Altezza locali abitativi e di lavoro: norme e valori / Aggiornato Decreto semplificazioni 2021
ID 8149 | Rev. 2.0 del 05.08.2021 / Documento completo allegato
L'altezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione (vedi nota sui termini abitabilità e agibililtà) è fissata in m. 2,70, riducibili a m. 2,40 per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti ed i ripostigli. La norma di riferimento è il D.M. del 5 luglio 1975. Riduzioni di altezza ad m. 2,55 previste per i comuni montani al di sopra dei m. 1000 e m. 2,60 nel caso di ristrutturazioni importanti per installazione di impianti termici dotati di pannelli radianti a pavimento o a soffitto e nel caso di intervento di isolamento dall’interno. Per i locali destinati a lavorazioni l’altezza minima prevista dal D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 è di m. 3,00 con possibile deroga.
Con il decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77 che modifica il D.L. 16 luglio 2020 n. 76, in deroga alle disposizioni del D.M. del 5 luglio 1975, per gli immobili di interesse culturale, sottoposti a tutela ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, l’altezza minima dei locali adibiti ad abitazione è fissata in m. 2,40, riducibili a m. 2,20 per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti e i ripostigli.
H. Locali | Oggetto | Rif. |
mt. 2,70 | Altezza minima interna delle abitazioni | D.M. del 5 luglio 1975 |
mt. 2,40 | Corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti ed i ripostigli | D.M. del 5 luglio 1975 |
mt. 2,55 | Comuni montani al di sopra dei m. 1000 slm | D.M. del 5 luglio 1975 |
mt. 2,60 | Ristrutturazioni importanti installazione impianti termici a pavimento, ecc | Decreto 26 giugno 2015 |
mt. 2,40 | Altezza minima interna locali abitazione in beni culturali | D.L. 16 luglio 2020 n. 76 |
mt. 2,20 | Corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, ripostigli in beni culturali | D.L. 16 luglio 2020 n. 76 |
mt. 3,00 | Locali adibiti a lavorazioni (possibile deroga) | D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 |
Decreto-Legge 31 maggio 2021, n. 77 (GU n.129 del 31.05.2021)
L'art. 51 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, (GU n.129 del 31.05.2021) convertito in legge dalla Legge 29 luglio 2021 n. 108 GU n.181 del 30.07.2021 - SO n. 26, inserisce il comma 2-bis all'art. 10 del D.L. 16 luglio 2020 n. 76, ai sensi del quale, in deroga alle disposizioni del D.M. del 5 luglio 1975 con riferimento agli immobili di interesse culturale, sottoposti a tutela ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42:
- l’altezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione è fissata in 2,4 metri, riducibili a 2,2 metri per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti e i ripostigli;
- per ciascun locale adibito ad abitazione, l’ampiezza della finestra deve essere proporzionata in modo da assicurare un valore di fattore luce diurna medio non inferiore all’1% e, comunque, la superficie finestrata apribile non deve essere inferiore a un sedicesimo della superficie del pavimento;
- ai fini della presentazione e del rilascio dei titoli abilitativi per il recupero e per la qualificazione edilizia degli immobili e della segnalazione certificata della loro agibilità, si fa riferimento alle dimensioni legittimamente preesistenti anche nel caso di interventi di ristrutturazione e di modifica di destinazione d’uso.
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Articolo 1 - Altezza minima interna delle abitazioni
L'altezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione è fissata in m. 2,70, riducibili a m. 2,40 per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti ed i ripostigli.
Nei comuni montani al di sopra dei m. 1000 sul livello del mare può essere consentita, tenuto conto delle condizioni climatiche locali e della locale tipologia edilizia, una riduzione dell'altezza minima dei locali abitabili a m. 2,55.
Le altezze minime previste nel primo e secondo comma possono essere derogate entro i limiti già esistenti e documentati per i locali di abitazione di edifici situati in ambito di comunità montane sottoposti ad interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienicosanitarie quando l'edificio presenti caratteristiche tipologiche specifiche del luogo meritevoli di conservazione ed a condizione che la richiesta di deroga sia accompagnata da un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, comunque, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienicosanitarie dell'alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell'alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di una adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d'aria trasversali e dall'impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliaria. (1)
(1) Il presente comma è stato aggiunto dall'art. 1, D.M. 09.06.1999 (G.U. 26.06.1999, n. 148)
Nota riduzione altezza
Con il Decreto Interministeriale 26 giugno 2015 “Applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici” entrato in vigore il 1 ottobre 2015, è stata introdotta una novità che riguarda i sistemi radianti e gli interventi di isolamento dall’interno.
In caso di realizzazione di sistemi radianti e di interventi di isolamento dall’interno viene introdotta una deroga di 10 cm all’altezza minima dei locali per gli edifici ristrutturati e riqualificati.
Potranno quindi essere realizzati interventi che comporteranno una riduzione dell’altezza utile fino a un minimo di 2,60 m per le zone abitabili.
Applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici (GU n. 162 del 15-7-2015)
Allegato 1 (articoli 3 e 4) criteri generali e requisiti delle prestazioni energetiche degli edifici
2 Prescrizioni comuni per gli edifici di nuova costruzione, gli edifici oggetto di ristrutturazioni importanti o gli edifici sottoposti a riqualificazione energetica
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4. Negli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazioni importanti, o a riqualificazioni energetiche come definite all’articolo 2, comma 1, lettere l-vicies ter), e l-vicies quater), del decreto legislativo, con le precisazioni di cui ai paragrafi 1.3 e 1.4 del presente Allegato, nel caso di installazione di impianti termici dotati di pannelli radianti a pavimento o a soffitto e nel caso di intervento di isolamento dall’interno, le altezze minime dei locali di abitazione previste al primo e al secondo comma, del decreto ministeriale 5 luglio 1975, possono essere derogate, fino a un massimo di 10 centimetri. Resta fermo che nei comuni montani al di sopra dei metri 1000 sul livello del mare può essere consentita, tenuto conto delle condizioni climatiche locali e della locale tipologia edilizia, una riduzione dell'altezza minima dei locali abitabili a metri 2,55.
Modificazioni alle istruzioni ministeriali 20 giugno 1896 relativamente all'altezza minima ed ai requisiti igienico sanitari principali dei locali d'abitazione.
(G.U. n. 190 del 18-7-1975)
Ogni Regione italiana dispone di una propria normativa riguardo alla realizzazione dei locali (vedi in calce Regione Lombardia). In ogni caso, quasi tutti i regolamenti regionali fanno capo al il D.M. del 5 luglio 1975, che stabilisce l’altezza minima dei locali abitabili, definendola a 2,70 metri, che scende a 2,40 metri nel caso di locali non abitabili, come ad esempio bagni, corridoi o ripostigli.
Legge 5 agosto 1978 n. 457 Norme per l'edilizia residenziale (GU n.231 del 19-8-1978)
Con la Legge 5 agosto 1978 n. 457 si è inteso evitare l’impossibilità di effettuare interventi di recupero su un patrimonio edilizio esistente assai diffuso in Italia.
Nel testo della Legge il riferimento per le altezze è:
Art. 43 comma 2: Per l’edilizia residenziale, anche non fruente di contributi pubblici, sono consentite:
a) la installazione nelle abitazioni dei servizi igienici e la realizzazione nei fabbricati di scale, in ambienti non direttamente aerati, alle condizioni previste negli articoli 18 e 19 della legge 27 maggio 1975, n. 166;
b) altezze nette degli ambienti abitativi e dei vani accessori delle abitazioni, misurate tra pavimento e soffitto, fatte salve eventuali inferiori altezze previste da vigenti regolamenti edilizi, non inferiori a metri 2,70, per gli ambienti abitativi, e metri 2,40 per i vani accessori. Le norme previste dal presente articolo prevalgono sulle disposizioni dei regolamenti edilizi vigenti. L’applicazione delle norme previste dal presente articolo non deve comportare aumenti nelle densità abitative consentite dagli strumenti urbanistici vigenti, ne’ nelle superfici coperte derivanti dagli indici volumetrici di utilizzazione delle aree previste dagli stessi strumenti urbanistici.
L’osservanza delle norme previste dal precedente primo comma e dall’ultimo comma dell’articolo 16, deve risultare esplicitamente nel parere della commissione comunale edilizia e deve essere richiamata nella concessione a costruire rilasciata dal comune ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10. Le disposizioni del presente articolo, ad eccezione di quella contenuta nella lettera a) del secondo comma, non si applicano per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente.
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Legge 27 maggio 1975, n. 166 Norme per interventi straordinari di emergenza per l'attività edilizia. (GU n.148 del 07.06.1975)
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Art. 18 E' consentita l'installazione dei servizi igienici in ambienti non direttamente areati ed illuminati dall'esterno, a condizione che:
a) ciascuno di detti ambienti sia dotato di un idoneo sistema di ventilazione forzata, che assicuri un ricambio medio orario non inferiore a cinque volte la cubatura degli ambienti stessi;
b) gli impianti siano collegati ad acquedotti che diano garanzie di funzionamento continuo e gli scarichi siano dotati di efficiente e distinta ventilazione primaria e secondaria;
c) in ciascuno di detti ambienti non vengano installati apparecchi a fiamma libera.
Art. 19. E' consentita la realizzazione di scale e relativi disimpegni anche senza sfinestrature sull'esterno a condizione che:
a) risultino adeguatamente garantite tutte le condizioni di sicurezza e di igiene;
b) le scale ed i disimpegni siano dotati di una idonea ventilazione, diretta per le scale ed anche indiretta per i disimpegni.
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Tolleranze
Non esistono tolleranze sulle altezze dei locali.
Il limite di altezza interna minima per i vani abitabili pari a 2,70 ml è di natura igienico sanitario, ed avendo natura e valore costituzionalmente garantito, mantiene ruolo prioritario di interesse pubblico sovrastante qualunque interesse privato.
La tolleranza nazionale del 2% prevista dal comma 2-ter all’art. 34 DPR 380/0 dopo la pubblicazione del D.L. 16 luglio 2020 n. 76 (GU n.178 del 16.07.2020 - S.O. n. 24) convertito dalla Legge 11 settembre 2020 n. 120 (GU n.228 del 14.09.2020 - S.O. n. 33), che ha abrogato tale comma, è ora riportata all'Art. 34-bis comma 1.
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Art. 10 Semplificazioni e altre misure in materia edilizia
1. Al fine di semplificare e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, nonche' di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, decarbonizzazione, efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e contenimento del consumo di suolo al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono apportate le seguenti modificazioni:
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o) all'articolo 34, il comma 2-ter e' abrogato;
p) dopo l'articolo 34 e' inserito il seguente:
"Art. 34-bis (Tolleranze costruttive)
1. Il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unita' immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo.
2. Fuori dai casi di cui al comma 1, limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, costituiscono inoltre tolleranze esecutive le irregolarita' geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entita', nonche' la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l'attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l'agibilita' dell'immobile.
2. bis In deroga alle disposizioni deldecreto del Ministro per la sanità 5 luglio 1975, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18 luglio 1975, con riferimento agli immobili di interesse culturale, sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42:
a) l’altezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione è fissata in 2,4 metri, riducibili a 2,2 metri per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti e i ripostigli;
b) per ciascun locale adibito ad abitazione, l’ampiezza della finestra deve essere proporzionata in modo da assicurare un valore di fattore luce diurna medio non inferiore all’1 per cento e, comunque, la superficie finestrata apribile non deve essere inferiore a un sedicesimo della superficie del pavimento;
c) ai fini della presentazione e del rilascio dei titoli abilitativi per il recupero e per la qualificazione edilizia degli immobili di cui al presente comma e della segnalazione certificata della loro agibilità, si fa riferimento alle dimensioni legittimamente preesistenti anche nel caso di interventi.
3. Le tolleranze esecutive di cui ai commi 1 e 2 realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi, non costituendo violazioni edilizie, sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell'attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.".
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Art. 34 Interventi eseguiti in parziale difformita' dal permesso di costruire (legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 12; decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articoli 107 e 109)
1. Gli interventi e le opere realizzati in parziale difformita' dal permesso di costruire sono rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell'abuso entro il termine congruo fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell'ufficio. Decorso tale termine sono rimossi o demoliti a cura del comune e a spese dei medesimi responsabili dell'abuso.
2. Quando la demolizione non puo' avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformita', il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformita' dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale. 2-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi di cui all'articolo 23, comma 01, eseguiti in parziale difformita' dalla segnalazione certificata di inizio attivita'.
2-ter Abrogato dal D.L. 16 luglio 2020 n. 76
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Art. 34-bis (Tolleranze costruttive)
1. Il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unita' immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo.
2. Fuori dai casi di cui al comma 1, limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, costituiscono inoltre tolleranze esecutive le irregolarita' geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entita', nonche' la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l'attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l'agibilita' dell'immobile.
3. Le tolleranze esecutive di cui ai commi 1 e 2 realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi, non costituendo violazioni edilizie, sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell'attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.
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Decreto Legge 13 maggio 2011 n. 70
Art. 34 Interventi eseguiti in parziale difformita' dal permesso di costruire
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2-ter. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, non si ha parziale difformita' del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza (ndr...locali o altezza fabbricato?), distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unita' immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali. (N)
(N) D.L. 29 maggio 2018, n. 55, convertito con modificazioni, dalla L. 24 luglio 2018, n. 89, ha disposto (con l'art. 1-sexies, comma 2) che "Ai fini dell'applicazione del comma 1, la percentuale di cui al comma 2-ter dell'articolo 34 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e' elevata al 5 per cento".
Vedasi Regolamenti urbanistici locali
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Art. 1-sexies (Disciplina relativa alle lievi difformita' edilizie e alle pratiche pendenti ai fini dell'accelerazione dell'attivita' di ricostruzione o di riparazione degli edifici privati).
1. In caso di interventi edilizi sugli edifici privati nei comuni di cui agli allegati 1, 2 e 2-bis al decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189 (eventi sismici 2016 -ndr), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, realizzati prima degli eventi sismici del 24 agosto 2016 in assenza di titoli edilizi nelle ipotesi di cui all'articolo 22, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, o in difformita' da essi, e nelle ipotesi di cui al comma 1-bis del presente articolo, il proprietario dell'immobile, pur se diverso dal responsabile dell'abuso, puo' presentare, anche contestualmente alla domanda di contributo, richiesta di permesso o segnalazione certificata di inizio attivita' in sanatoria, in deroga alle previsioni degli articoli 36, comma 1, 37, comma 4, e 93 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, avendo riguardo a quanto rappresentato nel progetto di riparazione o ricostruzione dell'immobile danneggiato e alla disciplina vigente al momento della presentazione del progetto. E' fatto salvo, in ogni caso, il pagamento della sanzione di cui ai predetti articoli 36 e 37, comma 4, il cui importo non puo' essere superiore a 5.164 euro e inferiore a 516 euro, in misura determinata dal responsabile del procedimento comunale in relazione all'aumento di valore dell'immobile, valutato per differenza tra il valore dello stato realizzato e quello precedente all'abuso, calcolato in base alla procedura prevista dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile
1994, n. 701. L'inizio dei lavori e' comunque subordinato al rilascio dell'autorizzazione statica o sismica, ove richiesta.
1-bis. Il comma 1 del presente articolo trova applicazione anche nei casi previsti dalle norme regionali attuative dell'intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, sull'atto concernente misure per il rilancio dell'economia attraverso l'attivita' edilizia, di cui al provvedimento della Conferenza unificata 1° aprile 2009, n. 21/CU, ovvero dalle norme regionali vigenti in materia di urbanistica e di edilizia. In tale caso il contributo non spetta per la parte relativa all'incremento di volume. Il presente articolo non trova applicazione nel caso in cui le costruzioni siano state interessate da interventi edilizi totalmente abusivi per i quali sono stati emessi i relativi ordini di demolizione.
2. Ai fini dell'applicazione del comma 1, la percentuale di cui al comma 2-ter dell'articolo 34 del citato decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e' elevata al 5 per cento (vedi ora Art. 34-bis -ndr).
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TAR Cons. Stato, sez. IV, dec. n. 2253 del 2007
La Sentenza del TAR sostiene che anche prima dell’introduzione del nuovo comma 2-ter dell’art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001 (avvenuta con il decreto-legge n. 70 del 2011, convertito in legge n. 106 del 2011), la giurisprudenza amministrativa aveva già ritenuto che lievi scostamenti rispetto alle misurazioni previste in progetto, i quali si presentino plausibili nell’ambito della tecnica costruttiva utilizzata, non possono considerarsi come difformità rispetto al titolo edilizio rilasciato
TAR del Piemonte sez. II n. 1061/2015
La sentenza del TAR piemontese prosegue l’argomentazione e considera la mancanza «di alcuni centimetri» nell’altezza interna come un margine di tollerabilità consueto, legato sia alla difficoltà di perfetta realizzazione delle previsioni di progetto sia ai limiti degli strumenti di misurazione (TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. n. 4469 del 2009). Nel caso di specie, peraltro, è risultato pacifico che il contestato abbassamento delle altezze dei locali interni sia dipeso dalla realizzazione degli impianti di riscaldamento e quindi – anche a prescindere dalla normativa sul risparmio energetico – il TAR piemontese ha ritenuto che il lieve scostamento contestato fosse ampiamente giustificato nell’ambito della funzionalità della complessiva opera realizzata, comparando le sue caratteristiche e finalità dell’opera nel suo insieme.
La norma di riferimento è il D.Lgs. 81/2008 che all'Art. 63 e allegato IV dove è stabilità una altezza non inferiore a 3 mt, ma derogabile:
1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV.
2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili.
3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere, le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posi di lavoro utilizzati da lavoratori disabili.
4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione dell'organo di vigilanza territorialmente competente, adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
6. Comma abrogato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
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Allegato IV REQUISITI DEI LUOGHI DI LAVORO
1.2. Altezza, cubatura e superficie
1.2.1. I limiti minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi destinati o da destinarsi al lavoro nelle aziende industriali che occupano più di cinque lavoratori, ed in ogni caso in quelle che eseguono le lavorazioni che comportano la sorveglianza sanitaria, sono i seguenti:
1.2.1.1. altezza netta non inferiore a m 3;
1.2.1.2. cubatura non inferiore a mc 10 per lavoratore;
1.2.1.3. ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di almeno mq 2.
1.2.2. I valori relativi alla cubatura e alla superficie si intendono lordi cioè senza deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi.
1.2.3. L'altezza netta dei locali è misurata dal pavimento all'altezza media della copertura dei soffitti o delle volte.
1.2.4. Quando necessità tecniche aziendali lo richiedono, l'organo di vigilanza competente per territorio può consentire altezze minime inferiori a quelle sopra indicate e prescrivere che siano adottati adeguati mezzi di ventilazione dell'ambiente. L'osservanza dei limiti stabiliti dal presente articolo circa l'altezza, la cubatura e la superficie dei locali chiusi di lavoro è estesa anche alle aziende industriali che occupano meno di cinque lavoratori quando le lavorazioni che in esse si svolgono siano ritenute, a giudizio dell'organo di vigilanza, pregiudizievoli alla salute dei lavoratori occupati.
1.2.5. Per i locali destinati o da destinarsi a uffici, indipendentemente dal tipo di azienda, e per quelli delle aziende commerciali, i limiti di altezza sono quelli individuati dalla normativa urbanistica vigente.
1.2.6. Lo spazio destinato al lavoratore nel posto di lavoro deve essere tale da consentire il normale movimento della persona in relazione al lavoro da compiere.
L'altezza di soppalchi a titolo abitativo deve essere considerata quella prevista dalla norma nazionale di cui al D.M. del 5 luglio 1975.
La realizzazione di un soppalco in un fabbricato esistente è possibile se vi è un’altezza utile da consentire la realizzazione un interpiano (soppalco). Si tratta di un requisito importante per garantire la sicurezza delle persone impegnate nella movimentazione di merci o nello svolgimento delle attività industriali.
Il primo elemento da considerare è l’altezza della zona sottostate al soppalco, soprattutto se questa è attrezzata e adibita ad area di lavoro. Anche in questo caso, esistono delle regole da seguire nella progettazione di un soppalco industriale che stabiliscono l’altezza del piano di calpestio.
Se le zone sottostanti sono soggette alla permanenza di persone, è necessario garantire adeguate condizioni di igiene e sicurezza.
La superficie da soppalcare, normalmente, non deve essere superiore ad 1/3 della superficie del fabbricato, ma può arrivare fino a metà della superficie quando si soddisfano determinati requisiti di altezza sopra e sotto il soppalco.
Un altro elemento da valutare è la portata del soppalco in funzione dell’impiego che ne sarà fatto (es. dai 250 ai 1.000 kg/m² a carico uniformemente distribuito) per soddisfare qualunque esigenza di carico.
I soppalchi industriali possono ospitare qualunque tipo di merce, anche macchinari pesanti e ingombranti.
Per realizzare un soppalco industriale occorre tenere conto anche delle caratteristiche del luogo di installazione e, in particolare, del rischio sismico. La progettazione dei soppalchi deve essere effettuata in conformità con le norme vigenti in materia di costruzione con relazioni di calcolo.
Soppalchi abitativi residenziali
La normativa nazionale per la costruzione del soppalco, quindi, stabilisce i limiti di altezza che sono compresi fra 2,70 metri e 2,40 metri, sono presenti delle situazioni in cui sono consentite anche delle altezze inferiori nei regolamenti locali, come ad esempio nei casi di abitazioni che si trovano all’interno di specifici centri storici oppure in comuni di montagna situati oltre una determinata altitudine: per esempio, in Lombardia, la Regione, stabilisce l’altezza media dei soppalchi a 2,40 metri per le abitazioni che si trovano al di sopra dei 600 metri di altitudine, mentre si attesta a 2,10 metri l’altezza del soppalco per le strutture situate a più di 600 metri di altitudine: per quest’ultimo caso, quindi, l’altezza minima viene fissata a 1,5 metri.
Per quanto riguarda la Regione Piemonte, questa ad esempio ha stabilito che l’altezza minima di un soppalco letto sarà di 1,6 metri in pianura e di 1,4 metri in montagna, mentre per i locali di servizio, questa si riduce a 1,2 metri.
Per la costruzione di un soppalco (per esempio in un sottotetto), è necessario presentare un progetto realizzato da un architetto professionista all’Ufficio Tecnico del Comune di residenza; invece, a lavoro ultimati, si dovrà portare presso l’Ufficio del Catasto tutta la documentazione del caso per permettere la registrazione dell’aumento della superficie calpestabile a seguito della realizzazione del suddetto soppalco.
Recupero dei vani e locali seminterrati esistenti: L.R. 7/2017 Lombardia
Attuazione legge recupero dei vani e locali seminterrati esistenti
Con deliberazione di Consiglio Comunale n.29 del 23/10/2017 il Comune di Milano ha dato attuazione a quanto previsto dalla L.R. 7/2017 che promuove il recupero dei vani e locali seminterrati ad uso residenziale, terziario o commerciale, con esclusione del produttivo.
Era stato fissato al 31 ottobre 2017 il termine per i Comuni per disporre, con delibera di Consiglio comunale, l’esclusione di parti del territorio comunale dall'applicazione della legge per il recupero dei vani e locali seminterrati esistenti, motivata da specifiche esigenze di tutela paesaggistica o igienico-sanitaria, di difesa del suolo, di rischio idrogeologico e in presenza di fenomeni di risalita della falda che possono determinare situazioni di rischio nell'utilizzo di spazi seminterrati. La Legge pone particolare attenzione inoltre alle operazioni di monitoraggio degli interventi di recupero, per le quali le Amministrazioni comunali dovranno inoltre comunicare i dati raccolti entro il 31 dicembre di ogni anno a Regione Lombardia.
In allegato disponibili le indicazioni operative emesse dal Comune di Milano inerenti l'applicazione della delibera.
Con l’articolo 24 del DPR 380/2001 (Testo Unico Edilizia) sono stati ricondotti i termini agibilità edilizia e abitabilità al solo termine di "agibilità".
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Certifico Srl - IT | Rev. 2.0 2021
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Rev. | Data | Oggetto | Autore |
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1.0 | 04.04.2019 |
D.L. 16 luglio 2020 n. 76 D.L. 29 maggio 2018 n. 55 Provvedimento 1 aprile 2009 Note altezza locali di lavoro |
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0.0 | 04.10.2021 | --- | Certifico Srl |
Collegati
Legge 5 agosto 1978 n. 457
Legge 27 maggio 1975 n. 166
Decreto 26 giugno 2015
D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380
Abitabilità e agibilità edilizia: univoco termine di "agibilita"
Decreto Legge 13 maggio 2011 n. 70
Decreto-Legge 29 maggio 2018 n. 55
D.P.R. 380/2001 Testo Unico Edilizia | Consolidato 2019
Provvedimento 1 aprile 2009
Superficie minima abitazioni | Normativa e requisiti
D.L. 16 luglio 2020 n. 76
Decreto-Legge 31 maggio 2021, n. 77