Ordinanza CC Sez 5 n. 22531 del 29.07.2017
ID 17720 | 30.09.2022
Massima: In caso di disservizi nella raccolta dei rifiuti l'utente ha diritto ad una riduzione della tariffa anche se le negligenze non sono addebitabili al Comune
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Ordinanza CC Sez 5 n. 22531 del 29.07.2017
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[panel]Rilevato che:
§ 1. La Hotel Britannique srl propone due articolati motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 246/52/12 dell’ll dicembre 2012 con la quale la commissione tributaria regionale della Campania, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di pagamento Tarsu 2008 notificatole, per conto del Comune di Napoli, dall’agente per la riscossione Equitalia Polis spa.
La commissione tributaria regionale, per quanto qui ancora rileva, ha ritenuto che: - l’applicazione regolamentare da parte del Comune di una tariffa Tarsu diversificata tra stabili alberghieri e case di civile abitazione fosse legittima ex articolo 65 d.lgs. 507/93, stante la maggior produttività di rifiuti dei primi rispetto alle seconde; - non sussistesse il presupposto ex articolo 59 d. lgs. 507/93 per la riduzione dell’imposta a causa delle note disfunzioni del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti nella città di Napoli, dovendosi in proposito escludere ogni responsabilità del Comune.
Resiste con controricorso il Comune di Napoli. La ricorrente ha depositato memoria.
§ 2.1 Con il primo motivo di ricorso la società contribuente lamenta – ex art.360, 1" co. nn. 3 e 5 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione degli articoli 65-68 d.lgs. 507/93, e 7 legge 212/00; nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente affermato la legittimità della previsione regolamentare di diversificazione tariffaria tra locali ad uso alberghiero e locali ad uso abitativo, in realtà accomunati dalla legge (art.68, 2" co. lett.c) d.lgs. 507/93 cit.). E, inoltre, per non aver rilevato che tale diversificazione non era assistita da adeguata motivazione, comportando inoltre l’applicazione agli alberghi di una tariffa superiore in misura di molto eccedente la maggior produzione di rifiuti asseritamente ad essi ascrivibile. Il che concretava altresì violazione del principio UE del ‘chi inquina paga’.
§ 2.2 Il motivo è infondato sotto tutti gli aspetti nei quali si articola.
Ricorre, in proposito, l’orientamento già manifestato da questa corte (Cass. 2202/11), secondo cui: "in tema di TARSU, la disciplina contenuta nel d.lgs 15 novembre 1993, n. 507 sulla individuazione dei presupposti della tassa e sui criteri per la sua quantificazione non contrasta con il principio comunitario "chi inquina paga", sia perché è consentita la quantificazione del costo di smaltimento sulla base della superficie dell’immobile posseduto, sia perché la detta disciplina non fa applicazione di regimi presuntivi che non consentano un’ampia prova contraria, ma contiene previsioni (v. art. 65 e 66) che commisurano la tassa ad una serie di presupposti variabili o a particolari condizioni".
Tale pronuncia ha preso in esame, ritenendoli dirimenti in ordine all’esclusione della violazione del principio eurounitario del ‘chi inquina paga’, le sentenze CGUE 24.6.08 in causa C-188/07 e 16.7.09 in causa c-254/08 (quest’ultima, avente ad oggetto un rinvio pregiudiziale in una causa pendente dinanzi al TAR Campania, nella quale veniva contestata proprio la legittimità, per affermato contrasto con l’art. 15 della direttiva 2006/12/CE, della disciplina legislativa sulla Ta.r.s.u., nonché di norme di un regolamento comunale in base alle quali le imprese alberghiere sarebbero state tenute al versamento della tassa sui rifiuti in misura superiore ai privati).
Ebbene, nella valutazione di conformità della disciplina nazionale in materia rispetto al principio evincibile dall’art.15 lett. a), della direttiva 2006/12 (già desumibile dall’art.11 della direttiva 75/442), la CG ebbe ad affermare (come recepito da Cass. cit.), che: – «, è spesso difficile, persino oneroso, determinare il volume esatto di rifiuti urbani conferito da ciascun detentore; – in tali circostanze, ricorrere a criteri basati sulla capacità produttiva dei detentori, calcolata in funzione della superficie dei beni immobili che occupano, nonché della loro destinazione e/o sulla natura dei rifiuti prodotti può consentire di calcolare i costi dello smaltimento e ripartirli tra i vari detentori; – sotto tale profilo, la normativa nazionale che preveda, ai fini del finanziamento, una tassa calcolata in base ad una stima del volume dei rifiuti generato e non sulla base del quantitativo effettivamente prodotto non può essere considerata in contrasto con l’art. 15, lett. a), della direttiva 2006/12; – nella materia le autorità nazionali dispongono di un ‘ampia discrezionalità per quanto riguarda le modalità di calcolo della tassa; – per quanto riguarda la differenziazione tra categorie di detentori, la stessa deve ritenersi ammessa, purché non venga fatto carico ad alcuni di costi manifestamente non commisurati ai volumi o alla natura dei rifiuti da essi producibili".
Sicchè, in definitiva, "il metodo di calcolo basato sulla superficie di immobile posseduto non è, di per sè, contrario al principio ‘chi inquina paga’ recepito dall’art. 11 della direttiva 75/442. Il limite posto dalla Corte di Giustizia alla discrezionalità delle autorità nazionali costituisce attuazione del principio di proporzionalità, largamente applicato dalla giurisprudenza comunitaria in materia fiscale, secondo il quale non sono ammessi regimi d’imposizione i cui fatti costitutivi si fondano su presunzioni legali che non ammettono prova contraria. La Corte richiama, a titolo esemplificativo, la sentenza della Corte di Giustizia 17 luglio 1997 in causa C – 28/95, Leur Bloemr punti da 41 a 45".
Questo indirizzo ha poi ottenuto ulteriori, ed anche recenti, conferme dì legittimità, nel senso che: "in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), l’art. 62, comma 1, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, pone a carico dei possessori di immobili una presunzione legale relativa di produzione di rifiuti, sicché, ai fini dell’esenzione dalla tassazione prevista dal comma 2 del citato art. 62 per le aree inidonee alla produzione di rifiuti per loro natura o per il particolare uso, è onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o in quella di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità e provarle in giudizio in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione" ( Cass. ord.19469/14; in termini, Cass. 3772/13); e che: "in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare dell’esenzione prevista dall’art. 62, comma 3, del d.lgs. n. 507 del 1993, per quelle aree detenute od occupate aventi specifiche caratteristiche strutturali e di destinazione, atteso che il principio, secondo il quale è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, costituendo l’esenzione, anche parziale, un ‘eccezione alla regola generale del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale" (Cass. ord.17622/16).
Su tale presupposto, va qui ribadito quanto già affermato anche in ordine allo specifico aspetto della legittimità della differenziazione tariffaria tra alberghi e case di civile abitazione; secondo cui, in tema di TARSU, "è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime. Infatti, la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal d. lgs. 5 febbraio 1997, n 22. Senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore" (Cass.nn.4797 /14, 8336/15, 913/16 ord., ed altre).
Si tratta di principio in ordine al quale si è altresì aggiunto che gli "elementi di riscontro della legittimità della delibera non vanno, d’altronde, riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica" (Cass. ord. 11655/09; così Cass. ord.15861/11).
Rileva infine, a disattendere quanto affermato sul punto dalla società ricorrente, che: "in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui all’art. 65 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, poiché la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ‘ex post’, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili" (Cass. n. 7044/14; così Cass. 22804/06).
§ 3.1 Con il secondo motivo di ricorso la società contribuente deduce – ex art.360, 1 A co. nn. 3 e 5 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione dell’articolo 59 d.lgs. 507/93, nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Per non avere la commissione tributaria regionale riconosciuto il diritto alla riduzione del tributo (dovuto in misura non superiore al 40% della tariffa) in conseguenza delle notorie e protratte disfunzioni nella prestazione del servizio di raccolta dei rifiuti nella città di Napoli. Disfunzioni non derivanti da ‘imprevedibili impedimenti organizzativi’, né giustificabili alla luce del regolamento comunale per l’applicazione della Tarsu; secondo cui il diritto alla riduzione non potrebbe trovare riconoscimento qualora il disservizio fosse determinato "da situazioni emergenziali legate alla saturazione degli impianti terminali di conferimento dei rifiuti solidi urbani". Disposizione, quest’ultima, suscettibile di disapplicazione, in quanto illegittima per contrasto con la disciplina statuale.
§ 3.2 Il motivo è fondato nei limiti che seguono.
Il quarto comma dell’articolo 59 d.lgs. 507/93 stabilisce che: "se il servizio di raccolta, sebbene istituito e attivato, non si è svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione ovvero di esercizio dell’attività dell’utente o è effettuato in grave violazione delle prescrizioni del regolamento di cui al primo comma, relative alle distanze e capacità dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, da stabilire in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio di raccolta, il tributo è dovuto nella misura ridotta di cui al secondo periodo del comma 2" (cioè in misura non superiore al 40% della tariffa).
Il sesto comma della medesima disposizione prescrive che: "l’interruzione temporanea del servizio di raccolta per motivi sindacali o, per imprevedibili impedimenti organizzativi non comporta esonero o riduzione del tributo. Qualora tuttavia il mancato svolgimento del servizio si protragga, determinando una situazione riconosciuta dalla competente autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente secondo le norme e le prescrizioni sanitarie nazionali, l’utente può provvedere a proprie spese con diritto allo sgravio o restituzione, in base a domanda documentata, di una quota della tassa corrispondente al periodo di interruzione, fermo restando il disposto del comma 4".
La commissione tributaria regionale, nella sentenza impugnata, ha escluso il diritto della società contribuente alla riduzione tariffaria per questa ragione: "in ordine al disservizio del servizio pubblico di raccolta, è stato da numerose pronunce di commissioni tributarie esclusa ogni responsabilità del Comune di Napoli".
Orbene, questa ratio decidendi deve ritenersi errata perché basata su un elemento – la responsabilità dell’amministrazione comunale – non prevista dalla legge nella descrizione della fattispecie di riduzione.
Come si evince dalla normativa di legge riportata, quest’ultima spetta per il solo fatto che il servizio di raccolta, debitamente istituito ed attivato, non venga poi concretamente svolto, ovvero venga svolto in grave difformità rispetto alle modalità regolamentari relative alle distanze e capacità dei contenitori, ed alla frequenza della raccolta; così da far venir meno le condizioni di ordinaria ed agevole fruizione del servizio da parte dell’utente.
Fermo restando che l’espletamento del servizio pubblico di nettezza urbana in conformità al regolamento previsto dal primo comma dell’articolo 59 d.lgs. 507/93 rientra – in ogni caso – nella responsabilità generale di buona amministrazione del Comune, la riduzione è purtuttavia dalla legge prevista per il fatto obiettivo che il servizio istituito non venga poi erogato secondo le prescritte modalità (sempre che lo scostamento da queste ultime comporti i suddetti caratteri di gravità e perdurante non fruibilità).
E dunque anche indipendentemente dalla sussistenza vuoi di un nesso causale tra condotta ed evento altrimenti connaturato all’ipotesi di illecito, vuoi di un elemento soggettivo (‘colpa’ contrattuale o extracontrattuale) che rendano il disservizio soggettivamente imputabile all’amministrazione comunale.
La riduzione tariffaria non opera, infatti, quale risarcimento del danno da mancata raccolta dei rifiuti né, men che meno, quale ‘sanzione’ per l’amministrazione comunale inadempiente; bensì al diverso fine di ripristinare – in costanza di una situazione patologica di grave disfunzione per difformità dalla disciplina regolamentare - un tendenziale equilibrio impositivo (entro la percentuale massima discrezionalmente individuata dal legislatore) tra l’ammontare della tassa comunque pretendibile ed i costi generali del servizio nell’area municipale, ancorché significativamente alterato. Correlazione sulla quale si basa la Tarsu, senza con ciò contraddirne il carattere prettamente tributario (SSUU 14903/10; Cass.4283/10 ed altre), e non privatistico-sinallagmatico.
Va in proposito considerato che il sesto comma dell’articolo 59 in esame esclude, in effetti, l’esonero o la riduzione dal tributo, ma solo nell’ipotesi in cui l’interruzione del servizio di raccolta sia temporanea, e dovuta a motivi sindacali ovvero ad "imprevedibili impedimenti organizzativi". E’ dunque soltanto in tale situazione - di disfunzione temporanea - che può darsi ingresso ad una valutazione di imprevedibilità del disservizio e, per questa via, di non imputabilità dello stesso alla sfera tecnico-organizzativa dell’amministrazione comunale.
Al contrario, in presenza di una situazione di disfunzione non temporanea, ma apprezzabilmente protratta nel tempo (qual è quella qui lamentata dalla società contribuente), la legge attribuisce all’utente – in presenza di una accertata emergenza sanitaria – la facoltà di provvedere a proprie spese con diritto allo sgravio parziale su domanda documentata; e tuttavia "fermo restando il disposto del comma 4", cioè il diritto alla riduzione.
Obietta il Comune di Napoli, nel controricorso, che il requisito di imprevedibilità sarebbe nella specie evidente, posto che "l’intera materia e le connesse competenze decisionali erano in capo al commissario straordinario, articolazione della presidenza del Consiglio dei Ministri, e che il Comune di Napoli certamente non avrebbe potuto prevedere che gli impianti di raccolta RSU, di competenza del commissario straordinario, si sarebbero saturati a causa del mancato completamento del ciclo di lavorazione dei rifiuti alla termovalorizzazione". Si tratta però, per le esposte considerazioni, di tesi difensiva non convincente; proprio perché a sua volta incentrata su un requisito – quello di ‘non-prevedibilità’ e ‘non- prevenibilità’ dell’evento costituito dalla protratta disfunzione – estraneo alla fattispecie che dà titolo alla riduzione della tassa. Tanto più considerato che quest’ultima viene introitata, pur in regime di commissariamento del servizio, dall’amministrazione comunale; e sul presupposto che il servizio venga effettivamente da questa erogato, salvo temporanee ed imprevedibili sospensioni, in conformità alle ordinarie modalità dettate dal regolamento di emanazione comunale. Sicché non si ritiene che il dato obiettivo della grave e protratta disfunzione possa impedire il diritto del contribuente alla riduzione della tassa sol perché, in ipotesi, ascrivibile ad un evento esterno all’ambito di organizzazione e controllo del Comune, ed invece rientrante nel governo di un’Autorità diversa; comunque del tutto estranea al rapporto giuridico tributario dedotto in giudizio.
La soluzione qui accolta non viene meno neanche alla luce dell’art.9 del Regolamento Tarsu del Comune di Napoli applicabile ratione temporis, secondo cui il diritto alla riduzione al 40 % della tariffa in ipotesi di grave violazione del Regolamento di Nettezza Urbana – tra le quali è espressamente previsto sia il "mancato rispetto del limite minimo della capacità dei contenitori di oltre il 25%"; sia il "mancato rispetto della frequenza della raccolta, ove comporti l’impossibilità per gli utenti di usufruire dei contenitori per esaurimento della loro capacità ricettiva" – non sussiste allorquando la violazione sia determinata "da situazioni emergenziali legate alla saturazione degli impianti terminali di conferimento dei rifiuti solidi urbani".
Si tratta infatti di disposizione suscettibile di disapplicazione incidentale, in quanto illegittima per contrasto con la disciplina primaria.
Essa introduce, infatti, una esimente incentrata sul carattere emergenziale della crisi di saturazione concernente la fase finale del ciclo di conferimento; e, con ciò, una causa di impossibilità oggettiva che renderebbe il disservizio non imputabile all’amministrazione comunale.
Così facendo, essa restringe le ipotesi di riduzione tariffaria così come disciplinate dalla legge nel cit.art.59 d.lgs. 507/93; introducendo ex novo una causa di giustificazione della mancata prestazione del servizio pubblico, ovvero della grave violazione regolamentare, estranea tanto alla lettera quanto alla ratio della legge istitutiva del tributo, la quale – come detto – non ricollega affatto la riduzione di tariffa al perfezionarsi di una fattispecie di responsabilità in ordine alla quale possa in qualche modo rilevare l’esigibilità del comportamento omesso.
In accoglimento del secondo motivo di ricorso, la sentenza va pertanto cassata.
Ancorchè la società ricorrente invochi la notorietà dell’ ‘emergenza-rifiuti’ che ha colpito la città di Napoli, si ritiene che l’accoglimento dell’opposizione – vista la complessità e non uniforme manifestazione del fenomeno sul territorio – presupponga invece l’accertamento specifico (mirato sul periodo, sulla zona di ubicazione dell’hotel, sulla tipologia dei rifiuti conferiti e, in generale, su ogni altro elemento utile a verificare la ricorrenza in concreto della richiesta riduzione) della effettiva erogazione del servizio di raccolta rifiuti in grave difformità, come detto, dalle previsioni legislative e regolamentari. Accertamento che dovrà essere svolto – con onere probatorio a carico della società contribuente che invoca la riduzione – dal giudice di rinvio.
Al quale è dunque demandato di attenersi ai seguenti principi:
a. il presupposto della riduzione della Tarsu ai sensi dell’art.59, co.4, d.lgs. 507/93 non richiede che il grave e non temporaneo disservizio sia imputabile a responsabilità dell’amministrazione comunale o comunque a causa che, rientrando nella sua sfera di controllo ed organizzazione, sia da questa prevedibile o prevenibile; tale presupposto si identifica invece nel fatto obiettivo che il servizio di raccolta, istituito ed attivato: – non sia svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione o di esercizio dell’attivita’ dell’utente; – ovvero, vi sia svolto in grave violazione delle prescrizioni del regolamento del servizio di nettezza urbana, relative alle distanze e capacita’ dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio stesso;
b. va disapplicato, per contrasto con la disciplina primaria di cui al d.lgs. 507/93, il regolamento comunale che escluda o limiti il diritto alla riduzione Tarsu, subordinandone il riconoscimento ad elementi – quale quello della responsabilità dell’amministrazione comunale ovvero della prevedibilità o prevenibilità delle cause del disservizio – diversi ed ulteriori da quelli prescritti dall’art. 59 cit.;
c. pur nella notorietà del grave e perdurante disservizio nella raccolta e conferimento dei rifiuti che ha colpito la città di Napoli, la sussistenza del diritto alla riduzione Tarsu deve essere accertato dal giudice di merito – con onere della prova a carico del contribuente che tale diritto deduca – con riguardo alla specifica situazione del contribuente stesso; così quanto al periodo di imposizione; alla ubicazione della residenza o esercizio di attività; alla tipologia dei rifiuti e, più in generale, ad ogni altro elemento fattuale utile a verificare la ricorrenza, in concreto, di un disservizio del tipo previsto dall’art.59, co.4" cit..
Il giudice di rinvio deciderà anche sulle spese del presente procedimento.
PQM
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo motivo di ricorso;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione.[/panel]
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