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III Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia 2019

Terzo rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia

III Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia 2019

Il “Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia”, giunto nel 2019 alla sua 3a edizione, ha il compito di evidenziare ai policy makers il fondamentale ruolo ricoperto dal Capitale Naturale italiano rispetto al sistema socio-economico del Paese, elaborando schemi concettuali, migliorando la conoscenza e affinando modelli di misurazione del Capitale Naturale e degli impatti delle politiche su esso.

La Legge n. 221 del 2015, art. 67, prevede la redazione annuale del Rapporto da parte del Comitato per il Capitale Naturale (CCN), presieduto dal Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), e composto da 10 Ministri, dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), dalla Conferenza delle Regioni, 5 Istituti pubblici di Ricerca (fra cui ISPRA) ed un gruppo di esperti della materia nominati dal Ministro dell’Ambiente.

I Rapporti vengono consegnati dal Ministro dell’Ambiente al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’Economia, al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi sociali, economici e ambientali coerenti con l’annuale programmazione finanziaria e di bilancio. Grazie ad una sempre maggiore sinergia tra esperti della materia, centri di ricerca nazionali ed internazionali, e la pubblica amministrazione, da una edizione all’altra del Rapporto sono stati compiuti significativi progressi in termini di arricchimento dei fattori di analisi, miglioramento della valutazione biofisica degli ecosistemi, definizione di percorsi metodologici per l’attribuzione di una misurazione monetaria al flusso di Servizi Ecosistemici prodotti dal nostro Capitale Naturale.

Il Comitato per il Capitale Naturale ribadisce nel 3° Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale la necessità di rafforzare l’impegno affinché siano messe in atto le principali Raccomandazioni individuate nelle due prime edizioni del Rapporto, volte all’integrazione del Capitale Naturale nelle valutazioni e nei sistemi di monitoraggio delle politiche, nelle politiche economiche e nella pianificazione territoriale, con l’intento di assicurare un contributo significativo alla realizzazione degli obiettivi globali tracciati dall’Agenda 2030 per una crescita sostenibile che l’Italia deve continuare a perseguire per le generazioni presenti e future.

L’Area ‘Valutazioni economiche, contabilità e sostenibilità ambientale’ di Ispra ha contribuito in maniera significativa alla stesura del Rapporto, attraverso la mappatura e le valutazioni biofisiche ed economiche di servizi ecosistemici, a cui si aggiunge la costruzione di tavole contabili, in linea con gli standard e le procedure metodologiche stabilite in ambito Nazioni Unite.

Il Rapporto sul Capitale Naturale in Italia ha un duplice obiettivo:

Accrescere la consapevolezza sull’importanza del Capitale Naturale significa anche approfondire e analizzare lo stato di conservazione dell’ambiente per capirne meglio il funzionamento che spesso viene dato per scontato, senza accorgersi che lo stato di salute degli ecosistemi e i processi che in essi si svolgono sono indispensabili per la qualità della vita e il benessere umano. Tali princìpi sono alla base dello sviluppo sostenibile “forte” e dei suoi conseguenti paradigmi, cui fanno riferimento strategie e indirizzi internazionali ed europei, a partire dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.

La struttura del Rapporto rispecchia questi obiettivi e include una prima parte di dati e misurazioni biofisiche, di contabilità fisica e monetaria e di valutazioni associabili ad alcuni Servizi Ecosistemici, e una seconda parte di valutazione degli impatti delle politiche pubbliche sul Capitale Naturale.

In questa terza edizione vengono approfondite le analisi in termini di valutazione fisica di alcuni specifici stock del Capitale Naturale in ecosistemi marini, agricoli e forestali, e in termini di quantificazione degli impatti di alcune pressioni che insistono su di essi, quali i cambiamenti climatici e il consumo di suolo, con un focus particolare sui territori dei Parchi nazionali. L’azione negativa di queste pressioni, e la sovrapposizione delle stesse a livello territoriale, amplifica enormemente i danni per l’economia e per la società, e rende sempre più complesse le soluzioni per uno sviluppo economico e sociale sostenibile.

Il Rapporto propone due nuove stime di valutazione monetaria dei Servizi Ecosistemici, la prima fornita dal Joint Research Centre (JRC) su scala europea e applicato all’Italia per la produzione di biomassa agricola, biomassa forestale, regolazione del clima e controllo del rischio di inondazione; e una seconda stima dell’ISPRA su scala nazionale (e quindi più specifico) per i servizi ricreativo, di impollinazione delle colture, di approvvigionamento idrico e di regolazione del rischio di alluvioni.

Le stime ottenute forniscono un’indicazione del valore economico di una serie, non esaustiva, di Servizi Ecosistemici e avvicinano l’Italia alla realizzazione di una contabilità solida e continua nel tempo utile ad “integrare i valori degli ecosistemi e della biodiversità nelle pianificazioni nazionali e locali e nei processi di sviluppo”, come richiesto dall’Agenda 2030 (Target 15.9) e dalla Convenzione Internazionale sulla Diversità Biologica (Aichi Target 2 del Piano Strategico per la Biodiversità 2011-2020).

Il Rapporto individua poi gli effetti sull’ambiente generati da tre politiche di settore (agricolo, urbano e fiscale) a diverso livello di competenza e di attuazione, riconoscendone il ruolo cruciale nel determinare lo stato di salute del Capitale Naturale.

La politica deve rafforzare il proprio ruolo di indirizzo della transizione economica e sociale verso sistemi produttivi a minore impatto ambientale. In quest’ambito, una riflessione viene svolta sulla politica agricola comune, oggetto in passato di diversi processi di riforma, che hanno orientato maggiormente l’obiettivo del sostegno pubblico in agricoltura verso la creazione anche di beni e servizi ambientali. I due capitoli dedicati alla politica agricola partono da un’analisi dei principali strumenti attivati nello sviluppo rurale a sostegno della gestione dei sistemi agricoli-forestali e della fornitura dei servizi ecosistemici, per i quali sono state allocate risorse pubbliche pari a 7 miliardi nei 22 Piani di Sviluppo Rurali 2014-2020 per misure coerenti con la Priorità 4 dello Sviluppo Rurale “Preservare, ripristinare e valorizzare gli ecosistemi connessi all'agricoltura e alla silvicoltura”.

Nel pieno del dibattito sulla futura politica agricola e forestale post 2020, il Rapporto ha inoltre inteso fornire alcuni spunti per il rafforzamento dell’architettura verde della PAC, considerando che il ruolo degli Stati membri nella definizione e attuazione degli strumenti di policy nel futuro ciclo sarà maggiore rispetto all’attuale sistema Parimenti, una delle principali sfide odierne per la tutela del Capitale Naturale, la qualità della vita e il benessere dei cittadini, è quello di intervenire sulle criticità che riguardano gli ambienti urbani mediante politiche che mirino alla sostenibilità di questi ambiti territoriali, ivi incluse anche le cosiddette aree “periurbane” in progressivo ampliamento. In questo Rapporto viene concentrata l’attenzione sui Servizi Ecosistemici di regolazione forniti dal verde urbano, soprattutto in termini di miglioramento della qualità dell’aria e di adattamento ai cambiamenti climatici, e sugli aspetti gestionali che devono essere considerati nell’ambito della pianificazione territoriale e della programmazione economica.

Considerato il quadro di contesto così delineato, vengono quindi ribadite le principali Raccomandazioni individuate nelle due prime edizioni del Rapporto, con l’auspicio che l’impegno per attuarle venga intrapreso e rafforzato. L’impegno è tanto più rilevante in considerazione del fatto che il prossimo anno, il 2020, sarà determinante per impostare le future politiche internazionali in tema di tutela della biodiversità e di contrasto ai cambiamenti climatici attraverso le COP delle Convenzioni globali dell’ONU, nonché per il raggiungimento di diversi target dell’Agenda 2030, le cui risorse utili per l’attuazione vengono potenzialmente individuate dalla prossima programmazione economica europea 2021-2027, anch’essa in questo periodo in fase di definizione.

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Fonte: ISPRA

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