Strage di Viareggio: le motivazioni della sentenza di 1° grado
In aggiornamento
02 Agosto 2017
I giudici: «La strage di Viareggio poteva essere evitata, ma i manager non vollero valutare i rischi»
In oltre 1000 pagine le motivazioni della sentenza per il processo di primo grado che ha portato alla condanna di 23 imputati, tra cui Mauro Moretti e Michele Mario Elia.
Per il Tribunale di Lucca «il disastro non fu un fatto imprevedibile»
La strage di Viareggio si poteva evitare. O meglio, «non è stato un fatto imprevedibile». Così scrivono i giudici del Tribunale di Lucca, nelle oltre 1000 pagine che motivano la sentenza del processo in primo grado, quello che si è concluso lo scorso gennaio portando a 23 condanne tra cui Mauro Moretti (7 anni), ex AD di Ferrovie dello Stato ma ritenuto responsabile per il periodo in cui era ad di Rfi, e Michele Mario Elia, all’epoca della strage amministratore delegato della Rete ferroviaria.
A provocare il disastro - alle 23.48 del 29 giugno 2009 - fu la rottura di un assile di un carro che determinò il deragliamento di un treno merci, appena fuori dalla stazione di Viareggio: nell’incidente, si squarciò un vagone carico di gpl, il liquido fuoriuscito provocò una «nube esplosiva» e 32 persone morirono investite dal fuoco.
Mancata valutazione dei rischi
Alla figura dell’amministratore delegato, scrivono i giudici, «non poteva e non doveva sfuggire l’assenza di adeguata analisi e valutazione dei rischi connessi alla circolazione di convogli trasportanti merce pericolosa sull’intera rete nazionale». Anche la presenza di un muro tra i binari e le abitazioni non avrebbe forse evitato la strage. Tutte le omissioni non possono essere ricondotte solo alle strutture o ai soggetti incaricati all’interno dell’azienda, spiegano i giudici «ma sono espressione di una generale linea aziendale e imprenditoriale di precise scelte gestionali, in particolare in materia di manutenzione, nonché di strutturali carezza organizzative e valutative risalenti nel tempo e facenti capo direttamente ai vertici di Rfi e all’amministratore delegato». Quindi chi ricopriva l’incarico di amministratore delegato «era ben consapevole delle violazioni, dell’assenza dei livelli di sicurezza. Avrebbe potuto ben prevedere i tragici effetti che potevano conseguire dalla violazione delle norme cautelari e avrebbe potuto evitare gli eventi».In totale erano 33 gli imputati del processo: dieci gli assolti, mentre le pene più pesanti sono state inflitte all’ad e al responsabile del sistema manutenzioni di Gatx Rail, la società tedesca che aveva affittato i carri cisterna: 9 anni e mezzo. I giudici rilevano infatti che, riguardo a società coinvolte nel processo, anche queste hanno «ottenuto vantaggi consistenti nel risparmio economico derivato dalla omissione di interventi di carattere tecnico».
Fonte: Corriere
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