Infortunio durante lo spostamento di una gru
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30991 Anno 2019
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 17/05/2019
1. Con sentenza del 26.10.2018 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado che ha dichiarato la responsabilità colposa di B.G., quale legale rappresentate della S.r.l. G., in relazione alle lesioni cagionate al lavoratore , mentre questi era intento alle operazioni di smontaggio dell'attrezzatura pertinente ad una gru per spostarla all'interno dell'area di cantiere: nel corso dell'operazione di sollevamento della gru il G.C. veniva schiacciato tra la gru ed il mezzo di sollevamento, riportando gravi lesioni personali.
Al G. è stato addebitato, quale datore di lavoro, di aver violato gli obblighi di sicurezza, tutela e vigilanza previsti dalla normativa antinfortunistica, per non aver fornito al lavoratore attrezzature idonee, non aver verificato la presenza di tutti i dispositivi di sicurezza e non aver verificato il rispetto delle corrette procedure di utilizzazione delle stesse da parte del lavoratore.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del B.G., lamentando quanto segue.
I) Violazione di legge e vizio di motivazione, per aver ritenuto il G.C. un dipendente di fatto del ricorrente.
Deduce che dalla documentazione risulta che l'infortunato fosse un libero professionista montatore di gru da diversi anni e che fosse titolare di una ditta individuale, tanto da prestare la propria attività lavorativa anche per altre aziende oltre alla ditta di B.G..
Contesta che al G.C. non fossero stati forniti gli strumenti di lavoro necessari per l'incombente, bastando allo scopo i martinetti ed il timone, regolarmente forniti e facenti parte della dotazione della gru.
II) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 40 cod. pen. e 71 d.lgs. 81/2008.
Deduce che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che l'infortunio si sarebbe verificato nel corso delle manovre di sollevamento della gru in quanto realizzate «senza l'uso dei martinetti e dei cunei». In particolare è stata ritenuta causalmente rilevante l'assenza dei cunei di bloccaggio, nonostante il teste Ma. avesse spiegato che per tale operazione fossero necessari esclusivamente i martinetti ed il timone. La sentenza impugnata ha trascurato di valorizzare la condotta tenuta nella circostanza dal G.C. allorquando, accortosi della mancanza sul posto del timone, invece di procurarselo tornando presso la ditta B.G., decideva di effettuare lo spostamento della gru con catene e merlo per sollevarla e trasportarla, senza il timone. Le dichiarazioni rese nell'immediatezza dal lavoratore confermano che si trattò di una sua autonoma e scriteriata iniziativa quella di procedere allo spostamento della gru senza il timone ed in violazione del manuale di istruzione della gru. Se costui avesse utilizzato i martinetti in dotazione non vi sarebbe stato bisogno dei cunei, peraltro previsti solo nella fase di montaggio della gru e non in quella di smontaggio.
1. Si deve preliminarmente osservare che nel caso non è ancora maturato il termine massimo di prescrizione del reato, pari a sette anni e sei mesi dal fatto (commesso il 5.10.2011), cui devono essere aggiunti 3 mesi e 21 giorni di sospensione ex art. 161 cod. pen., per cui il detto termine scadrà in data successiva all'udienza di trattazione del presente procedimento (segnatamente il 25.7.2019).
2. I motivi dedotti in ricorso sono privi di pregio.
3. Il primo motivo non considera che trattandosi, nella specie, di una c.d. doppia conforme di condanna, la lettura combinata delle motivazioni delle sentenze di primo e di secondo grado consente di apprezzare la sussistenza di un apparato argomentativo logico-giuridico che sfugge ai rilievi prospettati dal ricorrente.
Infatti, diversamente da quanto osservato dalla difesa del B.G., la sentenza di appello evidenzia chiaramente come la definizione di datore di lavoro accolta dal d.lgs. n. 81/2008 non si identifichi con la relativa qualifica civilistica, essendo invece attribuito decisivo rilievo all'assetto organizzativo concreto del lavoro, alla soggezione del lavoratore alle scelte organizzative e di spesa del soggetto a cui vengono imputati i doveri e la indicata posizione di garanzia.
Sulla base di quanto sopra, la sentenza di merito ha congruamente e logicamente evidenziato che nella fattispecie il G.C. svolgeva un'attività formalmente autonoma ma di fatto subordinata alle direttive ed alle scelte del B.G., che gli commissionava di volta in volta il lavoro, gli forniva tutti gli strumenti di lavoro ed anche il mezzo di locomozione della ditta (B.G.) da utilizzare durante il lavoro e per recarsi in cantiere. Inoltre il B.G. gli doveva fornire le relative istruzioni in relazione ad ogni evenienza anche di carattere tecnico che si fosse presentata nel corso del lavoro.
La sentenza impugnata sottolinea correttamente che la circostanza che il G.C. lavorasse anche per altre ditte non appare dirimente ai presenti fini, poiché le qualifiche, rispettivamente di lavoratore e di datore di lavoro, secondo l'assetto della normativa antinfortunistica di cui al citato Testo Unico n. 81, fanno perno sugli indicati criteri della organizzazione e direzione del lavoro e sulla mancanza di autonomia del lavoratore nell'organizzazione e nell'espletamento delle relative incombenze lavorative.
Ne deriva che correttamente la Corte territoriale ha concluso, sul punto, nel senso che il B.G. era titolare di una posizione di supremazia e di garanzia nei confronti del G.C., dalla quale discendevano gli obblighi posti dalla normativa antinfortunistica a carico del datore di lavoro, e comunque anche a carico del committente ai sensi dell'art. 71 T.U.
4. Il secondo motivo, con il quale si tenta essenzialmente di ricondurre ad un comportamento colposo del lavoratore l'esclusiva responsabilità dell'infortunio, si pone in netto ed insanabile contrasto con le precise, logiche ed esaurienti motivazioni delle sentenze di merito di primo e di secondo grado, prive di errori in diritto, che hanno essenzialmente addebitato al B.G. di non avere vigilato sul corretto adempimento delle operazioni da parte dell'Infortunato, il quale era solito procedere senza l'utilizzo dei martinetti, per come gli era stato indicato da un dipendente della ditta B.G. che lo aveva affiancato nelle prime settimane di lavoro. In sostanza, benché la procedura corretta di spostamento della gru prevedesse l'uso di martinetti e del timone, è stato riscontrato in maniera plausibile che il G.C. era solito usare muletto e catene per sollevare la gru, e poi il timone, che però nella specie non era presente in loco perché non recuperato presso la sede della ditta B.G..
Se ne è desunto, in maniera congrua e non manifestamente illogica, che tale scorretta procedura abitualmente adottata dal lavoratore, su cui il B.G. avrebbe dovuto vigilare e che non avrebbe dovuto consentire, aveva determinato l'evento. Infatti, se il G.C. avesse avuto a disposizione tutta l'idonea strumentazione e fosse stato richiamato ad una costante ottemperanza delle procedure di lavoro in sicurezza, non avrebbe avuto ragione di sollevare e spostare la gru con l'utilizzo del muletto e delle catene in luogo dei martinetti idraulici e del timone. Di qui il deficit di formazione addebitato al B.G., che non aveva mai verificato che al G.C. fosse stata impartita una corretta formazione ed istruzione secondo le modalità di utilizzo dei macchinari stabilite dal manuale d'uso, e soprattutto non aveva verificato che tali corrette modalità fossero assimilate e costantemente osservate dagli addetti ai lavori (tra i quali il G.C.). I giudici di merito hanno adeguatamente riscontrato che la causa dell'infortunio non era ravvisabile nella mancanza del timone ma nelle modalità di sollevamento della gru e nell'uso, allo scopo, di strumenti non adeguati e non regolamentari. Nessun comportamento abnorme o "scriteriato" del lavoratore è stato ritenuto concretamente configurabile ed idoneo ad esimere da responsabilità il prevenuto, per l'assorbente ragione che è stata comunque riscontrata una condotta colposa omissiva del datore di lavoro, senza la quale l'evento dannoso non si sarebbe verificato.
Sotto questo profilo, le argomentazioni della sentenza impugnata sono in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di sicurezza sul lavoro, ai sensi dell'art. 73, commi 1 e 2, lett. b), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, il datore di lavoro è tenuto ad informare il lavoratore dei rischi propri dell'attività cui è preposto e di quelli che possono derivare dall'esecuzione di operazioni da parte di altri, ove interferenti, ed è obbligato a mettere a disposizione dei lavoratori, per ciascuna attrezzatura, ogni informazione e istruzione d'uso necessaria alla salvaguardia dell'incolumità, anche se relative a strumenti non usati normalmente. (In motivazione la Corte ha precisato che può essere ritenuta eccezionale o abnorme - e come tale in grado di escludere la responsabilità del datore di lavoro per l'infortunio occorso - solo la condotta del lavoratore che decida di agire impropriamente, pur disponendo delle informazioni necessarie e di adeguate competenze per la valutazione dei rischi cui si espone) (Sez. 3, n. 16498 del 08/11/2018 - dep. 2019, D., Rv. 27556001).
Va, inoltre, rammentato che il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 27222201).
Nel caso in disamina, è stato inconfutabilmente accertato che il comportamento del lavoratore non è stato abnorme, in quanto frutto di un deficit formativo e di un difetto di vigilanza e controllo da parte del datore di lavoro, sicché, pur ammessa la condotta colposa del G.C., è stato correttamente affermato che la stessa non esime in alcun modo il B.G. da responsabilità per l'evento lesivo, nel senso dianzi accennato.
5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 maggio 2019