Cassazione Penale Sez. 4 del 25 settembre 2019 n. 39271
Lavoratore investito dallo scoppio di un serbatoio contenente combustibile. Grave carenza di formazione e nel DVR
Penale Sent. Sez. 4 Num. 39271 Anno 2019
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 10/07/2019
1. Con sentenza del 21.5.2018 la Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato la pena e, per il resto, ha confermato la declaratoria di responsabilità di S.P. in relazione al reato di lesioni colpose in danno del lavoratore D.C..
Si addebita al S.P., quale datore di lavoro del soggetto infortunato, di avere omesso le dovute misure precauzionali in relazione alla lavorazione effettuata dal proprio dipendente D.C. il quale, durante l'operazione di saldatura di un serbatoio che aveva contenuto del combustibile, era rimasto investito dalla scoppio del serbatoio stesso, riportando gravi lesioni. Veniva accertato che il serbatoio in questione non era stato bonificato prima delle operazioni di saldatura, e che il lavoratore non aveva ricevuto una specifica formazione sul rischio da esplosione e sulle modalità operative per eliminarlo.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del S.P., lamentando quanto segue.
2.1. Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione. Erronea ricostruzione del fatto fondato solo in parte su quanto espone la parte lesa; inattendibilità della persona offesa.
La versione dei fatti resa a dibattimento dalla persona offesa non sarebbe attendibile. Il D.C. afferma di avere cominciato il lavoro in data 18.10.11. In realtà già dal 17.10.11 il dipendente aveva ricevuto l'incarico di bonificare il serbatoio. Su tale circostanza la decisione sarebbe errata sia in fatto che in diritto. Si contraddice quando afferma che le dichiarazioni di S.P. non hanno trovato riscontro in quelle dei testi della difesa e, di contro, si afferma che la persona offesa è attendibile. I testi della difesa e l'imputato hanno offerto una versione affidabile e non smentita da diverse risultanze: i lavori di bonifica erano cominciati il giorno 17 ottobre; la bonifica era stata effettuata in modo rigoroso e il ricorrente aveva informato dettagliatamente il lavoratore sulla procedura da seguire, richiamando la sua attenzione sulla necessità di rimuovere i tappi ed aprire tutti gli scarichi prima di effettuare ogni saldatura. Non è vero che il lavoro effettuato non era mai stato realizzato in precedenza e presentava aspetti di novità su cui il D.C. non era stato informato.
2.2. Secondo motivo: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all'alt. 71, comma 3, d.lgs. 81/08; inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione al profilo di colpa generica.
Nessuna violazione di norme sulla sicurezza potrebbe essere addebitata al S.P.. Tale circostanza ha trovato conferma anche nell'attività dello Spisal che nulla avrebbe contestato all'Imputato, limitandosi a chiedere maggiore specificità sulla descrizione delle operazioni di bonifica, già prevista nel piano di sicurezza, senza irrogare alcuna sanzione.
La insufficiente previsione del rischio non avrebbe trovato alcun riscontro in atti. Il D.C. era soggetto più che esperto, essendo stato assunto dall'azienda otto anni prima dell'infortunio, occupandosi l'azienda proprio di saldature.
Quanto alla colpa generica, la difesa evidenzia che il S.P. aveva dettagliatamente istruito la persona offesa sulle modalità del compimento della saldatura mostrandogli concretamente come fare ed informandolo sulla necessità di aprire tutti i tappi del serbatoio che fungevano da sfiatatoi. Nessuna mancata formazione del lavoratore risulterebbe dagli atti.
2.3. Terzo motivo: nullità della sentenza per contraddittorietà e manifesta illogicità della stessa in relazione alla individuazione della responsabilità dell'imputato in relazione alla causa dello scoppio. Secondo quanto viene prospettato dalla difesa, l'unica causa dello scoppio, alla luce delle considerazioni che precedono, deve essere ravvisata nel negligente, superficiale e sbadato comportamento della persona offesa. Quando l'operazione di saldatura fu compiuta in compagnia del S.P., tutte le aperture del serbatoio furono aperte. Dalla ricostruzione dei fatti è invece emerso con chiarezza che il D.C., nella data dell'Infortunio, lavorando da solo non ha adempiuto all'ordine impartitogli di aprire tutti i tappi per evitare che i residui vapori ristagnassero all'Interno del serbatoio.
2.4. Quarto motivo: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione al T.U. della sicurezza sul lavoro. Il D.C. era tra i dipendenti più abili e capaci dell'azienda del ricorrente. Solo alla sua condotta colposa sarebbe ascrivibile lo scoppio del serbatoio.
1. Il ricorso è inammissibile.
2. I motivi di doglianza svolgono essenzialmente censure di merito, come tali indeducibili in sede di legittimità. Costituisce infatti ius receptum, nella giurisprudenza della Suprema Corte, il principio secondo il quale il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene pur sempre alla coerenza strutturale della decisione, di cui saggia l'oggettiva "tenuta", sotto il profilo logico-argomentativo, e quindi l'accettabilità razionale, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di valutazione dei fatti (Sez. 3, n. 37006 del 27/09/2006, Piras, Rv. 23550801; Sez. 6, n. 23528 del 06/06/2006, Bonifazi, Rv. 23415501).
3. Le doglianze del ricorrente in tema di responsabilità pretendono, invece, di ottenere dalla Suprema Corte una rilettura dei fatti in senso a sé favorevole, insistendo sulla inattendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e sulla correttezza del comportamento del ricorrente, sostenendo che nell'occorso egli avrebbe esaurientemente informato ed istruito il D.C. sulle modalità di lavaggio e sulla successiva saldatura del serbatoio, raccomandandosi in particolare di rimuovere tutti i tappi prima di iniziare l'attività di saldatura del serbatoio, cercando in tal modo di accreditare una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quanto accertato dal giudice di merito, operazione chiaramente inammissibile nella presente sede di legittimità.
Ciò a fronte di una c.d. "doppia conforme" di condanna che, con dovizia di argomentazioni, prive di incongruenze o di discrasie logiche, dopo un approfondito esame delle emergenze istruttorie ha ritenuto provato, in maniera congrua e plausibile, che l'esplosione del serbatoio sia stata causata dal fatto che lo stesso serbatoio non era stato preventivamente bonificato, mediante completa eliminazione delle sostanze infiammabili (gasolio) e garantendo, attraverso tecniche e procedure apposite, che le concentrazioni interne al serbatoio non fossero pericolose. E' stato accertato come fosse stata la prima volta che i lavoratori venissero impegnati in operazioni di saldatura di serbatoi adibiti al contenimento di materiale infiammabile e che la procedura di sicurezza indicata dal teste dello SPISAL, che avrebbe impedito il verificarsi dell'esplosione, non era stata attuata. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, inoltre, nessun rilievo causale è stato attribuito alla mancata apertura da parte del D.C. di tutti i tappi e non solo di quello centrale.
Al riguardo, va ribadito che in presenza di una c.d. "doppia conforme", come nel caso, il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo qualora il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l'argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado, posto che in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell'art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, il vizio di travisamento della prova - che si ha quando nella motivazione si fa uso di un'informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva - è sindacabile solo nell'ipotesi in cui l'impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del devolutum con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d'appello, per rispondere alle critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009, Buraschi, Rv. 24363601).
4. L'addebito nei confronti del datore di lavoro è stato esaurientemente individuato nel grave deficit di formazione professionale del lavoratore e nella carenza del documento di valutazione dei rischi adottato dalla ditta del prevenuto prima dell'infortunio, in quanto non riportante i rischi derivanti dalle operazioni di saldatura sui serbatoi in presenza di sostanze infiammabili e i rischi derivati da tutte le tipologie di saldatura, con particolare riguardo alla tecnica demandata al dipendente. Tali circostanze sono emerse principalmente alla luce delle dichiarazioni della persona offesa e delle risultanze degli Ispettori del lavoro, per cui non è consentito in questa sede rivalutare il compendio probatorio in senso diverso rispetto a quanto conformemente effettuato nei due giudizi di merito.
Tanto meno appare decisiva la circostanza che il D.C. abbia posto in essere un comportamento colposo: ammesso che ciò sia vero (ma non spetta a questa Corte stabilirlo), la situazione di fatto non sarebbe affatto ribaltata, come preteso dal ricorrente, poiché il datore di lavoro è tenuto a considerare anche eventuali comportamenti imprudenti e negligenti dei lavoratori, attuando la dovuta sorveglianza (Sez. 3, n. 29229 del 19/04/2005, Ligresti, Rv. 23230701), e trattandosi, comunque, di una conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi gravanti sul datore di lavoro (Sez. 4, n. 49593 del 14/06/2018, T, Rv. 27404201).
5. La riscontrata inammissibilità del ricorso, cui consegue la mancata instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen., tra cui la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. L, Rv. 21726601).
6. Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, nella misura indicata in dispositivo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 10 luglio 2019