Quesito 09 2019, marzo. Chiarimenti in tema di compostaggio in loco dei rifiuti organici
Risposta a quesiti relativi all’applicabilità delle diverse forme di compostaggio in loco dei rifiuti organici alla luce delle intervenute modifiche normative in materia
Codesta Regione ha richiesto in diverse occasioni (nota prot.n. 63324 del 12/12/2016, nota prot.n. 26589 del 4/5/2017, nota prot.n. 61975 de 25/10/2017, nota prot.n. 41498 del 27/08/2018) chiarimenti interpretativi relativamente alle diverse operazioni di compostaggio di prossimità (operazioni di autocompostaggio, compostaggio locale e compostaggio di comunità), così come introdotte nella disciplina di settore dal collegato ambientale (articoli 37 e 38 della L. 221/2015) e con il decreto ministeriale attuativo dello stesso (DM 29 dicembre 2016, n. 266).
Il primo dubbio interpretativo è generato dall’articolo 180 comma 1-septies del d. lgs. 152/06 (introdotto dall’articolo 37 del collegato ambientale) laddove viene citata l’attività di autocompostaggio e compostaggio di comunità in relazione alla riduzione della produzione dei rifiuti organici. Si pone quindi la questione della qualifica delle attività di compostaggio di prossimità come attività di prevenzione oppure di gestione dei rifiuti. A tal proposito occorre rilevare che tali attività di compostaggio concorrono alle finalità di prevenzione dei rifiuti nella misura in cui contribuiscono alla diffusione di una maggiore consapevolezza delle problematiche ambientali legate alla gestione dei rifiuti e con essa alla diffusione di acquisti consapevoli ed alla riduzione del food waste (rifiuto alimentare). Tuttavia le attività di compostaggio sul luogo di produzione, benché possano contribuire alla riduzione della produzione del rifiuto, non costituiscono attività di prevenzione bensì di gestione dei rifiuti. Infatti, il rifiuto organico, ancorché non conferito al sistema di gestione, è comunque prodotto e per questo motivo le linee guida della Commissione europea relative alla prevenzione, nonché il Piano Nazionale di Prevenzione, non fanno riferimento al compostaggio sul luogo di produzione. Tale attività, infatti, già ai sensi della decisione della Commissione europea 2011/753/UE del 18/11/2011, ma anche della recente direttiva quadro rifiuti (Direttiva 851/2018), può essere conteggiato ai fini del raggiungimento dell’obiettivo di riciclaggio dei rifiuti urbani di cui all’articolo 11, paragrafo 2, della Direttiva 2008/98/CE. A livello nazionale è possibile per i comuni conteggiare le quantità di rifiuti compostate sul luogo di produzione sia ai fini della raccolta differenziata sia ai fini degli obiettivi di riciclo. Nella scheda MUD del comune, infatti, è possibile rendicontare tali quantità come indicato nel decreto ministeriale 26 maggio 2016 e nel decreto ministeriale 29 dicembre 2016, n. 266.
Per quanto concerne invece le differenti tipologie di compostaggio di prossimità, occorre distinguere in primis tra autocompostaggio (articolo 183, comma 1, lettera e del d. lgs. 152/06) ed altre forme di compostaggio di prossimità, quali il compostaggio di comunità (articolo 183, comma 1, lettera qq-bis del d. lgs. 152/06) e quello locale (articolo 214, comma 7-bis del d. lgs. 152/06).
Il requisito sostanziale che differenzia l’autocompostaggio dalle altre forme di compostaggio di prossimità, riguarda il numero di utenze che effettuano l’attività di compostaggio. Qualora si tratti di un’utenza singola (domestica o anche non domestica) l’attività si configura come autocompostaggio ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera e) del d. lgs. 152/06. Tale attività non necessita di titoli autorizzativi e può essere intrapresa dalle singole utenze domestiche e non domestiche, a condizione che il compost, prodotto a seguito del trattamento, sia utilizzato esclusivamente dalla medesima utenza che ha prodotto e trattato il rifiuto. Non è previsto un limite di quantità per i rifiuti trattati tramite autocompostaggio, tuttavia le quantità trattate devono essere congruenti con la tipologia di utenza che effettua l’attività. Per utenze domestiche si considera generalmente una produzione di rifiuti organici pari a 80 kg/ab anno per ciascun componente del nucleo familiare (nota prot.n. 2776/RIN del 24/02/2017). Per le utenze non domestiche i quantitativi saranno in funzione dell’attività svolta dall’utenza stessa (scuola, ospedale, esercizio commerciale, bar, ristorante, ecc.).
[...] segue in allegato
Fonte: MATTM
Collegati: