Sicurezza lavoro

Cassazione Penale Sent. Sez. 4 n. 3213 | 23 Gennaio 2019

Sentenze cassazione penale

Schiacciamento durante i lavori di escavazione

Uso di una macchina bulldozer con caratteristiche di pericolosità 

Penale Sent. Sez. 4 Num. 3213 Anno 2019

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: SERRAO EUGENIA
Data Udienza: 18/12/2018

Ritenuto in fatto

1. La Corte di Appello di Trieste, con la pronuncia in epigrafe, ha confermato la sentenza di condanna alla pena sospesa di sei mesi di reclusione emessa in data 8/06/2016 dal Tribunale di Pordenone nei confronti di C.I., quale datore di lavoro e legale rappresentante della Superbeton s.p.a., in relazione al delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro commesso in Roveredo in Piano il 12 settembre 2013.
2. La dinamica dell'infortunio è stata così ricostruita dai giudici di merito: il 12 settembre 2013, subito dopo la pausa pranzo, presso il cantiere della Superbeton s.p.a. denominato Cava Lovera, il lavoratore DB.A., addetto alle lavorazioni di escavazione mediante l'uso di una ruspa/bulldozer CAT D5H marca Caterpillar, era salito sopra la ruspa e, rimanendo in piedi sopra un cingolo, aveva messo in moto la macchina; il DB.A. aveva lasciato la marcia inserita al momento in cui aveva spento la macchina prima della pausa pranzo per cui, non appena messa in moto, la macchina si era messa in movimento trascinando il lavoratore, che era rimasto schiacciato sotto il cingolo; dalla perizia eseguita nel corso del giudizio, dal documento di sicurezza e dal manuale d'uso del mezzo, era emerso che la ruspa fosse in origine dotata di un sistema di sicurezza che permetteva l'avviamento del mezzo solo con la marcia posta in folle e la frizione schiacciata, così da imporre che l'operatore si sedesse al posto di guida ma che, invece, al momento dell'infortunio era priva dell'originario microinterruttore bipolare che avrebbe dovuto avviare due distinti circuiti, uno per l'avviamento ed uno per il freno inerziale dell'albero di trasmissione; vi era, infatti, un microinterruttore monopolare, collegato solo al circuito «marce», utilizzato per ruspe di più vecchia produzione, ed era stato inserito con cavetti non originali un «ponte elettrico», ossia un collegamento che, bypassando il microinterruttore, permetteva di avviare il motore senza dover premere fino in fondo la frizione; la ruspa, costruita dalla Caterpillar nel 1995, era stata acquistata nuova dalla Superbeton s.p.a., ceduta alla Aiec s.r.l. nel 2002 e riacquistata dalla Superbeton s.p.a. nel 2010, ma non era stato possibile accertare chi e quando avesse eseguito l'intervento di manomissione della parte elettrica del mezzo.
3. Ricorre per cassazione C.I. censurando la sentenza impugnata, con il primo motivo, per erronea applicazione degli artt.43 e 589 cod. pen., 2087 cod. civ. e 71 d. lgs. 9 aprile 2008, n.81 nonché manifesta illogicità della motivazione per avere i giudici di merito ascritto la responsabilità dell'evento all'imputata applicando principi generali in materia di responsabilità del datore di lavoro che non possono trovare applicazione in imprese di grandi dimensioni, nelle quali non può individuarsi il soggetto responsabile automaticamente in colui o in coloro che occupano la posizione di vertice, occorrendo un puntuale accertamento in concreto della effettiva situazione della gerarchia delle responsabilità all'interno dell'apparato strutturale; in simili casi occorre apprezzare, inoltre, se II direttore generale con delega in materia antinfortunistica sia stato messo in condizioni di intervenire in quanto portato a conoscenza della prassi lavorativa vigente.
3.1. L'istruttoria dibattimentale aveva consentito di accertare che la società della quale l'imputata è legale rappresentante è composta da 50/60 unità produttive dislocate su un vasto territorio; la Superbeton opera nel settore della fornitura di materiali da costruzione con una sessantina di cantieri di produzione di calcestruzzo, 18 impianti di produzione di conglomerato di asfalto, 16 cave di inerti ed altri cantieri per la produzione di cemento ed all'epoca del fatto aveva circa 400 dipendenti e circa 500 mezzi costituiti da autocarri, macchine operatrici ed autovetture la cui manutenzione straordinaria era affidata su richiesta dei responsabili di cantiere ad officine autorizzate; la proprietà aveva dato istruzioni che tutti i mezzi fossero mantenuti in efficienza; la manutenzione ordinaria della ruspa era effettuata regolarmente ed il di DB.A., che era l'unico ad utilizzarla e per una o due volte l'anno, non aveva segnalato disfunzioni o guasti del mezzo; tutti i dipendenti, incluso il DB.A., avevano seguito corsi di formazione e informazione.
3.2. Non essendovi alcuna prova che la ruspa non avesse il sistema di sicurezza integro al momento dell'acquisto, la posizione di garanzia circa la concreta esecuzione della prestazione lavorativa sarebbe spettata al preposto, capo cantiere, essendo nel caso concreto insufficiente il mero richiamo a principi di ordine generale in tema di responsabilità per violazione di norme antinfortunistiche.
3.3. Con il secondo motivo deduce erronea applicazione degli artt.43 e 589 cod. pen. e manifesta illogicità della motivazione sotto il diverso profilo della culpa in eligendo o in vigilando ascritta alla C.I., posto che è rimasto indimostrato che la manomissione della ruspa fosse nota al personale dell'impresa o addirittura fosse stata da tale personale commissionata ed, in ogni caso, essendo emerso dalla perizia che l'intervento era stato effettuato da una officina specializzata Caterpillar, di tale negligenza avrebbe dovuto rispondere il capo cantiere, su inziativa del quale si eseguivano le riparazioni. -
3.4. Non può dimostrare la culpa in eligendo del legale rappresentante la circostanza che il preposto non si sia reso conto di una carenza del sistema di avviamento sopravvenuta e di ardua individuazione.
3.5. Non si può ritenere sussistente la culpa in vigilando, anche da parte del preposto, rispetto ad una condotta anomala del dipendente, così episodica e fugace come quella di mettere in moto la ruspa senza entrare nella cabina di guida e stando collocati sopra un cingolo.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato.
1.1. Quanto alle norme tecniche della cui violazione si discute, i giudici di merito hanno preso in esame la norma specificamente contestata nel capo d'imputazione, ossia l'art. 71, comma 1, d. lgs. 9 aprile 2008, n.81 che così recita: «Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all'articolo precedente (specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto), idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate ai lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie», essendo emerso dall'istruttoria che il veicolo dal quale il lavoratore era rimasto schiacciato fosse stato modificato e privato di un complesso sistema di accensione atto ad impedire che il motore venisse avviato ove l'operatore non fosse seduto al posto di guida. Il costruttore aveva, infatti, messo in commercio il veicolo CAT D5H con un microinterruttore bipolare in dotazione, con funzione antinfortunistica, in modo che per mettere in moto la ruspa fosse indispensabile mettere la leva del cambio in «folle», inserire il freno di stazionamento, mettere le leve in posizione «tenuta» e tenere la frizione premuta fino in fondo; al momento dell'Infortunio si era accertato che tale sistema di sicurezza era stato alterato in modo da consentire di accendere il motore senza mettere la leva del cambio in «folle» e senza dover premere la frizione.
1.2. Giova qui ricordare anche che, a norma dell'art.15 d.lgs. n.81/2008, le misure generali che il datore di lavoro deve adottare per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono, tra le altre, la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza, la programmazione della prevenzione, l'eliminazione dei rischi o la loro riduzione al minimo, la riduzione dei rischi alla fonte, la sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso, la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti. Correttamente, dunque, i giudici di merito hanno ritenuto di sussumere la fattispecie concreta nella norma incriminatrice, al cospetto di un mezzo di lavoro non conforme al sistema di sicurezza predisposto dal costruttore.
2. Con riguardo al soggetto titolare della posizione di garanzia, gli elementi emersi dall'istruttoria dibattimentale circa le dimensioni dell'impresa, dettagliatamente elencati nel ricorso, sarebbero stati rilevanti ed avrebbero dovuto essere presi in esame in un diverso contesto, allorché le scelte gestionali avessero privilegiato l'acquisto di una macchina nuova, oppure nel caso in cui la difesa avesse dimostrato che i vertici dell'impresa avessero puntualmente verificato che il veicolo fosse conforme alle norme di sicurezza allorché, nel 2010, la Superbeton s.p.a. lo aveva riacquistato dalla Aiec s.r.l.: in tal caso, esclusa ogni possibile correlazione tra l'acquisto e la messa a disposizione del lavoratore di un mezzo sprovvisto di presìdi antinfortunistici, si sarebbe potuta affrontare la questione della posizione di garanzia del preposto, quale garante del rischio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa e soggetto deputato a vigilare affinchè il veicolo a disposizione del lavoratore mantenesse tutti gli originari presìdi.
2.1. Non così nel caso concreto, in cui l'accusa ha dimostrato che la Superbeton s.p.a. aveva acquistato la macchina nuova nel 1995, l'aveva poi ceduta alla Aiec s.r.l. nel 2002 per riacquistarla da quest'ultima nel 2010, senza alcuna prova atta a dimostrare che il sistema di sicurezza fosse integro al momento del riacquisto. La scelta gestionale di privilegiare l'acquisto di una macchina vetusta ha dato origine ad un rischio che avrebbe imposto una particolare attenzione alle condizioni di sicurezza al momento del riacquisto, ritornando in tal caso la posizione di garanzia sull'amministratore societario, peraltro in assenza di qualsivoglia delega di funzioni, quale gestore del rischio inerente a scelte gestionali di fondo nell'ambito di una struttura aziendale complessa (Sez. 4, n. 22606 del 04/04/2017, Minguzzi, in motivazione; Sez. 4, n. 24136 del 06/05/2016, Di Maggio, Rv. 26685301). L'impiego di una macchina bulldozer con caratteristiche di pericolosità rientra, infatti, nella sfera gestionale riconducibile al vertice societario.
3. Quanto all'individuazione delle diverse posizioni di garanzia nell'ambito delle amministrazioni complesse, giova richiamare testualmente le chiare indicazioni delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, in motivazione). La prima e fondamentale figura è quella del datore di lavoro. Si tratta del soggetto che ha la responsabilità dell'organizzazione dell'azienda o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Il dirigente costituisce il livello di responsabilità intermedio: è colui che attua le direttive del datore di lavoro, organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa, in virtù di competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli. Il dirigente, dunque, nell'ambito del suo elevato ruolo nell'organizzazione delle attività, è tenuto a cooperare con il datore di lavoro nell'assicurare l'osservanza della disciplina legale nel suo complesso; e, quindi, nell'attuazione degli adempimenti che l'ordinamento demanda al datore di lavoro. Tale ruolo, naturalmente, è conformato ai poteri gestionali di cui dispone concretamente. Ciò che rileva, quindi, non è solo e non tanto la qualifica astratta, ma anche e soprattutto la funzione assegnata e svolta. Infine, il preposto è colui che sovraintende alle attività, attua le direttive ricevute controllandone l'esecuzione, sulla base e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico. Per ambedue le ultime figure occorre tener conto, da un lato, dei poteri gerarchici e funzionali che costituiscono base e limite della responsabilità; dall'altro, del ruolo di vigilanza e controllo. Si può dire, in breve, che si tratta di soggetti la cui sfera di responsabilità è conformata sui poteri di gestione e controllo di cui concretamente dispongono. Dette definizioni di carattere generale subiscono specificazioni in relazione a diversi fattori, quali il settore di attività, la conformazione giuridica dell'azienda, la sua concreta organizzazione, le sue dimensioni. Ed è ben possibile che in un'organizzazione di qualche complessità vi siano diverse persone, con diverse competenze, chiamate a ricoprire i ruoli in questione. Nell'ambito dello stesso organismo può, dunque, riscontrarsi la presenza di molteplici figure di garanti. Tale complessità fa sì che l'individuazione della responsabilità penale passi, non di rado, attraverso una accurata analisi delle diverse sfere di competenza gestionale ed organizzativa all'interno di ciascuna istituzione. Dunque, rilevano da un lato le categorie giuridiche, i modelli di agente, dall'altro i concreti ruoli esercitati da ciascuno.
4. Se ciò che rileva non è la qualifica astratta ma la funzione assegnata e svolta, per individuare il garante, o i garanti, occorre allora cercare l'origine e la natura del rischio dal quale il lavoratore debba essere protetto.
4.1. Un rischio che, nel caso concreto, non era correlato all'omessa manutenzione del veicolo ma, come accertato, all'alterazione del sistema di sicurezza funzionale alla messa in moto del bulldozer. Pur condividendosi la critica svolta nel ricorso con riguardo all'inconferenza della culpa in eligendo, nondimeno si deve ritenere esatta l'individuazione della culpa in vigilando del datore di lavoro, quale soggetto obbligato a mettere a disposizione dei lavoratori mezzi conformi alle norme antinfortunistiche.
4.2. Il giudice di primo grado aveva sottolineato che la ruspa era stata costruita dalla Caterpillar con un sistema di sicurezza che ne consentiva l'accensione solo se l'operatore si fosse trovato all'interno della cabina di guida, per evitare che il motore fosse acceso con l'operatore in piedi su uno dei cingoli, ma che al momento di tale infortunio il predetto sistema era stato eliminato, in parte con un microinterruttore originale Caterpillar utilizzato per modelli più vecchi ed in parte con cavi non originali. Sia che la manomissione fosse precedente al riacquisto della ruspa, nel qual caso il datore di lavoro avrebbe messo a disposizione dei lavoratori un macchinario non conforme, sia che la manomissione fosse successiva al riacquisto, nel qual caso la lavorazione non fatturata non sarebbe stata eseguita da personale specializzato, incombeva sul datore di lavoro l'obbligo di vigilare sull'operato dei responsabili degli acquisti e dei responsabili di stabilimento per quanto riguardava la fornitura delle attrezzature di lavoro. L'ulteriore motivazione offerta, sul punto, dalla Corte territoriale è esente da vizi: il rischio di cui si tratta avrebbe dovuto essere gestito mediante l'adempimento di un obbligo di vigilanza sul livello di sicurezza del mezzo al momento dell'acquisto e durante il suo utilizzo.
4.3. Da ciò deriva che l'individuazione dei compiti del preposto, non avrebbe di per sé esonerato il datore di lavoro dalla responsabilità penale ascrittagli, tanto più che non si trattava di eseguire bene o male la manutenzione del mezzo ma di mettere a disposizione del lavoratore un veicolo provvisto di un essenziale sistema di sicurezza collegato alla messa in moto, ossia di svolgere un compito che compete precipuamente all'organo di vertice aziendale.
4.4. Il motivo di doglianza inerente alla non conoscenza o non conoscibilità da parte del legale rappresentante di un'impresa di grandi dimensioni del venir meno dei requisiti di sicurezza di un veicolo, tra le centinaia messe a disposizione dei lavoratori, difetta di specificità, non essendo state dedotte le emergenze istruttorie dalle quali sarebbe stato desumibile, a confutazione di quanto accertato nella sentenza, che la Conti si fosse dotata di un'organizzazione idonea a garantire tale conoscenza.
5. Conclusivamente, il ricorso non può essere accolto; al rigetto segue, a norma dell'art.616 cod.proc.pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 18 dicembre 2018

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