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Il vano utile: misura della consistenza dell'unità immobiliare

Il vano utile   misura della consistenza dell unit  immobiliare

Il vano utile: misura della consistenza dell'unità immobiliare / Legislazione e prassi

ID 21090 | 10.07.2024 / Documento in allegato 

Il Vano utile è quello spazio chiuso da muri o pareti, da pavimento al soffitto, avente generalmente luce diretta, ed una superficie libera minima che, in relazione al luogo ed alla categoria e classe dell’unità immobiliare, è da ritenersi normale.

Sono dunque due i requisiti a cui devono soddisfare quegli spazi chiusi da muri o da pareti che nel linguaggio corrente si chiamano vani, per assumere la qualità di vani utili:

- il primo è quello di avere luce diretta, intendendo per essa qualsiasi apertura di comunicazione (porta, finestra, finestrino, lucernario, ecc.) tra un ambiente e l’esterno (via, cortile, giardino, pozzo di luce, ecc.) indipendentemente dalla sua forma, dalle sue dimensioni, dalla sua ubicazione anche se fosse sbarrata da invetriata o grata fissa; basta, cioè, il passaggio della luce naturale senza che sia necessaria la possibilità del passaggio di aria;

il secondo è un requisito di ampiezza non rigidamente prescritta ma variabile a seconda della categoria dell’unità immobiliare e del luogo, che va inteso come ambiente economico-edilizio.

L’ampiezza è data dalla superficie libera e questa è intesa come quella superficie, interna al vano, racchiusa fra il vivo dei muri o delle pareti.

Si considerano come vani utili il salone, la galleria, la camera o stanza e la cucina, quando quest’ultima è contenuta in uno spazio appositamente predisposto e con luce diretta (vedi Circolare n. 40/1939). Per la cucina, cioè, si prescinde dal requisito dell’ampiezza, sostituendolo con quello della predisposizione al fine della preparazione dei pasti, riconoscibile dalla presenza dei consueti impianti (gas, fornelli, acquaio, scarichi, ecc.). Per tali vani – ad eccezione della cucina – a seconda della categoria in cui rientrano le rispettive unità immobiliari, può esistere una superficie minima ed una massima, delle quali se ne possa tenere conto nel computo della consistenza catastale.

La normalità va intesa nel senso della proporzione delle dimensioni che concorrono a formare la superficie. È, cioè, inammissibile che un vano utile sia costituito da uno spazio in cui la superficie media normale sia ottenuta con uno sviluppo manifestamente eccessivo di una delle dimensioni a scapito dell’altra (vedi “Criterio di normalità dei vani” della Circolare n. 40 del 20 aprile 1939).

Nelle località nelle quali – per una determinata categoria e classe – è normale l’utilizzazione di locali privi di luce diretta come vano principale, i vani principali vanno computati per un vano utile anche se privi di luce diretta, purché di superficie non inferiore alla superficie minima del vano normale.

Nelle unità immobiliari del gruppo A, gli accessori a servizio diretto (bagno, ingresso, ecc.), se hanno superficie non inferiore a quella minima stabilita per il vano utile della classe cui le unità immobiliari appartengono ed hanno, al tempo stesso, luce diretta, vanno computati in consistenza come vani utili (Circolare n. 127 del 13 luglio 1939, massima n. 7 dell’Appendice C e n. 91 del Massimario allegato alla Circolare n. 134/41).

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