Sicurezza lavoro

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 52374 | 21 Novembre 2018

Sentenze cassazione penale

Infortunio da schiacciamento durante la pulizia della macchina politenatrice

Mancanza di corrette modalità di manutenzione ed intervento

Penale Sent. Sez. 4 Num. 52374 Anno 2018

Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: FERRANTI DONATELLA
Data Udienza: 24/10/2018

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 17.01.2018 la Corte di Appello di Brescia, ha confermato la condanna di F.E., pronunciata dal Tribunale di Brescia il 4.03.2016 in ordine al reato contestato in rubrica per avere, quale Presidente del consiglio di amministrazione, con delega specifica in materia di sicurezza, della società Cartiera del Chiese s.p.a, per colpa generica e specifica, in particolare, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui all'art. 71 comma 1 in riferimento all'allegato V parte I punti 6.2 e 11.4 del TU 81/2008, causato all'operaio P.F.C. lesioni personali gravi, consistite in una frattura composta incompleta dente dell'epistrofeo, giudicate guaribili in 125 giorni con lesioni permanenti valutate dall'Inail nella misura del 3%. In particolare l'incolpazione descrive che mentre P.F.C., lavoratore addetto alla linea di politenatura 3 della cartiera (utilizzata per accoppiare il foglio di carta al politilene e che era contraddistinta da una prima zona dello svolgitore e l'ultima dello avvolgitore e si sviluppava per circa 21 metri di lunghezza) si trovava nella zona avvolgitore ad ultimare la pulizie dell'impianto, veniva schiacciato a livello toracico fra la calandrina e il rullo di rinvio posteriore, a causa dell'improvviso movimento del carro della portacalandrina. Al datore di lavoro si contesta di non aver adottato le misure necessarie e le cautele tecniche ed organizzative affinchè le operazioni di pulizia sulla citata linea, che si estendeva vari metri di lunghezza e prevedeva la presenza di più lavoratori operanti, avvenissero in sicurezza, sia verificando l'assenza di movimenti residui dei macchinari dopo l'attivazione dei sistemi di sicurezza sia formalizzando specifiche disposizioni sulle modalità di messa in sicurezza della linea, durante la fase di pulizia dei rulli e il conseguente ripristino.
L'infortunio secondo la ricostruzione del Tribunale e della Corte di appello si era verificato secondo la dinamica di seguito descritta che tiene conto della relazione dell'ufficiale di PG intervenuto sui luoghi dell'infortunio e della consulenza tecnica d'ufficio oltre che delle testimonianze della persona offesa e dei lavoratori della cartiera. Il giorno 25.05.2012 si era reso necessario un intervento tecnico sul rullo della linea 3 causato dalla rottura della carta mentre era in atto il cambio bobina; la linea quindi era stata messa in fermo assoluto tramite il pulsante rosso a fungo, posizionato sul pulpito principale e il pulsante blu ripristino sicurezze( fol 3 e 4); poiché i rulli in prossimità dell'avvolgitore si erano sporcati di polietilene il P.F.C. insieme ad un altro lavoratore avevano iniziato la pulizia del rullo; avevano avvisato il capomacchina G. di non resettare l'allarme e di non riavviare la linea. Mentre il P.F.C. si trovava tra la calandrina e il rullo di rinvio che stava ripulendo, a seguito del riavvio della linea, vi era stata l'improvvisa retrocessione del carro portacalandrina, (che -si assume- aveva conservato in memoria la posizione indietro del cambio bobina nel momento in cui si era arrestata nella sua corsa di 120 cm, prima del fermo operato per l'intervento tecnico) e rimaneva schiacciato all'altezza del torace tra la suddetta calandrina e il rullo. La Corte territoriale evidenzia come dato acquisito all'istruttoria che i tecnici della Asl il 23.10.2012 hanno redatto il verbale di contravvenzione e prescrizione nel quale si contestava all'imputato la violazione dell'art. 71 comma 1 sopra indicato in quanto, ai fini del punto 6.2, aveva omesso di prevedere, nella zona avvolgitore, dispositivi di sicurezza ulteriori che riguardassero anche il carro portacalandrina in quanto era evidente che i pulsanti di emergenza erano stati sbloccati, che il lavoratore era entrato nella zona avvolgitore e quindi le fotocellule di sicurezza lo avevano intercettato determinando il fermo del gruppo avvolgitore ma non anche del carrello mobile, cosiddetto portacalandrina. Quanto poi alla ulteriore violazione della prescrizione del punto 11.4 dell'allegato V (sempre dell'art. 71 commal cit.) la contestazione riguardava l'omessa individuazione di specifiche modalità di messa in sicurezza della linea durante le fasi di pulizia dei rulli ed il conseguente ripristino. Rilevavano i Giudici di merito che le scarne misure antinfortunistiche trovate appese in prossimità del quadro centrale erano infatti ancora quelle previste dal costruttore negli anni '90, non erano state aggiornate agli adeguamenti effettuati sulla linea; non era stata prevista una procedura specifica indicante quali lavoratori e quali compiti dovevano essere svolti mentre erano in corso le operazioni di ripulitura e manutenzione nel caso di arresto della macchina politenatrice,(il documento di sicurezza risultava infatti redatto e messo a punto dalla società solo dopo l'Infortunio a seguito del rilievi mossi dalla Asl).
La Corte territoriale a differenza del primo giudice, che aveva escluso l'incidenza causale della violazione di cui all'art. 71 comma 1 part I punto 6.2, ritenendo che se non fosse stato schiacciato il pulsante di arresto emergenza non vi sarebbe stato l'arretramento del carrello mobile chiamato portacalandrina, riteneva sussistente tale profilo di colpa specifica in capo al titolare della posizione di garanzia e il nesso causale con l'evento-infortunio in quanto, affermava, che se fossero stati adottati idonei dispositivi atti ad impedire i movimenti residui (evidentemente rimasti in memoria)del carro portacalandrina, come quelli poi adottati in seguito alle prescrizioni ASL (modifica al circuiti per cui il carro portacalandrina rimane comunque bloccato ove siano aperti i cancelli di accesso alla zona ) l'infortunio non si sarebbe verificato, anche se un terzo,come è avvenuto nel caso di specie, avesse agito sul pulsanti di emergenza e ripristino ( fol 14).La Corte inoltre ha ritenuto sussistente anche l'altro profilo di colpa già ravvisato dal Tribunale e la sua incidenza causale sull'evento, quello cioè attinente alla violazione del punto 11.4 dell'allegato V, per non aver posto In essere misure necessarie e cautele predisposte alla linea politenatura volte ad impedire o prevenire il rischio che la macchina durante le
operazioni di pulizia, riparazione e manutenzione, che prevedono l'introduzione del lavoratore in zone contraddistinte da organi in movimento, sia messa in funzione da altri. Sottolinea infatti nella motivazione che vi erano norme non aggiornate e nessuna procedura sulla individuazione delle persone competenti ad arrestare la macchina, a riavviare l'impianto in caso di guasti tecnici e a regolamentare le fasi di pulizia e di manutenzione dell'impianto. Infatti, disposizioni di sicurezza chiare, con distinzioni di ruoli e di compiti, sono state inviate ai tecnici della ASL dalla cartiera solo dopo l'incidente ( il 1.06.2012 fol 8 ), mentre in sede di sopralluogo fu rilevata solo la presenza di un opuscolo informativo per gli impianti Rotomec sul quadro elettrico principale. La Corte evidenzia che anche dalle acquisizioni testimoniali non sono emerse prassi operative univoche e chiare di sicurezza messe in atto all'interno del luogo di lavoro, sulla base di disposizioni impartite dagli organi preposti della società.( fol 10), finalizzate a coordinare più lavoratori operanti sulla stessa linea, a definire le competenze e il ruolo di ciascuno con riferimento all'arresto e al ripristino della linea e a garantire che uno solo dei lavoratori presenti (nelle istruzioni successivamente comunicate alla ASL viene infatti individuato il capo macchina) conservasse la chiave di sblocco del pulsante di emergenza, così da impedire che il riavvio potesse essere effettuato da parte di soggetti non competenti.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore, l'imputato chiedendo l'annullamento con rinvio e articolando i seguenti motivi.
2. Con il primo motivo lamenta violazione di legge e in particolare del principio devolutivo dell'appello; il primo giudice aveva escluso che il profilo di colpa attinente all'art 71 comma 1 part.I all. V punto 6.2. fosse collegato da nesso causale con l'infortunio e sul punto la decisione doveva ritenersi coperta da giudicato interno; lamenta grave violazione del diritto di difesa essendo stata recuperata sul punto la contestazione di colpa specifica dal Giudice di appello senza che vis fosse stato appello del P.M..
Con il secondo motivo deduce violazione ed erronea applicazione della legge penale con riferimento all'art. 590 come integrato dall'art. 71 comma 1 all. V 6.2 d.lgs 81/2008, trattandosi di previsione del tutto estranea alla fattispecie concreta in quanto riguarda i macchinari in esercizio e non in manutenzione; oltre che vizio e illogicità della motivazione in quanto l'infortunio si è verificato per l'azionamento dei pulsanti di ripristino senza che fosse completata l'azione di ripulitura; il blocco del movimento residuo del carro porta calandrina ritenuto rilevante non era una condotta esigibile in quanto non prevedibile.
A tal proposito lamenta l'omessa contraddittoria motivazione oltre che travisamento dei fatti e attiene alla mancata formalizzazione delle disposizioni sulla messa in sicurezza della linea durante le fasi di pulizia dei rulli e il conseguente ripristino. Lamenta il travisamento delle dichiarazioni di C. e del teste O. che supportano la tesi difensiva secondo cui all'interno dello stabilimento vi erano prassi operative sulle modalità con cui gestire il fermo e il ripristino degli impianti in sicurezza .
Con il terzo motivo, lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche sulla base di precedenti di datati risalenti al 1995 e 1996 e la mancata valorizzazione dell'adempimento delle prescrizioni impartite dalla ASL e dell'avvenuto risarcimento sia pure ad opera di terzi anche ai fini del riconoscimento dell'attenuante di cui all'art.62.n6 cod.pen.

Considerato in diritto

1. Il primo motivo di ricorso è infondato .
Va osservato che questo Corte anche con pronunce a Sezioni unite ( Sez.U n.l del 1996 rv 203096; Sez.l n.2809 del 18.02.1998 rv 210039;Sez.6 n.40625 dell08.10.2009 rv.245288) ha più volte ribadito che l'effetto devolutivo dell'appello è connesso ai punti della decisione non alle questioni che vi si dibattono; per regola generale al giudice di appello è attribuita la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione impugnata ai quali si riferiscono i motivi proposti, non è certo inibito al giudice, nell'ambito di quel punto, assumere decisioni che vanno al di là di quanto richiesto nei motivi stessi. Ed entro il limite suddetto il giudice della cognizione di appello non incontra riduzioni alla radice. Nel caso di specie è stato devoluto al giudice di appello il tema della responsabilità per colpa, un punto autonomo e complessivo nel cui ambito rientrano certamente i tutti i vari profili connessi alla posizione di garanzia, alla violazione delle misure di sicurezza e di prevenzione degli infortuni sul lavoro, al nesso di causa. Come già affermato da questa Corte nell'ambito del giudizio sulla responsabilità per reato colposo il giudice di appello ha il potere dovere di indagare su tutti gli elementi di colpa contestati al prevenuto compresi quelli sui quali il precedente giudizio era stato a lui favorevole dovendo considerarsi gli accertamenti relativi a detti elementi attinenti a profili particolari della condotta dell'agente come argomentazione logica e non punti autonomi della decisione(Sez. 4 del 25.10.2007 n.47158 ).
2.La seconda parte del primo motivo ed il secondo motivo, che possono essere trattati congiuntamente perché attengono alla individuazione dei profili di colpa specifica, sono infondati manifestamente infondati perciò inammissibili perché ripropongono le censure sostanzialmente già oggetto dei motivi di appello e ritenute infondate in maniera esaustiva dal giudice del gravame e presentano un difetto palese di correlazione e critica argomentativa con le ragioni esplicitate nella sentenza impugnata ( Sez. 6 n.203777 del 11.03.2009 rv 243838). 
La Corte territoriale ha articolato, con dovizia di argomenti fattuali logici-giuridici, una diffusa ricostruzione degli accadimenti, ricavata anche dalla dettagliata analisi del giudice di primo grado, individuando i seguenti puntuali addebiti di carattere omissivo: non avere il datore di lavoro approntato tutta una serie di accorgimenti, previsti dalla normativa antinfortunistica in particolare dall'art. 71 comma 1 in riferimento allegato V part I punto 6.2 e 11.4 del T.U 81/2008 che rispettivamente imponevano la predisposizione di dispositivi di sicurezza ulteriori che impedissero il movimento anche del carro portacalandrina allorché dalle cellule di sicurezza fosse avvertita una presenza nel gruppo avvolgitore e l'omessa individuazione di specifiche modalità di messa in sicurezza della linea durante le fasi di pulizia dei rulli ed il conseguente ripristino finalizzate ad impedire il rischio, di fatto verificatosi, che la macchina fosse messa in funzione da altri che ben avrebbero potuto evitare/ridurre il rischio di verificazione dell'evento, secondo modalità certamente non riconducibili ad un comportamento abnorme o eccentrico del soggetto infortunato.
2.1 In estrema sintesi, la Corte territoriale ha correttamente motivato l'addebito al prevenuto, sul piano colposo omissivo, dei due profili della mancata gestione del rischio ritenendo che entrambi abbiano avuto indubbia rilevanza causale nella determinazione dell'evento.
Ha evidenziato infatti che terminato il primo intervento manutentivo che aveva motivato l'arresto dell'impianto, uno degli operatori presenti (l'istruttoria non ha consentito di accertare chi sia stato) aveva sbloccato il pulsante rosso dì emergenza e ripristinato il riavvio della linea mentre la persona offesa stava nella zona avvolgitore, intenta alla pulitura del rullo, e che il carro portacalandrina retrocedeva, ritornando così nella posizione originaria, in quanto aveva mantenuto in memoria la posizione che stava effettuando prima dell'arresto, schiacciando il P.F.C. contro il rullo, proprio perché non vi erano misure di sicurezza idonee ad inibire quel movimento residuo del carro rimasto in memoria, nonostante le protezioni fossero aperte (fol 15). D'altro canto risulta evidenziato nelle motivazioni della Corte territoriale che dopo le prescrizioni della Asl è stata operata una modifica a livello di circuiti per impedire che il carro potesse muoversi quando i cancelli di accesso alla zona erano aperti( fol.14). La Corte territoriale così come il primo giudice argomentava inoltre, anche alla luce delle dichiarazioni dei testi richiamati dalla difesa, e del complessivo quadro probatorio l'assenza non solo di una procedura scritta ma anche di una prassi operativa chiara precisa e nota a tutti i lavoratori ( fol 10) circa le responsabilità e i ruoli dei soggetti che dovevano intervenire sulla linea nel caso di fermo, per rottura della carta, per le operazioni dì manutenzione e successivo ripristino con conseguente riavvio, finalizzata e idonea ad evitare il rischio che la linea di politenatura (lunga 21 metri)o parti di essa fossero messe in moto da altri. E' stato, insomma, accertato, con valutazione di merito congrua e logica, come tale insindacabile in cassazione, che i lavoratori dell'impresa non erano a conoscenza di disposizioni specifiche che avessero ad oggetto le corrette modalità di manutenzione ed intervento, con riguardo ai rischi connessi al posizionamento all'interno della linea in zone pericolose in relazione al riavvio della linea.
La constatazione del rischio impone ai garanti medesimi, nell'ambito delle loro rispettive competenze, di adottare le misure appropriate, nel caso totalmente mancate: il rischio non è stato previsto né valutato, quindi non è stato in alcun modo governato dall'imputato, nonostante la sua indubbia esistenza, tanto da non formarne neanche oggetto di informazione-formazione specifica dei lavoratori, come era invece doveroso e obbligatorio per legge.
3. Parimenti infondato è il terzo motivo in quanto la Corte ha dato adeguatamente conto dei criteri e dei parametri di valutazione nella determinazione del trattamento sanzionatorio e della mancata concessione delle attenuanti generiche in relazione ai precedenti penali specifici. La Corte territoriale con un giudizio di merito non censurabile logicamente e coerentemente ha ritenuto equa la pena in ragione della gravità della colpa e del fatto, argomentando che gli elementi, dedotti dalla difesa, del risarcimento del danno, peraltro nemmeno corrisposto personalmente dall'imputato e l'adempimento delle prescrizioni ASL, necessitato per continuare ad utilizzare l'impianto, costituiscono elementi recessivi a fronte della presenza di due condanne specifiche. Sulla scorta di tali rilievi, il Collegio ha legittimamente osservato che non vi erano ragioni per ritenere sussistente un ravvedimento, tale da giustificare la concessione delle attenuanti generiche. Trattasi di valutazioni prognostiche immuni da aporie logiche e del tutto conferenti, anche in riferimento alla natura gravemente colposa dell'illecito per il quale oggi si procede.
3.1 Riguardo alla mancata concessione dell'attenuante di cui all'art.62 cod.pen. dedotta nell'ambito del terzo motivo di ricorso, si osserva che non fa parte dei motivi di appello ed è pertanto da ritenersi in questa sede inammissibile .
4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 24.10.2018

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