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Procedura d'infrazione n. 2013/4117 del 26 giugno 2013

Procedura infrazione 2013 4117

Procedura d'infrazione n. 2013/4117 del 26 giugno 2013

Procedura d'infrazione n. 2013/4117 del 26 giugno 2013, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato, per non corretto recepimento della direttiva 89/391/CEE concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.

Violazione
La Commissione europea ritiene che l'Italia non abbia attuato pienamente la Direttiva 89/391/CEE (Direttiva quadro), relativa alle misure volte a migliorare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro. In proposito, sono stati comunicati alla Commissione europea diversi provvedimenti normativi rivolti ad inserire, nel corpo dell'ordinam ento italiano, le disposizioni della Direttiva stessa.
Si tratta del Decreto Legislativo 19/09/94 n. 626, del Decreto Legislativo 23/06/03 n. 195 e del Decreto Legislativo 19/03/96 n. 242. Tuttavia, le Autorità italiane non hanno resi noti, alla Commissione, altri atti normativi - il Decreto Legislativo n. 81/08 e le sue successive modificazioni denom inate 'Testo Unico" - anch’essi finalizzati al recepimento di prescrizioni della Direttiva suddetta. Riguardo ai provvedimenti nazionali da ultim o menzionati, la Commissione avanza il dubbio che essi non abbiano correttamente recepito l'art. 7, paragrafo 3, della sopra menzionata Direttiva. Il medesimo articolo disciplina le modalità secondo le quali il datore di lavoro deve costituire, aH'interno dell'azienda, i
servizi preposti alla prevenzione dei rischi professionali, nonché alla protezione dagli stessi rischi. In base a tali modalità, il datore di lavoro deve, in primo luogo, affidare le competenze in questione a soggetti scelti fra i lavoratori dell'azienda. Solo ove, nell'am bito del personale dell'azienda, non siano reperibili collaboratori qualificati per tali incarichi, il datore di lavoro potrà reclutare, per la bisogna, operatori esterni. Quindi, la Direttiva stabilisce, a chiare lettere, una precisa gerarchia, ponendo l’opzione, relativa alla composizione "interna" del servizio di sicurezza, in posizione di preferenza rispetto all'altra, Implicante l'esternalizzazione dello stesso servizio. Con ciò il legislatore UE ha
perseguito la finalità di assicurare, per quanto possibile, la partecipazione dei lavoratori interni alla gestione di un'attività, come quella di sicurezza sul luoghi di lavoro, che risponde ad interessi fondamentali ed im preteribili dei lavoratori stessi. Per converso il legislatore italiano, all'art. 31 del sopra menzionato Testo Unico, prevede, in generale, che il datore di lavoro possa scegliere liberamente - a prescindere dalla presenza o meno di lavoratori interni in grado di espletare efficientem ente le attività di sicurezza - se impiegare all'uopo questi ultim i o ricorrere ad operatori esterni. Detto assunto generale viene meno solo in 6 specifici casi, descritti al comma 6 del medesimo art. 31, i quali sono caratterizzati, per vari motivi, da una peculiare accentuazione del rischio di impresa. Solo con riguardo a tali ipotesi, dunque, la normativa nazionale prevede l'obbligo per il datore di lavoro, in prima istanza, di organizzare l'attività di sicurezza con lavoratori interni, ed in seconda battuta, solo ove i predetti non risultino adeguati a tali mansioni, con prestatori esterni. La Commissione, in proposito, ritiene che la Direttiva di cui si tratta potrà ritenersi attuata correttam ente solo quando l'indefettibilità dell'obbligo, di impiegare personale interno per le attività di profilassi rispetto ai rischi professionali, verrà imposta dal legislatore italiano come regola generale.

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