Procedure d'infrazione UE: iter
ID 12496 | 03.01.2021 / Doc. completo in allegato
La procedura d'infrazione costituisce uno strumento indispensabile per garantire il rispetto e l'effettività del diritto dell'Unione. La decisione relativa al suo avvio è una competenza esclusiva della Commissione, la quale, esercitando un potere discrezionale, può agire su denuncia di privati, sulla base di un'interrogazione parlamentare o di propria iniziativa.
Pre-contenzioso (art. 258 del TFUE)
Quando la Commissione europea rileva la violazione di una norma UE, procede all'invio di una "lettera di messa in mora", concedendo allo Stato un termine di due mesi entro il quale presentare le proprie osservazioni. La violazione contestata può consistere nella mancata attuazione di una norma europea oppure in una disposizione o in una pratica amministrativa nazionali che risultano con essa incompatibili.
La procedura d'infrazione è avviata nei confronti di uno Stato membro in quanto tale, senza che rilevi se l'autore della violazione sia un organo costituzionale, una giurisdizione, un ente territoriale o un soggetto di diritto privato controllato dallo Stato. Qualora lo Stato membro non risponda alla lettera di messa in mora nel termine indicato oppure fornisca alla Commissione risposte non soddisfacenti, quest'ultima può emettere un "parere motivato" con il quale cristallizza in fatto e in diritto l'inadempimento contestato e diffida lo Stato a porvi fine entro un dato termine.
Nel caso in cui lo Stato membro non si adegui al parere motivato, la Commissione può presentare ricorso per inadempimento davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee contro lo Stato in questione (art. 258 Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, par. 2).
(ex articolo 226 del TCE)
La Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati, emette un parere motivato al riguardo, dopo aver posto lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni.
Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di giustizia dell'Unione europea.
La Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù del presente trattato, emette un parere motivato al riguardo, dopo aver posto lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni. Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di giustizia.
Si conclude così la fase del cd. "precontenzioso" ed inizia il giudizio, il quale è diretto ad ottenere dalla Corte l'accertamento formale, mediante sentenza, dell'inosservanza da parte dello Stato di uno degli obblighi imposti dall'Unione.
Contenzioso (art. 260 del TFUE)
Se la Corte di Giustizia accerta che uno Stato membro ha mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù del Trattato, questo è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza comporta, ponendo fine all'infrazione.
Se la Commissione ritiene che lo Stato non si sia conformato alla sentenza della Corte, essa avvia una procedura ex art. 260 del Trattato. In questa fase ciò che viene contestato allo Stato è un inadempimento ulteriore e autonomo, consistente nella mancata adozione dei provvedimenti necessari all'esecuzione della sentenza che ha accertato la violazione del diritto dell'Unione (es. modifica, abrogazione o introduzione di una disposizione normativa; recepimento di una direttiva; mutamento di una prassi amministrativa).
Come negli ordinari procedimenti per inadempimento, la procedura ex art. 260 si articola in una fase precontenziosa e in una fase contenziosa.
Con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona il 1 dicembre 2009, la disciplina delle procedure d'infrazione ha subìto importanti modifiche. Nei casi di cattiva applicazione del diritto dell'Unione, una delle novità introdotte è rappresentata dalla maggiore rapidità del procedimento d'infrazione ai sensi dell'art. 260, par. 2, TFUE rispetto a quanto disposto dal precedente art. 228, par. 2 e 3 del TCE. Infatti, se uno Stato membro non si conforma ad una sentenza d'inadempimento emessa ai sensi dell'art. 258 TFUE e non fornisce esaurienti giustificazioni in risposta alla "messa in mora", la Commissione può deferirlo al giudizio della Corte di Giustizia e chiedere il pagamento di una sanzione senza dover intraprendere una nuova fase "precontenziosa".
Sanzioni
Le sanzioni consistono in una somma forfetaria e in una penalità di mora, adeguate alla gravità e alla persistenza dell'inadempimento. Le cifre indicate dalla Commissione per l'Italia, fino alla recente modifica del metodo di calcolo (approfondimento Sanzioni pecuniarie), ammontavano a minimo 8.651.000 euro per la somma forfetaria e oscillavano da 10.753,5 a 645.210 euro al giorno per la penalità di mora. [1]
Nella sentenza del 12 luglio 2005 (causa C-304/02, Commissione c. Francia), la Corte di Giustizia ha chiarito che la somma forfetaria e la penalità di mora possono essere inflitte cumulativamente qualora la violazione del diritto dell'Unione sia particolarmente grave e persistente.
La Commissione, con la recente Comunicazione 2019/C 70/01 relativa alla "Modifica del metodo di calcolo delle somme forfettarie e delle penalità giornaliere alla Corte di giustizia dell’Unione europea", ha introdotto un nuovo criterio di calcolo, entrato in vigore il 25 febbraio 2019.
Comparando i risultati del nuovo metodo con quelli attuali, per l’Italia si passa da un fattore n pari a 15,16 a un fattore n pari a 2,93.
La somma forfetaria minima per l'Italia passa da 8.651,00 euro a 7.524,00.
La somma forfetaria massima passa da 66.704 euro al giorno a 60.651 euro al giorno.
Una seconda importante modifica introdotta dal Trattato di Lisbona riguarda le sanzioni pecuniarie nei casi di mancato recepimento delle direttive europee. Nel caso in cui uno Stato membro abbia disatteso l'obbligo di comunicare alla Commissione le misure adottate al fine di recepire una direttiva, quest'ultima può chiedere alla Corte, nell'ambito dello stesso ricorso per inadempimento, di comminare il pagamento di una sanzione pecuniaria. In sostanza, con la nuova procedura di cui all'art. 260, par. 3 TFUE, la Commissione può richiedere alla Corte sia di accertare l'avvenuto inadempimento dell'obbligo, sia di condannare lo Stato inadempiente al pagamento della sanzione pecuniaria, senza dover attendere l'esaurimento di un'ulteriore fase precontenziosa.
Collegio dei Commissari
Le decisioni relative all'apertura, all'aggravamento o alla chiusura di una procedura di infrazione sono adottate dal Collegio dei Commissari europei, in apposite sessioni che hanno luogo a cadenza mensile. Il Collegio dei Commissari adotta una decisione di archiviazione quando lo Stato membro si conforma ai rilievi della Commissione europea o quando quest'ultima si ritiene soddisfatta dalle osservazioni dello Stato in questione. Le archiviazioni intervengono solo in occasione delle riunioni mensile, mentre l'apertura di una procedura d'infrazione può essere decisa anche in occasione di una qualunque altra riunione del Collegio. Ad esempio, le procedure per mancato recepimento di direttive sono aperte automaticamente in una delle prime riunioni successive alla scadenza del termine di trasposizione. Una volta aperta la fase contenziosa, l'adempimento da parte dello Stato membro potrà condurre ad una rinuncia agli atti del ricorso da parte della Commissione per venir meno dell'interesse ad agire.
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Nota
[1] Mentre la somma forfetaria si paga anche se si è posto rimedio nel corso del dibattimento in Corte, la penalità di mora viene applicata qualora l'infrazione persista dopo la sentenza di condanna e viene calcolata, su base giornaliera, a partire dalla data della sentenza stessa.
Fonte: EU
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