Cassazione Civile, Sez. Lav., 23 giugno 2016, n. 13060 - Inalazione di polveri nocive: nessun nesso causale tra la morte e la malattia professionale riconosciuta
1. Con sentenza depositata in data 20 dicembre 2010 la Corte d'appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale di Pesaro tra M.C., in proprio e quale erede di M.B., e l'INAIL, ha riconosciuto la natura professionale della malattia denunciata dal M.B. in data 28/12/2001 con menomazione dell'integrità nella misura dell'11% e, per l'effetto, ha condannato l'Inail al pagamento in favore dell'erede dell'Indennizzo in capitale oltre accessori di regge. Ha invece confermato la statuizione del Tribunale di rigetto della domanda proposta dalla ricorrente avente ad oggetto la rendita al superstiti. Infine ha compensato tra le parti un quinto delle spese processuali, mentre ha condannato l'Istituto previdenziale ai pagamento della restante parte.
2. A fondamento del decisum, la Corte ha posto il rilievo che la malattia da cui era affetto il lavoratore (pneumoconiosi complicata da broncopneumopatia cronica ostruttiva, con invalidità dell'11%) era da ricollegarsi con elevato grado di probabilità all'attività lavorativa svolta e alla incontestata e comunque comprovata esposizione cronica del lavoratore al rischio di inalazioni di polveri nocive. Ha invece escluso, sulla base della consulenza tecnica d'ufficio disposta in grado di appello - ritenuta sul punto sovrapponibile a quella disposta in primo grado -, che la morte del lavoratore, avvenuta per neoplasia del pancreas, fosse da porsi in collegamento causale o concausale con la malattia professionale riconosciuta, neppure nei senso di averne accelerato il decorso infausto.
3. Contro la sentenza, la M.C. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi, cui resiste l'Inail con controricorso.