Ddl n. 844 Disposizioni in materia di azione di classe
ID 8133 | 08.04.2019
Il disegno di legge in titolo, già approvato dalla Camera dei deputati, è composto da 7 articoli, attraverso i quali riforma l'istituto dell'azione di classe, attualmente previsto dal Codice del consumo, riconducendone la disciplina al codice di procedura civile.
Nell'ordinamento italiano l'azione di classe a tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti (c.d. class action) è attualmente disciplinata dall'articolo 140-bis del Codice del consumo.
Prima di procedere alla analisi della normativa vigente è opportuno dare conto di altri due istituti processuali che presentano alcune caratteristiche simili alla class action
La class action pubblica
L'istituto della class action deve essere tenuto distinto, in primo luogo, dall'affine c.d. azione di classe pubblica. Quest'ultimo è un istituto introdotto nell'ordinamento dal decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198, in applicazione della legge 4 marzo 2009 n. 15 (c.d. “Legge Brunetta”).
La class action pubblica offre uno strumento di tutela collettiva agli utenti della PA o agli utenti di un servizio pubblico e come tale si contraddistingue per la finalità di tutela di un interesse diffuso, della collettività, a differenza della class action vera e propria – di cui all’art. 140-bis del Codice del Consumo - che invece mira a salvaguardare i diritti dei singoli (vale a dire di ciascun membro della classe).
Le Sezioni Unite della Cassazione (Ordinanza, 30 settembre 2015, n. 19453) – in un procedimento per regolamento di giurisdizione - hanno, in proposito, precisato che “La "class action pubblica" prevista dal d.lgs. n. 198 del 2009 è funzionale al conseguimento di un risultato che giovi, indistintamente, a tutti i contitolari dell'interesse diffuso al ripristino del corretto svolgimento della funzione amministrativa ovvero della corretta erogazione del servizio, mentre l'azione di classe prevista dal codice del consumo postula l'esercizio di un diritto individuale, oggetto di trasposizione in capo a ciascun titolare singolarmente identificato”.
L'azione inibitoria
La class action va, in secondo e ultimo luogo, tenuta distinta dall'azione inibitoria prevista dall'articolo 140 del Codice del Consumo, anche esso strumento di tutela a favore delle associazioni di consumatori, ma di natura - appunto - inibitoria e ripristinatoria.
La principale differenza fra lo strumento inibitorio di cui all’articolo 140 ad appannaggio delle associazioni e la class action regolamentata dall’articolo 140-bis è dovuta al fatto che la class action non può essere instaurata dall’associazione consumeristica in sé quale parte processuale, bensì da un attore soggetto singolo (il cosiddetto “rappresentante della classe”), anche se spesso ciò avviene con l’appoggio a latere di un’associazione o di un comitato. Tale differenza comporta, peraltro, che, secondo la giurisprudenza, non vi possa essere nemmeno un ricorso cumulativo a tali due mezzi di tutela: infatti “Con l'azione di classe il singolo consumatore è legittimato a domandare, per sé e per la classe di aderenti, la concessione di rimedi risarcitori e restitutori a tutela di diritti individuali omogenei, mentre, poiché il riferimento alla tutela degli "interessi collettivi" deve essere inteso come semplice ampiezza del numero di potenziali consumatori coinvolti, è preclusa la possibilità di conseguire i rimedi inibitori e le misure ripristinatorie di cui all'art. 140 cod. consumo” (Trib. Milano, ordinanza, 9 dicembre 2013).
L'azione di classe ex art. 140-bis del Codice del consumo
L'azione di classe è attualmente così configurata:
- con l’azione si fa valere la violazione di diritti contrattuali (es. diritti fondati su un contratto sottoscritto per adesione da una pluralità di consumatori) o di diritti omogenei comunque spettanti al consumatore finale del prodotto (es. diritto al risarcimento danni da prodotto difettoso) o servizio (a prescindere da un rapporto contrattuale) o di diritti omogenei violati da comportamenti anticoncorrenziali o da pratiche commerciali scorrette (comma 2);
- l'oggetto dell'azione è l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni in favore degli utenti consumatori (comma 2);
- la legittimazione ad agire in giudizio viene riconosciuta ai singoli cittadini consumatori («ciascun componente della classe») anche mediante associazioni cui diano mandato o comitati cui partecipino (comma 1);
- è possibile per altri consumatori aderire all’azione di classe; l’adesione comporta la rinuncia a ogni azione restitutoria o risarcitoria individuale.
Il procedimento è scandito in due fasi:
- la seconda, finalizzata invece alla decisione nel merito. In caso di accoglimento della domanda, il procedimento si conclude con la sentenza di condanna alla liquidazione in via equitativa delle somme dovute agli aderenti all’azione di classe o alla definizione di un criterio omogeneo di calcolo per la suddetta liquidazione.
Analiticamente, la domanda si propone con atto di citazione al tribunale del capoluogo della Regione in cui ha sede l’impresa. La competenza è attribuita al tribunale in composizione collegiale con il possibile intervento anche del PM, ma solo per il giudizio di ammissibilità dell'azione (commi 4 e 5)(1) .
Si apre a questo punto la prima fase del procedimento, dedicata ad un’udienza filtro per la pronuncia sull'ammissibilità dell'azione di classe. Il tribunale si pronuncia (con ordinanza) all'esito della prima udienza (a meno che non sia necessario disporre una sospensione del giudizio per attendere la pronuncia di un'autorità indipendente o del giudice amministrativo).
La domanda è dichiarata inammissibile quando (comma 6):
- è manifestamente infondata;
- sussiste un conflitto di interessi;
- il giudice non ravvisa l'omogeneità dei diritti individuali tutelabili;
- il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l’interesse della classe.
Se il tribunale non ammette l’azione, deve comunque regolare le spese e ordinare la pubblicità dell’ordinanza di inammissibilità a cura e a spese del soccombente (comma 8).
Se il tribunale ammette l’azione, regola le spese, anche ai sensi dell’art. 96 c.p.c., e ordina la più opportuna pubblicità a cura e spese del soccombente. L’ordinanza è reclamabile entro 30 giorni in corte d’appello che, a sua volta, decide entro 40 giorni dal deposito del ricorso con ordinanza camerale (comma 7). Il reclamo non ha, tuttavia, effetti sospensivi del procedimento davanti al tribunale.
Con l’ordinanza che ammette l’azione, il Tribunale deve (comma 9):
definire i caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio, specificando i criteri in base ai quali i soggetti che chiedono di aderire sono inclusi nella classe o devono ritenersi esclusi dall’azione;
fissare termini e modalità della più opportuna pubblicità dell'azione, per consentire l'adesione degli appartenenti alla classe (l’esecuzione della pubblicità è condizione di procedibilità della domanda), possibile senza ministero di un difensore. Copia dell’ordinanza di ammissibilità dell’azione deve essere trasmessa al Ministero dello sviluppo economico che ne cura ulteriori forme di pubblicità, anche mediante la pubblicazione sul relativo sito internet;
fissare un termine perentorio, non superiore a 120 giorni dall'esecuzione della pubblicità, entro il quale gli atti di adesione devono essere depositati in cancelleria, anche a mezzo dell’attore, e anche tramite PEC o fax; gli atti devono contenere l’elezione di domicilio, l’indicazione degli elementi costitutivi del diritto fatto valere; la documentazione probatoria. Dopo la scadenza del termine non saranno più proponibili ulteriori azioni di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa; saranno possibili solo ricorsi individuali da parte di coloro che non abbiano aderito all'azione collettiva.
Si apre dunque la seconda fase nella quale il Tribunale definisce il procedimento nel merito, eventualmente condannando l’impresa soccombente alla liquidazione del danno. In merito il tribunale può (comma 12):
ordinare all’impresa il pagamento, in via equitativa, delle somme dovute a coloro che hanno aderito all’azione oppure;
definire un criterio omogeneo di calcolo per la suddetta liquidazione assegnando alle parti un termine di 90 giorni per raggiungere un accordo sull'entità del risarcimento. In tale caso, il verbale di accordo, sottoscritto dalle parti e dal giudice, costituisce titolo esecutivo; in mancanza di accordo, su istanza di parte, è invece il giudice che liquida le somme dovute agli aderenti all'azione.
La sentenza che definisce il giudizio diviene esecutiva decorsi 180 giorni dalla pubblicazione; fa stato per tutti gli aderenti all’azione e rende improponibile per i medesimi fatti e nei confronti degli stessi soggetti una nuova azione di classe. In caso di proposizione di appello, l’appellante può chiedere la sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado (comma 13). La decisione sull’azione collettiva non limita comunque il diritto all’azione individuale per chiunque non abbia aderito all’azione di classe (comma 14).
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Ddl n. 844
L'articolo 1 della proposta di legge introduce nel codice di rito un nuovo titolo VIII-bis "Dei procedimenti collettivi", composto da 15 nuovi articoli (dall' articolo 840-bis all' articolo 840-sexiesdecies).
Il nuovo titolo è inserito alla fine del libro IV dedicato ai procedimenti speciali.
Nel dettaglio, l'articolo 840-bis c.p.c. amplia l'ambito d'applicazione soggettivo e oggettivo dell'azione di classe.
Come accennato il vigente art. 140-bis del Codice del consumo, nel delineare il campo di applicazione rationae personae, prevede che l'azione di classe possa essere esercitata solo da consumatori o utenti (ovvero dalle persone fisiche che agiscono per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta). Tale limitazione è stata peraltro interpretata in modo rigoroso dalla giurisprudenza. In un caso, a titolo esemplificativo, è stata ritenuta inammissibile per carenza del presupposto soggettivo l'azione di classe avviata da un piccolo azionista di un istituto di credito (Trib. Firenze, ordinanza, 10 marzo 2014 e Corte d'appello di Firenze, ordinanza, 15 luglio 2014). E' appena il caso di ricordare che, sempre ai sensi dell'art.140-bis la persona fisica può agire anche "mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa".
Eliminando anzitutto - data la nuova collocazione della disciplina, sottratta al codice del consumo - ogni riferimento a consumatori e utenti, l'azione sarà sempre esperibile da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesione di "diritti individuali omogenei" (ma non ad "interessi collettivi"); l'azione sarà quindi nella titolarità di ciascun componente della "classe", nonché delle organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro che hanno come scopo la tutela dei suddetti diritti, e che sono iscritte in un elenco tenuto dal Ministero della giustizia (per i profili attuativi si veda l'articolo 2 del disegno di legge).
Viene, poi, ampliato l'ambito di applicazione oggettivo dell'azione, che è esperibile a tutela delle situazioni soggettive maturate a fronte di condotte lesive, per l'accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.
Il testo individua come destinatari dell'azione di classe imprese ed enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle attività.
Se viene presentata un'azione di classe:
- il diritto all'azione individuale presenta i limiti indicati dal successivo articolo 840-undecies, nono comma, c.p.c.;
- non è ammesso l'intervento di terzo;
- sono sempre possibili, anche durante lo svolgimento della procedura, transazioni tra le parti e gli aderenti all'azione. L'articolo 840-bis, in proposito, stabilisce che la rinuncia al diritto fatto valere in giudizio o la transazione conclusa tra le parti non pregiudica i diritti di quanti abbiano aderito all'azione nella fase iniziale; questi ultimi, anche se le parti venissero meno, hanno infatti la possibilità di riassumere la causa entro un termine (non inferiore a sessanta giorni e non superiore a novanta giorni) assegnato dal tribunale. Se il termine decorre inutilmente, il tribunale dichiara l'estinzione del procedimento e i soggetti aderenti potranno eventualmente agire individualmente ovvero avviare una nuova azione di classe.
L'articolo 840-ter c.p.c. disciplina la forma della domanda e il giudizio di ammissibilità. In primo luogo, il giudice competente a conoscere l'azione di classe è individuato nella sezione specializzata in materia di impresa del tribunale (cd. tribunale delle imprese), del luogo ove ha sede la parte resistente.
L’istituzione di sezioni specializzate in materia di impresa è stata prevista dal decreto legislativo n. 168 del 2003. Il decreto, così come novellato dal decreto legge n. 1 del 2012 (cd. decreto liberalizzazioni), ha istituito dette sezioni presso i Tribunali e le Corti di Appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia, fermo restando l’istituzione delle stesse sezioni presso i Tribunali e le Corti di Appello aventi sede nel capoluogo di ogni regione. Risultano, quindi, istituite sezioni specializzate in materia d’impresa anche a L'Aquila, Ancona, Catanzaro, Campobasso, Cagliari, Perugia, Potenza e Trento. Una sezione specializzata in materia di impresa è stata istituita poi presso il Tribunale e la Corte di Appello di Brescia, mentre per il territorio della Val d’Aosta sono competenti le sezioni specializzate presso il Tribunale e la Corte di Appello di Torino. Il decreto-legge n. 145 del 2013 ha previsto l'istituzione della sezione specializzata presso il Tribunale e la Corte di Appello (sezione distaccata) di Bolzano. In relazione alla composizione, i giudici delle sezioni sono scelti tra soggetti dotati di specifiche competenze.
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Fonte: Senato della Prepubblica
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