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Impianti trattamento rifiuti AIA / BAT / Seveso | Note Normative

Impianti trattamento rifiuti   AIA  BAT  Seveso   Note Normative

Impianti trattamento rifiuti AIA / BAT / Seveso | Note Normative

ID 10196 | 22.02.2020

Il Documento (completo allegato) illustra le norme per l’applicabilità delle BAT (Best Available Techniques), Decisione di esecuzione (UE) 2018/1147 per gli stabilimenti che trattano i rifiuti che sono soggetti ad AIA di cui al D.Lgs 152/2006 e l’assoggettabilità degli stessi alla Seveso D.Lgs 105/2015.

Excursus

AIA e BAT

Quasi tutti gli stabilimenti che gestiscono rifiuti sono assoggettati ai disposti della normativa che disciplina l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), recentemente modificata con l’introduzione del D. Lgs. 46/2014 “Attuazione della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento)” che ha modificato le Parti II, III, IV e V del D. Lgs 152/2006 ("Codice ambientale") a partire dal 11.04.2014.

L’AIA è rilasciata tenendo conto di quanto indicato all’Allegato XI alla Parte Seconda del D. Lgs 152/2006 come mod. dal D. Lgs. 46/2014 e le relative condizioni sono definite avendo a riferimento le Conclusioni sulle BAT, salvo quanto previsto all’articolo 29-sexies, comma 9-bis, e all’articolo 29- octies.

Le BAT per gli stabilimenti che trattano i rifiuti sono stabilite dalla Decisione di esecuzione (UE) 2018/1147 della Commissione del 10 agosto 2018 che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per il trattamento dei rifiuti, ai sensi della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio.

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Impianti trattamento rifiuti AIA   BAT   Seveso   Note Normative

SEVESO

È necessario che gli impianti di trattamento rifiuti verifichino l’assoggettabilità alla normativa Seveso.

Infatti, tenendo di conto di quanto previsto dal D.Lgs 105/2015 (Allegato 1 nota 5, vedi a seguire), assume rilevanza centrale per gli impianti di trattamento rifiuti la necessità di verificare l’assoggettabilità alla normativa Seveso. Sebbene tali verifiche possano condurre, nella maggioranza dei casi, all’esclusione di tali stabilimenti dall’applicazione della normativa Seveso, si ribadisce la necessità, da parte dei gestori, di individuare ed adottare adeguate misure tecniche impiantistiche e gestionali analoghe a quelle già attuate negli stabilimenti ad alto rischio, nell’ottica di prevenire il verificarsi di incidenti che, pur non riguardando impianti ricadenti in Seveso, possono essere considerati incidenti rilevanti ed hanno probabilità di accadimento estremamente elevate (mediamente 10-1).
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I numerosi incidenti che si sono verificati all’interno di aziende di gestione rifiuti, sul territorio nazionale, e la nuova normativa in materia di classificazione di sostanze pericolose (D.Lgs 105/2015), rendono cruciale la questione di verificare l’assoggettabilità o meno di tali attività alla normativa Seveso.

La definizione di Incidente Rilevante fornita dalla norma (art. 3, comma 1, lett. “o” D.Lgs 105/2015) evidenzia inoltre la necessità per alcune tipologie di impianti di trattamento rifiuti, indipendentemente all'assoggettabilità alla normativa Seveso, di adottare misure di prevenzione e di valutare gli effetti di possibili incidenti – che hanno caratteristiche di rilevanza, come sopra indicato – con le metodologie impiegate per gli stabilimenti “Seveso”.

Negli ultimi anni la normativa europea in materia di sostanze pericolose è stata completamente aggiornata con l’entrata in vigore del Regolamento CE/1907/2006 (REACH) e Regolamento CE/1272/2008 (CLP), disposizioni trasversali che interessano aziende di tutti i settori e dimensioni. I due regolamenti sono complementari:

- il REACH richiede che le sostanze non possano essere fabbricate, immesse sul mercato o utilizzate nell’UE se il soggetto responsabile non ne ha precedentemente valutato la pericolosità, i rischi per l’uomo e l’ambiente e se non ha individuato opportune misure per la gestione del rischio e definito le relative procedure;

- il CLP definisce criteri e procedure per la classificazione, l’etichettatura e l’imballaggio di sostanze e miscele pericolose.

Una sostanza o una miscela, quindi, sono “pericolose” se è possibile attribuire loro un’indicazione di pericolo H, secondo i criteri definiti dal Regolamento CLP.

rifiuti sono esplicitamente esclusi dalla normativa relativa alle sostanze pericolose; tuttavia essi sono costituiti da sostanze o, più frequentemente, da miscele di sostanze, alcune delle quali possono essere pericolose e pertanto presentare per le loro proprietà intrinseche un rischio “rilevante” per la salute delle persone e per l’ambiente.

Di recente a livello europeo con il Regolamento 2014/1357/UE, e successive modifiche e integrazioni (Regolamento (UE) 2017/997 del Consiglio e Comunicazione 2018/124) sono stati introdotti nuovi criteri di classificazione dei rifiuti, che vanno nella direzione dell’allineamento con quanto previsto per le sostanze e le miscele “non rifiuti”. In particolare ai rifiuti sono assegnate delle proprietà di pericolo (da HP1 a HP15), in base alle caratteristiche di pericolo possedute e riconducibili, in ultima analisi, alla natura ed alla concentrazione delle sostanze in essi contenute.

A titolo di esempio, il Regolamento definisce, per attribuire la HP6 “Tossicità acuta”, un limite di concentrazione per l’assegnazione della proprietà pericolosa ed una concentrazione soglia, al di sotto della quale una sostanza non viene presa in considerazione ai fini della raggiungimento del limite di concentrazione per l’assegnazione sopra indicato.

Di seguito si riportano le nuove Classi di pericolosità dei rifiuti, vigenti dal 1° giugno 2015 (vedi il Regolamento 2014/1357/UE sopra citato):

HP 1 "Esplosivo": rifiuto che può, per reazione chimica, sviluppare gas a una temperatura, una pressione e una velocità tali da causare danni nell’area circostante. Sono inclusi i rifiuti pirotecnici, i rifiuti di perossidi organici esplosivi e i rifiuti autoreattivi esplosivi;

HP 2 "Comburente": rifiuto capace, in genere per apporto di ossigeno, di provocare o favorire la combustione di altre materie;

HP 3 " Infiammabile":

- rifiuto liquido infiammabile: rifiuto liquido il cui punto di infiammabilità è inferiore a 60°C oppure rifiuto di gasolio, carburanti diesel e oli da riscaldamento leggeri il cui punto di infiammabilità è superiore a 55 °C e inferiore o pari a 75 °C;
- rifiuto solido e liquido piroforico infiammabile:rifiuto solido o liquido che, anche in piccole quantità, può infiammarsi in meno di cinque minuti quando entra in contatto con l’aria;
- rifiuto solido infiammabile: rifiuto solido facilmente infiammabile o che può provocare o favorire un incendio per sfregamento;
- rifiuto gassoso infiammabile: rifiuto gassoso che si infiamma a contatto con l’aria a 20 °C e a pressione normale di 101,3 kPa;
- rifiuto idroreattivo: rifiuto che, a contatto con l’acqua, sviluppa gas infiammabili in quantità pericolose;
- altri rifiuti infiammabili: aerosol infiammabili, rifiuti autoriscaldanti infiammabili, perossidi organici infiammabili e rifiuti autoreattivi infiammabili.

HP 4 "Irritante": rifiuto la cui applicazione può provocare irritazione cutanea o lesioni oculari;

HP 5 "Nocivo": rifiuto che può causare tossicità specifica per organi bersaglio con un’esposizione singola o ripetuta, oppure può provocare effetti tossici acuti in seguito all’aspirazione;

HP 6 "Tossico": rifiuto che può provocare effetti tossici acuti in seguito alla somministrazione per via orale o cutanea, o in seguito all’esposizione per inalazione;

HP 7 "Cancerogeno": rifiuto che causa il cancro o ne aumenta l’incidenza;

HP 8 "Corrosivo": rifiuto la cui applicazione può provocare corrosione cutanea;

HP 9 "Infettivo": rifiuto contenente microrganismi vitali o loro tossine che sono cause note, o a ragion veduta ritenuti tali, di malattie nell’uomo o in altri organismi viventi;

HP 10 "Teratogeno": rifiuto che ha effetti nocivi sulla funzione sessuale e sulla fertilità degli uomini e delle donne adulti, nonché sullo sviluppo della progenie;

HP 11 "Mutageno": rifiuto che può causare una mutazione, ossia una variazione permanente della quantità o della struttura del materiale genetico di una cellula;

HP 12 "Liberazione di gas a tossicità acuta": rifiuto che libera gas a tossicità acuta (Acute Tox. 1, 2 o 3) a contatto con l’acqua o con un acido;

HP 13 "Sensibilizzante": rifiuto che contiene una o più sostanze note per essere all’origine di effetti di sensibilizzazione per la pelle o gli organi respiratori;

HP 14 "Ecotossico": rifiuto che presenta o può presentare rischi immediati o differiti per uno o più comparti ambientali;

HP 15 "Rifiuto che non possiede direttamente una delle caratteristiche di pericolo summenzionate ma può manifestarla successivamente": rifiuto che presenta o può presentare rischi immediati o differiti per uno o più comparti ambientali.

Una sintesi delle fonti di dati e informazioni sulle sostanze pericolose, con particolare riferimento alla classificazione dei rifiuti, è riportata in allegato 2 alla Comunicazione della Commissione UE — Orientamenti tecnici sulla classificazione dei rifiuti – C/2018/124/01.

In allegato si riporta (in allegato) una sintesi della corrispondenza tra classificazione delle sostanze pericolose e relativi codici di pericolo, caratteristiche di pericolo per i rifiuti pericolosi e Categorie Seveso.

La normativa Seveso III, in modo più esplicito rispetto al passato, inserisce anche i Rifiuti tra le sostanze/miscele che concorrono al raggiungimento delle soglie che determinano l’assoggettabilità al campo di applicazione della suddetta normativa. In particolare la Nota 5 all'Allegato 1 del D.Lgs 105/2015 riporta che “Le sostanze pericolose che non sono comprese nel Regolamento CE/1272/2008, compresi i rifiuti, ma che si trovano o possono trovarsi in uno stabilimento e che presentano o possono presentare, nelle condizioni esistenti in detto stabilimento, proprietà analoghe per quanto riguarda la possibilità di incidenti rilevanti, sono provvisoriamente assimilate alla categoria o alla sostanza pericolosa specificata più simile, che ricade nell’ambito di applicazione del presente decreto”.

Traslate
I rifiuti devono essere trattati sulle base delle loro proprietà come una miscela. Se la classificazione non può essere effettuata attraverso le procedure definite dal Regolamento CLP, possono essere utilizzate altre fonti, quali ad esempio: informazioni relative all'origine del rifiuto, esperienza pratica, metodi di prova, classificazione ai fini del trasporto (es. ADR, in particolare per l’assegnazione dei pericoli fisici), o classificazione secondo la normativa europea sui rifiuti.

Al fine di valutare la propria posizione rispetto alla normativa per la prevenzione degli incidenti rilevanti, i gestori degli stabilimenti in questione hanno l’obbligo di valutare l’assoggettabilità alla normativa “Seveso” attribuendo, alle sostanze pericolose potenzialmente presenti, la categoria più simile contemplata nella citata normativa.

Tale approccio è confermato anche dalla Comunicazione della Commissione UE — Orientamenti tecnici sulla classificazione dei rifiuti – C/2018/124/01.

A margine di ricorda che l’omessa presentazione della notifica di cui all'articolo 13, comma 1, o il Rapporto di Sicurezza di cui all'articolo 15 o di redigere il documento di cui all'articolo 14, è punita con l'arresto fino ad un anno o con l’ammenda da euro quindicimila a euro novantamila.

Un esempio applicativo riguarda le scorie pesanti prodotte nei termovalorizzatori di RSU, che presentano una potenziale ecotossicità (HP14), recentemente classificata con test di laboratorio come H412 (Aquatic chronic 3), classe di pericolo non rientrante nella Seveso. La conseguenza di ciò è stata l'esclusione dei suddetti termovalorizzatori dalla Seveso (Vedi Studio per la valutazione dell’ecotossicità delle ceneri pesanti “bottom-ash” - eer 190111* e 190112
Prodotte dall’incenerimento dei rifiuti urbani per l’attribuzione della caratteristica HP 14 e per la verifica dell’assoggettabilità alla direttiva Seveso).

Tenendo di conto di quanto previsto dal D.Lgs 105/2015, assume rilevanza centrale per gli impianti di trattamento rifiuti la necessità di verificare l’assoggettabilità alla normativa Seveso. Sebbene tali verifiche possano condurre, nella maggioranza dei casi, all’esclusione di tali stabilimenti dall’applicazione della normativa Seveso, si ribadisce la necessità, da parte dei gestori, di individuare ed adottare adeguate misure tecniche impiantistiche e gestionali analoghe a quelle già attuate negli stabilimenti ad alto rischio, nell’ottica di prevenire il verificarsi di incidenti che, pur non riguardando impianti ricadenti in Seveso, possono essere considerati incidenti rilevanti ed hanno probabilità di accadimento estremamente elevate (mediamente 10-1).
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