Tar Friuli Venezia Giulia del 13 settembre 2021 n. 276
Sono inammissibili i ricorsi dei sanitari no vax sospesi temporaneamente dall'Albo dopo deliberazione del Consiglio dell'Ordine derivata dall'atto di accertamento della ASL
Sentenza Tar Friuli Venezia Giulia del 13 settembre 2021 n. 276
1.1. La ricorrente è un’infermiera già destinataria di un provvedimento di accertamento dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale, adottato dall’Azienda sanitaria -OMISSIS- ai sensi dell’art. 4, comma 6 del d.l. 44 del 2021, conv. in l. 76 del 2021 (e impugnato con separato ricorso iscritto al n. di R.G. -OMISSIS-).
1.2. In data 20.07.2021 alla stessa è stato comunicato l’atto adottato dall’ordine professionale di appartenenza (Ordine delle professioni infermieristiche di -OMISSIS-), ai sensi del comma 7 del medesimo articolo 4, che ne dichiara la sospensione dall’esercizio della professione “fino alla data del 31 dicembre 2021 … oppure fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale”.
2. Con il presente ricorso è domandato l’annullamento dell’atto dell’ordine professionale, da ultimo menzionato. Se ne rileva, in primo luogo, l’illegittimità derivata da quella dell’atto di accertamento adottato dall’Azienda sanitaria. Sono poi autonomamente riproposti tutti i motivi di ricorso già formulati contro quel provvedimento, alcuni – i primi quattro – rivolti contro l’atto solo in via mediata, perché finalizzati in realtà a contestare la legittimità della disposizione di legge che prevede e disciplina l’obbligo vaccinale (e il correlato potere accertativo), altri diretti a valorizzare profili di illegittimità propri dello specifico esercizio del potere. Sono, in particolare, dedotti:
- “Violazione dell’art. 4 del d.l. 44 del 2021 conv. in l. 76/21 – insussistenza dell’asserita violazione dell’obbligo vaccinale - grave infondatezza in fatto della misura di sospensione per interpretazione adeguatrice”.
- “Violazione dell’art. 32 co. 2 ultima parte della Costituzione: l’imposizione OBBLIGATORIA di vaccino sperimentale autorizzato in deroga viola la dignità della persona umana ridotta a cavia”.
- “Violazione degli artt. 1, 2, 3, 4, 36 della Costituzione: la previsione del TOTALE sacrificio della RETRIBUZIONE, tutelata al massimo grado, è indice di irragionevolezza della misura legislativa e amministrativa adottata: si intende evidenziare una violazione particolarmente grave dell’art. 3 Cost. (nella sua duplice accezione di principio di uguaglianza e ragionevolezza) e dell’art. 36 Cost., con particolare riferimento all'aspetto lavoristico costituito dai compensi da lavoro”.
- “Violazione degli art. 1, 2, 3, 4, 32, 36 Costituzione, in quanto si è in presenza di trattamenti sanitari sperimentali surrettiziamente imposti per legge, attraverso la minaccia di ricatto sostanzialmente occupazionale (integrale sacrificio della retribuzione o comunque di ogni compenso lavorativo), senza nessuna reale conoscenza degli effetti avversi anche gravi soprattutto di medio-lungo termine sulle persone vaccinate e senza nessuna certezza scientifica con riferimento al fatto che vaccinati non contagino altre persone”.
- “Violazione dell’art. 3 L. 241/90 per carenza, genericità, insufficienza, apoditticità, palese contraddittorietà, evidente inattendibilità della motivazione tecnica medico-legale anche in quanto non supportata da adeguati elementi medici per imposizione di obbligo vaccinale pur in presenza di farmaci sperimentali autorizzati solo in deroga”.
- “Violazione dell’art. 3 L. 241/90 per carenza di motivazione sulla impossibilità di cambio mansioni e/o demansionamento quale legale presupposto emergenziale la cui previa integrazione risulta necessaria e ineludibile ai fini della più grave sospensione lavorativa disposta. Infatti, l'Amministrazione nulla statuisce con riferimento all'impossibilità di adibire la lavoratrice a mansioni, anche inferiori, con trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implichino rischi di diffusione del contagio, come espressamente previsto dall'art. 4, comma 8, del D.L. n. 44/2021 come convertito dalla Legge n. 76/2021”.
- “Grave erroneità interpretativa, travisamento della concreta situazione di fatto e degli effettivi presupposti relativi all’accertamento adottato, anche per omessa valutazione su rilevanti circostanze di fatto in grado di influire sulla valutazione medica in considerazione del quadro sanitario individuale specifico e complessivo particolarmente problematico medicalmente accertato in capo alla ricorrente. Ingiustizia manifesta”.
- “Incompetenza relativa” in quanto “non risulta predeterminata la competenza del singolo firmatario monocratico degli atti impugnati e pertanto risulta violato non solamente un principio di predeterminazione anteriore ed espressa sull’attribuzione dei poteri esercitati ma anche un principio generale di collegialità degli accertamenti medici a maggior ragione in relazione ai massimi diritti fondamentali”.
3. L’Ordine degli infermieri si è costituito con memoria del 03.09.2021, rappresentando che il ricorso costituisce mera riproposizione di quello presentato contro l’atto dell’Azienda sanitaria.
3.1. Nel merito, rileva – menzionando il parere espresso dal Ministero della Salute – che la sospensione prevista dal d.l. 44 del 2021 è automatica, conseguente a valutazioni predeterminate dal legislatore, e che l’attività posta in capo all’Ordine dal comma 7 consiste in un mero onere informativo, con valore di presa d’atto di effetti determinatisi ex lege.
4. All’udienza in camera di consiglio fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, il Tribunale ha dato avviso alle parti dell’intenzione di trattenere il giudizio per la decisione nel merito, ricorrendone i presupposti. Ha inoltre indicato alle parti una possibile ragione di inammissibilità del ricorso, consistente nella natura non provvedimentale dell’atto. Le parti hanno discusso oralmente come da verbale.
7. Il giudizio viene dunque deciso nel merito con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a.
8. Il ricorso è inammissibile per carenza di interesse, attesa la natura non provvedimentale dell’atto adottato dall’Ordine delle professioni infermieristiche.
9. È opportuno premettere alcuni rilievi circa il sistema delineato dall’art. 4 del d.l. 44 del 2021 nel suo applicarsi ai professionisti sanitari dipendenti, qual è la ricorrente. La disposizione prevede un iter bifasico:
- un primo segmento (propriamente amministrativo e pubblicistico), disciplinato dai commi 3-7 e 9 dell’art. 4 e attribuito alla competenza dell’Azienda sanitaria di residenza dell’interessato, è volto ad accertare se il sanitario abbia ricevuto la somministrazione del vaccino contro il SARS-CoV-2, in conformità all’obbligo sancito dal comma 1. Qualora l’Azienda sanitaria riscontri l’ingiustificato inadempimento, adotta un atto di accertamento cui consegue, quale effetto automatico ex lege a carico del sanitario, “la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2”;
- una secondo segmento, disciplinato dai commi 8 e 10 dell’art. 4, prendendo le mosse dall’accertamento di cui sopra e dal suo effetto legalmente impeditivo rispetto allo svolgimento di un’ampia categoria di mansioni, chiama invece in causa i poteri organizzativi del datore di lavoro (e ha quindi, generalmente, natura privatistica, anche laddove si tratti di rapporti di pubblico impiego, cfr. art. 5, comma 2 e 63 del d.lgs. 165 del 2001). Il datore deve infatti valutare la possibilità di assegnare il sanitario “a mansioni, anche inferiori, diverse da quelle indicate al comma 6, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio”. Al riscontro dell’impossibilità di un reimpiego, e quindi dell’impossibilità di utilizzare la prestazione lavorativa, consegue la sospensione dalla retribuzione, salvi i casi in cui l’omissione o il differimento della vaccinazione sono giustificati.
9.1. L’atto di cui al presente giudizio si colloca nell’ambito della prima fase ed è adottato in conformità all’art. 7, comma 4 del d.lgs. 44 del 2021, secondo il quale: “La sospensione di cui al comma 6 è comunicata immediatamente all'interessato dall'Ordine professionale di appartenenza”. La legge impone all’ordine professionale cui l’interessato eventualmente appartenga un mero onere comunicativo, avente ad oggetto un atto adottato da altra amministrazione e, peraltro, già comunicato dalla stessa all’interessato (cfr. comma 6: “l’azienda sanitaria locale competente accerta l'inosservanza dell'obbligo vaccinale e … ne dà immediata comunicazione scritta all’interessato”).
9.2. L’ulteriore comunicazione da parte dell’Ordine professionale, se può rispondere ad esigenze di certezza, ulteriormente garantendo l’effettiva conoscenza della sospensione in capo al destinatario, non incide sulla produzione dell’effetto giuridico predeterminato ex lege, che consegue, solo ed esclusivamente, all’adozione dell’atto di accertamento (cfr. comma 6: “L'adozione dell'atto di accertamento da parte dell'azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2”).
9.3. Si tratta, del resto, di un’ipotesi “atipica” di sospensione, quanto a presupposti ed effetti ed estranea alle competenze dell’Ordine professionale in senso proprio. Essa, infatti:
- non ha finalità sanzionatoria ma precauzionale, quale misura di tutela della salute collettiva;
- non riguarda, proprio per questo, l’esercizio della professione in toto, ma solo “il diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2” (così, ad esempio, un medico, pur inibito a svolgere attività cliniche o chirurgiche, ben potrebbe essere impiegato in attività di laboratorio);
- non consegue, pertanto, all’esercizio di un potere disciplinare e quindi di un procedimento di valutazione in concreto della gravità di una condotta, ma è l’effetto rigidamente predeterminato ed automatico di un presupposto di fatto (l’inadempimento all’obbligo vaccinale, accertato dall’azienda sanitaria).
9.4. Proprio l’automatico prodursi dell’effetto sospensivo, del resto, spiega la natura altrettanto automatica del suo venir meno, che non richiede l’adozione di alcun atto (nemmeno con funzione accertativa), ma solo “l'assolvimento dell'obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021” (art. 4, comma 9).
9.5. Il riconoscimento in capo agli ordini professionali di autonome competenze deliberative in materia, oltre a non essere previsto dall’art. 4 del d.l. 44 del 2021, appare contrario alla ratio normativa, finendo per aggravare e irrigidire un iter improntato (tanto nella fase di sospensione che in quella di “riammissione” del sanitario alle proprie mansioni tipiche) a celerità ed immediatezza, oltre a connotarlo di una valenza lato sensu sanzionatoria, ad esso del tutto estranea. Ancora, tale interpretazione determinerebbe un’ingiustificata e irragionevole diversità di disciplina all’interno di una fattispecie unitaria: tra le professioni contemplate dall’art. 4 non tutte (si considerino, ad esempio gli operatori sociosanitari) sono infatti dotate di un proprio ordine professionale.
9.6. I rilievi di cui sopra trovano conferma nella Relazione illustrativa all’intervento legislativo, ove si riconosce la centralità dell’accertamento operato dalle Aziende sanitarie e il ruolo meramente comunicativo proprio degli Ordini professionali: “Il comma 6 disciplina le modalità con cui l’azienda sanitaria accerta la mancata osservanza dell’obbligo vaccinale dalla quale discende ex lege la sospensione dall’esercizio della professione sanitaria e dalla prestazione dell’attività lavorativa da parte degli operatori obbligati che svolgono mansioni che implicano necessariamente un contatto interpersonale con il paziente (…) Il comma 7 pone a carico degli Ordini professionali l’obbligo di dare a propria volta comunicazione dell’accertamento dell’inosservanza all’obbligo vaccinale ai propri iscritti, per renderli edotti degli effetti che da tale atto discendono, come disciplinati dal comma 6”.
9.7. In senso del tutto analogo, il parere espresso in data 17.06.2021 dal Ministero della Salute (allegato dall’amministrazione) sulla corretta interpretazione del comma 7 dell’art. 4 e sugli “adempimenti previsti in capo agli Ordini professionali”. Il Ministero afferma chiaramente che “la previsione della summenzionata sospensione derivante dalla legge è un’ipotesi di sospensione obbligatoria, per la quale la valutazione sulla gravità dei fatti presupposti viene compiuta in via preventiva dal legislatore; analogamente, è lo stesso legislatore a prevedere in via automatica la cessazione della predetta misura cautelare nel caso di ottemperanza dell’obbligo vaccinale. Pertanto, l’attività posta in capo all’Ordine dal citato comma 7 consiste in un mero onere informativo, ovverosia la comunicazione all’interessato, previa presa d’atto da parte dell’Ordine medesimo, della sospensione derivante ex lege dall’atto di accertamento dell’ASL”.
10. Per quanto sopra esposto, alla delibera dell’Ordine delle professioni infermieristiche non può riconoscersi altro effetto che quello legislativamente previsto (art. 4, comma 7 del d.l. 44 del 2021), cioè quello di mera comunicazione dell’intervenuto accertamento dell’inadempimento all’obbligo vaccinale, compiuto dall’Azienda sanitaria, e delle relative conseguenze giuridiche. Ne consegue che, proprio in quanto comunicazione, esso non produce effetti giuridici ulteriori e diversi rispetto all’atto comunicato, l’unico suscettibile di valida impugnazione in sede giurisdizionale (effettivamente proposta dalla ricorrente con altro separato ricorso). Il presente ricorso è, dunque, carente di interesse.
11. Deve essere però rilevata, nel caso specifico, l’irritualità del modus procedendi seguito dall’Ordine delle professioni infermieristiche, che ha ritenuto di adottare una propria delibera collegiale di presa d’atto dell’accertamento operato dall’Azienda sanitaria, con rinnovata dichiarazione degli effetti sospensivi già integralmente determinatisi ex lege, ai sensi del comma 6. La scelta di una forma sovrabbondante, pur non incidendo sulla validità e sugli effetti dell’atto (che sono e rimangono quelli di cui all’art. 4, comma 7), né quindi sulla necessità e possibilità di impugnarlo, deve senz’altro essere stigmatizzata. Infatti, oltre a non rispondere a criteri di economicità dell’azione, può effettivamente ingenerare nel destinatario l’erronea convinzione che si tratti di un provvedimento in senso proprio, avente effetti ulteriori e distinti rispetto a quelli derivanti ex lege dall’accertamento, così onerandolo ingiustamente della proposizione di un separato ricorso.
12. Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse.
12.1. Le spese sono compensate, in ragione di quanto espresso al precedente par. 11.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli-Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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