Protocollo di Kyoto / Status Rev. 2.0 dell'11 Agosto 2022
ID 10194 | Rev. 2.0 dell’11.08.2022 / Documento completa in allegato / altri documenti
Il Protocollo di Kyoto è un atto esecutivo che contiene obiettivi legalmente vincolanti e decisioni sulla attuazione operativa di alcuni degli impegni della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (United Nation Framework Convention on Climate Change) firmato nel dicembre del 1997 a conclusione della terza sessione plenaria della Conferenza delle parti (COP3), periodo di impegno 2008-2012.
L’Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto è stato adottato a Doha nel 2012 in occasione della COP21 dell'UNFCCC, con estensione del periodo di impegno 2013-2020.
In allegato:
- Scheda Report Rev. 2.0 2022 (Abbonati)
- Scheda Report Rev. 1.0 2022 (Abbonati)
- Scheda Report Rev. 0.0 2020 (Abbonati)
- Protocollo di Kyoto - Status ratification Update 09.08.2022
- Protocollo di Kyoto - Text EN (periodo d'impegno: 2008-2012)
- Protoollo di Kyoto - Testo IT
- Protocollo di Kyoto - Amendment Annex B 2007
- Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto (2012) - EN (periodo d'impegno: 2013-2020)
- Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto (2012) - IT
- Accordo di Parigi sul Clima 2015
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Ratifica EU / IT Protocollo di Kyoto
L'Unione Europea ha approvato il Protocollo di Kyoto con la Decisione 2002/358/CE (GU n. L 130 del 15.05.2002).
L'Italia ha ratificato il Protocollo di Kyoto con la Legge 1 giugno 2002, n. 120 (GU n.142 del 19.06.2002 - S.O. n. 129).
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Sintesi obiettivi
Trattato | Periodo d’impegno | Riduzione emissioni UE |
Protocollo di Kyoto (COP3) | 2008-2012 | UE_15 dell’8% (1990) |
Emendamento di Doha (COP18) | 2013-2020 | UE_27 del 20% (1990) |
Il Protocollo di Kyoto
Il protocollo di Kyoto concerne le emissioni di sei gas ad effetto serra:
- biossido di carbonio (CO2);
- metano (CH4);
- protossido di azoto (N2O);
- idrofluorocarburi (HFC);
- perfluorocarburi (PFC);
- esafluoro di zolfo (SF6).
Il Protocollo impegna i paesi industrializzati e quelli a economia in transizione (i paesi dell'Est europeo) a ridurre complessivamente del 5,2 per cento le principali emissioni antropogeniche di gas serra entro il 2010 e, più precisamente, nel periodo compreso tra il 2008 e il 2012.
Il paniere di gas serra considerato nel Protocollo include sei gas: l'anidride carbonica, il metano, il protossido di azoto, i fluorocarburi idrati, i perfluorocarburi, l'esafloruro di zolfo. L'anno di riferimento per la riduzione delle emissioni dei primi tre gas è il 1990, mentre per i rimanenti tre (che sono gas lesivi dell'ozono stratosferico e che per altri aspetti rientrano in un altro protocollo, il Protocollo di Montreal) è il 1995. La riduzione complessiva del 5,2 per cento non è uguale per tutti i paesi. Per i paesi membri dell'Unione europea nel loro insieme la riduzione dovrà essere pari all'8 per cento, per gli USA al 7 per cento, per il Giappone al 6 per cento.
Il trattato è entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica da parte della Russia. A maggio 2013 gli Stati che hanno aderito e ratificato il protocollo sono 192. Il 16 marzo 2007 si è celebrato l'anniversario del secondo anno di adesione al protocollo di Kyoto, e lo stesso anno ricorre il decennale dalla sua stesura. Con l'accordo di Doha, l'estensione del protocollo è stata prolungata dal 2012 al 2020, con ulteriori obiettivi di taglio delle emissioni serra.
Adesione al protocollo
L'idea che le attività umane siano probabilmente responsabili della maggior parte dell'incremento della temperatura globale ("riscaldamento globale") avvenuto dalla metà del XX secolo rispecchia l'attuale pensiero scientifico. Ci si aspetta che il riscaldamento causato dall'uomo continui per tutto il XXI secolo e oltre.
L'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC, 2007) ha stilato delle proiezioni su come potrebbe essere il futuro incremento della temperatura globale. Le proiezioni dell'IPCC sono stilate assumendo che non ci sia nessuno sforzo per la riduzione dell'emissione di gas serra e coprono un periodo che va dall'inizio del XXI secolo fino alla fine del XXI secolo. Sulla base del giudizio di esperti, l'IPCC ha stimato una probabilità del 66% di un aumento delle temperature compreso fra 1,1 e 6,4 °C.
La variabilità delle proiezioni è dovuta in parte diverse proiezioni relative alle future emissioni di gas serra. Scenari differenti sono basati su differenti possibili sviluppi sociali ed economici (ad esempio crescita economica, sviluppi demografici e politiche energetiche) che potrebbero influenzare le future emissioni di gas serra. Riflette inoltre le incertezze sugli effetti sul clima delle emissioni passate e future.
Cronologia
Durante la conferenza dell'ONU sull'ambiente e lo sviluppo che si è tenuta a Rio de Janeiro nel 1992 (Summit della Terra) viene stilata la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).
1995 I partecipanti all'UNFCCC si incontrano a Berlino (COP1) per definire i principali obiettivi riguardo alle emissioni.
1997 A dicembre gli aderenti (COP3) definiscono il protocollo di Kyoto a Kyoto, in Giappone, dove si accordano in linea generale sugli obiettivi di emissioni.
2004 Russia e Canada ratificarono il Protocollo di Kyoto all'UNFCCC e il trattato entra in vigore il 16 febbraio 2005.
2011 Il Canada è la prima nazione a uscire dal Protocollo.
2012 Il 31 dicembre 2012 è scaduto il primo periodo di impegno previsto dal protocollo (periodo d'impegno: 2008-2012)
2012 L'8 dicembre 2012 è stato adottato l’emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto (COP18) (periodo d'impegno: 2013-2020)
2016 Il 4 novembre 2016 è entrato in vigore l’Accordo di Parigi (COP21)
2020 L’Emendamento di Doha è entrato in vigore il 31 dicembre 2020, con 147 Paesi che lo hanno ratificato.
Termini e condizioni
Il trattato prevede l'obbligo di operare una riduzione delle emissioni di elementi di inquinamento (biossido di carbonio e altri cinque gas serra, ovvero metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo) in una misura non inferiore all'8,65% rispetto alle emissioni registrate nel 1990 – considerato come anno base – nel periodo 2008-2012.
Premesso che l'atmosfera terrestre contiene 3 milioni di megatonnellate (Mt) di CO₂, il protocollo prevede che i Paesi industrializzati riducano del 5% le proprie emissioni di questi gas. Le attività umane immettono 6.000 Mt di CO₂ all'anno, di cui 3.000 dai Paesi industrializzati e 3.000 da quelli in via di sviluppo; per cui, con il protocollo di Kyoto, se ne dovrebbero immettere 5.850 ogni anno anziché 6.000, su un totale di 3 milioni
Attualmente, ci sono 192 Parti (191 Stati e 1 organizzazione di integrazione economica regionale) al Protocollo di Kyoto dell'UNFCCC.
Download Elenco al 09.08.2022
- Signatories: 83
- Parties: 192
Questi Paesi contribuiscono per il 61,6% ca alle emissioni globali di gas serra.
Il protocollo di Kyoto prevede inoltre, per i Paesi aderenti, la possibilità di servirsi di un sistema di meccanismi flessibili per l'acquisizione di crediti di emissioni:
- Clean Development Mechanism (CDM): consente ai Paesi industrializzati e a economia in transizione di realizzare progetti nei Paesi in via di sviluppo, che producano benefici ambientali in termini di riduzione delle emissioni di gas-serra e di sviluppo economico e sociale dei Paesi ospiti e nello stesso tempo generino crediti di emissione (CER) per i Paesi che promuovono gli interventi.
- Joint Implementation (JI): consente ai Paesi industrializzati e a economia in transizione di realizzare progetti per la riduzione delle emissioni di gas-serra in un altro paese dello stesso gruppo e di utilizzare i crediti derivanti, congiuntamente con il paese ospite.
- Emissions Trading (ET): consente lo scambio di crediti di emissione tra Paesi industrializzati e a economia in transizione; un paese che abbia conseguito una diminuzione delle proprie emissioni di gas serra superiore al proprio obiettivo può così cedere (ricorrendo all'ET) tali "crediti" a un paese che, al contrario, non sia stato in grado di rispettare i propri impegni di riduzione delle emissioni di gas-serra.
Il protocollo di Kyoto prevede il ricorso a meccanismi di mercato, i cosiddetti Meccanismi Flessibili tra cui il principale è il Meccanismo di Sviluppo Pulito. L'obiettivo dei Meccanismi Flessibili è di ridurre le emissioni al costo minimo possibile; in altre parole, a massimizzare le riduzioni ottenibili a parità di investimento.
Perché il trattato potesse entrare in vigore, si richiedeva che fosse ratificato da non meno di 55 stati firmatari e che gli stati che lo avessero ratificato producessero almeno il 55% delle emissioni inquinanti; quest'ultima condizione è stata raggiunta solo nel novembre del 2004, quando anche la Russia ha perfezionato la sua adesione.
L'Italia e il protocollo di Kyoto
L'Italia ha assunto l'impegno, con la ratifica del Protocollo di Kyoto, di ridurre le emissioni nazionali di gas ad effetto serra del 6,5% rispetto al 1990. Il "Piano Nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell'effetto serra", approvato con la delibera CIPE del 19 dicembre 2002, che descrive politiche e misure assunte dall'Italia per il rispetto del protocollo di Kyoto, prevede la possibilità di fare ricorso ai meccanismi di flessibilità di Joint Implementation e Clean Development Mechanism.
Il presente sito, gestito dalla Direzione per la Ricerca Ambientale e lo Sviluppo (RAS) del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, fornisce le informazioni essenziali per le imprese, enti od agenzie interessate a sfruttare le opportunità che derivano dall'utilizzo dei meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di Kyoto.
L'Italia ha ratificato il Protocollo di Kyoto attraverso la legge 1 giugno 2002, n. 120, in cui viene illustrato il relativo Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra.
L'obiettivo di riduzione per l'Italia è pari al 6,5% rispetto ai livelli del 1990; pertanto, tenendo conto dei dati registrati al 1990, la quantità di emissioni assegnate all'Italia non potrà eccedere nel periodo 2008-2012 il valore di 487,1 Mt CO2 eq (valore obiettivo per l'Italia).
Tale obiettivo risulta abbastanza ambizioso, sia perché l'Italia è caratterizzata da una bassa intensità energetica, sia in funzione del fatto che dal 1990 ad oggi le emissioni italiane di gas serra sono già notevolmente aumentate e, senza l'applicazione di politiche e misure nazionali, sono destinate a crescere ancora. Ai fini di una chiara comprensione dello sforzo di riduzione che l'Italia dovrà effettuare per raggiungere tale obiettivo, basti pensare che lo scenario di emissione "tendenziale" di gas serra al 2010 per l'Italia prevede dei livelli di emissione pari a 579,7 Mt CO2 eq. Questo scenario è stato calcolato tenendo conto solo della legislazione vigente, ossia delle misure politiche già avviate e decise; dunque, rispetto all'obiettivo di Kyoto, si avrebbe un divario effettivo al 2010 di circa 93 Mt CO2 eq.
Oltre allo scenario tendenziale è stato delineato uno scenario di emissione "di riferimento" in cui si è tenuto conto degli effetti di provvedimenti, programmi e iniziative nei diversi settori già individuati dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio; tali misure potranno consentire una riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra per un valore di 51,8 Mt CO2 eq/anno nel periodo 2008-2012. Lo scenario di riferimento porterebbe quindi a dei valori di emissione pari a 528,1 Mt CO2 eq.
Tenendo conto dello scenario di riferimento al 2010, rispetto all'obiettivo di riferimento esiste ancora un divario di circa 41 Mt CO2 eq. e quindi si rende necessario individuare ulteriori politiche e misure per ridurre i livelli di emissione.
- Scenari di emissione e obiettivo di riduzione al 2008-2012 (Mt CO 2 eq.)
- Scenario tendenziale: 579,7;
- Scenario di riferimento: 528,1;
- Obiettivo di emissione: 487,1;
- Ulteriore riduzione necessaria per il raggiungimento dell'obiettivo: 41,0.
Il programma di implementazione nazionale
Le misure individuate dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica nel 2002 per coordinare gli interventi di riduzione delle emissioni nei diversi settori, si possono suddividere in tre macro gruppi:
- le misure già individuate con provvedimenti, programmi e iniziative, che concorrono a definire il così detto "scenario di riferimento" al 2010, al quale corrisponde una riduzione pari a 51,8 Mt CO2 eq
- le misure da attuare nel settore agricolo e forestale, con una riduzione di 10,2 Mt CO2 eq
- le ulteriori misure di riduzione, sia a livello interno, sia mediante i meccanismi di cooperazione internazionale del Protocollo di Kyoto, necessarie per colmare il divario residuale di circa 30,8 Mt CO2 eq
a). l'attuazione di programmi già previsti da leggi nazionali e direttive europee, nonchè da decreti ministeriali, da delibere del CIPE, in materia di produzioni di energia, di riduzione dei consumi energetici, di smaltimento dei rifiuti, di miglioramento dell'efficienza nei trasporti
b). le iniziative avviate in Cina, nei paesi del nord Africa e nei Balcani, che possono generare crediti di emissione o di carbonio attraverso i meccanismi di Clean Development Mechanism e Joint Implementation
Le misure nel settore agricolo e forestale, comprendono programmi e iniziative per l'aumento e la migliore gestione delle aree forestali e boschive, il recupero di territori abbandonati, la protezione del territorio dai rischi di dissesto e desertificazione mediante progetti di afforestazione e riforestazione in grado di assorbire anidride carbonica.
Per la individuazione delle ulteriori misure è stato definito un set di possibili programmi e iniziative, da avviare sia all'interno del Paese che all'estero, tra le quali dovranno essere selezionate quelle da implementare durante il periodo 2004-2010 e che, pertanto, saranno incluse nel piano. La stima necessariamente approssimativa della riduzione delle emissioni che le misure proposte potranno indurre è tra 53 e 95,8 Mt CO2 eq..
Di seguito si riporta la descrizione e la valutazione del potenziale di riduzione delle misure proposte distinte fra le opzioni per le ulteriori misure nazionali di riduzione e le opzioni per l'impiego dei meccanismi.
Il ruolo dei meccanismi
I meccanismi flessibili rivestono un ruolo strategico per l'Italia, al fine di ridurre l'onere complessivo del rispetto del Protocollo di Kyoto e salvaguardare la competitività del nostro paese. Infatti, la maggior parte degli studi indicano che i costi di abbattimento nazionale delle emissioni di gas serra sono molto elevati per l'Italia. Questo è principalmente dovuto alle peculiarità dell'economia italiana, caratterizzata da una bassa intensità energetica e da una grande dispersione delle attività produttive. Una riduzione solo in ambito nazionale delle emissioni comporterebbe costi molto alti per il nostro paese.Pertanto, un ampio uso dei meccanismi flessibili, consente di ridurre - al di fuori del territorio nazionale e a costi ragionevoli - le emissioni di gas serra, limitando la necessità di adottare misure nazionali caratterizzate da livelli di costo maggiori.
Il piano nazionale di riduzione delle emissioni prevede un utilizzo dei meccanismi flessibili così ripartito:
- misure nel settore privato incluse nello scenario di riferimento il cui ammontare sarà determinato dai limiti settoriali imposti a livello nazionale e dalla presenza di incentivi del mercato;
- opzioni addizionali per l'impiego dei meccanismi che potranno comportare una riduzione potenziale compresa fra 20 e 48 Mt CO2 eq./anno.
L'obiettivo di tali programmi ed iniziative, oltre ad ottenere crediti di emissione, è quello di utilizzare il "fattore ambiente" come volano per l'accesso ai finanziamenti internazionali e come veicolo di internazionalizzazione dell'economia italiana.
Poiché la riduzione delle emissioni di gas serra deve essere intesa come riduzione delle "emissioni nette", vale a dire di quanto complessivamente aggiunto all'atmosfera e di quanto complessivamente sottratto all'atmosfera, si deve tenere in considerazione anche il ruolo degli interventi di afforestazione e riforestazione. Tali interventi sono misure del settore agricolo e forestale in grado di assorbire anidride carbonica e quindi ridurre il quantitativo globalmente emesso in atmosfera. Sulla base del piano nazionale di riduzione queste misure dovrebbero consentire una riduzione equivalente di emissioni pari a 10,2 Mt.
Le imprese sono destinate a svolgere un ruolo fondamentale nell'ambito delle strategie di attuazione del Protocollo di Kyoto. Ogni azione intrapresa a livello nazionale per limitare le emissioni di gas serra non può che coinvolgere in maniera significativa il mondo delle imprese. A livello italiano, infatti, le emissioni attribuibili al settore industriale ed energetico rappresentano circa il 52 % delle emissioni totali. Le emissioni imputabili ad altri settori, come quello dei trasporti e quello civile, rappresentano il 33% ed in parte sono legate all'uso dei prodotti industriali (ad esempio automobili).
Il Protocollo di Kyoto e le imprese
In funzione di ciò l'impatto delle strategie di abbattimento dei gas serra può essere di due tipi:
- diretto nel caso in cui le leggi disciplinino le emissioni sui processi di produzione
- indiretto nel caso in cui le leggi influenzino con incentivi o penalizzazioni il mercato di riferimento.
Di conseguenza molte società in tutto il mondo, nel formulare le loro strategie, iniziano a tenere in considerazione gli aspetti del cambiamento climatico. Una strategia formulata permette da una parte di gestire i rischi e minimizzare i costi di adempimento, dall'altra di sfruttare le opportunità offerte da un mercato in evoluzione.
Rischi ed opportunità
Quali sono i rischi?
Per le aziende, i rischi connessi con l'implementazione del Protocollo di Kyoto, sono di varia natura.
L'opinione pubblica considera i cambiamenti climatici un tema ambientale di alto profilo. L'immagine di una azienda nei confronti di tutti i principali soggetti interessati (consumatori, istituzioni, investitori) può essere danneggiata da una non attenta gestione delle proprie emissioni di gas serra. In tal senso, clienti e consumatori daranno il loro contributo a Kyoto orientando le loro preferenze verso aziende sempre più "verdi". Non solo l'opinione pubblica, ma anche le istituzioni mostrano sempre più un atteggiamento favorevole alla definizione di accordi volontari in materia di riduzione dei gas serra. La possibilità di siglare tali accordi è strettamente legata all'immagine dell'azienda sui temi ambientali. Essi sono strategicamente importanti anche ai fini dell'avvio di un proficuo dialogo con quegli esponenti che saranno poi incaricati dell'implementazione delle future azioni di tipo obbligatorio nei confronti delle imprese. Gli investitori più attenti ritengono, già adesso, le aziende con una immagine ambientale negativa come aziende a rischio. In tal senso le aziende con una debole immagine ambientale sono meno appetibili dagli investitori e quindi dai possibili finanziatori.
Un altro rischio è rappresentato dall'impatto sui processi produttivi dal piano di implementazione nazionale delle emissioni previsto dalla delibera CIPE 2002; anche impianti produttivi futuri potrebbero essere soggetti a delle restrizioni dovute alla necessità di soddisfare i requisiti di riduzione delle emissioni prodotte.
Il rischio maggiore è però legato all'alterazione del mercato di riferimento nel medio periodo. La domanda di alcuni prodotti ad alto impatto ambientale dal punto di vista dei cambiamenti climatici verrà influenzata negativamente dall'implementazione del Protocollo.
Quali sono le opportunità?
L'attuazione del Protocollo porta certamente dei rischi per le imprese, ma allo stesso tempo, offre molte opportunità alle imprese più dinamiche.
Un mirato utilizzo degli strumenti offerti dal Protocollo può migliorare la redditività di alcuni investimenti e consentire un allargamento del proprio mercato nei paesi emergenti ad alto tasso di sviluppo. L'uso dei meccanismi flessibili ed il nascente mercato dei crediti offrono alle aziende l'opportunità di aumentare i ricavi e quindi di migliorare il ritorno degli investimenti. I meccanismi flessibili consentono di ridurre le emissioni dove e nel modo in cui risulta più conveniente da un punto di vista economico. In tal modo è possibile minimizzare il costo di adempimento degli obblighi nazionali.
Le aziende più innovative e dinamiche, inoltre, possono penetrare in mercati tradizionali con nuovi prodotti o addirittura contribuire a creare nuovi mercati grazie ai cambiamenti imposti dalla implementazione del Protocollo di Kyoto.
Rischi:
- Danno per l'immagine aziendale nei confronti degli stakeholder
- Vincoli sugli impianti produttivi esistenti e futuri
- Alterazione del mercato di riferimento verde
Opportunità:
- Miglioramento della redditività degli investimenti
- Allargamento del mercato nei paesi emergenti
- Riduzione dei costi di adempimento di misure nazionali
- Sfruttamento delle opportunità offerte dal mercato verde
I cambiamenti climatici ed il Protocollo di Kyoto
L'effetto serra è un fenomeno naturale che permette il riscaldamento dell'atmosfera terrestre fino ad una temperatura adatta alla vita. Senza l'effetto serra naturale, sarebbe impossibile vivere sulla Terra, poiché la temperatura media sarebbe di circa -18 gradi Celsius. L'effetto serra è possibile per la presenza in atmosfera di alcuni gas detti gas serra. Negli scorsi decenni le attività dell'uomo, in particolare la combustione di vettori energetici fossili e il disboscamento delle foreste tropicali, hanno provocato un aumento sempre più rapido della concentrazione dei gas serra nell'atmosfera alterando l'equilibrio energetico della terra. Come conseguenza si è avuto un anomalo aumento della temperatura atmosferica. I modelli climatici prevedono entro il 2100 un aumento della temperatura media globale compreso tra 1,4 e 5,8 gradi Celsius. L'aumento della temperatura atmosferica media è la causa principale dei cambiamenti climatici.
I cambiamenti climatici riguardano l'aumento, in intensità e frequenza, dei fenomeni estremi (uragani, temporali, inondazioni, siccità, ?), l'aumento del livello dei mari, la desertificazione, la perdita di biodiversità. La comunità scientifica internazionale ha dibattuto a lungo sulle cause e sulla intensità sia dell'effetto serra che dei cambiamenti climatici. Oggi ormai l'evidenza scientifica del legame delle alterazioni del clima con le attività antropiche gode di largo consenso fra gli scienziati. Non altrettanto concorde è l'opinione sul metodo migliore per contrastare tale tendenza.
La Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, approvata a New York il 9 maggio 1992, è la risposta pensata a livello internazionale per contrastare e ridurre al minimo gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sul nostro pianeta. La Convenzione ha come obiettivo la stabilizzazione a livello planetario della concentrazione dei gas ad effetto serra che sono le principali sostanze in grado di interferire ed alterare il clima globale.
I sei gas capaci di alterare l'effetto serra del nostro pianeta sono:
- l'anidride carbonica (CO2);
- il metano (CH4);
- il protossido di azoto (N20);
- gli idrofluorocarburi (HFC);
- i perfluorocarburi (PFC);
- l'esafluoruro di zolfo (Sf6).
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Il Protocollo di Kyoto e Convenzione Quadro Nazioni Unite Cambiamenti Climatici
Il Protocollo di Kyoto, firmato nel dicembre 1997, rappresenta lo strumento attuativo della Convenzione.
UNFCC / Protocollo di Kyoto / Emendamento di Doha - Timeline
Il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore il 16 febbraio 2005.
L’Emendamento di Doha è entrato in vigore l’8 dicembre 2012.
L'Unione Europea ha approvato il Protocollo di Kyoto con la Decisione 2002/358/CE (GU n. L 130 del 15.05.2002).
L'Italia ha ratificato il Protocollo di Kyoto con la Legge 1 giugno 2002, n. 120 (GU n.142 del 19.06.2002 - S.O. n. 129).
Il Protocollo di Kyoto, sulla base del principio di "comuni, ma differenziate responsabilità", impegna i paesi industrializzati e quelli ad economia in transizione ad una riduzione delle emissioni dei principali gas ad effetto serra rispetto ai valori del 1990. I Paesi soggetti a vincolo di emissione sono 39 ed includono, fondamentalmente, i paesi europei (inclusi quelli dell'est), il Giappone, la Russia, gli Stati Uniti, il Canada, l'Australia e la Nuova Zelanda. Gli obiettivi specifici di riduzione delle emissioni sono stati quantificati per il periodo 2008-2012.
Successivamente, per i periodi oltre il 2012, saranno negoziati nuovi obiettivi che potrebbero includere un numero di paesi maggiore.
Il Protocollo di Kyoto diventerà vincolante quando sarà ratificato da un numero di paesi le cui emissioni totali, al 1990, rappresentino almeno il 55% delle emissioni di gas serra di tutti i paesi con vincoli (raggiunto nel 2005 / ndr). L'Italia, insieme agli altri paesi dell'Unione Europea, rientra fra i paesi che hanno ratificato il Protocollo di Kyoto. I paesi che hanno già compiuto l'atto formale della ratifica sono 124 e rappresentano il 44,2% delle emissioni mondiali di gas ad effetto serra (*) (Status di ratifica del Protocollo di Kyoto).
Gli Stati Uniti d'America, il principale emettitore di gas serra con una quota del 36,1% sul totale, non hanno ancora ratificato. L'annuncio del Marzo 2001 della loro intenzione di non ratificare è rilevante da un punto di vista politico, ma non è sufficiente per impedire l'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto. La ratifica di pochi altri paesi (come l'Australia con il 2,1% delle emissioni e la Russia con il 17,4% delle emissioni) permetterebbe di superare la quota del 55% e far sì che il Protocollo di Kyoto entri legalmente in vigore.
Nota:
(*) Dato aggiornato a Settembre 2004 (obiettivo raggiunto nel 2005)
Gli obiettivi di riduzione delle emissioni
Il Protocollo di Kyoto impegna i paesi elencati nell'Annesso I della Convenzione (paesi industrializzati e paesi ad economia in transizione) a ridurre le emissioni annue di gas serra del 5,2 % rispetto ai valori del 1990, nel periodo 2008-2012, con riduzioni differenti per ogni singolo paese.
In particolare, l'Unione Europea ha un obiettivo di riduzione del 8%, nell'ambito del quale l'Italia si è impegnata a ridurre le emissioni del 6,5%. L'obiettivo italiano risulta ambizioso in funzione del fatto che l'Italia è caratterizzata da una bassa intensità energetica ed, inoltre, dal 1990 ad oggi le emissioni italiane di gas serra sono notevolmente aumentate. Per tale motivo lo sforzo reale richiesto per rispettare al 2008-2012 gli obblighi previsti dal Protocollo di Kyoto è del 19 % circa; in termini assoluti ciò equivale ad una riduzione delle emissioni di circa 93 milioni di Tonnellate di CO2eq
Per alcuni Paesi dell'Annesso I non è prevista alcuna riduzione delle emissioni, ma solo una stabilizzazione; ciò vale per la Federazione Russa, la Nuova Zelanda e l'Ucraina. Invece, rispetto al 1990, possono aumentare le loro emissioni fino all'1% la Norvegia, fino all'8% l'Australia e fino al 10% l'Islanda.
Nessun tipo di limitazione alle emissioni di gas-serra viene previsto per i Paesi in via di sviluppo.
Gli strumenti attuativi del Protocollo di Kyoto
Il Protocollo di Kyoto prevede due tipi di strumenti per conseguire le riduzioni proposte:
- Politiche e misure - Le politiche e misure sono quegli interventi previsti dallo Stato attraverso programmi attuativi specifici realizzati all'interno del territorio nazionale.
- Meccanismi flessibili - I meccanismi flessibili, invece, danno la possibilità di utilizzare a proprio credito attività di riduzione delle emissioni effettuate al di fuori del territorio nazionale. Questo è permesso considerando il fatto che i cambiamenti climatici sono un fenomeno globale ed ogni riduzione delle emissioni di gas serra è efficace indipendentemente dal luogo del pianeta nel quale viene realizzata. Si distinguono tre tipi di meccanismi flessibili: International Emissions Trading (IET), Clean Development Mechanism (CDM) e Joint Implementation (JI)
I meccanismi flessibili
I meccanismi flessibili sono strumenti economici mirati a ridurre il costo complessivo d'abbattimento dei gas serra, permettendo di ridurre le emissioni lì dove sia economicamente più conveniente pur nel rispetto degli obiettivi di tipo ambientale.
I meccanismi di flessibilità previsti dal Protocollo di Kyoto sono i seguenti:
International Emissions Trading(IET) - consiste nella possibilità che uno stato, ed eventualmente un'azienda, possa comperare o vendere ad altri stati o aziende permessi di emissione in modo da allineare le proprie emissioni con la quota assegnata: il soggetto interessato venderà tali permessi quando le proprie emissioni sono al di sotto della quota assegnata, mentre li comprerà quando le proprie emissioni sono al di sopra della quota assegnata. I permessi di emissione vengono chiamati Assigned Amount Units ed indicati con la sigla AAUs.
Clean Developement Mechanism (CDM) - è un meccanismo di collaborazione attraverso il quale le aziende o gli stati che realizzano progetti a tecnologia pulita nei paesi in via di sviluppo ricevono crediti di emissione pari alla riduzione ottenuta rispetto ai livelli che si sarebbero avuti senza il progetto. Tali crediti vengono chiamati Certified Emissions Reductions ed indicati spesso con la sigla CERs
Joint Implementation (JI) - è un meccanismo di collaborazione tra paesi industrializzati e quelli ad economia in transizione, per il raggiungimento dei rispettivi obiettivi di riduzione delle emissioni. Analogamente al CDM, permette di ottenere crediti di emissione attraverso investimenti in tecnologie pulite in altri paesi. Tali crediti vengono chiamati Emissions Reductions Units ed indicati con la sigla ERUs
Il Protocollo di Kyoto prevede che un paese con vincoli di emissione (paese elencato nell'Allegato I della Convenzione UNFCCC debba avere tanti permessi di emissione quante sono le reali emissioni di gas serra alla fine del 2012. Un certo numero di permessi di emissione sono allocati inizialmente fra i vari paesi tenendo conto delle emissioni storiche al 1990 e dell'impegno di riduzione preso. Tali permessi vengono indicati come AAUs. Altri tipi di permessi possono essere creati attraverso attività di riduzione implementate in altri paesi con vincoli (crediti di tipo ERUs), oppure essere creati attraverso attività di riduzione implementate in paesi non soggetti a vincoli. Questi ultimi vengono indicati come crediti CERs
I permessi di emissione, una volta allocati o creati, possono essere venduti, acquistati, accumulati o commerciati nel rispetto delle regole di Kyoto, salvo restando l'obbligo di mantenere un numero uguale o superiore di permessi rispetto alle emissioni reali. Il mercato stabilirà un prezzo per tali permessi.
Se un paese compreso nell'annesso I può abbattere le emissioni ad un costo inferiore rispetto al prezzo di mercato dei permessi, allora potrà vendere parte dei permessi (AAUs) sul mercato. Se invece un paese ha costi marginali d'abbattimento più elevati rispetto al prezzo di mercato, allora sarà più conveniente acquistare permessi sul mercato (AAUs, CERs o ERUs).
L'acquisizione dei permessi di tipo (ERUs e CERs), oltre che con l'acquisto sul mercato, può avvenire anche attraverso la realizzazione di progetti di riduzione (progetti JI e CDM). Le riduzioni conseguite vengono così acquisite, sotto forma di permessi ERUs e CERs, dalla parte investitrice.
Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto
L'8 dicembre 2012 è stato adottato l’emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto (COP18), nel quale sono stati fissati gli obiettivi di riduzione dei paesi elencati nell'Annex B del Protocollo di Kyoto da perseguire nel secondo periodo d'impegno (2013-2020); è inoltre richiesto agli stessi paesi, di includere nel reporting anche il trifluoruro di azoto (NF3).
Obiettivi Emendamento Doha (UE -20% da 1990)
L'Unione Europea ed i suoi stati membri (insieme all'Islanda) hanno stabilito di ridurre le proprie emissioni collettive del 20% al 2020, rispetto ai valori del 1990.
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Ratifica EU / IT Emendamento di Doha
L’UE ha approvato l’emendamento di Doha con la Decisione 2015/1339/UE (GU L 207 del 4.8.2015).
L’Italia ha ratificato l’emendamento di Doha con la Legge 3 maggio 2016, n.79 (GU 121 del 25.05.2016).
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L’Emendamento di Doha è entrato in vigore il 31 dicembre 2020, con 147 Paesi che lo hanno ratificato.
Accordo di Parigi
Nel dicembre 2015, in occasione della Conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi a Parigi (COP21), e sulla base del Mandato di Durban (dicembre 2011), le Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) hanno adottato l’Accordo di Parigi, finalizzato a regolare ulteriormente le emissioni di gas ad effetto serra individuate quali maggiori responsabili dell’aumento della temperatura del pianeta. L’Accordo definisce come obiettivo di lungo termine il contenimento dell’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2°C e il perseguimento degli sforzi per limitare l’aumento a 1.5°C, rispetto ai livelli preindustriali.
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Ratifica EU / IT Accordo di Parigi
L’UE ha approvato l’Accordo di Parigi con Decisione (UE) 2016/1841 (GU L 282 del 19.10.2016) (*)
L’Italia ha ratificato l’Accordo di Parigi con la Legge 4 novembre 2016 n. 204 (GU n. 263 del 10.11.2016)
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L’Accordo di Parigi è entrato in vigore il 4 novembre 2016
(*) Con l’approvazione dell’UE sono state soddisfatte le condizioni di ratifica:
- almeno 55 paesi che rappresentino almeno il 55% delle emissioni globali di gas a effetto serra.
Strumenti Normativi di obiettivo UE
Tra i principali strumenti messi a punto dall'UE per favorire il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto si citano il Programma Europeo per i Cambiamenti Climatici (European Climate Change Program, ECCP), il sistema di scambio delle quote di gas-serra nella Comunità (Emission Trading Scheme, EU-ETS), l'utilizzo dei crediti di emissione derivanti dai progetti internazionali, JI e CDM, previsti dal Protocollo di Kyoto (Direttiva 2003/87/CE) e il meccanismo di monitoraggio delle emissioni comunitarie di gas-serra (Decisione 280/2004/CE poi abrogata dal Regolamento 525/2013 ed a sua volta abrogato dal Regolamento (UE) 2018/1999).
Le emissioni medie annuali consentite dal PK per l'Italia sono pari a 483.3 Mt CO2eq. Le emissioni medie annuali del quinquennio 2008-2012 sono state di 495.4 Mt CO2eq, pertanto ogni anno è stato accumulato un debito di 20.5 Mt CO2eq. Considerando anche il contributo degli assorbimenti del settore forestale e dei crediti derivanti dai progetti di cooperazione internazionale già previsti, la distanza dall'obiettivo stabilito dal Protocollo di Kyoto nell'intero periodo 2008-2012 è di 16.9 Mt CO2eq.
Per il periodo 2013-2020 l'UE ha adottato il Pacchetto Clima e Energia (Integrated Energy and Climate Change Package, IECCP).
L'IECCP impegna gli Stati membri dell'Unione Europea a conseguire entro il 2020 i seguenti obiettivi:
- produzione di energia da fonti rinnovabili pari al 20% dei consumi energetici e utilizzo di biocombustibili pari al 10% nei trasporti;
- riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 20% rispetto al 1990;
- riduzione dei consumi energetici del 20% rispetto allo scenario base da raggiungere migliorando l'efficienza energetica.
I principali strumenti normativi europei sono:
- la Direttiva 2009/28/CE impegna l'Italia a soddisfare, entro il 2020, il 17% dei consumi finali di energia mediante fonti rinnovabili, incluso l'uso di almeno il 10% di biocarburanti da fonti rinnovabili nei trasporti stradali e ferroviari;
- la Direttiva 2009/29/CE modifica la direttiva 2003/87/CE, perfeziona e estende il sistema comunitario di scambio di quote di emissioni dei gas-serra (EU-ETS), ponendo un tetto unico europeo in materia di quote di emissioni dal 2013. Le quote disponibili per le emissioni verranno ridotte annualmente dell'1.74%, con una riduzione al 2020 del 21% rispetto all'anno base 2005;
- la Decisione 406/2009/CE (Effort Sharing Decision, ESD) concerne gli sforzi degli Stati membri per rispettare gli impegni comunitari di riduzione delle emissioni di gas-serra entro il 2020. La decisione assegna all'Italia l'obiettivo di riduzione delle emissioni del 13% al 2020 rispetto alle emissioni 2005 per tutti i settori non coperti dal sistema ETS, ovvero piccola-media industria, trasporti, civile, agricoltura e rifiuti.
- la Direttiva 2012/27/CE in materia di efficienza energetica che tuttavia non prevede obiettivi vincolanti per i singoli Stati membri.
Secondo le valutazioni del 2014 dell'Agenzia Europea dell'Ambiente le emissioni europee continueranno a diminuire fino al 2020, garantendo il raggiungimento dell'obiettivo della UE28 di riduzione delle emissioni di gas-serra al 2020 del 20% rispetto ai livelli del 1990. Le proiezioni indicano che le misure adottate dagli Stati membri consentiranno di raggiungere una riduzione delle emissioni del 21% al 2020 mentre l'implementazione di misure addizionali comporterà la riduzione delle emissioni del 24%. In merito all'utilizzo delle fonti rinnovabili la UE28 è in linea con l'obiettivo e il contributo dell'energia rinnovabile sui consumi finali, pari al 14% nel 2012 è superiore all'obiettivo intermedio del 13% per il 2012. Anche in merito all'efficienza energetica le attuali stime mostrano che dal 2005 al 2012 il consumo di energia primaria e finale decresce più velocemente di quanto sia necessario per raggiungere il target richiesto nel 2020.
Tuttavia la crisi economica ha avuto un ruolo importante nella riduzione dei consumi e l'eventuale ripresa dei consumi richiederà maggiori sforzi per raggiungere l'obiettivo fissato.
A livello nazionale il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) ha approvato la Delibera 17/2013 (Aggiornamento del piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione di gas a effetto serra) per conseguire gli obiettivi fissati dal IECCP.
La Delibera riporta l'elenco delle misure attuate e da attuare per conseguire gli obiettivi. Le principali politiche e misure (P&M) sono indirizzate alla promozione delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica. Inoltre, il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare hanno approvato la nuova Strategia energetica nazionale (SEN).
Le azioni proposte nella SEN si inseriscono nel contesto di un percorso di decarbonizzazione al 2050 per l'Italia secondo lo scenario Roadmap2050 della Commissione Europea. Inoltre la strategia individua una serie di misure da attuare coerentemente con la Delibera 17/2013 per raggiungere gli obiettivi del 2020.
In base alle proiezioni attualmente disponibili si evince un ampio margine di fiducia per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni dei gas-serra nel 2020 attraverso l'adozione delle misure addizionali previste dalla Delibera CIPE. Nel 2012 il contributo dell'energia rinnovabile sui consumi finali nazionali è stato del 13.5% e ha ampiamente superato l'obiettivo intermedio nazionale del 8.9% nel periodo 2011-2012 stabilito dal Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili. Per quanto riguarda l'efficienza energetica i consumi di energia primaria e finale del 2012 mostrano che l'Italia è in linea con il raggiungimento dell'obiettivo indicativo previsto per il 2020.
Di recente la Commissione Europea ha proposto nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni atmosferiche da raggiungere entro il 2030.
Gli obiettivi devono essere raggiunti per mantenere il proposito di riduzione delle emissioni di gas-serra a livello europeo di almeno 80% entro il 2050 rispetto al 1990.
Gli obiettivi fissati dalla Commissione per il 2030 prevedono una riduzione delle emissioni totali del 40% rispetto al 1990, l'aumento dell'energia da fonti rinnovabili al 27% del consumo finale e il risparmio del 30% di energia attraverso l'aumento dell'efficienza energetica.
Attualmente gli obiettivi menzionati e la ripartizione degli obiettivi nazionali sono oggetto di dibattito negoziale.
Come per il 2020 l'anno di riferimento per gli obiettivi dei singoli paesi sarà il 2005.
Fonte: Ministero dell'Ambiente
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Collegati:
Emendamento di Doha del Protocollo di Kyoto
Accordo di Parigi sul clima: entra in vigore il 4 novembre 2016
Legge 1 giugno 2002 n. 120
Decisione 2002/358/CE
Decisione (UE) 2015/1339
Decisione (UE) 2016/1841
Protocollo di Kyoto
Regolamento delegato (UE) 2019/331
Direttiva 2003/87/CE
Direttiva (UE) 2018/410
Le emissioni di gas serra in Italia alla fine del secondo periodo del Protocollo di Kyoto