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Interpello ambientale 30.03.2023 / Estrazione dal processo delle acque reflue urbane di fango cellulosico

Interpello ambientale 30 03 2023

Interpello ambientale 30.03.2023 / Estrazione dal processo delle acque reflue urbane di fango cellulosico

ID 19342 | 30.03.2023 / In allegato Testo interpello Ambientale 

L’art. 27 del decreto-legge n. 77 del 31 maggio 2021 ha introdotto, all’art. 3 septies del D.lgs. 152/2006, l’istituto dell’interpello in materia ambientale, che consente di inoltrare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull’applicazione della normativa statale in materia ambientale. Una possibilità riconosciuta a Regioni, Province autonome di Trento e Bolzano, Province, Città metropolitane, Comuni, associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale o presenti in almeno cinque regioni o province autonome.

TUA | Testo Unico Ambiente
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Art. 3-septies (Interpello in materia ambientale)

1. Le regioni,le Province autonome di Trento e Bolzano, le province, le citta' metropolitane, i comuni, le associazioni di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni o province autonome di Trento e Bolzano, possono inviare al Ministero della transizione ecologica istanze di ordine generale sull'applicazione della normativa statale in materia ambientale. La risposta alle istanze deve essere data entro novanta giorni dalla data della loro presentazione. Le indicazioni fornite nelle risposte alle istanze di cui al presente comma costituiscono criteri interpretativi per l'esercizio delle attivita' di competenza delle pubbliche amministrazioni in materia ambientale, salva rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione con efficacia limitata ai comportamenti futuri dell'istante. Resta salvo l'obbligo di ottenere gli atti di consenso, comunque denominati, prescritti dalla vigente normativa. Nel caso in cui l'istanza sia formulata da piu' soggetti e riguardi la stessa questione o questioni analoghe tra loro, il Ministero della transizione ecologica puo' fornire un'unica risposta.

2. Il Ministero della transizione ecologica, in conformità all'articolo 3-sexies del presente decreto e al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, pubblica senza indugio le risposte fornite alle istanze di cui al presente articolo nell'ambito della sezione "Informazioni ambientali" del proprio sito internet istituzionale di cui all'articolo 40 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, previo oscuramento dei dati comunque coperti da riservatezza, nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

3. La presentazione delle istanze di cui al comma 1 non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme ambientali, ne' sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.

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Interpello ambientale 30.03.2023

Indicazioni in merito a interpello ex art. 3-septies del Decreto legislativo n. 152/2006 - Classificazione del trattamento consistente nell’attività di estrazione dal processo delle acque reflue urbane di fango cellulosico.

Oggetto: Articolo 3-septies del Decreto legislativo n. 152/2006 - interpello in materia ambientale in riferimento alla disciplina applicabile ai residui di produzione.

QUESITO

Con istanza di interpello formulata ai sensi dell’articolo 3-septies del Decreto legislativo n. 152/2006, la Provincia di Lecce ha richiesto un’interpretazione della vigente normativa in materia ambientale sui seguenti aspetti:

1) la corretta classificazione del trattamento, consistente nell’ attività di estrazione dal processo depurativo delle acque reflue urbane di fango cellulosico da destinare per attività di produzione di conglomerato bituminoso, quale attività diretta al “riutilizzo di sottoprodotto” del processo depurativo o, viceversa, attività di “recupero di rifiuto”;
2) l’eventuale assoggettabilità ad un regime autorizzatorio, ai sensi dell’articolo 208, comma 15 ovvero dell’articolo 211 del Decreto legislativo n. 152/2006, dell’attività di trattamento sopra descritta.

RIFERIMENTI NORMATIVI

Con riferimento al quesito proposto, si riporta quanto segue:

- il Decreto legislativo n. 152/2006 “Testo unico ambientale” e in particolare:
- l’art. 127 della Parte III, Titolo IV, Capo II, che dispone “1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato. 2. È vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.”;
- l’art. 184, c. 3, lettera g), che individua tra i rifiuti speciali “… i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue…”;
- l’articolo 184-bis, recante condizioni e criteri della qualifica di sottoprodotto, in particolare il comma 1 prevede quanto segue:
“É un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:
a) la sostanza o l'oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
b) è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
c) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.”;
- l’articolo 184-ter recante la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto;
- gli articoli 208 e 211, della Parte IV, Titolo I, Capo IV “autorizzazioni e iscrizioni”;
- il decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 13 ottobre 2016, n. 264 “Regolamento recante i criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti”;
- la circolare prot. n. 7619 del 30 maggio 2017 “esplicativa per l’applicazione del DM 13 ottobre 2016 n. 264” del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.

CONSIDERAZIONI DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA SICUREZZA ENERGETICA

Dal quadro normativo sopraesposto emerge quanto segue.

Come è noto, il sottoprodotto deriva da un processo di produzione e può essere impiegato in cicli produttivi a seguito di una valutazione preventiva da parte del produttore.

Perché un residuo di produzione possa essere considerato e trattato come un sottoprodotto, tutte le condizioni previste dall’articolo 184-bis, comma 1, del Decreto legislativo n. 152/2006 devono sussistere contemporaneamente: se viene a mancare, dall’inizio o anche in un momento successivo, uno solo degli elementi in questione, lo scarto di produzione non potrà essere qualificato sottoprodotto e dovrà essere considerato come rifiuto ed andrà gestito come tale.

Al riguardo, il decreto ministeriale n. 264 del 2016, appositamente emanato dall’allora Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, recante “Criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti”, ha fornito indicazioni relative ad alcuni aspetti - sicurezza del riutilizzo, normale pratica industriale e requisiti di impiego e di qualità ambientale - con le quali il produttore può dimostrare di soddisfare le condizioni generali previste dal citato articolo 184-bis.

La vigente normativa, dunque, non prevede un “elenco” di materiali qualificabili alla stregua di sottoprodotti, né un elenco di trattamenti ammessi sui medesimi in quanto costituenti “normale pratica industriale”, dovendo comunque essere rimessa la valutazione del rispetto dei criteri indicati dall’art. 184-bis del Decreto legislativo n. 152/2006 ad una analisi caso per caso, come anche precisato nell’articolo 1, comma 2 del citato decreto 264/2016, ai sensi del quale «i requisiti e le condizioni richiesti per escludere un residuo di produzione dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti sono valutati ed accertati alla luce del complesso delle circostanze».

Allo scopo, poi, di fornire alcuni chiarimenti in modo da consentire una uniforme applicazione della vigente normativa è stata pubblicata dal Ministero la circolare prot. 7619 del 30 maggio 2017, nella quale è stato ribadito come la valutazione del rispetto dei criteri indicati sia rimessa ad una analisi caso per caso da parte del produttore.

Dunque, in merito ai requisiti ed alle condizioni che è necessario soddisfare per escludere un residuo di produzione dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti e trattarlo come sottoprodotto è opportuno evidenziare come i medesimi debbano essere valutati ed accertati alla luce del complesso delle circostanze e devono essere soddisfatti in tutte le fasi della gestione dei residui, dalla produzione all’impiego nello stesso processo, o in uno diverso. Resta inteso, peraltro, che la qualifica di sottoprodotto non potrà mai essere acquisita in un tempo successivo alla generazione del residuo, non potendo un materiale inizialmente qualificato come rifiuto poi divenire sottoprodotto. Il possesso dei requisiti deve sussistere, dunque, sin dal momento in cui il residuo viene generato.

Con riferimento al caso rappresentato, dalla sommaria descrizione fornita delle operazioni che si intenderebbe esercitare per l’ottenimento del fango cellulosico in via sperimentale, tramite l’utilizzo di un impianto mobile da installare nell’impianto di trattamento in corrispondenza della fase di sedimentazione primaria delle acque reflue, è bene evidenziare come solo gli impianti che effettuano la disidratazione dei fanghi, generati da impianti di depurazione, non necessitano di autorizzazione ai sensi della parte IV Decreto legislativo n. 152/2006.

Ai sensi dell’art. 127 del succitato decreto legislativo, infatti, i fanghi prodotti dalle attività di trattamento delle acque e dalla depurazione delle acque reflue “sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione”.

Ne consegue che, fin quando non sia concluso il processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione, i fanghi sono regolamentati dalla disciplina di cui alla Parte III del Decreto legislativo n. 152/2006. Solo dopo, ove applicabile la disciplina dei rifiuti, anche ai sensi dell’art. 184 gli stessi sono classificati come rifiuti speciali.

Quindi, qualora detti fanghi non possano essere utilizzati in agricoltura nel rispetto delle norme di settore e non siano ancora rifiuti, sarà il produttore a dover stabilire se ai suddetti fanghi possa essere attribuita la qualifica di sottoprodotto a seguito di una valutazione caso per caso nel rispetto della disciplina di cui al citato art. 184-bis.

Da quanto descritto dall’istante parrebbe che venga effettuato un trattamento, a carattere sperimentale, sul fango cellulosico tramite l’utilizzo dell’impianto mobile di estrazione della cellulosa e il successivo trattamento di disidratazione con pressa a vite e lavaggio; detto utilizzo dell’impianto mobile sembrerebbe costituire una modifica del processo di trattamento finalizzata proprio ad ottenere tale tipo di materiali e pertanto ulteriore rispetto alla “normale pratica industriale” (lettera c, comma 1, art. 184-bis Decreto legislativo n. 152/2006).

Alla luce di quanto sopra, qualora il produttore dovesse classificare tali materiali come rifiuti, escludendo quindi la possibilità di attribuire loro la qualifica di sottoprodotto, si delineerà un’ipotesi di recupero di rifiuti, finalizzato al riutilizzo nella produzione di conglomerato bituminoso, che dovrà essere autorizzato ai sensi dell’art. 208 o, nel caso in cui si scelga di autorizzare l’impianto come impianto di ricerca e sperimentazione, dell’art. 211 del Decreto legislativo n. 152/2006, nel rispetto, per il caso specifico, dell’art. 184 ter del medesimo decreto legislativo.

Le considerazioni sopra riportate, rese nel rispetto delle condizioni e dei termini di cui all’articolo 3-septies del Decreto legislativo n. 152/2006, sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti, anche a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione.

Fonte: Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica

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