Barriere architettoniche nel condominio: possibile eliminarle senza autorizzazione assemblea
Il Tribunale di Roma, con sentenza del 16 novembre 2018, n. 22022, affronta il caso di un condomino con difficoltà motorie, residente all’ultimo piano di uno stabile, e lo autorizza a installare, a sue spese, un ascensore nel palazzo. Costituendosi in giudizio, uno dei condomini oppone alla richiesta la tesi secondo cui l’obesità dell’uomo non si può considerare disabilità e, pertanto, non ha diritto a ottenere l’installazione dell’ascensore. La fattispecie oggetto della pronuncia del Tribunale capitolino è una casistica abbastanza frequente in ambito condominiale. La pronuncia di merito, accogliendo la domanda del condomino obeso, accerta e dichiara la responsabilità del condominio che si era opposto, per la mancata installazione dell’ascensore nel vano scala perché l’uomo è da considerarsi disabile.
Il giudice pone a fondamento della sentenza il principio secondo cui ogni impedimento all’accessibilità dell’immobile abitativo comporta una lesione del fondamentale diritto alla salute, intesa, quest’ultima, proprio nel significato dell’art. 32 Cost. Il primo comma, infatti, stabilisce che: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.
Ai sensi dell’art. 2 del d.m. n. 236/1989 e dell’art. 1 del d.p.r.n. 503/1996, si intendono barriere architettoniche anche gli ostacoli che limitano o impediscono la comoda e sicura utilizzazione di spazi, attrezzature o componenti fisiche e la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi.
Ai fini del presente decreto:
A) Per barriere architettoniche si intendono:
a) gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea;
b) gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di parti, attrezzature o componenti;
c) la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l'orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi.
B) Per unità ambientale si intende uno spazio elementare e definito, idoneo a consentire lo svolgimento di attività compatibili tra loro.
C) Per unità immobiliare si intende una unità ambientale suscettibile di autonomo godimento ovvero un insieme di unità ambientali funzionalmente connesse, suscettibile di autonomo godimento.
D) Per edificio si intende una unità immobiliare dotata di autonomia funzionale, ovvero un insieme autonomo di unità immobiliari funzionalmente e/o fisicamente connesse tra loro.
E) Per parti comuni dell'edificio si intendono quelle unità ambientali che servono o che connettono funzionalmente più unità immobiliari.
F) Per spazio esterno si intende l'insieme degli spazi aperti, anche se coperti, di pertinenza dell'edificio o di più edifici ed in particolare quelli interposti tra l'edificio o gli edifici e la viabilità pubblica o di uso pubblico.
G) Per accessibilità si intende la possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l'edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia.
H) Per visitabilità si intende la possibilità, anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di accedere agli spazi di relazione e ad almeno un servizio igienico di ogni unità immobiliare.
Sono spazi di relazione gli spazi di soggiorno o pranzo dell'alloggio e quelli dei luoghi di lavoro, servizio ed incontro, nei quali il cittadino entra in rapporto con la funzione ivi svolta.
I) Per adattabilità si intende la possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito a costi limitati, allo scopo di renderlo completamente ed agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.
L) Per ristrutturazione di edifici si intende la categoria di intervento definita al titolo IV art. 31 lettera d) della legge n. 457 del 5.8.1978
M) Per adeguamento si intende l'insieme dei provvedimenti necessari a rendere gli spazi costruiti o di progetto conformi ai requisiti del presente decreto.
N) Per legge si intende la legge 9 gennaio 1989 n. 13 e successive modificazioni.
Art. 1. Definizioni ed oggetto d.p.r.n. 503/1996
1. Le norme del presente regolamento sono volte ad eliminare gli impedimenti comunemente definiti "barriere architettoniche".
2. Per barriere architettoniche si intendono:
a) gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilita' di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacita' motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea;
b) gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di spazi, attrezzature o componenti;
c) la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l'orientamento e la riconoscibilita' dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi.
3. Le presenti norme si applicano agli edifici e spazi pubblici di nuova costruzione, ancorche' di carattere temporaneo, o a quelli esistenti qualora sottoposti a ristrutturazione. Si applicano altresi' agli edifici e spazi pubblici sottoposti a qualunque altro tipo di intervento edilizio suscettibile di limitare l'accessibilita' e la visitabilita', almeno per la parte oggetto dell'intervento stesso. Si applicano inoltre agli edifici e spazi pubblici in tutto o in parte soggetti a cambiamento di destinazione se finalizzata all'uso pubblico, nonche' ai servizi speciali di pubblica utilita' di cui al successivo titolo VI.
4. Agli edifici e spazi pubblici esistenti, anche se non soggetti a recupero o riorganizzazione funzionale, devono essere apportati tutti quegli accorgimenti che possono migliorarne la fruibilita' sulla base delle norme contenute nel presente regolamento.
5. In attesa del predetto adeguamento ogni edificio deve essere dotato, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, a cura dell'Amministrazione pubblica che utilizza l'edificio, di un sistema di chiamata per attivare un servizio di assistenza tale da consentire alle persone con ridotta o impedita capacita' motoria o sensoriale la fruizione dei servizi espletati.
6. Agli edifici di edilizia residenziale pubblica ed agli edifici privati compresi quelli aperti al pubblico si applica il decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236.
7. Non possono essere erogati contributi o agevolazioni da parte dello Stato e di altri enti pubblici per la realizzazione di opere o servizi pubblici non conformi alle norme di cui al presente regolamento.
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Tribunale di Roma
sentenza n. 22022 del 15 novembre 2018
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Si costituiva il CONDOMINIO , contestando in diritto l'avversa domanda e chiedendone il rigetto. Sostanzialmente, esponeva il Condominio che gli attori non avessero. lasciato tempo adeguato per l'esame del progetto di fattibilità dell'ing. P. e che l'iniziativa assunta dai coniugi, di far accedere all'interno dell'edificio personale della ditta D. P. s.r.1. da loro incaricati, aveva "indispettito": condomini, i quali per tale ragione avevano invitato i tecnici ad allontanarsi. Nel merito, sostenevano che in base alla L. 13/89 il condomino, in assenza di un'autorizzazione assembleare, potesse procedere autonomamente ed a proprie spese solo all'installazione di servoscala o altre strutture mobili facilmente amovibili, ma non l'ascensore. Inoltre, gli attori non sarebbero neppure persone disabili.
Nel corso dell' istruttoria venivano assegnati i termini di cui all' art. 183 c.p.c. ed era disposta una c.t.u.. All'udienza di precisazione delle conclusioni del 18.8.18 venivano assegnati i termini di legge per conclusionali e repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In punto di diritto, va rilevato che l'installazione in un edificio in Condominio di un ascensore di cui esso sia sprovvisto - a cura e spese di uno dei condomini - va inquadrata nell'uso della cosa comune ex art. 1102 c.c., e quindi può essere consentita nella misura in cui in proposito, è ormai prevalente nella più recente giurisprudenza (v. Cass. Sez. 2, sent. n. 25872 del 21.12.2010, Cass. sent. n. 24006 del 27.12.2004; Cass. sent. n. 3508 del 10.4.1999; Cass. sent. n. 1781 del 12.2.1993) l'orientamento per cui la norma dell'art. 1120 primo comma c.c. - che richiede determinate maggioranze per l'approvazione di quelle innovazioni che comportano oneri di spesa per tutti i condomini - non può trovare applicazione nella ipotesi in cui l'onere della innovazione sia stato assunto da un solo condomino, o solo da alcuni, per lo specifico ed esclusivo loro interesse alla realizzazione dell'opera.
La ratio dell' art. 1120 c.c. è, infatti, quella di assicurare una qualificata maggioranza per l'approvazione di quelle innovazioni che necessariamente - per la impossibilità di utilizzazione separata, come previsto dall' art. 1121 c.c. - devono gravare sulla totalità dei condomini, anche se dissenzienti;
Nella diversa ipotesi in cui sia un singolo condomino (o un gruppo di essi) a voler realizzare l'innovazione, non può che trovare applicazione l'art. 1102 c.c., in forza del quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, ed a tal fine - purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne uguale uso secondo il loro diritto - può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa stessa: L'applicabilità alla fattispecie concreta della disposizione dell'art. 1102 c.c. consente di escludere la necessità di una delibera assembleare di autorizzazione, giacché la realizzazione della innovazione costituisce esplicazione di un diritto del singolo condomino, il quale ben può richiedere direttamente al giudice di accertare che l'opera non travalichi i limiti normativi predetti.
E' evidente, peraltro, che le modificazioni apportabili alla cosa comune in forza dell'art. 1102 c.c. possono costituire anche una innovazione (nell'accezione tecnico-giuridica usata nella richiamata norma dell'art. 1120 c.c.) ed in tal caso sono consentite anche al singolo condomino, con i limiti già menzionati.
Non risulta perciò in contraddizione con la ritenuta applicabilità dell'art. 1102 c.c. la verifica circa la rispondenza dell'opera progettata non solo ai limiti di cui all' art. 1102 c.c., ma anche al disposto dell'art. 1120, secondo comma, c.c., perché della disposizione - che vieta le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, ovvero ne rendano talune parti dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino - ha portata generale.
Nel caso di specie, stanti le contestazioni del Condominio, si è proceduto con c.t.u. alla verifica della possibilità di installare nell' edificio un impianto elevatore con modalità tali da rispettare i limiti normativi sopra evidenziati.
Il c.t.u., pur evidenziando alcune lacune di approfondimento (carenza relazione e calcoli strutturali) nello studio preliminare dell'ing. P., all'esito di tutti gli accertamenti strumentali ritenuti opportuni (prospezioni sull'estradosso dei solai dei piani e del torrino di copertura, scansioni pacometriche per rilievo strutturale della geometria delle barre d'armatura; prelievo delle barre d'armatura per valutazione delle caratteristiche meccaniche; indagini endoscopiche; prove di resistenza del calcestruzzo; indagini termografiche) ha concluso per la possibilità di installare un ascensore oleodinamico di misura ridotta nel vano scale dell'edificio, confermando quindi la fattibilità di un tale impianto già affermata nello studio dello stesso co. ing. P.
Il c.t.u., con valutazione del tutto condivisibile, in quanto motivata, priva di vizi logici e frutto di un attento esame dello stato dei luoghi e delle risultanze delle indagini eseguite, è addivenuto alla conclusone che "gli interventi necessari per l'installazione dell'ascensore, garantiscono la conservazione del decoro architettonico dell'edificio interessato in quanto l'estetica complessiva dello stabile non risulta compromessa dall'installazione dell'ascensore. Il sottoscritto C.T.U. ritiene infatti che, l'ascensore collocato all'interno del vano scala del condominio, non cagiona un mutamento estetico tale da diminuire il valore dell'intero edificio e delle singole unità immobiliari, mentre si può considerare che l'innovazione, farebbe aumentare il valore delle case a seconda del piano in cui si trovano, rispetto il medesimo fabbricato senza ascensore. L'innovazione proposta garantisce inoltre il godimento delle parti comuni, in particolare pianerottoli e scale, ad ogni singolo condomino. L'ubicazione dell'ascensore, assicura infatti il mantenimento dello spazio esistente del pianerottolo di accesso a tutti gli appartamenti e la riduzione della larghezza delle scale non conduce a creare una situazione di pericolo, né altera la fruibilità delle stesse scale".
L'installazione di un ascensore di dimensioni 860x1200 mm, o 900x1200, infatti, garantisce una larghezza netta della Scala pari ad consentire l'agevole fruizione delle scale anche in caso di movimentazione di barelle, casse mortuarie e mobilio ingombrante quali divani ecc., lungo tutta l'estensione delle scale.
La limitata riduzione della larghezza delle scale mediante il taglio con sega ad acqua o altra metodologia idonea, ad avviso del c.t.u., comporterebbe, inoltre, "un miglioramento strutturale della Scala e non un suo aggravio". Le contestazioni all'elaborato peritale risultano puntualmente confutate alle pagine da 15 a 18 della Relazione, cui qui per brevità si fa integrale rinvio.
Infine, l'asserzione difensiva del Condominio per cui la richiesta di installazione di ascensore verrebbe avanzata da persone che non sono disabili, è destituita di fondamento. Giova premettere che per disabilità si intende la presenza di una menomazione fisica o psichica che indica lo svantaggio personale che la persona affetta da tale menomazione vive, non solo nel contesto lavorativo. L'handicap è la conseguenza della disabilità: con il termine handicap si vuole indicare, infatti, lo svantaggio sociale vissuto dalla persona a causa della menomazione di cui è affetta. Orbene, dal certificato della Commissione Medica per l'accertamento delle invalidità civili, prodotto da parte attrice in allegato alla citazione, risulta che la sig.ra R. L., ultrasessantacinquenne, è portatrice di handicap e rientra nella situazione di gravità prevista dall' art. 3 co, 1 L. 104/1992. La disabilità da cui è affetta la sig.ra R. (obesità con complicanze artrosiche, artrosi del..ginocchio, spondilodiscoartrosi cervicale e lombare) si riflette senz'altro nella sfera del movimento.
Non occorre una consulenza medica per comprendere che da una persona in tali condizioni non ci si può aspettare che salga a piedi fino all'ultimo piano dell' edificio senza rischi per la sua salute ed integrità fisica.
E' ancora opportuno segnalare che la Cassazione, nella sentenza n. 18334 del 25/10/2012, chiarendo la portata del principio di "solidarietà condominiale", ha precisato che "la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento; al fine dell'ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto, peraltro, di un diritto fondamentale che prescinde dall'effettivo decoro, degli edifici interessati (Corte cost. sentenza 167 del 1999)".
Nel caso di specie, il fatto che la realizzazione dell'impianto sia indispensabile è fuori discussione, poiché la sua assenza comporta una barriera architettonica che incide in modo così rilevante sulle facoltà di godimento della proprietà degli attori, e prima ancora in una tale limitazione delle loro possibilità di movimento e di vita; da risultare ripugnante all'attuale coscienza sociale.
Non appare dunque possibile neppure comparare, con l'esigenza di installare l'ascensore, un ipotetico disagio nella fruizione delle parti comuni (peraltro neppure specificato) che i condomini subirebbero per effetto dell'installazione.
Va dunque ''affermato il diritto degli attori di costruire a loro spese l'impianto ascensore, ubicato nel vano scala ed in conformità alle indicazioni tecniche fornite dalla c.t.u. alla quale, per tali aspetti, si rinvia integralmente.
Resta ferma, ovviamente, la necessità che la realizzazione sia preceduta dall'espletamento degli adempimenti tecnico-amministrativi previsti dalla normativa di settore.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. Si deve infatti rilevare che l'assemblea condominiale tenutasi il 11.2.12, pur formalmente dichiarando una astratta "non contrarietà" ai lavori, richiedeva ulteriore documentazione agli attori, ma poi i condomini si opponevano . ai rilievi che personale della ditta incaricata dagli S. eseguisse i "saggi finalizzati all'installazione dell'ascensore" (v. verbale redatto il 18.12.12), così rendendo anche impossibile agli attori di approfondire maggiormente gli aspetti tecnici correlati all'installazione stessa e di offrire ulteriore documentazione a sostegno. La volontà sostanzialmente contraria alla realizzazione di quanto necessario per soddisfare le legittime esigenze dei sig.ri S. si manifestava anche attraverso la mancata partecipazione del Condominio all'incontro di mediazione che ha preceduto l'instaurazione del giudizio. Tardive, e non supportate tecnicamente, sì da non poter essere prese in considerazione, sono state le proposte "alternative" alla installazione dell'ascensore nel vano scala, formulate dall'assemblea condominiale a istruttoria ormai avviata.
Le spese di c.t.u., già liquidate con precedente decreto, vanno per le medesime ragioni poste definitivamente e per intero a carico di parte convenuta.
P.Q.M.
Condanna il CONDOMINIO VIA DI …. alla refusione, in favore di parte attrice, delle spese di lite, che liquida in euro 545,00 per esborsi ed euro 8.000,00 per compensi professionali, oltre I.v.a., c.p.a. e spese generali come per legge.
Pone definitivamente a carico del Condominio convenuto le spese di c.t.u., già liquidate con precedente decreto,
Roma, 15/11/2018
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