Sentenza Consiglio di Stato n. 3393 del 27 Aprile 2021
Interventi edilizi - Abusi - Pergotenda - Nozione - Individuazione
E’ illegittima l’ordinanza di demolizione di una pergotenda, manufatto privo di tamponature o alterazioni di sagome e prospetti, inidoneo a creare un nuovo ambiente stabile o incremento di superfici o di volume. Non essendovi uno spazio chiuso stabilmente configurato, non si è conseguentemente realizzato un nuovo volume o superficie, e tanto meno una copertura o tamponatura di una costruzione, ovvero una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.
Ugualemente, deve escludersi che si sia realizzata una ristrutturazione edilizia in senso tecnico, dato che l’art. 3, lettera d), del D.P.R. n. 380 del 2001, riconduce tale tipologia di intervento edilizio agli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere, tra cui il ripristino o la sostituzione di elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi e impianti.
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Estratto Sentenza
Con atto n.276 del 14 febbraio 2020 Roma Capitale emetteva ordinanza di demolizione, ex art.33 del D.P.R. n.380 del 2001 e art.16 della L.R. n.15 del 2008, sulla base dell’accertamento tecnico del 29 agosto 2018 riferito a n.2 pergotende al piano V, a una pergotenda e a una copertura fissa al piano VI, in quanto realizzate in assenza di autorizzazione, con l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria di €15.000,00.
L’interessata impugnava il provvedimento, censurandolo per violazione degli artt.3, 10, 33 del D.P.R. n.380 del 2001, dell’art.3 della Legge n.241 del 1990, dell’art.16 della L.R. n.15 del 2008, dell’all.1, voce 50, del D.M. 2 marzo 2018 nonché per eccesso di potere, facendo presente che si trattava di manufatti amovibili, con elemento principale la tenda, quale mero arredo pertinenziale, senza alcun impatto visivo, rientranti tra le opere di edilizia libera.
La sentenza appellata respingeva il ricorso.
Di qui l’appello in esame, che il Collegio ritiene di accogliere con sentenza in forma semplificata.
La sentenza appellata ha respinto il ricorso per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione n.276 del 14 febbraio 2020 e della correlata sanzione pecuniaria, emessa da Roma Capitale, in riferimento a due pergotende, realizzate in un immobile vincolato ad uso abitativo, per le quali era anche contestata la mancanza dell’autorizzazione sismica, ritenuta necessaria per l’asserita “dimensione” delle opere.
Il rigetto del ricorso di primo grado è fondato sul fatto che le pergotende situate sui terrazzi dell’abitazione in questione, in quanto coperte e tamponate, nonché ancorate al fabbricato con strutture in ferro bloccate a terra, avrebbero creato nuovi ambienti di permanente utilizzo, con conseguente incremento di superficie e volumetria nonché modifica di sagoma e prospetto dell’edificio di particolare pregio storico-artistico del quartiere Coppedè, vincolato ex D.M. 14 ottobre 2004.
L’appellante contesta sia in fatto e che in diritto i provvedimenti impugnati chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare.
Il Comune di Roma Capitale si è costituito anche in questo grado di giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
Rileva il Collegio che la consistenza delle opere di cui il provvedimento impugnato aveva disposto la demolizione (rectius, rimozione), risulta da alcune fotografie e da una perizia depositate in primo grado, ma anche dalla stessa determinazione dirigenziale impugnata, in cui le opere stesse sono descritte come due pergotende al quinto piano, una su telaio in metallo preesistente ancorato al muro ed al balcone ed una non fissata al pavimento, ed un’altra al sesto piano non fissata alla pavimentazione.
La nozione di pergotenda è stata di recente ulteriormente precisata nella sentenza della Seconda Sezione del Consiglio di Stato 28/01/2021 n.840, in cui sono individuati quali “nuove costruzioni” i manufatti leggeri, anche prefabbricati, purché siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, depositi o magazzini, purché siano dotati di una propria autonomia funzionale, secondo la circolare interpretativa dello stesso Comune n. 19137 del 9.3.2012, distinguendole dalla diversa fattispecie dei gazebo, dei pergolati e delle tettoie “leggere” non tamponate lateralmente su almeno tre lati come tali aventi carattere pertinenziale e meramente accessorio rispetto allo stabile, in quanto non mutano il preesistente utilizzo esterno dei luoghi al fine di valorizzarne la fruizione al servizio dello stabile, ponendo un riparo temporaneo dal sole, dalla pioggia, dal vento e dall’umidità che rende più gradevole per un maggior periodo di tempo la permanenza all’esterno, senza peraltro creare un ambiente in alcun modo assimilabile a quello interno, a causa della mancanza della necessaria stabilità, di una idonea coibentazione termica e di un adeguato isolamento dalla pioggia, dall’umidità e dai connessi fenomeni di condensazione. La Circolare n. 19137 del 09.03.2012 cit. del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica - Direzione Attuazione degli Strumenti Urbanistici di Roma Capitale, al punto 3.2 stabilisce che: “l’attività edilizia totalmente libera trova la sua disciplina nell’art. 6, comma 1, del T.U.E. e riguarda interventi non subordinati ad alcun titolo abilitativo. Sono da considerarsi, a titolo esemplificativo, le opere di seguito individuate:
(…) f) strutture semplici, quali gazebo, pergotende con telo retrattile, pergolati, se elementi di arredo annessi ad unità immobiliari e/o edilizie aventi esclusivamente destinazione abitativa”, nonché “tende autoportanti, tende in aggetto, ombrelloni, pedane, fioriere al servizio degli esercizi commerciali e di ristorazione, ubicate su suolo pubblico, ferma restando l’acquisizione della specifica autorizzazione amministrativa secondo quanto previsto dalle deliberazioni di Roma Capitale in materia di occupazione di suolo pubblico e naturalmente esclusa la loro chiusura sui muri perimetrati”.
In relazione a tale inequivoca disposizione dello stesso ente locale resistente, la sentenza n.840/2021 cit. ha ritenuto che l’elenco posto a titolo esemplificativo dalla predetta circolare deve infatti ritenersi esteso anche ai manufatti tipo pergotende … e che la qualificabilità dell’intervento in termini di “pergotenda”, ovvero un’opera precaria sia dal punto di vista costruttivo sia da un punto di vista strettamente funzionale esclude la necessità di titolo edilizio, a meno che non determini una evidente variazione di sagoma e prospetto dell’edificio (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 1 luglio 2019, n. 4472).
Ora, dalla perizia e dalle fotografie esibite in giudizio, ma anche e soprattutto da quanto addotto in punto di fatto nel provvedimento impugnato, risulta che nella specie non vi sono state tamponature o alterazioni di sagome e prospetti, né è stato creato alcun nuovo ambiente stabile o incremento di superfici o di volume, anche considerato che l’unica struttura portante di una delle pergotende, individuata come ancorata stabilmente alla muratura perimetrale dell’unità abitativa, era stata espressamente dichiarata dallo stesso provvedimento come preesistente.
Oltretutto, la copertura e la parziale chiusura perimetrale, derivanti dalla realizzazione delle opere in questione, non si rivelano stabili e permanenti, a motivo del carattere retrattile delle tende (come appunto previsto e consentito dalla citata circolare del Comune di Roma, 9.3.2012, n. 19137).
Non essendovi dunque uno spazio chiuso stabilmente configurato, non si è conseguentemente realizzato un nuovo volume o superficie, e tanto meno una copertura o tamponatura di una costruzione, ovvero una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio. Allo stesso modo, deve escludersi che si sia realizzata una ristrutturazione edilizia in senso tecnico, dato che l'art. 3, lettera d), del D.P.R. n. 380 del 2001, riconduce tale tipologia di intervento edilizio agli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere, tra cui il ripristino o la sostituzione di elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi e impianti.
Le opere in questione, dunque, non necessitavano di alcuna autorizzazione a costruire, con conseguente illegittimità dei provvedimenti impugnati. All’accoglimento dell’appello consegue l’annullamento dei provvedimenti impugnati in primo grado, in totale riforma della sentenza appellata.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie ed annulla i provvedimenti impugnati in primo grado, in totale riforma della sentenza appellata.
Condanna Roma Capitale al pagamento in favore della ricorrente delle spese dei due gradi di giudizio, che liquida in €3.000,00 (tremila/00) oltre ad accessori di legge, ed al rimborso del contributo unificato per il ricorso e l’appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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