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Sentenza CS Sez. IV n. 271 del 29 gennaio 2008

Sentenza CS Sez  IV n  271 del 29 gennaio 2008

Sentenza CS Sez. IV n. 271 del 29 gennaio 2008

Un seminterrato è tale, se in ogni sua parte rimane al di sotto del piano di campagna o del livello zero di sbancamento, essendo compatibile con tale situazione, nei limiti ritenuti dalle norme comunali, che parte della struttura sopravanzi il piano di campagna o la quota zero, per quanto strettamente necessario per assicurare una sufficiente areazione e luminosità, ovvero, che rimanga scoperta in larghezza per realizzare un accesso dall’esterno.

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FATTO

Gli attuali appellanti hanno impugnato in primo grado la concessione edilizia n. 1772 del 30 marzo 1995, insieme agli atti ad essa connessi, che il sindaco del Comune di Montemiletto ha rilasciato ad Augusto Centrella per la sanatoria di opere riguardanti l’aumento dell’altezza del piano sottotetto e per assentire alcuni interventi in variante di precedenti titoli edilizi, relativi tutti a fabbricato situato in via Serra. Il giudice di primo grado, con la sentenza impugnata, e meglio descritta in epigrafe, ha respinto il ricorso.

Con il gravame in esame, gli appellanti contestano radicalmente le argomentazione sviluppate dal primo giudice, rinvenendovi errori di fatto e di diritto nel ritenere legittimo ed assentibile l’intervento, nonostante l’eccesso di volumetria realizzata in contrasto con le prescrizioni urbanistiche La parte appellata ha eccepito la tardività dell’appello ed ha chiesto la conferma della sentenza impugnata, sviluppando gli stessi argomenti utilizzati nella sentenza gravata.

Anche l’Amministrazione comunale ha chiesto la conferma della sentenza impugnata.

Con breve memoria gli appellanti hanno replicato all’eccezione di tardività dell’appello.

All’udienza dell’11 dicembre 2007, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

L’eccezione di tardività del gravame sollevata dall’appellato ing. Centrella non può essere accolta.

Assume quest’ultimo che la notifica dell’appello effettuata utilizzando il termine annuale, in data 26 ottobre 2006, è tardiva rispetto alla data del deposito della sentenza impugnata, giacchè avvenuto il 21 luglio 2005.

Tardività che non viene meno anche se debbono non essere conteggiati i periodi di sospensione dei termini processuali di cui alla legge 742/1969.

Sennonché, seguendo un orientamento di questo Consesso da cui non v’è ragione di discostarsi, deve essere osservato in punto di fatto che la notifica del gravame è stata effettuata dall’appellante anche nell’antecedente giorno 18 ottobre 2006, e quindi tempestivamente, sia nei riguardi di entrambe le parti del giudizio di primo, vale a dire sia la parte privata che l’amministrazione comunale.

La notifica eseguita il giorno 26 ottobre 2007 ha riguardato soltanto la parte privata ed è di quella effettuata il giorno 18 una ripetizione, resasi necessaria per essersi trasferito il domiciliatario del difensore di quest’ultima dal domicilio indicato dalla sentenza impugnata, ed utilizzato dall’appellante ex art. 330 c.p.c.

Alla luce di quanto precede, essendo quest’ultima notifica nulla ma non inesistente, e non avendo l’eccepiente dato prova della possibilità di conoscere il mutamento del proprio domicilio, deve ritenersi che tale nullità sia stata senz’altro sanata con l’avvenuta costituzione della parte, ancorchè tardiva rispetto al termine di trenta giorni stabilito per controdedurre dall’art. 37, co. 1° r.d. 1054/1924 (v. Cons. Stato, sez. V, 30.08.2005 n. 4415; Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 2003, n. 5311). L’eccezione deve pertanto essere respinta.

Venendo al merito della controversia, deve essere rilevato che assume importanza decisiva ai fini della definizione della lite, la questione concernente l’eccesso della volumetria dedotto dagli appellanti invocando l’art. 26 del p.r.g. del Comune di Montemiletto, prescrivente il limite di 500 mc per i volumi residenziali.

In particolare, occorre stabilire se con l’intervento assentito dalla concessione edilizia impugnata in primo grado, detto limite sia stato superato, come sostengono appunto gli appellanti, ovvero sia rimasto al di sotto, cioè in misura pari a 495,75 mc, non dovendosi considerare ai fini del calcolo dell’anzidetta volumetria complessiva residenziale prescritta, il primo livello del fabbricato, che l’appellato con il consenso del Comune ha realizzato, dando ad esso la destinazione a "garage" ed "atrio", e facente parte, in particolare, del seminterrato.

In siffatta situazione, la Sezione ritiene indispensabile ai fini del decidere, definire le condizioni che occorrono per identificare il seminterrato di un fabbricato destinato ad uso residenziale. Al riguardo, non può essere condiviso quanto argomentato dal primo giudice, con il conforto del consulente tecnico della parte privata ed in dichiarato dissenso dalla valutazione del consulente tecnico d’ufficio.

Seguendo un orientamento risalente ma confermato in seguito, dal quale la Sezione non ritiene di discostarsi "ai fini del computo della volumetria del fabbricato è computabile il volume che superi il piano di campagna o quello che sopravanza lo sbancamento del livello zero, non già la cubatura sottostante, come deve essere considerato il piano seminterrato" (Cfr. Cons. Stato, V Sez., 4 agosto 1986 n. 390) Un seminterrato, in particolare, è tale, quindi, se in ogni sua parte rimane al di sotto del piano di campagna o del livello zero di sbancamento, essendo compatibile con tale situazione, nei limiti ritenuti dalle norme comunali, che parte della struttura sopravanzi il piano di campagna o la quota zero, per quanto strettamente necessario per assicurare una sufficiente areazione e luminosità, ovvero, che rimanga scoperta in larghezza per realizzare un accesso dall’esterno.

Consegue, in virtù delle su descritte necessarie caratteristiche, funzionali all’isolamento della struttura, della residenza soprattutto, dal terreno circostante in cui è immersa, che non è consentito utilizzare il seminterrato per usi residenziali, dovendo altrimenti considerarsene la volumetria nel calcolo della cubatura massima consentita, mentre possono essere in esso consentiti soltanto usi al servizio o per la migliore utilizzazione di quest’ultimi.

Le ricadute di quanto sopra chiarito, comportano che il primo livello dell’abitazione assentita con l’impugnata concessione edilizia, al cui interno sono stati collocati spazi destinati ad "atrio" dell’abitazione medesima e "garage", poiché presenta, indiscutibilmente, una intera parete esterna completamente fuori terra, non può qualificarsi come seminterrato, ancorché degli altri tre lati di essa, due siano completamente interrati, e l’altro sia chiuso da un muro di altra proprietà posto al di sotto del piano di campagna.

In questa situazione, esattamente, pertanto, il c.t.u. nominato dal giudice di primo grado, interpretando in modo corretto l’art.26 del p.r.g. del Comune di Montemiletto, ancorchè la sua altezza dal lato fuori terra non supera i metri 2,00, ha incluso il primo livello dell’abitazione dell’appellato, la cui volumetria è pari a 102,07 mc, nella cubatura computabile ai fini del rispetto del limite di 500 mc residenziali prescritti da tale norma, con la conseguenza che la cubatura complessiva è risultata essere pari non a 494,75 mc., ma a 596,82 mc., maggiore di quella assentibile.

Detta norma, invero, proprio per evitare l’utilizzazione a fine residenziale del seminterrato, prevede che "…ai fini del computo della cubatura si farà riferimento al piano di calpestio del primo livello fuori terra, sempre che l’eventuale seminterrato non ecceda per l’altezza dal piano di campagna i metri 2,00…" .

Coerentemente a detta sua finalità, la norma in esame deve essere allora intesa nel senso rigoroso che tale ammissibile altezza deve essere eccedente, deve cioè sopravanzare il piano di campagna esistente e non trovarsi al di sotto di esso ovvero della sua linea ideale, come avviene, invece,nel caso in esame.

Infatti, la parete d’ingresso al "garage" ed all’atrio dell’abitazione dell’appellato è completamente scoperta, per effetto del totale fuori terra, fino al piano di campagna che chiude gli altri lati, innalzandosi dal livello di calpestio fino a mt 2,00.

Parimenti poiché tale parete è scoperta per tutta la sua larghezza, pari a quella del fabbricato, non può ammettersi che ciò avvenga essendo essa di gran lunga maggiore rispetto a quanto strettamente necessita per realizzare l’accesso dall’esterno all’ "atrio " ed al "garage".

Il primo motivo d’appello è dunque meritevole d’accoglimento, e di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere riformata integralmente, ivi inclusa quindi la parte che concerne l’addebito delle spese della consulenza tecnica d’ufficio, poste a carico dell’odierna parte appellante.

Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano per entrambi i gradi di giudizio come da dispositivo che segue.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla la concessione edilizia n. 1772 del 30 marzio 1995.
Condanna la parti resistenti, in solido tra di loro, al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in
complessivi euro 7.000,00 di cui 3.500,00 a titolo di compenso per la consulenza tecnica d’ufficio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

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