Cassazione: Cannabis coltivarla in casa non è (più) reato
Cassazione Penale, Sezioni Unite, ud. 19 dicembre 2019, informazione provvisoria n. 27
La sentenza, con le relative motivazioni, deve essere ancora depositata In attesa di aprezzarne le motivazioni, pubblichiamo la soluzione adottata dalle Sezioni Unite ad un quesito di notevole interesse giuridico e sociale, vale a dire “Se, ai fini della configurabilità del reato di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, è sufficiente che la pianta, conforme al tipo botanico previsto, sia idonea, per grado di maturazione, a produrre sostanza per il consumo, non rilevando la qualità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, ovvero se è necessario verificare anche che l’attività sia concretamente idonea a ledere la salute pubblica ed a favorire la circolazione della droga alimentandone il mercato“.
Sul punto, la Corte ha assunto la seguente posizione: “Il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente; devono però ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore“.
Lo hanno sancito le Sezioni unite penali della Cassazione nell’udienza del 19 dicembre scorso, chiamata a esprimersi su un ricorso presentato il 21 ottobre. La sentenza, con le relative motivazioni, deve essere ancora depositata: intanto però il massimo organo della Corte, che fa giurisprudenza, ha deliberato che non costituiscono reato “le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore”.
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