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Glifosato in UE: per altri 15 anni, si decide su posizioni differenti di EFSA e OMS

Glifosato: i documenti normativi e le posizioni EFSA e OMS

Glifosato: la Commissione europea ne autorizzerà l’uso per altri quindici anni? Lo Iarc lo classifica come “potenzialmente cancerogeno”, l’Efsa lo assolve.

L'Unione Europea avrebbe dovuto votare sul rinnovo dell'autorizzazione all'uso del glifosato ma gli Stati sono troppo divisi e non si è arrivati al voto. Intanto emergono le verità sull'erbicida accusato di essere probabile causa di cancro.

Cos’è il glifosato?

Da diverse settimane tutti i giornali parlano del glifosato, un diserbante non selettivo che oggi risulta utilizzato in 140 Paesi nel mondo, compresa tutta l’Europa. Prima l’allarme scattato in Germania per la sua rilevazione - da parte dell’Istituto per l’ambiente di Monaco - all’interno di 14 marche di birra oltre il livello di 0,1 microgrammi, limite consentito dalla legge per l’acqua potabile. Poi la notizia della «battaglia» politica in corso a Bruxelles, dove la Commissione Europea è chiamata a decidere entro giugno sul rinnovo dell’autorizzazione all’uso del glifosato nel Vecchio Continente per altri quindici anni. Ma perché c’è tanto interesse attorno a questo diserbante? Cerchiamo di fare chiarezza.

Il glifosato è un diserbante sistemico e viene definito «totale», ovvero non in grado di agire in maniera selettiva. L’assorbimento avviene a livello fogliare, ma nell’arco di sei ore l’erbicida risulta diffuso in tutta la pianta. Il disseccamento si registra in poco meno di due settimane ed è dovuto all’azione chelante del glifosato, in grado di sottrarre alcuni micronutrienti (ferro, magnesio) cruciali per la vita e lo sviluppo delle piante.

Da quanto tempo si usa il glifosato?

L'uso del glifosato in agricoltura è stato autorizzato per la prima volta negli anni settanta ed è oggi diffuso in oltre 140 Paesi nel mondo. Ad agevolarne la diffusione nei primi anni, in un periodo in cui si iniziavano a scoprire le conseguenze legate all’uso dei pesticidi, la ridotta tossicità e la scarsa capacità di penetrare nel suolo. L’utilizzo del glifosato è cresciuto negli anni - 127mila le tonnellate usate nel 2012 nei campi degli Stati Uniti - con la diffusione di coltivazioni di piante Ogm (organismi geneticamente modificati). L’introduzione di specie vegetali resistenti al glifosato (soia, mais e cotone) ha permesso ai coltivatori di utilizzare l’erbicida su queste piante senza danneggiare i raccolti. Nel 2011 è scaduto il brevetto in possesso della Monsanto, prima multinazionale a produrre il glifosato. Oggi sarebbero 750 i prodotti in commercio a base di questo erbicida, le cui tracce, come documenta la recente notizia giunta dalla Germania, possono essere ritrovate nel terreno, negli alimenti, nell’aria e nell’acqua. Nel mondo si stima che il mercato del glifosato ammonti a 5,4 miliardi di dollari.

Quali sono i rischi noti per la salute legati all’esposizione al glifosato?

Lo scorso anno l’Agenzia per la Ricerca sul Cancro, il braccio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che si occupa dell’ambito oncologico, ha catalogato il glifosato come un «probabile cancerogeno per l’uomo» e come tale lo ha inserito nel gruppo 2A (66 sostanze e fattori di rischio, tra cui l’acrilamide e le carni rosse, il bitume, i fumi da combustione di legna, da frittura ad alte temperature, gli anabolizzanti, l’esposizione occupazionale per i parrucchieri, il lavoro notturno). Il giudizio, espresso da 17 esperti, rientra nella rivalutazione di questi composti in corso da quattro anni ed è giunto dopo una revisione degli studi che consideravano l’esposizione di uomini e modelli animali al glifosato (puro o in un mix con altre sostanze). Per gli studi condotti sul composto «puro», la monografia - pubblicata anche su The Lancet Oncology - ha concluso che «le prove che l’erbicida causi il cancro negli animali sono sufficienti», mentre sono «forti quelle riguardanti la genotossicità» del prodotto. Finora l’esposizione ai pesticidi era risultata correlata a un aumento dei casi di leucemie infantili e malattie neurodegenerative, Parkinson in testa. Dal nuovo documento emerge invece una forte correlazione epidemiologica tra l’impiego del glifosato (riscontrato anche nel sangue e nelle urine degli agricoltori) e il linfoma non-Hodgkin. Il parere, vista anche la fonte, ha riaperto la discussione all’interno della comunità scientifica. Già nel 1985 l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente indicò il glifosato come possibile cancerogeno umano, dopo averne testato gli effetti sui ratti e aver raccolto prove anche in Canada e in Svezia. Salvo poi però cambiare idea sei anni più tardi, asserendo che «il glifosato non ha dimostrato potenzialità cancerogene in almeno due studi su animali, condotti in modo adeguato su specie diverse, o sia in studi animali sia epidemiologici».

Cosa vuol dire che una sostanza è probabilmente cancerogena per l’uomo?

Questa categoria (2A) viene utilizzata quando c’è limitata evidenza di cancerogenicità nell’uomo, sufficiente evidenza nell’animale da esperimentoe forte evidenza che il meccanismo di cancerogenesi osservato negli animali valga anche per l’uomo. Altre categorie di valutazione del rischio comprendono le sostanze sicuramente cancerogene per l’uomo (gruppo 1), le sostanze possibilmente cancerogene (2B), le sostanze non classificabili in relazione alla loro cancerogenicità per l’uomo (gruppo 3) e quelle probabilmente non cancerogene per l’uomo (gruppo 4).

Qual è il limite delle conclusioni tratte dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro?

Il limite è lo stesso che condividono tutti gli studi epidemiologici, dalle cui conclusioni si associa la presenza di una malattia in una determinata area all’esposizione a un composto (in questo caso il glifosato). In questo caso manca però un nesso assolutamente sicuro di causa-effetto.

Cosa dice l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) sulla questione glifosato?

Secondo l’Efsa, l’organo di consulenza scientifica della Commissione Europea in materia di rischi associati alla catena alimentare, «è improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l'uomo». Il parere - come quello diffuso poche settimane prima dall’Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio (Bfr) - è dunque opposto a quello dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (e dunque dall’Organizzazione Mondiale della Sanità), anche se l’agenzia ha chiesto alla Commissione Europea di rendere più severo il controllo dei residui di glifosato negli alimenti. Per la prima volta l’Efsa ha stabilito una dose acuta di riferimento (DAR) per il glifosato pari a 0,5 milligrammi per chilo di peso corporeo. Con essa si intende «il quantitativo stimato di una sostanza chimica in un alimento, espressa in rapporto al peso corporeo, che può essere ingerito nell’arco di un breve lasso di tempo, di solito un pasto o un giorno, senza comportare rischi per la salute».

Quanto è utilizzato il glifosato in Italia?

La Lombardia è l’unica Regione a presentare i dati sul monitoraggio del glifosato nelle acque (laghi e fiumi). Rileggendo l’ultimo rapporto nazionale pesticidi nelle acque dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), «la presenza del glifosato e del suo metabolita, l’acido aminometilfosfonico, è ampiamente confermata. In Lombardia, dove la sostanza è presente nel 31,8% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali, mentre il metabolita nel 56,6%». L’erbicida è dunque largamente impiegato e se fosse monitorato ovunque allo stesso modo l’aumento dei casi di non conformità sarebbe molto probabile.

Qual è la posizione del governo italiano in merito alla vicenda glifosato?

In Italia l’erbicida è utilizzato da più di trent’anni, ma di recente i ministri della Salute (Beatrice Lorenzin), delle politiche agricole (Maurizio Martina) e dell’ambiente (Gian Luca Galletti) hanno richiesto - assieme a 34 associazioni e col sostegno della Francia e dall’Olanda - alla Commissione Europea di vietare l’utilizzo del glifosato in agricoltura. Più prudenti si stanno dimostrando le associazioni di categoria, Coldiretti e Confagricoltura. La prima chiede che il divieto sia eventualmente esteso anche a prodotti alimentari che giungono da altri continenti, mentre la seconda attenderebbe ulteriori riscontri scientifici prima di assumere una decisione che rischia di danneggiare i produttori e l’ambiente.

Posizione IARC (OMS)

Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) 
dell’Organizzazione mondiale della sanità fornisce in un documento sul glifosato le risposte alle domande più frequenti, che hanno portato alla decisione di classificate la sostanza come “probabilmente cancerogeno”. Il documento è stato pubblicato pochi giorni prima della riunione degli esperti dei 28 paesi Ue, incaricati di esaminare la proposta della Commissione europea di rinnovare l’autorizzazione per altri 15 anni. La decisione si basa sul parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) che, a differenza dello Iarc,  ritiene “improbabile” che l’erbicida sia cancerogeno. Italia, Francia, Germania, Olanda e Svezia hanno sollevato obiezioni, facendo slittare la discussione a maggio.

Lo Iarc risponde, in particolare, alle domande riguardanti la pericolosità del glifosato considerato da solo o con altre sostanze chimiche, le risultanze degli studi sugli animali, il tipo di studi preso in considerazione, la differenza di valutazione rispetto all’Efsa. Alla domanda se gli effetti cancerogeni del glifosato possano essere collegati ad altre sostanze presenti nelle formulazioni, lo Iarc risponde “no”, precisando che la valutazione ha preso in considerazione sia gli studi riguardanti la sostanza “pura”, sia quelli dove è miscelata ad altri componenti. In entrambi i casi, lo Iarc ha rilevato una forte rischio di effetti genotossici.

Posizione EFSA

L'EFSA e gli Stati membri dell’UE hanno portato a termine la nuova valutazione del glifosato, una sostanza chimica ampiamente utilizzata nei pesticidi. Il rapporto conclude che è improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l'uomo e propone nuovi livelli di sicurezza che renderanno più severo il controllo dei residui di glifosato negli alimenti. Tale conclusione sarà utilizzata dalla Commissione europea per decidere se mantenere o meno il glifosato nell’elenco UE delle sostanze attive approvate, e dagli Stati membri dell'UE per valutare ex novo la sicurezza dei prodotti fitosanitari contenenti glifosato che vengono impiegati sui loro territori.

Un gruppo di esperti incaricato della revisione paritetica, formato da scienziati EFSA e rappresentanti di organismi di valutazione del rischio degli Stati membri dell'UE, ha stabilito una dose acuta di riferimento (DAR) per il glifosato pari a 0,5 mg per kg di peso corporeo. Si tratta della prima volta che viene applicata alla sostanza una tale soglia di esposizione.

Jose Tarazona, responsabile dell’unità Pesticidi dell’EFSA, ha così commentato: “E’ stato un processo esaustivo, una valutazione completa che ha preso in considerazione una gran mole di dati e studi nuovi. Con l'introduzione di una dose acuta di riferimento renderemo più severe in futuro le procedure di valutazione dei potenziali rischi da glifosato. Riguardo la cancerogenicità, è improbabile che questa sostanza sia cancerogena".

Improbabile che sia cancerogeno

Il gruppo incaricato della revisione paritetica ha concluso che è improbabile che il glifosato sia genotossico (cioè che danneggi il DNA) o che rappresenti una minaccia di cancro per l'uomo. Non si propone di classificare il glifosato come cancerogeno in base al regolamento UE in materia di classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze chimiche. Nello specifico tutti gli esperti degli Stati membri - tranne uno - hanno convenuto che né i dati epidemiologici (cioè sull'uomo) né le risultanze da studi su animali abbiano dimostrato nessi causali tra esposizione al glifosato e insorgenza di cancro nell’uomo.

L’EFSA ha anche tenuto conto, su espressa richiesta della Commissione europea, del rapporto pubblicato dal Centro internazionale di ricerca sul cancro (IARC) che classificava il glifosato come probabilmente cancerogeno per l’uomo.

La valutazione ha esaminato una corposa massa di evidenze scientifiche, compresi alcuni studi di cui il Centro internazionale di ricerca sul cancro (IARC) non ha tenuto conto, ed è questo uno dei motivi per cui i due enti giungono a conclusioni diverse.

Oltre a introdurre questa DAR, la disamina ha proposto ulteriori soglie di sicurezza tossicologica come guida per i valutatori del rischio: il livello ammissibile di esposizione dell'operatore (LAEO) è stato fissato a 0,1 mg/kg di peso corporeo al giorno e la dose quotidiana ammissibile (DGA) per i consumatori è stata fissata a 0,5 mg/kg di peso corporeo, in linea con la dose acuta di riferimento.

Il dr. Tarazona ha aggiunto che l'EFSA utilizzerà questi nuovi valori tossicologici per la revisione dei livelli massimi di residui di pesticidi relativi al glifosato negli alimenti, che verrà effettuata nel 2016 in collaborazione con gli Stati membri.

Tappe successive

Le conclusioni dell’EFSA saranno utilizzate dalla Commissione europea per decidere se mantenere o meno la sostanza nell’elenco UE delle sostanze attive ammesse. È questa la condizione per consentire agli Stati membri di continuare ad autorizzarne l’uso nei pesticidi nell'UE.

Per una spiegazione dei principali esiti delle Conclusioni sul glifosato dell’EFSA, si prega di consultare la nostra speciale sintesi per i non addetti ai lavori. L'EFSA ha prodotto anche uno speciale documento supplementare che illustra esaurientemente alcune delle questioni scientifiche emerse nel corso della revisione paritetica.

Contesto

Il glifosato è un principio chimico attivo utilizzato in vari prodotti fitosanitari, e il suo uso in Europa è disciplinato da una severa regolamentazione. La valutazione paritetica dell’EFSA è stata eseguita nell’ambito della procedura di legge richiesta per rinnovare l’autorizzazione all’uso del glifosato in Europa.

Come prescritto dalla procedura per tali rinnovi, i richiedenti hanno presentato un fascicolo con le informazioni scientifiche richieste a uno Stato membro – noto come Stato membro relatore (RMS) – perché eseguisse una valutazione iniziale. Il fascicolo è stato esaminato dall’RMS - nella fattispecie la Germania - e trasmesso poi all’EFSA per la valutazione finale delle evidenze scientifiche e delle conclusioni in esso contenute. Questa procedura viene eseguita da un gruppo incaricato della revisione paritetica, formato da scienziati dell'EFSA e rappresentanti di organismi di valutazione del rischio di tutti gli Stati membri dell'UE.

Cosa sono i livelli massimi di residui?

Il livello massimo di residuo (LMR) è la più alta percentuale di una sostanza attiva ammessa per legge negli alimenti o nei mangimi, quando i pesticidi vengano correttamente applicati. L'EFSA ha il compito di proporre gli LMR nell'UE, valutandone la sicurezza per i consumatori sulla base della tossicità del pesticida, del contenuto prevedibilmente riscontrabile negli alimenti e delle diverse abitudini di consumo alimentare degli Europei. La valutazione della sicurezza viene effettuata ricorrendo a valori tossicologici di riferimento come la dose acuta di riferimento (DAR).

Che cos’è la dose acuta di riferimento (DAR)?

Una DAR è il quantitativo stimato di una sostanza chimica in un alimento, espressa in rapporto al peso corporeo, che può essere ingerito nell’arco di un breve lasso di tempo, di solito un pasto o un giorno, senza comportare rischi per la salute.

Fonte: EFSA

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