Sicurezza lavoro

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 37002 | 04 Settembre 2019

Sentenze cassazione penale

Infortunio del dipendente di una cartiera

Penale Sent. Sez. 4 Num. 37002 Anno 2019

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: ESPOSITO ALDO
Data Udienza: 10/04/2019

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 13 dicembre 2016 il Tribunale di Genova ha assolto G.D. per il reato di cui agli artt. 590, commi primo, secondo e terzo, cod. pen. (imputazione: per aver cagionato - in qualità di datore di lavoro della Cartiera G.D. s.a.s. - a S.A., operaio specializzato dipendente della cartiera con mansioni di conduttore di macchina continua, lesioni personali consistite in trauma da spappolamento ad arto superiore sinistro con frattura della glena e della scapola sinistra, per colpa generica e per violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e, in particolare, nel non avere richiesto l'osservanza da parte dei lavoratori addetti alla macchina continua dell'istruzione operativa per il passaggio "coda" di carta nella macchina continua non impedendo il diffondersi di pratiche di lavoro rapide ed efficaci dal punto di vista operativo (strappo manuale della carta nella zona tra due cilindri - art. 18, punto f, D. Lgs. n. 81 del 2008; il 15 marzo 2013, S.A. si accorgeva che, prima dell'arrotolatore, la coda era fuoriuscita dalle funi guida carta; dopo aver tentato invano di ripristinare il percorso corretto della coda tra le funi, decideva di interromperla strappandola manualmente prima dell'entrata nella sezione monolucido, ma il suo arto superiore sinistro era trascinato tra il rullo guida carta e il sottostante rullo guida tela, restando incastrato e schiacciato fino alla spalla).
1.1. In ordine alla ricostruzione della dinamica del sinistro, il Tribunale ha rilevato che il S.A., accortosi dell'uscita della coda dal nastro o della sua rottura, aveva deciso di intervenire immediatamente per risolvere il problema, strappando con le mani il pezzo di carta prima del suo inserimento nei rulli, ma in tale frangente perdeva l'equilibrio poggiando la mano sinistra sul rullo in movimento, per cui il braccio sinistro rimaneva incastrato in esso; fortunatamente un collega presente nelle vicinanze bloccava il pulsante di arresto rapido.
Gli Ispettori d: P.G. F. e G., che avevano esaminato il macchinario in questione durante la lavorazione della carta, riferivano che il S.A., sebbene esperto del settore, aveva strappato manualmente la carta con la guida in movimento. Come dichiarato anche dal S.A., la procedura corretta consisteva nel blocco della macchina mediante il pulsante di arresto posto sopra le guide, anche se ciò avrebbe comportato l'interruzione della lavorazione.
La previsione dei rischi era stata correttamente valutata e non erano emerse lacune nella vigilanza del dipendente.
1.2. La Corte di appello di Genova, in riforma della sentenza del Tribunale, ha condannato G.D. alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi uno di reclusione per il reato ascrittogli, avendo riconosciuto la sussistenza di una prassi aziendale di intervenire in modo anomalo, allorché si verificava l'inconveniente del non corretto scorrimento della carta (blocco, arrotolamento e simili) nell'imminenza del passaggio della stessa attraverso i rulli.
L'operaio era esperto e anche il collega Gh. presente con lui riferiva di aver sempre effettuato tale manovra, ritenendo difficile che potesse procurare conseguenze lesive. Evidentemente, la stessa persona offesa si era assunta la responsabilità dell'accaduto, per non fermare quella sezione di linea e il processo di lavorazione.
Secondo la Corte di merito, il datore di lavoro avrebbe dovuto fornire strumenti e procedure di sicurezza, comunicarle ai dipendenti ed esigerne il rispetto attraverso costanti verifiche. L'imputato non aveva fornito dimostrato l'esistenza di deleghe certe ed efficaci in punto di prevenzione sotto il profilo dei controlli e degli interventi volti ad eliminare prassi pericolose.
2. Il G.D., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo quattro motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al nesso di causalità, risultanti dalle risultanze processuali, dalla relazione della ASL del 20 agosto 2013 e dalla procedura operativa della Cartiera, contenuta nel DVR.
Si deduce che il DVR era idoneo e che era stata predisposta un'istruzione operativa per svolgere la suddetta manovra in piena sicurezza, diffusa anche mediante l'apposizione di cartelli in corrispondenza della linea e conosciuta dai lavoratori compreso l'esperto S.A., che aveva scelto di non seguire la procedura prevista "per comodità", cioè non per un interesse aziendale. Si trattava di un gesto occasionale e anomalo, svolto rapidamente quando si poteva conseguire la certezza di non essere visti, e non di un comportamento conosciuto, tollerato o suggerito dai vertici aziendali.
La procedura errata non poteva essere giustificata da finalità di profitto dell'azienda, non occorrendo l'interruzione dell'intera linea, bensì l'azione su di una sola sezione della stessa. Il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione, peraltro, avrebbe avuto il compito di vigilare.
La Corte di appello ha rivalutato la prova dichiarativa, senza rinnovare l'istruttoria dibattimentale e senza illustrare la propria diversa valutazione mediante una motivazione rafforzata.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'elemento soggettivo del reato, emergenti dalle trascrizioni delle udienze del 12 aprile e del 12 maggio 2016, dalla relazione della ASL del 20 agosto 2013 e dalla procedura operativa della Cartiera, contenuta nel DVR.
Si rileva che non era possibile configurare la responsabilità per omessa vigilanza, senza considerare l'esperienza nel settore del S.A., adeguatamente formato ed informato, dal quale ci si poteva attendere solo il puntuale rispetto dell'idonea procedura. La Corte territoriale, peraltro, ha erroneamente attribuito rilievo alla condotta dell'imputato e alla sua legittima scelta di rimanere assente nel corso del procedimento, dovendo l'accusa dimostrare la mancata vigilanza sulle prescrizioni.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 18, comma 1, D. Lgs. n. 81 del 2008.
Si osserva che il G.D., ottantenne e pensionato, non esercitava più l'attività di ingegnere. Non gli competeva la vigilanza della linea produttiva. Egli aveva fornito i mezzi idonei al lavoratore e adempiuto alle obbligazioni proprie della posizione di garanzia, per cui non era responsabile per un evento riconducibile ad una condotta colposa del lavoratore.
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla mancata concessione della circostanza attenuante del risarcimento del danno e all'omesso giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata aggravante, nonostante l'integrale risarcimento del danno in epoca anteriore all'inizio del giudizio.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.
1.1. Va premesso che la presente vicenda concerne l'infortunio sul lavoro occorso all'operaio specializzato S.A., dipendente di una cartiera, che strappava manualmente la carta con la guida in movimento senza fermare preventivamente il macchinario corre da procedura prescritta e, conseguentemente, inciampava, finendo col braccio sotto la pressa, procurandosi lesioni personali.
Dalle risultanze processuali emerge incontestabilmente che il Documento di Valutazione dei Rischi contemplava le modalità di intervento in caso di rottura del foglio e che le stesse erano rese note mediante appositi cartelli segnaletici, per evitare ogni rischio. Il DVR, infatti, prevedeva che, in caso di rottura accidentale del foglio in formazione, occorreva ripetere dall'inizio l'operazione di passaggio coda, utilizzando un apposito dispositivo, comandato da un pulsante sul pulpito presse; presso la postazione di manovra era affisso l'avviso «se è necessario interrompere il foglio di carta in formazione si raccomanda l'utilizzo dell'apposito pulsante di rottura carta sul pulpito di comando presse o agendo sul volantino di allargamento/restringimento sulla tavola piana».
1.2. Il primo motivo di ricorso è fondato.
Deve osservarsi al riguardo, che la difformità delle decisioni di merito è derivata da una diversa valutazione circa la prassi aziendale in caso di accadimenti del genere di quelli verificatisi.
Il Tribunale ha escluso la possibilità di rinvenire dagli elementi probatori acquisiti la presenza di una prassi lavorativa scorretta, come quella concretamente attuata, idonea a porre a rischio la salute dell'operaio. 
Al contrario, la Corte di appello ha riconosciuto apoditticamente l'esistenza di una prassi contra legem osservata in caso di scorrimento anomalo della carta, senza tuttavia indicare da quali risultanze processuali potesse ricavarsi la prova della medesima. Né la dimostrazione dell'esistenza di tale prassi (e della sua conoscibilità da parte dei vertici aziendali) poteva essere desunta dall'ammissione della persona offesa e di un altro lavoratore di aver effettuato in precedenza la medesima manovra pericolosa.
Ebbene, alla luce di quanto esposto, la Corte territoriale avrebbe dovuto verificare puntualmente l'eventuale instaurazione o meno, nella concreta situazione data (connotata da un certo tipo di organizzazione aziendale, da una pluralità di dipendenti e dalla nomina di un preposto), di una prassi aziendale contra legem di tolleranza di condotte pericolose, accertamento necessario nella fattispecie, in ossequio al consolidato principio giurisprudenziale, secondo cui in tema di prevenzione infortuni sul lavoro il datore di lavoro deve controllare che il preposto, nell'esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli; ne consegue che, qualora nell'esercizio dell'attività lavorativa si instauri, con il consenso del preposto, una prassi contra legem, foriera di pericoli per gli addetti, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno ai doveri di formazione e informazione del lavoratore e che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche (Sez. 4, n. 26294 del 14/03/2018, Fassero Gamba, Rv. 272960, in un caso di omicidio colposo; in conformità, in un'ipotesi di lesioni colpose, Sez. 4, n. 18638 del 16/01/2004, Policarpo, Rv. 228344; principio risalente a Sez. 4, n. 17941 del 16/11/1989, Raho, Rv. 182857).
A tali considerazioni, peraltro, va aggiunto che non è emerso che la procedura impropria seguita dal lavoratore determinasse un'accelerazione del processo di lavorazione e che rientrasse in una logica di profitto aziendale.
2. Tenuto conto della totale assenza di indicazioni da parte della Corte di merito circa i dati processuali dai quali ha ricavato l'affermazione dell'esistenza di una prassi non corretta, deve ritenersi irrilevante un eventuale ulteriore approfondimento probatorio.
Discende, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la decisione di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato, restando assorbito ogni ulteriore motivo di ricorso. 

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato. Così deciso in Roma il 10 aprile 2019.

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