Cassazione Civile Sent. Sez. Lav. 02 Ottobre 2018 n. 23885
Caduta su una lastra di ghiaccio nella cella frigorifera. Risarcimento del danno biologico e delle spese sostenute per cure mediche
Civile Ord. Sez. L Num. 23885 Anno 2018
Presidente: BRONZINI GIUSEPPE
Relatore: LEONE MARGHERITA MARIA
Data pubblicazione: 02/10/2018
La Corte di appello di Napoli con la sentenza n.6607/2012 aveva rigettato l'appello proposto avverso la decisione con la quale il Tribunale locale aveva accolto la domanda di A.P. nei confronti SIDM spa, attualmente incorporata per fusione in Auchan spa, diretta ad ottenere la condanna della società al risarcimento del danno biologico sofferto a seguito dell'infortunio sul lavoro occorso in data 14.9.1994.
La Corte territoriale, per quel che in questa sede rileva, aveva ritenuto assolto l'onere probatorio incombente sul lavoratore relativamente alle modalità dell'incidente ed alla sua rapportabilità alla prestazione lavorativa. In particolare il giudice d'appello aveva ritenuto provato che l'A.P. fosse caduto su una lastra di ghiaccio posta sul pavimento della cella frigorifera, nonostante lo stesso indossasse calzature antinfortunistiche. I testi escussi avevano peraltro confermato non solo l'accaduto ma anche il malfunzionamento del macchinario determinativo della lastra di ghiaccio, e la avvenuta precedente comunicazione del guasto al datore di lavoro.
La corte aveva altresì escluso ogni comportamento anomalo ed imprevedibile del lavoratore, tale da interrompere il nesso causale tra l'evento e la responsabilità datoriale. Quanto al danno liquidato in E. 27.540,00, la Corte precisava che alcun vizio di ultrapetizione era rinvenibile poiché a fronte del richiesto risarcimento del danno biologico e delle spese sostenute per cure mediche e protesi dentaria, era stata liquidata la suddetta somma comprensiva di entrambe le voci risarcitorie, anche in considerazione del fatto che il costo delle protesi dentarie non poteva essere ascritto all'Inail, in quanto relative a postumi non incidenti sulla attitudine al lavoro.
La Corte d'appello rigettava altresì l'appello incidentale riferito alla insufficienza del risarcimento riconosciuto ed alla liquidazione del danno morale, in quanto non allegati elementi di fatto da cui dedurre l'esistenza e la entità del pregiudizio in questione, al pari del pur richiesto danno alla immagine.
Avverso tale decisione La società Auchan spa proponeva ricorso affidandolo a tre motivi cui resisteva con controricorso A.P.
1) - Con il primo motivo la ricorrente deduceva la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1223,1226,2697 c.c. artt. 112 e 432 c.p.c.in relazione alla indeterminatezza e genericità degli elementi di fatto posti a sostegno della domanda risarcitoria e del danno denunciato; deduceva altresì l'insufficienza e contraddittorietà della motivazione sulla eccezione di genericità sopra riportata.
Si duole parte ricorrente della assenza di elementi di fatto, allegazioni e conseguente carenza di prova circa il danno subito dal lavoratore.
Il motivo risulta prima ancora inammissibile oltre che infondato.
La società non ha specificato ove ed in quale modo sia stata allegata la eccezione di carenza ed insufficienza degli elementi utili ad identificare e provare il danno sofferto. Già tale rilievo rende inammissibile il motivo, peraltro anche infondato in quanto la Corte territoriale ha accertato il danno sulla base di una consulenza tecnica medico legale accertativa dei postumi invalidanti e del danno biologico, nonché sulla base della documentazione relativa ai costi valutati, anche dal ctu, per le cure mediche e le protesi dentarie necessarie al lavoratore infortunato.
2) - Con il secondo motivo è censurata la contraddittorietà tra richiesto e pronunciato e tra le conclusioni del ctu ed il pronunciato nonché la violazione degli artt. 112 cpc e 1218, 1223,1226,2697 c.c.; insufficienza e contraddittorietà della motivazione ( ex art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.).
Si duole la società di una difformità tra il motivo di censura proposto e quanto dello stesso riportato dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata. La censura risulta inammissibile poiché a fronte del rilievo di mancata corrispondenza, la società non allega in questa sede e non inserisce in ricorso l'esatto motivo cui si riferisce, così impedendo ogni possibile valutazione sul punto.
Allo stesso modo non riporta l'elaborato peritale cui si riferisce e rispetto al quale denuncia la difformità. Anche sul punto il motivo è inammissibile.
3) Con il terzo motivo è censurata la violazione e falsa applicazione degli artt. 66 n. 5 e 6 e art. 90 DPR n. 1124/65 ( ex art. 360 n. 3 c.p.c.).
La società lamenta la imputazione a sè delle spese relative alla protesi dentaria, rilevandone la inclusione nella assicurazione Inail.
Rileva il Collegio che l'art. 66 del DPR n. 1124/66 stabilisce che le prestazioni dell'assicurazione sono, tra le altre, le cure mediche e chirurgiche, compresi gli accertamenti clinici nonché la fornitura degli apparecchi di protesi.
Il successivo art. 90 dello stesso DPR n. 1124/65 stabilisce che " L'istituto assicuratore è tenuto a provvedere alla prima fornitura degli apparecchi di protesi e degli apparecchi atti a ridurre il grado dell'inabilità, nonché alla rinnovazione degli stessi, quando sia trascorso il termine stabilito dall'istituto medesimo allo scopo di garantire la buona manutenzione degli apparecchi da parte dell'infortunato, salvo casi di inefficienza o di rottura non imputabili all'infortunato".
La congiunta lettura delle disposizioni non lascia dubbi sulla inclusione degli apparecchi di protesi tra i dispositivi medici la cui fornitura è rimessa all'istituto assicuratore nelle ipotesi in cui l'infortunio occorso ne determini le necessità (in tal senso Cass. n. 17985/2013).
Non corretta risulta a riguardo la valutazione della corte territoriale in merito alla copertura assicurativa dell'Inail solo per le protesi "atte a ridurre il grado di inabilità" in quanto la dizione della disposizione di cui al richiamato art. 90 distingue tra fornitura degli apparecchi di protesi e degli apparecchi atti a ridurre il grado dell'inabilità, con ciò evidenziando che si tratta di due ipotesi diverse: le protesi e gli apparecchi atti a ridurre il grado di inabilità. Le prime ( le protesi) in qualunque caso e non solo se funzionali a ridurre l'inabilità.
La censura risulta quindi fondata e rispetto ad essa la sentenza deve essere cassata con rinvio alla corte territoriale, in diversa composizione, che dovrà valutare l'originaria domanda proposta sulla base dei principi sopra esposti, oltre che determinare anche le spese del giudizio di legittimità.
La Corte rigetta i primi due motivi del ricorso; accoglie il terzo motivo , cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, anche sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma in data 15 maggio 2018 .