazione della percentuale prevista dall'articolo 14, comma 1, lettera d) , del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, l'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 9, lettere d) ed e) , integra, in funzione dell'amministrazione che ha adottato i provvedimenti di cui al comma 1, il bilancio dell'Ispettorato nazionale del lavoro o l'apposito capitolo regionale ed è utilizzato per finanziare l'attività di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dall'Ispettorato nazionale del lavoro o dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL.
14. Avverso i provvedimenti di cui al comma 1 adottati per l'impiego di lavoratori senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro è ammesso ricorso, entro 30 giorni, all'Ispettorato interregionale del lavoro territorialmente competente, il quale si pronuncia nel termine di 30 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia (3).
15. Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione di cui al presente articolo è punito con l'arresto fino a sei mesi nelle ipotesi di sospensione per le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare.
16. L'emissione del decreto di archiviazione per l'estinzione delle contravvenzioni, accertate ai sensi del comma 1, a seguito della conclusione della procedura di prescrizione prevista dagli articoli 20 e 21, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, comporta la decadenza dei provvedimenti di cui al comma 1 fermo restando, ai fini della verifica dell'ottemperanza alla prescrizione, anche il pagamento delle somme aggiuntive di cui al comma 9, lettera d).
Note
(1) Articolo completamente sostituito dall'articolo 13 co. 1 del Decreto-Legge 21 ottobre 2021 n. 146 Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili (GU n.252 del 21.10.2021)
(2) Circolare INL n. 3 del 9 novembre 2021 - Nuovo provvedimento di sospensione ex art. 14 D.Lgs. n. 81/2008 - prime indicazioni.
(3) Modifiche apportate dalla Legge 17 dicembre 2021 n. 215 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili. (GU n.301 del 20.12.2021)
(4) Nota INL 11 gennaio 2022 n. 29 - Art. 13, decreto-legge 21 ottobre 2021 n. 146 conv. da Legge 17 dicembre 2021 n. 215 - obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali.
(5) Nota INL 27 gennaio n. 109 - Obbligo comunicazione INL lavoratori autonomi occasionali - ulteriori chiarimenti[/panel]
[...] Segue in allegato
____________
Update: 10.05.2018
La sospensione dell'attività imprenditoriale è prevista dal legislatore nel D.Lgs. 81/2008 all'Art. 14 in 2 casi:
1. Per il contrasto del lavoro irregolare: "riscontrano l'impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro"; 2. Per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori: "in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro indicate il allegato I al D.Lgs. 81/2008" (in attesa di apposito Decreto da adottare da parte del MPLS che individui le violazioni gravi e reiterate)
Per quanto riguarda il punto 2, nel caso di riscontro sia:
- dellapresenza di graviviolazioni che - della reiterazione
in materia di sicurezza sul lavoro, gli organi di vigilanza possano adottare il provvedimento di sospensione delle attività imprenditoriali....
D.Lgs. 81/2008 Art. 14. Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori
1. Al fine di far cessare il pericolo per la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l'esecuzione dei lavori di cui all'articolo 92, comma 1, lettera e), gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di sospensione in relazione alla parte dell'attività imprenditoriale interessata dalle violazioni quando riscontrano l'impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, nonché in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, adottato sentito il Ministero dell'interno e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
[alert]Violazioni previste per la sospensione attività
Gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di sospensione in relazione alla parte dell'attività imprenditoriale interessata dalle violazioni quando:
1. riscontrano l'impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, 2. in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, adottato sentito il Ministero dell'interno e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. In attesa della adozione del citato decreto, le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro che costituiscono il presupposto per l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale sono quelle individuate nell'Allegato I.
Si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione oggetto di prescrizione dell'organo di vigilanza ottemperata dal contravventore o di una violazione accertata con sentenza definitiva, lo stesso soggetto commette più violazioni della stessa indole. Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse individuate, in attesa della adozione del decreto di cui al precedente periodo, nell'allegato I. [/alert]
L'adozione del provvedimento di sospensione è comunicata all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell'adozione, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche.
La durata del provvedimento è pari alla citata sospensione nel caso in cui la percentuale dei lavoratori irregolari sia inferiore al 50 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro; nel caso in cui la percentuale dei lavoratori irregolari sia pari o superiore al 50 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, ovvero nei casi di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, ovvero nei casi di reiterazione la durata è incrementata di un ulteriore periodo di tempo pari al doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni; nel caso di reiterazione la decorrenza del periodo di interdizione è successiva al termine del precedente periodo di interdizione; nel caso di non intervenuta revoca del provvedimento di sospensione entro quattro mesi dalla data della sua emissione, la durata del provvedimento è pari a due anni, fatta salva l'adozione di eventuali successivi provvedimenti di rideterminazione della durata dell'interdizione a seguito dell'acquisizione della revoca della sospensione.
Le disposizioni del presente comma si applicano anche con riferimento ai lavori nell'ambito dei cantieri edili. Ai provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241. Limitatamente alla sospensione dell'attività di impresa, all'accertamento delle violazioni in materia di prevenzione incendi, indicate all'allegato I, provvede il comando provinciale dei vigili del fuoco territorialmente competente. Ove gli organi di vigilanza o le altre amministrazioni pubbliche rilevino possibili violazioni in materia di prevenzione incendi, ne danno segnalazione al competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, il quale procede ai sensi delle disposizioni del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, e di cui al comma 2.
2. I poteri e gli obblighi di cui al comma 1 spettano anche agli organi di vigilanza delle aziende sanitarie locali, con riferimento all'accertamento della reiterazione delle violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro di cui al comma 1. In materia di prevenzione incendi in ragione della competenza esclusiva del Corpo nazionale dei vigili del fuoco di cui all'articolo 46 trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
3. Il provvedimento di sospensione può essere revocato da parte dell'organo di vigilanza che lo ha adottato.
4. È condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di vigilanza del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di cui al comma 1: a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria; b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro; c) il pagamento di una somma aggiuntiva rispetto a quelle di cui al comma 6 pari a 2.000 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare e a 3.200 euro nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
5. È condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di vigilanza delle aziende sanitarie locali di cui al comma 2: a) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni delle disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro; b) il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a 3.200 euro rispetto a quelle di cui al comma 6..
5-bis. Su istanza di parte, fermo restando il rispetto delle altre condizioni di cui ai commi 4 e 5, la revoca è altresì concessa subordinatamente al pagamento del venticinque per cento della somma aggiuntiva dovuta. L'importo residuo, maggiorato del cinque per cento, è versato entro sei mesi dalla data di presentazione dell'istanza di revoca. In caso di mancato versamento o di versamento parziale dell'importo residuo entro detto termine, il provvedimento di accoglimento dell'istanza di cui al presente comma costituisce titolo esecutivo per l'importo non versato.
6. È comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti.
7. L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 4, lettera c), integra la dotazione del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, ed è destinato al finanziamento degli interventi di contrasto al lavoro sommerso ed irregolare individuati con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di cui all'articolo 1, comma 1156, lettera g), della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
8. L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 5, lettera b), integra l'apposito capitolo regionale per finanziare l'attività di prevenzione nei luoghi di lavoro.
9. Avverso i provvedimenti di sospensione di cui ai commi 1 e 2 è ammesso ricorso, entro 30 giorni, rispettivamente, alla Direzione regionale del lavoro territorialmente competente e al presidente della Giunta regionale, i quali si pronunciano nel termine di 15 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia.
10. Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione di cui al presente articolo è punito con l'arresto fino a sei mesi nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare.
11. Nelle ipotesi delle violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro di cui al comma 1, le disposizioni del presente articolo si applicano nel rispetto delle competenze in tema di vigilanza in materia.
11-bis. Il provvedimento di sospensione nelle ipotesi di lavoro irregolare non si applica nel caso in cui il lavoratore irregolare risulti l'unico occupato dall'impresa. In ogni caso di sospensione nelle ipotesi di lavoro irregolare gli effetti della sospensione possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell'attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi. ... [panel]Allegato I
Gravi violazioni ai fini dell'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale
Violazioni che espongono a rischi di carattere generale
- Mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi; - Mancata elaborazione del Piano di Emergenza ed evacuazione; - Mancata formazione ed addestramento; - Mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile; - Mancata elaborazione piano operativo di sicurezza (POS);
Violazioni che espongono al rischio di caduta dall'alto
- Mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall'alto; - Mancanza di protezioni verso il vuoto.
Violazioni che espongono al rischio di seppellimento
- Mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno.
Violazioni che espongono al rischio di elettrocuzione
- Lavori in prossimità di linee elettriche in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi; - Presenza di conduttori nudi in tensione in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi; - Mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale).
Violazioni che espongono al rischio d'amianto
Mancata notifica all'organo di vigilanza prima dell'inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione ad amianto.[/panel]
[alert]Confisca amministrativa della cosa oggetto di violazioni gravi e reiterate
Il decreto legge 12 novembre 2010, n. 187 (art. 9), convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2010, n. 217, prevede che "In presenza di violazioni gravi o reiterate, in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro, è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e delle cose che ne sono il prodotto, anche se non venga emessa l'ordinanza - ingiunzione di pagamento. La disposizione non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa ovvero quando in relazione ad essa è consentita la messa a norma e quest'ultima risulta effettuata secondo le disposizioni vigenti."[/alert]
INPS, Messaggio 19 luglio 2017, n. 3016 Ispettorato Nazionale del Lavoro Nota prot. n. 5546/2017 e FAQ in materia di provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale
Visite di controllo medico (fiscali) / Note Rev. 0.0 Maggio 2022
ID 16592 | 16.05.2022 / In allegato documento completo
Le presenti note illustrano la disciplina afferente le visite di controllo medico (fiscali) in caso di assenza dal lavoro per malattia del dipendente (privato e pubblico).
...
Fonti normative
- D.L. 12 settembre 1983, n. 463, conv. con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638 - Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini. (GU n.250 del 12.09.1983)
- D.M. 15 luglio 1986 Disciplina delle visite mediche di controllo dei lavoratori da parte dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, ai sensi dell’art. 5, comma 12 e seguenti, del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, nella L. 11 novembre 1983, n. 638. (GU n. 170 del 24 luglio 1986)
- D.P.C.M. 17 ottobre 2017, n. 206 Regolamento recante modalita' per lo svolgimento delle visite fiscali e per l'accertamento delle assenze dal servizio per malattia, nonche' l'individuazione delle fasce orarie di reperibilita', ai sensi dell'articolo 55-septies, comma 5-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. (GU n.302 del 29.12.2017)
Polo unico per le visite fiscali
Dal 1° settembre 2017 è entrato in vigore il Polo unico per le visite fiscali, che attribuisce all’INPS la competenza esclusiva a gestire le visite mediche di controllo anche per l’82% dei lavoratori pubblici in malattia. Da questa data, come già avviene per i lavoratori privati, l’Istituto effettua visite mediche sia su richiesta delle pubbliche amministrazioni, in qualità di datori di lavoro, sia d’ufficio.
Anche il personale delle Forze armate (Esercito, Marina militare, Aeronautica militare), dei Corpi armati dello Stato (Guardia di Finanza e Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria) e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è assoggettato alla normativa sul Polo Unico della medicina fiscale.
Le fasce di reperibilità cambiano tra settore privato e pubblico. I lavoratori privati devono essere reperibili nelle fasce 10-12 e 17-19. Quelli pubblici, invece, nelle fasce 9-13 e 15-18.
In caso di assenza alla visita domiciliare, il lavoratore viene invitato a recarsi presso gli ambulatori della struttura territoriale INPS, in una data specifica. Per non incorrere in azioni disciplinari da parte del datore di lavoro, è tenuto a presentare una giustificazione valida per l’assenza.
I datori di lavoro possono esaminare gli esiti delle valutazioni dei medici legali dell’Istituto sulla documentazione presentata dal lavoratore, in caso di assenza alla visita di controllo, tramite la specifica funzionalità consultabile accedendo al servizio “Richiesta di visite mediche di controllo”.
Malattia
In caso di assenza dal lavoro per malattia il dipendente (privato e pubblico) è obbligato a rispettare delle fasce orarie, giorni lavorativi e festivi compresi, entro le quali possono essere effettuate, su richiesta del datore di lavoro o d’ufficio da parte dell’Inps, delle visite di controllo medico (VCM) per verificare lo stato della malattia.
La permanenza presso il proprio domicilio durante le fasce orarie previste per le visite mediche domiciliari di controllo costituisce non già un onere bensì un obbligo per il lavoratore ammalato, in quanto l’assenza, rendendo di fatto impossibile il controllo in ordine alla sussistenza della malattia, integra un inadempimento, sia nei confronti dell’istituto previdenziale, sia nei confronti del datore di lavoro, che ha interesse a ricevere regolarmente la prestazione lavorativa e, perciò, a controllare l’effettiva sussistenza della causa che impedisce tale prestazione, tale reperibilità può essere fornita con un minimo di diligenza e di disponibilità, atteso l’ambito molto limitato delle fasce orarie di reperibilità per cui non risulta nemmeno gravoso o vessatorio.
Reperibilità lavoratore durante la malattia o l’infortunio / Fasce orarie
[box-info]Le fasce di reperibilità sono le seguenti:
Sono esclusi dall’obbligo di reperibilità i prestatori di lavoro la cui assenza è riconducibile a una delle seguenti circostanze:
- lavoratori privati:
- - patologie gravi che richiedono terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione della Struttura sanitaria;
- - stati patologici sottesi o connessi a situazioni di invalidità riconosciuta, in misura pari o superiore al 67%;
- dipendenti pubblici:
- - patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
- - causa di servizio riconosciuta che abbia dato luogo all’ascrivibilità della menomazione unica o plurima alle prime tre categorie della Tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, ovvero a patologie rientranti nella Tabella E del medesimo decreto;
- - stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta, pari o superiore al 67% (D.P.C.M. 17 ottobre 2017, n. 206, art. 3).
Per i lavoratori tossicodipendenti rimane valido l’obbligo di reperibilità durante le fasce orarie, anche presso le Comunità terapeutiche.
INPS - Immagine Assenza per malattia
Infortuni sul lavoro e malattie professionali
[box-info]Esclusiva competenza Inail su accertamenti infortunio sul lavoro/malattia professionale
Il Messaggio Inps n. 1399/2018 del 29 marzo dispone l’esclusiva competenza dell’Inail sugli accertamenti medico-legali in caso di infortunio sul lavoro o di malattia professionale del lavoratore e l’improcedibilità da parte dell’Inps, su richiesta del datore di lavoro, all’effettuazione di qualsiasi visita fiscale.{[/box-info]
Sanzioni
L’assenza ingiustificata del lavoratore alle visite di controllo da parte del medico fiscale sono così sanzionate
[panel]- assenza alla prima visita medica di controllo: perdita del 100% dell’indennità economica per i primi 10 giorni di malattia, mentre per il restante periodo l’indennità verrà corrisposta in misura intera; - assenza a una seconda visita medica di controllo (o prima visita ambulatoriale): perdita del 100% dell’indennità economica per i primi 10 giorni di malattia e del 50% fino a conclusione dell’evento morboso (o a nuova visita di controllo a cui il lavoratore si sia sottoposto); - assenza a una terza visita medica di controllo: sospensione della prestazione economica di malattia; - presenza a visita ambulatoriale dopo assenza a visita medica di controllo: perdita del 100% dell’indennità economica per i primi 10 giorni di malattia, non oltre comunque il giorno precedente la presentazione all’ambulatorio, se trattasi di prima assenza; - assenza a visita ambulatoriale dopo assenza giustificata a visita medica di controllo: perdita del 100% dell’indennità economica per i primi 10 giorni di malattia se trattasi di prima assenza; - assenza a visita medica di controllo, seguita da un’ambulatoriale a cui lo stesso si sia presentato e giudicato inidoneo al lavoro, venga predisposta una successiva visita di controllo a cui l’interessato risulti assente ingiustificato: applicazione della sanzione nella misura del 50% a partire dalla scadenza del periodo sanzionabile di 10 giorni al 100%, salvo il pagamento integrale della indennità per i giorni di incapacità accertati in occasione della precedente visita di controllo ambulatoriale.[/panel]
L’applicazione delle sanzioni è esclusa:
- per i periodi di ricovero ospedaliero; - per i periodi già accertati di precedente visita di controllo, conseguentemente la decorrenza per la sanzione, in caso di assenza ingiustificata ad ulteriore controllo, deve essere calcolata a partire dal giorno successivo all’ultimo accertamento sanitario regolarmente eseguito.
Oltre alla decurtazione dell’indennità di malattia, il dipendente, nei casi di reiterata violazione dell’obbligo di reperibilità domiciliare, senza aver prodotto giustificati motivi, può essere sanzionato disciplinarmente dal datore di lavoro fino ad arrivare al licenziamento per giusta causa.
La causa era stata promossa nei confronti dell’INPS che non aveva erogato per alcuni giorni l’indennità di malattia, ritenendo ingiustificata l’assenza del dipendente alla visita domiciliare di controllo, motivata con l’intento di andare a ritirare i risultati di alcune analisi cliniche e dal dentista. In proposito, la Corte ribadisce il principio che il lavoratore può sottrarsi alla verifica medica solo per serie e comprovate ragioni, come l’indifferibile necessità di recarsi in altro luogo. Conseguente, cassa con rinvio la decisione dei giudici di merito che avevano accolto la domanda di erogazione dell’indennità, senza accertare la ricorrenza o non dell’indifferibile necessità del dipendente di allontanarsi dall’abitazione durante le fasce orarie di reperibilità.
Nel giudizio in cui un dipendente, licenziato per avere ripetutamente omesso di giustificare l’assenza a visite di controllo domiciliare della malattia, aveva sostenuto che la tutela della salute dovesse prevalere sull’obbligo di giustificare l’inosservanza delle fasce orarie di reperibilità, la Corte ricorda la propria consolidata giurisprudenza al riguardo, secondo la quale l’effettività della malattia è irrilevante rispetto alla necessità di controllo della stessa, in funzione della quale è stabilito l’obbligo di reperibilità. Con l’occasione, la Corte richiama altresì la propria elaborazione giurisprudenziale in ordine all’individuazione delle circostanze che possono giustificare il fatto di non aver adempiuto all’obbligo di reperibilità.
In tema di controlli sulle assenze per malattia dei lavoratori dipendenti, volti a contrastare il fenomeno dell'assenteismo e basati sull'introduzione di fasce orarie entro le quali devono essere operati dai servizi competenti accessi presso le abitazioni dei dipendenti assenti dal lavoro, ai sensi dell'art. 5, comma quattordicesimo, D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni dalla legge n. 638 del 1983, la violazione da parte del lavoratore dell'obbligo di rendersi disponibile per l'espletamento della visita domiciliare di controllo entro tali fasce assume rilevanza di per sè, a prescindere dalla presenza o meno dello stato di malattia e può anche costituire giusta causa di licenziamento.
L'altezza verticale minima effettiva della zona di rilevamento della barriera ottica è 800 mm? - L'altezza del banco, a,è uguale o maggiore di 850 mm? - Se l’altezza del banco è minore di 850 mm, la lunghezza della zona di rilevamento della barriera ottica è aumentata di conseguenza? - La distanza di sovrapposizione verticale minima, b, tra il banco e il bordo inferiore della zona di rilevamento della barriera ottica è almeno 50 mm? - L'altezza minima, c, del bordo superiore della barriera ottica è 1 600 mm sopra il piano di riferimento? - La riduzione dell’'altezza minima c = 1 600 mm o dell'altezza minima della zona di rilevamento di 800 mm della barriera ottica è effettuata solo se la protezione aggiuntiva impedisce qualsiasi accesso alla zona pericolosa? - La capacità di rilevamento degli oggetti da parte della barriera ottica è uguale o minore di 14 mm se non è utilizzata alcuna distanza aggiuntiva, C,per ottenere la distanza di sicurezza richiesta? (Appendice A)
La distanza di sicurezza minima, S, è calcolata in conformità alla formula contenuta nell’appendice A? mai minore di 100 mm?
Appendice A - Calcolo delle distanze di sicurezza
A.1 Davanti alla pressa, la distanza minima di sicurezza dalla zona di pericolo nella quale sono montati AOPD sotto forma di barriere ottiche verticali (vedere punto 5.1.1.4) deve essere stabilita secondo la formula seguente
S = ( K x t ) + C (A.1)
dove: S è la distanza minima in mm, dalla zona pericolosa al punto, alla linea, al piano o alla zona di rilevamento, non minore di 100 mm con una capacità di rilevamento uguale o minore di 14 mm; K è un parametro in mm/s, derivato dai dati sulle velocità di avvicinamento del corpo o di parti del corpo; t è la prestazione di arresto generale del sistema (il tempo di risposta complessivo) in s; C è la distanza aggiuntiva in mm, basata sull'intrusione verso la zona pericolosa prima dell’azionamento del dispositivo di protezione.
Nel caso delle presse piegatrici:
t=t1+t2+t3+∆t
dove:
t1 è il tempo di arresto della pressa piegatrice (inclusi i tempi di risposta dei sistemi di comando idraulico e elettrico - vedere appendice B); t2 è il tempo di risposta del sistema di protezione; t3 è la somma di tutti gli altri tempi di risposta misurabili rimanenti; Δt è l'incertezza.
A.2 Per determinare K, deve essere utilizzata una velocità di avvicinamento di 2 000 mm/s se la distanza minima è uguale o minore di 500 mm. Se la distanza minima è maggiore di 500 mm, può essere utilizzata una velocità di avvicinamento di 1 600 mm/s.
A.3 Nel calcolo della prestazione di arresto generale del sistema, devono essere tenute in considerazione le seguenti caratteristiche alle condizioni normali più severe:
a) la velocità della traversa nella corsa di chiusura che determina il tempo di arresto più lungo; b) la temperatura che influenza le parti pertinenti del sistema; c) la massa dell'utensile che determina il tempo di arresto più lungo; d) la condizione di pressione che determina il tempo di arresto più lungo; e) l'usura delle parti pertinenti della funzione di arresto.
A.4 Quando è possibile modificare la posizione dei dispositivi di protezione che sono collegati meccanicamente alla pressa piegatrice, per mantenere la distanza minima i dispositivi devono essere interbloccati o devono poter essere bloccati in posizione, in modo che possano essere mossi unicamente con l'ausilio di utensili o chiavi.
A.5 Per quanto concerne la capacità di rilevamento delle barriere ottiche di formato verticale, deve essere utilizzata almeno la distanza aggiuntiva C del prospetto A.1 quando si calcola la distanza minima S.
Prospetto A.1
Distanza aggiuntiva C
Capacità di rilevamento (mm)
Distanza aggiuntiva C (mm)
Avviamento del ciclo mediante barriera ottica
≤ 14 > 14 ≤ 20 > 20 ≤ 30
0 80 130
Permesso
> 30 ≤ 40 > 40
240 850
Non permesso
A.6 Per il tempo di risposta complessivo e la distanza di sicurezza associata in relazione alle barriere luminose di formato orizzontale, vedere il punto 5.1.1.4.2.
A.7 Per la capacità di rilevamento in relazione alle barriere ottiche di formato angolare, vedere il punto 5.1.1.4.2.
Figura 2
...
5.1.1.4.2 b) Vedi Figura 3 Le barriere ottiche di formato orizzontale sono configurate come illustrato in Figura 3, quando l'altezza del banco, a, è uguale o maggiore di 800 mm o maggiore di 1 200 mm?
Lavoro agile / Smart working | Normativa / Rev. 12.0 del 25 Maggio 2022
ID 11212 | Rev. 12.0 del 25 Maggio 2022 Documento completo allegato / Modello Informativa lavoro agile
Update Rev. 12.0 del 25 Maggio 2022
- Legge 19 maggio 2022 n. 52 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza. (GU n. 119 del 23.05.2022). Entrata in vigore del provvedimento: 24/05/2022
...
Percorso di superamento dello smart working emergenziale nella Pubblica amministrazione
Già il 10 marzo 2021, nel Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale siglato a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio, Mario Draghi, il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, e i sindacati, si concordava che, “con riferimento alle prestazioni svolte a distanza (lavoro agile), occorre porsi nell’ottica del superamento della gestione emergenziale, mediante la definizione, nei futuri contratti collettivi nazionali, di una disciplina che garantisca condizioni di lavoro trasparenti, che favorisca la produttività e l’orientamento ai risultati, concili le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con le esigenze organizzative delle Pubbliche Amministrazioni, consentendo, ad un tempo, il miglioramento dei servizi pubblici e dell’equilibrio fra vita professionale e vita privata”.
Il Patto del 10 marzo 2021 ha segnato l’avvio di un percorso che ha reso possibileil raggiungimento di tre tappe importanti:
1) la prima, a fine aprile (Decreto-Legge 30 aprile 2021 n. 56, articolo 1), ha riguardato il superamento di vincoli rigidi e soglie percentuali minime per l’applicazione dello smart working nella Pubblica amministrazione;
2) la seconda, dal 15 ottobre 2021 - coerentemente con la riapertura di tutte le attività economiche, sociali e culturali del Paese grazie al progredire delle vaccinazioni e all’obbligo di green pass per tutti i 23 milioni di lavoratori pubblici, privati e autonomi - ha permesso di ripristinare il lavoro in presenza come modalità ordinaria nella Pa (Dpcm 23 settembre 2021 e Dm 8 ottobre 2021);
3) la terza, in parallelo, ha visto il decollo delle trattative per i rinnovi contrattuali, nell’ambito dei quali, in attuazione del Patto, devono essere disciplinati gli aspetti di tutela dei diritti dei lavoratori, delle relazioni sindacali e del rapporto di lavoro connessi al lavoro agile (quali il diritto alla disconnessione, le fasce di contattabilità, il diritto alla formazione specifica, il diritto alla protezione dei dati personali, il regime dei permessi e delle assenze e ogni altro istituto del rapporto di lavoro e previsione contrattuale). In attesa che i nuovi contratti diventino operativi – il 21 dicembre è stata firmata la preintesa per il comparto funzioni centrali – questi aspetti sono stati anticipati per tutta la Pubblica amministrazione nelle “Linee guida in materia di lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche”, concordate con i sindacati, sulle quali è stata acquisita l’intesa in Conferenza Unificata il 16 dicembre 2021.
Le linee guida, secondo quanto stabilito dalla legge 81/2017, prevedono che lo svolgimento del lavoro agile è rimesso all’accordo individuale con il lavoratore, in cui vengono definiti durata, modalità e obiettivi della prestazione. Le linee guida prevedono le seguenti ulteriori condizioni per lo smart working:
a) l’invarianza dei servizi resi all’utenza; b) l’adeguata rotazione del personale autorizzato alla prestazione di lavoro agile, assicurando comunque la prevalenza per ciascun lavoratore del lavoro in presenza; c) l’adozione di appositi strumenti tecnologici idonei a garantire l’assoluta riservatezza dei dati e delle informazioni trattati durante lo svolgimento del lavoro agile; d) la necessità, per l’amministrazione, della previsione di un piano di smaltimento del lavoro arretrato, ove accumulato; e) la fornitura di idonea dotazione tecnologica al lavoratore; f) il prevalente svolgimento in presenza della prestazione lavorativa dei soggetti titolari di funzioni di coordinamento e controllo, dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti; g) la rotazione del personale in presenza ove richiesto dalle misure di carattere sanitario; h) il dovere di fornire al lavoratore idonea dotazione tecnologica, che garantisca la sicurezza e il divieto di ricorso all’utenza personale o domestica del dipendente, salvo i casi preventivamente verificati e autorizzati.
Ogni amministrazione può programmare il lavoro agile con una rotazione del personale settimanale, mensile o plurimensile. Ciò consente di prevedere l’utilizzo dello smart working con ampia flessibilità, anche modulandolo, se necessario, sulla base dell’andamento dei contagi, tenuto conto che la prevalenza del lavoro in presenza contenuta nelle linee guida potrà essere raggiunta anche al termine della programmazione. In sintesi, ciascuna amministrazione potrà equilibrare lavoro agile e in presenza secondo le modalità organizzative più congeniali alla propria situazione, anche considerando l’andamento epidemiologico nel breve e nel medio periodo.
In Italia il c.d. lavoro agile è stato introdotto dall’articolo 18, comma 1, della legge 22 maggio 2017,
n. 81. Con tale norma il legislatore ha previsto una specifica modalità di svolgimento del lavoro subordinato da remoto conferendogli, da un lato, autonoma disciplina e, dall’altro, differenziando tale nuova modalità di prestazione dal telelavoro, che già riscontrava una normativa di riferimento sia nel settore pubblico (a partire dalla legge 16 giugno 1998, n. 191, e poi con d.P.R. 8 marzo 1999, n. 70) sia nel settore privato (grazie all’accordo interconfederale del 9 giugno 2004, di recepimento dell’accordo quadro europeo del 16 luglio 2002, e alla contrattazione collettiva che vi aveva dato esecuzione con l’Accordo quadro del 23 marzo 2000).
Durante le fasi più acute dell’emergenza pandemica il lavoro agile ha rappresentato la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa, in virtù dell’articolo 87, comma 1, del decreto- legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con la legge 24 aprile 2020, n. 27. In questa maniera si è sicuramente consentito di garantire la continuità del lavoro in sicurezza per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni e, di conseguenza e per quanto possibile, la continuità dei servizi erogati dalle amministrazioni. Tuttavia, risulta necessario porsi nell’ottica del superamento della gestione emergenziale individuando quale via ordinaria per lo sviluppo del lavoro agile nella pubblica amministrazione quella della contrattazione collettiva, come stabilito dal Patto per il lavoro pubblico e la coesione sociale del 10 marzo u.s., e quella della disciplina da prevedersi nell’ambito del Piano integrato di attività e organizzazione (PIAO).
Le presenti linee guida, nelle more della regolamentazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro relativi al triennio 2019-21 che disciplineranno a regime l’istituto per gli aspetti non riservati alla fonte unilaterale, sono rivolte alle pubbliche amministrazioni e agli altri enti ad esse assimilati tenuti a prevedere misure in materia di lavoro agile. Esse hanno l’obiettivo di fornire indicazioni per la definizione di una disciplina che garantisca condizioni di lavoro trasparenti, che favorisca la produttività e l’orientamento ai risultati, concili le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con le esigenze organizzative delle pubbliche amministrazioni, consentendo, ad un tempo, il miglioramento dei servizi pubblici e dell’equilibrio fra vita professionale e vita privata.
In tal senso, l’intervento si propone di delineare la modalità di svolgimento della prestazione lavorativa c.d. agile avendo riguardo al diritto alla disconnessione, al diritto alla formazione specifica, al diritto alla protezione dei dati personali, alle relazioni sindacali, al regime dei permessi e delle assenze ed alla compatibilità con ogni altro istituto del rapporto di lavoro e previsione contrattuale. In ogni caso, con l’entrata in vigore dei nuovi CCNL, le presenti linee guida cessano la loro efficacia per tutte le parti non compatibili con gli stessi. Resta fermo nelle more il rispetto del sistema di partecipazione sindacale definito dai contratti collettivi nazionali vigenti.
Rimane in ogni caso fermo, fino alla fine della fase emergenziale, il rispetto sui luoghi di lavoro di tutte le misure di prevenzione e contenimento del contagio e di sicurezza dei pubblici dipendenti sottoscritte nei protocolli di intesa fra il Governo e le OO.SS. nonché di quelle individuate negli accordi e protocolli successivamente sottoscritti.
[...][/panel]
[box-warning]Fino al 31 marzo 2022, la differenza fondamentale tra il lavoro agile nel settore pubblico e nel settore privatoconsiste nell’obbligatorietà, per il settore pubblico, dell’accordo individuale, come previsto dalla legge 81/2017, mentre nel settore privato è ancora ammessa la forma semplificata di smart working (art. 90 co.4 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34), senza necessità di accordo individuale (estesa fino al 31 agosto 2022 dal Decreto-Legge 24 marzo 2022 n. 24 /conversione Legge 19 maggio 2022 n. 52).
L’acuirsi dei contagi manifestatosi a ridosso del periodo delle festività e ancora in fase ascendente ha riproposto la necessità di utilizzare ogni strumento utile a diminuire le possibilità del diffondersi del virus, ivi incluso il ricorso al lavoro agile, che pure non è stato mai interrotto, ma che invece è stato disciplinato da un quadro regolatorio, sia nel pubblico che nel privato, differenziato ma esaustivo.
In relazione a tale quadro regolatorio, informato il Consiglio dei Ministri nella seduta del 5 gennaio 2022, con il presente documento si intendono sensibilizzare le amministrazioni pubbliche ed i datori di lavoro privati ad utilizzare appieno tutti gli strumenti di flessibilità che le relative discipline di settore già consentono e che sinteticamente si riportano di seguito.
1. Lavoro agile nella pubblica amministrazione
Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 settembre 2021, a decorrere dal 15 ottobre 2021 la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle amministrazioni pubbliche è quella svolta in presenza, fermo restando l’obbligo, per ciascuna di esse, di assicurare il rispetto delle misure sanitarie di contenimento del rischio di contagio da Covid19.
Il rientro “in presenza” del personale delle pubbliche amministrazioni è stato disciplinato da subito con il decreto del Ministro per la pubblica amministrazione 8 ottobre 2021, che ha individuato le condizionalità ed i requisiti necessari (organizzativi ed individuali) per utilizzare il lavoro agile in un quadro di efficienza e di tutela dei diritti dei cittadini ad una adeguata qualità dei servizi; dalle “linee guida” adottate previo confronto con le organizzazioni sindacali e sulle quali è stata acquisita l’intesa della Conferenza unificata lo scorso 16 dicembre. Il quadro regolatorio è stato infine completato, per la prima volta, come concordato con i sindacati nel Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale siglato a Palazzo Chigi il 10 marzo 2021, dal Contratto collettivo sottoscritto tra Aran e parti sociali il 21 dicembre 2021, che del lavoro agile nel pubblico impiego ha individuato caratteristiche, modalità, limiti e tutele.
Una delle principali caratteristiche della disciplina oggi vigente per il lavoro agile nella pubblica amministrazione è la flessibilità.
Flessibilità ed intelligenza sono i principali pilastri sui quali ciascuna amministrazione è libera di organizzare la propria attività, mantenendo invariati i servizi resi all’utenza. Ogni amministrazione pertanto, può programmare il lavoro agile con una rotazione del personale settimanale, mensile o plurimensile con ampia flessibilità, anche modulandolo, come necessario in questo particolare momento, sulla base dell’andamento dei contagi, tenuto conto che la prevalenza del lavoro in presenza indicata nelle linee guida potrà essere raggiunta anche nella media della programmazione plurimensile.
In sintesi, ciascuna amministrazione può equilibrare il rapporto lavoro in presenza/lavoro agile secondo le modalità organizzative più congeniali alla propria situazione, tenendo conto dell’andamento epidemiologico nel breve e nel medio periodo, e delle contingenze che possono riguardare i propri dipendenti (come nel caso di quarantene breve da contatti con soggetti postivi al coronavirus).
Si richiama ulteriormente l’attenzione, infine, su quanto già previsto dall’articolo 2, del DM 8 ottobre 2021, circa la possibilità, per le amministrazioni, di avvalersi dei mobility manager aziendali, nominati ai sensi del decreto interministeriale 12 maggio 2021, per la elaborazione dei Piani degli spostamenti casa-lavoro (PSCL) di propria competenza tenendo conto delle disposizioni relative all'ampliamento delle fasce di ingresso e uscita dalle sedi di lavoro già consentite sia dalla contrattazione collettiva che dal citato decreto 8 ottobre 2021. I predetti mobility manager aziendali dovranno operare in raccordo con gli Enti locali tramite i relativi mobility manager d'area di cui al predetto decreto interministeriale, per un'azione di raccordo costante, sia per le finalità dettate dall'art. 6 del decreto interministeriale 12 maggio 2021, sia per la verifica complessiva e coordinata dell'implementazione dei PSCL, nonché per l'identificazione e la promozione di azioni di miglioramento complessivo dell'offerta di mobilità sul territorio di riferimento alla luce delle nuove fasce di ingresso e uscita dalle sedi di lavoro.
2. Lavoro agile nel lavoro privato
Lo svolgimento della prestazione del lavoro in modalità agile ha da subito rappresentato un efficace strumento per arginare la diffusione del virus e contenere gli effetti economici negativi.
In tal senso, il Governo è intervenuto con discipline emergenziali dirette ad agevolarne l’utilizzo per quanto più possibile, anche mediante deroghe e semplificazioni, promuovendone il ricorso anche nei “Protocolli delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV2/COVID-19 negli ambienti di lavoro”, sottoscritti il 14 marzo e il 24 aprile 2020 e aggiornati il 6 aprile 2021, d’intesa con le organizzazioni datoriali e sindacali.
La normativa si è consolidata con l’articolo 90 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazione dalla legge 17 luglio 2020 n. 77 che ha consentito la possibilità di ricorrere al lavoro agile con modalità semplificate, senza l’accordo individuale tra azienda e singolo dipendente e con notifica telematica e massiva al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Quindi, in sintesi, la modalità di lavoro agile può essere applicata a ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza degli accordi individuali e gli obblighi di informativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro di cui all'articolo 22 della legge n. 81 del 2017 possono essere assolti in via telematica, anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile nel sito internet dell'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro. Inoltre, i datori di lavoro privati comunicano al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e, in via telematica, i nominativi dei lavoratori nonché la data di inizio e di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile, utilizzando la procedura semplificata con la modulistica e l'applicativo informatico resi disponibili nel sito internet del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Anche per il lavoro privato i piani predisposti dai mobily managers, ove presenti, potranno fornire un utile ausilio per conseguire una più razionale pianificazione dell’organizzazione del lavoro. Visto il protrarsi dello stato di emergenza, si raccomanda, pertanto, il massimo utilizzo di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o a modalità a distanza, ferma la necessità che il datore di lavoro garantisca adeguate condizioni di supporto al lavoratore e alla sua attività (assistenza nell’uso delle apparecchiature, modulazione dei tempi di lavoro e delle pause).[/box-info]
Il 7 dicembre 2021 il Ministro del Lavoro e 26 organizzazioni sindacali datoriali e dei lavoratori hanno sottoscritto un Protocollo per disciplinare il lavoro agile nel settore privato. Il Protocollo delinea le linee direttrici per la contrattazione collettiva di lavoro (nazionale, territoriale e aziendale), espressamente valorizzata quale “fonte privilegiata di regolamentazione dello svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile”.
Le Parti sociali vedono nel lavoro agile un grande impulso al raggiungimento di obiettivi personali e organizzativi, funzionale, in modo efficace e moderno, a una nuova concezione dell’organizzazione del lavoro, meno piramidale e più orientata a obiettivi e fasi di lavoro, tale da consentire sia una migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, nell’interesse del lavoratore, sia una organizzazione più produttiva e snella, nell’interesse del datore di lavoro.
È precisato il contenuto dell’accordo individuale. Necessaria stipulazione per iscritto, con adeguamento alla contrattazione collettiva e previsione della durata, delle modalità di esecuzione, con l’individuazione dei luoghi, degli strumenti di lavoro, dei tempi di riposo e della disconnessione.
Si definisce l’organizzazione del lavoro ed è regolata la disconnessione. Assenza di un preciso orario e autonomia nello svolgimento della prestazione, nel solco degli obiettivi prefissati; individuazione precisa di una fascia oraria di disconnessione, nella quale il lavoratore non eroga la prestazione; divieto, di norma, di lavoro straordinario.
Si forniscono indicazioni sul luogo di lavoro e gli strumenti di lavoro. Libertà del lavoratore di individuazione del luogo di lavoro, in condizioni di sicurezza e riservatezza. Gli strumenti di lavoro devono essere forniti, di norma, dall’azienda, sotto forma di apparecchiature idonee all’esecuzione in sicurezza della prestazione.
Si riconoscono i diritti sindacali e la parità di trattamento. Piena applicabilità dei diritti e delle libertà sindacali, individuali e collettivi. Parità di trattamento nei riguardi degli altri lavoratori che eseguono la prestazione in modalità ordinaria, con identità di trattamento normativo ed economico, anche con riferimento ai premi di risultato, fermo restando il ricorso a forme di welfare aziendale e benefit di fonte collettiva e bilaterale.
Si conviene su misure di welfare e inclusività. Indicazioni di sviluppo degli strumenti di welfare aziendale e di bilateralità con supporti anche in ambito di genitorialità, inclusione e work-life balance.
Attenzione ai lavoratori fragili e disabili.
Si conviene sulla necessità di istituire un Osservatorio nazionale bilaterale con l’obiettivo di monitorare i risultati raggiunti in tema di lavoro agile su base nazionale, lo sviluppo della contrattazione e l’andamento delle linee di indirizzo del Protocollo.
[panel]PROTOCOLLO CONDIVISO DI REGOLAMENTAZIONE PER IL CONTRASTO E IL CONTENIMENTO DELLA DIFFUSIONE DEL VIRUS SARS-CoV2/COVID-19
In continuità e in coerenza con i precedenti accordi sottoscritti dalle Parti sociali, il presente Protocollo condiviso ha l’obiettivo di fornire indicazioni operative aggiornate, finalizzate a incrementare, negli ambienti di lavoro non sanitari, l’efficacia delle misure precauzionali di contenimento adottate per contrastare l’epidemia di COVID-19. Il virus SARS-CoV-2/COVID-19 rappresenta un rischio biologico generico, per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione. Il presente protocollo contiene, quindi, misure che seguono la logica della precauzione e seguono e attuano le prescrizioni del legislatore e le indicazioni dell’Autorità sanitaria.
Fatti salvi tutti gli obblighi previsti dalle disposizioni emanate per il contenimento del virus SARS-CoV-2/COVID-19
e premesso che
il DPCM 2 marzo 2021 prevede misure restrittive nell’intero territorio nazionale, specifiche per il contenimento del virus SARS-CoV-2/COVID–19 e che per le attività di produzione tali misure raccomandano:
- il massimo utilizzo, ove possibile, della modalità di lavoro agile o da remoto da parte dei datori di lavoro privati, ai sensi dell’articolo 90 (Lavoro agile) del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nonché di quanto previsto dai protocolli 12 e 13 allegati al citato DPCM 2 marzo 2021;
- che le attività professionali siano attuate anche mediante modalità di lavoro agile, ove possano essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza;
- che siano incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva;
- che siano sospese le attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione;
- che siano assunti protocolli di sicurezza anti-contagio, fermo restando l’obbligo di utilizzare dispositivi di protezione delle vie respiratorie previsti da normativa, protocolli e linee guida vigenti; • che siano incentivate le operazioni di sanificazione nei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali;
- che sull’intero territorio nazionale tutte le attività produttive industriali e commerciali rispettino i contenuti del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID19 negli ambienti di lavoro, nonché, per i rispettivi ambiti di competenza, il Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e le Parti sociali, e il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nel settore del trasporto e della logistica sottoscritto il 20 marzo 2020;
e ritenuto, altresì, opportuno:
- garantire il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza, nonché per quelle non sospese; - raccomandare, in particolare per le attività produttive, che siano limitati al massimo gli spostamenti all’interno dei siti e contingentato l’accesso agli spazi comuni; - assicurare, fermo restando il mantenimento della distanza interpersonale di almeno un metro come principale misura di contenimento, che negli spazi condivisi vengano indossati i dispositivi di protezione delle vie aeree, fatta salva l’adozione di ulteriori strumenti di protezione individuale già previsti indipendentemente dalla situazione emergenziale; - favorire, limitatamente alle attività produttive, intese tra organizzazioni datoriali e sindacali;
si stabilisce che
le imprese adottano il presente Protocollo condiviso di regolamentazione all’interno dei propri luoghi di lavoro, oltre a quanto previsto dal suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e applicano le ulteriori misure di precauzione di seguito elencate - da integrare con altre equivalenti o più incisive secondo le peculiarità della propria organizzazione, previa consultazione delle rappresentanze sindacali aziendali - per tutelare la salute delle persone presenti all’interno dell’azienda e garantire la salubrità dell’ambiente di lavoro.
[…omissis]
8.ORGANIZZAZIONE AZIENDALE (TURNAZIONE, TRASFERTE E LAVORO AGILE E DA REMOTO, RIMODULAZIONE DEI LIVELLI PRODUTTIVI)
Con riferimento a quanto previsto dal DPCM 2 marzo 2021, articoli 4 e 30, limitatamente al periodo dell’emergenza dovuta al COVID-19, le imprese potranno, avendo a riferimento quanto previsto dai CCNL e favorendo così le intese con le rappresentanze sindacali aziendali:
- disporre la chiusura di tutti i reparti diversi dalla produzione o, comunque, di quelli dei quali è possibile il funzionamento mediante il ricorso al lavoro agile e da remoto; - procedere ad una rimodulazione dei livelli produttivi; - assicurare un piano di turnazione dei lavoratori dedicati alla produzione con l’obiettivo di diminuire al massimo i contatti e di creare gruppi autonomi, distinti e riconoscibili; - utilizzare il lavoro agile e da remoto per tutte quelle attività che possono essere svolte in tale modalità, in quanto utile e modulabile strumento di prevenzione.
Nel caso vengano utilizzati ammortizzatori sociali, anche in deroga, valutare sempre la possibilità di assicurare che gli stessi riguardino l’intera compagine aziendale, se del caso anche con opportune rotazioni del personale coinvolto; utilizzare in via prioritaria gli ammortizzatori sociali disponibili nel rispetto degli istituti contrattuali (par, rol, banca ore) generalmente finalizzati a consentire l’astensione dal lavoro senza perdita della retribuzione. Nel caso in cui l’utilizzo di tali istituti non risulti sufficiente, si utilizzeranno i periodi di ferie arretrati e non ancora fruiti.
In merito alle trasferte nazionali ed internazionali, è opportuno che il datore di lavoro, in collaborazione con il MC e il RSPP, tenga conto del contesto associato alle diverse tipologie di trasferta previste, anche in riferimento all’andamento epidemiologico delle sedi di destinazione.
Il lavoro agile e da remoto continua ad essere favorito, anche nella fase di progressiva ripresa delle attività, in quanto utile e modulabile strumento di prevenzione, ferma la necessità che il datore di lavoro garantisca adeguate condizioni di supporto al lavoratore e alla sua attività (assistenza nell’uso delle apparecchiature, modulazione dei tempi di lavoro e delle pause).
E’ necessario il rispetto del distanziamento sociale, anche attraverso una rimodulazione degli spazi di lavoro, compatibilmente con la natura dei processi produttivi e degli spazi aziendali. Nel caso di lavoratori che non necessitano di particolari strumenti e/o attrezzature di lavoro e che possono lavorare da soli, gli stessi potrebbero, per il periodo transitorio, essere posizionati in spazi ricavati ad esempio da uffici inutilizzati o sale riunioni. Per gli ambienti dove operano più lavoratori contemporaneamente, potranno essere individuate soluzioni innovative come, ad esempio, il riposizionamento delle postazioni di lavoro adeguatamente distanziate tra loro, ovvero soluzioni analoghe.
L’articolazione del lavoro potrà essere ridefinita con orari differenziati, che favoriscano il distanziamento sociale riducendo il numero di presenze in contemporanea nel luogo di lavoro e prevenendo assembramenti all’entrata e all’uscita con flessibilità degli orari.
È essenziale evitare aggregazioni sociali, anche in relazione agli spostamenti per raggiungere il posto di lavoro e rientrare a casa (commuting), con particolare riferimento all’utilizzo del trasporto pubblico. Per tale motivo andrebbero incentivate forme di trasporto verso il luogo di lavoro con adeguato distanziamento fra i viaggiatori e favorendo l’uso del mezzo privato o di navette. [/panel]
[panel]Decreto-Legge 30 aprile 2021 n. 56 Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi. (GU n.103 del 30.04.2021) Entrata in vigore del provvedimento: 30/04/2021
Art. 1. Disposizioni urgenti in materia di lavoro agile
All’articolo 263 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, relativo alla disciplina del lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1:
1) il secondo periodo è sostituito dal seguente:
«A tal fine, le amministrazioni di cui al primo periodo, fino alla definizione della disciplina del lavoro agile da parte dei contratti collettivi, ove previsti, e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, in deroga alle misure di cui all’articolo 87, comma 3, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, organizzano il lavoro dei propri dipendenti e l’erogazione dei servizi attraverso la flessibilità dell’orario di lavoro, rivedendone l’articolazione giornaliera e settimanale, introducendo modalità di interlocuzione programmata, anche attraverso soluzioni digitali e non in presenza con l’utenza, applicando il lavoro agile, con le misure semplificate di cui al comma 1, lettera b) , del medesimo articolo 87, e comunque a condizione che l’erogazione dei servizi rivolti a cittadini ed imprese avvenga con regolarità, continuità ed efficienza, nonché nel rigoroso rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente.»;
2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le disposizioni del presente comma si applicano al personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico fino al termine dello stato di emergenza connessa al COVID -19.»;
b) al comma 2, dopo le parole «tutela della salute» sono inserite le seguenti: «e di contenimento del fenomeno epidemiologico da COVID-19».
2. All’articolo 14, comma 1, della legge 7 agosto 2015, n. 124, relativo alla promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, dopo la parola «telelavoro» sono aggiunte le seguenti: «e del lavoro agile»;
b) al terzo periodo, le parole «60 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «15 per cento»;
c) al quarto periodo le parole «30 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «15 per cento».[/panel]
Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19. (GU n.96 del 22.04.2021) Entrata in vigore del provvedimento: 23/04/2021
ART. 1 (Rispristino della disciplina delle zone gialle e ulteriori misure per contenere e contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19)
1. Fatto salvo quanto diversamente disposto dal presente decreto, dal 1° maggio al 31 luglio 2021, si applicano le misure di cui al provvedimento adottato in data 2 marzo 2021, in attuazione dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. 2. Dal 26 aprile 2021 cessano di avere efficacia le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, e sono conseguentemente consentiti gli spostamenti in entrata e in uscita dai territori delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano che si collocano nelle zone bianca e gialla. 3. Dal 1° maggio al 31 luglio 2021, le misure stabilite per la zona rossa si applicano anche nelle regioni e province autonome di Trento e Bolzano individuate con ordinanza del Ministro della salute ai sensi dell'articolo 1, comma 16-bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, nelle quali l'incidenza cumulativa settimanale dei contagi è superiore a 250 casi ogni 100.000 abitanti, sulla base dei dati validati dell'ultimo monitoraggio disponibile. 4. Dal 1° maggio al 31 luglio 2021, i Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano possono disporre l'applicazione delle misure stabilite per la zona rossa, nonché ulteriori, motivate, misure più restrittive tra quelle previste dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 19 del 2020, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 3, comma 1: a) nelle province in cui l'incidenza cumulativa settimanale dei contagi è superiore a 250 casi ogni 100.000 abitanti; b) nelle aree in cui la circolazione di varianti di SARS-CoV-2 determina alto rischio di diffusività o induce malattia grave.
[box-warning]Articolo abrogato dal Decreto-Legge 24 marzo 2022 n. 24 Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza. (GU n.70 del 24.03.2022) dal 1° aprile 2022.[/box-warning]
Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici. (GU n.79 del 01.04.2021) Entrata in vigore del provvedimento: 01/04/2021
ART. 1 (Ulteriori misure per contenere e contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19)
DPCM 2 Marzo 2021valido fino 6 Aprile 2021, le cui misure sono state prorogate: - dal 7 al 30 Aprile 2021 dal DL 1 Aprile 2021 n. 44 (GU n.79 del 01.04.2021) ed ulteriormente prorogate - dal 1° Maggio al 31 Luglio 2021 dal DL 22 Aprile 2021 n. 52 (GU n.96 del 22.04.2021)
[panel]Capo I Misure di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale
Art. 6 (Misure relative allo svolgimento della prestazione lavorativa nei luoghi di lavoro pubblici e privati sull'intero territorio nazionale)
1. Nel predisporre, anche attraverso l'adozione di appositi protocolli, le misure necessarie a garantire la progressiva riapertura di tutti gli uffici pubblici e il rientro in sicurezza dei propri dipendenti con le modalità di cui all'articolo 263 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, le pubbliche amministrazioni assicurano il rispetto delle prescrizioni vigenti in materia di tutela della salute adottate dalle competenti autorità.
2. Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, assicurano le percentuali più elevate possibili di lavoro agile, compatibili con le potenzialità organizzative e con la qualità e l'effettività del servizio erogato con le modalità stabilite da uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione, garantendo almeno la percentuale di cui all'articolo 263, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.
3. Nelle pubbliche amministrazioni, tenuto conto dell'evolversi della situazione epidemiologica, ciascun dirigente:
a) organizza il proprio ufficio assicurando, su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale, lo svolgimento del lavoro agile nella percentuale più elevata possibile, e comunque in misura non inferiore a quella prevista dalla legge, del personale preposto alle attività che possono essere svolte secondo tale modalità, compatibilmente con le potenzialità organizzative e l'effettività del servizio erogato;
b) adotta nei confronti dei dipendenti di cui all'articolo 21-bis, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, nonché di norma nei confronti dei lavoratori fragili, ogni soluzione utile ad assicurare lo svolgimento di attività in modalità agile anche attraverso l'adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento come definite dai contratti collettivi vigenti, e lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale.
4. Le pubbliche amministrazioni dispongono una differenziazione dell'orario di ingresso e di uscita del personale, fatto salvo il personale sanitario e socio sanitario, nonché quello impegnato in attività connessa all'emergenza o in servizi pubblici essenziali. È raccomandata la differenziazione dell'orario di ingresso del personale anche da parte dei datori di lavoro privati.
5. È fortemente raccomandato l'utilizzo della modalità di lavoro agile da parte dei datori di lavoro privati, ai sensi dell'articolo 90 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nonché di quanto previsto dai protocolli di cui agli allegati 12 e 13 al presente decreto.
Capo III Misure di contenimento del contagio che si applicano in Zona gialla
Art. 30 (Attività professionali)
1. In ordine alle attività professionali si raccomanda che:
a) esse siano attuate anche mediante modalità di lavoro agile, ove possano essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza; b) siano incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva; c) siano assunti protocolli di sicurezza anti-contagio, fermo restando l'obbligo di utilizzare dispositivi di protezione delle vie respiratorie previsti da normativa, protocolli e linee guida vigenti; d) siano incentivate le operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali.
Capo V Misure di contenimento del contagio che si applicano in Zona rossa
Art. 48 (Attività lavorativa)
1. I datori di lavoro pubblici limitano la presenza del personale nei luoghi di lavoro per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente tale presenza, anche in ragione della gestione dell'emergenza. Il personale non in presenza presta la propria attività lavorativa in modalità agile.[/panel]
[panel] Art. 1 Misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale
[…]
nn) in ordine alle attività professionali si raccomanda che: 1) esse siano attuate anche mediante modalità di lavoro agile, ove possano essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza;
Art. 3 Ulteriori misure di contenimento del contagio su alcune aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto
[…]
4. A far data dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle ordinanze di cui al comma 1, nelle Regioni ivi individuate sono applicate le seguenti misure di contenimento:
i) i datori di lavoro pubblici limitano la presenza del personale nei luoghi di lavoro per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente tale presenza, anche in ragione della gestione dell'emergenza; il personale non in presenza presta la propria attività lavorativa in modalità agile;
Art. 5 Misure di informazione e prevenzione sull'intero territorio nazionale
[…]
3. Le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, assicurano le percentuali più elevate possibili di lavoro agile, compatibili con le potenzialità organizzative e con la qualità e l’effettività del servizio erogato con le modalità stabilite da uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione, garantendo almeno la percentuale di cui all’articolo 263, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. 4. Nelle pubbliche amministrazioni, tenuto conto dell’evolversi della situazione epidemiologica, ciascun dirigente: a) organizza il proprio ufficio assicurando, su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale, lo svolgimento del lavoro agile nella percentuale più elevata possibile, e comunque in misura non inferiore a quella prevista dalla legge, del personale preposto alle attività che possono essere svolte secondo tale modalità, compatibilmente con le potenzialità organizzative e l’effettività del servizio erogato; b) adotta nei confronti dei dipendenti di cui all’articolo 21-bis, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, nonché di norma nei confronti dei lavoratori fragili, ogni soluzione utile ad assicurare lo svolgimento di attività in modalità agile anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento come definite dai contratti collettivi vigenti, e lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale.[/panel]
[panel]Art. 1 Misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale
[…]
nn) in ordine alle attività professionali si raccomanda che: 1) esse siano attuate anche mediante modalità di lavoro agile, ove possano essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza;
Art. 3 Ulteriori misure di contenimento del contagio su alcune aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto
i) i datori di lavoro pubblici limitano la presenza del personale nei luoghi di lavoro per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente tale presenza, anche in ragione della gestione dell’emergenza; il personale non in presenza presta la propria attività lavorativa in modalità agile;
Art. 5 Misure di informazione e prevenzione sull'intero territorio nazionale
3. Le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, assicurano le percentuali più elevate possibili di lavoro agile, compatibili con le potenzialità organizzative e con la qualità e l’effettività del servizio erogato con le modalità stabilite da uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione, garantendo almeno la percentuale di cui all’art. 263, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77
4. Nelle pubbliche amministrazioni, tenuto conto dell’evolversi della situazione epidemiologica, ciascun dirigente: a) organizza il proprio ufficio assicurando, su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale, lo svolgimento del lavoro agile nella percentuale più elevata possibile, e comunque in misura non inferiore a quella prevista dalla legge, del personale preposto alle attività che possono essere svolte secondo tale modalità, compatibilmente con le potenzialità organizzative e l’effettività del servizio erogato; b) adotta nei confronti dei dipendenti di cui all’articolo 21-bis, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, nonché di norma nei confronti dei lavoratori fragili, ogni soluzione utile ad assicurare lo svolgimento di attività in modalità agile anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento come definite dai contratti collettivi vigenti, e lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale.[/panel]
[panel]Art. 1 Misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale
[…]
nn) in ordine alle attività professionali si raccomanda che: 1) esse siano attuate anche mediante modalità di lavoro agile, ove possano essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza;
Art. 3 Ulteriori misure di contenimento del contagio su alcune aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto
i) i datori di lavoro pubblici limitano la presenza del personale nei luoghi di lavoro per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente tale presenza, anche in ragione della gestione dell’emergenza; il personale non in presenza presta la propria attività lavorativa in modalità agile;
Art. 5 Misure di informazione e prevenzione sull'intero territorio nazionale
3. Le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, assicurano le percentuali più elevate possibili di lavoro agile, compatibili con le potenzialità organizzative e con la qualità e l’effettività del servizio erogato con le modalità stabilite da uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione, garantendo almeno la percentuale di cui all’art. 263, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77
4. Nelle pubbliche amministrazioni, tenuto conto dell’evolversi della situazione epidemiologica, ciascun dirigente: a) organizza il proprio ufficio assicurando, su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale, lo svolgimento del lavoro agile nella percentuale più elevata possibile, e comunque in misura non inferiore a quella prevista dalla legge, del personale preposto alle attività che possono essere svolte secondo tale modalità, compatibilmente con le potenzialità organizzative e l’effettività del servizio erogato; b) adotta nei confronti dei dipendenti di cui all’articolo 21-bis, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, nonché di norma nei confronti dei lavoratori fragili, ogni soluzione utile ad assicurare lo svolgimento di attività in modalità agile anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento come definite dai contratti collettivi vigenti, e lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale.[/panel]
[panel] Art. 1 Misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale [...]
ll) in ordine alle attività professionali si raccomanda che: a) esse siano attuate anche mediante modalità di lavoro agile, ove possano essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza;
Art. 3 Misure di informazione e prevenzione sull'intero territorio nazionale
1. Sull'intero territorio nazionale si applicano altresì le seguenti misure: [...] 3. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è incentivato il lavoro agile con le modalità stabilite da uno o più decreti del Ministro della pubblica amministrazione, garantendo almeno la percentuale di cui all'articolo 263, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34.[/panel]
Decreto 23 dicembre 2020 Proroga delle disposizioni di cui al decreto 19 ottobre 2020 recante «Misure per il lavoro agile nella pubblica amministrazione nel periodo emergenziale». (GU n.323 del 31.12.2020)
[alert]- ciascuna amministrazione con immediatezza assicura su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale lo svolgimento del lavoro agile almeno al 50% del personale impegnato in attività che possono essere svolte secondo questa modalità. Può farlo in modalità semplificata ancora fino al 31 dicembre 2020(*; - gli enti, tenendo anche conto dell’evolversi della situazione epidemiologica, assicurano in ogni caso le percentuali più elevate possibili di lavoro agile, compatibili con le loro potenzialità organizzative e con la qualità e l’effettività del servizio erogato; - il lavoratore agile alterna giornate lavorate in presenza e giornate lavorate da remoto, con una equilibrata flessibilità e comunque alla luce delle prescrizioni sanitarie vigenti e di quanto stabilito dai protocolli di sicurezza; - le amministrazioni adeguano i sistemi di misurazione e valutazione della performance alle specificità del lavoro agile. Il dirigente, verificando anche i feedback che arrivano dall’utenza e dal mondo produttivo, monitora le prestazioni rese in smart working da un punto di vista sia quantitativo sia qualitativo; - lo smart working si svolge di norma senza vincoli di orario e luogo di lavoro, ma può essere organizzato per specifiche fasce di contattabilità, senza maggiori carichi di lavoro. In ogni caso, al lavoratore sono garantiti i tempi di riposo e la disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. Inoltre, i dipendenti in modalità agile non devono subire penalizzazioni professionali e di carriera; - le amministrazioni si adoperano per mettere a disposizione i dispositivi informatici e digitali ritenuti necessari, ma comunque rimane consentito l’utilizzo di strumentazione di proprietà del dipendente; - l’amministrazione favorisce il lavoro agile per i lavoratori disabili o fragili anche attraverso l’assegnazione di mansioni diverse e di uguale inquadramento. In ogni caso, promuove il loro impegno in attività di formazione; - nella rotazione del personale, l’ente fa riferimento a criteri di priorità che considerino anche le condizioni di salute dei componenti del nucleo familiare del dipendente, della presenza di figli minori di quattordici anni, della distanza tra la zona di residenza o di domicilio e la sede di lavoro, ma anche del numero e della tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati e dei relativi tempi di percorrenza; - data l’importanza della continuità dell’azione amministrativa e della rapida conclusione dei procedimenti, l’ente individua comunque ulteriori fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita rispetto a quelle adottate.[/alert]
1. Il lavoro agile nella pubblica amministrazione costituisce una delle modalità ordinarie di svolgimento della prestazione lavorativa. 2. Fino al 31 dicembre 2020 per accedere al lavoro agile non è richiesto l’accordo individuale di cui all’articolo 19 della legge 22 maggio 2017, n. 81. 3. Il lavoro agile può avere ad oggetto sia le attività ordinariamente svolte in presenza dal dipendente, sia, in aggiunta o in alternativa e comunque senza aggravio dell’ordinario carico di lavoro, attività progettuali specificamente individuate tenuto conto della possibilità del loro svolgimento da remoto, anche in relazione alla strumentazione necessaria. Di regola, e fatto salvo quanto disposto all’articolo 3, il lavoratore agile alterna giornate lavorate in presenza e giornate lavorate da remoto. 4. I lavoratori che rendono la propria prestazione in modalità agile non subiscono penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera.
Articolo 2 (Definizioni)
1. Per “dirigente” si intende il dirigente di livello non generale, responsabile di un ufficio o servizio comunque denominato e, ove non presente, la figura dirigenziale generale sovraordinata. Negli enti in cui non siano presenti figure dirigenziali, il riferimento è da intendersi a una figura apicale individuata in coerenza con i relativi ordinamenti.
2. Il “lavoratore fragile” richiamato nel presente decreto viene definito tale con esclusivo riferimento alla situazione epidemiologica e va individuato nei soggetti in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. 3. Per “mappatura delle attività” si intende la ricognizione, svolta da parte delle amministrazioni in maniera strutturata e soggetta ad aggiornamento periodico, dei processi di lavoro che, in base alla dimensione organizzativa e funzionale, possono essere svolti con modalità agile. 4. Per “accesso multicanale” alla pubblica amministrazione si intende l’accesso dell’utenza in presenza o attraverso l’utilizzo di ogni mezzo informatico, telefonico o tecnologico.
Articolo 3 (Modalità organizzative)
1. Ai fini di cui all’articolo 1, tenuto conto della mappatura di cui all’articolo 2, comma 3, e, comunque, anche qualora essa non sia stata ancora completata dalle amministrazioni e salva la vigenza di disposizioni già definite dalle amministrazioni, ciascun dirigente, con immediatezza: a. organizza il proprio ufficio assicurando, su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale, lo svolgimento del lavoro agile almeno al cinquanta per cento del personale preposto alle attività che possono essere svolte secondo tale modalità, tenuto conto di quanto previsto al comma 3; b. adotta, nei confronti dei dipendenti di cui all’articolo 21-bis, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, nonché, di norma, nei confronti dei lavoratori fragili ogni soluzione utile ad assicurare lo svolgimento di attività in modalità agile anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento come definite dai contratti collettivi vigenti e lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale; c. adotta, al proprio livello, le soluzioni organizzative necessarie per consentire lo svolgimento delle attività di formazione di cui alla lettera b) anche al personale che svolge attività di lavoro in presenza; d. favorisce la rotazione del personale di cui alla lettera a), tesa ad assicurare, nell’arco temporale settimanale o plurisettimanale, un’equilibrata alternanza nello svolgimento dell‘attività in modalità agile e di quella in presenza, tenendo comunque conto delle prescrizioni sanitarie vigenti per il distanziamento interpersonale e adeguando la presenza dei lavoratori negli ambienti di lavoro a quanto stabilito nei protocolli di sicurezza e nei documenti di valutazione dei rischi; e. tiene conto, nella rotazione di cui alla lettera d), ove i profili organizzativi lo consentano, delle eventuali disponibilità manifestate dai dipendenti per l’accesso alla modalità di lavoro agile, secondo criteri di priorità che considerino le condizioni di salute del dipendente e dei componenti del nucleo familiare di questi, della presenza nel medesimo nucleo di figli minori di quattordici anni, della distanza tra la zona di residenza o di domicilio e la sede di lavoro, nonché del numero e della tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati e dei relativi tempi di percorrenza. 2. Al fine di agevolare lo svolgimento delle attività in modalità agile, le amministrazioni si adoperano per mettere a disposizione i dispositivi informatici e digitali ritenuti necessari, utilizzando le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e promuovono l’accesso multicanale dell’utenza. È in ogni caso consentito, ai sensi dell’articolo 87, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, l’utilizzo di dispositivi in possesso del lavoratore, qualora l’amministrazione non sia tempestivamente in grado di fornirne di propri. 3. Le pubbliche amministrazioni, tenuto conto dell’evolversi della situazione epidemiologica, assicurano in ogni caso le percentuali più elevate possibili di lavoro agile, compatibili con le potenzialità organizzative e con la qualità e l’effettività del servizio erogato. 4. Le pubbliche amministrazioni organizzano e svolgono le riunioni in modalità a distanza, salvo la sussistenza di motivate ragioni.[/panel]
[...]
Modifiche al Decreto Rilancio, convertito con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 sul Diritto al lavoro a seguito della pubblicazione del Decreto-Legge 30 aprile 2021 n. 56 (DL Proroghe).
Modifica all’articolo 263 disciplina del lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche
[box-note]1. Al fine di assicurare la continuità dell’azione amministrativa e la celere conclusione dei procedimenti, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, adeguano l’operatività di tutti gli uffici pubblici alle esigenze dei cittadini e delle imprese connesse al graduale riavvio delle attività produttive e commerciali. A tal fine, le amministrazioni di cui al primo periodo, fino alla definizione della disciplina del lavoro agile da parte dei contratti collettivi, ove previsti, e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, in deroga alle misure di cui all’articolo 87, comma 3, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, organizzano il lavoro dei propri dipendenti e l’erogazione dei servizi attraverso la flessibilità dell’orario di lavoro, rivedendone l’articolazione giornaliera e settimanale, introducendo modalità di interlocuzione programmata, anche attraverso soluzioni digitali e non in presenza con l’utenza, applicando il lavoro agile, con le misure semplificate di cui al comma 1, lettera b) , del medesimo articolo 87, e comunque a condizione che l’erogazione dei servizi rivolti a cittadini ed imprese avvenga con regolarità, continuità ed efficienza, nonché nel rigoroso rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente. Le disposizioni del presente comma si applicano al personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico fino al termine dello stato di emergenza connessa al COVID -19.
2. Le amministrazioni di cui al comma 1 si adeguano alle vigenti prescrizioni in materia di tutela della salute e di contenimento del fenomeno epidemiologico da COVID-19 adottate dalle competenti autorità.
3. Ai fini di cui al comma 1, le amministrazioni assicurano adeguate forme di aggiornamento professionale alla dirigenza. L’attuazione delle misure di cui al presente articolo è valutata ai fini della performance.
4. La presenza dei lavoratori negli uffici all’estero di pubbliche amministrazioni, comunque denominati, è consentita nei limiti previsti dalle disposizioni emanate dalle autorità sanitarie locali per il contenimento della diffusione del Covid-19, fermo restando l’obbligo di mantenere il distanziamento sociale e l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuali.
4 -bis. All’articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole da: «e, anche al fine» fino a: «forme associative» sono sostituite dalle seguenti:«. Entro il 31 gennaio di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche redigono, sentite le organizzazioni sindacali, il Piano organizzativo del lavoro agile e del lavoro agile (POLA), quale sezione del documento di cui all’articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Il POLA individua le modalità attuative del lavoro agile prevedendo, per le attività che possono essere svolte in modalità agile, che almeno il 15 per cento dei dipendenti possa avvalersene, garantendo che gli stessi non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera, e definisce, altresì, le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative. In caso di mancata adozione del POLA, il lavoro agile si applica almeno al 15 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano. Il raggiungimento delle predette percentuali è realizzato nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Le economie derivanti dall’applicazione del POLA restano acquisite al bilancio di ciascuna amministrazione pubblica»;
b) il comma 3 è sostituito dai seguenti:
«3. Con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, possono essere definiti, anche tenendo conto degli esiti del monitoraggio del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri nei confronti delle pubbliche amministrazioni, ulteriori e specifici indirizzi per l’attuazione dei commi 1 e 2 del presente articolo e della legge 22 maggio 2017, n. 81, per quanto applicabile alle pubbliche amministrazioni, nonché regole inerenti all’organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere il lavoro agile e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti. 3 -bis. Presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito l’Osservatorio nazionale del lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche. Con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definiti la composizione, le competenze e il funzionamento dell’Osservatorio. All’istituzione e al funzionamento dell’Osservatorio si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La partecipazione all’Osservatorio non comporta la corresponsione di emolumenti, compensi, indennità o rimborsi di spese comunque denominati».
4 -ter. Al comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 6, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il Dipartimento della funzione pubblica è socio fondatore dell’associazione, con una quota associativa non inferiore al 76 per cento; il diritto di voto di ciascun associato è commisurato all’entità della quota versata.[/box-note]
Novità sulla Legge di conversione del Decreto Rilancio sul Diritto al lavoro agile
Con la modifica dell' Art. 90, apportata dalla Legge 17 luglio 2020 n. 77 (Legge rilancio) - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Decreto rilancio), recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonche' di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19. (GU n.180 del 18-07-2020 - S.O. n. 25), novità sul diritto al lavoro agile.
1. Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID–19, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali, fermo restando il rispetto degli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, e a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, il medesimo diritto allo svolgimento delle prestazioni di lavoro in modalità agile è riconosciuto, sulla base delle valutazioni dei medici competenti, anche ai lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio da virus SARS-CoV-2, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da comorbilità che possono caratterizzare una situazione di maggiore rischiosità accertata dal medico competente, nell’ambito della sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 83 del presente decreto, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa. (1) (8)
2. La prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dal datore di lavoro.
3. Per l’intero periodo di cui al comma 1, i datori di lavoro del settore privato comunicano al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in via telematica, i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile, ricorrendo alla documentazione resa disponibile nel sito internet del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7)
4. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 87 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per i datori di lavoro pubblici, limitatamente al periodo di tempo di cui al comma 1 e comunque non oltre il 31 dicembre 2020, la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, può essere applicata dai datori di lavoro privati a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti; gli obblighi di informativa di cui all’articolo 22 della medesima legge n. 81 del 2017, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile nel sito internet dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (INAIL). (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7)
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Aggiornamenti
(1) Il D.L. 30 luglio 2020, n. 83 ha disposto (con l'art. 1, comma 3) che: - i termini previsti dai commi 1, secondo periodo, 3 e 4 del presente articolo sono prorogati al 15 ottobre 2020; - il termine previsto dal comma 1, primo periodo del presente articolo e' prorogato al 14 settembre 2020. (2) Il D.L. 30 luglio 2020, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 25 settembre 2020, n. 124, come modificato dal D.L. 7 ottobre 2020, n. 125, convertito con modificazioni dalla L. 27 novembre 2020, n. 159, ha conseguentemente disposto (con l'art. 1, comma 3) che i termini di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo sono prorogati fino al 31 gennaio 2021 e comunque fino al termine dello stato di emergenza. (3) Il D.L. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 2021, n. 21, ha disposto (con l'art. 19, comma 1) che i termini previsti dai commi 3 e 4 del presente articolo sono prorogati fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e comunque non oltre il 30 aprile 2021. (4) Il D.L. 22 aprile 2021, n. 52, convertito con modificazioni dalla L. 17 giugno 2021, n. 87, ha disposto (con l'art. 11, comma 1) che i termini previsti dai commi 3 e 4 del presente articolo sono prorogati fino al 31 dicembre 2021. (5) Il D.L. 24 dicembre 2021, n. 221convertito con modificazioni dalla Legge 18 febbraio 2022 n. 11, ha disposto (con l'art. 16, comma 1) che i termini previsti dai commi 3 e 4 del presente articolo sono prorogati al 31 marzo 2022. (6) Il Decreto-Legge 24 marzo 2022 n. 24 ha disposto (con l’Allegato B) che i termini previsti dai commi 3 e 4 del presente articolo sono prorogati al 30 giugno 2022. (7) La Legge 19 maggio 2022 n. 52 / conversione Decreto-Legge 24 marzo 2022 n. 24ha disposto (con l’Allegato B) che i termini previsti dai commi 3 e 4 del presente articolo sono prorogati al 31 agosto 2022. (8) Fino al 31 luglio 2022, sono prorogate le misure di cui all’art. 90, commi 1 e 2, D.L. n. 34/2020, convertito con modificazioni in L. n. 77/2020. Pertanto, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di 14 anni, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali e a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. Il medesimo diritto allo svolgimento delle prestazioni di lavoro in smart working è riconosciuto, sulla base delle valutazioni dei medici competenti, anche ai lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da comorbilità che possono caratterizzare una situazione di maggiore rischiosità accertata dal medico competente, nell’ambito della sorveglianza sanitaria, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa (art. 10, comma 2, Allegato B, D.L. n. 24/2022).
...
Art. 263. Disposizioni in materia di flessibilità del lavoro pubblico e di lavoro agile (in rosso le modifiche apportata dallaDecreto-Legge 30 aprile 2021 n. 56)
1. Al fine di assicurare la continuità dell’azione amministrativa e la celere conclusione dei procedimenti, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, adeguano l’operatività di tutti gli uffici pubblici alle esigenze dei cittadini e delle imprese connesse al graduale riavvio delle attività produttive e commerciali. A tal fine, le amministrazioni di cui al primo periodo, fino alla definizione della disciplina del lavoro agile da parte dei contratti collettivi, ove previsti, e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, in deroga alle misure di cui all’articolo 87, comma 3, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, organizzano il lavoro dei propri dipendenti e l’erogazione dei servizi attraverso la flessibilità dell’orario di lavoro, rivedendone l’articolazione giornaliera e settimanale, introducendo modalità di interlocuzione programmata, anche attraverso soluzioni digitali e non in presenza con l’utenza, applicando il lavoro agile, con le misure semplificate di cui al comma 1, lettera b) , del medesimo articolo 87, e comunque a condizione che l’erogazione dei servizi rivolti a cittadini ed imprese avvenga con regolarità, continuità ed efficienza, nonché nel rigoroso rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente. Le disposizioni del presente comma si applicano al personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico fino al termine dello stato di emergenza connessa al COVID -19.
2. Le amministrazioni di cui al comma 1 si adeguano alle vigenti prescrizioni in materia di tutela della salute e di contenimento del fenomeno epidemiologico da COVID-19 adottate dalle competenti autorità.
3. Ai fini di cui al comma 1, le amministrazioni assicurano adeguate forme di aggiornamento professionale alla dirigenza. L’attuazione delle misure di cui al presente articolo è valutata ai fini della performance.
4. La presenza dei lavoratori negli uffici all’estero di pubbliche amministrazioni, comunque denominati, è consentita nei limiti previsti dalle disposizioni emanate dalle autorità sanitarie locali per il contenimento della diffusione del Covid-19, fermo restando l’obbligo di mantenere il distanziamento sociale e l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuali.
4 -bis. All’articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole da: «e, anche al fine» fino a: «forme associative» sono sostituite dalle seguenti:«. Entro il 31 gennaio di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche redigono, sentite le organizzazioni sindacali, il Piano organizzativo del lavoro agile e del lavoro agile (POLA), quale sezione del documento di cui all’articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Il POLA individua le modalità attuative del lavoro agile prevedendo, per le attività che possono essere svolte in modalità agile, che almeno il 15 per cento dei dipendenti possa avvalersene, garantendo che gli stessi non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera, e definisce, altresì, le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative. In caso di mancata adozione del POLA, il lavoro agile si applica almeno al 15 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano. Il raggiungimento delle predette percentuali è realizzato nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Le economie derivanti dall’applicazione del POLA restano acquisite al bilancio di ciascuna amministrazione pubblica»;
b) il comma 3 è sostituito dai seguenti:
«3. Con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, possono essere definiti, anche tenendo conto degli esiti del monitoraggio del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri nei confronti delle pubbliche amministrazioni, ulteriori e specifici indirizzi per l’attuazione dei commi 1 e 2 del presente articolo e della legge 22 maggio 2017, n. 81, per quanto applicabile alle pubbliche amministrazioni, nonché regole inerenti all’organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere il lavoro agile e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti. 3 -bis. Presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito l’Osservatorio nazionale del lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche. Con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definiti la composizione, le competenze e il funzionamento dell’Osservatorio. All’istituzione e al funzionamento dell’Osservatorio si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La partecipazione all’Osservatorio non comporta la corresponsione di emolumenti, compensi, indennità o rimborsi di spese comunque denominati».
4 -ter. Al comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 6, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il Dipartimento della funzione pubblica è socio fondatore dell’associazione, con una quota associativa non inferiore al 76 per cento; il diritto di voto di ciascun associato è commisurato all’entità della quota versata.[/box-note]
Fig. 1- Adozione o meno del POLA da parte delle PA
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 41 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, per garantire lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive e commerciali in relazione al rischio di contagio da virus SARS-CoV-2, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza per rischio sanitario sul territorio nazionale, i datori di lavoro pubblici e privati assicurano la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia COVID-19, o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità. Le amministrazioni pubbliche provvedono alle attività previste al presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.
2. Per i datori di lavoro che, ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, non sono tenuti alla nomina del medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal medesimo decreto, ferma restando la possibilità di nominarne uno per il periodo emergenziale, la sorveglianza sanitaria eccezionale di cui al comma 1 del presente articolo può essere richiesta ai servizi territoriali dell’INAIL che vi provvedono con propri medici del lavoro, su richiesta del datore di lavoro, avvalendosi anche del contingente di personale di cui all’articolo 10 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro della Salute, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è definita la relativa tariffa per l’effettuazione di tali prestazioni. Per i medici di cui al presente comma non si applicano gli articoli 25, 39, 40 e 41 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
3. L’inidoneità alla mansione accertata ai sensi del presente articolo non può in ogni caso giustificare il recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro.
4. Per le finalità di cui al presente articolo atte a sostenere le imprese nella ripresa e nella prosecuzione delle attività produttive in condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro e delle modalità lavorative l’INAIL è autorizzato, previa convenzione con ANPAL, all’assunzione con contratti di lavoro a tempo determinato, della durata massima di quindici mesi, di figure sanitarie, tecnico-specialistiche e di supporto di età non superiore a 29 anni, nel limite di spesa pari a euro 20.895.000 per l’anno 2020 e ad euro 83.579.000 per l’anno 2021. Ai relativi oneri si provvede, a valere sulle risorse di cui al Programma Operativo Nazionale Iniziativa Occupazione Giovani.[/box-note]
Status normativo
La Legge 22 maggio 2017 n. 81 definisce per la prima volta un quadro normativo per il lavoro agile (smart working).
1. Le disposizioni del presente capo, allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
2. Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
3. Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, anche nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, secondo le direttive emanate anche ai sensi dell’articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e fatta salva l’applicazione delle diverse disposizioni specificamente adottate per tali rapporti.
3-bis. I datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l'esecuzione della prestazione di lavoro in modalita' agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorita' alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalita' agile formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternita' previsto dall'articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, ovvero dai lavoratori con figli in condizioni di disabilita' ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
4. Gli incentivi di carattere fiscale e contributivo eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro subordinato sono applicabili anche quando l’attività lavorativa sia prestata in modalità di lavoro agile.
5. Agli adempimenti di cui al presente articolo si provvede senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.[/box-note]
Per l’adozione dello smart working è necessario un accordo scritto tra datore di lavoro e dipendente, il quale dovrà essere inviato telematicamente a partire dal 15 novembre 2017.
La Legge 22 maggio 2017 n. 81 conferma quindi l’elemento della volontarietà tra le parti e stabilisce i suoi contenuti minimi:
Durata. L’accordo può essere a tempo indeterminato o determinato. Preavviso. Il recesso è possibile con un preavviso di almeno 30 giorni (90 per i lavoratori disabili) per gli accordi a tempo indeterminato o in presenza di un giustificato motivo. Come e quando. L’accordo deve contenere la disciplina dell’esecuzione della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali, con particolare riguardo agli strumenti tecnologici utilizzati e al rispetto del diritto alla disconnessione per il lavoratore. Potere di controllo e disciplinare. Nell’accordo devono essere illustrate le modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, tenendo conto dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori.
Un elemento essenziale della norma è la parità di trattamento degli smart workers rispetto ai loro colleghi. Il trattamento normativo e retributivo deve essere il medesimo, come l’adozione delle adeguate norme di sicurezza. In particolare, per quanto riguardo l’orario di lavoro, di fianco al riconoscimento del diritto alla disconnessione, la norma riconosce come inviolabili i limiti di orario previsti dalla normativa vigente e dalla contrattazione collettiva.
I lavoratori “agili” hanno, inoltre, diritto alla tutela prevista in caso di infortuni e malattie professionali anche per quelle prestazioni rese all’esterno dei locali aziendali e nel tragitto tra l’abitazione ed il luogo prescelto per svolgere la propria attività. Su questi aspetti, l'INAIL ha fornito le prime istruzioni operative nella circolare n.48/2017.
Dopo la Legge 30 dicembre 2018 n. 145 (Legge di Bilancio 2019), modifica aggiunge l'Art. 3-bis all'Art. 18 della Legge 22 maggio 2017 n. 81, viene così riconosciuta una priorità alle richieste di lavoro agile formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità e dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità.
[box-note]Legge 22 maggio 2017 n. 81 ... Art. 18 Lavoro agile ... 3-bis. I datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l'esecuzione della prestazione di lavoro in modalita' agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorita' alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalita' agile formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternita' previsto dall'articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, ovvero dai lavoratori con figli in condizioni di disabilita' ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.[/box-note]
Nell'ambito delle misure adottate dal Governo per il contenimento e la gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 (coronavirus), il Presidente del Consiglio dei ministri ha emanato il DPCM 1° marzo 2020 che interviene sulle modalità di accesso allo smart working, confermate anche dalle successive disposizioni emanate per far fronte all'emergenza.
Anche con il DPCM del 26 aprile 2020 è stato raccomandato il massimo utilizzo della modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza.
Ai sensi del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27, sino alla fine dello stato di emergenza, i lavoratori dipendenti disabili o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità, hanno diritto di svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile, a condizione essa sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. Inoltre, ai lavoratori del settore privato con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell'accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile.
Ai sensi del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato, con almeno un figlio a carico minore di 14 anni, avranno diritto al lavoro agile a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione e che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, nei casi di sospensione o cessazione dell'attività lavorativa, o che non vi sia un genitore non lavoratore.
La Legge 17 luglio 2020 n. 77 (Legge rilancio) - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, ha introdotto il diritto al lavoro agile per i lavoratori sulla base delle valutazioni dei medici competenti, anche ai lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio da virus SARS-CoV-2, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da comorbilità che possono caratterizzare una situazione di maggiore rischiosità accertata dal medico competente, nell’ambito della sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 83 del presente decreto, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa (lavoratori fragili).
Decreto Legge 22 aprile 2021, n. 52 (c.d. Decreto Riaperture) recante "Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19".
Il provvedimento estende fino al 31 luglio 2021 il termine per l'utilizzo della procedura semplificata di comunicazione dello smart working di cui all'art. 90, commi 3 e 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni in Legge 17 luglio 2020 n. 77
Decreto-Legge 24 marzo 2022 n. 24 Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza. (GU n.70 del 24.03.2022)
Quadro sinottico (PDF completo allegato) sui Requisiti del Coordinatore per la Sicurezza in relazione ai (1)titoli di studio richiesti (2)anni di attività lavorativa documentata nel settore delle costruzioni e (3)attestato di frequenza a specifico corso in materia di sicurezza, in riferimento a quanto prescritto dal all’Art. 98 delD.Lgs. 81/2008.
La Figura
La figura professionale del Coordinatore per la sicurezza riveste un’importanza cruciale nell’ambito dei cantieri edili (temporanei o mobili): è la figura incaricata dal Committente o dal Responsabile dei lavori (cioè dal soggetto per conto del quale l’opera viene realizzata o dalla persona da esso incaricata per lo svolgimento dei propri compiti) per garantire il coordinamento tra le imprese impegnate nei lavori, ai fini dell’abbattimento dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
La figura del Coordinatore per la Sicurezza assume oggi due funzioni, che possono eventualmente essere ricoperte anche da due professionisti diversi.
La prima funzione è il Coordinatore per la Sicurezza in fase di progettazione (CSP), che svolge i suoi compiti in fase di progettazione dell’opera dei lavori; la seconda è il Coordinatore per la Sicurezza in fase di esecuzione (CSE), che svolge i suoi compiti in fase di realizzazione dell’opera.
L’art. 90 del D.Lgs. 81/2008 impone al Committente (o al Responsabile dei lavori da lui delegato) di nominare i Coordinatori, dotati di adeguati requisiti professionali, qualora sia prevista la presenza in cantiere di più imprese esecutrici anche non contemporanea, o quando dopo aver affidato i lavori a una sola impresa esecutrice, per qualsivoglia ragione, ne entri nel medesimo cantiere un’altra.
Come previsto nel dettaglio dagli artt. 91 e 92 del D.Lgs. 81/2008, per quanto riguarda le differenze tra Coordinatore Sicurezza in fase di Progettazione (CSP) e Coordinatore Sicurezza in fase di Esecuzione (CSE):
- il CSP si occupa di redigere il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC), documento mediante il quale si progetta la sicurezza in cantiere; il Fascicolo dell'Opera adattato alle sue caratteristiche, contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori.
- il CSE si occupa invece di verificare l’attuazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) per tutta la durata dei lavori con opportune azioni di coordinamento e controllo; la corretta applicazione delle procedure di lavoro.
Iscrizione ad un Ordine o collegio Professionale
Il requisito dell’iscrizione ad un Ordine o collegio Professionale in merito alla possibilità di esercizio del ruolo di Coordinatore Sicurezza in cantiere è stato nel corso degli anni oggetto di numerosi equivoci.
L’obbligo non è mai stato presente all’interno delle normative di riferimento a partire dal D.Lgs. 494/96 che all’art. 10 “Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori” recitava:
“1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per l’esecuzione dei lavori devono essere in possesso dei seguenti requisiti:
a) diploma di laurea in ingegneria o architettura nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno;
b) diploma universitario in ingegneria o architettura nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;
c) diploma di geometra o perito industriale, nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno tre anni.”
Il passaggio veniva successivamente ampliato dall’art. 9 del D.Lgs. 528/99:
a) al comma 1, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
“a) diploma di laurea in ingegneria, architettura, geologia, scienze agrarie o scienze forestali, nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno;”
b) al comma 1, la lettera c) è sostituita dalla seguente:
“c) diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o agrotecnico nonché attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno tre anni.”
Il limite dell’iscrizione ad Ordini o Collegi Professionali era riferito all’epoca, come spartiacque per l’effettiva dimostrazione dell’attestazione da parte di datori di lavoro o committenti comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni; tale criterio è stato poi chiarito nel corso degli anni soprattutto per i Professionisti Diplomati che potevano considerare anche le esperienze svolte nel tirocinio come anni effettivi di espletamento dell’attività lavorativa.
La pubblicazione del Testo Unico D.Lgs. 81/2008 All’Art. 98 ha dettagliato altresì nello specifico quali tipologie di Lauree possono essere valide al fine del conseguimento dell’abilitazione quale Coordinatore per la Sicurezza in cantiere, ed altri requisiti, in sintesi sono previsti (dettaglio in seguito):
1.
Titolo di studio (tipologie di laurea e di diploma richiesti)
2.
Numero di anni di attività lavorativa documentata nel settore delle costruzioni
3.
Attestato di frequenza a specifico corso in materia di sicurezza
______
D.Lgs. 81/2008 ... Art. 98 Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione del coordinatore per l'esecuzione dei lavori
1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per l'esecuzione dei lavori devono essere in possesso di uno dei seguenti requisiti:
Attestazione (Vedi Interpello n.2/2013 in calce) (almeno 1 anno)
Attestato di frequenza (Vedi c.4)
LM-4
Classe delle lauree magistrali in ARCHITETTURA E INGEGNERIA EDILEARCHITETTURA
Attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno
SI
LM-20
Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA AEROSPAZIALE E ASTRONAUTICA
SI
LM-21
Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA BIOMEDICA
SI
LM-22
LM-22 Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA CHIMICA
SI
LM-23
LM-23 Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA CIVILE
SI
LM-24
LM-24 Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA DEI SISTEMI EDILIZI
SI
LM-25
LM-25 Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA DELL'AUTOMAZIONE
SI
LM-26
LM-26 Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA DELLA SICUREZZA
NO
LM-27
Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA DELLE TELECOMUNICAZIONI
SI
LM-28
Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA ELETTRICA
SI
LM-29
Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA ELETTRONICA
SI
LM-30
Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA ENERGETICA E NUCLEARE
SI
LM-31
Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA GESTIONALE
SI
LM-32
Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA INFORMATICA
SI
LM-33
Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA MECCANICA
SI
LM-34
Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA NAVALE
SI
LM-35
Classe delle lauree magistrali in INGEGNERIA PER L'AMBIENTE E IL TERRITORIO
SI
LM- 69
Classe delle lauree magistrali in SCIENZE E TECNOLOGIE AGRARIE
SI
LM-73
Classe delle lauree magistrali in SCIENZE E TECNOLOGIE FORESTALI ED AMBIENTALI
NO
LM-74
Classe delle lauree magistrali in SCIENZE E TECNOLOGIE GEOLOGICHE
Attestazione (Vedi Interpello n.2/2013 in calce) (almeno 1 anno)
Attestato di frequenza (Vedi c.4)
4/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN ARCHITETTURA E INGEGNERIA EDILE
Attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno
SI
25/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA AEROSPAZIALE E ASTRONAUTICA
SI
26/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA BIOMEDICA
SI
27/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA CHIMICA
SI
28/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA CIVILE
SI
29/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA DELL’AUTOMAZIONE
SI
30/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA DELLE TELECOMUNICAZIONI
SI
31/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA ELETTRICA
SI
32/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA ELETTRONICA
SI
33/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA ENERGETICA E NUCLEARE
SI
34/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA GESTIONALE
SI
35/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA INFORMATICA
SI
36/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA MECCANICA
SI
37/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA NAVALE
SI
38/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA PER L’AMBIENTE E IL TERRITORIO
SI
77/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN SCIENZE E TECNOLOGIE AGRARIE
SI
74/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN SCIENZE E GESTIONE DELLE RISORSE RURALI E FORESTALI
SI
86/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN SCIENZE PER LA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO
Laurea specialistica (LS) (Decreto 28 Novembre 2000)
Diploma di laurea (DL) (Decreto 5 maggio 2004)
Attestazione (Vedi Interpello n.2/2013 in calce) (almeno 1 anno)
Attestato di frequenza (Vedi c.4)
4/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN ARCHITETTURA E INGEGNERIA EDILE
Architettura Ingegneria Edile - Architettura
Attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno
SI
25/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA AEROSPAZIALE E ASTRONAUTICA
Ingegneria aerospaziale
SI
26/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA BIOMEDICA
Ingegneria biomedica
SI
27/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA CHIMICA
Ingegneria chimica
SI
28/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA CIVILE
Ingegneria civile
SI
29/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA DELL’AUTOMAZIONE
---
---
30/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA DELLE TELECOMUNICAZIONI
Ingegneria dei materiali
SI
31/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA ELETTRICA
Ingegneria elettrica
SI
32/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA ELETTRONICA
Ingegneria elettronica
SI
33/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA ENERGETICA E NUCLEARE
Ingegneria nucleare
SI
34/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA GESTIONALE
Ingegneria gestionale
SI
35/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA INFORMATICA
Ingegneria informatica
SI
36/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA MECCANICA
Ingegneria meccanica
SI
37/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA NAVALE
Ingegneria navale
SI
38/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN INGEGNERIA PER L’AMBIENTE E IL TERRITORIO
Ingegneria per l'ambiente e il territorio
SI
77/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN SCIENZE E TECNOLOGIE AGRARIE
Scienze agrarie Scienze agrarie tropicali e subtropicali
SI
74/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN SCIENZE E GESTIONE DELLE RISORSE RURALI E FORESTALI
Scienze forestali e Scienze forestali e ambientali
SI
86/S
CLASSE DELLE LAUREE SPECIALISTICHE IN SCIENZE PER LA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO
Attestazione (Vedi Interpello n.2/2013 in calce) (almeno 2 anni)
Attestato di frequenza (Vedi c.4)
L7
BIOTECNOLOGIE AGRARIE
Attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;
SI
L8
BIOTECNOLOGIE INDUSTRIALI
SI
L9
BIOTECNOLOGIE MEDICHE, VETERINARIE E FARMACEUTICHE
SI
L17
FISICA
SI
L23
INGEGNERIA CIVILE
SI
ovvero laurea conseguita nelle classi 8,9,10,4, di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica in data 4 agosto 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;
N° classe
Laurea
Attestazione (Vedi Interpello n.2/2013 in calce) (almeno 2 anni)
Attestato di frequenza (Vedi c.4)
4
CLASSE DELLE LAUREE IN SCIENZE DELL'ARCHITETTURA E DELL'INGEGNERIA EDILE
Attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;
SI
8
CLASSE DELLE LAUREE IN INGEGNERIA CIVILE E AMBIENTALE
SI
9
CLASSE DELLE LAUREE IN INGEGNERIA DELL'INFORMAZIONE
SI
10
CLASSE DELLE LAUREE IN INGEGNERIA INDUSTRIALE
SI
c) Diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o agrotecnico, nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno tre anni.
Diploma
Attestazione (Vedi Interpello n.2/2013 in calce) (almeno 3 anni)
Attestato di frequenza (Vedi c.4)
Diploma di geometra
attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno tre anni.
SI
Diploma di perito industriale
SI
Diploma di perito agrario o agrotecnico
SI
2. I soggetti di cui al comma 1, devono essere, altresì, in possesso di attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento finale, a specifico corso in materia di sicurezza organizzato dalle regioni, mediante le strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione e della formazione professionale, o, in via alternativa, dall'ISPESL, dall'INAIL, dall'Istituto italiano di medicina sociale, dagli ordini o collegi professionali, dalle università, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori o dagli organismi paritetici istituiti nel settore dell'edilizia. Fermo restando l'obbligo di aggiornamento di cui all'allegato XIV, sono fatti salvi gli attestati rilasciati nel rispetto della previgente normativa a conclusione di corsi avviati prima della data di entrata in vigore del presente decreto.
3. I contenuti, le modalità e la durata dei corsi di cui al comma 2 devono rispettare almeno le prescrizioni di cui all'allegato XIV. L'allegato XIV è aggiornato con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. I corsi di cui all'allegato XIV, solo per il modulo giuridico (28 ore), e i corsi di aggiornamento possono svolgersi in modalità e-learning nel rispetto di quanto previsto dall'allegato I dell'Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 21 dicembre 2011 emanato per la formazione dei lavoratori ai sensi dell'articolo 37, comma 2. (1)
4. L'attestato di cui al comma 2 non è richiesto per coloro che, non più in servizio, abbiano svolto attività tecnica in materia di sicurezza nelle costruzioni, per almeno cinque anni, in qualità di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio e per coloro che producano un certificato universitario attestante il superamento di un esame relativo ad uno specifico insegnamento del corso di laurea nel cui programma siano presenti i contenuti minimi di cui all'allegato XIV, o l'attestato di partecipazione ad un corso di perfezionamento universitario i cui programmi e le relative modalità di svolgimento siano conformi all'allegato XIV.
L'attestato di cui al comma 2 non è richiesto per coloro che sono in possesso della laurea magistrale LM-26.
5. Le spese connesse all'espletamento dei corsi di cui al comma 2 sono a totale carico dei partecipanti.
6. Le regioni determinano la misura degli oneri per il funzionamento dei corsi di cui al comma 2, da esse organizzati, da porsi a carico dei partecipanti.
(1) Periodo aggiunto dall'art. 20, comma 1 lett. o del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 151 - Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183
[box-note]D.Lgs. 81/2008 ... Art. 98 Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione del coordinatore per l'esecuzione dei lavori
1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per l'esecuzione dei lavori devono essere in possesso di uno dei seguenti requisiti:
a) laurea magistrale conseguita in una delle seguenti classi: LM-4, da LM-20 a LM-35, LM-69, LM-73, LM-74, di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 157 del 9 luglio 2007, ovvero laurea specialistica conseguita nelle seguenti classi: 4/S, da 25/S a 38/S, 77/S, 74/S, 86/S, di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica in data 28 novembre 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 2001, ovvero corrispondente diploma di laurea ai sensi del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca in data 5 maggio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 2004, nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno;
b) laurea conseguita nelle seguenti classi L7, L8, L9, L17, L23, di cui al predetto decreto ministeriale in data 16 marzo 2007, ovvero laurea conseguita nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica in data 4 agosto 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;
c) diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o agrotecnico, nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno tre anni.
2. I soggetti di cui al comma 1, devono essere, altresì, in possesso di attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento finale, a specifico corso in materia di sicurezza organizzato dalle regioni, mediante le strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione e della formazione professionale, o, in via alternativa, dall'ISPESL, dall'INAIL, dall'Istituto italiano di medicina sociale, dagli ordini o collegi professionali, dalle università, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori o dagli organismi paritetici istituiti nel settore dell'edilizia. Fermo restando l'obbligo di aggiornamento di cui all'allegato XIV, sono fatti salvi gli attestati rilasciati nel rispetto della previgente normativa a conclusione di corsi avviati prima della data di entrata in vigore del presente decreto.
3. I contenuti, le modalità e la durata dei corsi di cui al comma 2 devono rispettare almeno le prescrizioni di cui all'allegato XIV. L'allegato XIV è aggiornato con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. I corsi di cui all'allegato XIV, solo per il modulo giuridico (28 ore), e i corsi di aggiornamento possono svolgersi in modalità e-learning nel rispetto di quanto previsto dall'allegato I dell'Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 21 dicembre 2011 emanato per la formazione dei lavoratori ai sensi dell'articolo 37, comma 2. (1)
4. L'attestato di cui al comma 2 non è richiesto per coloro che, non più in servizio, abbiano svolto attività tecnica in materia di sicurezza nelle costruzioni, per almeno cinque anni, in qualità di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio e per coloro che producano un certificato universitario attestante il superamento di un esame relativo ad uno specifico insegnamento del corso di laurea nel cui programma siano presenti i contenuti minimi di cui all'allegato XIV, o l'attestato di partecipazione ad un corso di perfezionamento universitario i cui programmi e le relative modalità di svolgimento siano conformi all'allegato XIV.
L'attestato di cui al comma 2 non è richiesto per coloro che sono in possesso della laurea magistrale LM-26.
5. Le spese connesse all'espletamento dei corsi di cui al comma 2 sono a totale carico dei partecipanti.
6. Le regioni determinano la misura degli oneri per il funzionamento dei corsi di cui al comma 2, da esse organizzati, da porsi a carico dei partecipanti.
------- (1) Periodo aggiunto dall'art. 20, comma 1 lett. o del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 151 - Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 -----
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ALLEGATO XIV CONTENUTI MINIMI DEL CORSO DI FORMAZIONE PER I COORDINATORI PER LA PROGETTAZIONE E PER L'ESECUZIONE DEI LAVORI
PARTE TEORICA Modulo giuridico per complessive 28 ore - La legislazione di base in materia di sicurezza e di igiene sul lavoro; la normativa contrattuale inerente gli aspetti di sicurezza e salute sul lavoro; la normativa sull'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; - Le normative europee e la loro valenza; le norme di buona tecnica; le direttive di prodotto; - Il Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro con particolare riferimento al Titolo I. I soggetti del Sistema di Prevenzione Aziendale: i compiti, gli obblighi, le responsabilità civili e penali. Metodologie per l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi; - La legislazione specifica in materia di salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili e nei lavori in quota. Il titolo IV del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; - Le figure interessate alla realizzazione dell'opera: i compiti, gli obblighi, le responsabilità civili e penali; - La legge quadro in materia di lavori pubblici ed i principali decreti attuativi; - La disciplina sanzionatoria e le procedure ispettive. Modulo tecnico per complessive 52 ore - Rischi di caduta dall'alto. Ponteggi e opere provvisionali - L'organizzazione in sicurezza del Cantiere. Il cronoprogramma dei lavori - Gli obblighi documentali da parte dei committenti, imprese, coordinatori per la sicurezza - Le malattie professionali ed il primo soccorso - Il rischio elettrico e la protezione contro le scariche atmosferiche - Il rischio negli scavi, nelle demolizioni, nelle opere in sotterraneo ed in galleria - I rischi connessi all'uso di macchine e attrezzature di lavoro con particolare riferimento agli apparecchi di sollevamento e trasporto - I rischi chimici in cantiere - I rischi fisici: rumore, vibrazioni, microclima, illuminazione - I rischi connessi alle bonifiche da amianto - I rischi biologici - I rischi da movimentazione manuale dei carichi - I rischi di incendio e di esplosione - I rischi nei lavori di montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati - I dispositivi di protezione individuali e la segnaletica di sicurezza Modulo metodologico/organizzativo per complessive 16 ore - I contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento, del piano sostitutivo di sicurezza e del piano operativo di sicurezza. - I criteri metodologici per: a) l'elaborazione del piano di sicurezza e di coordinamento e l'integrazione con i piani operativi di sicurezza ed il fascicolo; b) l'elaborazione del piano operativo di sicurezza; c) l'elaborazione del fascicolo; d) l'elaborazione del P.I.M.U.S. (Piano di Montaggio, Uso, Smontaggio dei ponteggi;) e) la stima dei costi della sicurezza - Teorie e tecniche di comunicazione, orientate alla risoluzione di problemi e alla cooperazione; teorie di gestione dei gruppi e leadership - I rapporti con la committenza, i progettisti, la direzione dei lavori, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
PARTE PRATICA per complessive 24 ore - Esempi di Piano di Sicurezza e Coordinamento: presentazione dei progetti, discussione sull'analisi dei rischi legati all'area, all'organizzazione del cantiere, alle lavorazioni ed alle loro interferenze - Stesura di Piani di Sicurezza e Coordinamento, con particolare riferimento a rischi legati all'area, all'organizzazione del cantiere, alle lavorazioni ed alle loro interferenze. Lavori di gruppo - Esempi di Piani Operativi di Sicurezza e di Piani Sostitutivi di Sicurezza - Esempi e stesura di fascicolo basati sugli stessi casi dei Piano di Sicurezza e Coordinamento - Simulazione sul ruolo del Coordinatore per la Sicurezza in fase di esecuzione
VERIFICA FINALE DI APPRENDIMENTO La verifica finale di apprendimento dovrà essere effettuata da una commissione costituita da almeno 3 docenti del corso, tramite: - Simulazione al fine di valutare le competenze tecnico-professionali - Test finalizzati a verificare le competenze cognitive
MODALITÀ DI SVOLGIMENTO DEI CORSI La presenza ai corsi di formazione deve essere garantita almeno nella misura del 90%. Il numero massimo di partecipanti per ogni corso è fissato a 60 per la PARTE TEORICA e a 30 per la PARTE PRATICA . È inoltre previsto l'obbligo di aggiornamento a cadenza quinquennale della durata complessiva di 40 ore, da effettuare anche per mezzo di diversi moduli nell'arco del quinquennio. L'aggiornamento può essere svolto anche attraverso la partecipazione a convegni o seminari con un numero massimo di 100 partecipanti. Per coloro che hanno conseguito l'attestato prima dell'entrata in vigore del presente decreto, l'obbligo di aggiornamento decorre dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto.[/box-note]
[box-note]Interpello n. 2/2013 - Definizione di attività lavorativa nel settore delle costruzioni
2 maggio 2013
Consiglio Nazionale degli Ingegneri
Oggetto: art. 12, D.Lgs. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni – risposta al quesito relativo ai requisiti professionali del coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori - definizione di “attività lavorativa nel settore delle costruzioni”.
Premessa Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Commissione in merito alla “documentazione che il coordinatore per la progettazione o l’esecuzione dei lavori deve possedere per comprovare il periodo di attività lavorativa nel settore delle costruzioni, ai sensi dell’art. 98, comma 1, lett. a), b) e c) del D.Lgs. 81/2008”.
In particolare l’interpellante ha prodotto un elenco esemplificativo e non esaustivo della attività - svolte con riferimento a cantieri temporanei o mobili come definiti all'articolo 89, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 81/2008 - atte ad integrare il requisito in questione.
L'elenco è il seguente: 1. attività di direttore di cantiere; 2. attività di capo cantiere; 3. attività di capo squadra; 4. attività di direttore dei lavori; 5. attività di direttore operativo di cantiere; 6. attività di assistente ai soggetti di cui ai punti precedenti con mansioni che comportino precipuamente la frequentazione del cantiere; 7. attività di responsabile d’azienda per la sicurezza in lavorazioni di cantiere anche specifiche; 8. attività di responsabile dei lavori; 9. attività di datore di lavoro di impresa operante nel settore delle costruzioni; 10. attività di progettazione nel settore delle costruzioni, in aggiunta ad altre attività di cui ai punti precedenti;
Risposta
L’art. 98, comma 1, lett. a), b) e c), del D.Lgs. 81/2008 definisce i requisiti professionali del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori. In particolare questi soggetti devono essere in possesso di una laurea magistrale o specialistica o di una laurea, conseguite in una delle classi indicate nel citato articolo 98, oppure di un diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o agrotecnico nonché documentare l’espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni.
Ai fini della individuazione delle attività lavorative, nel settore delle costruzioni, atte a soddisfare il requisito previsto dall'articolo 98, comma 1, si ritiene che tutte le attività indicate nell'elenco presentato dall'interpellante, pur non esaustivo, siano coerenti con le finalità normative.
Le attività svolte devono fare riferimento ai cantieri temporanei e mobili, così come definiti dell’art. 89, comma. 1, lett. a), del D.Lgs. 81/2008. [/box-note]
Sorveglianza radiometrica: fine regime transitorio e nuovo Alleg. XIX Dlgs 101/2020
ID 15931 | Rev. 1.0 del 15.05.2022 / Documento completo allegato
Il Decreto-Legge 1° marzo 2022 n. 17 / convertito Legge 27 aprile 2022 n. 34, recante misure urgenti per il contenimento dei costi dell'energia elettrica e del gas naturale, per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per il rilancio delle politiche industriali, pubblicato nella GU n. 50 del 01.03.2022, con entrata in vigore il 02 marzo 2022, apporta importanti modifiche in materia di sorveglianza radiometrica. Difatti, con l'art. 40 Sorveglianza radiometrica, dispone modifiche dell'art. 72 Dlgs 101/2020 "Sorveglianza radiometrica su materiali, o prodotti semilavorati metallici o prodotti in metallo", stabilendo la fine del regime transitorio (Art. 72 c.4 e sostituendo l'allegato XIX del D.lgs 101/2020.
Il nuovo comma 3-bis dell’Art. 72 introdotto dal Decreto-Legge 1° marzo 2022 n. 17 / convertitoLegge 27 aprile 2022 n. 34stabilisce che le disposizioni del nuovo Allegato XIX si applicano decorsi 120 giorni dalla suddetta data di entrata in vigore(30 Giugno 2022).
Ai sensi del nuovo Articolo 72 comma 3-bis le disposizioni del nuovo Allegato XIX si applicano decorsi 120 giorni dalla suddetta data di entrata in vigore (30 Giugno 2022) con eccezione dell’articolo 10 dell’ Allegato XIX (Mutuo riconoscimento delle attestazioni dei controlli radiometrici sui rottami metallici o sugli altri materiali metallici di risulta e sui prodotti semilavorati in metallo e i prodotti finiti in metallo provenienti da Paesi terzi) - vedi.[/box-warning]
Timeline normativa
Update 15.05.2022 Legge 27 aprile 2022 n. 34 conversione in legge, con modificazioni, del Decreto-Legge 1° marzo 2022 n. 17, recante misure urgenti per il contenimento dei costi dell'energia elettrica e del gas naturale, per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per il rilancio delle politiche industriali. (GU n.98 del 28.04.2022)
Update 02.03.2022 Il Decreto-Legge 1° marzo 2022 n. 17, recante misure urgenti per il contenimento dei costi dell'energia elettrica e del gas naturale, per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per il rilancio delle politiche industriali, pubblicato nella GU n. 50 del 01.03.2022, con entrata in vigore il 02 marzo 2022, apporta importanti modifiche in materia di sorveglianza radiometrica. Difatti, con l'art. 40 Sorveglianza radiometrica, dispone modifiche dell'art. 72 Dlgs 101/2020 "Sorveglianza radiometrica su materiali, o prodotti semilavorati metallici o prodotti in metallo", stabilendo la decadenza del regime transitorio e sostituendo l'allegato XIX del D.lgs 101/2020.
Il Decreto-Legge 1° marzo 2022 n. 17 sostituendo i comma 3 e 4 del D.lgs 101/2020, definisce il superamento della disciplina transitoria sui controlli radiometrici, la quale risultava essere articolata in due fasi: “Nelle more dell’approvazione del decreto di cui al comma 3 e non oltre la scadenza del centoventesimo giorno successivo all’entrata in vigore del presente decreto, continua ad applicarsi l’articolo 2 del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 100. Decorso tale termine e fino all’adozione del decreto di cui al comma 3, si applicano le disposizioni dell’Allegato XIX. […]”. Tale regime transitorio sui controlli radiometrici è stato prorogato al 31 marzo 2022.
Il novello comma 3 stabilisce che la sorveglianza radiometrica venga effettuata secondo quanto prescritto dall’allegato XIX D.lgs 101/2020, contenente condizioni e modalità di applicazione della sorveglianza radiometrica ai sensi dell’articolo 72, comma 3.
L'allegato XIX D.lgs 101/2020 disciplina la sorveglianza radiometrica su rottami o altri materiali metallici di risulta e su prodotti semilavorati metallici o prodotti finiti in metallo al fine di rilevare la presenza di livelli di radioattività al di sopra del fondo ambientale, associabili all’eventuale presenza di radionuclidi o di eventuali sorgenti orfane o dismesse, a tutela dell’ambiente e della salute dei lavoratori e della popolazione da eventi che possono comportare esposizioni a radiazioni ionizzanti.
L'allegato stabilisce:
- le modalità esecutive della sorveglianza radiometrica e i contenuti della relativa attestazione, ivi incluse le condizioni per l’applicazione della sorveglianza radiometrica ai prodotti finiti in metallo; - con riferimento ai soggetti di cui all’articolo 3, comma 2, l'elenco dei prodotti semilavorati metallici e, nei casi previsti, dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza radiometrica, nonché l’elenco dei grandi centri di importazione di metallo e dei nodi di transito; - contenuti della formazione da impartire al personale; - le condizioni di riconoscimento delle attestazioni dei controlli radiometrici rilasciati dai paesi terzi per i quali esistono equivalenti livelli di protezione, ai fini dell’espletamento delle formalità doganali.
Le disposizioni dell’allegato XIX, si applicano, nel rispetto della disciplina europea, decorsi centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ad eccezione dell’articolo 10 del medesimo allegato che, nelle more, trova applicazione congiuntamente all’articolo 2 del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 100, i cui rinvii alle disposizioni del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, s’intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del D.lgs 101/2020. ...
a) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. I soggetti che a scopo industriale o commerciale esercitano attività di importazione, raccolta, deposito o che esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di risulta, hanno l’obbligo di effettuare, secondo quanto previsto dal comma 3, la sorveglianza radiometrica sui predetti materiali, al fine di rilevare la presenza di livelli anomali di radioattività o di eventuali li sorgenti dismesse, per garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione da eventi che possono comportare esposizioni alle radiazioni ionizzanti e per evitare la contaminazione dell’ambiente. Lo stesso obbligo si applica, secondo quanto previsto dal comma 3, ai soggetti che, in grandi centri di importazione di metallo o presso i principali nodi di transito, a scopo industriale o commerciale attivitàdi importazione di prodotti semilavorati metallici o di prodotti finiti in metallo. La disposizione non si applica ai soggetti che svolgono attività che comportano esclusivamente il trasporto e non effettuano operazioni doganali.»;
b) il comma 3 è sostituito dai seguenti: «3. La sorveglianza radiometrica di cui al presente articolo è effettuata secondo quanto prescritto dall’allegato XIX al presente decreto, che disciplina: a) le modalità esecutive della sorveglianza radiometrica, individuate secondo norme di buona tecnica e i contenuti della relativa attestazione; b) con riferimento ai soggetti di cui al comma 1, secondo periodo, l’elenco dei prodotti semilavorati metallici e dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza e le relative modalità, ivi incluse le condizioni per l’applicazione della sorveglianza radiometrica ai prodotti finiti in metallo, nonché l’elenco dei grandi centri di importazione di metallo e dei nodi di transito; per l’aggiornamento degli elenchi di cui alla presente lettera si procede ai sensi del comma 4; c) i contenuti della formazione da impartire al personale dipendente per il riconoscimento delle più comuni tipologie di sorgenti radioattive ed al personale addetto alla sorveglianza radiometrica, per l’ottimale svolgimento delle specifiche mansioni; d) le condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici rilasciati dai Paesi terzi per i quali esistono equivalenti livelli di protezione, ai fini dell’espletamento delle formalità doganali.
3-bis. Le disposizioni dell’allegato XIX, si applicano, nel rispetto della disciplina europea, decorsi centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione (entrata in vigore 02 Marzo 2022 / decorrenza 30 giugno 2022 / ndr), ad eccezione dell’articolo 10 del medesimo allegato che, nelle more, trova applicazione congiuntamente all’articolo 2 del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 100, i cui rinvii alle disposizioni del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, s’intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto.»;
c) il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. Nel rispetto della disciplina europea, con decreto dei Ministeri della transizione ecologica e dello sviluppo economico, di concerto con i Ministeri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della salute, del lavoro e delle politiche sociali, sentita l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e l’ISIN, possono essere apportate modifiche all’allegato XIX con riferimento alle modalità esecutive della sorveglianza radiometrica, in ragione delle mutate condizioni di rischio e diffusione o dell’opportunità di adottare, per le medesime ragioni, forme semplificate delle procedure di controllo, ai contenuti della formazione per la sorveglianza, nonché alle condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici rilasciate da Paesi terzi ai fini dell’espletamento delle formalità doganali. Le relative modifiche entrano in vigore nel termine ivi previsto. L’aggiornamento dell’elenco dei prodotti semilavorati in metallo e dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza radiometrica può essere effettuato, anche sulla base delle variazioni della nomenclatura combinata, come stabilite dai regolamenti dell’Unione europea per i medesimi prodotti, con decreto dei Ministeri della transizione ecologica e dello sviluppo economico adottato su proposta dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. L’elenco dei grandi centri di importazione di metallo e dei principali nodi di transito è definito sulla base dei dati statistici disponibili per l’ultimo triennio per le operazioni di importazione dei prodotti semilavorati in metallo e dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza radiometrica e viene aggiornato, con scadenza biennale, con determinazione del Direttore generale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, salva la possibilità di modifica prima di tale scadenza, su impulso delle Autorità competenti o della stessa Agenzia delle dogane e dei monopoli.».
Sorveglianza radiometrica su materiali, o prodotti semilavorati metallici o prodotti in metallo fino all'01.03.2022 (ante Decreto-Legge 1° marzo 2022 n. 17)
Sorveglianza radiometrica su materiali, o prodotti semilavorati metallici o prodotti in metallo dal 28.04.2022 (post Legge 27 aprile 2022 n. 34)
1
I soggetti che a scopo industriale o commerciale esercitano attivita' di importazione, raccolta, deposito o che esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di risulta, hanno l'obbligo di effettuare la sorveglianza radiometrica sui predetti materiali, al fine di rilevare la presenza di livelli anomali di radioattivita' o di eventuali sorgenti dismesse, per garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione da eventi che possono comportare esposizioni alle radiazioni ionizzanti ed evitare la contaminazione dell'ambiente. Lo stesso obbligo si applica ai soggetti che, in grandi centri di importazione di metallo o presso i principali nodi di transito, esercitano attivita' a scopo industriale o commerciale di importazione di prodotti semilavorati metallici o prodotti in metallo e viene disposto su specifica richiesta delle Autorita' competenti. La disposizione non si applica ai soggetti che svolgono attivita' che comportano esclusivamente il trasporto e non effettuano operazioni doganali.
I soggetti che a scopo industriale o commerciale esercitano attività di importazione, raccolta, deposito o che esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di risulta, hanno l’obbligo di effettuare, secondo quanto previsto dal comma 3, la sorveglianza radiometrica sui predetti materiali, al fine di rilevare la presenza di livelli anomali di radioattività o di eventuali sorgenti dismesse, per garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione da eventi che possono comportare esposizioni alle radiazioni ionizzanti ed evitare la contaminazione dell’ambiente. Lo stesso obbligo si applica, secondo quanto previsto dal comma 3, ai soggetti che, in grandi centri di importazione di metallo o presso i principali nodi di transito, esercitano attività a scopo industriale o commerciale di importazione di prodotti semilavorati metallici o di prodotti finiti in metallo. La disposizione non si applica ai soggetti che svolgono attività che comportano esclusivamente il trasporto e non effettuano operazioni doganali
I soggetti che a scopo industriale o commerciale esercitano attività di importazione, raccolta, deposito o che esercitano operazioni di fusione di rottami o altri materiali metallici di risulta hanno l’obbligo di effettuare, secondo quanto previsto dal comma 3, la sorveglianza radiometrica sui predetti materiali, al fine di rilevare la presenza di livelli anomali di radioattività o di eventuali sorgenti dismesse, per garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione da eventi che possono comportare esposizioni alle radiazioni ionizzanti e per evitare la contaminazione dell’ambiente. Lo stesso obbligo si applica, secondo quanto previsto dal comma 3, ai soggetti che, in grandi centri di importazione di metallo o presso i principali nodi di transito, esercitano a scopo industriale o commerciale attività di importazione di prodotti semilavorati metallici o di prodotti finiti in metallo. La disposizione non si applica ai soggetti che svolgono attività che comportano esclusivamente il trasporto e non effettuano operazioni doganali
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L'attestazione dell'avvenuta sorveglianza radiometrica e' rilasciata da esperti di radioprotezione di secondo o terzo grado, compresi negli elenchi istituiti ai sensi dell'articolo 129, i quali nell'attestazione riportano anche l'ultima verifica di buon funzionamento dello strumento di misurazione utilizzato e deve essere allegata alla dichiarazione doganale di importazione. Mediante intese tecniche con le competenti autorita' di Stati terzi, stipulate dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentiti l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e l'ISIN, possono essere mutuamente riconosciuti, ai fini dell'importazione dei materiali e prodotti di cui al comma 1, i controlli radiometrici effettuati da Stati terzi che assicurano livelli di sicurezza equivalenti a quelli previsti dalla direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio, del 5 dicembre 2013.
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Con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del lavoro e delle politiche sociali, sentita l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e l'ISIN, da emanarsi entro 120 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, previa notifica alla Commissione europea ai sensi della direttiva 2015/1535/CE, sono determinate:
a) le modalita' esecutive della sorveglianza radiometrica, individuate secondo norme di buona tecnica e i contenuti della relativa attestazione;
b) l'elenco dei prodotti semilavorati metallici e dei prodotti in metallo oggetto della sorveglianza, individuati con riferimento ai prodotti e semilavorati completamente in metallo ed in ragione della loro rischiosita' e diffusione, nonche' prevedendo forme semplificate delle procedure di controllo per i semilavorati e prodotti costruiti in serie o comunque standardizzati. L'aggiornamento dell'elenco potra' essere effettuato, sulla base delle variazioni della nomenclatura combinata, come stabilite dai regolamenti dell'Unione europea per i medesimi prodotti, con decreto del Ministero dello sviluppo economico adottato su proposta dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.
c) i contenuti della formazione da impartire al personale dipendente per il riconoscimento delle piu' comuni tipologie di sorgenti radioattive ed al personale addetto alla sorveglianza radiometrica, per l'ottimale svolgimento delle specifiche mansioni;
d) le condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici rilasciati dai paesi terzi per i quali esistono equivalenti livelli di protezione, ai fini dell'espletamento delle formalita' doganali.
La sorveglianza radiometrica di cui al presente articolo è effettuata secondo quanto prescritto dall’allegato XIX al presente decreto, che disciplina:
a) le modalità esecutive della sorveglianza radiometrica, individuate secondo norme di buona tecnica e i contenuti della relativa attestazione;
b) con riferimento ai soggetti di cui al comma 1, secondo periodo, l’elenco dei prodotti semilavorati metallici e dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza e le relative modalità, ivi incluse le condizioni per l’applicazione della sorveglianza radiometrica ai prodotti finiti in metallo, nonché l’elenco dei grandi centri di importazione di metallo e dei nodi di transito; per l’aggiornamento degli elenchi di cui alla presente lettera si procede ai sensi del comma 4;
c) i contenuti della formazione da impartire al personale dipendente per il riconoscimento delle più comuni tipologie di sorgenti radioattive ed al personale addetto alla sorveglianza radiometrica, per l’ottimale svolgimento delle specifiche mansioni;
d) le condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici rilasciati dai Paesi terzi per i quali esistono equivalenti livelli di protezione, ai fini dell’espletamento delle formalità doganali.
La sorveglianza radiometrica di cui al presente articolo è effettuata secondo quanto prescritto dall’allegato XIX al presente decreto, che disciplina:
a) le modalità esecutive della sorveglianza radiometrica, individuate secondo norme di buona tecnica e i contenuti della relativa attestazione;
b) con riferimento ai soggetti di cui al comma 1, secondo periodo, l’elenco dei prodotti semilavorati metallici e dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza e le relative modalità, ivi incluse le condizioni per l’applicazione della sorveglianza radiometrica ai prodotti finiti in metallo, nonché l’elenco dei grandi centri di importazione di metallo e dei nodi di transito; per l’aggiornamento degli elenchi di cui alla presente lettera si procede ai sensi del comma 4;
c) i contenuti della formazione da impartire al personale dipendente per il riconoscimento delle più comuni tipologie di sorgenti radioattive ed al personale addetto alla sorveglianza radiometrica, per l’ottimale svolgimento delle specifiche mansioni;
d) le condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici rilasciate dai Paesi terzi per i quali esistono equivalenti livelli di protezione, ai fini dell’espletamento delle formalità doganali.
3 bis
Le disposizioni dell’allegato XIX, si applicano, nel rispetto della disciplina europea, decorsi centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ad eccezione dell’articolo 10 del medesimo allegato che, nelle more, trova applicazione congiuntamente all’articolo 2 del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 100, i cui rinvii alle disposizioni del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, s’intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto.
Le disposizioni dell’allegato XIX, si applicano, nel rispetto della disciplina europea, decorsi centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ad eccezione dell’articolo 10 del medesimo allegato che, nelle more, trova applicazione congiuntamente all’articolo 2 del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 100, i cui rinvii alle disposizioni del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, s’intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto.
4
Nelle more dell'approvazione del decreto di cui al comma 3, comunque non oltre il 31 marzo 2022, continua ad applicarsi l'articolo 2 del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 100, e si applica l'articolo 7 dell'allegato XIX al presente decreto. Decorso tale termine e fino all'adozione del decreto di cui al comma 3, si applicano le disposizioni dell'Allegato XIX. L'Allegato XIX stabilisce le modalita' di applicazione, nonche' i contenuti delle attestazioni della sorveglianza radiometrica ed elenca i prodotti semilavorati metallici e prodotti in metallo oggetto della sorveglianza. I rinvii alle disposizioni del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 contenuti nelle disposizioni del decreto legislativo di cui al primo periodo s'intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto.
Nel rispetto della disciplina europea, con decreto dei Ministeri della transizione ecologica e dello sviluppo economico, di concerto con i Ministeri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della salute, del lavoro e delle politiche sociali, sentita l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e l’ISIN, possono essere apportate modifiche all’allegato XIX con riferimento alle modalità esecutive della sorveglianza radiometrica, in ragione delle mutate condizioni di rischio e diffusione o dell’opportunità di adottare, per le medesime ragioni, forme semplificate delle procedure di controllo, ai contenuti della formazione per la sorveglianza, nonché alle condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici rilasciati da Paesi terzi ai fini dell’espletamento delle formalità doganali. Le relative modifiche entrano in vigore nel termine ivi previsto. L’aggiornamento dell’elenco dei prodotti semilavorati in metallo e dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza radiometrica può essere effettuato, anche sulla base delle variazioni della nomenclatura combinata, come stabilite dai regolamenti dell’Unione europea per i medesimi prodotti, con decreto dei Ministeri della transizione ecologica e dello sviluppo economico adottato su proposta dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. L’elenco dei grandi centri di importazione di metallo e dei principali nodi di transito è definito sulla base dei dati statistici disponibili per l’ultimo triennio per le operazioni di importazione dei prodotti semilavorati in metallo e dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza radiometrica e viene aggiornato, con scadenza biennale, con determinazione del Direttore generale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, salva la possibilità di modifica prima di tale scadenza, su impulso delle Autorità competenti o della stessa Agenzia delle dogane e dei monopoli.
Nel rispetto della disciplina europea, con decreto dei Ministeri della transizione ecologica e dello sviluppo economico, di concerto con i Ministeri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della salute, del lavoro e delle politiche sociali, sentita l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e l’ISIN, possono essere apportate modifiche all’allegato XIX con riferimento alle modalità esecutive della sorveglianza radiometrica, in ragione delle mutate condizioni di rischio e diffusione o dell’opportunità di adottare, per le medesime ragioni, forme semplificate delle procedure di controllo, ai contenuti della formazione per la sorveglianza, nonché alle condizioni di riconoscimento delle certificazioni dei controlli radiometrici rilasciate da Paesi terzi ai fini dell’espletamento delle formalità doganali. Le relative modifiche entrano in vigore nel termine ivi previsto. L’aggiornamento dell’elenco dei prodotti semilavorati in metallo e dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza radiometrica può essere effettuato, anche sulla base delle variazioni della nomenclatura combinata, come stabilite dai regolamenti dell’Unione europea per i medesimi prodotti, con decreto dei Ministeri della transizione ecologica e dello sviluppo economico adottato su proposta dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. L’elenco dei grandi centri di importazione di metallo e dei principali nodi di transito è definito sulla base dei dati statistici disponibili per l’ultimo triennio per le operazioni di importazione dei prodotti semilavorati in metallo e dei prodotti finiti in metallo oggetto della sorveglianza radiometrica e viene aggiornato, con scadenza biennale, con determinazione del Direttore generale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, salva la possibilità di modifica prima di tale scadenza, su impulso delle Autorità competenti o della stessa Agenzia delle dogane e dei monopoli.
5
Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 45, comma 2, nei casi in cui le misure radiometriche indichino la presenza di sorgenti o comunque livelli anomali di radioattivita', individuati secondo le norme di buona tecnica applicabili ovvero guide tecniche emanate ai sensi dell'articolo 236, qualora disponibili, i soggetti di cui al comma 1 debbono adottare le misure idonee a evitare il rischio di esposizione delle persone e di contaminazione dell'ambiente e debbono darne immediata comunicazione al prefetto, agli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio, al Comando dei vigili del fuoco, alla regione o provincia autonoma di Trento o Bolzano e alle ARPA/APPA competenti per territorio. Ai medesimi obblighi e' tenuto il vettore che, nel corso del trasporto, venga a conoscenza della presenza di livelli anomali di radioattivita' nei predetti materiali o prodotti trasportati. Il
Prefetto, in relazione al livello del rischio rilevato dagli organi destinatari delle comunicazioni di cui al presente comma, ne da' comunicazione all'ISIN.
6
I soggetti di cui al comma 1 che effettuano operazioni di riciclaggio dei rottami metallici o altri materiali metallici di risulta in caso di riscontri o anche di sospetti basati su elementi oggettivi in merito alla fusione o ad altra operazione metallurgica che abbia accidentalmente coinvolto una sorgente orfana, informano tempestivamente le autorita' di cui al comma 4. Il materiale contaminato eventualmente prodotto non puo' essere utilizzato, posto sul mercato o smaltito senza l'autorizzazione del Prefetto rilasciata avvalendosi degli organi del SSN e delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente.
7
Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 187, nei casi in cui le misure radiometriche indichino la presenza di livelli anomali di radioattivita', i prefetti adottano, valutate le circostanze del caso in relazione alla necessita' di evitare il rischio disposizione delle persone e di contaminazione dell'ambiente, i provvedimenti opportuni ivi compreso il rinvio dell'intero carico o di parte di esso all'eventuale soggetto estero responsabile del suo invio, con oneri a carico del soggetto venditore. In quest'ultimo caso il Prefetto, con la collaborazione dell'ISIN, avvisa il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il quale provvede a informare della restituzione dei carichi l'Autorita' competente dello Stato responsabile dell'invio.
Allegato XIX (articolo 72, comma 3) CONDIZIONI E MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELLA SORVEGLIANZA RADIOMETRICA AI SENSI DELL’ARTICOLO 72, COMMA 3
Art 1 (Definizioni) Art 2 (Finalità) Art. 3 (Ambito soggettivo di applicazione) Art. 4 (Ambito oggettivo di applicazione) Art. 5 (Criteri di sorveglianza radiometrica) Art. 6 (Modalità di applicazione della sorveglianza radiometrica) Art. 7 (Attestazione della sorveglianza radiometrica) Art. 8 (Personale addetto all’esecuzione delle misure radiometriche) Art 9 (Informazione e formazione del personale) Art 10 (Mutuo riconoscimento delle attestazioni dei controlli radiometrici sui rottami metallici o sugli altri materiali metallici di risulta e sui prodotti semilavorati in metallo e i prodotti finiti in metallo provenienti da Paesi terzi)
Allegato 1 Mod. IRME90 DOCUMENTO DI ACCOMPAGNAMENTO PER L'IMPORTAZIONE IN ITALIA DI ROTTAMI METALLICI O DI ALTRI MATERIALI METALLICI DI RISULTA E DI PRODOTTI SEMILAVORATI METALLICI O DI PRODOTTI FINITI IN METALLO
Allegato 2 Prodotti finiti in metallo e prodotti semilavorati metallici
Allegato 3 Grandi centri di importazione e principali nodi di transito ...
Agenti chimici e lavorazioni vietate dal TUS e adeguamenti normativi / Update Maggio 2022
ID 6012 | Rev. 1.0 del 16.05.2022 / Documento completo allegato
In allegato Documento riepilogativo e altri info sugli Agenti chimici vietati dal TUS di cui Art. 228, Art. 232 e Allegato XL.
Gli agenti chimici sono tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato; gli agenti chimici pericolosi possono essere:
1) agenti chimici pericolosi che soddisfano i criteri di classificazione come pericolosi in una delle classi di pericolo fisico o di pericolo per la salute di cui al regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, indipendentemente dal fatto che tali agenti chimici siano classificati nell'ambito di tale regolamento, sono escluse le sostanze pericolose solo per l'ambiente.
1) agenti chimici pericolosi che pur non essendo classificabili come pericolosi ai sensi del presente articolo, lettera b), numero 1), comportano un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprietà chimico-fisiche, chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli agenti chimici cui è stato assegnato un valore limite di esposizione professionale di cui all'allegato XXXVIII;
Il D.Lgs. 81/2008 al Titolo IX Sostanze pericolose, con l'Art. 228 "Divieti", stabilisce, inoltre gli agenti chimici e le lavorazioni vietate (elenco all'allegato XL, nel limite di concentrazione) ed individua attività in deroga previa autorizzazione.
La procedura per la determinazione degli agenti chimici, lavorazioni vietate o modifiche ai valori limite di esposizione professionale degli agenti chimici è prevista dall'Art. 232 Adeguamenti normativi che prevede l'istituzione di un comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici.
Con i o più Decreti MISE sono recepiti i valori di esposizione professionale e biologici obbligatori predisposti dalla Commissione europea, sono altresì stabiliti i valori limite nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti dalla Commissione medesima e sono aggiornati gli allegati XXXVIII, XXXIX, XL e XLI in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici pericolosi che stabilisce anche determinato il rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2.
Nelle more dell'adozione dei Decreti di cui sopra la valutazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori è comunque effettuata dal datore di lavoro.
- 4 gli agenti chimici vietati - nessuna attività lavorativa vietata
Pe la voce "attività lavorativa vietate" è stato predisposto un decreto interministeriale (in iter dal 2012) relativo all'attività di sabbiatura a secco uso di silice:
Schema di Decreto Interministeriale relativo all’inserimento della lavorazione “sabbiature a secco con materiali contenenti silice libera cristallina in ambienti di lavoro confinati” nell’allegato XL, lett. b), del d.lgs. n. 81/2008, - con le procedure previste dall’art. 232, comma 2, del d.lgs. n.81/2008 – e inviato in data 14 dicembre 2012 per l’acquisizione del parere del Ministero della Salute (concertante) e del Ministero dello sviluppo economico (che deve essere “sentito”); a seguito di un’osservazione del Ministero della Salute si è resa necessaria una modifica della disposizione relativa all’ambiente fisico in cui è destinato ad operare il divieto di lavorazione di cui trattasi. Tale modifica è in corso di verifica.[/alert]
Utilizzata nella preparazione dei coloranti per il settore vernici e settore farmaceutico
202-177-1
92-67-1
4-amminodifenile e suoi sali
0,1% in peso
Group 1, carcinogenic to humans
4-amminodifenile, che è un prodotto secondario del processo di sintesi della difenilammina usato come pesticida
202-199-1
92-87-5
Benzidina e suoi sali
0,1% in peso
Group 1, carcinogenic to humans
Utilizzata nella preparazione di coloranti e farmaceutici e come indurente nell'industria della gomma. Viene inoltre utilizzata in chimica analitica come reattivo per determinare metalli pesanti e ioni inorganici.
202-204-7
92-93-3
4-nitrodifenile
0,1% in peso
Group 3, not classifiable as to its carcinogenicity to humans
Utilizzata soprattutto nella preparazione dei coloranti nell'industria tessile
b) Lavorazioni vietate
Nessuna
(1) EINECS European Inventory of Existing Commercial Chemical Substance (2) CAS Chemical Abstracts Service
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 15, i rischi derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o ridotti al minimo mediante le seguenti misure:
a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro; b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate; c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti; d) riduzione al minimo della durata e dell'intensità dell'esposizione; e) misure igieniche adeguate; f) riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione; g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell'immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.
2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è solo un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le disposizioni degli articoli 225, 226, 229, 230.
1. Sono vietate la produzione, la lavorazione e l'impiego degli agenti chimici sul lavoro e le attività indicate all'allegato XL.
2. Il divieto non si applica se un agente è presente in una miscela, o quale componente di rifiuti, purché la concentrazione individuale sia inferiore al limite indicato nell'allegato stesso.
3. In deroga al divieto di cui al comma 1, possono essere effettuate, previa autorizzazione da rilasciarsi ai sensi del comma 5, le seguenti attività:
a) attività a fini esclusivi di ricerca e sperimentazione scientifica, ivi comprese le analisi; b) attività volte ad eliminare gli agenti chimici che sono presenti sotto forma di sottoprodotto o di rifiuti; c) produzione degli agenti chimici destinati ad essere usati come intermedi.
4. Ferme restando le disposizioni di cui al presente capo, nei casi di cui al comma 3, lettera c), il datore di lavoro evita l'esposizione dei lavoratori, stabilendo che la produzione e l'uso più rapido possibile degli agenti come prodotti intermedi avvenga in un sistema chiuso dal quale gli stessi possono essere rimossi soltanto nella misura necessaria per il controllo del processo o per la manutenzione del sistema.
5. Il datore di lavoro che intende effettuare le attività di cui al comma 3 deve inviare una richiesta di autorizzazione al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali che la rilascia sentito il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e la regione interessata. La richiesta di autorizzazione è corredata dalle seguenti informazioni:
a) i motivi della richiesta di deroga; b) i quantitativi dell'agente da utilizzare annualmente; c) il numero dei lavoratori addetti; d) descrizione delle attività e delle reazioni o processi; e) misure previste per la tutela della salute e sicurezza e per prevenire l'esposizione dei lavoratori.
1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è istituito senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici. Il Comitato è composto da nove membri esperti nazionali di chiara fama in materia tossicologica e sanitaria di cui tre in rappresentanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, su proposta dell'Istituto superiore di sanità, dell'ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale, tre in rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in rappresentanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Il Comitato si avvale del supporto organizzativo e logistico della Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
2. Con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Comitato di cui al comma 1 e le parti sociali, sono recepiti i valori di esposizione professionale e biologici obbligatori predisposti dalla Commissione europea, sono altresì stabiliti i valori limite nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti dalla Commissione medesima e sono aggiornati gli allegati XXXVIII, XXXIX, XL e XLI in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici pericolosi.
3. Con i decreti di cui al comma 2 è inoltre determinato il rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2, in relazione al tipo, alle quantità ed alla esposizione di agenti chimici, anche tenuto conto dei valori limite indicativi fissati dalla Unione europea e dei parametri di sicurezza.
4. Nelle more dell'adozione dei decreti di cui al comma 2, con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono essere stabiliti, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i parametri per l'individuazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2, sulla base di proposte delle associazioni di categoria dei datori di lavoro interessate comparativamente rappresentative, sentite le associazioni dei prestatori di lavoro interessate comparativamente rappresentative. Scaduto inutilmente il termine di cui al presente articolo, la valutazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori è comunque effettuata dal datore di lavoro.[/panel]
Valore limite: deve essere usato il valore limite di esposizione professionale
Art 222 definizioni ... d) valore limite di esposizione professionale: se non diversamente specificato, il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico nell'aria all'interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione ad un determinato periodo di riferimento; un primo elenco di tali valori è riportato nell'allegato XXXVIII"
Valori limite di esposizione professionale (Update 17 Giugno 2021) Note (1) (2) (3)
N.CE(1)
CAS (2)
NOME DELL’AGENTE CHIMICO
VALORI LIMITE
NOTAZIONE (3)
8 ore (4)
Breve Termine (5)
mg/m3 (6)
ppm (7)
mg/m3 (6)
ppm (7)
252-104-2
34590-94-8
1-(3-methoxypropoxy)propan-l-ol
308
50
—
—
Cute
208-394-8
526-73-8
1,2,3-Trimetilbenzene
100
20
—
—
—
204-428-0
120-82-1
1,2,4-Triclorobenzene
15,1
2
37,8
5
Cute
202-436-9
95-63-6
1,2,4-Trimetilbenzene
100
20
—
—
—
204-661-8
123-91-1
1,4 Diossano
73
20
—
—
Cute
203-400-5
106-46-7
1,4-Diclorobenzene, p- Diclorobenzene
12
2
60
10
Cute
203-961-6
112-34-5
2-(2-Butossietossi)etanolo
67,5
10
101,2
15
—
203-906-6
111-77-3
2-(2-Metossietossi)etanolo
50,1
10
—
—
Cute
205-483-3
141-43-5
2-Amminoetanolo
2,5
1
7,6
3
Cute
203-933-3
112-07-2
2-Butossietilacetato
133
20
333
50
Cute
203-234-3
104-76-7
2-etilesan-l-olo
5,4
1
—
—
—
203-804-1
110-80-5
2-Etossi etanolo
8
2
—
—
Cute
203-839-2
111-15-9
2-Etossietil acetato
11
2
—
—
Cute
202-704-5
98-82-8
2-fenilpropano (Cumene)(15)
50
10
250
50
Cute
203-603-9
108-65-6
2-Metossi-1-metiletilacetato
275
50
550
100
Cute
203-713-7
109-86-4
2-Metossietanolo
—
0,5
—
—
Cute
203-772-9
110-49-6
2-Metossietil acetato
—
0,5
—
—
Cute
203-403-1
106-49-0
4-amminotoluene
4,46
1
8,92
2
Cute
208-793-7
541-85-5
5-Metileptano-3-one
53
10
107
20
—
203-737-8
110-12-3
5-metilesan-2-one
95
20
—
—
—
210-946-8
626-38-0
Acetato di 1-metilbutile
270
50
540
100
—
620-11-1
Acetato di 3-amile
270
50
540
100
—
205-500-4
141-78-6
Acetato di etile
734
200
1468
400
—
204-662-3
123-92-2
Acetato di isoamile
270
50
540
100
—
203-745-1
110-19-0
Acetato di isobutile
241
50
723
150
—
204-658-1
123-86-4
Acetato di n-butile
241
50
723
150
—
211-047-3
628-63-7
Acetato di pentile
270
50
540
100
—
625-16-1
Acetato di terz-amile
270
50
540
100
—
203-300-1
105-46-4
Acetato di sec-butile
241
50
723
150
—
203-545-4
108-05-4
Acetato di vinile
17,6
5
35,2
10
—
200-662-2
67-64-1
Acetone
1210
500
—
—
—
200-835-2
75-05-8
Acetonitrile
35
20
—
—
Cute
200-580-7
64-19-7
Acido acetico
25
10
50
20
—
201-177-9
79-10-7
Acido acrilico, Acido prop-2-enoico
29
10
59(l4)
20(l4)
Cute
233-113-0
10035-10-6
Acido bromidrico
—
—
6,7
2
—
231-595-7
7647-01-0
Acido cloridrico
8
5
15
10
—
231-634-8
7664-39-3
Acido fluoridrico
1,5
1,8
2,5
3
—
200-579-1
64-18-6
Acido formico
9
5
—
—
231-714-2
7697-37-2
Acido nitrico
—
—
2,6
1
—
231-633-2
7664-38-2
Acido ortofosforico
1
—
2
—
—
205-634-3
144-62-7
Acido ossalico
1
—
—
—
—
201-176-3
79-09-4
Acido propionico
31
10
62
20
—
231-977-3
7783-06-4
Acido solfidrico
7
5
14
10
—
231-639-5
7664-93-9
Acido solforico (nebulizzazione) (10)(11)
0,05
—
—
—
—
205-480-7
141-32-2
Acrilato di n-butile
11
2
53
10
203-453-4
107-02-8
Acroleina, Acrilaldeide, Prop-2-enale
0,05
0,02
0,12
0,05
—
203-470-7
107-18-6
Alcole allilico
4,8
2
12.1
5
Cute
204-633-5
123-51-3
Alcool isoamilico
18
5
37
10
—
200-521-5
61-82-5
Amitrolo
0,2
—
—
—
231-635-3
7664-41-7
Ammoniaca anidra
14
20
36
50
—
204-696-9
124-38-9
Anidride carbonica
9000
5000
—
—
231-195-2
7446-09-5
Anidride solforosa
1,3
0,5
2,7
1
—
200-539-3
62-53-3
Anilina (15)
7,74
2
19,35
5
Cute
231-131-3
Argento (composti solubili come Ag)
0,01
—
—
—
231-131-3
7440-22-4
Argento metallico
0,1
—
—
—
247-852-1
26628-22-8
Azoturo di sodio
0,1
—
0,3
—
Cute
Bario (composti solubili come Ba)
0.5
—
—
233-272-6
10102-44-0
Biossido di azoto
0,96
0,5
1,91
1
201-245-8
80-05-7
Bisfenolo A, 4,4'-Isopropilidenedifenolo
2 (12)
—
—
—
Cute
231-778-1
7726-95-6
Bromo
0,7
0,1
—
—
—
203-788-6
110-65-6
But-2-in-1,4-diolo
0,5
—
—
—
—
201-159-0
78-93-3
Butanone
600
200
900
300
—
203-905-0
111-76-2
Butossietanolo-2
98
20
246
50
Cute
206-992-3
420-04-2
Cianammide
1
—
—
—
Cute
200-821-6
74-90-8
Cianuro di idrogeno (espresso come cianuro)
1
0,9
5
4,5
Cute
205-792-3
151-50-8
Cianuro di potassio (espresso come cianuro)
1
—
5
—
Cute
205-599-4
143-33-9
Cianuro di sodio (espresso come cianuro)
1
—
5
—
Cute
203-806-2
110-82-7
Cicloesano
350
100
—
—
—
203-631-1
108-94-1
Cicloesanone
40,8
10
81,6
20
Cute
231-959-5
7782-50-5
Cloro
—
—
1,5
0.5
—
200-871-9
75-45-6
Clorodifluorometano
3600
1000
—
—
—
200-830-5
75-00-3
Cloroetano
268
100
—
—
—
200-663-8
67-66-3
Cloroformio
10
2
—
—
Cute
200-817-4
74-87-3
Clorometano
42
20
—
—
—
200-838-9
75-09-2
Cloruro di metilene,
Diclorometano
175
50
353
100
Cute
200-864-0
75-35-4
Cloruro di vinilidene,
1,1- Dicloroetilene
8
2
20
5
—
Cromo metallico, composti di cromo inorganico (II) e composti di cromo inorganico (III) (non solubili)
0,5
—
—
—
—
202-704-5
98-82-8
Cumene (16)
100
20
250
50
Cute
207-069-8
431-03-8
Diacetile, Butanedione
0,07
0,02
0,36
0,1
—
202-425-9
95-50-1
Diclorobenzene, 1,2-
122
20
306
50
Cute
200-863-5
75-34-3
Dicloroetano, 1,1-
412
100
—
—
Cute
203-716-3
109-89-7
Dietilammina
15
5
30
10
—
200-467-2
60-29-7
Dietiletere
308
100
616
200
—
202-981-2
101-84-8
Difeniletere
7
1
14
2
—
215-137-3
1305-62-0
Diidrossido di calcio
1 (13)
—
4 (13)
—
—
204-697-4
124-40-3
Dimetilammina
3,8
2
9,4
5
—
200-843-6
75-15-0
Disolfuro di carbonio
3
1
—
—
Cute
203-313-2
105-60-2
e-Caprolattame (polveri e vapori)(8)
10
—
40
—
—
203-388-1
106-35-4
Eptan-3-one
95
20
—
—
—
205-563-8
142-82-5
Eptano, n-
2085
500
—
—
—
203-767-1
110-43-0
eptano-2-one
238
50
475
100
Cute
204-065-8
115-10-6
Etere dimetilico
1920
1000
—
—
—
205-438-8
140-88-5
Etilacrilato
21
5
42
10
—
200-834-7
75-04-7
Etilammina
9,4
5
—
—
—
202-849-4
100-41-4
Etilbenzene
442
100
884
200
Cute
203-473-3
107-21-1
Etilen glicol
52
20
104
40
Cute
202-705-0
98-83-9
Fenilpropene, 2-
246
50
492
100
—
1 203-632-7
108-95-2
Fenolo
8
2
16
4
Cute
1 231-945-8
7782-41-4
Fluoro
1,58
1
3,16
2
—
Fluoruri inorganici (espressi come F)
2,5
—
—
—
—
203^481-7
107-31-3
Formiato di metile
125
50
250
100
Cute
232-260-8
7803-51-2
Fosfina
0,14
0,1
0,28
0,2
—
200-870-3
75-44-5
Fosgene
0,08
0,02
0,4
0,1
—
231-484-3
7580-67-8
Idruro di litio
—
—
0,02(12)
—
—
210-868-3
624-83-9
Isocianato di metile
—
—
—
0,02
Cute
201-142-8
78-78-4
Isopentano
2000
667
—
—
—
Manganese e composti inorganici del manganese (espresso come manganese)
0,2 (12) 0,05(13)
—
—
—
—
Mercurio e composti inorganici divalenti del mercurio compresi ossidomercurico e cloruro di mercurio (misurati come mercurio)(9)
0,02
—
—
—
Cute
203-604-4
108-67-8
Mesitilene (1,3,5-trimetilbenzene)
100
20
—
—
—
201-297-1
80-62-6
Metacrilato di metile
—
50
—
100
—
200-659-6
67-56-1
Metanolo
260
200
—
—
Cute
202-500-6
96-33-3
Metilacrilato
7
2
36
10
Cute
203-550-1
108-10-1
Metilpentan-2-one,4-
83
20
208
50
—
203-539-1
107-98-2
Metossipropanolo-2,1 -
375
100
568
150
Cute
203-628-5
108-90-7
Monoclorobenzene
23
5
70
15
—
233-271-0
10102-43-9
Monossido di azoto
2,5
2
—
211-128-3
630-08-0
Monossido di carbonio
23
20
117
100
203-815-1
110-91-8
Morfolina
36
10
72
20
Cute
203-576-3
108-38-3
m-Xilene
221
50
442
100
Cute
200-679-5
68-12-2
N,N-Dimetilformamide
15
5
30
10
Cute
204-826-4
127-19-5
N,N-Dimetilacetammide
36
10
72
20
Cute
207-343-7
463-82-1
Neopentano
3000
1000
—
—
—
203-777-6
110-54-3
n-Esano
72
20
—
—
—
200-193-3
54-11-5
Nicotina
0,5
—
—
—
Cute
202-716-0
98-95-3
Nitrobenzene
1
0,2
—
—
Cute
201-188-9
79-24-3
Nitroetano
62
20
312
100
Cute
212-828-1
872-50-4
n-metil-2-pirrolidone
40
10
80
20
Cute
201-083-8
78-10-4
Ortosilicato di tetraetile
44
5
—
—
—
215-138-9
1305-78-8
Ossido di calcio
1 (13)
—
4(13)
—
—
216-653-1
1634-04-4
Ossido di terz-butile e metile
183,5
50
367
100
—
202^122-2
95-47-6
o-Xilene
221
50
442
100
Cute
233-060-3
10026-13-8
Pentacloruro di fosforo
1
—
—
—
—
203-692-4
109-66-0
Pentano
2000
667
—
—
—
215-236-1
1314-56-3
Pentaossido di fosforo
1
—
—
—
—
215-242-4
1314-80-3
Pentasolfuro di difosforo
1
—
—
—
—
Piombo inorganico e suoi composti
0,15
—
—
—
—
203-808-3
110-85-0
Piperazina (polvere e vapore)(8)
0,1
—
0,3
—
—
8003-34-7
Piretro (depurato dai lattoni sensibilizzanti)
1
—
—
—
—
203-396-5
106-42-3
p-Xilene
221
50
442
100
Cute
203-585-2
108-46-3
Resorcinolo
45
10
—
—
—
231-978-9
7782-41-4
Seleniuro di idrogeno
0,07
0,02
0,17
0,05
—
222-995-2
3689-24-5
Sulfotep
0,1
—
—
—
Cute
262-967-7
61788-32-7
Terfenile idrogenato
19
2
48
5
—
204-825-9
127-18-4
Tetracloroetilene
138
20
275
40
Cute
200-262-8
56-23-5
Tetracloruro di carbonio, tetraclorometano
6,4
1
32
5
Cute
203-726-8
109-99-9
Tetraidrofurano
150
50
300
100
Cute
203-625-9
108-88-3
Toluene
192
50
—
—
Cute
200-756-3
71-55-6
Tricloroetano, 1,1,1-
555
100
1110
200
—
233-046-7
10025-87-3
Tricloruro di fosforile
0.064
0,01
0,12
0,02
—
204-469-4
121-44-8
Trietilammina
8,4
2
12,6
3
Cute
200-875-0
75-50-3
Trimetilammina
4,9
2
12,5
5
—
200-240-8
55-63-0
Trinitrato di glicerolo
0,095
0,01
0,19
0,02
Cute
215-535-7
1330-20-7
Xilene, isomeri misti, puro
221
50
442
100
Cute
(N) "Per le sole attività sotterranee in miniera e in galleria, i valori limite per il monossido di azoto, il biossido di azoto e il monossido di carbonio si applicano dal 22 agosto 2023".
(1) N. CE: numero CE (Comunità Europea) - identificatore numerico delle sostanze all’interno dell’unione europea. (2) CAS: Chemical Abstract Service Registry Number (Numero del registro del Chemical Abstract Service). (3) La notazione che riporta il termine “cute” per un valore limite di esposizione professionale indica la possibilità di un assorbimento significativo attraverso la cute. (4) Misurato o calcolato in relazione ad un periodo di riferimento di otto ore, come media ponderata nel tempo (TWA). (5) Limite di esposizione a breve termine (STEL). Valore limite che non deve essere superato. Il periodo di riferimento è di 15 minuti, se non altrimenti specificato. (6) mg/m : milligrammi per metro cubo di aria. Per le sostanze chimiche in fase gassosa o di vapore il valore limite è espresso a 20° C e 101,3 kPa. (7) ppm: parti per milione per volume di aria (ml/m3). (8) II metodo di rilevazione deve rilevare contemporaneamente polvere e vapore. (9) Durante il monitoraggio dell’esposizione al mercurio e ai suoi composti divalenti inorganici, occorre tenere presente le relative tecniche di monitoraggio biologico che completano i valori limite dell’esposizione professionale. (10) Nel selezionare un metodo adeguato di monitoraggio dell’esposizione, occorre tener conto delle limitazioni e delle interferenze potenziali che possono risultare a seguito della presenza di altri composti del fosforo. (11) La nebulizzazione è definita come frazione toracica. (12) Frazione inalabile. (13) Frazione respirabile. (14) Valore limite di esposizione a breve termine in relazione a un periodo di riferimento di 1 minuto. (15) Durante il monitoraggio dell’esposizione è opportuno tenere presenti i pertinenti valori del monitoraggio biologico, come suggerito dal Comitato Scientifico per i limiti dell’esposizione professionale agli agenti chimici (SCOEL). (16) Secondo quanto previsto dall'articolo 3 della direttiva 2019/1831/UE il riferimento al cumene è soppresso con effetto dal 20 maggio 2021
Note allegato XXXVIII (3) Allegato così sostituito dall'allegato al Decreto MLPS del 18 maggio 2021, recepimento della direttiva 2019/1831/UE della Commissione del 24 ottobre 2019, che definisce un quinto elenco di valori limite indicativi di esposizione professionale in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio e modifica la direttiva 2000/39/CE della Commissione. (2) Allegato così sostituito dall'allegato al Decreto MLPS del 2 maggio 2020, recepimento della direttiva 2017/164/UE della Commissione del 31 gennaio 2017, con la quale è stato definito un quarto elenco di valori indicativi di esposizione professionale in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio e che modifica le direttive 91/322/CEE, 2000/39/CE e 2009/161/UE della Commissione (GU n.128 del 19.05.2020). (1) Allegato così sostituito dall'allegato al Decreto MLPS del 6 agosto 2012 recepimento della direttiva 2009/161/UE della Commissione del 17 dicembre 2009 che definisce il Terzo elenco di valori indicativi di esposizione professionale in attuazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio e che modifica la direttiva 2000/39/CE della Commissione. (GU n.218 del 18.09.2012)
ALLEGATO XXXIX Valori limite biologici obbligatori e Procedure di sorveglianza sanitaria
PIOMBO e suoi composti ionici.
1. Il monitoraggio biologico comprende la misurazione del livello di piombo nel sangue (PbB) con l'ausilio della spettroscopia ad assorbimento atomico o di un metodo che dia risultati equivalenti. Il valore limite biologico è il seguente: 60 (micro)g Pb/100 ml di sangue. Per le lavoratrici in età fertile il riscontro di valori di piombemia superiori a 40 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue comporta, comunque, allontanamento dall'esposizione.
2. La sorveglianza sanitaria si effettua quando: l'esposizione a una concentrazione di piombo nell'aria, espressa come media ponderata nel tempo calcolata su 40 ore alla settimana, è superiore a 0,075; mg/m3 nei singoli lavoratori è riscontrato un contenuto di piombo nel sangue superiore a 40 (micro)g Pb/100 ml di sangue.
Valore limite:deve essere usato il valore limite biologico
"Art 222 Definizioni ... e) valore limite biologico: il limite della concentrazione del relativo agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto, nell'appropriato mezzo biologico; un primo elenco di tali valori è riportato nell'allegato XXXIX;
"Il divieto non si applica se un agente è presente in una miscela, o quale componente di rifiuti, purché la concentrazione individuale sia inferiore al limite indicato nell'allegato stesso"
a) Agenti chimici:
N. EINECS
N. CAS
Nome dell’agente
Limite di concentrazione per l’esenzione
202-080-4
91-59-8
2-naftilammina e suoi sali
0.1% in peso
202-177-1
92-67-1
4-amminodifenile e suoi sali
0,1% in peso
202-199-1
92-87-5
Benzidina e suoi sali
0,1% in peso
202-204-7
92-93-3
4-nitrodifenile
0,1% in peso
b) Lavorazioni vietate:
Nessuna
[panel]I rischi connessi all’impiego di sostanze pericolose le vie di assorbimento
Il rischio chimico rappresenta il rischio connesso con la presenza nel ciclo lavorativo di agenti chimici pericolosi; i quali, a seconda della loro natura, possono dar luogo a:
- rischi per la sicurezza o rischi infortunistici: incendio, esplosione, contatto con sostanze corrosive, ecc.; - rischi per la salute: esposizione ad agenti chimici pericolosi (tossici, cancerogeni ecc.).
- I rischi per la salute si hanno ogni qualvolta si creano le condizioni per le quali si ha interazione tra gli agenti chimici impiegati nelle fasi delle attività lavorative e il personale addetto. Questo può verificarsi sia a causa di accadimento accidentale (anomalie strumentali e impiantistiche, incendi, sversamenti, reazioni anomale, ecc.) sia a causa della peculiarità dell’attività lavorativa.
- Il rischio per la salute, secondo le caratteristiche degli agenti chimici, è determinato dal livello, dalla durata, dalla frequenza dell’esposizione e dalla via di assorbimento. Per la maggior parte delle sostanze chimiche la via di assorbimento (inalazione, contatto cutaneo e oculare, ingestione) è un importante fattore nella valutazione del rischio.
Le vie di assorbimento degli agenti chimici nell’organismo
L’assorbimento degli agenti chimici pericolosi può avvenire per:
Il rischio di esposizione per inalazione è riconducibile ai processi o alle modalità operative che provocano l’emissione di inquinanti chimici aerodispersi.
L’inalazione è da considerarsi la via d’assorbimento più pericolosa in quanto il processo di assorbimento è estremamente rapido a causa della ampia area di contatto interessata (area tratto respiratorio circa 75 m2).
Assorbimento contatto cutaneo, mucose ed oculare
Il rischio di esposizione per contatto cutaneo si può presentare durante le fasi di manipolazione degli agenti chimici pericolosi.
La contaminazione della cute con agenti chimici pericolosi può aver luogo come risultato di differenti processi. Tra questi si possono citare:
1) immersione in soluzioni contaminate; 2) schizzi dell’inquinante; 3) contatto con superfici contaminate; 4) deposizione di particelle o vapori sulla cute.
Inoltre la valutazione dell’esposizione cutanea è resa ancora più difficile in considerazione del fatto che:
- esistono ancora pochi dati sui limiti di esposizione professionale cutanea; - non è facile stimare la quantità effettivamente assorbita nell’organismo rispetto a quella depositata sulla cute; - spesso non è chiaro se il valore limite di esposizione per inalazione, tenga conto solo dell’assorbimento dell’inquinante per via inalatoria, o anche dell’assorbimento cutaneo.
Anche l’allegato XXXVIII al d.lgs. 81/2008, contenente una tabella di sostanze chimiche con i relativi valori limite di esposizione professionale (LEP), non dissipa questo ultimo dubbio sul valore limite; infatti con la notazione cutanea “Pelle”, attribuita ai LEP, viene generalmente identificata la possibilità di un assorbimento significativo attraverso la pelle.
I danni provocati possono essere:
- per contatto diretto: danni superficiali (irritazioni, bruciature e reazioni allergiche); - per assorbimento dermico: danni alla salute.
Altri fattori che influenzano l’assorbimento diretto posso essere:
- parte del corpo esposta; - integrità o meno della zona esposta.
Il contatto oculare può essere particolarmente dannoso poiché possono derivare ustioni e la perdita della vista.
Assorbimento per ingestione
L’ingestione accidentale di agenti chimici pericolosi potrebbe configurarsi solo come una possibilità marginale all’interno dei laboratori delle agenzie sia per le modalità con cui vengono manipolati gli agenti chimici pericolosi sia per il livello di competenza del personale adibito.
Iniezione
Il contatto con agenti chimici pericolosi per iniezione non avviene frequentemente in un laboratorio chimico, tuttavia può accadere inavvertitamente manipolando siringhe (ad esempio dove si usano gascromatografi o HPLC), oppure producendosi delle ferite utilizzando vetreria danneggiata o parti metalliche contaminate. Tale via di assorbimento è estremamente pericolosa perché può introdurre sostanze pericolose direttamente nel circolo sanguigno.
La rilevanza delle tipologie di esposizione
La via inalatoria è stata da sempre quella su cui si è concentrata maggiormente l’attenzione e sono state stabilite o ipotizzate correlazioni tossicologiche ed epidemiologiche tra patologie e concentrazioni ambientali. Come conseguenza del grande numero di studi che hanno riguardato l’assorbimento per inalazione, già da parecchi anni la comunità scientifica ha proposto dei limiti di esposizione professionale (intesi come massima concentrazione possibile dell’inquinante nell’aria presente nell’ambiente di lavoro senza conseguenze dannose per la maggior parte della popolazione lavorativa) per svariati agenti chimici pericolosi.
L’assorbimento per via cutanea ha invece destato minore interesse da parte degli igienisti industriali, sia perché per la maggior parte delle sostanze si riteneva trascurabile il suo contributo all’assorbimento totale, sia perché i metodi per la sua valutazione risultavano più complessi e difficilmente standardizzabili.
Studi relativamente recenti hanno però messo in evidenza che trascurare l’esposizione cutanea significa in molti casi sottostimare enormemente la dose assorbita dai lavoratori.
La modalità di introduzione per ingestione, anche accidentale, di sostanze pericolose, specialmente in quantità rilevanti, è piuttosto infrequente anche se non impossibile mentre quella per iniezione può essere considerata di raro accadimento e quindi di scarsa rilevanza nell’ambito di esposizioni lavorative.
Le principali forme di tossicità
La tossicità dovuta ad agenti chimici pericolosi è legata l’effetto dannoso che è prodotto dai medesimi agenti sull’organismo.
Tramite la sperimentazione è possibile distinguere gli effetti immediati, cioè gli effetti acuti (a volte letali) da quelli ritardati nel tempo che portano a effetti tossici più o meno a lungo termine.
La tossicità si può distinguere in tre forme d’intossicazione.
Intossicazione acuta: deriva da esposizione di breve durata a forti concentrazioni con assorbimento rapido della sostanza pericolosa. Gli effetti sono immediati e si hanno entro le 24 ore con morte o guarigione rapida. Le intossicazioni acute sono rare nei laboratori e sono di solito dovute ad accidentale miscelazione di agenti chimici incompatibili che rilasciano gas molto tossici.
Intossicazione sub-acuta: deriva da esposizioni per un periodo di più giorni o settimane prima che appaiano i primi effetti. Esempi di questo tipo di intossicazione a medio termine sono quelle causate ad esempio da alcuni tipi di solventi.
Intossicazione cronica: deriva da esposizione poco intensa ma frequente e prolungata nel tempo (tossicità a lungo termine). Gli effetti sono tardivi (fino anche a diverse decine di anni). L’intossicazione in questo caso si manifesta:
- perché la quantità di sostanza tossica eliminata è inferiore alla quantità assorbita in modo da ottenere una concentrazione tale da ingenerare manifestazioni cliniche (esempio saturnismo, intossicazione da piombo);
- perché la quantità di sostanza tossica assorbita a seguito di esposizioni ripetute si accumula su un particolare tessuto e viene rilasciata solo in un tempo successivo (es: sostanze liposolubili che si vanno a concentrare in tessuti adiposi; a seguito di dimagrimento e quindi di diminuzione del tessuto adiposo si libera il tossico che genera così gli effetti tossici).
Dati di letteratura riportano che non c’è relazione fra la tossicità acuta e quella a lungo termine. L’azione degli agenti chimici può inoltre essere:
- locale: se agisce unicamente intorno al punto di contatto (pelle, occhi, vie respiratorie, ecc.) (es: l’azione corrosiva di acidi concentrati sulla cute con cui vengono a contatto);
- generale o sistemica: se l’azione si manifesta in tessuti ed organi lontani dal contatto, e questo a causa: della via di trasmissione della sostanza tossica, della lipofilicità dell’agente chimico, del grado di perfusione dell’organo che può comportare una concentrazione eccessiva dell’agente chimico tossico e delle caratteristiche biochimiche dell’organo colpito (capacità dell’organo a produrre metaboliti più tossici di quello assorbito).
Relazione dose-risposta
“Cosa c’è che non sia tossico? Tutte le sostanze sono tossiche e nessuna è priva di tossicità. Solo la dose determina se una sostanza non è tossica”. Paracelso 1493-1541
La tossicologia è quella scienza che studia gli effetti avversi degli agenti chimici sull’organismo vivente.
Per tutte le sostanze chimiche c’è un range di concentrazione che produce un effetto che si colloca fra due estremi: nessun effetto avverso provocato, e la morte.
In tossicologia, questo concetto si traduce nella relazione tra dose e risposta; dove la dose è la quantità di sostanza e la risposta è l’effetto indotto da quella quantità di sostanza. Questa relazione è specifica per ogni sostanza chimica.
I VLE, indicati nel testo, rappresentano delle soglie al di sotto delle quali ci si attende un’assenza di effetti nocivi per la salute dei lavoratori esposti.
Si possono avere effetti tossici in seguito ad esposizione singola (acuta), intermittente (ripetuta), oppure ripetuta e di lunga durata (cronica).
L’esposizione a più sostanze ed effetti sulla salute dei lavoratori - sinergia
La valutazione del rischio derivante dall’esposizione contemporanea a più agenti chimici rappresenta un problema molto complesso poiché in molti casi non sono noti i principali tipi di interazione che si configurano tra i diversi agenti chimici, che, assunti congiuntamente dall’organismo, possono dare luogo ad effetti additivi, sinergici o antagonistici. Purtroppo, come già anticipato, l’attuale conoscenza dei meccanismi di interazione tra agenti chimici è piuttosto limitata e presenta molte lacune.
L’Environmental Protection Agency (EPA) definisce una miscela come qualsiasi combinazione di due o più sostanze chimiche che, indipendentemente dalla loro origine spaziale o temporale, possono influenzare il livello di rischio a cui è soggetta una popolazione e distingue le miscele in:
- miscele semplici: consistono di un relativamente piccolo numero di componenti (10 o meno) la cui composizione è qualitativamente e quantitativamente nota (es. un cocktail di pesticidi, un’associazione di farmaci);
- miscele complesse: comprendono decine, centinaia o migliaia di agenti chimici la cui composizione non è completamente nota (es. fumi di saldatura, inquinanti dell’aria urbana);
- miscele simili: miscele che sono leggermente differenti, ma che si ritiene che abbiano caratteristiche paragonabili per destino, trasporto, processi fisiologici e tossicità. Queste miscele possono essere costituite dagli stessi componenti, ma in proporzioni leggermente differenti, od avere in comune la maggior parte dei componenti, in proporzioni confrontabili, con soltanto alcuni componenti diversi. Miscele simili determinano la stessa attività biologica e agiscono attraverso lo stesso meccanismo di azione o riguardano lo stesso endpoint tossico.
- L’Environmental Protection Agency (EPA) individua le seguenti principali categorie di meccanismi d’azione legati alla sinergia degli agenti chimici:
a) azione congiunta indipendente o additività di risposta (situazione di non interazione): si riferisce a sostanze che agiscono in modo indipendente ed hanno differenti meccanismi di azione così che la presenza di una sostanza non influenzerà la tossicità di un’altra e la tossicità combinata è eguale alla somma delle risposte dei componenti così come definita dalla formula per la somma delle probabilità di eventi indipendenti; b) simile azione congiunta o additività di dose o di concentrazione (situazione di non interazione): si riferisce a sostanze chimiche che causano effetti simili attraverso meccanismi d’azione simili ovvero si verifica quando ciascun composto chimico si comporta come una concentrazione o diluizione di ciascun altra sostanza presente nella miscela e la risposta della combinazione è la risposta attesa dalla dose equivalente di un composto chimico di riferimento; c) sinergismo: si verifica quando l’effetto tossico della miscela è maggiore della somma degli effetti che si avrebbero considerando le singole sostanze; d) antagonismo: si verifica quando la tossicità osservata della miscela è minore della somma degli effetti che si avrebbero considerando le singole sostanze; e) potenziamento: si verifica quando una sostanza non ha di per sé un effetto tossico su un certo organo o sistema, ma se aggiunta ad una sostanza tossica ne aumenta la tossicità.
L’analisi delle metodologie di valutazione del rischio delle miscele proposte in diversi studi internazionali ha permesso di evidenziare che gli sforzi per sviluppare metodologie di valutazione adeguate sono vanificati dalla rara disponibilità dei dati di tossicità in caso di sinergie fra gli agenti chimici.
Pertanto si raccomanda di valutare le condizioni di sinergismo o di antagonismo caso per caso. Condividendo tale posizione nei modelli di valutazione proposti in questo documento, si assume che in assenza di informazioni adeguate sulla presenza di interazioni chimiche si verifica una situazione di “non interazione” e si utilizza “l’additività di dose” o “l’additività di risposta”. Tale assunzione di additività può condurre ad una sovrastima del rischio (se tutte le sostanze chimiche presenti nella miscela non contribuiscono alla tossicità, o se avviene un’interazione antagonista) determinando quindi una situazione di maggior tutela dei lavoratori.[/panel]