Sicurezza e Prevenzione Incendi vie e uscite di emergenza / Update Ottobre 2023
ID 6369 | Update 05.10.2023 / Documento completo allegato
In allegato Documento Quadro normativo sulle vie e uscite di emergenza, in riferimento alle norme generali di sicurezza e prevenzione incendi (con note e circolari):
- D.Lgs. 81/2008 Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (GU n. 101 del 30 aprile 2008)
- Decreto 3 Settembre 2021 Criteri generali di progettazione, realizzazione ed esercizio della sicurezza antincendio per luoghi di lavoro, ai sensi dell'articolo 46, comma 3, lettera a), punti 1 e 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. (GU n.259 del 29.10.2021)
- Decreto 30 novembre 1983 Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi (GU n. 339 del 12 dicembre 1983)
- DM 9 marzo 2007 Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (GU n. 74 del 29 marzo 2007)
Per attività normate da RT verticale fare riferimento in primis alla stessa.
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Allegato IV
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1.5. Vie e uscite di emergenza.
1.5.1. Ai fini del presente punto si intende per:
1.5.1.1. via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;
1.5.1.2. uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;
1.5.1.3. luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza;
1.5.1.4. larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza di passaggio al netto dell'ingombro dell'anta mobile in posizione di massima apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se incernierata (larghezza utile di passaggio).
1.5.2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro.
1.5.3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.
1.5.4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi installate, nonché al numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi.
1.5.5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2,0 e larghezza minima conforme alla normativa vigente in materia antincendio.
1.5.6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano chiuse, devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. L'apertura delle porte delle uscite di emergenza nel verso dell'esodo non è richiesta quando possa determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause, fatta salva l'adozione di altri accorgimenti adeguati specificamente autorizzati dal Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio.
1.5.7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave quando sono presenti lavoratori in azienda, se non nei casi specificamente autorizzati dagli organi di vigilanza.
1.5.8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.
1.5.9. Le vie e le uscite di emergenza, nonché le vie di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
1.5.10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati.
1.5.11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un'illuminazione devono essere dotate di un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell'impianto elettrico.
1.5.12. Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente per le lavorazioni che presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi di incendio alle quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere almeno due scale distinte di facile accesso o rispondere a quanto prescritto dalla specifica normativa antincendio. Per gli edifici già costruiti si dovrà provvedere in conformità, quando non ne esista l'impossibilità accertata dall'organo di vigilanza. In quest'ultimo caso sono disposte le misure e cautele ritenute più efficienti. Le deroghe già concesse mantengono la loro validità salvo diverso provvedimento dell'organo di vigilanza.
1.5.13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 non si applica la disposizione contenuta nel punto 1.5.4, ma gli stessi devono avere un numero sufficiente di vie ed uscite di emergenza.
1.5.14.1. Le aperture esistenti nel suolo o nel pavimento dei luoghi, degli ambienti di lavoro o di passaggio, comprese le fosse ed i pozzi, devono essere provviste di solide coperture o di parapetti normali, atti ad impedire la caduta di persone. Quando dette misure non siano attuabili, le aperture devono essere munite di apposite segnalazioni di pericolo.
1.5.14.2. Le aperture nelle pareti, che permettono il passaggio di una persona e che presentano pericolo di caduta per dislivelli superiori ad un metro, devono essere provviste di solida barriera o munite di parapetto normale.
1.5.14.3. Per le finestre sono consentiti parapetti di altezza non minore di cm. 90 quando, in relazione al lavoro eseguito nel locale, non vi siano condizioni di pericolo.
Allegato I
1. Campo di applicazione
1. Il presente allegato stabilisce criteri semplificati per la valutazione del rischio di incendio ed indica le misure di prevenzione, protezione e gestionali antincendio da adottare nei luoghi di lavoro a basso rischio d’incendio.
2. Ai fini dell’applicazione del presente allegato, sono considerati luoghi di lavoro a basso rischio d’incendio quelli ubicati in attività non soggette e non dotate di specifica regola tecnica verticale, aventi tutti i seguenti requisiti aggiuntivi:
a) con affollamento complessivo ≤100 occupanti;
Nota
Per attività non soggette si intendono quelle attività non ricomprese nell’elenco dell’Allegato I al decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011.
Nota
Per occupanti si intendono le persone presenti a qualsiasi titolo all’interno dell’attività.
b) con superficie lorda complessiva ≤1000 m2;
c) con piani situati a quota compresa tra -5 m e 24 m;
d) ove non si detengono o trattano materiali combustibili in quantità significative;
Nota
Generalmente, per quantità significative di materiali combustibili si intende qf > 900 MJ/m2.
e) ove non si detengono o trattano sostanze o miscele pericolose in quantità significative;
f) ove non si effettuano lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio.
(*) qf = Carico d'incendio specifico [MJ/m2]
[...]
1. I termini, le definizioni e i simboli grafici utilizzati nel presente allegato sono quelli del capitolo G.1 del decreto ministeriale 3 agosto 2015 e successive modifiche.
3. Valutazione del rischio di incendio
1. Deve essere effettuata la valutazione del rischio d’incendio in relazione alla complessità del luogo di lavoro.
Nota
La valutazione del rischio d’incendio rappresenta un’analisi dello specifico luogo di lavoro, finalizzata all’individuazione delle più severe ma credibili ipotesi d’incendio e delle corrispondenti conseguenze per gli occupanti. Tale analisi consente di implementare e, se necessario, integrare le soluzioni progettuali previste nel presente allegato.
2. La valutazione del rischio di incendio deve ricomprendere almeno i seguenti elementi:
a) individuazione dei pericoli d’incendio;
Nota
Ad esempio, si valutano: sorgenti d’innesco, materiali combustibili o infiammabili, carico di incendio, interazione inneschi-combustibili, quantitativi rilevanti di miscele o sostanze pericolose, lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio o dell’esplosione, possibile formazione di atmosfere esplosive, …
b) descrizione del contesto e dell’ambiente nei quali i pericoli sono inseriti;
Nota
Si indicano ad esempio: condizioni di accessibilità e viabilità, layout aziendale, distanziamenti, separazioni, isolamento, caratteristiche degli edifici, tipologia edilizia, complessità geometrica, volumetria, superfici, altezza, piani interrati, articolazione planovolumetrica, compartimentazione, aerazione, ventilazione e superfici utili allo smaltimento di fumi e di calore, …
c) determinazione di quantità e tipologia degli occupanti esposti al rischio d’incendio;
d) individuazione dei beni esposti al rischio d’incendio;
e) valutazione qualitativa o quantitativa delle conseguenze dell’incendio sugli occupanti;
f) individuazione delle misure che possano rimuovere o ridurre i pericoli che determinano rischi significativi.
Nota
Identificati i pericoli di incendio, è necessario valutare se gli stessi possano essere eliminati o ridotti adottando soluzioni più sicure (riduzione delle sorgenti di innesco, corretto impiego di attrezzature elettriche, utilizzo di materiali meno pericolosi, processi produttivi più sicuri, implementazione di specifiche procedure, …).
Nota
In base alla specificità del luogo di lavoro (es. numero degli occupanti esposti ai pericoli di incendio identificati, esigenze legate alla continuità dei servizi erogati, …) potrebbe essere necessario separare o proteggere determinati ambiti dello stesso rispetto ad altri (es. compartimentazione degli ambiti, interposizione di distanze di sicurezza, protezione mediante impianti automatici di inibizione controllo o spegnimento dell’incendio, impiego di impianti di rivelazione ed allarme incendio, …).
4. Strategia antincendio
1. In esito alle risultanze della valutazione del rischio di incendio, le misure antincendio da adottare nella progettazione, realizzazione ed esercizio dei luoghi di lavoro a basso rischio d’incendio sono quelle indicate di seguito.
2. Il datore di lavoro (o responsabile dell’attività) deve individuare le necessità particolari delle persone con esigenze speciali e tenerne conto nella progettazione e realizzazione delle misure di sicurezza antincendio.
3. L’applicazione della normazione tecnica volontaria citata nel presente allegato (es. norme ISO, IEC, EN, UNI, CEI, …) conferisce presunzione di conformità, ma rimane volontaria e non è obbligatoria, a meno che non sia resa cogente da altre disposizioni regolamentari.
4.1 Compartimentazione
1. In esito alle risultanze della valutazione del rischio di incendio, al fine di limitare la propagazione dell’incendio, possono essere adottate le seguenti misure:
a) verso altre attività, il luogo di lavoro può essere inserito in un compartimento antincendio distinto o può essere interposto spazio scoperto;
b) all’interno del luogo di lavoro, la volumetria dell’opera da costruzione contenente lo stesso può essere suddivisa in compartimenti antincendio o può essere interposto spazio scoperto tra ambiti dello stesso luogo di lavoro.
Nota
Deve essere posta particolare attenzione al mantenimento della continuità della compartimentazione, ad esempio in corrispondenza dei varchi di vani ascensori, cavedi impianti, scale di servizio, …
4.2 Esodo
1. La finalità del sistema d’esodo è di assicurare che in caso di incendio gli occupanti del luogo di lavoro possano raggiungere un luogo sicuro, autonomamente o con assistenza.
Nota
Ad esempio, si considera luogo sicuro la pubblica via. Relativamente ad un compartimento, si considera luogo sicuro temporaneo qualsiasi altro compartimento o spazio scoperto che può essere attraversato dagli occupanti per raggiungere il luogo sicuro tramite il sistema d’esodo, senza rientrare nel compartimento in esame.
4.2.1 Caratteristiche del sistema d’esodo
1. Tutte le superfici di calpestio delle vie d’esodo non devono essere sdrucciolevoli, né presentare avvallamenti o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito degli occupanti.
2. In generale, il fumo ed il calore dell’incendio smaltiti o evacuati dall’attività non devono interferire con le vie d’esodo.
Nota
Ad esempio, sono da evitare aperture di smaltimento o di evacuazione di fumo e calore sottostanti o adiacenti alle vie di esodo esterne.
3. Le porte installate lungo le vie d’esodo devono essere facilmente identificabili ed apribili da parte di tutti gli occupanti.
4. Se l’attività è aperta al pubblico, le porte ad apertura manuale lungo le vie d’esodo impiegate da > 25 occupanti, nella condizione d’esodo più gravosa, devono aprirsi nel senso dell’esodo ed essere dotate di dispositivo di apertura UNI EN 1125 o equivalente.
5. Il sistema d’esodo (es. vie d’esodo, luoghi sicuri, spazi calmi, …) deve essere facilmente riconosciuto ed impiegato dagli occupanti grazie ad apposita segnaletica di sicurezza.
6. Lungo le vie d’esodo deve essere installato un impianto di illuminazione di sicurezza, qualora l’illuminazione naturale possa risultare anche occasionalmente insufficiente a consentire l’esodo degli occupanti.
Nota
Per la progettazione dell’impianto di illuminazione di sicurezza può essere impiegata la norma UNI EN 1838.
4.2.2 Dati di ingresso per la progettazione del sistema d’esodo
1. L’affollamento massimo di ciascun locale è determinato moltiplicando la densità di affollamento pari a 0,7 persone/m2 per la superficie lorda del locale stesso.
2. Può essere dichiarato un valore dell’affollamento inferiore a quello determinato come previsto al comma 1 se il datore di lavoro (o responsabile dell’attività) si impegna a verificarlo e rispettarlo per ogni locale ed in ogni condizione d’esercizio dell’attività.
4.2.3 Progettazione del sistema d’esodo
1. Al fine di limitare la probabilità che l’esodo degli occupanti sia impedito dall’incendio, devono essere previste almeno due vie d’esodo indipendenti, per le quali sia minimizzata la probabilità che possano essere contemporaneamente rese indisponibili dagli effetti dell’incendio.
2. È ammessa la presenza di corridoi ciechi con lunghezza del corridoio cieco Lcc ≤30 m.
3. È ammessa una lunghezza del corridoio cieco Lcc ≤45 m nel caso in cui sia previsto uno dei seguenti requisiti antincendio aggiuntivi:
a) installazione di un IRAI dotato delle funzioni minime A, B, D, L, C;
Nota
La funzione A, rivelazione automatica dell’incendio, deve sorvegliare tutte le aree del luogo di lavoro.
b) altezza media dei locali serviti dal corridoio cieco ≥5 m.
4. Nei limiti di ammissibilità del corridoio cieco, è ammessa una sola via d’esodo.
5. Al fine di limitare il tempo necessario agli occupanti per abbandonare il compartimento di primo innesco dell’incendio, almeno una delle lunghezze d’esodo determinate da qualsiasi punto dell’attività deve essere Les ≤60 m.
Nota
Il luogo di lavoro può essere inserito in un compartimento o suddiviso in compartimenti in esito alle risultanze della valutazione del rischio, come indicato in 4.1
6. L’altezza minima delle vie di esodo è pari a 2 m. Sono ammesse altezze inferiori, per brevi tratti segnalati, lungo le vie d’esodo, in presenza di uno dei seguenti casi:
a) da ambiti ove vi sia esclusiva presenza di personale specificamente formato;
b) da ambiti ove vi sia presenza occasionale e di breve durata di un numero limitato di occupanti (es. locali impianti o di servizio, piccoli depositi, …);
c) secondo le risultanze di specifica valutazione del rischio.
7. La larghezza delle vie di esodo è la minima misurata, dal piano di calpestio fino all’altezza di 2 m, deducendo l’ingombro di eventuali elementi sporgenti con esclusione degli estintori. Tra gli elementi sporgenti non vanno considerati i corrimani e i dispositivi di apertura delle porte con sporgenza ≤80 mm.
8. La larghezza di ciascun percorso delle vie d’esodo orizzontali e verticali deve essere ≥ 900 mm. Sono ammessi:
a) varchi di larghezza ≥ 800 mm;
b) varchi di larghezza ≥700 mm, per affollamento del locale 10 occupanti;
c) varchi di larghezza ≥ 600 mm, per locali ove vi sia esclusiva presenza di personale specificamente formato o presenza occasionale e di breve durata di un numero limitato di occupanti (es. locali impianti o di servizio, piccoli depositi, …), oppure secondo le risultanze di specifica valutazione del rischio.
9. In tutti i piani dell’attività nei quali vi può essere presenza non occasionale di occupanti che non abbiano sufficienti abilità per raggiungere autonomamente un luogo sicuro tramite vie d’esodo verticali, deve essere possibile esodo orizzontale verso luogo sicuro o spazio calmo.
4.3 Gestione della sicurezza antincendio (GSA)
1. Il datore di lavoro (o il responsabile dell’attività) organizza la GSA tramite:
a) adozione e verifica periodica delle misure antincendio preventive;
Nota
Le misure preventive minime sono almeno le seguenti: corretto deposito ed impiego dei materiali combustibili, di sostanze e miscele pericolose; ventilazione degli ambienti ove siano presenti sostante infiammabili, mantenimento della disponibilità di vie d’esodo sgombre e sicuramente fruibili; riduzione delle sorgenti di innesco (es. limitazioni nell’uso di fiamme libere senza le opportune precauzioni, rispetto del divieto di fumo ove previsto, divieto di impiego di apparecchiature e attrezzature di lavoro malfunzionanti o impropriamente impiegate, …).
b) verifica dell’osservanza dei divieti, delle limitazioni e delle condizioni normali di esercizio che scaturiscono dalla valutazione del rischio d’incendio;
c) mantenimento in efficienza di impianti, attrezzature e altri sistemi di sicurezza antincendio (ad es. estintori, porte resistenti al fuoco, IRAI, impianti automatici di inibizione controllo o estinzione dell’incendio, …);
d) attuazione delle misure di gestione della sicurezza antincendio in esercizio e in emergenza;
Nota
Per il mantenimento in efficienza degli impianti, attrezzature e altri sistemi di sicurezza antincendio e per la gestione della sicurezza antincendio in emergenza si applicano le previsioni dei decreti ministeriali emanati in attuazione dell’art. 46 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
e) apposizione di segnaletica di sicurezza (es. divieti, avvertimenti, evacuazione, …);
f) gestione dei lavori di manutenzione, valutazione dei relativi rischi aggiuntivi e di interferenza, con particolare riguardo a lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio (es. lavori a caldo, …), pianificazione della temporanea disattivazione di impianti di sicurezza, pianificazione della temporanea sospensione della continuità della compartimentazione, impiego delle sostanze o miscele pericolose (es. solventi, colle, …).
4.4 Controllo dell’incendio
1. Per consentire la pronta estinzione di un principio di incendio, devono essere installati estintori di capacità estinguente minima non inferiore a 13A e carica minima non inferiore a 6 kg o 6 litri, in numero tale da garantire una distanza massima di raggiungimento pari a 30 m.
Nota
Per consentire la pronta estinzione di piccoli focolai può essere consigliata l’installazione di coperte antincendio, ad esempio del tipo conforme a UNI EN 1869.
2. Nel caso di presenza di liquidi infiammabili stoccati o in lavorazione o dove sia possibile prevedere un principio di incendio di un fuoco di classe B dovuto a solidi liquefattibili (es. cera, paraffina, materiale plastico liquefacibile, …), gli estintori installati per il principio di incendio di classe A devono possedere, ciascuno, anche una capacità estinguente non inferiore a 89 B.
Nota
I materiali plastici che bruciando formano braci sono classificati fuochi di classe A.
3. In esito alle risultanze della valutazione del rischio di incendio, possono essere installati estintori per altri fuochi o rischi specifici (ad es. fuochi di classe F, solventi polari, …).
4. Gli estintori devono essere sempre disponibili per l’uso immediato, pertanto devono essere collocati:
a) in posizione facilmente visibile e raggiungibile, lungo i percorsi d’esodo in prossimità delle uscite dei locali, di piano o finali;
b) in prossimità di eventuali ambiti a rischio specifico (es. depositi, archivi, …).
5. Nei luoghi di lavoro al chiuso, nei confronti dei principi di incendio di classe A o classe B, è opportuno l’utilizzo di estintori a base d’acqua (estintori idrici).
Nota
L’impiego di estintori a polvere in luoghi chiusi causa, generalmente, un’improvvisa riduzione della visibilità che potrebbe compromettere l’orientamento degli occupanti durante l’esodo in emergenza o altre operazioni di messa in sicurezza; inoltre la polvere potrebbe causare irritazioni sulla pelle e sulle mucose degli occupanti.
6. Qualora sia previsto l’impiego di estintori su impianti o apparecchiature elettriche in tensione, devono essere installati estintori idonei all’uso previsto.
Nota
Gli estintori portatili conformi alla norma EN 3-7 con agente estinguente privo di conducibilità elettrica (es. polvere, anidride carbonica, …) sono idonei all’utilizzo su impianti e apparecchiature elettriche sino a 1000 V ed alla distanza di 1 m. Gli estintori a base d’acqua conformi alla norma EN 3-7 devono superare la prova dielettrica per poter essere utilizzati su impianti ed apparecchiature elettriche in tensione sino a 1000 V e alla distanza di 1 m.
7. In esito alle risultanze della valutazione del rischio di incendio può essere prevista l’installazione di una rete idranti.
8. Per la progettazione dell’eventuale rete idranti secondo norma UNI 10779 e UNI EN 12845 devono essere adottati i seguenti parametri minimi:
a) livello di pericolosità 1;
b) protezione interna;
c) alimentazione idrica di tipo singola.
Nota
Per il livello di pericolosità 1 è consentita l’alimentazione promiscua.
4.5 Rivelazione ed allarme
1. La rivelazione e la diffusione dell’allarme incendio è generalmente demandata alla sorveglianza da parte degli occupanti. Pertanto, nella gestione della sicurezza antincendio, devono essere codificate idonee procedure di emergenza finalizzate:
a) al rapido e sicuro allertamento degli occupanti in caso di incendio;
Nota
Generalmente l’allarme è trasmesso tramite segnali convenzionali codificati nelle procedure di emergenza (es. a voce, suono di campana, accensione di segnali luminosi, …) comunque percepibili da parte degli occupanti.
b) alla messa in sicurezza degli impianti tecnologici (es. arresto di impianti di produzione, chiusura delle valvole di adduzione di gas o liquidi combustibili, distacco dell’alimentazione elettrica, …).
2. In esito alle risultanze della valutazione del rischio di incendio può essere prevista l’installazione di un impianto di rivelazione allarme incendi (IRAI).
Nota
Per la progettazione dell’IRAI può essere impiegata la norma UNI 9795.
3. Qualora previsto, l’IRAI deve essere dotato delle seguenti funzioni principali:
- B, funzione di controllo e segnalazione;
- D, funzione di segnalazione manuale;
- L, funzione di alimentazione;
- C, funzione di allarme incendio.
Nota
I segnali acustici di pre-allarme, qualora previsto, e di allarme incendio (funzione principale C) dovrebbero avere caratteristiche rispondenti alla norma UNI 11744.
4. La funzione A di rivelazione automatica, se prevista, deve essere estesa almeno agli spazi comuni, alle vie d’esodo (anche facenti parte di sistema d’esodo comune) e agli spazi limitrofi, alle aree dei beni da proteggere ed agli ambiti a rischio specifico.
4.6 Controllo di fumi e calore
1. Al fine di facilitare le operazioni delle squadre di soccorso dal luogo di lavoro deve essere possibile smaltire fumi e calore in caso d’incendio.
2. Lo smaltimento dei fumi e del calore deve essere garantito attraverso la presenza di aperture che possono coincidere con gli infissi (es. finestre, lucernari, porte, …) già presenti e richiesti per il luogo di lavoro ai fini igienico-sanitari.
3. Le modalità di apertura in caso di incendio delle aperture di smaltimento di fumo e calore devono essere considerate nella pianificazione di emergenza.
4.7 Operatività antincendio
1. Deve essere assicurata la possibilità di avvicinare i mezzi di soccorso antincendio a distanza ≤50 m dagli accessi dell’attività, oppure devono essere adottate specifiche misure di operatività antincendio.
Nota
Fra le misure specifiche di operatività antincendio possono essere previsti accessi protetti a tutti i piani dell’attività, disponibilità di agenti estinguenti per i soccorritori, …
4.8 Sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio
1. Gli impianti tecnologici e di servizio (es. impianti per la produzione ed utilizzazione dell’energia elettrica, distribuzione di fluidi combustibili, climatizzazione degli ambienti, …) devono essere realizzati, eserciti e mantenuti in efficienza secondo la regola dell’arte.
2. Gli impianti tecnologici e di servizio devono essere disattivabili, o altrimenti gestibili, a seguito di incendio
...
3. AFFOLLAMENTO - ESODO
3.1 - Capacità di deflusso o di sfollamento
Numero massimo di persone che, in un sistema di vie d'uscita, si assume possano defluire attraverso una uscita di "modulo uno". Tale dato, stabilito dalla norma, tiene conto del tempo occorrente per lo sfollamento ordinato di un compartimento.
ndr
Nelle regole tecniche verticali la capacità di deflusso è stabilita ipotizzando tempi molto brevi per lo sfollamento ordinato di un compartimento. Si ottengono pertanto valori molto bassi della capacità di deflusso per locali al chiuso (es. di norma 50 pers/mod per uscite in piano) a favore di sicurezza.
3.2 - Densità di affollamento
Numero massimo di persone assunto per unità di superficie lorda di pavimento (persone/mq).
3.3 - Larghezza delle uscite di ciascun compartimento
Numero complessivo di moduli di uscita necessari allo sfollamento totale del compartimento.
3.4 - Luogo sicuro
Spazio scoperto ovvero compartimento antincendio, separato da altri compartimenti mediante spazio scoperto o filtri a prova di fumo, avente caratteristiche idonee a ricevere e contenere un predeterminato numero di persone (luogo sicuro statico), ovvero a consentirne il movimento ordinato (luogo sicuro dinamico).
ndr
Nel D.M. 10/3/1998 il luogo sicuro è definito come "luogo dove le persone possono ritenersi al sicuro dagli effetti di un incendio"; Nelle norme specifiche ove si fa esplicito riferimento al "luogo sicuro" occorre attenersi alla definizione del DM 30/11/1983. Nelle attività non normate, qualora si ritenga di applicare il DM 10/3/98 per analogia anche alle attività soggette a controllo VV.F., un luogo sicuro può essere considerato un compartimento antincendio adiacente rispetto a un altro, dotato di vie d'uscita, ritenendo tutt'ora valide le argomentazioni di cui alla nota prot. n. P961/4101 sott. 106/36 del 29/5/1996.
3.5 - Massimo affollamento ipotizzabile
Numero di persone ammesso in un compartimento. È determinato dal prodotto della densità di affollamento per la superficie lorda del pavimento.
ndr
Nelle diverse regole tecniche può essere presente una definizione più specifica. Ad es. coincide con la definizione di "capienza" per gli impianti sportivi e i locali di pubblico spettacolo e trattenimento. Per questi ultimi costituisce l’affollamento massimo consentito e viene stabilita dalle Commissioni di Vigilanza L.P.S., nel rispetto delle norme di sicurezza e di igiene vigenti; È pari al numero dei posti letto nelle aree destinate alle camere nelle attività ricettive turistico - alberghiere; In vari casi, può risultare da apposita dichiarazione rilasciata sotto la responsabilità del titolare dell'attività; ecc
3.6 - Modulo di uscita Unità di misura della larghezza delle uscite. Il «modulo uno», che si assume uguale a 0.60 metri, esprime la larghezza media occupata da una persona.
3.7 - Scala di sicurezza esterna Scala totalmente esterna, rispetto al fabbricato servito, munita di parapetto regolamentare e di altre caratteristiche stabilite dalla norma.
ndr
Per quanto concerne le “altre caratteristiche stabilite dalla norma”, queste sono state precisate in regole tecniche successive, come evidenziato di seguito.
(*) - Scala di sicurezza esterna (ndr 1)
Scala totalmente esterna, rispetto al fabbricato servito, munita di parapetto regolamentare e realizzata secondo i criteri sotto riportati:
- i materiali devono essere di classe 0 di reazione al fuoco; (ndr 2)
- la parete esterna dell'edificio su cui è collocata la scala, compresi gli eventuali infissi, deve possedere, per una larghezza pari alla proiezione della scala, incrementata di 2,5 m per ogni lato, requisiti di resistenza al fuoco almeno REI/EI 60(ndr 3). In alternativa la scala esterna deve distaccarsi di 2,5 m dalle pareti dell'edificio e collegarsi alle porte di piano tramite passerelle protette con setti laterali, a tutta altezza, aventi requisiti di resistenza al fuoco pari a quanto sopra indicato.
ndr 1
Presente nelle seguenti regole tecniche: DM 19/8/1996 “locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo". DM 18/9/2002 “strutture sanitarie pubbliche e private”.
ndr 2
Ovvero incombustibili, dizione che compare nel D.M. 27 luglio 2010 regola tecnica “attività commerciali con superficie superiore a 400 mq”.
ndr 3
La dizione REI/EI (in luogo di REI) compare nel D.M. 27 luglio 2010 “attività commerciali …”
3.8 - Scala a prova di fumo
Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso per ogni piano, mediante porte di resistenza al fuoco almeno RE predeterminata e dotate di congegno di auto-chiusura, da spazio scoperto o da disimpegno aperto per almeno un lato su spazio scoperto dotato di parapetto a giorno.
3.9 - Scala a prova di fumo interna
Sala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso, per ogni piano, da filtro a prova di fumo.
3.10 - Scala protetta Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso diretto da ogni piano, con porte di resistenza al fuoco REI predeterminata e dotate di congegno di autochiusura.
3.11 - Sistema di vie di uscita
Percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro. La lunghezza massima del sistema di vie di uscita è stabilita dalle norme.
ndr
Anche denominata via di emergenza, o via di esodo, o via di uscita, o via di fuga
3.12 - Uscita Apertura atta a consentire il deflusso di persone verso un luogo sicuro avente altezza non inferiore a 2.00 m.
(*) - Spazio calmo
Luogo sicuro statico contiguo e comunicante con una via di esodo verticale od in essa inserito. Tale spazio non dovrà costituire intralcio alla fruibilità delle vie di esodo ed avere caratteristiche tali da garantire la permanenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie in attesa dei soccorsi
ndr
Presente nelle seguenti regole tecniche: DM 9/4/1994 “attività ricettive turistico - alberghiere”; DM 18/9/2002 “strutture sanitarie pubbliche e private”; DM 22 febbraio 2006 regola tecnica “uffici”; DM 27 luglio 2010 “attività commerciali …”.
(*) - Corridoio cieco(ndr 1)
Corridoio o porzione di corridoio dal quale è possibile l'esodo in un'unica direzione. La lunghezza del corridoio cieco va calcolata dall'inizio dello stesso fino all'incrocio con un corridoio dal quale sia possibile l'esodo in almeno due direzioni, o fino al più prossimo luogo sicuro o via di esodo verticale. Nel calcolo della lunghezza del corridoio cieco occorre considerare anche il percorso d’esodo in unica direzione all’interno di locali ad uso comune. (ndr 2)
ndr 1
Presente nelle seguenti regole tecniche: DM 9/4/1994 “attività ricettive turistico - alberghiere”; DM 18/9/2002 “strutture sanitarie pubbliche e private”; DM 22 febbraio 2006 regola tecnica “uffici”; DM 27 luglio 2010 “attività commerciali …”.
ndr 2
Quest’ultima condizione è stata aggiunta ed è presente solo in: DM 22/2/2006 regola tecnica “uffici”
(*) - Colonna a secco
Installazione di lotta contro l’incendio ad uso dei Vigili del fuoco, comprendente una tubazione rigida metallica che percorre verticalmente l’edificio, di norma all’interno di ciascuna via d’esodo verticale.
ndr
Presente nel DM 14 luglio 2015 “attività ricettive turistico - alberghiere da 25 a 50 p.l.”
(*) - Percorsi alternativi
Da un dato punto due percorsi si considerano alternativi se formano tra loro un angolo maggiore di 45°.
ndr
La definizione compare per la prima volta nel D.M. 27 luglio 2010 regola tecnica “attività commerciali …”. I concetto era stato introdotto nel DM 19/8/1996 "Regola tecnica “locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo" per stabilire i criteri delle lunghezze delle vie d’uscita di cui al p.to 4.3.4 (si considerano percorsi alternativi quelli che, a partire da ciascun punto di riferimento, formano un angolo maggiore di 45°; qualora tale condizione non sia rispettata, la lunghezza del percorso, misurata fino al \punto dove c’è disponibilità di percorso alternativo, deve essere limitata a 15 m).
(*) - Esodo orizzontale progressivo
Modalità di esodo che prevede lo spostamento dei degenti in un compartimento adiacente capace di contenerli e proteggerli fino a quando l'incendio non sia stato domato o fino a che non diventi necessario procedere ad una successiva evacuazione verso luogo sicuro.
ndr
Presente in: DM 18/9/2002 regola tecnica “strutture sanitarie pubbliche e private”
(*) - Percorso orizzontale protetto
Percorso di comunicazione orizzontale o suborizzontale protetto da elementi con caratteristiche di resistenza al fuoco adeguata, con funzione di collegamento tra compartimenti o di adduzione verso luogo sicuro.
ndr
Presente in: DM 18/9/2002 regola tecnica “strutture sanitarie pubbliche e private”
(*) - Piano di uscita dall'edificio
Piano dal quale sia possibile l'evacuazione degli occupanti direttamente in luogo sicuro all'esterno dell'edificio, anche attraverso percorsi orizzontali protetti.
ndr
Presente in: DM 18/9/2002 regola tecnica “strutture sanitarie pubbliche e private”
(*) - Piano di riferimento
Piano ove avviene l'esodo degli occupanti all'esterno dell'edificio, normalmente corrispondente con il piano della strada pubblica o privata di accesso.
ndr
Presente in D.M. 27 luglio 2010 “attività commerciali …”
Circolari
Circolare n. 4962 2012
Uso delle vie e uscite di emergenza in presenza di sistemi di controllo degli accessi mediante “tornelli”.
Circolare n. 4963 2012
Uso delle vie e uscite di emergenza in presenza di porte scorrevoli orizzontalmente munite di dispositivi di apertura automatici ridondanti.
Altre
Nota prot. P1185/4147 sott. 4 del 25/10/1999
Nota prot. n. P1560/4122 sott. 54 del 07/12/1998
Nota prot. n. P961/4101 sott. 106/36 del 29 maggio 1996
Nota prot. n. P904/4122 Sott. 55 del 30/08/2001
Nota prot. n. 503/4122 Sott. 54/9 del 11 aprile 2001
Nota DCPREV prot. n. 15958 del 11 novembre 2010
Lett. Circ. prot. n. P720/4122 sott. 54/9 del 29/5/2008
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Rev | Data | Oggetto | Autore |
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Decreto 3 Settembre 2021 Aggiornamento generale normativo/grafico |
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0.0 | 18.06.2018 | --- | Certifico Srl |
Decreto 3 settembre 2021
Decreto 3 agosto 2015: Pubblicato il Testo Unico di Prevenzione Incendi (RTO)
DM 3 agosto 2015 Codice di prevenzione incendi Ed. VVF
Decreto Presidente della Repubblica 1° agosto 2011 n. 151
D.M. 9 marzo 2007
D.M. 30 novembre 1983
Porte antincendio: Quadro normativo
EN 16005 Sicurezza uso porte pedonali motorizzate
Maniglioni antipanico: normativa
UNI EN 1838 Illuminazione di emergenza: Norma e note