Cassazione Penale Sez. 4 del 13 gennaio 2022 n. 831
Infortunio del manutentore con un tornio. Mancata formazione specifica sul macchinario
Penale Sent. Sez. 4 Num. 831 Anno 2022
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: COSTANTINI FRANCESCA
Data Udienza: 09/11/2021
1. La Corte di appello di Brescia, con pronuncia del 23 ottobre 2020, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Bergamo, in data 9 aprile 2018, previo riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 6, cod. pen., da valutarsi unitamente alle già concesse attenuanti generiche in equivalenza alle aggravanti, rideterminava in mesi tre di reclusione la pena inflitta a S.M. per il reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro commesso ai danni di R.E..
2. Veniva contestato al S.M. di avere, in qualità di legale rappresentante della società "M.S. AMBROGIO s.p.a.", cagionato al lavoratore R.E., dipendente della società con mansioni di operaio manutentore, lesioni personali consistite nella amputazione traumatica del primo dito della mano destra da arrotolamento e strappamento, con esposizione prima falange, da cui era derivata una malattia di durata superiore ai quaranta giorni e l'indebolimento permanente dell'organo prensorio, avendo omesso, in violazione dell'art. 2087 cod. civ. e dell'art. 71, comma 4, d.lgs. n. 81/2008, di prendere le misure necessarie affinché il tornio, marca Tovaglieri, mod. TOV 360, fosse utilizzato in conformità alle istruzioni del DVR e della procedura per l'uso del tornio parallelo, consentendo lavori di smerigliatura di pezzi metallici (albero di acciaio) con tela smeriglio, senza utensile di supporto "portatela" e avendo omesso, in violazione dell'art. 18 comma 1, d.lgs. n. 81/2008, di richiedere l'osservanza, da parte del lavoratore, delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza ed igiene del lavoro in relazione al corretto utilizzo del tornio; nonché avendo omesso, in violazione dell'art. 37 del d.lgs. n. 81/2008, di fornire al lavoratore infortunatosi una formazione adeguata in materia di salute e sicurezza, con particolare riferimento ai rischi riferiti al lavoro con torni e macchine utensili.
3. Avverso la indicata sentenza S.M. propone ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i seguenti motivi:
- vizio di motivazione in quanto la Corte di appello di Brescia avrebbe omesso di pronunciarsi sulla nullità della sentenza di primo grado eccepita con l'atto di appello. Si rileva, in particolare, che, nella sentenza di primo grado, risulterebbe riportato un capo di imputazione diverso da quello di cui al decreto di citazione in quanto nello stesso si farebbe riferimento alla violazione dell'art. 18, comma 1, d.lgs. 81/2008, con la descrizione della relativa condotta, non presente nel capo di imputazione di cui all'atto introduttivo del giudizio, con conseguente nullità della sentenza di prime cure per violazione dell'art. 546 c.p.p., lett. c), sulla cui eccezione la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi anche in via implicita;
- violazione di legge avendo il giudice di appello errato nella interpretazione ed applicazione dell'art. 590, commi 1, 2 e 3 cod. pen., in relazione all'art. 583, comma 1, nn. 1 e 2; violazione degli artt. 18, 37 e 71, comma 4, del d.lgs. 81/2008. In particolare, rileva la difesa che il nesso causale tra la condotta colposa e l'evento dovrebbe ritenersi interrotto dal comportamento abnorme del lavoratore il quale, per sua stessa ammissione, non si sarebbe infortunato nel corso della esecuzione della operazione di smerigliatura al tornio bensì a lavorazione conclusa e, dunque, per fatto accidentale ed imprevedibile, e al più imputabile alla distrazione del lavoratore il quale, seppure esperto, e correttamente informato e formato, aveva operato sullo strumento utilizzando i guanti che invece non dovevano essere adoperati in quel tipo di lavorazione. I giudici di merito, infine, avrebbero omesso di operare un proporzionato giudizio controfattuale, non avendo chiarito se la verificazione dell'infortunio sarebbe stata sicuramente esclusa ove il lavoratore fosse stato dotato del supporto porta tela;
- mancanza di motivazione per ·avere la Corte di appello omesso di pronunciarsi sul motivo di gravame con cui si era contestata la ritenuta violazione delle disposizioni in materia di informazione e formazione. Si rileva che nell'atto di appello si era eccepito come il Tribunale avesse del tutto apoditticamente ritenuto che R.E. non fosse stato adeguatamente formato sull'uso del tornio essendo al contrario emerso dall'istruttoria dibattimentale che tale formazione vi era stata;
- violazione di legge e vizio di motivazione per non avere la Corte di appello concesso all'imputato il beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale esclusivamente sul presupposto della sussistenza di una pregressa condanna risalente nel tempo e soggetta in limine ad indulto e della sussistenza di un precedente a carico dell'imputato.
4. Con requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, il Procuratore Generale presso questa Corte di cassazione ha concluso per il rigetto del ricorso.
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
2. Per quanto riguarda il primo motivo, la non corrispondenza del capo di imputazione di cui al decreto di citazione con quello riportato nella sentenza di primo grado, per essere il primo privo del riferimento alla violazione dell'art. 18, comma 1, d.lgs. 81/2008, presente, invece, nel secondo, come correttamente rilevato dal Procuratore Generale, è chiaramente frutto di un mero errore materiale. Dall'esame degli atti, consentito a questa Corte attesa la natura processuale della censura, è, infatti, possibile rilevare che il capo di imputazione, in origine era correttamente e interamente riportato nella richiesta e nel decreto penale di condanna, sicchè, essendo la contestazione completa già nota all'imputato fin dall'inizio del procedimento, deve escludersi la violazione delle prerogative difensive dell'imputato essendo egli stato posto nella condizione di contraddire e di difendersi.
3. Per quanto concerne, poi, l'asserito comportamento abnorme del lavoratore e la dedotta idoneità dello stesso ad interrompere il nesso di causalità tra la condotta contestata e l'evento, giova rammentare che le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine ad incidenti derivati da sua negligenza, imprudenza od imperizia, sicché la condotta imprudente dell'infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio inerente all'attività svolta dal lavoratore ed all'omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità deve considerarsi interruttiva del nesso di condizionamento la sola condotta del lavoratore che si collochi al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso trattandosi in tal caso di un comportamento del tutto eccentrico ed esorbitante rispetto al rischio lavorativo che il garante é chiamato a governare (ex multis, Sez. 4, n. 5794 del 26/01/2021, Chierichetti, Rv. 280914; Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Vigo, Rv. 281748 - 01; Sez. 4, n. 5007 del 28/11/2018 (dep. 01/02/2019), Musso, Rv. 275017 - 01). Inoltre, anche recentemente questa Corte ha ribadito che, in tema di infortuni sul lavoro, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242). Nel caso che occupa, i giudici di merito hanno correttamente evidenziato che il fatto che l'infortunato avesse indossato i guanti è un particolare irrilevante nell'eziologia dell'evento, essendosi senza dubbio accertato che il trascinamento della mano è avvenuto in ragione dello sfilacciamento della tela-smeriglio, che rimaneva conseguentemente impigliata nel giro del tornio, seppur in fase di spegnimento, sicchè nessuna rilevanza causale hanno avuto i guanti indossati dall'operaio. La Corte ha, inoltre, evidenziato che il pericolo poteva essere rimosso tramite l'adozione di adeguati strumenti di sicurezza, sicchè non può configurarsi un comportamento abnorme del lavoratore, posto in essere nelle sue ordinarie mansioni, laddove tale comportamento sia collegato proprio all'assenza o insufficienza di adeguate cautele che, se adottate, avrebbero potuto evitarlo. Conclusivamente, non vi è dubbio circa la sussistenza del nesso causale tra la condotta colposa dell'imputato e l'evento lesivo e circa la evitabilità dell'evento ove il lavoratore fosse stato munito di adeguati strumenti di protezione.
4. Anche la doglianza con la quale si eccepisce che la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo di impugnazione con cui si era contestata la asserita, ma non provata, violazione delle disposizioni in materia di informazione e formazione è infondato evidenziandosi nella sentenza impugnata che, come ribadito dal teste esperto della Asl, non erano stati fatti corsi specifici per quel determinato utilizzo del tornio che comunque era una operazione altamente rischiosa in quanto svolta con una tela smerigliata del tutto inidonea in quanto priva del porta-tela e addirittura sfilacciata.
5. Per quanto riguarda, infine, il motivo volto a contestare l'omessa concessione del beneficio della non menzione della condanna occorre rilevare che tale beneficio è fondato sul principio dell'emenda e tende a favorire il processo di recupero morale e sociale, e la sua concessione è rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito, che ha l'obbligo di indicare le ragioni della mancata concessione sulla base degli elementi di cui all'art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 34380 del 14/07/2011, Allegra, Rv. 251509), con la conseguenza che ogni valutazione in ordine alla concessione dello stesso, richiedendo l'uso di poteri discrezionali, non è consentita nel giudizio di legittimità. Avendo la Corte d'appello motivato la mancata concessione della non menzione della condanna sul presupposto della sussistenza di una·precedente condanna per delitto, seppure risalente nel tempo, la doglianza deve ritenersi infondata.
6. Per quanto esposto il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso, il 9 novembre 2021