Sicurezza lavoro

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 13220 | 30 Marzo 2022

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sez. 4 del 30 marzo 2022 n. 13220

Mano dell'operaio schiacciata tra il rullo mobile ed il rullo fisso del macchinario. Prescrizione

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: CENCI DANIELE
Data Udienza: 30/03/2022

Ritenuto in fatto

1. La Corte di appello di Bologna il 19 maggio 2020 ha integralmente confermato la sentenza con cui il Tribunale di Reggio Emilia il 27 aprile 2016, all'esito del dibattimento, ha riconosciuto D.P. responsabile del reato di lesioni colpose, con violazione della disciplina antinfortunistica, in conseguenza condannandolo, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante, alla pena di giustizia, oltre al risarcimento dei danni, in forma generica, in favore della parte civile, cui è stata assegnata provvisionale.
Occorre dare atto che all'udienza del 12 luglio 2018 (come si legge alla p. 16 della sentenza impugnata) la costituzione di parte civile è stata revocata in ragione dell'avvenuto risarcimento dei danni da parte dell'assicurazione.

2. I fatti, in estrema sintesi, come ricostruiti dai giudici di merito (pp. 3-11 della sentenza di appello e pp. 3-5 di quella del Tribunale).
L'imputato, in veste di procuratore della s.p.a. "Padana tubi e profilati acciaio" e di delegato in materia di sicurezza e salute sul lavoro, è stato ritenuto responsabile dell'infortunio occorso il 23 aprile 2013 al lavoratore dipendente G.B., mentre lo stesso era intento a rimuovere manualmente una sottile lastra metallica che era uscita dalla corretta posizione di scorrimento e che si era aggrovigliata nella zona dei rulli, inibendo il funzionamento della macchina, detta "linea di taglio TR2", impiegata per spianare la lamiera. La mano sinistra dell'operaio è rimasta schiacciata tra il rullo mobile ed il rullo fisso del macchinario, macchinario che era sotto il controllo a distanza di un altro operatore, nel caso di specie il capo-macchina Go. (quel giorno in sostituzione del titolare Z.), che è colui che è risultato avere riavviato il macchinario mentre il collega aveva ancora la mano nella zona dei rulli. La persona offesa ha riportato la frattura frammentaria di quattro dita della mano, pur protetta dal guanto di sicurezza, con incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per quarantacinque giorni e grado di menomazione dell'integrità fisica del 35 %.
I profili di colpa ravvisati sussistenti sono di tipo sia generico, ossia negligenza, imprudenza e imperizia, che specifico, in particolare violazione dell'art. 71, comma 3, del d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81, e dei punti nn. 1.6.2., comma 3, e 1.6.3. dell'allegato VI al d. lgs. n. 81 del 2008, per avere cioè l'imputato: consentito che il capo-macchina, che dava i comandi da dentro una cabina, fosse collocato in una posizione, alle spalle dei lavoratori, da cui non aveva la visuale completa; per non avere fornito ai dipendenti uno strumento 'idoneo per recuperare le c.d.. "rifile" cioè le strisce di acciaio fuoriuscite dal macchinario, circostanza che accadeva con relativa frequenza, avendo gli operai di propria iniziativa realizzato artigianalmente un "rampino" ossia un gancio che utilizzavano allo scopo; per non avere disciplinato la procedura di recupero delle lastre di acciaio, che avveniva a mano e con l'aiuto del gancio di cui si è detto; per non avere proibito la lavorazione su· parti in movimento; per non avere previsto appositi avvisi, chiaramente visibili, circa gli specifici pericoli connessi alla lavorazione su parti mobili; per avere consentito l'instaurarsi di una prassi che "bypassava" il sistema di sicurezza incentrato sulle fotocellule installate sui cancelli che delimitavano la zona di rischio; in ogni caso, per non avere adeguatamente formato ed informato i lavoratori.

3. Ricorre per la cassazione della sentenza l'imputato, tramite Difensore di fiducia, affidandosi a tre motivi, con i quali denunzia difetto di motivazione (i primi due motivi) e violazione di legge (il terzo motivo).
3.1. Con il primo motivo lamenta vizio di motivazione quanto alla dinamica dell'infortunio, con particolare riferimento al funzionamento dell'impianto al momento dell'incidente, con travisamento delle prove dichiarative ed omesso esame dei motivi di appello sui profili di colpa. Ciò sotto più profili.
3.1.1.I giudici di merito (p. 3 della sentenza di primo grado e p. 7 di quella di appello) avrebbero errato nel ritenere l'incidente scaturito dal riavvio del macchinario in modalità automatica, mentre nei motivi aggiunti di appello si era sostenuto, con richiamo di plurime testimonianze, che, in realtà, l'impianto era fermo e che quando è stato riattivato dal capo-macchina è stato riattivato in modalità manuale lenta: sicchè il contributo conoscitivo dei testi al riguardo, che si richiama anche nel corpo del ricorso, sarebbe stato travisato.
Peraltro, il comando manuale sarebbe previsto proprio per consentire operazioni di riparazione o di manutenzione quale quella che si stava svolgendo.
3.1.2. Sempre con richiamo al contenuto dei motivi aggiunti di appello, si evidenzia essersi criticata, quanto alla ricostruzione della dinamica dell'infortunio e all'impiego dell'uncino in sostituzione delle mani per "aripionare" le lamine di metallo che fuoriuscivano dai corretti binari, la ritenuta - dal Tribunale - inattendibilità del teste Go., cioè colui che quel giorno svolgeva le funzioni di capo-macchina e, viceversa, essersi criticata la ritenuta - sempre da parte del Tribunale - credibilità della persona offesa, senza trovare adeguata risposta.
Dunque, le considerazioni della Corte territoriale circa la conoscenza da parte dei dipendenti della necessità di utilizzare l'uncino, che in effetti avevano a disposizione, sarebbero frutto di travisamento delle risultanze istruttorie.
3.1.3. Sarebbe stato ignorato anche il rilievo difensivo svolto nei motivi aggiunti circa la idoneità dell'uncino, seppure artigianalmente realizzato, allo scopo di agganciare le lamine di acciaio senza necessità di adoperare le mani.

3.1.4. Stesso vizio presenterebbero le considerazioni dei Giudici sulla ritenuta mancanza di formazione e di informazione, avendo trascurato il contenuto, riferito alla p. 7 dei motivi aggiunti, delle dichiarazioni dei testimoni che hanno affermato di avere avuto formazione e avere seguito corsi di aggiornamento.
3.1.5. Diversa la situazione della mancanza dei cartelli di pericolo: la Difesa non ne contesta l'assenza ma sottolinea che ciò non ha avuto alcùn rilievo causale nell'infortunio poiché dall'istruttoria è emerso che i dipendenti erano a conoscenza che avrebbero dovuto agire solo a macchina ferma. Ebbene, la Corte di appello si sarebbe limitata a confermare che l'assenza dei cartelli costituirebbe profilo di colpa, senza però confrontarsi con i rilievi critici svolti nell'appello.
3.2. Mediante il secondo motivo D.P. si duole di vizio di motivazione circa la sussistenza del rapporto causale, essendosi verificato l'infortunio, ad avviso del ricorrente, a causa di una condotta abnorme e, comunque, estranea all'attività lavorativa dell'infortunato, avendo la Corte territoriale ignorato le doglianze sul punto dell'appellante, che aveva valorizzato le dichiarazioni dell'ispettore della U.S.L. Ferraresi, che ha parlato di errore sia del capo-macchina sia della persona offesa. In realtà, alla luce delle testimonianze dell'infortunato e dei suoi colleghi, non sarebbe possibile ricostruire con precisione la dinamica dell'infortunio e, quindi, «non si può escludere [ ...] che la responsabilità de/l'infortunio sia da attribuire ad una condotta dell'infortunato imprevedibile ed estranea alle mansioni che gli erano state affidate» (così alle pp. 10-11 del ricorso), con conseguente necessità di adozione di pronunzia assolutoria.
3.3. Con l'ultimo motivo il ricorrente censura violazione di legge in relazione alla mancata applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto.
Richiamata la motivazione con cui la Corte di appello (pp. 15-17) ha disatteso la richiesta di applicazione dell'art. 131-bis cod. pen., si sottolineano gli elementi che avrebbero dovuto condurre a diversa valutazione ossia il "non elevato grado di colpa", desumibile dalla deposizione dell'ispettore della U.S.L. e già espressamente ritenuto dal Tribunale (alla p. 6), richiamando al riguardo un precedente di legittimità (Sez. 4, n. 6566 del 07/10/2019, dep. 2020, rie. Vitrano, non mass.) in cui si è ritenuto applicare di ufficio la causa di non punibilità in ragione dell'assenza di precedenti penali, dell'avvenuto risarcimento dei danni, della non gravità del fatto, anche in ragione della condanna alla sola pena pecuniaria.
Si chiede, dunque, l'annullamento della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

1.Osserva il Collegio che sussistono i presupposti per rilevare, ai sensi dell'art. 129, comma 1, cod. proc. pen., l'intervenuta causa estintiva del reato per cui si procede, essendo spirato il relativo termine di prescrizione massimo pari a sette anni e mezzo dal fatto (non risulta nessun rinvio chiesto dalla Difesa nei gradi di merito).
Deve rilevarsi infatti che il ricorso in esame non presenta profili di inammissibilità, per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché basato su censure non deducibili in sede di legittimità, tali, dunque, da non consentire di rilevare l'intervenuta prescrizione: ciò con particolare riferimento al tema della mancata applicazione dell'art. 131-bis cod. pen., invocato dalla Difesa nei motivi aggiunti (pp. 10-11), in relazione alla espressa valutazione di "non elevato grado di colpa" che si rinviene alla p. 6 della sentenza del Tribunale.
Pertanto sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare l'esistenza di una cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen. maturata successivamente rispetto all'adozione della sentenza impugnata (fatto del 23 aprile 2013; sentenza di secondo grado del 19 maggio 2020; prescrizione massima maturatasi, non essendo intervenuti eventi sospensivi, il 23 ottobre 2020; atti pervenuti alla S.C. il 21 aprile 2021).
E' poi appena il caso di sottolineare che risulta superfluo qualsiasi approfondimento al riguardo, proprio in considerazione della maturata prescrizione: invero, a prescindere dalla fondatezza o meno degli assunti del ricorrente, è ben noto che, secondo consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, qualora già risulti una causa di estinzione del reato, non rileva la sussistenza di eventuali nullità, addirittura pur se di ordine generale, in quanto l'inevitabile rinvio al giudice di merito è incompatibile con il principio dell'immediata applicabilità della causa estintiva (cfr. Sez. U, n. 1021 del 28/11/2001, dep. 2002, Cremonese, Rv. 220511) e non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in presenza, come nel caso di specie, di una causa di estinzione del reato, quale la prescrizione (v. Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275).
Si osserva, infine, che non ricorrono le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito, ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., in considerazione delle congrue e non illogiche valutazioni rese dalla Corte di appello nella sentenza impugnata: non emergendo, dunque, all'evidenza circostanze tali da imporre, quale mera "constatazlone" cioè presa d'atto, la necessità di assoluzione (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274 ), si impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato contestato estinto per prescrizione.

2. Motivazione semplificata, dovendosi fare applicazione nel caso di specie di principi giuridici già reiteratamente affermati dalla Corte di cassazione e condivisi dal Collegio, ricorrendo le condizioni di cui al decreto del Primo Presidente della S.C. n. 84 dell'8 giugno 2016.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
Così deciso il 30/03/2022.

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