Sicurezza lavoro

Rischio chimico negli ambienti confinati

 Rischio chimico negli ambienti confinati

La valutazione e la prevenzione del rischio chimico negli ambienti confinati: un caso storico di rischio chimico per la sicurezza / SPISAL RV 2011

ID 20838 | 24.11.2023 / In allegato

L’analisi degli incidenti in attività all’interno di ambienti di lavoro confinati, che tragicamente si ripetono con dinamiche similari, denota la scarsa informazione e formazione degli operatori su questo tipo di pericoli, la mancata valutazione del rischio e il non rispetto di quanto previsto dalla normativa (D.Lgs.81/08).

Molto spesso in questi incidenti sono coinvolti anche i soccorritori, perché l’intervento di soccorso è improvvisato e non, invece, oggetto di una pianificazione tarata sulla conoscenza dei numerosi e insidiosi fattori di rischio presenti. In letteratura sono molteplici i documenti che illustrano le misure tecniche di prevenzione da adottarsi per l'accesso in sicurezza in ambienti confinati, nonché linee guida predisposte da enti e istituzioni autorevoli.

La presente trattazione, lungi dall'essere esaustiva, cerca di fornire un contributo utile, ad uso dei datori di lavoro e dei lavoratori, per l’identificazione dei pericoli e la valutazione dei rischi.

IDENTIFICAZIONE DEL PROBLEMA

Con il termine “ambiente confinato” si intende un luogo/ambiente totalmente o parzialmente chiuso, che non è stato progettato e costruito per essere occupato in permanenza da persone, né destinato ad esserlo, ma che all’occasione, può essere occupato temporaneamente per l’esecuzione di interventi lavorativi come l'ispezione, la manutenzione o la riparazione, la pulizia, l’installazione di dispositivi tecnologici.

Il determinarsi di situazioni pericolose per la salute e la sicurezza di chi accede all’interno di un ambiente confinato è associato alla presenza di diversi fattori di rischio che possono derivare da:

- progettazione e/o localizzazione della struttura;
- entrata e uscita difficoltose per ubicazione, dimensione e modalità; 
- insufficienza della ventilazione naturale;
- materiali, sostanze, prodotti in esso contenuti (all’origine o per trasformazioni successive);
- tipologia delle attrezzature che vengono utilizzate;
- natura del lavoro che viene effettuato.

Gli ambienti confinati possono essere presenti in quasi tutti i luoghi di lavoro, sotto o sopra il suolo, di piccole come di grandi dimensioni.

Esempi possono essere: cisterne interrate o fuori terra, auto e ferro-cisterne, fognature o condotte sotterranee, cunicoli, pozzi di ascensori/montacarichi, recipienti, celle di refrigerazione, camere di combustione di fornaci, magazzini con atmosfera inibitrice del fuoco, armadi di analizzatori o di altri strumenti, piccoli locali deposito, locali temporaneamente chiusi/coperti da teli, ambienti dove si usano gas protettivi di saldatura, laboratori di ricerca che usano ghiaccio secco o azoto liquefatto, locali di confezionamento di alimenti in atmosfera di gas inerte, ecc...

Sono assimilabili agli ambienti confinati anche i luoghi aperti in cui i gas più pesanti dell’aria (perché più freddi o con massa molecolare maggiore) possono accumularsi, come fosse, scavi, trincee, piani interrati di serbatoi; oppure quelli in cui gas più leggeri dell’aria si accumulano in alto, come sottotetti e controsoffitti.

RISCHIO DI ASFISSIA

I rischi nella maggior parte dei casi sono determinati dalla presenza di un’atmosfera asfissiante, cioè incompatibile con la vita umana, che può agire con modalità diverse incidendo sull’assunzione (anossia anossica), sul trasporto (anossia anemica), sull’utilizzazione a livello cellulare (anossia istotossica) dell’ossigeno. In particolare l’atmosfera asfissiante si può avere per:

- carenza di ossigeno a seguito del suo consumo o sostituzione;
- inalazione/assorbimento di sostanze tossiche con conseguente intossicazione acuta.

La carenza di ossigeno (atmosfera sotto-ossigenata) si ha quando la concentrazione di ossigeno (pO2, pressione parziale di ossigeno) è inferiore al 21%.

Con concentrazioni inferiori al 18% si ha riduzione delle prestazioni fisiche e intellettuali, senza che la persona se ne renda conto.

Con tenori inferiori all’11% c’è il rischio di morte.

Sotto l’8% lo svenimento si verifica in breve tempo e la rianimazione è possibile se effettuata immediatamente.

Al di sotto del 6% lo svenimento è immediato e ci sono danni cerebrali, anche se la vittima viene soccorsa.

Consumo dell’ossigeno

Si ha carenza di ossigeno in tutte quelle situazioni in cui l’ossigeno viene consumato, senza venir rimpiazzato (come in ambiente confinato), a causa di una reazione chimica di ossidazione/combustione con formazione di CO2, H2O, CO, NOx, di ossidi metallici e di altri composti ossigenati.

Sostituzione dell’ossigeno

Carenza di ossigeno nell’aria respirata può essere provocata dalla presenza voluta o accidentale di altri gas. L’utilizzo del termine “gas inerte” (o anche “gas di sicurezza”) può essere equivoco e ingenerare l’idea che si tratti di gas non pericolosi. In effetti l’inerzia è primariamente riferibile al pericolo di infiammabilità/esplosione.

La loro presenza genera un’atmosfera sotto-ossigenata (pO2 < 21%) per effetto della diminuzione (per diluizione) della concentrazione dell’ossigeno presente nell’aria. I gas inerti (es.: N2, He, Ar) sono particolarmente insidiosi, perché incolori, inodori e insapori; agiscono pertanto senza “preavviso” e rapidamente.

La CO2, pur essendo un gas reattivo (ossido acido), agisce come i gas inerti, provocando anossia anossica. E’ importante conoscere la densità relativa del gas rispetto all’aria per prevedere la possibilità di stratificazione o di mescolamento.

La densità dipende, oltre che dalla massa molecolare del gas, anche dalla sua temperatura. I gas infiammabili presentano lo stesso rischio dei gas inerti per quanto concerne la possibilità di formare atmosfere sotto-ossigenate.

Se la loro concentrazione è all’interno dell’intervallo di esplosività (LIE < C < LSE), sussiste inoltre il pericolo di incendio/esplosione.

Per questa categoria di gas, questo rischio è ovviamente quello principale.

Gas/Vapori Irritanti/Nocivi/Tossici

Le sostanze tossiche hanno meccanismi diversi di azione e provocano l’anossia anemica (es. CO), che è provocata dal mancato trasporto dell’ossigeno da parte del sangue o l’anossia istotossica (es. HCN), che è determinata dal mancato utilizzo dell’ossigeno a livello tissutale.

Le sostanze irritanti (es. aldeidi, Cl2, SO2) agiscono sulle prime vie aeree o più in profondità, determinando in questo caso broncospasmo ed eventualmente edema polmonare.

Il fenomeno bronco-spastico impedisce l’utilizzo dell’ossigeno a livello polmonare, determinando un effetto simile a quello della carenza di ossigeno.

Rischio di asfissia in ambienti esterni

Il rischio di asfissia può presentarsi non solo negli ambienti confinati, ma anche all’esterno in prossimità di fughe di gas, sfiati, scarichi di valvole di sicurezza, dischi di rottura, aperture di macchine che utilizzano N2 come liquido per surgelazione, punti di accesso a recipienti bonificati. Il rischio può essere aggravato dal fatto che i gas coinvolti (N2, Ar, CO2, H2S, SO2) siano più pesanti dell’aria per peso molecolare e/o per temperatura.

In questo caso essi fluiscono e si accumulano in basso ad esempio in fognature o condotte sotterranee, in pozzi di ascensori/montacarichi, in fosse, nei piani interrati.

Nondimeno va considerata la possibilità che i gas più leggeri (He, H2, CH4…) si accumulino in alto nei controsoffitti o nei sottotetti.

ALTRI RISCHI

Il rischio di incendio ed esplosione è l’altro rischio importante negli ambienti confinati.

Gas infiammabili (metano, butano, propano, ecc.) e agenti chimici infiammabili (es. vapori di idrocarburi), combinati con insufficiente ventilazione determinata dall’ambiente confinato, possono raggiungere concentrazioni all’interno dei limiti di esplosività. L’innesco può essere costituito da fiamme libere, ma anche da superfici calde (es. lampade alogene non conformi alla direttiva ATEX), da scintille sviluppate da attrezzi manuali in materiale non antiscintilla, da accumulo di elettricità statica.

Altre condizioni di rischio possono essere quelle di caduta dall’alto, quelle legate all’accesso (dimensioni, configurazione, ecc) e quelli di annegamento o di seppellimento, ad es. per allagamento improvviso o per crollo inaspettato di materiali granulari compattati o formanti “ponte” all'interno di silos.
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segue in allegato

Lucio Ros (1), Alberto Brocco (2), Celestino Piz (3), Franco Zanin (4)
(1) SPISAL Azienda ULSS n° 9 di Treviso
(2) SPISAL Azienda ULSS n° 21 di Legnago (Verona)
(3) SPISAL Azienda ULSS n° 6 di Vicenza
(4) SPISAL Azienda ULSS n° 6 di Vicenza
Gruppo di lavoro “Rischio Chimico” - Coordinamento Tecnico della Prevenzione nei Luoghi di Lavoro delle Regioni e Province autonome

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