Cassazione Penale, Sez. 4, 05 ottobre 2015, n. 40043 - Cattivo funzionamento del dispositivo di sicurezza della macchina. Responsabilità del delegato alla sicurezza
1. Con sentenza del 10\5\2013 la Corte di Appello di Brescia, in riforma della sentenza di primo grado, assolveva T.A. e T.C. dal delitto di lesioni colpose in danno del lavoratore G.G. per non aver commesso il fatto; con la medesima sentenza veniva confermata, invece, la condanna di T.S..
Agli imputati era stato addebitato di avere, in qualità presidente del c.d.a. della s.r.l. "F.P.T. T." T.A., di componente del c.d.a. T.C. e di componente del consiglio di amministrazione, delegato alla prevenzione e sicurezza sul lavoro il T.S., cagionato al dipendente G.G. lesioni personali gravi consistite in trauma all'emivolto destro e ustioni di II e III grado al volto e collo, lesioni guarite in complessivi giorni 48. In particolare, mentre il lavoratore, al fine di effettuare alcune regolazioni, si trovava all'interno dell'area di azione del braccio robotico collegato alla pressa orizzontale marca "Idra" 225T (area perimetrata da una difesa in rete metallica cui si accedeva attraverso un cancelletto), dopo aver messo in modalità "manuale" l'operatività della macchina e dopo aver aperto il cancelletto di ingresso, veniva colpito dal movimento improvviso del braccio robotico a causa del cattivo funzionamento del dispositivo di sicurezza artigianalmente assemblato e installato, volto ad impedire i movimenti del robot in caso di cancelletto aperto.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, lamentando :
2.1. il difetto di motivazione in ordine alla durata della malattia, 41 giorni, valutata sulla base di un "referto di infortunio" senza alcun ulteriore approfondimento specifico;
2.2. il difetto di motivazione sulla sussistenza del nesso causale tra la condotta dell'imputato e l'evento, tenuto conto che l'incidente era accaduto ad un operaio esperto che da tempo lavorava presso lo stesso macchinario. La qualità di consigliere delegato da sola non poteva costituire ragione per ritenere l'esistenza del rapporto causale.
2.3. la omessa valutazione della possibilità che l'incidente fosse riconducibile ad una condotta gravemente imprudente della vittima, idonea ad interrompere il nesso causale.