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Epidemiologia e monitoraggio alcol-correlato in Italia e nelle Regioni

Rapporto ISTISAN 18 2

Epidemiologia e monitoraggio alcol-correlato in Italia e nelle Regioni

Valutazione dell’Osservatorio Nazionale Alcol sull’impatto del consumo di alcol ai fini dell’implementazione delle attività del Piano Nazionale Alcol e Salute.

Rapporto ISTISAN 2018 | 2

Il consumo di alcol è un importante problema di salute pubblica, classificato in Europa come terzo fattore di rischio di malattia e morte prematura dopo il fumo e l’ipertensione arteriosa. L’Osservatorio Nazionale Alcol (ONA) è dal 1998 il riferimento formale e ufficiale nazionale, europeo e internazionale dell’Istituto Superiore di Sanità per la ricerca, la prevenzione, la formazione in materia di alcol e problematiche alcol-correlate. L’ONA elabora e analizza ogni anno le basi di dati nazionali svolgendo attività di monitoraggio su mandato del Ministero della Salute e in base a quanto previsto dal Piano Statistico Nazionale e alle attività del “SIStema di Monitoraggio Alcol-correlato - SISMA” previste dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2017 e dalla recente attivazione in ISS dell’azione centrale SISTIMAL per la valutazione dell’implementazione delle politiche nazionale e regionali sull’alcol che il Ministero della Salute provvede a trasmettere alla World Health Organization (WHO). L’ONA, sede del WHO Collaborating Centre for Research on Alcohol, è l’organismo indipendente di raccordo tra Ministeri, Presidenza del Consiglio, Commissione Europea e WHO per le attività tecnico-scientifiche di rilievo nazionale, europeo e internazionale.

In Europa l’alcol è il terzo fattore di rischio di malattia e morte prematura, dopo il fumo e l’ipertensione arteriosa; il consumo di alcol è associato a numerose malattie croniche quali le malattie cardiovascolari, le malattie del fegato, i tumori, i danni acuti causati da avvelenamento da alcol e incidenti stradali e ad un aumentato rischio di varie malattie infettive. Sono infatti oltre 200 le patologie per le quali il consumo di bevande alcoliche è un fattore di rischio evitabile tra cui numerosi disturbi neuropsichiatrici, le malattie croniche, i tumori, gli incidenti, situazioni che provocano ogni anno numerosi morti e feriti.

L’alcol è infine uno dei principali fattori di rischio per gli infortuni sul lavoro, contribuisce alla criminalità, alle infrazioni stradali e alla violenza domestica con maltrattamenti familiari verso il partner e verso i minori (con un impatto sul lavoro degli operatori sociali e degli ufficiali giudiziari), e comporta costi sociali per i sistemi sanitari e di giustizia penale e perdita di produttività.

Nel 2012 si stima che nel mondo sono attribuibili al consumo di alcol circa 3,3 milioni di morti, pari al 5,9% di tutti i decessi a livello globale con delle differenze significative di genere (M=7,6%; F=4,0%), e che sono attribuibili al consumo di alcol 139 milioni di anni di vita persi a causa di malattia, disabilità o morte prematura (Disability-Adjusted Life Year, DALY), equivalenti al 5,1% del carico globale di malattie e lesioni. Il 74% degli europei di età ≥15 anni beve alcolici, il 15% di essi (58 milioni di persone) sono consumatori a rischio e 23 milioni sono i cittadini europei alcoldipendenti (M=5%, F=1%). Per affrontare queste problematiche l’Ufficio Regionale Europeo della WHO ha stilato il Piano di Azione Europeo per ridurre il consumo dannoso di alcol 2012-2020 (EAAP), piano che è stato approvato da 53 Stati Membri della Regione Europea nel settembre 2011. L’EAAP è perfettamente allineato con la Strategia Globale della WHO (8-9) e contiene una serie di politiche mirate a limitare la fornitura di alcol e a ridurre la domanda. Queste includono le restrizioni sulla pubblicità, la tassazione, l’età minima per l’acquisto, gli interventi brevi nell’assistenza primaria e sui luoghi di lavoro. Tutti gli interventi previsti dalla Strategia Globale della WHO sono stati raggruppati in 10 aree di azione di politiche per ciascuna delle quali sono indicati gli interventi da attuare.

Fonte: Istituto Superiore di Sanità 16.05.2018

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