PED: Interventi su tubazioni esistenti - Casi studio
Modifiche non importanti (riparazioni) e modifiche importanti (nuova certificazione PED)
Nel Documento allegato, rielaborato su SAPAF 2016, si affrontano alcuni casi studio di interventi su tubazioni esistenti, sul piano tecnico e con rimandi legislativi, quali ad esempio l’inserimento di un “Tee In” per la connessione ad un nuovo tratto di tubazione o la sostituzione di un “Tee Aut” con una curva o un tratto retto per l’eliminazione di una diramazione di tubazione esistente non più necessaria al processo produttivo, che, in determinate condizioni, possono essere ricondotte a modifiche non importanti (riparazioni) oppure da trattare come modifiche importanti e quindi da sottoporre a certificazione PED.
Capita sempre più spesso che gli utilizzatori di impianti industriali realizzati in data antecedente all’entrata in vigore della Direttiva PED (raffinerie, impianti chimici, centrali termoelettriche, ecc.), per adeguare gli stessi a nuove esigenze produttive e di sicurezza, chiedano alle U.O.T. dell’Inail la possibilità di effettuare interventi su tubazioni esistenti già denunciate ai sensi dell’art.16 del DM 329/04.
I casi studio proposti, di interventi su tubazioni esistenti, vengono affrontati prendendo in considerazione sia gli aspetti meccanico-strutturali che gli aspetti fluidodinamici di interazione tra fluido e tubazione, al fine di una completa analisi dei rischi.
Caso studio n°1 | nuova tubazione da costruire in PED che si innesta sulla tubazione esistente a 90° con flusso entrante |
Caso studio n°2 | nuova tubazione da costruire in PED che si innesta sulla tubazione esistente a 90° con flusso uscente |
Caso studio n°3 | nuova tubazione da costruire in PED che si innesta sulla tubazione esistente a 90° con flusso uscente sfruttando un accoppiamento flangiato con flangia cieca esistente |
Caso studio n°4 | nuova tubazione da costruire in PED che si innesta sulla tubazione esistente a 90° con flusso uscente mediante l’inserimento di un nuovo pezzo a “T” forgiato |
Caso studio n°5 | nuova tubazione da costruire in PED che si innesta sulla tubazione esistente a 90° con flusso entrante sfruttando un accoppiamento flangiato con cieca esistente |
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Art. 16
Requisiti dei recipienti per liquidi e tubazioni in esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto e non certificati secondo il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93.
1. L’utilizzatore deve denunciare all’ISPESL entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto i recipienti per liquidi e le tubazioni, mai assoggettati ad omologazioni o controlli di legge, per i quali le caratteristiche tecniche rientrano tra quelle che individuano le condizioni di obbligatorieta' alla riqualificazione periodica.
2. La denuncia all’ISPESL deve contenere:
a) una descrizione sintetica del recipiente o della tubazione (impianto, identificazione, condizioni di esercizio, fluido, dimensioni, accessori di sicurezza);
b) la classificazione della attrezzatura secondo i fluidi e le categorie previste dal decreto legislativo n. 93/2000;
c) una valutazione sullo stato di conservazione ed efficienza della attrezzatura.
3. A seguito della denuncia dell’utilizzatore, il soggetto preposto alla verifica periodica effettua presso l’utente un intervento di riqualificazione periodica sull’attrezzatura denunciata, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 10.
1. Introduzione
Nei casi studio trattati di inserimento di pezzi speciali e/o di nuovi tratti di tubazioni o di eliminazione di tratti di linee non più utili al processo produttivo, si è tenuto conto delle seguenti principali variabili:
- direzione del flusso del fluido trasportato (flusso entrante o uscente);
- variazioni di portata a valle dell’innesto della tubazione esistente che, a seguito dell’intervento, può risultare superiore o inferiore a quella originaria;
- variazioni della velocità del fluido a valle dell’innesto che, a seguito dell’intervento, può risultare superiore (flusso entrante) o inferiore (flusso uscente), rispetto a quella originaria. In caso di aumento della velocità, si può verificare il passaggio del moto del fluido da laminare a turbolento, con conseguente aumento del rateo di abrasione/corrosione già dichiarato ai sensi dell’art.16 del DM 329/04 con una accelerazione di tale fenomeno;
- aumento del rischio di sovra sollecitazioni causate da un gioco eccessivo (ad es. delle flange);
- aumento del rischio sollecitazioni aggiuntive causate da un possibile sisma sia su tutti i componenti della tubazione stessa che sui relativi supporti e ancoraggi e, di conseguenza, sulla struttura rack;
- aumento della formazione di condensa per fluidi gassosi all’interno dei tubi, fattore causa di eventuali corrosioni eccessive ma anche di possibile formazione di contropressioni che possono causare colpi d’ariete;
- aumento del rischio fatica derivanti da vibrazioni;
- aumento del rischio dovuto a turbolenze.
Alla luce delle variabili sopra elencate si cercherà di fare una disamina qualitativa delle varie situazioni più ricorrenti e tecnicamente significative, cercando di prendere in considerazione sia gli aspetti meccanico-strutturale che gli aspetti di interazione tra fluido e tubazione che, a secondo dei casi, può portare ad una variazione della tipologia di moto del fluido (laminare o turbolento) all’interno della tubazione con possibili conseguenze legate all’aumento del rateo di abrasione/corrosione, aumento delle vibrazioni, ecc. .
Nella trattazione si prenderanno in considerazione tubazioni esistenti, già denunciate all’Inail ai sensi dell’art. 16 del DM 329/04, sulle quali si intendono eseguire gli interventi.
2. Caso studio n°1: nuova tubazione da costruire in PED che si innesta sulla tubazione esistente a 90° con flusso entrante
In questo caso studio l’intervento consiste nell’inserimento di un tratto di tubo, dotato di flangia terminale saldata, mediante innesto saldato senza piastra di rinforzo ad una tubazione esistente. Tale flangia verrà collegata, successivamente, ad una nuova tubazione costruita secondo la direttiva PED e la cui categoria (che può andare dalla III fino alla classificazione in art.3 comma 3 D.Lgs. 93/2000 e s.m.i.) sarà inferiore o uguale a quella della linea esistente su cui si deve effettuare l’intervento e, di conseguenza, di diametro inferiore o uguale.
Si riporta nella Figura 1 lo schema di intervento.
Figura 1. Vista frontale e laterale dell’intervento con innesto saldato al tubo esistente senza piastra di rinforzo con flusso entrante
Si ipotizza che la nuova tubazione da costruire in PED, che si innesterà sulla tubazione esistente a 90°, permetterà il trasporto del fluido con flusso entrante sulla tubazione esistente prima considerata e a suo tempo denunciata all’ Inail ai sensi dell’art. 16 del DM 329/04.
In riferimento all’intervento ipotizzato si evidenziano alcune “criticità tecniche” che possono avere ricadute sulla sicurezza impiantistica.
Infatti dal punto di vista qualitativo, trattandosi di “flusso entrante”, nella sezione finale della nuova tubazione PED prima dell’immissione sulla tubazione esistente, il fluido deve avere una pressione maggiore di quella della tubazione esistente in corrispondenza del nodo di innesto. Una ulteriore conseguenza dell’intervento sarà che la portata a valle dell’innesto sulla tubazione esistente risulterà sicuramente superiore a quella originaria, portando a valle dell’innesto il fluido ad una velocità media maggiore di come lavorava in precedenza sulla tubazione esistente.
Considerando quindi la geometria dell’innesto della nuova tubazione una conseguenza della variazione di portata del fluido entrante determinerà, per un tratto più o meno lungo a valle del nodo di innesto, un moto prettamente turbolento e sicuramente si avrà una diversa distribuzione della velocità delle particelle in prossimità delle pareti interne del tubo esistente rispetto al precedente moto più regolare del fluido (prettamente laminare). Il tutto provocherà un aumento del rateo di abrasione/corrosione nella parete interna della tubazione esistente già dichiarata ai sensi dell’art. 16 DM 329/04, con una accelerazione di tale fenomeno.
Inoltre, in questi casi, l’intervento dovrebbe dettagliare:
- il rischio di sovrasollecitazioni causate da un gioco eccessivo o dalla formazione di forze aggiuntive (ad es. della flangia). Tale rischio dovrebbe essere mitigato mediante idonei mezzi di sostegno, vincolo, ancoraggio, ecc. che devono essere in dettaglio evidenziati con uno studio specifico;
- l’aumento del rischio sollecitazioni aggiuntive causate da un possibile sisma sia su tutti i componenti della tubazione stessa che sui relativi supporti e ancoraggi e, di conseguenza, sulla struttura rack;
- l’eventuale inserimento di sistemi di drenaggio e di rimozione dei depositi delle zone basse onde evitare colpi d’ariete o corrosioni eccessive ove vi sia la possibilità che si formi condensa all’interno di tubi per fluidi gassosi;
- il rischio di possibili danni dovuti a turbolenze e vortici ponendo in essere adeguati interventi di sicurezza (es. prevedendo l’uso di incamiciature o materiali di rivestimento, prevedendo la sostituzione delle parti maggiormente colpite, attirando l’attenzione nelle “Istruzioni Operative” di cui al punto 3.4 dell’Allegato I “Requisiti Essenziali di Sicurezza” del D.Lgs. 93/2000 modificato ed integrato dal D.Lgs. 26/2016);
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3.3. Marcatura e/o etichettatura
Oltre alla marcatura CE di cui agli articoli 18 e 19, e alle informazioni da fornire conformemente all’articolo 6, paragrafo 6, e all’articolo 8, paragrafo 3, sono fornite anche le informazioni indicate in appresso.
a) Per tutte le attrezzature a pressione:
- anno di fabbricazione,
- identificazione dell’attrezzatura a pressione secondo la sua natura: tipo, serie o numero di identificazione della partita, numero di fabbricazione,
- limiti essenziali massimi e minimi ammissibili.
b) A seconda del tipo di attrezzatura a pressione, informazioni supplementari atte a garantire condizioni sicure di installazione, funzionamento o impiego e, ove occorra, di manutenzione e ispezione periodica, quali:
- volume V dell’attrezzatura a pressione espressa in L,
- dimensione nominale della tubazione DN,
- pressione di prova PT applicata, espressa in bar, e data,
- pressione a cui è tarato il dispositivo di sicurezza espressa in bar,
- potenza dell’attrezzatura in kW,
- tensione d’alimentazione in V (volts),
- uso previsto,
- rapporto di riempimento in kg/L,
- massa di riempimento massima in kg,
- tara espressa in kg,
- gruppo di fluidi.
c) Ove occorra, mediante avvertenze fissate all’attrezzatura a pressione si dovrà attirare l’attenzione sugli impieghi non corretti posti in risalto dall’esperienza.
Le informazioni di cui alle lettere a), b) e c) figurano sull’attrezzatura a pressione o su una targhetta saldamente fissata ad essa, ad eccezione dei seguenti casi:
- se del caso, si può usare una opportuna documentazione per evitare la marcatura ripetuta di singoli elementi, come ad esempio componenti di tubazioni, destinati allo stesso insieme,
- nel caso di attrezzature a pressione troppo piccole, ad esempio accessori, dette informazioni possono essere riportate su un’etichetta apposta sull’attrezzatura in questione,
- per indicare la massa contenibile e per le avvertenze di cui alla lettera c) si possono utilizzare etichette o altri mezzi adeguati, purché essi rimangano leggibili per tutto il periodo di vita previsto.
3.4. Istruzioni operative
a) Al momento della messa a disposizione sul mercato, le attrezzature a pressione devono essere accompagnate, ove pertinente, da un foglio illustrativo destinato all’utilizzatore, contenente tutte le informazioni utili ai fini della sicurezza per quanto riguarda:
- il montaggio, compreso l’assemblaggio, delle varie attrezzature a pressione,
- la messa in servizio,
- l’impiego,
- la manutenzione e le ispezioni da parte dell’utilizzatore.
b) Il foglio illustrativo deve riprendere le informazioni presenti nel contrassegno dell’attrezzatura a pressione a norma del punto 3.3, tranne l’identificazione della serie, e deve essere corredato, all’occorrenza, della documentazione tecnica nonché dei disegni e dei diagrammi necessari a una buona comprensione di tali istruzioni.
c) Ove occorra, il foglio illustrativo deve inoltre richiamare l’attenzione sui rischi di un uso scorretto, in base al punto 1.3 (1.3. Ove siano note o chiaramente prevedibili le possibilità di un uso scorretto, l’attrezzatura a pressione deve essere progettata in modo da eliminare rischi derivanti da tale uso o, se ciò non fosse possibile, deve essere munita di un’avvertenza adeguata che ne sconsigli l’uso scorretto), e sulle caratteristiche particolari della progettazione, in base al punto 2.2.3 (Metodo di calcolo)
- il rischio di fatica derivante da vibrazioni delle tubazioni ponendo in essere adeguati interventi di sicurezza.
- l’eventuale inserimento di idonei intercetti al fine di isolare i tubi di derivazione che presentano rischi notevoli a causa delle loro dimensioni se le sostanze contenute nelle tubazioni sono fluidi appartenenti al gruppo 1 (pericolosi).
In riferimento a quanto descritto tale caso studio non può, da un punto di vista tecnico, essere ricondotto a modifica non importante (riparazione) ma, poiché cambiano le condizioni originali di progetto quali pressione, velocità, rateo di corrosione, analisi dei rischi ecc., il tutto dovrebbe essere sottoposto a certificazione PED.
3. Caso studio n°2: nuova tubazione da costruire in PED che si innesta sulla tubazione esistente a 90° con flusso uscente
In questo caso studio l’intervento consiste nell’inserimento di un tratto di tubo, dotato di flangia terminale saldata, mediante innesto saldato senza piastra di rinforzo ad una tubazione esistente. Tale flangia verrà collegata, successivamente, ad una nuova tubazione costruita secondo la direttiva PED e la cui categoria (che può andare dalla III fino alla classificazione in art.3 comma 3 D.Lgs. 93/2000 e s.m.i.) sarà inferiore o uguale a quella della linea esistente su cui si deve effettuare l’intervento e, di conseguenza, di diametro inferiore o uguale.
3. In deroga a quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, sono consentite l'immissione sul mercato e la messa in servizio delle attrezzature e degli insiemi aventi caratteristiche inferiori o pari ai limiti fissati rispettivamente dal comma 1, lettere a), b) e c), e dal comma 2, purche' progettati e fabbricati secondo la corretta prassi costruttiva in uso nello Stato di fabbricazione appartenente all'Unione europea o aderente all'Accordo istitutivo dello Spazio economico europeo, che garantisca la sicurezza di utilizzazione. Tali attrezzature e insiemi non recano la marcatura CE di cui all’articolo 15, fatte salve le altre norme nazionali e dell’Unione europea applicabili in materia di armonizzazione che ne prevedono l’apposizione(1), sono corredati da sufficienti istruzioni per l'uso e hanno marcature che consentono l'individuazione del fabbricante o del suo mandatario stabilito nel territorio comunitario.
(1) Articolo 3, comma 3, dopo le parole: «marcatura CE» sono aggiunte le seguenti: «di cui all’articolo 15, fatte salve le altre norme nazionali e dell’Unione europea applicabili in materia di armonizzazione che ne prevedono l’apposizione» di cui all'Art. 1 lettera l del D. Lgs. 15 Febbraio 2016, n. 26
Si riporta nella Figura 2 lo schema di intervento.
Figura 2. Vista frontale e laterale dell’intervento con innesto saldato al tubo esistente senza piastra di rinforzo con flusso uscente
Si ipotizza che la nuova tubazione da costruire in PED, che si innesterà sulla tubazione esistente a 90°, permetterà il trasporto del fluido con flusso uscente sulla tubazione esistente prima considerata e a suo tempo denunciata all’ Inail ai sensi dell’art. 16 del DM 329/04.
In riferimento all’intervento ipotizzato si evidenziano alcune “criticità tecniche” che possono avere ricadute sulla sicurezza impiantistica.
Da un punto di vista qualitativo, trattandosi di “flusso uscente”, la proposta di intervento dovrebbe chiarire nel dettaglio le condizioni di esercizio a monte del nodo interessato dall’innesto dopo l’intervento. Infatti se esiste, a monte del nodo, un possibile aumento di portata del fluido, di velocità media del fluido, di pressione, ecc. nella tubazione esistente facendo passare il moto del fluido da regolare (laminare) ad un moto prettamente turbolento che avrebbe come conseguenza una diversa distribuzione della velocità delle particelle in prossimità delle pareti interne del tubo esistente, si ricade nel caso studio illustrato al paragrafo 2.
Quindi tale caso studio, da un punto di vista tecnico si può far rientrare come modifica non importante (riparazione) a condizione che a monte del nodo di inserimento le nuove condizioni fluidodinamiche non comportino variazioni alle prestazioni ed ai sistemi di sicurezza.
4. Caso studio n°3: nuova tubazione da costruire in PED che si innesta sulla tubazione esistente a 90° con flusso uscente sfruttando un accoppiamento flangiato con flangia cieca esistente.
In questo caso studio l’intervento ipotizzato consiste nell’inserimento di una linea sfruttando un accoppiamento flangiato con flangia cieca esistente. In questo caso non devono essere realizzate saldature ma basta scollegare la flangia cieca esistente ed eseguire il collegamento imbullonato alla flangia facente parte della nuova tubazione costruita secondo la direttiva PED e la cui categoria (che può andare dalla III fino alla classificazione in art.3 comma 3 D.Lgs. 93/2000 e s.m.i.) sarà inferiore o uguale a quella della linea esistente su cui si deve effettuare l’intervento e, di conseguenza, di diametro inferiore o uguale.
Si riporta nella Figura 3 lo schema di intervento.
Figura 3. Inserimento di una nuova linea defluente (uscente) sfruttando un accoppiamento flangiato esistente sulla tubazione esistente
Si ipotizza che la nuova tubazione da costruire in PED, che si innesterà sulla tubazione esistente a 90°, permetterà il trasporto del fluido con “flusso uscente” sulla tubazione esistente prima considerata e a suo tempo denunciata all’ Inail ai sensi dell’art. 16 del DM 329/04.
In riferimento all’intervento ipotizzato si evidenziano alcune “criticità tecniche” che possono avere ricadute sulla sicurezza impiantistica.
Da un punto di vista qualitativo, trattandosi di “flusso uscente”, la proposta di intervento dovrebbe chiarire nel dettaglio le condizioni di esercizio a monte del nodo interessato dall’innesto dopo l’intervento. Infatti se esiste, a monte del nodo, un possibile aumento di portata del fluido, di velocità media del fluido, di pressione, ecc. nella tubazione esistente facendo passare il moto del fluido da regolare (laminare) ad un moto prettamente turbolento che avrebbe come conseguenza una diversa distribuzione della velocità delle particelle in prossimità delle pareti interne del tubo esistente, si ricade nel caso studio illustrato al paragrafo 2.
Quindi tale caso studio, da un punto di vista tecnico, si può far rientrare come modifica non importante (riparazione) a condizione che a monte del nodo di inserimento le nuove condizioni fluidodinamiche non comportino variazioni alle prestazioni ed ai sistemi di sicurezza.
5. Caso studio n° 4: nuova tubazione da costruire in PED che si innesta sulla tubazione esistente a 90° con flusso uscente mediante l’inserimento di un nuovo pezzo a “T” forgiato
In questo caso studio l’intervento ipotizzato consiste nell’inserimento di un nuovo pezzo a “T” forgiato e saldato alle due estremità alla tubazione esistente in sostituzione di un tratto di tubo di equivalente lunghezza.
Il tratto a “T” sarà dotato di flangia saldata testa a testa che consentirà l’inserimento, mediante un accoppiamento flangiato, ad una nuova tubazione che sarà costruita in PED. Tale flangia, quindi, verrà successivamente collegata alla flangia facente parte della nuova tubazione costruita secondo la direttiva PED e la cui categoria (che può andare dalla III fino alla classificazione in art.3 comma 3 D.Lgs. 93/2000 e s.m.i.) sarà inferiore o uguale a quella della linea esistente su cui si deve effettuare l’intervento e, di conseguenza, di diametro inferiore o uguale.
Si riporta nella Figura 4 lo schema di intervento.
Figura 4. Nuova tubazione in PED che si innesta sulla tubazione esistente a 90° con flusso uscente mediante l’inserimento di un pezzo a “T” forgiato
Si ipotizza che la nuova tubazione da costruire in PED, che si innesterà sulla tubazione esistente a 90°, permetterà il trasporto del fluido con “flusso uscente” sulla tubazione esistente prima considerata e a suo tempo denunciata all’ Inail ai sensi dell’art. 16 del DM 329/04.
In riferimento all’intervento ipotizzato si evidenziano alcune “criticità tecniche” che possono avere ricadute sulla sicurezza impiantistica.
Da un punto di vista qualitativo, trattandosi di “flusso uscente”, la proposta di intervento dovrebbe chiarire nel dettaglio le condizioni di esercizio a monte del nodo interessato dall’innesto dopo l’intervento. Infatti se esiste, a monte del nodo, un possibile aumento di portata del fluido, di velocità media del fluido, di pressione, ecc. nella tubazione esistente facendo passare il moto del fluido da regolare (laminare) ad un moto prettamente turbolento che avrebbe come conseguenza una diversa distribuzione della velocità delle particelle in prossimità delle pareti interne del tubo esistente, si ricade nel caso studio illustrato al paragrafo 2.
Quindi tale caso studio da un punto di vista tecnico si può far rientrare come modifica non importante (riparazione) a condizione che a monte del nodo di inserimento le nuove condizioni fluidodinamiche non comportino variazioni alle prestazioni ed ai sistemi di sicurezza.
6. Caso studio n°5: nuova tubazione da costruire in PED che si innesta sulla tubazione esistente a 90° con flusso entrante sfruttando un accoppiamento flangiato con cieca esistente
In questo caso studio l’intervento ipotizzato consiste nell’inserimento di una linea sfruttando un accoppiamento flangiato con flangia cieca esistente. In questo caso non devono essere realizzate saldature ma basta scollegare la flangia cieca esistente ed eseguire il collegamento imbullonato alla flangia facente parte della nuova tubazione costruita secondo la direttiva PED e la cui categoria (che può andare dalla III fino alla classificazione in art.3 comma 3 D.Lgs. 93/2000 e s.m.i.) sarà inferiore o uguale a quella della linea esistente su cui si deve effettuare l’intervento e, di conseguenza, di diametro inferiore o uguale.
Si riporta nella Figura 5 lo schema di intervento.
Figura 5. Inserimento di una nuova linea affluente (entrante) sfruttando un accoppiamento flangiato con cieca esistente
Si ipotizza che la nuova tubazione da costruire in PED, che si innesterà sulla tubazione esistente a 90°, permetterà il trasporto del fluido con “flusso entrante” sulla tubazione esistente prima considerata e a suo tempo denunciata all’ Inail ai sensi dell’art. 16 del DM 329/04.
In riferimento all’intervento ipotizzato si evidenziano alcune “criticità tecniche” che possono avere ricadute sulla sicurezza impiantistica.
Infatti dal punto di vista qualitativo, trattandosi di “flusso entrante”, nella sezione finale della nuova tubazione PED prima dell’immissione sulla tubazione esistente, il fluido deve avere una pressione maggiore di quella della tubazione esistente in corrispondenza del nodo di innesto. Una ulteriore conseguenza dell’intervento sarà che la portata a valle dell’innesto sulla tubazione esistente risulterà sicuramente superiore a quella originaria, portando a valle dell’innesto il fluido ad una velocità media maggiore di come lavorava in precedenza sulla tubazione esistente.
Considerando quindi la geometria dell’innesto della nuova tubazione e la variazione di portata del fluido entrante, che sicuramente per un tratto più o meno lungo a valle del nodo di innesto avrà un moto prettamente turbolento, sicuramente si avrà una diversa distribuzione della velocità delle particelle in prossimità delle pareti interne del tubo esistente rispetto ad un moto più regolare del fluido (prettamente laminare).
Il tutto provocherà un aumento del rateo di abrasione/corrosione nella parete interna della tubazione esistente già dichiarata ai sensi dell’art. 16 DM 329/04, con una accelerazione di tale fenomeno.
Inoltre, in questi casi, l’intervento dovrebbe dettagliare:
- il rischio di sovrasollecitazioni causate da un gioco eccessivo o dalla formazione di forze aggiuntive (ad es. della flangia). Tale rischio dovrebbe essere controllato mediante idonei mezzi di sostegno, vincolo, ancoraggio, ecc. che devono essere in dettaglio evidenziati con uno studio specifico;
- l’eventuale inserimento di sistemi di drenaggio e di rimozione dei depositi delle zone basse onde evitare colpi d’ariete o corrosioni eccessive ove vi sia la possibilità che si formi condensa all’interno di tubi per fluidi gassosi;
- il rischio di possibili danni dovuti a turbolenze e vortici ponendo in essere adeguati interventi di sicurezza (es. prevedendo l’uso di incamiciature o materiali di rivestimento, prevedendo la sostituzione delle parti maggiormente colpite, attirando l’attenzione nelle “Istruzioni Operative” di cui al punto 3.4 dell’Allegato I “Requisiti Essenziali di Sicurezza” del D.Lgs. 93/2000 modificato ed integrato dal D.Lgs. 26/2016);
- l’aumento del rischio sollecitazioni aggiuntive causate da un possibile sisma sia su tutti i componenti della tubazione stessa che sui relativi supporti e ancoraggi e, di conseguenza, sulla struttura rack;
- il rischio di fatica derivante da vibrazioni delle tubazioni ponendo in essere adeguati interventi di sicurezza;
- l’eventuale inserimento di idonei intercetti al fine di isolare i tubi di derivazione che presentano rischi notevoli a causa delle loro dimensioni se le sostanze contenute nelle tubazioni sono fluidi appartenenti al gruppo 1 (pericolosi).
In riferimento a quanto descritto, tale caso studio non può, da un punto di vista tecnico, essere ricondotto a modifica non importante (riparazione) ma, poiché cambiano le condizioni originali di progetto quali pressione, velocità, rateo di corrosione, analisi dei rischi ecc., il tutto dovrebbe essere sottoposto a certificazione PED.
7. Conclusioni
Nella presente memoria si sono trattati cinque casi studio di interventi su tubazioni esistenti affrontando la problematica da un punto di vista strettamente tecnico ed evitando di entrare in interpretazioni legislative che spettano alle competenti autorità.
Molti degli interventi che nella vasta casistica della pratica tecnica realmente vengono prospettati, possono essere quasi sempre ricondotti ai casi studio rappresentati nel presente lavoro.
Infine si vuole sottolineare che, per affrontare una analisi dei rischi completa, gli interventi su tubazioni esistenti devono prendere in considerazione sia gli aspetti meccanico- strutturale delle tubazioni che gli aspetti fluidodinamici nella influenza reciproca tra fluido e tubazione.
ISPESL Prot. n. AOO-09/ 0003878/05 del 6/12/2005
Oggetto: Applicazione del D.M. 329/04 di attuazione dell'Art 19 del D. Lgs. 93/2000 - Chiarimenti e precisazioni sulle “Riparazioni”
Considerando i problemi sorti nel corso della attuale applicazione del D.M.329/04 e segnalati a questa Sede da parte delle strutture periferiche, si trasmettono i seguenti chiarimenti che si ritiene possano costituire una valida linea guida per la maggior parte dei quesiti pervenuti. Tali chiarimenti sono suscettibili di futuri aggiornamenti, in considerazione delle novità introdotte dal citato D.M. che possono dar luogo ad ulteriori incertezze di interpretazione e di attuazione, in attesa della emanazione delle Specifiche tecniche a riguardo previste dall’art. 3 dello stesso D.M 329/04.
"Riparazioni"
Per “riparazione” si intende un intervento da effettuare su una attrezzatura a pressione già dichiarata messa in servizio, e perciò già sotto la gestione di un Utente che propone (o delega opportunamente la proposta ad un riparatore) la riparazione ad un “Soggetto preposto”.
Tale “riparazione” si applica a tutte le attrezzature che rientrano nel D.M. 329/04.
Un intervento su parti di una attrezzatura a pressione che non rientra nel citato concetto di “riparazione” dovrà essere considerato una “modifica” (ai sensi dell’art. 14 del D.M. 329/04) e pertanto comporterà l’assoggettamento della attrezzatura da modificare ad una procedura di valutazione di conformità in accordo alla Direttiva PED (nuova analisi dei rischi, nuovo fascicolo tecnico, nuove istruzioni per l’uso, ecc.); tale procedura, che comporta la rivalutazione secondo PED dell’intera attrezzatura a pressione, dovrà essere valutata (se l’attrezzatura risulta superiore alla Categoria I) da un Organismo notificato per la Direttiva PED e dovrà essere certificata CE, qualunque sia stato il suo Codice di costruzione originario. Tale attrezzatura certificata CE dovrà essere oggetto di nuova dichiarazione di messa in servizio.
La responsabilità della valutazione di un intervento tecnico come “riparazione” dovrà essere assunta (con motivazione tecnica) dall’Utente che assume comunque la figura giuridica di Riparatore (eventualmente delegando con delega valida un riparatore esterno), ma tale valutazione dovrà anche essere condivisa dal Soggetto preposto a cui sarà sottoposta (Soggetto che al momento è da identificarsi con l’Ispesl).
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8. Fonti:
[4] Circolare ISPESL n A00-09/0003878/05 del 6/12/2005
[5] SAPAF 2016
[6] Lettera Circolare del 8 Marzo 2010