Cassazione Civile, Sez. Lav., 05 gennaio 2016, n. 34 - Rapina del casellante e infarto dopo due mesi e mezzo: obbligo di risarcimento
1.- La sentenza attualmente impugnata (depositata il 17 maggio 2012) accoglie, per quanto di ragione, l'appello proposto da I.C. avverso la sentenza n. 17439/2006 del Tribunale di Napoli e, per l'effetto, in riforma della suindicata sentenza: 1) condanna la TANGENZIALE DI NAPOLI s.p.a. al risarcimento del danno biologico, "che quantifica all'attualità, in complessivi euro 18.705,00 oltre interessi"; 2) rigetta l'appello incidentale condizionato della società, che condanna al pagamento delle spese legali del doppio grado oltre che delle spese per la CTU disposta in appello.
La Corte d'appello di Napoli, per quel che qui interessa, precisa che:
a) deve essere, in primo luogo, sottolineato che la domanda risarcitoria formulata dal ricorrente - risarcimento del danno per infarto del miocardio contratto il 26 febbraio 1993 e per la conseguente patologia cardiaca, a seguito della rapina subita il 16 dicembre 1992 durante l'attività lavorativa - va sussunta nell'ambito della disciplina di cui all'art. 2087 cod. civ.;
b) infatti, il lavoratore, nel formulare tale domanda, ha denunciato l'evento dannoso come ascrivibile alla condotta della datrice di lavoro, che non aveva approntato le "giuste cautele" per preservare l'integrità dei lavoratori addetti all'esazione del pedaggio, facendolo risalire allo stress lavorativo protrattosi nel tempo dopo la rapina;
c) la giurisprudenza di legittimità ha, fra l'altro, evidenziato che il citato art. 2087 cod. civ. - che prevede un generale "dovere di sicurezza" a carico del datore di lavoro - deve essere interpretato in conformità con l'art. 32 Cost. (sulla tutela dei diritto alla salute) e con l'art. 41 Cost. (secondo cui l'iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana);
d) ne consegue che, in questo ambito, per la configurabilità della responsabilità datoriale, il lavoratore ha l'onere di provare i fatti costitutivi della propria pretesa, l'esistenza del danno nonché la derivazione causale dell'evento dannoso dal comportamento del datore di lavoro, mentre grava sul quest'ultimo l'onere di dimostrare di aver rispettato le norme specificamente stabilite in relazione all'attività svolta nonché di aver adottato, ex art. 2087 cod. civ., tutte le misure che - in considerazione della peculiarità dell'attività e tenuto conto dello stato della tecnica - siano necessarie per tutelare l'integrità del lavoratore, vigilando altresì sulla loro osservanza;
e) nella specie, il lavoratore, nel ricorso introduttivo del giudizio, ha individuato come comportamento causativo dell'evento infartuale la circostanza di aver subito una rapina nel proprio turno di lavoro, nel corso della quale è stato anche minacciato con un'arma da fuoco;
f) dalla CTU disposta in appello si rileva che il denunciato e provato comportamento datoriale e lo stress che ne è derivato hanno avuto una incidenza sulla produzione del danno biologico richiesto pari al 10%, cui corrisponde la suindicata liquidazione:
g) va, invece, respinto l'appello incidentale, in quanto, diversamente da quel che sostiene la società, non si è verificata alcuna prescrizione del diritto azionato;
h) infatti, per esperire l'azione - di natura contrattuale - di cui all'art. 2087 cod. civ., la prescrizione è decennale e decorre dal momento in cui il danno si è manifestato, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile; poiché nella specie l'infarto si è verificato il 26 febbraio 1993 il suddetto termine non era ancora decorso quando il ricorso introduttivo del giudizio è stato depositato (22 febbraio 2002).
2.- Il ricorso della TANGENZIALE DI NAPOLI s.p.a., illustrato da memnoria, domanda la cassazione della sentenza per due motivi; resiste, con controricorso, I.C..