Acqua potabile: La Corte di giustizia UE ha condannato l'Italia per la fornitura di acqua potabile non sicura / Arsenico e fluoruro (zone di Viterbo)
ID 13819 | Update 11.09.2023 / In allegato
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Update 11.09.2023 / Sentenza di condanna del 07.09.2023
La Corte di Giustizia UE, con sentenza del 7 settembre 2023 (allegata), ha condannato l'Italia per il mancato rispetto dei parametri di arsenico e fluoruro nelle acque potabili di diversi Comuni del Lazio violando la Direttiva 98/83/CE.
La Corte di Giustizia UE (Decima Sezione) ha dichiarato e statuito che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù:
- del combinato disposto dell'articolo 4, paragrafo 1, e dell'allegato I, parte B, della Direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, non avendo adottato misure atte ad assicurare il rispetto dei valori parametrici indicati nell'allegato I, parte B, di detta direttiva, per quanto riguarda, da un lato, il livello di concentrazione dell'arsenico nelle acque del Comune di Bagnoregio, a partire dall'anno 2018, del Comune di Civitella d'Agliano, nel primo semestre dell'anno 2018, nel secondo semestre dell'anno 2019 e a partire dall'anno 2020, escluso il secondo semestre dell'anno 2021, del Comune di Fabrica di Roma, nel 2013 e a partire dall'anno 2015, del Comune di Farnese, nel 2013 e a partire dall'anno 2018, del Comune di Ronciglione, nel 2013, nel primo semestre dell'anno 2018 e nel primo semestre dell'anno 2019, e in seguito a partire dall'anno 2020, e del Comune di Tuscania, dall'anno 2018 fino ad oggi, escluso il primo semestre dell'anno 2019, e per quanto riguarda, dall'altro lato, il livello di concentrazione del fluoruro nelle acque del Comune di Bagnoregio, dall'anno 2018 al primo semestre dell'anno 2019, e del Comune di Fabrica di Roma, nel 2018, nel primo semestre dell'anno 2019 e nel secondo semestre dell'anno 2021, nonché
- dell'articolo 8, paragrafo 2, della Direttiva 98/83/CE, non avendo provveduto affinché fossero adottati quanto prima i provvedimenti necessari per ripristinare la qualità delle acque destinate al consumo umano nei Comuni di Bagnoregio, Civitella d'Agliano, Fabrica di Roma, Farnese, Ronciglione e Tuscania, per quanto riguarda il livello di concentrazione dell'arsenico in tali acque, e nei Comuni di Bagnoregio e di Fabrica di Roma, per quanto riguarda il livello di concentrazione del fluoruro nelle acque di questi ultimi.
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Update 24.01.2023 / Deferimento Italia alla Corte di giustizia
La Commissione ha deferito l'Italia alla Corte di giustizia (vedi allegato ricorso presentato l’11 marzo 2022 - Commissione europea / Repubblica italiana (C-197/22)) già procedura d'infrazione 2014_2125, poiché da molto tempo in alcune zone della provincia di Viterbo, nel Lazio, i livelli di arsenico e fluoruro nell'acqua potabile superano i valori parametrici stabiliti dalla direttiva sull'acqua potabile: ciò può danneggiare la salute umana, in particolare quella dei bambini.
Sono sei le zone in cui i livelli di arsenico nell'acqua potabile restano al di sopra delle soglie di sicurezza: Bagnoregio, Civitella d'Agliano, Fabrica di Roma, Farnese, Ronciglione e Tuscania. Nelle zone di Bagnoregio e Fabrica di Roma sono state inoltre superate le soglie di sicurezza per il fluoruro.
L’arsenico è considerato dall’Organizzazione mondiale della sanità un fattore cancerogeno.
Il livello consentito per l’arsenico dalla Direttiva 98/83CE è di 10 microgrammi al litro, ma nel viterbese supera di gran lunga il limite:
- 75 mg al litro Fabrica di Roma.
- 52 mg litro Bagnoregio.
La zona della Tuscia è una terra vulcanica che ha nella composizione naturale la presenza di arsenico, un elemento che però rende l’acqua non potabile. Per poter bere è necessario che le acque siano depurate.
Il livello di consentito per il fluoruro dalla Direttiva 98/83CE è di 1,50 microgrammi al litro.
La Direttiva 98/83CE è abrogata dal 13 gennaio 2023 dalla Direttiva (UE) 2020/2184.
Vedasi:
Valori limite arsenico nelle acque consumo umano
Valori limite fluoruro nelle acque consumo umano
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Ricorso CE 11 marzo 2022 (Causa C-197/22)
Ricorso presentato l’11 marzo 2022 - Commissione europea / Repubblica italiana
(Causa C-197/22)
(GU 25.4.2022 n. 171/28)
Ricorrente: Commissione europea (rappresentanti: G. Gattinara, E. Sanfrutos Cano, agenti)
Convenuta: Repubblica italiana
Conclusioni
La Commissione si pregia di concludere che la Corte voglia:
1) constatare che, non avendo adottato misure atte ad assicurare il rispetto dei valori indicati nella parte B dell’allegato I della direttiva 98/93/CE del Consiglio del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (in GUCE L 330 del 5.12.1998, pag. 32)
- per quanto riguarda il livello di concentrazione dell’arsenico, nel Comune di Bagnoregio a partire dal 2018 in poi, nel Comune di Civitella d’Agliano nel primo semestre del 2018, nel secondo semestre del 2019 e dal 2020 in poi salvo che nel secondo semestre del 2021, nel Comune di Fabrica di Roma nel 2013 e dal 2015 in poi, nel Comune di Farnese nel 2013 e in seguito dal 2018 in poi, nel Comune di Ronciglione nel 2013 e in seguito nel primo semestre del 2018 e nel primo semestre del 2019 e in seguito dal 2020 in poi, nel Comune di Tuscania dal 2018 in poi salvo che nel primo semestre del 2019, e
- per quanto riguarda il livello di concentrazione del fluoruro, nel Comune di Bagnoregio dal 2018 al primo semestre del 2019 e nel Comune di Fabrica di Roma nel 2018, nel primo semestre del 2019 e nel secondo semestre del 2021, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi derivanti dal combinato disposto dell’articolo 4, paragrafo 1 e dell’allegato I, parte B, della direttiva 98/83/CE,
2) e che, non avendo adottato quanto prima i provvedimenti necessari per ripristinare la qualità delle acque nei Comuni di Bagnoregio, Civitella d’Agliano, Fabrica di Roma, Farnese, Ronciglione e Tuscania per quanto riguarda il livello di concentrazione dell’arsenico e nei Comuni di Bagnoregio e di Fabrica di Roma per quanto riguarda il livello di concentrazione di fluoruro, la Repubblica italiana è venuta meno all’obbligo che le incombe in virtù dell’art. 8, par. 2, della direttiva 98/83/CE;
3) condannare la Repubblica italiana al pagamento delle spese di giudizio.
Motivi e principali argomenti
Con il primo motivo del proprio ricorso, la Commissione ritiene che, nel non aver assicurato il rispetto dei valori indicati nella parte B dell’allegato I della direttiva per l’arsenico e il fluoruro, la Repubblica italiana è venuta meno all’obbligo di cui al combinato disposto dell’articolo 4, paragrafo 1 e dell’allegato I della direttiva 98/83/CE. Più precisamente, in merito al valore di concentrazione dell’arsenico tale violazione riguarda il Comune di Bagnoregio a partire dal 2018 in poi, il Comune di Civitella d’Agliano per il primo semestre del 2018, per il secondo semestre del 2019 e dal 2020 in poi salvo che nel secondo semestre del 2021, il Comune di Fabrica di Roma per il 2013 e dal 2015 in poi, il Comune di Farnese per il 2013 e in seguito dal 2018 in poi, il Comune di Ronciglione per il 2013 e in seguito per il primo semestre del 2018, per il primo semestre del 2019, e in seguito dal 2020 in poi, il Comune di Tuscania dal 2018 ad oggi salvo che nel primo semestre del 2019. Dette violazioni sono tuttora in corso. In merito al valore di concentrazione del fluoruro la violazione dell’obbligo di cui al combinato disposto dell’articolo 4, paragrafo 1 e dell’allegato I della direttiva riguarda il Comune di Bagnoregio dal 2018 al primo semestre 2019 e il Comune di Fabrica di Roma per il 2018, per il primo semestre del 2019 e
il secondo semestre del 2021.
Con il secondo motivo del ricorso, la Commissione considera che, non avendo adottato quanto prima i provvedimenti necessari per ripristinare la qualità delle acque nei Comuni di Bagnoregio, Civitella d’Agliano, Fabrica di Roma, Farnese, Ronciglione e Tuscania per quanto riguarda il livello di concentrazione dell’arsenico e nei Comuni di Bagnoregio e di Fabrica di Roma per quanto riguarda il livello di concentrazione di fluoruro, la Repubblica italiana è venuta meno all’obbligo che le incombe in virtù dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva.
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Deferimento CE del 09 giugno 2021
La Commissione europea ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di giustizia per il mancato rispetto della direttiva sull'acqua potabile (direttiva 98/83/CE). La direttiva impone agli Stati membri di garantire che le acque destinate al consumo umano siano salubri e pulite, e richiede che nell'acqua potabile non siano presenti microrganismi e parassiti, né sostanze che potrebbero rappresentare un pericolo per la salute umana.
Il Green Deal europeo stabilisce l'obiettivo "inquinamento zero" per l'UE. La piena attuazione degli standard sanciti dalla legislazione dell'UE è importante sia per proteggere la salute umana sia per salvaguardare l'ambiente naturale, in modo efficace.
La Commissione deferisce l'Italia alla Corte di giustizia poiché da molto tempo in alcune zone della provincia di Viterbo, nel Lazio, i livelli di arsenico e fluoruro nell'acqua potabile superano i valori parametrici stabiliti dalla direttiva sull'acqua potabile: ciò può danneggiare la salute umana, in particolare quella dei bambini. Sono sei le zone in cui i livelli di arsenico nell'acqua potabile restano al di sopra delle soglie di sicurezza: Bagnoregio, Civitella d'Agliano, Fabrica di Roma, Farnese, Ronciglione e Tuscania. Nelle zone di Bagnoregio e Fabrica di Roma sono state inoltre superate le soglie di sicurezza per il fluoruro.
Nel maggio 2014 la Commissione aveva inviato all'Italia una lettera di costituzione in mora, seguita da un parere motivato nel gennaio 2019 riguardante 16 zone di approvvigionamento idrico della provincia di Viterbo. Dall'invio del parere motivato la piena conformità alla direttiva è stata raggiunta solo in 10 di queste zone.
Sebbene la Commissione accolga con favore sia l'adozione da parte dell'Italia di misure che vietano o limitano l'approvvigionamento idrico nelle zone interessate, sia l'invio ai consumatori di informazioni sulla situazione, ad oggi sei zone di approvvigionamento idrico non sono ancora pienamente conformi alla direttiva. La Commissione deferisce quindi l'Italia alla Corte di giustizia.
Nel dicembre 2020 i colegislatori hanno adottato una revisione della direttiva sull'acqua potabile. Dopo l'entrata in vigore della direttiva riveduta, gli Stati membri dispongono di due anni per conformarvisi.
Fonte: CE
La Direttiva 98/83/CE (abrogata dal 13 gennaio 2023 dalla Direttiva (UE) 2020/2184 / ndr) ed il suo recepimento il Decreto Legislativo 31/2001 e s.m.i hanno fissato un valore di parametro di 10 mg/L.
L'Arsenico (As), è un semi-metallo molto diffuso in natura, nell'atmosfera, nel suolo, nelle rocce, nell'acqua, negli organismi ed in quasi tutti i tessuti animali e vegetali.
Per l'uomo la principale fonte di esposizione non occupazionale è rappresentata dall'assunzione di acqua potabile contaminata. L'As è nocivo per la salute; studi condotti in popolazioni con esposizioni croniche ad arsenico hanno documentati effetti negativi su esiti riproduttivi, malattie neurologiche, cardiovascolari, respiratorie, diabete e tumori. L'arsenico è stato classificato dalla IARC (International Agency for Research on Cancer) come cancerogeno per l'uomo (tipo 1): tumori del polmone, della cute e della vescica, sono risultati associati ad una esposizione ad arsenico per via inalatoria o attraverso l'acqua potabile (IARC Monographs 100C).
La concentrazione massima di arsenico nell'acqua potabile è stata fissata a 10 μg/L dall'OMS e dalla Direttiva 98/83/CE poiché viene ritenuto che livelli di arsenico più elevati possano comportare rischi per la salute in modo strettamente dipendente dalla durata dell'esposizione e dallo stato nutrizionale della popolazione esposta (Rahman & Naidu, 2009).
In diversi comuni italiani, tra cui 91 situati nella regione Lazio, sono stati riscontrati valori di arsenico nelle acque potabili superiori a 10 μg/L.
Il DEP Regione Lazio ha attivato un'indagine epidemiologica per valutare possibili effetti sulla salute nelle popolazioni residenti ed è in programma uno studio di biomonitoraggio su un campione della popolazione esposta.
Il Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario della Regione Lazio in collaborazione con la ASL di Viterbo e con l’Istituto Superiore di Sanità, sta conducendo un’indagine su “Abitudini alimentari e consumo di acqua” in alcuni comuni della provincia di Viterbo che sono stati interessati nel passato dalla contaminazione da arsenico nelle acque da rete idrica.
L'Agenzia alimentare europea (European Food Safety Authority - EFSA), in un recente rapporto ha evidenziato il ruolo importante della dieta individuale per la stima dell’esposizione cronica ad arsenico. Il maggior contributo di arsenico con la dieta deriva dai cereali, dagli ortaggi, prodotti caseari e dall’acqua potabile.
L’esposizione cronica ad arsenico può avere effetti sulla salute ed è quindi importante limitare l’assunzione attraverso acqua ed alimenti. L’obiettivo dell’indagine è quello di disporre di dati che consentano di valutare l’assunzione di arsenico attraverso la dieta ed il consumo di acqua e di informare la popolazione su come ridurre i rischi derivanti dalla dieta.
La Direttiva 98/83CE (abrogata dal 13 gennaio 2023 dalla Direttiva (UE) 2020/2184 / ndr) ed il suo recepimento il Decreto Legislativo 31/2001 e s.m.i hanno fissato un valore di parametro uguale a quello dell’ OMS stabilito in un valore guida di 1,50 μg/L.
Violazione
La Commissione europea ritiene violata la Direttiva 98/83/CE sull'acqua destinata al consumo umano.
L'art. 4 della stessa Direttiva impone ad ogni Stato UE di adottare le "misure necessarie" a garantire che tali acque risultino:
1) scevre dalla presenza di microrganismi, parassiti, o altre sostanze, in quantità o concentrazioni tali da porre a rischio la salute umana;
2) conformi ai "requisiti minimi" indicati all'allegato I della medesima Direttiva, parti A e B (parametri umicrobiologici" e "chimici").
L'art. 5 stabilisce che detti parametri non possono essere abbassati da norme nazionali dei singoli Stati UE.
Per l'art. 8, ogni volta che gli stessi parametri risultino non soddisfatti, lo Stato UE deve subito disporre le "misure" correttive idonee a ripristinare gli stessi, provvedendo, al contempo, ad informare la popolazione interessata dei rischi che l'uso di tali acque comporta per la salute e imponendo, se del caso, divieti o limitazioni a tale uso. Le Autorità debbono poi, con opportuni provvedimenti, aiutare la popolazione a soddisfare, in ogni caso, il suo fabbisogno idrico.
L'art. 9, poi, consente ai singoli Stati UE di chiedere, alla Commissione, "deroghe" ai parametri suindicati, sempre nel rispetto della salute umana e ove l'approvvigionamento idrico non possa essere garantito altrimenti. Sono consentiti sino a tre periodi di deroga, ciascuno non eccedente i 3 anni. Nella domanda di "deroga" presentata alla
Commissione, lo Stato UE deve addurre tutti gli elementi citati al suddetto art. 9, compresa la descrizione delle azioni correttive che si intendono adottare per il ripristino dei valori richiesti dalla Direttiva, nonché l'indicazione del calendario di tali azioni.
Il co. 6° dello stesso art. 9 impone che le Autorità competenti informino la popolazione dell'esistenza e delle condizioni di tali "deroghe". In Italia, risulterebbe particolarmente critica la non conformità, alle sopra rappresentate prescrizioni, della situazione concernente le acque destinate al consumo umano nel Lazio superiore e nella Toscana inferiore. Dette aree sono state sottoposte ad un regime di "deroga" dal 2004 al 2009.
Quindi, con Decisioni del 28/10/2010 e del 22/03/2011, la Commissione ha concesso due ulteriori deroghe - limitatamente ai valori dell'arsenico, del fluoruro e del boro - le quali impongono all'Italia, tuttavia, il rispetto di obblighi concernenti: il rispetto dei parametri standard, e non di quelli in deroga, quanto all'arsenico, fluoruro e boro presenti nelle acque destinate al consumo dei bambini sino ai 3 anni; lo svolgimento di campagne di informazione sui rischi connessi all'uso dell'acqua nelle aree recanti concentrazioni "non a norma" dei suddetti valori chimici; l'attuazione delle azioni correttive di cui all'allegato III della Direttiva in oggetto; la presentazione di relazioni annuali sui progressi compiuti.
La Commissione ritiene che l'Italia avrebbe violato non solo gli obblighi imposti dalle predette Decisioni, ma anche le prescrizioni di cui alla succitata Direttiva 98/83/CE, in quanto attuate da tali obblighi.
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Rev. | Data | Oggetto | Autore |
1.0 | 11.09.2023 | Sentenza Corte di giustizia UE del 07.09.2023 | Certifico Srl |
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