Interpello ambientale 13.06.2022 - Applicazione tipologia 1e) Alleg. IV parte seconda Dlgs 152/2006
ID 16845 | 15.06.2022 / In allegato Testo interpello Ambientale
L’art. 27 del decreto-legge n. 77 del 31 maggio 2021 ha introdotto, all’art. 3 septies del D.lgs. 152/2006, l’istituto dell’interpello in materia ambientale, che consente di inoltrare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull’applicazione della normativa statale in materia ambientale. Una possibilità riconosciuta a Regioni, Province autonome di Trento e Bolzano, Province, Città metropolitane, Comuni, associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale o presenti in almeno cinque regioni o province autonome.
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Art. 3-septies (Interpello in materia ambientale)
1. Le regioni,le Province autonome di Trento e Bolzano, le province, le citta' metropolitane, i comuni, le associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni o province autonome di Trento e Bolzano, possono inviare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull'applicazione della normativa statale in materia ambientale. La risposta alle istanze deve essere data entro novanta giorni dalla data della loro presentazione. Le indicazioni fornite nelle risposte alle istanze di cui al presente comma costituiscono criteri interpretativi per l'esercizio delle attivita' di competenza delle pubbliche amministrazioni in materia ambientale, salva rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione con efficacia limitata ai comportamenti futuri dell'istante. Resta salvo l'obbligo di ottenere gli atti di consenso, comunque denominati, prescritti dalla vigente normativa. Nel caso in cui l'istanza sia formulata da piu' soggetti e riguardi la stessa questione o questioni analoghe tra loro, il Ministero della transizione ecologica puo' fornire un'unica risposta.
2. Il Ministero della transizione ecologica, in conformita' all'articolo 3-sexies del presente decreto e al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, pubblica senza indugio le risposte fornite alle istanze di cui al presente articolo nell'ambito della sezione "Informazioni ambientali" del proprio sito internet istituzionale di cui all'articolo 40 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, previo oscuramento dei dati comunque coperti da riservatezza, nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
3. La presentazione delle istanze di cui al comma 1 non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme ambientali, ne' sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.
Tutti gli interpelli ambientali D.lgs. 3 aprile 2006 n.152
Interpello ambientale 13.06.2022
Con nota prot PG/2021/616984 del 10/12/2021, acquisita con prot. n. 139114/MATTM del 13/12/2021, codesta Amministrazione ha presentato istanza di interpello ambientale ai sensi dell’art. 3 septies del D.Lgs. 152/2006, ponendo un quesito in merito ai criteri per l’applicazione della tipologia 1e) di cui all’Allegato IV alla parte seconda del D.lgs. 3 aprile 2006 n.152: impianti di piscicoltura intensiva per superficie complessiva oltre i 5 ettari.
Nella sopra menzionata nota, la Regione Campania, dopo aver rappresentato che:
“Gli impianti di piscicoltura intensiva localizzati in mare prevedono, tipicamente, una superfice relativa al “sistema gabbie” nel loro complesso e una superfice più grande relativa allo specchio acqueo della concessione marittima all’interno della quale è localizzato il “sistema gabbie”. Orbene, lo specchio acqueo della concessione marittima è tipicamente una superfice “a servizio” del sistema gabbie, in quanto non solo ospita il sistema di ancoraggio ma è anche la superfice entro la quale il “sistema gabbie” può, eventualmente, spostarsi a causa dei moti ondosi e ove l’impianto esplica tipicamente i maggiori impatti. Infine, gli impianti di piscicoltura intensiva possono prevedere anche superfici terrestri atte ad ospitare laboratori, magazzini per beni di produzione (mangimi, medicinali, cassette, ecc), stoccaggio del prodotto in condizioni controllate, ecc.”;
chiede “se nella superfice complessiva impegnata dall’impianto di cui alla tipologia 1e) debba essere considerata la superfice del “sistema gabbie” oppure la superfice della concessione demaniale e se a tale superfice complessiva concorre anche la superfice terrestre utilizzata per eventuali attività connesse al funzionamento dell’impianto”.
Al fine di rispondere all’interrogativo posto si fa presente quanto segue.
La direttiva 2014/52/UE che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (direttiva VIA), all’ Allegato II, punto 1, lettera f) individua la categoria progettuale “piscicoltura intensiva”.
Il D.lgs. 3 aprile 2006 n.152, all’Allegato IV della Parte Seconda, punto 1, lettera e), individua la categoria progettuale “impianti di piscicoltura intensiva per superficie complessiva oltre i 5 ettari”.
La definizione della direttiva VIA si riferisce in generale all’attività di piscicoltura nel suo complesso, non limitando tale attività alla nozione di “impianto” prevista nella normativa nazionale.
Non si ritrova una definizione giuridica di “impianto di piscicoltura” e le diverse definizioni di “impianto” con finalità produttive, quale quello in oggetto, disponibili nella normativa settoriale e/o ambientale si riferiscono alla specificità dell’impianto rispetto alla specifica finalità produttiva.
Poiché la piscicoltura intensiva può essere condotta sia a terra (in vasche alimentate con acqua marina, salmastra o dolce), che in mare (in gabbie) le modalità per l’individuazione della superficie complessiva da rapportare alla soglia dimensionale di 5 ettari, stabilita dal sopra citato Allegato IV alla Parte Seconda del D.lgs. 3 aprile 2006 n.152, devono necessariamente seguire criteri omogenei ed univoci al fine di evitare possibili approcci discriminatori e penalizzanti per le diverse fattispecie citate (a terra e a mare).
Per la piscicoltura a terra è facilmente identificabile un “impianto” localizzato in un’area geografica ben delimitata corrispondente sia al sito in cui si svolge sia l’attività principale (piscicoltura intensiva) che a quelle superfici eventualmente connesse e/o accessorie.
Come già indicato nell’interpello avanzato da codesta Regione, per la piscicoltura a mare, si individuano diverse aree e relative superfici:
- area gabbie;
- area della concessione demaniale marittima necessaria a svolgere l’attività di piscicoltura;
- eventuali aree a terra per la logistica e le infrastrutture a servizio degli impianti a mare.
L’area gabbie corrisponde alla “superficie zootecnica occupata dal reticolo di ormeggio delle gabbie, delimitato dalle boe galleggianti” dove il reticolo di ormeggio corrisponde alla porzione su cui sono fissate le gabbie galleggianti o sommergibili, tenuto in posizione dalle linee di ormeggio e delimitato in superficie da boe galleggianti che lo mantengono ad una profondità costante.
La dimensione dello specchio acqueo richiesto per la concessione demaniale marittima deve essere idonea a comprendere al suo interno non solo la “superficie zootecnica” ma tutte le strutture previste, incluse le linee di ormeggio sommerse (strutture o sistemi di ancoraggio al fondale) che si estendono intorno al reticolo di ormeggio ed occupano una superficie sommersa maggiore dell’area gabbie.
L’area della concessione demaniale marittima deve essere pertanto sufficientemente ampia da includere la superficie zootecnica, il reticolo di ormeggio e i sistemi di ancoraggio sommersi. Pertanto, a parità di superficie realmente occupata a scopo produttivo, la superficie dello specchio acqueo richiesto in concessione aumenta proporzionalmente all’aumentare della profondità del fondale marino.
Come noto, ai sensi dell’art. 36 del Codice della Navigazione “l'amministrazione marittima, compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, può concedere l'occupazione e l'uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per un determinato periodo di tempo”.
La concessione demaniale marittima rappresenta pertanto il provvedimento che abilita il titolare ad occupare aree o beni del demanio marittimo o porzioni di mare, eventualmente realizzandovi opere o impianti, e ad utilizzarli in modo esclusivo.
In tale accezione la concessione demaniale marittima rappresenta lo spazio complessivo necessario ad esercitare l’attività di piscicoltura intensiva a mare, paragonabile quindi alla superficie occupata complessivamente dall’attività di piscicoltura intensiva a terra.
Tale approccio è coerente, peraltro, alla disciplina europea in materia di VIA che, come richiamato in premessa, individua come categoria progettuale la “piscicoltura intensiva” riconducibile quindi all’attività nel suo complesso e non limitandola al solo “impianto”, in virtù dell’ampio scopo della direttiva VIA.
Per ciò che concerne la superfice terrestre utilizzata per eventuali attività connesse al funzionamento dell’impianto di piscicoltura si fa riferimento al D.Lgs. 4/2012 recante “Misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura, a norma dell'articolo 28 della legge 4 giugno 2010, n. 96” che all’art. 3 definisce l’acquacoltura (comma 1) e le attività connesse (comma 2):
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2135 del codice civile, l'acquacoltura è l'attività economica organizzata, esercitata professionalmente, diretta all'allevamento o alla coltura di organismi acquatici attraverso la cura e lo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, in acque dolci, salmastre o marine.
2. Sono connesse all'acquacoltura le attività, esercitate dal medesimo acquacoltore, dirette a:
a) manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione, promozione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalle attività di cui al comma 1;
b) fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività di acquacoltura esercitata, ivi comprese le attività di ospitalità, ricreative, didattiche e culturali, finalizzate alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e vallivi e delle risorse dell'acquacoltura, nonché alla valorizzazione degli aspetti socio-culturali delle imprese di acquacoltura, esercitate da imprenditori, singoli o associati, attraverso l'utilizzo della propria abitazione o di struttura nella disponibilità dell'imprenditore stesso;
c) l'attuazione di interventi di gestione attiva, finalizzati alla valorizzazione produttiva, all'uso sostenibile degli ecosistemi acquatici ed alla tutela dell'ambiente costiero.
Ciò posto, in risposta al quesito formulato, coerentemente con quanto sopra richiamato in merito all’attività di piscicoltura intensiva nel suo complesso, la scrivente Direzione ritiene che, unitamente alla superficie della concessione demaniale marittima, anche le attività connesse richiamate al comma 2 dell’art. 3 del D.Lgs. 4/2012 rappresentano una quota parte della superficie funzionalmente connessa all’attività principale e quindi rientrano nel computo della “superficie complessiva” indicata al punto 1, lettera e) dell’Allegato IV, Parte Seconda, D.lgs. 3 aprile 2006 n.152.
Fonte: MITE
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