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Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 18040 | 08 Maggio 2024

Sentenze cassazione penale

Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 18040 | 08 Maggio 2024

ID 21918 | 23.05.2024

Cassazione Penale Sez. 3 dell'8 maggio 2024 n. 18040

E' del coordinatore per la sicurezza l'obbligo di sospendere il cantiere in caso di condizioni climatiche avverse e della presenza di lastre di ghiaccio?

Penale Sent. Sez. 3 Num. 18040 Anno 2024
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: DI STASI ANTONELLA
Data Udienza: 20/03/2024

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Fatto

1. Con sentenza del 14/09/2023, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Como, all'esito di giudizio abbreviato, dichiarava A.A. responsabile del reato di cui all'art. 158, comma 2, lett. a), in relazione all'art. 92, comma 1, lett. f) D.Lgs. 81/2008 - perché in qualità di coordinatore in fase dì progettazione e in fase di esecuzione dei lavori che si stavano eseguendo presso il cantiere di S, ometteva di procedere alla sospensione dei lavori che si stavano eseguendo nel cantiere, in considerazione della pericolosità del medesimo a causa delle condizioni climatiche avverse e della presenza di lastre di ghiaccio sul percorso.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.A., a mezzo del difensore munito di procura speciale, articolando tre motivi di seguito enunciati.

Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla identificazione della posizione di garanzia in capo al coordinatore rispetto alle altre figure presenti in cantiere.

Argomenta che il coordinatore per la fase di esecuzione opera laddove esista un "rischio interferenziale", inteso come "rischio derivante dalla convergenza di articolazioni di aziende diverse verso il compimento di un'opera unitaria" e, più in generale come presenza nel medesimo contesto di più imprese chiamate a svolgere specifiche e distinte attività in base ciascuna ad uno specifico contratto; il coordinatore ha un potere di intervento diretto solo quando constati direttamente gravi pericoli (art. 92, comma 1 lett. f) D.Lgs. 81/2008); secondo la giurisprudenza di legittimità non sussiste a carico del coordinatore un obbligo di vigilanza e di presenza continua in cantiere, in quanto un obbligo di vigilanza continua sulle attività svolte in cantiere è di pertinenza delle figure responsabili delle imprese affidatane ed esecutrici e, quindi, del datore di lavoro, del dirigente e del preposto di tale imprese; la sentenza impugnata aveva, al contrario, attribuito al coordinatore gli stessi compiti del datore di lavoro dell'impresa esecutrice, ignorando la chiara distinzione individuata dalla legge e dalla giurisprudenza di legittimità.

Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 92, comma 1, lett. f) D.Lgs. 81/2008.

Argomenta che la vigilanza sulle condizioni di lavoro, anche per quanto riguarda le condizioni metereologiche, rimane sempre di competenza del datore di lavoro e dei suoi collaboratori, in base alla previsione dell'art. 96, comma 1, lett. d) D.Lgs. 81/2008; pertanto, nella specie, il dovere di vigilare e di impedire che il lavoratore andasse in una zona che presentava dei punti ghiacciati era solo esclusivamente del datore di lavoro che in quel momento sovraintendeva alle lavorazioni e nessun obbligo gravava sul ricorrente; il rischio della presenza di ghiaccio non costituiva un rischio interferenziale su quale il predetto aveva l'obbligo di intervenire in quanto coordinatore,

Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilità, lamentando che era stato posto a base della sentenza impugnata il pronunciamento di altro Giudice in procedimento che riguardava reati di natura diversa ed aventi un diverso elemento soggettivo, così violando il principio del ne bis in idem; deduce inoltre, che, ove non sussistente un ne bis in idem, erano stati semplicemente riportati in sentenza in modo acritico passaggi di altra sentenza, senza darne alcuna motivazione, tanto più che la sentenza in questione non era ancora passata in giudicato.

Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.

Diritto

1. Deve anzitutto rilevarsi che, per quanto emerge dagli atti, la contravvenzione contestata, consumatasi in data 12.12.2018, si è estinta per prescrizione in data 12.12.2023, ai sensi del combinato disposto degli artt. 157, 160 e 161 cod. pen.

2. Per procedere all'applicazione dell'art. 129 cod. proc. pen., comma 1, peraltro, deve considerarsi l'insegnamento della consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte per cui può condurre alla dichiarazione di prescrizione, anche d'ufficio ai sensi dell'art. 609, comma 2, cod. proc. pen, solo il ricorso idoneo a instaurare un valido rapporto di impugnazione, vale a dire non affetto da inammissibilità (Sez. U n. 21 del 11 novembre 1994, dep.11 febbraio 1995, Cresci, Sez. U n. 11493 del 3 novembre 1998, Verga; Sez. U n. 23428 del 22 giugno 2005, Bracale; Sez U n. 12602 del 17.12.2015, dep. 25.3.2016, Ricci).

3. Per quanto appena osservato in ordine alla maturazione della prescrizione, allora, deve darsi atto che i primi due motivi di ricorso risultano infondati.

Va ricordato che in tema di infortuni sul lavoro, la funzione di alta vigilanza di cui all'art. 92 D.Lgs. 81/2008 che grava sul coordinatore per la sicurezza dei lavori - che si esplica prevalentemente mediante procedure e non poteri doveri di intervento immediato - riguarda la generale configurazione delle lavorazioni che comportino un rischio interferenziale, e non anche il puntuale controllo delle singole lavorazioni, demandato ad altre figure (datore di lavoro, dirigente, preposto), salvo l'obbligo di adeguare il piano di sicurezza in relazione all'evoluzione dei lavori e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato ed immediatamente percettibile, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate(Sez.4, n. 24915 del 10/06/2021,F!.v.281489 - 01).

La legge delinea, poi, sul coordinatore per la sicurezza una funzione peculiare, rispetto al generale compito di alta vigilanza che grava su tale figura della sicurezza, aspetto che qui rileva (Sez. 4, n. 14636 del 23/3/2021, Scalise; Sez. 4, n. 27165 del 24/5/2016, Battisti, Rv. 267735): egli, oltre ai compiti specificamente assegnatigli dall'art. 92 citato, svolge una autonoma funzione di alta vigilanza sulla generale configurazione delle lavorazioni che comportino rischio interferenziale e, sebbene non sia tenuto a un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, demandato ad altre figure operative, mantiene l'obbligo di attivarsi, in caso di sussistenza di un pericolo nei termini di cui all'art. 92 c. 1, lett. f), cit. Tale ultimo obbligo, tuttavia, non è correlato alla natura del rischio interferenziale che è chiamato a gestire, poiché egli risponde per colpa in omissione, allorquando versi in condizioni di avvedersi o essere informato dell'esistenza di un pericolo grave e imminente e rimanga inerte, a prescindere dal fatto che il pericolo sia correlato a un rischio interferenziale. Tale interpretazione discende direttamente dalla lettera della legge: alla lett. e) della norma richiamata, infatti, il legislatore prevede che il coordinatore, allorquando riscontri la violazione di obblighi assegnati ad altre figure della sicurezza, proponga la sospensione dei lavori al committente o al responsabile dei lavori, ove nominato, previa contestazione delle violazioni ai lavoratori autonomi o alle imprese. La successiva ipotesi di cui alla lett. f), invece, non è correlata al riscontro di specifiche violazioni da parte delle altre figure di gestori del rischio, ma direttamente ed esclusivamente alla riscontrata esistenza di un pericolo grave e imminente. Pertanto, a tal fine, diventa rilevante la verifica del momento del manifestarsi di inequivocabili segnali di sussistenza dì tale pericolo e della sua imminenza, ma anche quella della prevedibilità in capo al coordinatore medesimo, sul quale, come sopra ricordato, non grava l'obbligo di una presenza costante in cantiere.

Nella specie, il Tribunale, pur con motivazione succinta, ha adeguatamente argomentato in ordine alla riscontrata esistenza di un pericolo grave e imminente fonte dell'obbligo di attivazione di cui all'art. 92 comma 1, lett. f) D.Lgs. 81/2008 ed alla verifica del momento dei manifestarsi di inequivocabili segnali di sussistenza di tale pericolo e della sua imminenza (pag 10 della sentenza impugnata).

4. Del pari infondato, risulta il terzo motivo di ricorso, atteso che il Tribunale ha basato la sua decisione non sulla sentenza n. 509/2922, pur effettivamente riportata con ampi stralci nella sentenza impugnata, ma sugli accertamenti effettuati dall'ATS Montagna della Regione Lombardia, compendiati negli stralci della sentenza acquisita, autonomamente valutati dal giudicante.

5. La non manifesta infondatezza delle doglianze del ricorrente conduce, quindi, essendosi instaurato validamente il presente grado giurisdizionale, e non emergendo dal testo del provvedimento impugnato elementi che possano giustificare l'applicazione dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen. (cfr Sez.6,n.48461 del 28/11/2013,Rv.258169; Sez.6,n.27944 del 12/06/2008, Rv.240955), alla dichiarazione, ex art. 129 comma 1, cod. proc. pen., della estinzione del reato contestato per maturata prescrizione, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.

Così deciso il 20 marzo 2024

Depositato in Cancelleria l'8 maggio 2024.

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